venerdì 20 settembre 2024

MZ 755

La MZ 755 (Bundesarchiv, foto scattata dal tenente di vascello Horst Grund della Kriegsmarine, via La Voce del Marinaio)

Motozattera della prima serie della classe MZ, tipo "MZ-A", unità derivate dalle Marinefährprahme tedesche e costruite in vista del mai attuato sbarco a Malta. Lunga 47 metri e larga 6,5, con un pescaggio di un metro se scarica, dislocava 140 tonnellate, che potevano salire a 239 a pieno carico (poteva caricare 65 tonnellate di materiali).
Era propulsa da tre motori diesel prodotti dalle Officine Meccaniche di Milano, della potenza complessiva di 450 HP; raggiungeva una velocità di undici nodi, con un’autonomia di 1450 miglia a 8 nodi. L’armamento consisteva in un cannone da 76/40 mm ed una o due mitragliere da 20/70 mm, l’equipaggio era normalmente composto da tredici uomini.

Breve e parziale cronologia.

Giugno 1942
Impostazione presso i Cantieri del Tirreno di Riva Trigoso (numero di cantiere 165).
4 luglio 1942
Varo presso i Cantieri del Tirreno di Riva Trigoso. Risulterebbe entrata in servizio nella medesima data.
Estate 1942
Inviata in Cirenaica, dove viene assegnata alla 4a Flottiglia Motozattere impiegata nel traffico costiero di rifornimenti tra Tobruk e Marsa Matruh.
Novembre 1942
In seguito alla sconfitta di El Alamein, la MZ 755 è tra le venti motozattere che partecipano all’evacuazione della Cirenaica: in tre settimane, dal 3 al 24 novembre, le piccole unità trasportano 2151 uomini e 1734 tonnellate di materiali da Tobruk e Bengasi a Tripoli.
10 novembre 1942
La MZ 755 salpa da Tobruk diretta a Tripoli, con scali intermedi a Bengasi a Derna, in convoglio con le motozattere MZ 726 (capoconvoglio, capitano CREM Mario Bertini), MZ 716 e MZ 757.
13 novembre 1942
Dopo aver sostato a Bengasi, la MZ 755 riparte alle 16.50 diretta a Sirte in convoglio con MZ 726, MZ 716 e MZ 757, quest’ultima avente a rimorchio una barca pompa. In tutto le quattro motozattere trasportano 217 militari (oltre ai 60 degli equipaggi) e 230 tonnellate di materiali.
Appena fuori dal porto il piccolo convoglio viene investito da raffiche di vento e mare da ponente, in progressivo aumento via via che le motozattere si addentrano nel Golfo della Sirte: dopo non molto il mare raggiunge forza 6, facendo rollare violentemente le piccole unità con conseguenze nefaste soprattutto per i soldati dell’Esercito che trasportano, poco avvezzi agli strapazzi del mare.
15 novembre 1942
All’1.10 circa, in prossimità di Sirte ed a circa metà del golfo, il capoconvoglio dà ordine di fermarsi per aspettare la MZ 757, rimasta un po’ indietro (avendo la barca pompa a rimorchio, procedeva in coda alla formazione); durante l’attesa le motozattere, per effetto del vento e del mare forza 5 da nordovest, scarrocciano verso terra, che è poco distante, e quando dopo una ventina di minuti il convoglio rimette in moto la MZ 716 (sottotenente di vascello Antonio Forte) s’incaglia su una scogliera sommersa mentre manovra per rientrare in formazione. La MZ 726 rimane sul posto in attesa dei soccorsi, mentre le MZ 755 e 757 ricevono ordine di proseguire per Sirte (risultata non recuperabile, la MZ 716 dovrà essere abbandonata e fatta saltare tre giorni più tardi).
Le tre motozattere superstiti riprendono la navigazione verso Tripoli, facendo soste intermedie a Misurata (dove sbarcarono le truppe imbarcate) ed Homs.
6 gennaio 1943
Durante lo sgombero della Tripolitania, la MZ 755 lascia Tripoli alle 22 diretta a Trapani, insieme alle gemelle MZ 727MZ 736 e MZ 744, scortando il piroscafo Emilio Morandi, avente a bordo 250 tonnellate di materiali vari e 98 tra membri dell’equipaggio e militari e militarizzati rimpatrianti. Anche le motozattere trasportano personale e materiale della Piazza di Tripoli, di cui è iniziato lo sgombero. Capoconvoglio è il tenente di vascello Silvio Bagolini, comandante della MZ 727.
8 gennaio 1943
I decrittatori britannici di "ULTRA" intercettano alcune comunicazioni italiane che, decifrate, permettono loro di sapere dell’avvenuta partenza del convoglio, diretto da Tripoli in Italia, alle 22 del 6 gennaio.
9 gennaio 1943
Alle 14.16 il convoglietto, mentre procede al largo della costa tunisina con il Morandi al centro circondato dalle quattro motozattere che fungono da scorta (due per lato, in posizione di scorta), viene avvistato su rilevamento 190° dal sommergibile britannico P 35 (poi ribattezzato Umbra, al comando del tenente di vascello Stephen Lynch Conway Maydon). Quest’ultimo, avendo apprezzato la rotta del bersaglio in 345°, accosta nella sua direzione per intercettarlo, ed alle 14.40 lo identifica come un mercantile antiquato di circa 2000 tsl, apparentemente in zavorra, diretto verso nord e scortato da quattro motozattere tipo MFP (che infatti sono le motozattere tedesche delle quali le MZ italiane costituiscono una esatta riproduzione).
Alle 15.14, nel punto 35°37' N e 11°09' E, il P 35 lancia un primo siluro contro il Morandi da una distanza di 1100 metri, ma un errore nell’esecuzione del lancio fa sì che il siluro parta troppo tardi, mancando il bersaglio. Dopo qualche minuto viene lanciato un secondo siluro, da 1830 metri di distanza, da una posizione quasi esattamente a poppa del bersaglio, ma nemmeno questo va a segno. Da parte italiana non ci si accorge di niente.
Maydon decide allora di emergere per serrare le distanze e portarsi nuovamente in posizione adatta al lancio; alle 18.30 il P 35 emerge in posizione 35°49' N e 11°12' E e si mette all’inseguimento del lento convoglietto italiano, che procede ad appena cinque nodi di velocità.
Col favore del buio, il P 35 raggiunge e sorpassale unità italiane e si porta in una posizione favorevole al lancio; poi, alle 20.03, stando in superficie, lancia un altro siluro contro il piroscafo, che in quel momento si trova una ventina di miglia a nordest di Kuriat e procede con prora su Pantelleria (l’orario indicato dalle fonti italiane per il siluramento differisce di qualche minuto, essendo le 20.10). La distanza è di soli 550 metri.
Colpito dal siluro, l’Emilio Morandi s’inabissa nel giro di dodici minuti, scomparendo alle 20.22, nel punto 35°59' N e 11°22' E (circa 35 miglia ad est-nord-est di Susa, in Tunisia; la posizione registrata dal P 35 è invece 35°58' N e 11°20' E).
Secondo la versione italiana, il sommergibile attaccante affiora dopo il lancio, ma le due motozattere che si trovano su quel lato aprono subito il fuoco con i loro cannoni, inducendolo ad immergersi di nuovo e dileguarsi.
Da parte britannica, invece, risulta che il P 35 dopo il lancio si sarebbe immerso ed allontanato dall’area; è probabile che il sommergibile non sia venuto in affioramento, ma che già si trovasse in affioramento e sia stato visto dopo il lancio dalle motozattere, che a quel punto aprirono il fuoco.
Il mare grosso ed il buio complicano notevolmente il salvataggio dei superstiti da parte delle motozattere, che si concluderà soltanto all’alba del 10 gennaio: di 98 uomini imbarcati sul Morandi, solo 32 possono essere salvati (23 per altra fonte).
10 gennaio 1943
Le motozattere sostano a Pantelleria dalle 10 alle 18, poi proseguono per Trapani.
11 gennaio 1943
Le motozattere giungono a Trapani alle undici del mattino. (Per altra versione avrebbero sostato a Trapani dalle 13 del 16 gennaio alle 6.30 del 18, “per sbarcare i naufraghi” del Morandi; secondo altra fonte questi sarebbero stati sbarcati già a Pantelleria).
18 gennaio 1943
Le motozattere arrivano a Palermo alle 22.
Inizio giugno 1943
La MZ 755 si trova ai lavori a Castellammare di Stabia, nei cantieri Navalmeccanica.

La fine

La fine della
MZ 755 si consumò nell’infuocato agosto del 1943, durante i giorni conclusivi dell’evacuazione della Sicilia.
Fu questa una delle pagine più epiche della laboriosa quanto dimenticata storia delle motozattere: sotto gli incessanti attacchi aerei angloamericani queste piccole unità, scelte proprio per il ridotto bersaglio che offrivano grazie alle loro modeste dimensioni, compirono centinaia di viaggi traghettando, insieme ad un pugno di piroscafetti costieri ed ai pochi traghetti ferroviari lasciati a galla dai continui bombardamenti che da mesi martellavano Messina, decine di migliaia di soldati italiani e tedeschi, con i loro mezzi ed il loro armamento, tra le due sponde dello stretto di Messina, così sottraendoli alla cattura.
Attorno a Messina venne preparata una mezza dozzina di punti d’imbarco, solitamente in fondo alle valli, dove le motozattere sia italiane che tedesche imbarcavano truppe e mezzi che provvedevano poi a traghettare attraverso lo stretto, sbarcandoli in altrettante località prestabilite della costa calabra. Siccome vi erano più motozattere tedesche che italiane, venne deciso che queste ultime avrebbero trasportato soltanto truppe, mentre i veicoli, indipendentemente dall’esercito cui appartenevano, sarebbero stati imbarcati sulle unità tedesche; il risultato fu però che i tedeschi tennero per sé quasi tutti gli automezzi italiani evacuati sulle loro motozattere.

L’attività delle motozattere in quell’infuocata estate fu come sempre instancabile, e svolta in condizioni infernali. Non appena avevano sbarcato le truppe in Calabria, i “muli del mare” ripartivano subito per un nuovo viaggio verso la costa siciliana; strada facendo, come anche sulle spiagge di imbarco e di sbarco, erano oggetto di continui attacchi aerei, che tuttavia il più delle volte fallivano grazie alla loro rabbiosa reazione contraerea, oltre che all’opera delle poderose artiglierie antiaeree appostate su entrambe le sponde dello Stretto, che impedirono agli Alleati di sfruttare appieno la loro superiorità aerea.
In un’evacuazione paragonata talvolta a quella che tre anni prima si era svolta a Dunkerque, il naviglio dell’Asse riuscì a portare in salvo attraverso lo Stretto oltre 100.000 uomini (62.182 italiani e 39.659 tedeschi), 47 carri armati (tutti tedeschi), 14.332 veicoli (di cui solo 227 italiani), 135 cannoni (41 italiani e 94 tedeschi), 1100 tonnellate di munizioni e 20.700 di altri materiali.

Questa notevole impresa non poté naturalmente essere portata a termine senza perdite tra il naviglio impiegato nell’evacuazione, anche se la fortuna fece sì che non una sola motozattera italiana venisse centrata e affondata mentre era in navigazione nello stretto carica di truppe: le perdite avvennero sempre sulle spiagge od in prossimità di esse e coinvolsero sempre motozattere scariche, i cui equipaggi riuscirono in massima parte a mettersi in salvo.
Prima ad andare perduta fu la MZ 734, distrutta da un attacco aereo a Taormina il 31 luglio 1943; la MZ 756 e la MZ 765 subirono la stessa sorte il 6 agosto, rispettivamente a Gioia Tauro ed a Ganzirri, e la MZ 787 fece la medesima fine a Bagnara Calabra il giorno seguente. La MZ 701 II (già MZ 759) venne affondata sulla spiaggia di Vibo Valentia l’11 agosto.
Per rimpiazzare queste perdite, altre motozattere vennero inviate nello Stretto da Taranto e da Castellammare di Stabia: tra i rimpiazzi mandati da Taranto vi era anche la MZ 755, che ebbe però breve vita nelle infernali acque dello Stretto.
Nel pomeriggio del 14 agosto 1943 la MZ 755, partita da Messina con truppe e materiali da sgomberare verso il continente, venne colpita da una bomba d’aereo che provocò l’allagamento delle stive; pur gravemente danneggiata, non affondò subito e poté essere portata ad incagliare sulla costa calabrese presso Capo dell’Armi, ma i danni subiti erano tali da rendere impossibile il suo recupero, pertanto venne abbandonata sul posto, semiaffondata. Non vi furono perdite tra l’equipaggio.

Il relitto della
MZ 755 non venne mai recuperato: scomparso nel tempo sotto la sabbia, è tornato alla “luce” nel 2011, quando una mareggiata ha asportato i circa tre metri di sabbia che lo ricoprivano, rendendolo nuovamente visibile ai subacquei. Oggi i resti della motozattera giacciono a profondità compresa tra i 7 ed i 10 metri, a meno di cento metri dalla riva.

Una serie di immagini del relitto della MZ 755 (g.c. Filippo Mallamaci):

domenica 1 settembre 2024

Sirio

La Sirio (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)

Torpediniera della classe Spica tipo Perseo (dislocamento standard di 630 tonnellate, in carico normale 970, a pieno carico 1020).

La Sirio e la Perseo furono rispettivamente la sesta e la quinta unità della classe Spica ad essere ordinate, nel 1934 (la loro costruzione fu stata autorizzata nel piano 1933-1934), dopo le due “sperimentali” Spica ed Astore (autorizzate nel piano costruzioni 1931-1932 ed ordinate come prototipi nel 1933 per valutare la possibilità di costruire su larga scala delle torpediniere di dislocamento standard inferiore alle 600 tonnellate per avere dei “piccoli cacciatorpediniere” che, in base alle disposizioni del trattato di Londra del 1930, sotto quel dislocamento potevano essere costruiti senza limiti di numero) e le prime due del tipo Climene (Climene e Centauro), rispetto alle quali Sirio e Perseo rappresentavano un tipo leggermente modificato. In quel momento c’era ancora molta incertezza sulla convenienza di riprodurre il tipo su larga scala; c’era chi – come l’ex capo di Stato Maggiore Ernesto Burzagli – riteneva che per sostituire i vecchi cacciatorpediniere declassati della Grande Guerra (una delle esigenze che avevano portato a progettare le Spica) fosse meglio ricorrere a torpediniere più piccole, di 300 tonnellate, oppure anche ad una versione migliorata e ingrandita dei MAS. Permanevano dubbi, nello Stato Maggiore della Marina, sull’utilità di navi di quel tipo, viste da alcuni (tra cui il capo di Stato Maggiore,  ammiraglio Gino Ducci, ed il suo successore Domenico Cavagnari, mentre era favorevole ad esse il Ministro della Marina, ammiraglio Giuseppe Sirianni) come troppo piccole per essere usate come veri cacciatorpediniere, in impiego di squadra, e troppo grandi per essere impiegate come siluranti notturne.

Tra il 1934 ed il 1935, dato che le prove in mare di Spica ed Astore avevano dato risultati abbastanza soddisfacenti (anche se le qualità nautiche non si erano rivelate eccelse), vennero ordinate le altre sei torpediniere serie Perseo e le altre quattro serie Climene. Pesò su questa decisione soprattutto l’avvicinarsi della guerra d’Etiopia che, esacerbando i contrasti con il Regno Unito, faceva sentire la necessità di incrementare il numero di siluranti a disposizione, in vista di un possibile conflitto con la Royal Navy: fu Mussolini stesso ad autorizzare la costruzione di altre dieci Perseo e Climene, “scavalcando” l’ancora dubbioso ammiraglio Cavagnari. Siccome su Spica ed Astore, per non sforare il limite di 600 tonnellate, si era dovuto eliminare uno dei tre cannoni da 100/47 e si era finiti col superare comunque quel “tetto”, si decise di non considerare il vincolo delle 600 tonnellate standard come troppo “stringente”, e l’osservanza di tale limite fu di conseguenza sempre meno considerata nelle serie successive, che infatti lo superarono tutte di varie decine di tonnellate.


Particolare di scaricabombe antisom e torpedine da rimorchio della Sirio (da www.regiamarina.net)

Durante la seconda guerra mondiale la Sirio svolse inizialmente attività di scorta ai convogli verso l’Africa Settentrionale, poi – dalla primavera del 1941 – in Egeo, con saltuarie missioni verso la Libia nella seconda metà del 1942. Dalla fine di quell’anno svolse attività di scorta sulla rotta per la Tunisia, fino alla resa delle ultime forze dell’Asse in Nordafrica. Effettuò inoltre missioni di pattugliamento e soccorso nelle acque dell’Italia meridionale, dell’Egeo e dell’Africa. Effettuò complessivamente 253 missioni di guerra, di cui 158 di scorta convogli, 6 di ricerca del nemico, cinque di posa di mine, due di caccia antisommergibili, una di trasporto, 39 di trasferimento, 13 per esercitazione e 29 di altro tipo, percorrendo 64.977 miglia nautiche e trascorrendo 5266 ore in mare e 192 giorni ai lavori.

Il suo motto era "Sidus vigilans" (“stella vigilante”).


Breve e parziale cronologia.


12 novembre 1934

Impostazione nei Cantieri del Quarnaro di Fiume.

14 novembre 1935

Varo nei Cantieri del Quarnaro di Fiume.

1° marzo 1936

Entrata in servizio. Viene dislocata in Libia.

Agosto-Settembre 1937

Durante la guerra civile spagnola la Sirio partecipa al blocco del Canale di Sicilia, per impedire l’invio di rifornimenti dall’Unione Sovietica (Mar Nero) alle forze repubblicane spagnole. Mussolini ha preso tale decisione a seguito di richieste da parte dei comandi spagnoli nazionalisti, i quali sostengono, esagerando di molto, che l’Unione Sovietica stia per rifornire le forze repubblicane spagnole con oltre 2500 carri armati, 3000 “mitragliatrici motorizzate” e 300 aerei. Il 3 agosto Francisco Franco ha chiesto urgentemente a Mussolini di usare la sua flotta per fermare un grosso “convoglio” sovietico appena partito da Odessa e diretto nei porti repubblicani; sulle prime era previsto il solo impiego di sommergibili, ma Franco è riuscito a convincere Mussolini ad impiegare anche le navi di superficie. Nel suo telegramma Franco afferma: «Tutte le informazioni degli ultimi giorni concordano nell’annunciare un aiuto possente della Russia ai rossi, consistente in carri armati, dei quali 10 pesanti, 500 medi e 2 000 leggeri (sic), 3 000 mitragliatrici motorizzate, 300 aerei e alcune decine di mitragliatrici leggere, il tutto accompagnato da personale e organi del comando rosso. L’informazione sembra esagerata, poiché le cifre devono superare la possibilità di aiuto di una sola nazione. Ma se l’informazione trovasse conferma, bisognerebbe agire d’urgenza e arrestare i trasporti al loro passaggio nello stretto a sud dell’Italia e sbarrare la rotta verso la Spagna. Per far ciò, bisogna, o che la Spagna sia provvista del numero necessario di navi o che la flotta italiana intervenga ella stessa. Un certo numero di cacciatorpediniere operanti davanti ai porti e alle coste dell’Italia potrebbe sbarrare la rotta del Mediterraneo ai rinforzi rossi: la cattura potrebbe essere effettuata da navi battenti apertamente bandiera italiana, aventi a bordo un ufficiale e qualche soldato spagnolo, che isserebbero la bandiera nazionalista spagnola al momento stesso della cattura. Invierò d’urgenza un rappresentante a Roma per negoziare questo importante affare. Nell’intervallo, e per impedire l’invio delle navi che saranno già in rotta per la Spagna, prego il governo italiano di sorvegliare e segnalare la posizione e la rotta delle navi russe e spagnole che lasciano Odessa. Queste navi devono essere sorvegliate e perquisite da cacciatorpediniere italiani che segnaleranno la loro posizione alla nostra flotta. Vogliate trasmettere in tutta urgenza al Duce e a Ciano l’informazione di cui sopra e la nostra richiesta, unita all’assicurazione dell’indefettibile amicizia e della riconoscenza del generalissimo alla nazione italiana».

Il blocco navale viene ordinato da Roma il 7 agosto ed ha inizio due giorni più tardi; oltre ai sommergibili, inviati sia al largo dei Dardanelli che lungo le coste della Spagna, prendono in mare gli incrociatori Armando Diaz e Luigi Cadorna, otto cacciatorpediniere ed altrettante torpediniere che si posizionano nel Canale di Sicilia e lungo le coste del Nordafrica francese. Cacciatorpediniere e torpediniere operano in cooperazione con quattro sommergibili ed un sistema di esplorazione aerea a maglie strette (idrovolanti dell’83° Gruppo Ricognizione Marittima, di base ad Augusta) e sono alle dipendenze dell’ammiraglio di divisione Riccardo Paladini, comandante militare marittimo della Sicilia; successivamente verranno avvicendati da altre siluranti e dalla IV Divisione Navale (incrociatori leggeri Armando DiazAlberto Di GiussanoLuigi CadornaBartolomeo Colleoni). Sono complessivamente ben 40 le navi mobilitate per il blocco: i quattro incrociatori della IV Divisione, l’esploratore Aquila, dieci cacciatorpediniere (FrecciaDardoSaettaStraleFulmineLampoEsperoOstroZeffiro e Borea), 24 torpediniere (CignoCanopoCastoreClimeneCentauroCassiopeaAndromedaAntaresAltairAldebaranVegaSagittarioAstoreSirioSpicaPerseoGiuseppe La MasaGenerale Carlo MontanariIppolito NievoGiuseppe Cesare AbbaGenerale Achille PapaNicola FabriziGiuseppe Missori e Monfalcone) e la nave coloniale Eritrea. Altre due navi, gli incrociatori ausiliari Adriatico e Barletta, camuffati da spagnoli Lago e Rio, hanno l’incarico di visitare i mercantili sospetti avvistati dalle navi da guerra in crociera.

Il dispositivo di blocco è articolato in più fasi: informatori ad Istanbul segnalano all’Alto Comando Navale le navi sovietiche, o di altre nazionalità ma sospettate di operare al servizio dei repubblicani, che passano per il Bosforo; ad attenderle in agguato per primi vi sono i sommergibili appostati all’uscita dei Dardanelli. Se le navi superano indenni questo primo ostacolo, vengono segnalate alle navi di superficie ed ai sommergibili in crociera nel Canale di Sicilia e nello Stretto di Messina; qualora dovessero riuscire ad evitare anche questo nuovo pericolo (possibile soltanto appoggiandosi a porti neutrali) troverebbero ad aspettarle altre navi da guerra in crociera nelle acque della Tunisia e dell’Algeria. Infine, come ultima barriera per i bastimenti che riuscissero ad eludere anche tale minaccia, altri sommergibili sono in agguato lungo le coste della Spagna.

In base all’ordine generale d’operazioni numero 1, gli incrociatori, l’Eritrea e parte dei cacciatorpediniere devono compiere esplorazione pendolare sul meridiano 16° E, cooperando con gli aerei da ricognizione che conducono esplorazione sistematica per parallelo; altri cacciatorpediniere formano uno sbarramento esplorativo tra Lampedusa e le propaggini meridionali del banco di Kerkennah (nei pressi di Sfax), mentre le torpediniere conducono esplorazione a rastrello tra Pantelleria e Malta, lungo l’asse del Canale di Sicilia. Adriatico/Lago e Barletta/Rio compiono esplorazione a triangolo presso Capo Bon; AquilaFabriziMissoriMontanariMonfalconeNievoPapa e La Masa compiono vigilanza sistematica nello stretto di Messina. Il blocco si protrae dal 7 agosto al 12 settembre con intensità variabile; nel periodo di maggiore attività sono contemporaneamente in mare nel Canale di Sicilia 12 navi di superficie, 5 sommergibili e 6 aerei. Gli ordini per le navi di superficie sono di avvicinare e riconoscere tutti i mercantili avvistati, specialmente quelli privi di bandiera (e che non la issano subito dopo averne ricevuto l’intimazione dalle unità italiane), quelli che di notte procedono a luci spente, quelli con bandiera sovietica o spagnola repubblicana, quelli che hanno in coperta carichi di natura palesemente militare, e queli che sono stati specificamente indicati per nome dal Comando Centrale. Se un mercantile viene riconosciuto come al servizio della Spagna repubblicana, la nave italiana che l’ha avvistato deve seguirlo e segnalarlo al sommergibile più vicino, che dovrà poi procedere ad affondarlo. Se quest’ultimo fosse impossibilitato a farlo, spetterebbe alla nave di superficie il compito di seguire il mercantile fino a notte, tenendosi in contatto visivo, per poi silurarlo una volta calata l’oscurità. I piroscafi identificati come “contrabbandieri” di notte devono invece essere subito affondati. Se venisse incontrato un mercantile repubblicano a grande distanza dalle acque territoriali della Tunisia, la nave che lo avvista deve chiamare sul posto uno tra Rio e Lago oppure una nave da guerra spagnola nazionalista (parecchie di queste sono appositamente dislocate nel Mediterraneo centrale) che provvederanno a catturarlo. Ordini tassativi sono emanati per evitare interferenze o incidenti con bastimenti neutrali (il che talvolta obbliga a seguire un mercantile “sospetto” per tutto il giorno al fine di identificarlo, dato che talvolta quelli diretti nei porti repubblicani usano bandiere false), e questo, insieme all’intensità del traffico navale nel Canale di Sicilia, rende piuttosto complessa e delicata la missione delle navi che partecipano al blocco.

Il blocco navale così organizzato (del tutto illegale, dato che l’Italia non è formalmente in guerra con la Repubblica spagnola) si rivela un pieno successo: sebbene le navi effettivamente affondate o catturate siano numericamente poche, l’elevato rischio comportato dalla traversata a causa del blocco italiano porta in breve tempo alla totale interruzione del flusso di rifornimenti dall’Unione Sovietica alla Spagna repubblicana. Soltanto qualche mercantile battente bandiera britannica o francese riesce a raggiungere i porti repubblicani, oltre a poche navi che salpano dalla costa francese del Mediterraneo e raggiungono Barcellona col favore della notte. Entro settembre, l’invio di mercantili con rifornimenti per i repubblicani dall’Unione Sovietica attraverso il Bosforo è praticamente cessato, tanto che i comandi italiani si possono ormai permettere di ridurre di molto il numero di navi in mare per la vigilanza, essendo quest’ultima sempre meno necessaria e non volendo provare troppo le navi in una zona dove c’è spesso maltempo con mare grosso. Ad ogni modo, le navi assegnate al blocco vengono mantenute nelle basi siciliane, pronte a riprendere il mare qualora dovesse manifestarsi una ripresa nel traffico verso la Spagna.

Oltre alla grave crisi nei rifornimenti di materiale militare, che si verifica proprio nel momento cruciale della conquista nazionalista dei Paesi Baschi (principale centro di produzione di armi tra le regioni in mano repubblicana), il blocco ha un impatto notevole anche sul morale dei repubblicani, tanto nella popolazione civile (il cui morale va deteriorandosi per la difficoltà di procurarsi beni di prima necessità) quanto nei vertici politico-militari, che si rendono conto di come, mentre i nazionalisti ricevono dall’Italia supporto incondizionato, persino sfacciato, con largo dispiego di mezzi, Francia e Regno Unito non sembrano disposte a fare molto più che parlare in aiuto alla causa repubblicana (in alcuni centri repubblicani si svolgono anche aperte manifestazioni contro queste due nazioni, da cui i repubblicani si sentono abbandonati).

Il blocco italiano impartisce dunque un durissimo colpo ai repubblicani, ma scatena anche gravi tensioni internazionali (specie col Regno Unito) e feroci proteste sulla stampa spagnola repubblicana ed internazionale, con accuse di pirateria – essendo, come detto, un’operazione in totale violazione di ogni legge internazionale – nei confronti della Marina italiana, ripetute anche da Winston Churchill. Il governo britannico, invece, evita di accusare apertamente l’Italia, dato che il primo ministro Neville Chamberlain intende condurre una politica di “riavvicinamento” verso l’Italia per allontanarla dalla Germania; anche questo fa infuriare i repubblicani, che hanno fornito ai britannici prove del coinvolgimento italiano (prove che i britannici peraltro possiedono già, dato che l’Operational Intelligence Center dell’Ammiragliato intercetta e decifra svariate comunicazioni italiane relative alle missioni “spagnole”), solo per vedere questi ultimi fingere di attribuire gli attacchi ai soli nazionalisti spagnoli.

Nel settembre 1937 Francia e Regno Unito organizzeranno la Conferenza di Nyon per contrastare la “pirateria sottomarina”: gli occhi di tutti sono puntati sull’Italia, anche se questa non viene accusata direttamente (tranne che dall’Unione Sovietica, ragion per cui l’Italia, sebbene invitata, rifiuta di partecipare alla conferenza). Se ufficialmente i britannici non parlano apertamente di coinvolgimento italiano, attraverso i canali diplomatici questi fanno pervenire al ministro degli Esteri italiano, Galeazzo Ciano, l’irritazione per alcuni incidenti che hanno coinvolto proprio navi britanniche (il cacciatorpediniere HMS Havock è stato attaccato, ancorché senza risultato, dal sommergibile italiano Iride), ragion per cui il 12 settembre si decide di sospendere il blocco per non incrinare le relazioni con il Regno Unito. Nel periodo 7 agosto-12 settembre, le navi italiane hanno avvicinato e identificato ben 1070 bastimenti mercantili, di svariate nazionalità; la Sirio, in particolare (inquadrata nella X Squadriglia Torpediniere di Trapani, insieme alle gemelle Perseo, Sagittario e Vega), ha effettuato cinque missioni di esplorazione a rastrello, a sud dello stretto di Messina e tra Malta e Pantelleria, tra il 18 agosto ed il 12 settembre. Insieme alla gemella Perseo ed alle ben più anziane Monfalcone e Giuseppe Missori, la Sirio fa anzi parte dell’ultimo gruppo di torpediniere a rientrare alla base il 12 settembre, in seguito alla decisione di sospendere il blocco.

Da questo momento, sarà incombenza unicamente della Marina franchista impedire che altri rifornimenti raggiungano i porti repubblicani.

Torpediniere classe Spica ormeggiate a Napoli in un’immagine degli anni Trenta: la Sirio è la quinta unità della fila, preceduta da AndromedaPerseoSagittario e Vega e seguita dalla Cigno (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)

Autunno 1937-1938
In seguito alla conferenza di Nyon, tenutasi tra il 10 ed il 14 settembre 1937 per risolvere il problema dei “sommergibili pirata” in Mediterraneo (ossia i sommergibili italiani che attaccano clandestinamente ed illegalmente le navi dirette nei porti della Spagna repubblicana: pressoché tutti sono al corrente della loro nazionalità, che francesi e britannici preferiscono però ufficialmente fingere di ignorare allo scopo di non danneggiare troppo i rapporti con l’Italia), le nazioni partecipanti (Francia, Regno Unito, Unione Sovietica, Turchia, Jugoslavia, Irlanda, Bulgaria, Grecia, Egitto e Romania; Italia e Germania, invitate a partecipare, hanno rifiutato in segno di protesta contro le – fondate – accuse sovietiche di pirateria rivolte all’Italia) stabiliscono che per la navigazione d’altura in acque internazionali le proprie navi mercantili dovranno seguire delle rotte concordate tra i principali porti del Mediterraneo, rotte che saranno pattugliate da cacciatorpediniere ed aerei delle principali potenze aderenti all’accordo, ossia Francia e Regno Unito, che per i pattugliamenti nel Mediterraneo orientale si appoggeranno anche ad alcuni porti messi appositamente a disposizione dalle nazioni rivierasche. I Paesi partecipanti saranno responsabili ciascuno del pattugliamento delle proprie acque territoriali. Viene stabilito che in caso di attacco da parte dei sommergibili “pirati” (ogni riferimento alla loro nazionalità è accuratamente evitato) contro navi non spagnole, o loro tentativo di avvicinarsi in immersione alle rotte pattugliate, questi dovranno essere attaccati da tutte le unità di pattuglia presenti in zona, fino alla distruzione; in Mediterraneo i sommergibili si potranno spostare soltanto navigando in superficie, accompagnati da navi di superficie e dando preavviso del proprio passaggio. Gli accordi, sottoscritti dal 14 settembre, entrano in vigore dal 20 settembre.
All’Italia viene offerto, ed anzi chiesto, di provvedere a pattugliare con analoghe modalità le rotte del Mar Tirreno (l’Adriatico è invece escluso dagli accordi e non sarà soggetto a sorveglianza); la diplomazia britannica e francese fa ripetute pressioni affinché le autorità italiane accettino tale responsabilità, ma il 14 settembre il governo italiano rifiuta, adducendo a motivazione il mancato riconoscimento della parità con Francia e Regno Unito, cui è affidata la sorveglianza in tutto il resto del Mediterraneo. Il 21 settembre si tiene a Roma un colloquio tra il ministro degli Esteri italiano, Galeazzo Ciano, e gli incaricati britannico e francese, Edward Maurice Ingram e Jules Blondel, con cui viene chiarito che l’Italia potrebbe accettare di pattugliare il Tirreno se le venisse riconosciuta una posizione paritaria con le Marine francese e britannica nell’applicazione delle misure di protezione del traffico mercantile concordate a Nyon, ed il giorno stesso i governi francese e britannico propongono di tenere una riunione a tre a Parigi con rappresentanti italiani per emendare le decisioni prese a Nyon in modo da consentire l’adesione dell’Italia. La proposta viene accettata, ed i colloqui si tengono a Parigi dal 27 al 30 settembre: rappresentante italiano l’ammiraglio Wladimiro Pini, capo di Stato Maggiore della Regia Marina, rappresentante francese l’ammiraglio René-Émile Godfroy (che ha partecipato alla conferenza di Nyon), rappresentante britannico l’ammiraglio William M. James, sottocapo di Stato Maggiore della Royal Navy. Al termine degli incontri, pressoché tutte le richieste italiane vengono accettate, e l’Italia entra a far parte del dispositivo di sorveglianza internazionale in condizioni di piena parità con Francia e Regno Unito: il Mediterraneo è diviso in tredici zone, e ad ognuna delle tre Marine è affidato il pattugliamento di una uguale lunghezza delle rotte che i mercantili dovranno seguire. L’Italia ottiene la sorveglianza di zone in tutti e tre i bacini del Mediterraneo, con un’area di competenza che va dalle Baleari al canale di Suez, comprese le rotte che uniscono la Cirenaica al Dodecaneso. Gli ultimi particolari (modalità di impiego delle navi, collegamenti e codici per le comunicazioni tra i rispettivi comandanti e le unità impegnate nei pattugliamenti) vengono concordati il 30 ottobre a Biserta tra gli ammiragli Romeo Bernotti (comandante in capo della 2
a Squadra Navale italiana), Dudley Pound (comandante in capo della Mediterranean Fleet britannica) e Jean-Pierre Esteva (comandante in capo delle forze navali francesi nel Mediterraneo).
Ciano commenta significativamente nel suo diario questa vittoria diplomatica: "
Una bella vittoria. Da imputati siluratori a poliziotti mediterranei, con esclusione degli affondati russi" (l’Unione Sovietica, principale accusatrice dell’Italia, non è stata inclusa nel dispositivo di sorveglianza delle rotte).
Le rotte assegnate all’Italia per il pattugliamento sono la Genova-Algeri, la Marsiglia-Biserta-Port Said, la Marsiglia-Messina-Port Said, la Genova-Gibilterra, le rotte dalla Spagna al Mediterraneo orientale, quella dal Mar Nero ad Alessandria d’Egitto, quelle tra il Mediterraneo orientale e l’Adriatico e quelle tra il Mediterraneo occidentale e l’Adriatico. I compiti di pattugliamento vengono affidati alla 2
a Squadra Navale, ed il suo comandante, ammiraglio Romeo Bernotti, è pertanto nominato comandante del dispositivo di sorveglianza, con comando a Palermo. Complessivamente, da parte italiana vengono destinati ai pattugliamenti due incrociatori leggeri (Alberico Da Barbiano e Giovanni delle Bande Nere), quattro esploratori (Ugolino VivaldiAntonio Da NoliLeone PancaldoAntoniotto Usodimare), otto cacciatorpediniere (ConfienzaCurtatonePalestroEuroTurbineAquiloneQuintino SellaBettino Ricasoli), venti torpediniere (AltairAndromedaAntaresAldebaranAstoreCignoCanopoCastoreCentauroCassiopeaClimeneGiuseppe DezzaGiuseppe La MasaGiacinto CariniGiacomo MediciGenerale Antonio CantoreGenerale Carlo MontanariGenerale Marcello PrestinariSirioSagittario), due incrociatori ausiliari (Adriatico e Barletta) e le Squadriglie Idrovolanti 141, 146, 148 e 185 della Ricognizione Marittima. Le forze aeronavali impiegate nei pattugliamenti hanno base a Tripoli, Cagliari, Augusta, Messina, La Maddalena, Trapani, Brindisi, La Spezia, Lero e Tobruk.
La
Sirio, in particolare, è dislocata a Brindisi ed incaricata, insieme alle ben più anziane torpediniere Confienza, Giuseppe Dezza e Giacomo Medici ed agli idrovolanti della 143a Squadriglia da Ricognizione Marittima, di pattugliare le rotte numero 11 (Adriatico-Mediterraneo occidentale) e 12 (Adriatico-Mediterraneo orientale).

5 maggio 1938

La Sirio (tenente di vascello Bruno De Moratti), insieme al resto della X Squadriglia Torpediniere (SagittarioVega e Perseo, al comando del capitano di corvetta Ernesto De Pellegrini), prende parte alla rivista navale "H" organizzata nel Golfo di Napoli per la visita in Italia di Adolf Hitler. Partecipa alla rivista la maggior parte della flotta italiana: le corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour, i 7 incrociatori pesanti della I e III Divisione, gli 11 incrociatori leggeri della II, IV, VII e VIII Divisione, 7 “esploratori leggeri” classe Navigatori, 18 cacciatorpediniere (le Squadriglie VII, VIII, IX e X, più il Borea e lo Zeffiro), 30 torpediniere (le Squadriglie IX, X, XI e XII, più le vecchie AudaceCastelfidardoCurtatoneFrancesco StoccoNicola Fabrizi e Giuseppe La Masa ed i quattro “avvisi scorta” della classe Orsa), 85 sommergibili e 24 MAS (Squadriglie IV, V, VIII, IX, X e XI), nonché le navi scuola Cristoforo Colombo ed Amerigo Vespucci, il panfilo di Benito Mussolini, l’Aurora, la nave reale Savoia e la nave bersaglio San Marco.

La X Squadriglia è inquadrata nella Flottiglia Torpediniere (capo flottiglia il capitano di vascello Sergio Fontana, sull’esploratore Nicoloso Da Recco) insieme alle Squadriglie IX (AstoreSpicaCanopo e Cassiopea), XI (CastoreCentauroCignoClimene) e XII (AltairAndromedaAntaresAldebaran).

1938

Assegnata alla X Squadriglia Torpediniere, viene dislocata a Lero, dove rimane fino al 1940, alle dipendenze del locale Comando Marina.

1940

Rientra in Italia per un periodo di lavori.

(da www.forum.axishistory.com)

9-15 giugno 1940

La Sirio e le più anziane torpediniere Curtatone e Giacinto Carini scortano i posamine Crotone e Fasana ed i posamine ausiliari Giuseppe Orlando ed Elbano Gasperi, impegnati nella posa di sbarramenti di mine al largo dell’isola d’Elba.

10 giugno 1940

All’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale la Sirio forma, insieme alle gemelle Perseo, Vega e Sagittario, la X Squadriglia Torpediniere, di base a La Spezia. (Per una fonte sarebbero state aggregate alla squadriglia anche le ben più vecchie torpediniere Giacinto Carini e Giuseppe La Masa).

Agosto 1940

Assume il comando della Sirio il capitano di corvetta Giovanni Dessy, 36 anni, da Oristano, che lo manterrà fino a dicembre.

29 agosto 1940

La Sirio parte da Palermo alle sette per scortare a Tripoli il piroscafo San Giovanni Battista e la pirocisterna Marangona.

31 agosto 1940

Il convoglio giunge a Tripoli alle 23.30.

12 settembre 1940

La Sirio e le gemelle Centauro e Sagittario salpano da Bengasi alle 16 per scortare a Palermo, via Tripoli, i piroscafi Sardegna e Zena.

14 settembre 1940

Il convoglio arriva a Palermo alle 15.30.

7 ottobre 1940

La Sirio lascia Palermo alle 18 per scortare a Tripoli la motonave Giulia.

9 ottobre 1940

Sirio e Giulia arrivano a Tripoli alle dieci.

16 ottobre 1940

Parte da Tripoli alle 18 per scortare a Palermo i piroscafi Aquitania, Capo Vita e Luigi Rizzo.

18 ottobre 1940

Il convoglio arriva a Palermo alle 16.30.

6 novembre 1940

La Sirio salpa da Tripoli alle 17 per scortare a Palermo il piroscafi Sirena e la cisterna militare Ticino.

9 novembre 1940

Alle 21 il convoglio entra a Trapani, dove sosta.

11 novembre 1940

Il convoglio giunge a Palermo alle 16.30.

26 novembre 1940
La Sirio (capitano di corvetta Giovanni Dessy), con le gemelle Alcione (tornata a Trapani dopo un’ora perché colta da avaria), Vega (capitano di corvetta Giuseppe Fontana) e Sagittario (capitano di corvetta Edoardo Greppi), lascia Trapani alle 17 per compiere un rastrello notturno nel canale di Sicilia ed incrociare sino all’alba al largo di Capo Bon, a contrasto dell’operazione britannica «Collar». Supermarina ha disposto questa uscita perché ritiene che le forze britanniche siano uscite in mare per lanciare attacchi aerei contro le basi italiane (è ancora fresca la ferita della “notte di Taranto”), mentre in realtà «Collar» consiste nell’invio di due mercantili con rifornimenti a Malta ed uno ad Alessandria; i tre bastimenti, Clan ForbesClan Fraser (diretti a Malta) e New Zealand Star (diretto ad Alessandria), formano il convoglio ME. 4, partito da Gibilterra e scortato dalla Forza F (incrociatori Manchester e Southampton, cacciatorpediniere Hotspur, corvette GloxiniaPeonySalvia e Hyacinth: i due incrociatori trasportano anch’essi 1400 soldati ed avieri diretti in Egitto, mentre le corvette dovranno poi dislocarsi nel Mediterraneo orientale). A copertura del convoglio è salpata da Gibilterra anche la Forza B del viceammiraglio James Somerville, composta dall’incrociatore da battaglia Renown, dalla portaerei Ark Royal, dagli incrociatori Sheffield e Despatch e dai cacciatorpediniere FiredrakeForesterFuryFaulknorEncounterDuncanWishartKelvin e Jaguar, mentre da Alessandria è salpata quasi tutta la Mediterranean Fleet dell’ammiraglio Andrew Browne Cunningham, divisa in vari gruppi: la Forza D (corazzata Ramillies, incrociatore pesante Berwick ed incrociatore leggero Newcastle, usciti da Alessandria nel pomeriggio del 24 per trasferirsi a Gibilterra; incrociatore antiaerei Coventry e cacciatorpediniere HerewardDefenderGallantGriffin e Greyhound, che li accompagneranno fino a sud della Sardegna, quando assumeranno la scorta di un convoglio proveniente da Gibilterra), la Forza A (corazzate Valiant e Warspite, portaerei Illustrious, incrociatori leggeri AjaxOrion e Sydney e vari cacciatorpediniere, uscita in mare per proteggere la navigazione di un convoglio da Alessandria a Suda; l’Illustrious deve anche lanciare un attacco aereo contro Rodi), la Forza C (corazzate Barham e Malaya e portaerei Eagle, incaricate di fornire copertura alla Forza D e di lanciare un attacco aereo contro Tripoli) e la Forza E (incrociatori YorkGlasgow e Gloucester, di scorta al convoglio MW. 4 diretto a Malta).

Le Forze C e D sono partite da Alessandria il mattino del 23, entrando in Egeo dal Canale di Caso, passando poi per il canale di Cerigo e raggiungendo Malta il mattino del 26; strada facendo, l’Eagle ha lanciato otto aerei che hanno condotto l’incursione contro Tripoli. Nel pomeriggio del 26 la Forza C ha assunto la scorta di un convoglio composto da cinque mercantili diretti ad Alessandria e Port Said, con la scorta diretta dell’incrociatore antiaerei Calcutta e di tre cacciatorpediniere. Il convoglio ME. 4 è entrato in Mediterraneo nella notte tra il 24 ed il 25 novembre, venendo raggiunto dalla Forza F all’alba del 25, ad est di Gibilterra; la Forza B è salpata da Gibilterra alle otto del mattino del 25, e lo stesso giorno è uscita da Alessandria la Forza A, congiuntasi nel pomeriggio con la Forza E, già in mare per un’esercitazione (quest’ultima ha poi assunto la scorta del convoglio MW. 4, partito da Alessandria per Malta il 25 novembre). Entrata anch’essa in Egeo dal Canale di Caso, nella notte tra il 25 ed il 26 la Forza A ha distaccato l’Illustrious per condurre l’attacco aereo contro Portolago (Lero), mentre il resto della formazione è proseguito per Suda, dove i cacciatorpediniere si sono riforniti. Ripartita nella notte del 26, la Forza A ha attraversato il Canale di Cerigo per giungere l’indomani in un punto prestabilito 160 miglia ad est di Malta, dove deve attendere le navi in arrivo a Gibilterra per scortarle ad Alessandria. La Forza D è ripartita da Malta a mezzogiorno del 26 per unirsi alla Forza B a mezzogiorno del 27, a sud della Sardegna, per poi raggiungere Gibilterra.

Supermarina ha saputo dell’uscita da Gibilterra delle navi di Somerville il mattino stesso del 25, da informatori appostati in loco (che hanno parlato della partenza del Renown, dell’Ark Royal, di tre incrociatori tipo Birmingham, di un incrociatore tipo Delhi e di otto cacciatorpediniere alle 8.25, diretti verso ovest), mentre alle 11.30 dello stesso giorno un aereo civile di linea italiano, in volo dall’Italia alla Libia, ha avvistato la Forza D (identificata come dieci navi tra cui una portaerei e probabilmente una corazzata, con rotta 330°) a circa 150 miglia per 110° da Malta. Sono stati dunque ordinati la messa in allarme delle Piazze militari marittime della Libia e delle basi di Taranto, Napoli, Messina e La Spezia, la momentanea sospensione del traffico con la Libia, l’invio di sommergibili in agguato nel Canale di Sicilia e nelle acque attorno a Malta, l’approntamento delle due squadre navali, l’invio di torpediniere e MAS a pattugliare il Canale di Sicilia e ricognizioni aeree per avere aggiornamenti sugli spostamenti dell’avversario.

A contrasto dell’operazione britannica escono in mare da Napoli e Messina, nella tarda mattinata del 26, le corazzate Vittorio Veneto (nave di bandiera dell’ammiraglio Inigo Campioni, comandante della 1a Squadra Navale e comandante superiore in mare) e Giulio Cesare, l’incrociatore pesante Pola (nave di bandiera dell’ammiraglio Angelo Iachino, comandante della 2a Squadra Navale), la I Divisione Navale (incrociatori pesanti Fiume e Gorizia), la III Divisione Navale (incrociatori pesanti Trento, Trieste e Bolzano) e le Squadriglie Cacciatorpediniere VII (FrecciaSaetta e Dardo), IX (AlfieriOrianiGiobertiCarducci), XII (Ascari, Lanciere, Corazziere, Libeccio) e XIII (GranatiereBersagliereFuciliereAlpino). Questa forza navale ha l’incarico di intercettare la squadra britannica uscita da Gibilterra, ritenuta la più grande ed importante: ne scaturirà, il giorno seguente, l’inconclusiva battaglia di Capo Teulada. Contro le forze navali britanniche provenienti dal Mediterraneo orientale, invece, è stato disposto l’invio nel Canale di Sicilia della Sirio e delle altre torpediniere della X Squadriglia.

27 novembre 1940

Alle 00.33, al largo di Capo Bon, la Sirio è la prima nave italiana ad avvistare le navi nemiche, e precisamente la Forza D, composta dalla corazzata Ramillies, dagli incrociatori NewcastleCoventry e Berwick e da cinque cacciatorpediniere: andata subito all’attacco, lancia due siluri da 1800 metri di distanza, senza risultato (secondo la maggior parte delle fonti i britannici non si sarebbero neanche accorti di essere stati attaccati, anche se poco dopo il comando navale di Alessandria informò l’ammiraglio Somerville, comandante della Forza H, che probabilmente il passaggio della Forza D attraverso il Canale di Sicilia era stato percepito da parte italiana; Vince O’Hara afferma invece nel suo “Struggle for the Middle Sea” che le vedette di almeno una nave britannica avrebbero avvistato la Sirio, ma non avrebbero aperto il fuoco per evitare di rivelare la propria posizione). Alle 00.55 la torpediniera lancia poi il segnale di scoperta, comunicando l’avvistamento di sette unità di tipo imprecisato, una delle quali di grandi dimensioni, in navigazione da est verso ovest (per altra fonte, verso nordovest), che però viene ricevuto in ritardo da Vega e Sagittario, che non sono così in grado di tentare a loro volta l’attacco. Lo riceve invece subito la corazzata Vittorio Veneto, nave ammiraglia dell’ammiraglio Campioni; Supermarina, sulla base del segnale di scoperta della Sirio, compila un telecifrato trasmesso alle 3.25 sia a Campioni – che lo avrebbe ricevuto alle cinque del mattino – che all’ammiraglio Iachino, con cui li informa che alle 00.30 una forza navale formata da almeno sette navi di tipo imprecisato si trovava vicino a Capo Bon, con rotta nordovest, ordinando di condurre esplorazione aerea in zona all’alba (Campioni deduce correttamente che il gruppo attaccato dalla Sirio deve congiungersi con la Forza H, che sa essere salpata da Gibilterra il 25 diretta verso est; dopo la notizia dell’avvistamento della Sirio, fa lanciare i ricognitori imbarcati sulle sue navi per cercare la flotta avversaria). (Secondo “The Littorio Class” di Erminio Bagnasco ed Augusto De Toro, anche i britannici avrebbero intercettato il segnale di scoperta della Sirio, apprendendo così di essere stati avvistati).
Le torpediniere rientrano a Trapani tra le 8.40 e le dieci del mattino, ed il comandante della
Sirio precisa che tre delle sette unità avvistate apparivano “piuttosto grandi”, ed una in particolare era di dimensioni “vistose”.
Nel pomeriggio, però, Supermarina ordina al Comando Militare Marittimo della Sicilia di replicare il rastrellamento notturno nel Canale di Sicilia anche per la notte tra il 27 ed il 28, aggiungendo che le torpediniere dovranno irradiarsi per rastrellare alle 19.30. Alle 17.05, pertanto, 
Sirio, Sagittario e Vega (capogruppo, capitano di corvetta Giuseppe Fontana) lasciano di nuovo Trapani assieme ad una quarta torpediniera, la Calliope (capitano di corvetta Ludovico Puleo).

Giunte sul punto d’irradiamento alle 20.50, le quattro torpediniere iniziano il rastrellamento alle 21.30 (dopo essere arrivate sulla base di ricerca ad intervalli medi di cinque miglia, con, da nordest a sudovest, SagittarioSirioVega e Calliope), procedendo a dodici nodi su rotta 275° (verso ovest). Alle 22.50, giunte sul meridiano di Capo Bon, le navi invertono la rotta, ed alle 23.34 è la Sagittario (l’unità che si trova più a nord) a lanciare il segnale di scoperta: undici navi nemiche (tre grossi cacciatorpediniere, seguiti da cinque incrociatori, il tutto in linea di fila, più altri cinque cacciatorpediniere più piccoli che fiancheggiano a sinistra gli incrociatori) apparse a poppa della torpediniera, con rotta stimata 120° e velocità 18 nodi, come aggiunto poco dopo dalla nave. La Sagittario tenta di portarsi in posizione per attaccare con i siluri, ma viene scoperta e messa in fuga dai cacciatorpediniere britannici, che la inseguono per un’ora e mezza.

Alle 23.40 è la Sirio ad avvistare sulla sinistra le sagome di alcuni cacciatorpediniere, distanti 2500-3000 metri ed in navigazione a 16-18 nodi su rotta 120°; il comandante Dessy apprezza che si tratti di sette od otto cacciatorpediniere che procedono in linea di rilevamento a poca distanza l’uno dall’altro, come se fossero impegnati nel dragaggio in corsa. Decide allora di lasciarsi scadere, nell’intenzione di attaccare eventuali navi maggiori che li seguano; incrementata la velocità a 16 nodi, la Sirio si porta sul lato opposto della formazione dei cacciatorpediniere, avvistandone altri tre.

28 novembre 1940

Alle 00.08 uno dei cacciatorpediniere britannici sembra lanciare dei siluri contro la Sirio, che vede passare tre scie a poppa ad un centinaio di metri di distanza; tutti e tre gli ultimi cacciatorpediniere avvistati mettono la prua sulla torpediniera, che si ritira a tutta forza verso Marettimo fino alle 00.40, quando si rende conto di non essere più inseguita e riduce la velocità. All’1.05 la Sirio dirige nuovamente verso la zona in cui ha avvistato il nemico, a 14 nodi; alle 2.30 effettua un pendolamento per ovest-nordovest, ed alle cinque del mattino dirige definitivamente verso Marettimo, senza avvistare più niente. Alle sette del mattino si riunisce sotto Marettimo con Vega (la cui manovra d’attacco è stata frustrata da un cambio di rotta del bersaglio quando stava per lanciare i siluri) e Calliope (che ha lanciato senza successo), e verso le nove si ormeggia a Trapani.

La formazione attaccata dalle torpediniere italiane era la Forza F del viceammiraglio Lancelot E. Holland, con gli incrociatori leggeri Manchester (nave ammiraglia), Southampton e Coventry, e la 13th Destroyer Flotilla (capitano di vascello Arthur Dyke Beauchamp James) con i cacciatorpediniere DuncanDefenderGallantHereward ed Hotspur, oltre alle corvette PeonySalviaGloxinia e Hyacinth.

A motivazione dell’insuccesso vengono addotti l’eccessiva produzione di fumo quando la velocità supera i 20 nodi (causata dall’usura delle caldaie delle torpediniere, continuamente in moto per la scorta ai convogli), che ha facilitato l’avvistamento da parte delle navi nemiche, e la mancanza di affiatamento tra le unità del gruppo, tutte torpediniere provenienti da diverse formazioni (benché formalmente appartenenti alla stessa squadriglia, la X) e messe insieme per l’occasione: per il futuro, infatti, il Comando Militare Marittimo della Sicilia proporrà, se possibile, di tenere per le operazioni di rastrellamento qualche squadriglia sempre pronta, pienamente efficiente e con buon affiatamento tra le unità.

31 dicembre 1940

La Sirio rileva a Trapani la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere (Ugolino Vivaldi, Antonio Da Noli, Lanzerotto Malocello, Luca Tarigo) nella scorta ai trasporti truppe Esperia, Conte Rosso e Marco Polo, di ritorno dalla Libia e diretti a Napoli.

1° gennaio 1941

Il convoglio giunge a Napoli alle undici.

27 gennaio 1941

La Sirio salpa da Palermo alle 8.30 di scorta ai piroscafi Motia e Delfin, diretti in Libia. Li scorta però solo fino a Trapani, dove viene rilevata dalla gemella Aldebaran (tenente di vascello Osvaldo Pappaianni). (Per altra fonte, la Sirio sarebbe rimasta con l’Aldebaran ed il convoglio – che oltre a Motia e Delfin avrebbe compreso anche il piroscafo Maria Adelaide – fino a Kelibia, dove venne sostituita dalla torpediniera Orione).

7 aprile 1941

Assume il comando della Sirio il capitano di corvetta Giorgio Manuti, 31 anni, da Barletta.

Il capitano di corvetta Giorgio Manuti nel 1941 (g.c. Giovanni Pinna)

12 aprile 1941

Alle 19.30 la Sirio e la gemella Climene salpano da La Spezia per scortare a Brindisi l’incrociatore leggero Alberto Di Giussano.

13 aprile 1941

Alle 21 la formazione attraversa lo stretto di Messina, ed alle 23 si unisce alla scorta anche la torpediniera Giuseppe Dezza, che rimane in formazione fino all’altezza di Punta Stilo.

14 aprile 1941

Alle 11.09, in Mar Ionio, viene avvistato l’incrociatore leggero Muzio Attendolo, con quattro cacciatorpediniere di scorta, che si unisce al gruppo del Di Giussano. La formazione giunge a Brindisi alle 16.50, ormeggiandosi alle boe entro recinti di reti parasiluri. (La Sirio risulterebbe però essere stata inviata invece a Taranto, forse per rifornirsi).

L’indomani mattina, le unità partecipano ad un violento tiro di sbarramento eseguito contro velivoli nemici che sorvolano Brindisi.

15 aprile 1941

Al largo di Brindisi la Sirio assume la scorta dei piroscafi Armando e Loreto, adibiti a traffico civile, partiti da Bari alle 20.15 e diretti a Durazzo.

16 aprile 1941

Il convoglio giunge a Durazzo alle 16.25.

17 aprile 1941

La Sirio lascia Durazzo alle 5.30 per scortare in Italia i piroscafi vuoti Nennella, Silvano ed Esterina e la piccola motonave Carlotta, anch’essa scarica.

18 aprile 1941

Il convoglio giunge a Bari alle 3.30.

20 aprile 1941

Salpa da Brindisi alle 2.15 per scortare a Valona, dove arrivano alle 11.15, i piroscafi Lido e Peppino Palomba e la motonave Filippo Grimani, aventi a bordo in tutto 176 tonnellate di materiali del Genio, 919,5 tonnellate di munizioni e 402 tonnellate di materiali vari.

5 maggio 1941

La nave, inquadrata nella I Squadriglia Torpediniere insieme alle similari AlcioneAldebaran e Sagittario, viene posta alle dipendenze del nuovo Comando Gruppo Navale dell’Egeo Settentrionale (Marisudest, retto dal capitano di vascello Corso Pecori Giraldi), avente sede ad Atene ed attivo in Egeo in cooperazione con la Kriegsmarine.

Sirio (a destra) e Sagittario appena giunte al Pireo dall’Italia dopo la conquista della Grecia, in una foto scattata in occasione di una rivista di navi ed equipaggi di Marisudest da parte dell’ammiraglio Karlgeorg Schuster, comandante delle forze navali tedesche in Egeo. Sulla destra è visibile il relitto affiorante di un natante affondato (da “La battaglia di Creta” di Francesco Mattesini)

8? maggio 1941

Sirio e Sagittario salpano da Gallipoli per scortare a Patrasso i piroscafi Avionia e Padenna, carichi di carburante e munizioni destinate all’operazione "Merkur", la conquista tedesca di Creta.

10 maggio 1941

Il convoglio giunge a Patrasso. Da qui dovrebbe proseguire per il Pireo, ma il canale di Corinto, sabotato dagli Alleati prima della sua conquista da parte dei paracadutisti tedeschi, non è ancora stato riaperto alla navigazione, pertanto il carico dei due piroscafi dev’essere sbarcato a Patrasso, da dove prosegue via terra.

14 maggio 1941

Sirio, Sagittario ed Alcione salpano da Patrasso per scortare al Pireo la nave cisterna Rondine, carica di 8000 barili di benzina avio destinati ai reparti aerei della Luftwaffe che prenderanno parte alla conquista di Creta (ben 500 aerei da trasporto Junkers Ju 52, che dovranno effettuare fino a dieci voli per aereo, in ognuno dei quali consumano duemila litri di benzina). La Rondine, che si è danneggiata l’elica due giorni prima durante la manovra di ormeggio, non è però in grado di procedere, e deve rientrare a Patrasso e sbarcarvi il suo carico, che sarà poi fatto proseguire via terra.

16 maggio 1941

Sirio e Sagittario, precedute dal dragamine ausiliario DM 16 Ichnusa, sono le prime navi a percorrere il Canale di Corinto appena riaperto alla navigazione dopo la rimozione delle ostruzioni (ponti crollati ed una chiatta affondata) che bloccavano il passaggio. Per primo entra l’Ichnusa, poi la Sirio, seguita dalla Sagittario; imboccato il canale nel pomeriggio, le tre navi ne escono alle 17.40, raggiungendo il Pireo meno di un’ora dopo.

18 maggio 1941

La Sirio parte dal Pireo alle 21, scortando un convoglio di una ventina di caicchi carichi di truppe tedesche da sbarcare sulla costa nordoccidentale di Creta, vicino a Maleme: sta per prendere il via l’operazione "Merkur", la conquista tedesca di Creta. Il piano per l’assalto dell’isola, che avrà inizio il 20 maggio, prevede inizialmente una serie di lanci di paracadutisti (i famosi Fallschirmjäger) della 7. Flieger-Division che avranno il compito di impadronirsi degli aeroporti di Maleme ed Iraklion, conquistati i quali ulteriori rinforzi, appartenenti alla 5. Gebirgs-Division (truppe da montagna), vi verranno fatti affluire il giorno seguente mediante aerei da trasporto. Contemporaneamente o successivamente a queste truppe, altri rinforzi – in tutto settemila uomini, sempre della 5. Gebirgs-Division – dovranno giungere via mare, in due convogli: uno dovrà sbarcare le truppe presso Maleme, l’altro, più numeroso, presso Iraklion. Tali truppe saranno trasportate da un’eterogenea flottiglia di circa una cinquantina tra motopescherecci e motovelieri, più alcuni rimorchiatori e piroscafetti (altra fonte parla di un totale di sette piroscafi e 63 motovelieri); ad assicurare la scorta dei due convogli, essendo la presenza navale tedesca in Mediterraneo estremamente limitata, dovranno essere delle torpediniere italiane, una per convoglio (l’alto comando navale tedesco ha chiesto ed ottenuto da Supermarina di porre a disposizione per l’operazione alcune unità sottili di Marisudest). Ai comandanti delle torpediniere è affidata la direzione militare e marinaresca durante la navigazione, ed a loro soli spetta il comando e la relativa responsabilità durante la navigazione; le torpediniere devono imbarcare un ufficiale tedesco con compiti di capo convoglio (per il convoglio di Maleme, il capitano di fregata Herbert Devantier, che prende per questo imbarco sulla Sirio), che però sarà subordinato al comandante italiano durante la traversata, assumendo il comando solo nella fase di sbarco delle truppe.

La Sirio è stata appunto destinata alla scorta del convoglio di Maleme, che dovrà raggiungere la spiaggia designata per lo sbarco nel pomeriggio del 20 maggio, mentre il convoglio di Iraklion (che invece dovrà sbarcare le sue truppe il 22 maggio) è affidato alla gemella Sagittario. Dal Pireo i due convogli devono in un primo momento raggiungere Milo, da dove poi proseguiranno per Creta.

Il convoglio scortato dalla Sirio, formatosi a Megara e denominato «leicht staffel Maleme», è composto da ventidue piccole unità: quattro motovelieri italiani (Adriatico, Rosa, Padre Eterno e Labor, tutti sulle 50-60 tsl) con funzioni di dragamine ed ausilio alla scorta, e diciotto navicelle greche requisite dai tedeschi, di cui sette piroscafetti e motonavi con scafo in ferro ed undici unità con scafo in legno, perlopiù motovelieri. Le unità greche, contrassegnate dai tedeschi con le sigle S 2, S 3, S 6, S 7, S 8, S 9, S 10, S 11, S 12, S 13, S 14, S 15, S 101, S 103, S 105, S 106, S 107, S 108 e S 109, non sono mai state identificate con assoluta certezza; tra di esse vi erano sicuramente i piroscafetti passeggeri Nautilos (S 101), Kalydon (S 103) ed Ellaki (S 106, un ex panfilo), la piccola motonave da carico Stylianos (S 105 o S 107, anch’essa un ex panfilo a vapore di fine Ottocento), i piroscafetti da carico Ainos (S 109, originariamente costruito come mezzo da sbarco del tipo "X lighter" per la campagna di Gallipoli durante la Grande Guerra: a bordo ha 154 soldati tedeschi) e Georgios S. Krinis (S 108, rimasto in porto per avaria di macchina e partito a rimorchio il giorno seguente) ed i motovelieri Anastasia, Antonios, Angelos (rimorchiato da un’altra unità per problemi ai motori), Evangellistria (S 3), Evangellistria (S 10, omonimo del precedente), Agia Marina (S 7), Agia Trias (S 8), Chrysiis (S 9 o S 11, carico di fusti di benzina) e Velissarios (S 15). Probabilmente anche il piccolissimo (190 tsl) e vecchissimo (costruito nel 1879!) piroscafetto passeggeri Vasiliki, identificato da alcune fonti come l’S 105 (che da fonti tedesche sarebbe risultato chiamarsi “Papapopopiou I”, ma non risulta esistesse una nave greca con questo nome: è possibile che il Vasiliki, venduto poco prima dello scoppio della guerra, avesse assunto questo nuovo nome). Senza nome è rimasto l’S 14, che aveva a bordo 101 soldati tedeschi, una motocicletta ed un carico di munizioni. Il tenente di vascello Albert Österlin, comandante della flottiglia da trasporto, è imbarcato sul Rosa, mentre sull’S 105 è imbarcato il comandante delle truppe, tenente colonnello Anton Ehall.

Si tratta di una flottiglia eterogenea, costituita da unità piccole, lentissime e poco efficienti; la Seekriegsleitung ha espresso fin da subito scetticismo sull’organizzazione di questa operazione, avviata senza la certezza dell’assenza di forze navali britanniche a nord di Creta, ed in vari documenti tedeschi la flottiglia viene definita “flottiglia zanzara” e le imbarcazioni che la compongono “gusci di noce”, appellativi quanto mai appropriati.

Non disponendo la Kriegsmarine in Egeo di personale sufficiente ad armare tutte queste navicelle, esse hanno mantenuto i loro equipaggi greci (minacciando di fucilazione i tanti recalcitranti), posti però sotto il comando di un ufficiale tedesco; sempre a cura della Kriegsmarine le minuscole unità sono state munite di armamento contraereo, di zattere e giubbotti salvagenti e di una scialuppa, che essendo troppo grande per essere imbarcata su unità tanto piccole, viene invece rimorchiata. Agli equipaggi greci è stato detto che la destinazione è Salonicco.

La Luftwaffe assicurerà la scorta aerea nelle ore diurne; l’arrivo del convoglio (detto anche convoglio di ponente in quanto seguirà una rotta più ad ovest di quello per Iraklion) a Maleme è previsto per le 16 del 20 maggio. Sull’eterogenea flottiglia da sbarco hanno preso posto 2331 soldati tedeschi, tra cui il terzo battaglione del 100. Gebirsjäger-Regiment (senza equipaggiamento pesante), due batterie del I./Flak-Lehr-Abteilung e parte dello stato maggiore della 7. Flieger-Division, con motociclette e rifornimenti.

In origine il piano eLaborato dall’ammiraglio Karlgeorg Schuster, comandante della Kriegsmarine nel settore sud-est, prevede che il convoglio di Maleme, composto da 25 navicelle della 1a Flottiglia con a bordo 2300 soldati della 5. Gebirgs-Division, giunga a Maleme nel pomeriggio del 20 maggio (giorno "X" dell’operazione "Merkur"), mentre quello di Heraklion, composto da 38 navicelle della 2a Flottiglia con a bordo 4000 soldati, dovrebbe arrivare a destinazione il 21 maggio. Successivamente un convoglio di piroscafi di maggior tonnellaggio, con a bordo mezzi corazzati ed artiglieria, partirà a sua volta dal Pireo per Creta. Tuttavia l’andamento ancora incerto dei combattimenti a terra nella zona di Maleme e di Heraklion, e la bassissima velocità del convoglio di Maleme (non più di due nodi) che non dà la certezza che lo sbarco avverrebbe nelle ore diurne (con il rischio che la Royal Navy, esperta nel combattimento notturno, attacchi il convoglio ancora in navigazione od in procinto di approdare), inducono a posticipare la partenza; rinvio di un solo giorno, però, giacché la critica situazione dei paracadutisti rende necessario l’immediato invio di un rinforzo. Naturalmente, ventiquattr’ore non sono state certo sufficienti a risolvere i problemi evidenziati.

La Sirio ed un mototrabaccolo del gruppo di Maleme in navigazione verso Milo, il 19 maggio 1941 (tratta da “Kampf im die Ägäis” di Peter Schenk, Mittler, 2000, via Francesco De Domenico)


19 maggio 1941

Sirio e convoglio arrivano a Milo nel pomeriggio, per poi ripartire alle 20 diretti a Creta (altra fonte parla delle 23 del 20 maggio, ma sembra probabile un errore): poco dopo la partenza da Milo, tuttavia, la Sirio è colta da una grave avaria all’elica di dritta, che la obbliga a lasciare il convoglio e dirigere su Lero per la sostituzione dell’elica (anche sette delle navicelle sono costrette a tornare indietro per varie avarie). Al suo posto verrà fatta uscire dal Pireo l’indomani mattina la torpediniera Curtatone, che però salterà su un campo minato poco dopo; alla fine alla scorta del convoglio verrà destinata la torpediniera Lupo. La notte successiva, questa si scontrerà con una soverchiante forza navale britannica, che affonderà la maggior parte dei caicchi in una confusa azione notturna.

23 giugno 1941

Scorta la nave cisterna Albaro dai Dardanelli al Pireo.

3 luglio 1941

La Sirio e le anziane torpediniere Castelfidardo e Monzambano scortano dal Pireo a Suda i piroscafi Pier Luigi (italiano), Talowa e Delos (tedeschi) e la nave cisterna tedesca Ossag, aventi a bordo personale, materiale e carburante delle forze tedesche.

18 luglio 1941

La Sirio e l’incrociatore ausiliario Città di Genova scortano dal Pireo a Iraklion i piroscafi tedeschi Delos e Cordelia, con personale e materiali tedeschi.

21 luglio 1941

Scorta il piroscafo Pier Luigi, con a bordo personale militare, da Suda al Pireo.

23 luglio 1941

Insieme al rimorchiatore di salvataggio Hercules, la Sirio partecipa ai tentativi di disincaglio della nave ospedale Gradisca, arenatasi il 17 luglio su un banco sabbioso al largo di Capo Kara (Grecia). Dopo essere stata alleggerita di tutti i pesi sbarcabili, la Gradisca viene infine disincagliata a mezzogiorno del 23 luglio, con l’aiuto di pompe aspiranti che liberano la prua dalla presa della sabbia.

13 agosto 1941

Scorta la nave cisterna Superga dal Pireo ai Dardanelli. (Il volume USMM "La difesa del traffico con l’Albania, la Grecia e l’Egeo" annota riguardo la Supergaprovenienza Mar Nero”, ma essendo la rotta dal Pireo ai Dardanelli sembra piuttosto che il Mar Nero dovesse essere la destinazione: a meno che l’errore non stesse invece nella descrizione del percorso, che sarebbe allora Dardanelli-Pireo).

Il comandante Manuti a bordo della Sirio (Archivio Centrale dello Stato)

15 agosto 1941

La Sirio scorta in Egeo il piroscafo tedesco Bulgaria. Alle 11.05 il sommergibile britannico Thrasher (capitano di corvetta Patrick James Cowell) avvista un biplano FIAT sopra il Canale di Zea, e, prevedendo che a breve arriverà da quella direzione un convoglio di cui il velivolo costituisce la scorta aerea, vira verso est. Alle 11.20 il sommergibile avvista infatti del fumo nel canale di Mandri, e si dirige in quella direzione; avvista poco dopo Bulgaria e Sirio, identificando correttamente per nome la nave tedesca, ma scambiando la Sirio per un più grande cacciatorpediniere della classe Folgore. Alle 11.58, in posizione 37°36' N e 24°03' E (al largo di Capo Sounion), il Thrasher lancia quattro siluri contro il Bulgaria, per poi ritirarsi verso sudest, rilevando lanci a intermittenza di bombe di profondità fino alle 12.46. I siluri non vanno a segno.

18 agosto 1941

Il capitano di corvetta Manuti lascia il comando della Sirio.

23 agosto 1941

La Sirio scorta dal Pireo a Suda i piroscafi tedeschi Delos e Salzburg, con a bordo personale e materiale della Wehrmacht.

4 settembre 1941

In mattinata la Sirio salpa dal Pireo per scortare fin davanti ai Dardanelli la nave cisterna Maya, in zavorra, e la motonave mista romena Balcic, dirette in Mar Nero e più precisamente in Romania, dove dovranno imbarcare nafta romena e quindi tornare in Mediterraneo. La Sirio li deve scortare fino all’imbocco dello stretto dei Dardanelli, non potendo proseguire oltre in base alle regole della convenzione di Montreux.

5 settembre 1941

Alle 6.55 il sommergibile britannico Perseus (capitano di corvetta Edward Christian Frederick Nicolay), in agguato nell’Egeo settentrionale, avvista a sette miglia di distanza verso sud Maya e Balcic, di cui stima la rotta come 032°. Avvicinatosi per attaccare, alle 7.16 il Perseus identifica la Balcic (per altra fonte, l’avrebbe invece scambiata per la motonave Balero) e nota la presenza della Sirio, ma questo non lo induce a desistere dall’attacco: alle 7.33 il battello britannico, in posizione 39°45' N e 25°51' E (circa 5-6 miglia a sudovest di Tenedos; per altra fonte due miglia a sud dell’isola), lancia quattro siluri contro la Maya, la nave più vicina, da una distanza di 4660 metri.

Alle 7.40 (per altra fonte 7.35 o 7.45) la Maya viene colpita da un siluro a centro nave; il Perseus la vede sbandare ed accostare a sinistra (ed osserva anche “un sacco di fumo” levarsi dal centro della Balcic, che in realtà è indenne), poi scende in profondità per sottrarsi alla reazione della scorta. La Sirio, infatti, passa immediatamente al contrattacco, sottoponendo il sommergibile a caccia con bombe torpedini da getto (l’equipaggio del Perseus ne conta quattro), ma queste scoppiano lontane dal sommergibile, senza fare danni. Poi, la torpediniera provvede poi al recupero dell’equipaggio della Maya, che frattanto ha abbandonato la nave; vi è stata un’unica vittima tra i 23 uomini imbarcati sulla petroliera.

Alle 8.36 il Perseus torna a quota periscopica; avvista un idrovolante Heinkel, forse turco, ad un paio di miglia di distanza, e vedendo la Maya ferma e sbandata di 50 gradi a sinistra – col trincarino già sott’acqua – ed abbandonata dall’equipaggio ma ancora a galla, le lancia un altro siluro per darle il colpo di grazia, da una distanza di 3200 metri. La Sirio avvista l’arma e l’evita con la manovra, ed essa manca anche il bersaglio prescelto (Nicolay ipotizzerà che il siluro abbia mancato a causa di mulinelli d’acqua prodottisi tra il sommergibile e la nave cisterna); la torpediniera torna quindi al contrattacco con il lancio di altre tredici bombe di profondità (l’ultima delle quali lanciata alle 8.55, seguita da una piccola esplosione rilevata dal Perseus su rilevamento 030°), nessuna delle quali, tuttavia, esplode vicino al sommergibile (le più vicine, ritenute probabilmente essere un pacchetto di quattro lanciate all’estremità della scia, esplodono a circa mezzo miglio di distanza).

Nonostante il pauroso sbandamento a sinistra, la Maya stenta ad affondare: non essendo però possibile prenderla a rimorchio, la Sirio deve accelerarne l’affondamento a cannonate. (Per altra versione, la nave rimase inizialmente a galla e la Sirio riuscì a prenderla a rimorchio ed a tentare di trainarla; essendo però evidente che la Maya non era salvabile, il comandante della torpediniera dovette rassegnarsi ed ordinare di finirla a cannonate. Qualche sito afferma che la Maya venne portata all’incaglio, ma si tratta di un errore). La petroliera s’inabissa infine alle dieci del mattino nel punto 39°43' N e 25°57' E, sei miglia a sudovest dell’isola di Tenedos e 22 miglia a nordovest di Lesbo. La Sirio riprende poi la navigazione insieme alla Balcic. (Il Perseus, tornato a quota periscopica alle 9.37, non vede più i mercantili ed avvista una densa nube di fumo su rilevamento 060°, che ritiene trattarsi della Sirio che si allontana ad alta velocità).

8 settembre 1941

La Sirio ed il cacciatorpediniere Francesco Crispi scortano le motonavi Calino e Calitea, con a bordo 1182 militari delle tre armi e 560 tonnellate di materiali vari e derrate per la popolazione civile, dal Pireo a Rodi.

15 settembre 1941

La Sirio e la gemella Alcione scortano i piroscafi tedeschi Arcadia e Salzburg e l’italiano Caterina Madre (noleggiato dal comando tedesco), con personale e materiale tedeschi, dal Pireo a Suda.

5 ottobre 1941

Sirio, Alcione ed il MAS 539 scortano il piroscafo italiano Andrea Contarini ed il tedesco Ithaka, con a bordo personale e materiali sia italiani che tedeschi, dal Pireo a Kavaliani.

6 ottobre 1941

Sirio ed Alcione scortano i piroscafi tedeschi Ithaka e Delos, con personale e materiale delle forze germaniche, da Kavaliani ad Iraklion.

7 ottobre 1941

Sirio ed Alcione scortano l’Ithaka ed il Caterina Madre da Iraklion a Suda, con personale e materiale tedeschi.

8 ottobre 1941

Sirio ed Alcione scortano da Suda al Pireo il Caterina Madre ed il piroscafo tedesco Santa Fe, con personale e materiali tedeschi.

15 ottobre 1941

Sirio, Alcione ed il cacciatorpediniere Quintino Sella scortano dal Pireo a Salonicco le navi cisterna Torcello (italiana), Burgas (bulgara) e Petrakis Nomikos (tedesca) ed il piroscafo tedesco Artemis Pitta dal Pireo a Salonicco.

Alle 8.50 il sommergibile britannico Thunderbolt (capitano di corvetta Cecil Bernard Crouch) avvista il convoglio di cui fa parte la Sirio in posizione 37°40' N e 23°51' E (al largo dell’isolotto di Arsida, tra Phleva e Capo Sounion); portatosi all’attacco (si trova tra le navi e la terraferma, a circa un miglio dalla costa), alle 9.53 lancia tre siluri contro una nave cisterna valutata in 6000 tsl (probabilmente la Petrakis Nomikos), da appena 600 metri di distanza. Nonostante la ridotta distanza, nessuno dei siluri va a segno (almeno uno ha corsa irregolare); un velivolo tedesco della scorta aerea avvista la scia di un siluro, e l’Alcione si porta subito al contrattacco, lanciando bombe di profondità sul punto di origine della scia meno di cinque minuti dopo il lancio. Anche l’aereo tedesco attacca il sommergibile con bombe (l’equipaggio del Thunderbolt, da parte sua, rileva dieci esplosioni di bombe di profondità tra le 9.58 e le 10.31; alcune esplodono vicine, causando qualche danno, specialmente alla cupola del sonar). L’Alcione prosegue l’azione antisom fino a mezzogiorno, quando viene rilevata da due MAS e si riunisce al convoglio, non prima di aver recuperato uno dei siluri del Thunderbolt, rimasto a galla senza testata.

18 ottobre 1941

Sirio ed Alcione scortano Torcello e Petrakis Nomikos dal Pireo a Salonicco (?).

La Sirio ad Iraklion (da “Die Kriegsmarine in der Ägäis im II. Weltkrieg 1941-1944” di Byron Tesapsides, via Francesco De Domenico e Forum Regia Marina)

25 ottobre 1941

In mattinata Sirio e Sella salpano dal Pireo per scortare a Candia (per altra fonte, a Suda) i piroscafi Sant'Agata e Monrosa, aventi a bordo uomini, quadrupedi e materiali della 51a Divisione Fanteria "Siena", in corso di trasferimento dalla Morea a Creta per rinforzare la guarigione dell’isola.

Alle 12.45 il convoglio, mentre procede sulla rotta di sicurezza tra le isole di Gaidaro e Phleva (con rotta vera 142°) e sta per incrociare un convoglio minore composto dal piroscafo Fanny Brunner e dalla torpediniera Libra, partiti da Lero, viene avvistato dal sommergibile britannico Triumph, al comando del capitano di corvetta Wilfrid John Wentworth Woods. Il Triumph avvista il convoglio, proveniente dalla direzione di Phleva, a poppavia sinistra; Woods ne stima la composizione come due piroscafi di 6000 tsl, alti sull’acqua e dunque poco carichi, scortati da un cacciatorpediniere classe Sauro o simile (il Sella) ed una torpediniera classe Spica (la Sirio), oltre ad un velivolo di scorta aerea. Al contempo avvista a prora sinistra anche il convoglio Libra-Fanny Brunner, in navigazione con rotta opposta all’altro vicino alla costa di Gaidaro, identificando le due navi come un mercantile di 4000 tsl ed una torpediniera, ritenuta forse essere la Monzambano (in realtà alquanto differente dalla Libra). Il sommergibile manovra per attaccare la nave che procede in testa al convoglio, cioè il Monrosa; Woods intende lanciare otto siluri, quattro contro ognuno dei due piroscafi, ed alle 13.16, dalla distanza di 3200 metri, ordina il lancio dei primi quattro, contro il Monrosa.

Alle 13.18, proprio mentre il comandante britannico sta abbassando il periscopio, il velivolo tedesco che costituisce la scorta aerea (da parte italiana risulterebbe invece che la scorta aerea fosse costituita da un idrovolante CANT Z. 501) scende in picchiata e lancia tre bombe contro il Triumph, arrecandogli lievi danni e costringendolo ad immergersi in profondità (dapprima 37 e poi 46 metri) ed a rinunciare ad attaccare anche il Sant'Agata, ma pochi secondi dopo il Monrosa, che ha avvistato scie di siluri ma non ha manovrato abbastanza prontamente per evitarli, viene colpito al centro da almeno un siluro, forse due, mentre altri tre esplodono in costa, sul vicino isolotto di Arsida. Scosso dallo scoppio delle caldaie, il piroscafo affonda rapidamente di poppa, inabissandosi alle 13.30 nel punto 37°41' N e 23°53' E, tra Gaidaro e Phleva (nel golfo di Atene, circa tre miglia a nordovest dell’isola di Patroclo ed al largo dell’isola di Hydra), portando con sé 148 dei 265 uomini a bordo.

Il Sella, vista apparire una bolla nel punto in cui sono cadute le bombe dell’aereo, si porta sul posto alla massima velocità, getta 19 bombe di profondità e lancia in mare un segnale; lo raggiunge poi la Libra, che risale la scia di un siluro con rilevamento 230°, poi accosta leggermente a dritta verso il punto in cui due ricognitori continuano a scendere in brusche e reiterate picchiate. Poco prima di arrivare sul luogo, la Libra vede due grosse bolle d’aria a proravia e lancia su quel punto sette cariche di profondità, poi inverte la rotta e lancia altre due bombe da 100 kg sull’ampia chiazza di nafta frattanto apparsa in superficie. La Sirio, che si trovava sul lato settentrionale del convoglio, raggiunge la zona in cui si presume essere il battello, lancia delle bombe di profondità e poi ripercorre l’area mettendo in mare la torpedine da rimorchio.

Alle 13.45 anche dei bombardieri Junkers Ju 87 “Stuka” tedeschi scendono in picchiata e sganciano bombe su un punto a dieci miglia per 270° da Gaidaro, indicando la presenza del sommergibile al MAS 534, frattanto sopraggiunto, che vi lancia sei bombe di profondità, vedendo poi apparire (dopo 15 secondi) tre bolle d’aria di 20 metri di diametro e poi una densa chiazza di nafta. Alle 15.45 anche il cacciasommergibili ausiliario AS 43 Fedelsono esegue lancio di cariche di profondità un miglio ad ovest di Gaidaro, avvertendo due esplosioni dopo l’ottavo lancio, seguite dall’emersione di rottami e nafta e poi persino del sommergibile stesso – così dichiarerà il suo comandante – a 300 metri a poppa del Fedelsono, che tenta di speronarlo ma non ci riesce perché il sommergibile, notevolmente sbandato a sinistra, s’immerge di nuovo. Alle 17.34 il MAS 538 raggiunge la zona dell’attacco del MAS 534, notando chiazze di nafta ed alcune bolle d’aria, e lanciando quasi nello stesso punto due bombe di profondità regolate per 75 metri, dopo le quali la quantità di nafta aumenta ed inizia ad apparire anche petrolio; poi lancia un’altra bomba a dieci metri di distanza, che fa emergere una bolla alta mezzo metro, molto scura. Subito dopo, il MAS 538 vede a circa cinquanta metri un ribollire in superficie e poi una massa scura che pensa essere il sommergibile che tenta di emergere; il MAS lancia altre due bombe e si appresta a lanciare i siluri, ma la “macchia scura” scompare.

Da parte italiana si ritiene che il sommergibile attaccante, danneggiato dal primo contrattacco ad opera di SellaSirio e Libra, sia riuscito ad allontanarsi di 2,6 miglia, lasciandosi dietro una scia di nafta, per poi essere sicuramente affondato dai MAS 534 e 538.

In realtà il Triumph, investito dapprima dall’esplosione delle bombe lanciate dall’aereo tedesco (che hanno provocato il lancio accidentale del siluro contenuto nel tubo numero 5, la cui luce indicatrice di lancio si è bruciata), alle 13.19 ha avvertito le esplosioni dei siluri che hanno colpito il Monrosa ed ha iniziato a ritirarsi lentamente verso ovest, mentre le esplosioni delle bombe di profondità lo scuotevano violentemente; non è affondato, anche se è stato seriamente danneggiato dalla pioggia di bombe di profondità (a bordo del battello britannico sono state contate tra le 60 e le 70 esplosioni dalle 13.20 alle 14.36, ma con accuratezza decrescente) ed ha avuto alcuni feriti a bordo. Woods rileva la prosecuzione della caccia antisommergibili per tutto il pomeriggio da parte di aerei ed unità minori, ma questa non causerà altri danni al sommergibile. Con il senno di poi, la storia ufficiale dell’USMM nota che le numeros unità aeree e navali impegnate nella caccia al Triumph (almeno tre aerei e sei navi) operarono in maniera del tutto indipendente l’una dall’altra, attaccando individualmente quelli che ritenevano essere i segni della presenza di un sommergibile, senza alcun coordinamento o collegamento radio.

27 ottobre 1941

Sirio e Sella scortano il piroscafo Tagliamento e la nave cisterna Rondine da Candia al Pireo.

28 ottobre 1941

Poco dopo mezzanotte la Sirio dà nuovamente la caccia al Triumph, di nuovo all’attacco dopo l’affondamento del Monrosa tre giorni prima. Alle 00.10 il sommergibile britannico ha avvistato in posizione 37°07' N e 24°49' E due unità identificate in un primo momento come due grossi caicchi a vele spiegate; avvicinatosi per attaccare con il cannone, dieci minuti dopo Woods si è accorto che i bersagli sono in realtà due navi mercantili di maggiori dimensioni, pertanto ha mandato nuovamente sottocoperta i cannonieri e manovrato per un attacco col siluro. Durante questa manovra, alle 00.23, il Triumph avvista la Sirio a proravia sinistra, a 1370 metri di distanza; immersosi a 24 metri, continua comunque la manovra per tentare di portarsi in posizione favorevole per un lancio contro i mercantili, ma poco dopo perde il contatto con essi, in quanto il forte rumore delle macchine della torpediniera “copre” quello più debole e distante delle loro. Rinunciato pertanto all’attacco, il Triumph inizia a ritirarsi verso ovest a bassa velocità, ma poco dopo la Sirio inizia a lanciare bombe di profondità; ne lancia in tutto nove, nessuna delle quali esplode vicina al sommergibile, che non subisce così alcun danno.

1° novembre 1941

La Sirio e la gemella Lupo salpano dal Pireo per scortare ad Iraklion, via Nauplia, le motonavi Città di Alessandria, Città di Savona e Città di Agrigento, con a bordo truppe e materiali.

2 novembre 1941

Alle 00.25 il sommergibile britannico Proteus (capitano di corvetta Philip Stewart Francis), intento nella ricarica delle batterie a sette miglia per 160° dal faro di Aghios Giorgios (nel Golfo di Atene), avvista tre navi oscurate, che poco dopo identifica come un convoglio di tre navi mercantili con due unità di scorta. Manovra per attaccare, ma all’una una delle navi scorta accelera e si dirige verso di lui: è la Sirio, che l’ha avvistato. Il sommergibile deve abbandonare l’attacco, ed all’1.05 s’immerge a 45 metri di profondità. Cinque minuti dopo ha inizio la caccia con bombe di profondità: la Sirio lancia due “pacchetti” di sette bombe di profondità, poi ripassa sul punto e lancia altre dieci bombe di profondità, tre delle quali non esplodono. Infine usa anche la torpedine da rimorchio, ma senza successo. Da parte sua, il Proteus conta quattordici esplosioni di bombe di profondità, delle quali le prime sei esplodono piuttosto vicine; non subisce comunque danni. In seguito viene inviato a proseguire la caccia il MAS 538, che ritiene, a torto, di aver sicuramente danneggiato il sommergibile. Essendo la sua posizione ormai compromessa, quando riemerge alle 3.50 il Proteus lascia la zona e fa rotta per il canale di Serifo.

3 novembre 1941

Sirio e Lupo scortano le tre motonavi di prima più il Salzburg da Iraklion al Pireo, con personale e materiali vari sia italiani che tedeschi.

7 novembre 1941

La Sirio scorta i piroscafi tedeschi Trapani e Arcadia, con personale e materiale della Wehrmacht, dal Pireo a Iraklion.

11 novembre 1941

Sirio, Lupo ed una terza gemella, la Cassiopea, scortano insieme a due motovedette tedesche i piroscafi Delos, Sant'Agata e Santa Fe e la nave cisterna italiana Cerere, con personale e materiali tedeschi, da Suda al Pireo.

18 novembre 1941

La Sirio ed una motovedetta tedesca scortano i piroscafi tedeschi Elli e Delos dal Pireo a Kavaliani, con personale e materiali tedeschi.

8 dicembre 1941

Sirio ed Alcione scortano Elli ed Artemis Pitta dal Pireo a Suda.


La Sirio al Pireo in una serie di fotografie scattate da Aldo Fraccaroli il 12 dicembre 1941 (via g.c. Marcello Risolo e www.naviearmatori.net e via Coll. Domenico Jacono e www.associazione-venus.it)



14 dicembre 1941

Sirio, Lupo e l’incrociatore ausiliario Brioni scortano Città di Agrigento, Città di Alessandria e Città di Savona da Iraklion al Pireo.

21 dicembre 1941

La Sirio, insieme alla Lupo, alla gemella Lira ed al Brioni, salpa dal Pireo per scortare a Suda un convoglio con truppe e materiali, formato dalle motonavi Città di AgrigentoCittà di Savona e Città di Alessandria. Alla scorta si unisce poi anche il cacciasommergibili tedesco Drache.

22 dicembre 1941

Tra le 6.55 e le 8.04 due delle torpediniere della scorta bombardano con cinque cariche di profondità il sommergibile britannico Thorn (capitano di corvetta Robert Galliano Norfolk), a 12 miglia per 114° da Capo Drepano. Le bombe vengono lanciate singolarmente; la prima esplode molto vicina al sommergibile.

23 dicembre 1941

Sirio, Lupo, Brioni e Drache, insieme alla torpediniera Pegaso ed al cacciatorpediniere Turbine, scortano da Suda al Pireo un convoglio formato dalla cisterna militare Volturno, dalle motonavi italiane Città di AgrigentoCittà di Alessandria e Città di Savona e dai piroscafi tedeschi Salzburg e Santa Fe, carichi di truppe e materiali.

28 dicembre 1941

Sirio, Drache e l’incrociatore ausiliario Barletta scortano Città di AgrigentoCittà di Alessandria e Città di Savona dal Pireo a Suda.

La Sirio in partenza dal Pireo per scortare un convoglio a Suda, il 28 dicembre 1941; è visibile la nuova configurazione dei tubi lanciasiluri, adottata nell’estate 1941 (g.c. STORIA militare)


1942

È imbarcato sulla Sirio il guardiamarina Anselmo Marchi, futura Medaglia d’Oro al Valor Militare.

5 gennaio 1942

La Sirio e due MAS scortano il piroscafo tedesco Burgas e l’italiano Neghelli dal Pireo a Kavaliani.

15 gennaio 1942

La Sirio e l’anziana torpediniera Castelfidardo scortano da Salonicco al Pireo, via Kavaliani, il piroscafo tedesco Delos, l’italiano Pier Luigi e la nave cisterna Giorgio, anch’essa italiana.

27 gennaio 1942

Sirio, Castelfidardo, Barletta e Drache scortano Città di AlessandriaCittà di Savona e Santa Fe dal Pireo a Suda.

30 gennaio 1942

Sirio e Castelfidardo scortano da Suda al Pireo i piroscafi Brundisium (italiano) ed Artemis Pitta (tedesco).

1942

Lavori di modifica dell’armamento: viene eliminata una mitragliera binata da 13,2/76 mm, mentre vengono installate quattro mitragliere singole Scotti-Isotta Fraschini 1939 da 20/70 mm (altra fonte parla invece di otto Breda da 20/65 mm). In precedenza sono stati installati due lanciabombe per bombe di profondità, con scorta complessiva di 40 cariche.

14 marzo 1942

Sirio, Monzambano, Drache e l’incrociatore ausiliario Brindisi scortano Città di AgrigentoCittà di Alessandria e Città di Savona dal Pireo a Suda.

17 marzo 1942

SirioBrindisi, MonzambanoDrache scortano Città di AgrigentoCittà di AlessandriaCittà di Savona ed il piroscafo tedesco Arcadia da Suda al Pireo.

3 aprile 1942

Sirio e Lupo scortano dal Pireo ai Dardanelli, via Salonicco, i piroscafi tedeschi Arcadia e Salzburg, il romeno Alba Julia e la nave cisterna italiana Celeno.

7 aprile 1942

Sirio e Lupo scortano le piccole navi cisterna Alfredo ed Abruzzi da Salonicco al Pireo.

11 aprile 1942

La Sirio e la gemella Calliope scortano da Salonicco a Suda i piroscafi Tagliamento, Pier Luigi e Santa Fe.

4 maggio 1942

Sirio e Cassiopea scortano Celeno, Burgas ed Artemis Pitta da Salonicco al Pireo.

15 maggio 1942

Sirio, Brindisi, la torpediniera Calatafimi e due motovedette tedesche scortano dal Pireo a Suda un numeroso convoglio formato da Città di Agrigento, Città di Alessandria, Città di Savona, Tagliamento, Santa Fe e dalla piccola motonave Tabarca.

16 maggio 1942

Il marinaio Agostino Micheli, 22 anni, da Orzivecchi, muore a bordo della Sirio nel Mediterraneo orientale.

21 maggio 1942

Sirio, Calatafimi, Brindisi e quattro motovedette tedesche scortano da Suda al Pireo Città di Agrigento, Città di Alessandria, Città di Savona, Santa Fe ed Ossag.

29 maggio 1942

Sirio, Cassiopea, Barletta e due motovedette tedesche scortano Città di Alessandria, Città di Agrigento, Delos ed il piroscafo italiano Re Alessandro dal Pireo ad Iraklion.

2 giugno 1942

Sirio e Barletta scortano da Iraklion al Pireo Città di Alessandria, Città di Agrigento e Re Alessandro.

17 giugno 1942

Sirio, Barletta, Monzambano e Calatafimi scortano Città di SavonaCittà di Alessandria, TagliamentoRe Alessandro e Santa Fe dal Pireo ad Iraklion.

24 giugno 1942

Sirio, Barletta, Calatafimi, Drache e due motovedette tedesche scortano Città di Alessandria, Città di Agrigento, Città di Savona, Re Alessandro, Delos ed il piroscafo Monstella dal Pireo a Suda.

Giugno 1942

Riceve una nuova colorazione mimetica, a bande in colori “standard”, in sostituzione del precedente schema a piccoli disegni geometrici.

La Sirio affiancata al relitto dell’incrociatore britannico York, semiaffondato nella baia di Suda, nel giugno 1942 (da www.laststandonzombieisland.wordpress.com)

 

26 giugno 1942

Sirio e Barletta, insieme a due motovedette tedesche, scortano Città di SavonaCittà di Alessandria, Città di AgrigentoRe Alessandro e Delos da Suda al Pireo.

4 luglio 1942

Sirio e Monzambano, insieme a due motovedette tedesche, scortano Città di AgrigentoCittà di AlessandriaCittà di SavonaRe AlessandroDelos e Santa Fe dal Pireo ad Iraklion.

8 luglio 1942

La Sirio, la gemella Cassiopea, il cacciatorpediniere italiano Mitragliere, il cacciatorpediniere tedesco ZG 3 Hermes ed i cacciasommergibili tedeschi UJ 2104 e UJ 2107 salpano da Suda alle 21.40 per scortare a Tobruk il convoglio "Siena", formato dalle motonavi italiane Città di Savona, Città di Alessandria e Città di Agrigento e dai piroscafi tedeschi Delos e Santa Fe. In tutto, i cinque mercantili trasportano 966 tonnellate di munizioni e materiale d’artiglieria, 919 tonnellate di materiali vari, 500 tonnellate di carburante, 108 tra automezzi e rimorchi e 206 soldati.

9 luglio 1942

Alle undici del mattino si uniscono al convoglio la nave cisterna Alberto Fassio, carica di 2829 tonnellate di benzina, ed il cacciatorpediniere Turbine, salpati anch’essi da Suda. Caposcorta del convoglio è il Mitragliere.

Alle 23.30 ha inizio una serie di attacchi aerei, che si protrarranno fino alle 15 del giorno seguente; Sirio e Mitragliere abbattono due velivoli nemici.

La Sirio alla fonda a Suda nel luglio 1942, con il nuovo schema mimetico (sopra: g.c. STORIA militare; sotto: da “Le navi del re. Immagini di una flotta che fu” di Achille Rastelli)



10 luglio 1942

Il convoglio arriva a Tobruk alle 13.50.

12 luglio 1942

La Sirio lascia Tobruk alle 18 per scortare a Suda il piroscafetto Pontinia.

14 luglio 1942

Sirio e Pontinia arrivano a Suda alle 16.

2 agosto 1942

Sirio e Barletta scortano dal Pireo ad Iraklion, via Suda, i piroscafi Elli, Pier Luigi e Re Alessandro.

3 agosto 1942

Sirio e Barletta scortano il Re Alessandro da Iraklion al Pireo.

7 agosto 1942

Sirio e Cassiopea scortano le navi cisterna Albaro e Celeno dai Dardanelli al Pireo.

14 agosto 1942

Salpa dal Pireo alle tre di notte per scortare a Bengasi la motonave Foscolo.

Alle 8.30 le due navi vengono raggiunte dal cacciatorpediniere Saetta, che assume la funzione di caposcorta del piccolo convoglio, ed alle 15 la Sirio se ne separa. La Foscolo giungerà indenne a Bengasi.

15 agosto 1942

Scorta da Iraklion al Pireo la nave cisterna per nafta Stige ed il trasporto militare Tripoli.

23 agosto 1942

All’una del pomeriggio la Sirio parte dal Pireo insieme al cacciatorpediniere tedesco ZG Hermes (caposcorta), per scortare a Tobruk i piroscafi Istria e Dielpi, carichi di carburante e munizioni, e le motozattere MZ 744 e MZ 758.

24 agosto 1942

Alle dieci del mattino il convoglio giunge a Suda. Da qui proseguirà senza più la Sirio.

26 agosto 1942

Dalle 19.30 alle 22 la Sirio affianca la gemella Partenope (caposcorta, capitano di corvetta Pasquale Senese) nella scorta della nave cisterna Giorgio, partita dal Pireo alle 7.30 di quel giorno e diretta a Tobruk, dove arriverà il 28, con 2345 tonnellate di benzina nelle cisterne ed altre 999 tonnellate di benzina e lubrificanti in fusti. (Per altra fonte, la Sirio sarebbe rimasta a Suda e sarebbe partita da quel porto con Giorgio, Partenope, il piroscafo Anna Maria Gualdi e la torpediniera Orsa).

Settembre 1942

Assume il comando della Sirio il capitano di corvetta Romualdo Bertone, 35 anni, da Asti.

15 settembre 1942

Sirio e Lupo scortano il piroscafo Nerucci dal Pireo a Suda.

16 settembre 1942

Sirio e Lupo ripartono da Suda alle 14.55 per scortare a Tobruk i piroscafi Dora (tedesco), Nerucci e Corso Fougier. I tre bastimenti, tutti di modeste dimensioni, trasportano complessivamente 1019 tonnellate di benzina e 1673 tonnellate di munizioni e materiali vari, oltre a 14 militari di passaggio.

18 settembre 1942

Alle 3.03 il sommergibile britannico Taku (capitano di corvetta Jack Gethin Hopkins) avvista a tre miglia di distanza su rilevamento 036° una nave oscurata, identificata come un cacciatorpediniere, e cinque minuti dopo avvista sempre a tre miglia, su rilevamento 030°, due mercantili, avvicinandosi ad elevata velocità per attaccare: si tratta delle navi del convoglio scortato dalla Sirio. Alle 3.20, in posizione 32°29' N e 23°34' E (circa 35 miglia a nordovest di Tobruk), il Taku lancia quattro siluri contro la nave di testa (la cui stazza è stimata in 4000 tsl), per poi immergersi; i siluri non vanno a segno, nonostante Hopkins avverta un’esplosione alle 3.27 ed un’altra, violenta e “prolungata”, alle 3.36. Tornato a quota periscopica alle 3.45, il Taku non vede più navi in vista ed alle 4.15 decide quindi di riemergere; avvistato un oggetto scuro vicino alla posizione dell’attacco, si avvicina e lo identifica come un cacciatorpediniere, forse intento alla ricerca di naufraghi, il che rafforza l’impressione di Hopkins di aver affondato una nave. Alle 4.30 il Taku si ritira verso nord.

In realtà, nessuna nave ha subito danni (i siluri sono passati vicini al Dora, senza colpire), ed il convoglio giunge a Tobruk alle 10.10 (o 10.15).

19 settembre 1942

Sirio e Lupo (caposcorta) lasciano Tobruk alle 18 per scortare a Suda la nave cisterna Alberto Fassio.

21 settembre 1942

Il convoglio arriva a Suda alle quattro del mattino, poi prosegue per il Pireo.

24 settembre 1942

La Sirio (capitano di corvetta Romualdo Bertone), le gemelle Lupo (capitano di corvetta Carlo Zanchi) e Castore (tenente di vascello Gaspare Tezel) ed il cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta, capitano di vascello Aldo Cocchia) partono dal Pireo alle 22.30 per scortare a Tobruk il piroscafo italiano Anna Maria Gualdi ed il tedesco Menes. (Cocchia nel suo libro di memorie "Convogli" tratteggia questa descrizione del comandante Bertone della Sirio e del suo collega Zanchi della Lupo: “svelti e intelligenti, entrambi vecchi di convogli, più volte capi scorta essi stessi, uomini dei quali si poteva fidarsi ad occhi chiusi”).

25 settembre 1942

Alle 14.30, nel canale di Cerigotto, si uniscono al convoglio la nave cisterna Proserpina e le torpediniere Libra e Lira, provenienti da Suda, mentre la Sirio deve rientrare in porto per avaria di macchina.

29 settembre 1942

La Sirio (caposcorta, capitano di corvetta Romualdo Bertone) salpa dal Pireo per Tobruk alle 23.35, insieme alle torpediniere Libra, Ciclone e Solferino, scortando il piroscafo Tagliamento (avente a bordo 146 tra veicoli e rimorchi, 2246 tonnellate di munizioni e materiale d’artiglieria, 680 tonnellate di materiali vari e 115 soldati) e la nave cisterna Lina Campanella (avente a bordo 4000 tonnellate d’acqua), provenienti da Brindisi. Il convoglio dovrà fare scalo intermedio a Suda; inizialmente fanno parte del convoglio anche altri piroscafi, per i quali Suda rappresenta la destinazione finale.

Durante la notte il convoglio viene infruttuosamente attaccato da aerei.

30 settembre 1942

Alle sette del mattino la Solferino lascia il convoglio.

Nella notte successiva si verificano altri attacchi aerei, di nuovo senza risultato.

1° ottobre 1942

Giunto a Suda, il convoglio riparte in serata per Tobruk con Tagliamento e Lina Campanella scortati da SirioCiclone e Libra. Le navi procedono alla velocità di 6,8 nodi.

Nel tardo pomeriggio si verifica un altro attacco, da parte di bombardieri, che nonostante la presenza di una scorta aerea italo-tedesca riescono a bombardare a più riprese le navi per oltre mezz’ora. Ciononostante, nessuna bomba va a segno.

2 ottobre 1942

Il convoglio raggiunge indenne Tobruk alle 12.15.

Alle 16.30 Sirio (caposcorta) e Libra lasciano Tobruk per scortare a Patrasso il piroscafo Anna Maria Gualdi.
3 ottobre 1942
Il convoglio giunge al Pireo alle quattro del mattino, sostandovi fino al giorno seguente.
5 ottobre 1942
Sirio, Libra e Gualdi lasciano il Pireo alle tre di notte, raggiungendo a Patrasso dodici ore più tardi.

7 ottobre 1942

La Sirio (capitano di corvetta Romualdo Bertone, caposcorta) e l’anziana torpediniera Solferino (tenente di vascello di complemento Mirko Vedovato) salpano da Salonicco alle 16 di scorta al convoglio «FF» (piroscafo Petrarca e motonave Tergestea), diretto a Tobruk con scalo intermedio al Pireo.

9 ottobre 1942

Alle 8.45 il convoglio giunge al Pireo: qui SirioSolferino vengono rilevate dalle torpediniere LibraLira e Perseo per il prosieguo del viaggio.

25 ottobre 1942

La Sirio, l’anziana torpediniera Solferino ed il posamine tedesco Bulgaria scortano dal Pireo ad Iraklion Città di Alessandria, Città di Savona, Re Alessandro ed il piroscafo tedesco Thessalia.

27 ottobre 1942

Sirio e Solferino scortano il Re Alessandro ed il piroscafo Aventino da Iraklion al Pireo.

29 ottobre 1942

La Sirio ed il cacciatorpediniere Freccia scortano la nave cisterna Giorgio da Iraklion al Pireo.

Subito dopo l’arrivo in porto, la Sirio riparte dal Pireo alle otto del mattino per scortare a Tobruk l’incrociatore ausiliario Barletta, in missione di trasporto.

30 ottobre 1942

Sirio e Barletta arrivano a Tobruk alle 14.30.

Alle 17 la Sirio riparte da Tobruk per scortare a Suda il piroscafetto tedesco Dora e l’egualmente piccola nave cisterna italiana Alfredo.

1° novembre 1942

Il convoglio giunge a Suda alle 15.50, dopo una navigazione tranquilla.

7 novembre 1942

Sirio, Calatafimi e Bulgaria scortano i piroscafi tedeschi Trapani, Macedonia, Artemis Pitta e Burgas dal Pireo a Salonicco.

10 novembre 1942

Sirio, Calatafimi e Bulgaria scortano i piroscafi italiani Potestas e Neghelli da Salonicco al Pireo.

20 novembre 1942

La Sirio scorta il piroscafo Palmaiola da Navarino a Messina.

25 novembre 1942

All’1.45 la Sirio (caposcorta, capitano di corvetta Romualdo Bertone) lascia Palermo per Biserta, scortando, insieme alla moderna torpediniera di scorta Groppo (capitano di corvetta Beniamino Farina), un convoglio formato dai piroscafi XXI AprileEtruria e Carlo Zeno e dalle motozattere MZ 705 e MZ 756.

Alle 11.55, mentre il convoglio si trova in posizione 30°31' N e 12°01' E (a nordovest di Marettimo), il velivolo di scorta aerea sgancia una bomba a circa 4000 metri sulla sinistra del convoglio, per poi segnalare «sommergibile a sinistra». Mentre il convoglio vira a dritta, il caposcorta Bertone ordina alla Groppo di lasciare la propria posizione nella scorta per effettuare una ricerca; alle 12.10 la torpediniera ottiene un contatto all’ecogoniometro, che attacca alle 12.14 con bombe di profondità, nel punto 38°31.5' N e 12°01' E (circa 40 miglia ad ovest/nordovest di Capo San Vito Siculo). Ritenendo di aver colpito il sommergibile, la torpediniera esegue un secondo attacco e poi conclude di aver affondato l’unità nemica; si trattiene comunque in zona per un’altra ora prima di tornare ad assumere la propria posizione nel convoglio.

Alle 13.53, tuttavia, al largo delle Egadi, l’idrovolante CANT Z. 506 di scorta aerea lancia un’altra bomba e segnala un sommergibile in posizione 38°32' N e 11°43' E; di nuovo la Groppo viene distaccata per attaccarlo. Alle 14 l’aereo getta un’altra bomba, ed alle 14.13.5 la Groppo avvista quella che ritiene essere la scia di un siluro. (Un elemento strano della vicenda è che l’Utmost non aveva più siluri a bordo, dunque non si spiega la scia avvistata dalla Groppo: potrebbe essersi trattata di un’illusione ottica, forse la cresta di un’onda più vistosa che qualche vedetta innervosita dalla presenza di un sommergibile potrebbe aver scambiato per la scia di un siluro).

Alle 15.25 la torpediniera ottiene un contatto che attacca di nuovo con 15 bombe di profondità, e presto perde il contatto; l’esito è incerto, ma la Sirio le ordina di riunirsi al convoglio. Il comandante della Groppo riterrà di aver attaccato, tra le 12.10 e le 15.30, due sommergibili, e di aver affondato il primo. (Alcune fonti indicano la posizione di affondamento del battello come 36°30' N e 12°00' E, ma si tratta probabilmente di un errore). È possibile che gli attacchi della Groppo abbiamo affondato il sommergibile britannico Utmost (tenente di vascello John Walter David Coombe), scomparso in questa zona in questi giorni.

26 novembre 1942

Il convoglio giunge a destinazione a mezzogiorno. Sirio e Groppo ripartono da Biserta alle 18 scortando la moderna motonave Caterina Costa, in viaggio di ritorno. Intorno alle 21.30 (mezzanotte per altra fonte) ha inizio una serie di attacchi di aerosiluranti diretti contro la motonave, protrattisi fino alle 2.45 del 27: nessuno dei siluri lanciati va a segno.

27 novembre 1942

Sirio, Groppo e Caterina Costa raggiungono Napoli alle 21.

La Sirio alla fonda al Pireo nel 1942, con la prima colorazione mimetica da essa adottata (da “Le torpediniere italiane 1881-1964” dell’USMM, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net)


30 novembre 1942

La Sirio (caposcorta, capitano di corvetta Romualdo Bertone) parte da Napoli alle 14.30 per scortare in Tunisia, insieme alle torpediniere Groppo, Pallade ed Orione, il convoglio «B», formato dai piroscafi ArlesianaAchille LauroCampaniaMenes e Lisboa. Il convoglio procede a soli sette nodi.

1° dicembre 1942

Alle 7.10 la torpediniera di scorta Uragano si aggrega alla scorta del convoglio.

Alle 14.40 il convoglio viene avvistato in Mar Tirreno da ricognitori britannici, che da questo momento in poi lo manterranno sotto sorveglianza; Supermarina intercetta il segnale di scoperta trasmesso dai ricognitori avversari, e come fa abitualmente con tutti i segnali di questo tipo, dopo averlo decrittato lo ritrasmette all’aria, per allertare il convoglio.

Alle 17.30 salpa da Bona la Forza Q britannica (incrociatori leggeri AuroraSirius ed Argonaut, cacciatorpediniere Quiberon e Quentin), a caccia di convogli italiani. Supermarina ha contezza dei movimenti nemici già il 30 novembre, quanto ha intercettato un segnale di un ricognitore nemico che, alle 23 di quel giorno, ha comunicato di aver avvistato due convogli a sudovest di Napoli: si tratta del «B» e del «C», diretto invece a Tripoli; al contempo (sera del 30) Supermarina ha appreso che alle 13.30 di quel giorno sono state avvistate nel porto di Bona sei navi da guerra non identificate con certezza, ma ritenute essere un incrociatore e cinque cacciatorpediniere. Calcolato che, viaggiando a 30 nodi, queste navi potrebbero raggiungere in sei ore i convogli «B» e «H» (altro convoglio diretto in Tunisia), Supermarina ha chiesto all’alto comando tedesco dello scacchiere sud (Oberbefehlshaber Süd), con sede a Frascati, una ricognizione su tale porto al tramonto del 1° dicembre. (La notizia della presenza a Bona di navi nemiche è anche il motivo che ha indotto Supermarina ad inviare l’Uragano in rinforzo alla scorta del convoglio «B»). Tuttavia, l’aereo tedesco inviato a compiere la ricognizione (uno Junkers Ju 88 del 122° Gruppo ricognizione strategica della Luftwaffe) e l’aereo italiano (un CANT Z. 1007bis del 51° Gruppo Ricognizione Strategica) che lo accompagnava non fanno ritorno (entrambi sono stati abbattuti alle otto del mattino da due caccia Supermarine Spitfire del 242nd Squadron della RAF), come annuncia via telefono a Superaereo il comando tedesco, alle 20.35 del 1° dicembre, in seguito alle ripetute richieste italiane. Al contempo viene comunicato che gli aerei del 122° Gruppo ricognizione strategica non hanno avvistato movimenti navali in mare aperto fino alle 18.

Nel pomeriggio del 1° dicembre, verso le 15, l’Aeronautica Sardegna ha inviato due gruppi di aerei ad attaccare le navi avversarie presenti a Bona: cinque cacciabombardieri Reggiane Re 2001 del 22° Gruppo, armati con bombe da 250 kg e guidati dal capitano Germano La Ferla, hanno effettuato un’azione di bombardamento in picchiata senza riuscire ad accertare il risultato per via di copertura dell’obiettivo di 10/10 causata da banchi di nuvole; e dieci bombardieri Savoia Marchetti SM. 84 del 32° Stormo hanno sganciato le loro bombe senza successo, subendo la perdita di tre aerei (tra cui quelli dei comandanti della 228a e 229a Squadriglia, capitani Enzo Stefani ed Umberto Camera) ad opera degli Spitfire dell’81st e 242nd Squadron (hanno partecipato all’azione anche dieci caccia Spitfire statunitensi della 52a Squadriglia, guidati dal colonnello West, che però sono riusciti a danneggiare un solo bombardiere) ed il grave danneggiamento di altri tre, costretti all’atterraggio di fortuna.

Alle 16.30 Supermarina ha chiesto a Superaereo di sollecitare il Comando del II. Fliegerkorps affinché durante la notte bombardi gli aeroporti della zona compresa tra Bona e Bougie per impedire agli aerei ivi stanziati di attaccare i convogli; i tedeschi hanno acconsentito, destinando a questo scopo sei bombardieri Junkers Ju 88, dieci Heinkel He 111 e due Dornier Do 217.

Alle 23.30 Supermarina viene informata da Superaereo che alle 22.40 un altro Ju 88 tedesco del 122° Gruppo ricognizione strategica ha avvistato in posizione 37°42' N e 09°45' E (una ventina di miglia a nord di Biserta ed a 60 miglia per 290° da Capo Bon; per altra fonte, l’avvistamento sarebbe avvenuto al largo delle coste algerine) cinque navi da guerra britanniche di medio tonnellaggio in navigazione ad alta velocità con rotta 90° (quasi corretta: quella reale tenuta dalla Forza Q è di 104°); dieci minuti dopo (per altra fonte, alle 23.44) Supermarina lancia il segnale di scoperta. L’Oberbefehlshaber Süd chiede a Supermarina l’autorizzazione ad attaccare con i propri aerei le navi avvistate, e Supermarina la fornisce prontamente, comunicando però anche la rotta e posizione dei convogli «B» e «H» e sottolineando la necessità di evitare errori di riconoscimento.

Alle 19.35, intanto, la scorta del convoglio «B» viene ulteriormente rinforzata con l’arrivo della X Squadriglia Cacciatorpediniere, con i cacciatorpediniere Maestrale (caposquadriglia, capitano di vascello Nicola Bedeschi), Ascari e Grecale: erano di ritorno da una missione di posa di mine nel Canale di Sicilia, ed essendo gli unici disponibili nell’immediato, Supermarina ha ordinato loro alle 15.08 di rinforzare la scorta del convoglio "Sirio"contro eventuale provenienza da Bona dove stamane erano presenti alcuni cc.tt.”. Supermarina, dopo aver esaminato la situazione dei quattro convogli in navigazione nel Canale di Sicilia rispetto al rischio d’intercettazione da parte della forza navale avvistata dall’aereo tedesco, conclude che quelli più a rischio siano il «B» e l’«H» (il «C» è troppo lontano rispetto al raggio d’azione della forza navale avvistata, ed il «G» è già stato attaccato da aerei che hanno incendiato la nave cisterna Giorgio, unico mercantile che ne fa parte); decide di non ordinare al convoglio «B» (che all’una di notte del 2 dicembre si trova arretrato di una sessantina di miglia rispetto all’«H») di invertire la rotta, preferendo lasciar decidere sul da farsi al caposcorta, che potrà regolarsi come più riterrà opportuno avendo ricevuto sia il segnale di scoperta relativo alla Forza Q trasmesso da Supermarina alle 23.40, sia, alle 00.40, un altro segnale di scoperta trasmesso dal cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, caposcorta del convoglio «H» (che proprio a quell’ora, infatti, viene attaccato dalla Forza Q).

Il convoglio «H», trovandosi ormai in posizione troppo avanzata per poter tornare indietro, viene fatto anch’esso proseguire (si è inizialmente considerato se inviare la X Squadriglia – i cui tre cacciatorpediniere sono gli unici disponibili al momento – a rinforzare quest’ultimo convoglio anziché il «B», ma alla fine si è deciso di assegnarla al convoglio «B» perché quest’ultimo è ritenuto più importante e perché l’«H» è il più protetto dei due, oltre che il più veloce nonché in posizione più avanzata, così che si ritiene che entro mezzanotte sarà parzialmente protetto dai bassifondali del banco Keith e dai campi minati difensivi presenti nella zona); verrà distrutto nella notte seguente dalla Forza Q, con gravissime perdite, nello scontro divenuto noto come del banco di Skerki.

Alle 20.15, infatti, la Sirio avvista dei bengala a proravia sinistra, e poi molti altri bengala nella direzione in cui si trova il convoglio «H». Alle 22.30 il comandante Bertone ordina alle navi di accostare verso est per non avvicinarsi troppo al convoglio «H», che appare sotto attacco; successivamente fa accostare peR 150°.

2 dicembre 1942

All’una di notte il comandante Bedeschi del Maestrale, di grado superiore a Bertone, interviene ed ordina di fare rotta su Palermo, accostando a sinistra per rotta 80°, essendo ormai evidente che il convoglio «H» è sotto attacco da parte di una formazione navale. Alle 4.30 il convoglio «B» si trova a dodici miglia per 305° da Marettimo, ed alle 7.06 riceve ordine di dirigere per Trapani, dove giunge alle 10.50.

Alle 19 riparte da Palermo per riprendere la traversata: lo formano ora Arlesiana, Achille Lauro, Menes e Campania (rimane in porto il Lisboa, che partirà alle 12.20 del 5 ed arriverà alle 16 del 6), scortati da SirioGroppoOrioneAnimosoAntonio Mosto ed Uragano.

3 dicembre 1942

Alle 10.01 il sommergibile britannico P 37 (poi Unbending; tenente di vascello Edward Talbot Stanley) avvista verso nord il fumo delle navi del convoglio, ed i velivoli della scorta aerea. Avvicinatosi a tutta forza, avvista quattro mercantili, un motoveliero e due “cacciatorpediniere”; alle 10.37, in posizione 37°26' N e 10°43' E, lancia quattro siluri contro due dei mercantili (che si “sovrappongono” nel suo periscopio) da ben 8200 metri di distanza, non essendo riuscito ad avvicinarsi di più. I siluri non vanno a segno.

Si è appena concluso questo primo attacco quando alle 10.39 un altro sommergibile britannico, il P 48 (tenente di vascello Michael Elliot Faber), avvista le alberature ed i fumaioli delle navi del convoglio su rilevamento 360°, e si avvicina a tutta forza per attaccare a sua volta. Faber identifica la composizione del convoglio come quattro mercantili e due cacciatorpediniere; zigzagando, le navi accostano proprio verso il suo sommergibile, agevolandolo nella manovra di attacco, in quanto il P 48 si ritrova ad essere appena all’interno dello “schermo” protettivo della scorta, sul lato sinistro, oltrepassando non visto quello che il comandante britannico ritiene erroneamente essere un cacciatorpediniere classe Navigatori.

Alle 11.14, in posizione 37°22' N e 10°37' E (a nord del Golfo di Tunisi), il P 48 lancia quattro siluri contro il mercantile di testa, di cui Faber ha stimato la stazza in 6000 tsl, mentre il “cacciatorpediniere” che protegge il fianco sinistro si trova meno di 400 metri a poppavia del battello. I siluri mancano il bersaglio, ed alle 11.22 la Groppo contrattacca con il lancio di quindici bombe di profondità, seguite da altre quindici in un secondo passaggio, ritenendo di aver “probabilmente danneggiato” l’avversario per poi riunirsi al convoglio (da parte britannica vengono contate le detonazioni di nove bombe di profondità, che esplodono piuttosto vicine a quota insufficiente per arrecare danni al P 48, che intanto si ritira su rotta 080°).

Tornato a quota periscopica alle 11.55, il sommergibile avvista nuovamente il convoglio, ora distante cinque miglia, su rilevamento 230°; il “cacciatorpediniere classe Navigatori” si trova su rilevamento 340°, ad un miglio e mezzo di distanza, su rotta 080°. Il P 48 torna in profondità e vi rimane fino alle 12.35, quando, tornato a quota periscopica e constatato che il convoglio non è più in vista, dirige per il Basso Tirreno.

Poco più tardi, il convoglio si scinde in due gruppi che dirigono verso le rispettive destinazioni: Menes, Arlesiana ed Achille Lauro con Sirio, Orione, Groppo e Pallade verso Tunisi, e Campania con Animoso, Mosto ed Uragano verso Biserta. Si uniscono alla scorta alcune motosiluranti tedesche della 3. Schnellbootflottille.

Dopo aver superato indenne due attacchi di sommergibili, il convoglio «B» subisce una dolorosa perdita a causa dei campi minati: alle 14.15 il Menes urta una mina una decina di miglia ad est dell’Isola dei Cani ed esplode, uccidendo duecento uomini. Le motosiluranti tedesche S 57 e S 59 recuperano una quarantina di superstiti.

Le altre navi di questo gruppo giungono a Tunisi alle 18.45, mentre il Campania arriva a Biserta alle 15.45.

23 dicembre 1942

La Sirio e la gemella Perseo partono da Napoli per Tunisi alle 10.30, scortando la motonave Col di Lana ed il trasporto militare tedesco KT 2, diretti a Tunisi.

24 dicembre 1942

All’alba il convoglio scortato da Sirio e Perseo si congiunge con un altro, proveniente da Palermo e diretto a Biserta, formato dalla motonave Viminale e dal cacciatorpediniere Lampo. Si forma così un unico convoglio del quale è caposcorta il Lampo; alle 9.57, al largo di Capo Bon, la Perseo (tenente di vascello Saverio Marotta) attacca un sommergibile localizzato all’ecogoniometro (che secondo una fonte avrebbe lanciato dei siluri contro il convoglio e contro la stessa Perseo), ritenendo di averlo probabilmente danneggiato. Qualche fonte attribuisce a questa azione l’affondamento del sommergibile britannico P 48 (che viene talvolta retrodatato al 22 dicembre e/o attribuita all’azione congiunta della Perseo, della torpediniera di scorta Ardente e della vecchia torpediniera Audace, che in realtà si trovava all’epoca in Adriatico), ma in realtà questi non fu coinvolto in tale episodio, essendo la posizione dell’attacco della Perseo (45 miglia a nord di Capo Bon) troppo lontana dall’area d’agguato del sommergibile britannico. In realtà il P 48 fu quasi certamente affondato il giorno seguente dalle bombe di profondità della torpediniera di scorta Ardente.

Le navi procedono insieme per alcune ore, poi – a mezzogiorno – i due convogli tornano a dividersi, e dirigono verso le rispettive destinazioni. Alle 19 SirioPerseoCol di Lana e KT 2 arrivano a Biserta (?).

29 dicembre 1942

La Sirio parte da Messina alle 13.05, diretta a Palermo per scorta convoglio.

30 dicembre 1942

Arrivata a Palermo alle 00.10, dopo aver percorso 174 miglia, la Sirio ne riparte un’ora più tardi insieme ai cacciatorpediniere Maestrale (caposcorta), Lampo e Corsaro ed alla gemella Pallade, scortando le motonavi Mario RoselliManzoni ed Alfredo Oriani, dirette a Biserta.

Alle 5.04 il sommergibile britannico Ursula (tenente di vascello Richard Barklie Lakin), a circa 12 miglia per 360° da Capo San Vito siculo (nel punto approssimato 38°43' N e 12°40' E, dove si è appena spostato su ordine del comando flottiglia di Malta), avvista il convoglio italiano che procede a 15 nodi su rotta 240°, a 8200 metri di distanza. Alle 5.09 l’Ursula s’immerge e si avvicina alla massima velocità per attaccare il mercantile di testa (che sembra il più grande), immergendosi a quota leggermente maggiore alle 5.13 perché il cacciatorpediniere di testa gli passa vicino, salvo poi tornare a quota periscopica alle 5.15 per trovare che il convoglio ha zigzagato di 35° verso l’Ursula stesso. Alle 5.20 la motonave di testa è a soli 550 metri dall’Ursula – che ha già superato lo schermo dei cacciatorpediniere e sta per lanciare i siluri – e continua ad avvicinarsi; il sommergibile tenta di scendere più in profondità per evitare la collisione, ma rimane per oltre un minuto a 7,6 metri di profondità e viene così speronato, alle 5.22, quando si trova a soli 8,8 metri di profondità. La collisione danneggia la torretta e le camicie dei periscopi dell’Ursula (i periscopi e le relative camicie vanno distrutti, così come i telegrafi superiori e le luci esterne, mentre la plancia riporta danni superficiali e la sezione centrale del cavo anti-reti viene portata via), che è costretto ad abbandonare la missione. Le navi italiane proseguono senza aver nemmeno notato l’accaduto: alle 5.25 il cacciatorpediniere di coda passa sulla verticale dell’Ursula, che nel frattempo è riuscito a scendere a maggiore profondità, ed alle 6 il sommergibile perde ogni contatto sonoro con il convoglio. L’Ursula fa ritorno a Malta; necessiterà di lunghe riparazioni per i danni causati dalla collisione.

Infruttuosamente attaccato anche da aerei, e raggiunto alle 14.30 dalle motosiluranti MS 16 e MS 33 (provenienti da Biserta), il convoglio giunge a Biserta tra le 17 e le 17.30 (la Sirio entra in porto alle 18.05, dopo aver percorso 292 miglia dalla partenza da Palermo).

31 dicembre 1942

Sirio, Pallade e Lampo (caposcorta) ripartono da Biserta alle 7.30 per scortare il piroscafo tedesco Balzac, diretto a Napoli.

1° gennaio 1943

Il convoglietto arriva a Napoli alle 8.30 (la Sirio entra alle 9.45, dopo aver percorso 422 miglia).

8 gennaio 1943

La Sirio lascia Napoli alle 5.15, diretta a Palermo per scorta convoglio.

9 gennaio 1943

Arriva a Palermo alle 13.38, dopo aver percorso 438 miglia.

10 gennaio 1943

La Sirio (caposcorta), la Pallade (tenente di vascello Filippo Ferrari Aggradi) e le nuovissime corvette Artemide, Antilope e Gabbiano – alla prima missione operativa – partono da Palermo per Biserta alle 14.45, scortando la nave cisterna Saturno.

Alle 17.15 (fonti italiane; 17.05 secondo le fonti britanniche), ad ovest di Capo Gallo, la Pallade localizza all’ecogoniometro il sommergibile britannico Una (tenente di vascello John Dennis Martin), si porta prontamente sulla sua verticale e lo bombarda a più riprese con numerose cariche di profondità, fino a ritenere di averlo danneggiato od affondato. In realtà l’Una non subisce danni, anche se le bombe di profondità della Pallade esplodono “piuttosto vicine”. (Secondo fonti italiane, l’attacco della Pallade avvenne dopo che l’Una aveva infruttuosamente attaccato il convoglio, con lancio di siluri avvistati dalla scorta; secondo fonti britanniche, invece, l’Una non si sarebbe accorto della presenza del convoglio, né prima né dopo essere stato bombardato con cariche di profondità).

11 gennaio 1943

Il convoglio arriva a Biserta alle 15.45, dopo aver percorso 295 miglia.

La Sirio ne riparte alle 17.20, per trasferirsi a Napoli.

12 gennaio 1943

Arriva a Napoli alle 14.50, dopo aver percorso 397 miglia.

Gennaio 1943

Il capitano di corvetta Bertone viene avvicendato al comando della Sirio dal parigrado Sandro Cetti, 35 anni, da Como.

Sandro Cetti in un’immagine risalente ai tempi dell’Accademia Navale (g.c. Andrea Tirondola)

31 gennaio 1943

La Sirio parte da Napoli alle 4.30 insieme al cacciatorpediniere Saetta ed alle torpediniere ClioMonsone ed Uragano, per scortare a Biserta, via Palermo, le moderne motonavi da carico ManzoniMario Roselli ed Alfredo Oriani.

Qualche ora dopo la partenza il convoglio viene infruttuosamente attaccato con lancio di siluri, a nordovest della Sicilia, da un sommergibile (che alcuni siti identificano con il britannico Turbulent, che però non risulterebbe in realtà aver condotto alcun attacco in questa data).

1° febbraio 1943

Alle 17.45 le navi giungono a Palermo, dove sostano fin dopo mezzanotte.

2 febbraio 1943

Alle 00.50 il convoglio riparte alla volta di Biserta, dove giunge alle 17.34, dopo aver percorso 229 miglia dopo aver superato indenne un attacco di bombardieri.

3 febbraio 1943

Sirio (capitano di corvetta Sandro Cetti; a bordo si trova il comandante della flottiglia torpediniere di scorta di Napoli, la 1a Flottiglia siluranti di scorta, capitano di vascello Corrado Tagliamonte, che assume quindi anche il ruolo di caposcorta), Clio (tenente di vascello Carlo Brambilla), Monsone (capitano di corvetta Emanuele Filiberto Perucca Orfei), Uragano (capitano di corvetta Luigi Zamboni) e Saetta (capitano di corvetta Enea Picchio) lasciano Biserta alle 5.30 per scortare a Napoli, via Trapani, la grossa motonave cisterna Thorsheimer, che torna scarica in Italia.

Il cielo è sereno, con mare molto agitato per forte vento da maestrale levatosi durante la notte e mediocre visibilità, in peggioramento; le unità del convoglio seguono inizialmente in linea di fila la Sirio a bassa velocità, poi accelerano sino a raggiungere la velocità prefissata per la traversata, quindi, alle 6.50 (al traverso dell’Isola dei Cani, circa dieci miglia a nordest di Biserta) si portano in formazione su file parallele distanziate di 300 metri (per altra fonte, 500 metri), e fanno rotta verso nord. La Monsone procede in testa al convoglio, conducendo la navigazione, seguita di 1500 metri dalla Thorsheimer, protetta a dritta da Uragano e Saetta ed a sinistra da Sirio e Clio.

Alle 8.17 Monsone ed Uragano – uniche unità della scorta ad essere dotate di ecogoniometro, essendo anche le più moderne – riferiscono che il mare agitato, forza 4-5, disturba parecchio la ricerca con l’ecogoniometro a frequenza acustica «Safar» di cui sono dotate (il quale, sistemato nel casotto di rotta, non fornisce più indicazioni quando la nave rolla, oltre ad essere rumoroso, poco illuminato ed affetto da echi accessori).

Tra le 8.40 e le 9.26, le navi rollano e scarrocciano violentemente a causa del mare molto agitato da nordovest e del vento forza 6 da maestrale, ed il rollio ostacola l’impiego dello scandaglio, oltre ad impedire, insieme alla foschia, di calcolare la posizione con precisione per capire se si stia seguendo la rotta (le unità del convoglio non lo sanno, ma sono già scadute di un miglio più ad est della rotta prevista, come emergerà da successivi rilevamenti). Alle nove la Thorsheimer segnala di aver dovuto abbassare la velocità a dieci nodi.

Alle 9.38 il convoglio ha appena accostato a dritta per dirigere su Marettimo, quando l’Uragano, nel punto 37°35' N e 10°37' E (a 27,5 miglia per 54°, cioè ad est, dell’Isola dei Cani), urta una mina e rimane immobilizzata, con la poppa semidistrutta.

L’ordigno fa parte di uno sbarramento di 160 mine posato il 9 gennaio 1943 dal posamine britannico Abdiel a sud di Marettimo ed al largo del banco di Skerki, circa 40 miglia a nordest di Biserta. Le altre navi, avendo visto l’imponente colonna di fumo ed acqua sollevatasi a poppa della torpediniera al momento dell’esplosione, cercano di contattare l’Uragano con la radio ad onde ultracorte, ma inizialmente non vi è alcuna risposta, poi la nave segnala “colpito da mina”.

Alle 9.40 il caposcorta Tagliamonte, compreso che l’Uragano ha urtato una mina, ordina alla Clio ed al Saetta, che procedono in linea di fila con un intervallo di 500 metri tra di loro, di avvicinarsi all’Uragano per darle assistenza; il Saetta rallenta a mezza forza ed inizia ad accostare con tutta la barra a sinistra (“con l’evidente intenzione di accodarsi alla cisterna”, secondo Tagliamonte), ma al contempo fa presente di essere la nave con il maggiore pescaggio, dunque più vulnerabile alle mine, e di non sapere quindi quale aiuto potrà dare, ma non riceve risposta. Mentre avviene questo scambio di messaggi, anche la Monsone (che però non si identifica nel suo messaggio: solo all’arrivo in porto il caposcorta scoprirà la sua provenienza) comunica alla Sirio, tramite l’apparato ad onde ultracorte, “ritengo di essere un po’ a sinistra”, ma Tagliamonte, ritenendo invece – da quanto accaduto all’Uragano – che il convoglio si trovi a dritta, e vedendo la Monsone venire a dritta, le ordina di tornare sulla propria rotta, a meno che non rilevi degli echi di mine all’ecogoniometro.

Intanto il Saetta, ridotta la velocità a mezza forza, inizia l’accostata con tutta la barra a sinistra come ordinato, ma alle 9.48, giunto a duecento metri dalla nave danneggiata (mentre sta per giungere quasi nella scia della Clio), urta a sua volta una mina, spezzandosi in due e colando a picco in una cinquantina di secondi, portando con sé gran parte dell’equipaggio.

Alle 9.50 la Clio riferisce che il Saetta ha urtato una mina, ed alle 9.51 la Sirio ordina alla Clio, che non si può avvicinare di più per non fare la stessa fine, di fermarsi e raccogliere i naufraghi con il proprio battello senza spostarsi dal punto in cui si trova, mentre il resto del convoglio procede sulla rotta (il caposcorta scriverà però nel rapporto che “Dall’esame del rapporto di navigazione della Clio, per quanto sul brogliaccio delle ultracorte della Sirio vi sia il ricevuto, risulterebbe che tale segnale [di mettere a mare il battello per recuperare i naufraghi del Saetta, senza spostarsi dal punto in cui si trova] non è stato ricevuto”). Il mare burrascoso frustra però anche questo tentativo della Clio, ed alle dieci il capitano di vascello Tagliamonte, constatata l’impossibilità dell’intervento da parte di questa unità (mare e vento la farebbero comunque scarrocciare con il rischio di finire sulle mine, oltre a precludere del tutto l’utilizzo del battello), deve ordinare anche ad essa di rinunciare al soccorso e di seguire la Sirio esattamente nella scia. Alle 10.05 la Sirio contatta Mariafrica (Biserta) per chiedere l’invio di mezzi di soccorso adeguati e Supermarina per dare notizia della critica situazione dell’Uragano e dell’impossibilità di prestare assistenza ad essa ed ai naufraghi del Saetta (della cui sorte la Sirio ha informato Supermarina dieci minuti prima) a causa del vento e del mare forza 5 (per altra fonte la comunicazione a Supermarina sarebbe stata effettuata alle 9.55).

Sempre alle dieci Supermarina ordina al resto del convoglio di tornare in formazione e proseguire verso Napoli (altra fonte colloca quest’ordine alle 13.04). Il convoglio riorganizza la propria formazione, disponendosi alle dieci in linea di fila e poi in file parallele, con la Monsone in testa, la Thorsheimer nella sua scia, la Clio a dritta della cisterna e la Sirio alla sua sinistra. Alle 12.05 il caposcorta segnala di nuovo a Supermarina la situazione disperata dell’Uragano e chiede a Biserta di mandare mezzi di soccorso.

Di 338 uomini imbarcati su Uragano e Saetta, soltanto 54 verranno tratti in salvo.

Alle 12.20 le navi del convoglio avvistano undici tra bombardieri ed aerosiluranti angloamericani scortati da quattro caccia, che alle 12.25 passano all’attacco: la scorta aerea tedesca, però, intercetta gli attaccanti, che vengono anche presi sotto il tiro delle armi contraeree delle navi. Uno dei velivoli nemici viene abbattuto e precipita in mare; nessuna nave viene colpita.

Alle 13.33 il convoglio riceve l’ultimo messaggio dell’Uragano, che aggiorna sulla sua situazione sempre più critica. Poi più nulla: la torpediniera è affondata.

Alle navi del convoglio non rimane che proseguire la navigazione, zigzagando in linea di fila. Le navi passano al traverso dell'Isola Formica e di Capo San Vito, poi, giunte al traverso dell'Isola delle Femmine, fanno rotta per Napoli. Alle 23 (o 23.30) la Clio è colta da un’avaria di macchina, che la costringe a riparare a Palermo; la navigazione delle tre rimanenti navi è molestata da ripetuti sorvoli da parte di aerei, con conseguenti chiamate ai posti di combattimento, e da reiterate avarie alle logorate pompe nafta ed olio della Sirio.

4 febbraio 1943

Alle 6.20 vengono avvistate sulla dritta due motosiluranti italiane, ed alle 12.50 il convoglio riesce finalmente ad entrare a Napoli, dove la Sirio si ormeggia di punta alle 13.15 al Molo San Vincenzo, dopo aver percorso 447 miglia.

12 febbraio 1943

La Sirio lascia Napoli alle 20 per trasferirsi a Palermo.

13 febbraio 1943

Arriva a Palermo alle nove, dopo aver percorso 194 miglia.

Febbraio 1943

Assume il comando della Sirio il capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti, 35 anni, da La Spezia.

15 febbraio 1943

La Sirio (caposcorta, capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti) salpa da Palermo alle 10.50 unitamente alla torpediniera Monsone (capitano di corvetta Emanuele Filiberto Perrucca-Orfei), all’anziano cacciatorpediniere Augusto Riboty (tenente di vascello di complemento Nicola Ferrone) ed alle nuovissime corvette Gabbiano (tenente di vascello Alberro Ceccacci) ed Antilope (capitano di corvetta Roberto Lucciardi), per scortare a Biserta un convoglio formato dai piroscafi AlcamoFrosinone e Chieti e dalla piccola motocisterna Labor. Alle 19.25 la scorta perde il Riboty, che si separa dal convoglio davanti a Trapani per via di problemi alle macchine.

Alle 23.28, 26 miglia a sud di Marettimo, l’ecogoniometro della Monsone rileva il rumore generato da due motori a scoppio distanti circa 3000 metri, su rilevamento polare 300° (60° dalla prua sinistra): sono le motosiluranti britanniche MTB 77 (caposquadriglia, tenente di vascello Robert Angus Martin Hennessy) e MTB 82 e la motocannoniera MGB 61 (quest’ultima, essendo sprovvista di siluri, ha il compito di aggirare il convoglio ed attirare su di sé l’attenzione della scorta facendo abbondante uso delle sue mitragliere, in modo da agevolare l’attacco delle motosiluranti contro i piroscafi), che stanno per attaccare il convoglio, che attendevano ferme sulla sua rotta. Subito dopo la torpediniera avvista anche visivamente le tre unità nemiche, ma non può comunicarlo al resto del convoglio perché la radio ad onde ultracorte si è guastata; comunque, quasi contemporaneamente anche la Gabbiano le avvista, vedendo che hanno messo in moto e stano dirigendo verso il convoglio. In quel momento il convoglio sta procedendo con rotta 205° su due colonne: a dritta Alcamo seguito dalla Labor, a sinistra Frosinone seguito dal Chieti; la Monsone apre la formazione a proravia dell’Alcamo, mentre l’Antilope copre il fianco dritto del convoglio e Sirio e Gabbiano quello sinistro (la Sirio procede a poppavia della Gabbiano, approssimativamente all’altezza del Chieti).

Tutte le unità della scorta, ed anche i mercantili, aprono un intenso fuoco con cannoni e mitragliere, cui le piccole unità britanniche, che procedono velocissime, rispondono con il tiro delle proprie mitragliere, i cui proiettili hanno codette luminose azzurre e rosse poco luminose; il loro fuoco viene però interrotto dopo poco. Le due motosiluranti, pur venendo colpite più volte (da bordo delle navi italiane si vede un’esplosione sulla prua di una di esse), serrano le distanze, penetrano nel perimetro del convoglio e compiono diversi giri, quasi girando su sé stesse. La MTB 77 lancia un siluro da 400 metri contro l’Alcamo, mancandolo, poi accosta per lanciare contro il Chieti ma viene colpita, ed il siluro non parte; la motosilurante mitraglia allora il Chieti mentre gli passa davanti prima di disimpegnarsi ed allontanarsi inseguita dal tiro delle unità italiane, che la colpiscono più volte (intenzione di Hennessy sarebbe stato di lanciare due bombe di profondità di prua al Chieti per tentare di danneggiarlo con la loro esplosione, ma l’ufficiale incaricato di sganciarle rimane ucciso dal tiro italiano prima di poter adempiere al proprio compito), senza potersi coprire con una cortina nebbiogena perché anche il nebbiogeno è stato distrutto da un colpo italiano. La MTB 82 lancia a sua volta un siluro contro l’Alcamo, poi deve ritirarsi a causa dell’intenso fuoco italiano, seguendo la MTB 77 e venendo colpita da un proiettile a poppa.

L’Antilope vede passare a poppavia, lontani, uno o forse anche due siluri. Le due motosiluranti (la motocannoniera si è dileguata: ironia della sorte, proprio questa unità che aveva il compito di attirare su di sé la reazione della scorta è l’unica ad uscirne indenne, mentre la MTB 82 ha subito un colpo a bordo e la MTB 77 è stata colpita più volte) si ritirano verso sudest ad alta velocità lanciando in mare due piccoli segnali luminosi, vanamente inseguite dalla Sirio, cui si unisce in seguito anche la Monsone.

Le motosiluranti britanniche riterranno erroneamente che della scorta del convoglio facessero parte anche alcuni MAS, contro i quali hanno fatto fuoco arrecando probabilmente loro dei danni e senza destare reazione (né reazione avrebbe potuto esserci, non essendoci alcun MAS), ed Hennessy riterrà altrettanto erroneamente che il Chieti sia stato colpito e seriamente danneggiato dal tiro delle unità di scorta. I britannici rivendicano anche un siluro a segno su un mercantile, che sarebbe stato gravemente danneggiato e forse affondato; in realtà, nessuna nave italiana ha subito il minimo danno.

16 febbraio 1943

Alle 00.40 le due motosiluranti tornano alla carica, venendo avvistate dalla Sirio su rilevamento polare 205° (25° dalla poppa a sinistra), ma la reazione della scorta (preciso fuoco di mitragliere) le respinge subito senza che si abbiano a lamentare danni al convoglio. All’1.30, secondo il rapporto del caposcorta Cuzzaniti, «identica manovra di attacco è ripetuta (…) da parte di una sola motosilurante; anche questa è fermata dal preciso tiro di mitragliere e la si vede invertire la rotta e allontanarsi». In realtà non vi è stato alcun ulteriore attacco delle motosiluranti a quest’ora, Cuzzaniti ha “preso un abbaglio” proprio come il suo avversario Hennessy quando aveva creduto di aver visto i MAS od il mercantile silurato.

Quello sventato dalla Sirio e dal resto della scorta è il primo attacco condotto da motosiluranti britanniche contro un convoglio italiano diretto in Africa.

In mattinata (per altra fonte, dalle 00.40) si unisce alla scorta la torpediniera Clio (capitano di corvetta Carlo Brambilla), uscita da Trapani alle 21.50 per sostituire il Riboty.

Le navi italiane dovranno superare anche alcuni attacchi aerei (all’1.57 ed alle 3.25), prima di poter finalmente giungere a Biserta, senza danni, alle 23.05, dopo aver percorso 350 miglia.

17 febbraio 1943

Sirio (caposcorta) e Monsone ripartono da Biserta alle 6.30 per scortare a Napoli la motonave italiana Ines Corrado ed il piroscafo tedesco Pierre Claude.

18 febbraio 1943

Il convoglio giunge a Napoli alle 10.15, dopo aver percorso 368 miglia.

25 febbraio 1943

Alle 13.15 la Sirio (caposcorta) salpa da Napoli insieme alle torpediniere CastoreCiclone, Pegaso, Sagittario e Generale Antonino Cascino ed ai cacciasommergibili tedeschi UJ 2209UJ 2210 e UJ 2220, per scortare a Biserta i piroscafi Teramo e Forlì.

Sei ore dopo la partenza, il convoglio viene avvistato da ricognitori avversari.

26 febbraio 1943

Individuato da ricognitori avversari, il convoglio viene attaccato da aerosiluranti alle 3.30, 38 miglia a sudovest da Punta Licosa; nessuna nave viene colpita.

Alle 14.30 esso subisce un nuovo attacco, stavolta da parte di 18 bombardieri, 38 miglia a nord di Capo Zaffarano. Nessuna nave è colpita tranne l’UJ 2209, lievemente danneggiato da schegge ed assistito dalle altre unità della squadriglia.

Nelle acque antistanti Palermo, SirioSagittario ed i tre cacciasommergibili tedeschi lasciano il convoglio e rientrano a Napoli, dove la Sirio arriva alle 14.56, dopo aver percorso 232 miglia. Si uniscono invece ad esso le navi cisterna Bivona e Labor, il piroscafo Volta, le torpediniere Groppo (che assume il ruolo di caposcorta al posto della Sirio) ed Orione, la corvetta Gabbiano ed il dragamine tedesco R 15; il grande convoglio così formato giungerà a Biserta due giorni dopo.

27 febbraio 1943

Sirio (caposcorta) e Sagittario salpano da Napoli per Tunisi alle 2.10, scortando la motonave Belluno ed il trasporto militare tedesco KT 14.

Alle 19.30 il convoglio giunge a Trapani, dove sosta fino al giorno seguente.

28 febbraio 1943

Sirio, Sagittario, Belluno e KT 14 lasciano Trapani alle quattro del mattino insieme al piroscafo Fabriano, alla torpediniera Clio ed alla corvetta Antilope, che formano con esse un convoglio unico; caposcorta è sempre la Sirio. Il convoglio raggiunge Tunisi alle 17.30, dopo aver percorso 460 miglia.

Subito la Sirio riparte per tornare a Palermo, scortando un altro convoglio; durante la navigazione viene eseguito tiro contro una formazione di aerei che sorvolano le navi.

1° marzo 1943

Giunge a Palermo alle 15.30, dopo aver percorso 280 miglia.

2 marzo 1943
Lascia Palermo alle 17.45, diretta a Napoli in missione di scorta convoglio.

4 marzo 1943

Arriva a Napoli alle 13.42, dopo aver percorso 250 miglia.

11 marzo 1943

Alle 22.40 la Sirio (capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti; a bordo anche il caposcorta, capitano di vascello Corrado Tagliamonte), insieme alle torpediniere Ardito (capitano di corvetta Silvio Cavo) e Pegaso (capitano di corvetta Mario De Petris) ed alla corvetta Cicogna (tenente di vascello Augusto Migliorini), salpa da Napoli per scortare a Tunisi il convoglio «D», formato dai piroscafi tedeschi Esterel e Caraibe.

12 marzo 1943

Alle 2.10 l’Ardito deve rientrare a Napoli a causa di una grave avaria di macchina.

Alle 14.40 si uniscono al convoglio la cisterna militare Sterope, partita da Messina e diretta a Biserta, e le torpediniere Cigno (capitano di corvetta Carlo Maccaferri) ed Orione (capitano di corvetta Luigi Colavolpe) che la scortano. Poco prima (verso le 14) si è unita alla scorta anche la corvetta Persefone (capitano di corvetta Oreste Tazzari), salpata da Trapani, che insieme alla gemella Antilope ed a cinque cacciasommergibili tedeschi aveva il compito di effettuare ricerca e caccia antisom preventiva in attesa del convoglio; poco dopo si aggrega anche la vecchia torpediniera Generale Antonino Cascino (tenente di vascello di complemento Gustavo Galliano), proveniente da Messina.

Alle 16.10 si unisce alla scorta anche la torpediniera Libra, proveniente da Palermo, e più tardi i cacciasommergibili VAS 231 e VAS 232.

Già dal 10 marzo, tuttavia, i comandi britannici – attraverso le decrittazioni di “ULTRA” – sanno che la nave cisterna Sterope e la motonave Nicolò Tommaseo devono arrivare a Messina alle 20 del 9, provenienti da Brindisi, per poi unirsi ad Esterel e Caraibe e Manzoni, provenienti da Napoli e diretti a Messina o Trapani, e fare rotta insieme verso Tunisi e Biserta, dove giungere nel pomeriggio dell’11. Il 12 marzo “ULTRA” ha poi appreso del rinvio di 48 ore di tale programma, con l’arrivo a Messina di Sterope e Tommaseo alle 14 dell’11 anziché la sera del 9; i comandi britannici deducono correttamente che la prevista riunione in mare avverrà nella giornata del 12, e pertanto inviano numerosi aerei a cercare il convoglio.

Lo trovano alle 20.40: tra quell’ora e le 21.20 il convoglio viene continuamente sorvolato da aerosiluranti, bersagliati più volte dal tiro di tutte le navi. Uno di essi, un Bristol Beaufort del 39th Squadron pilotato dal tenente Arnold M. Feast, verrà abbattuto da Orione e Persefone alle 22.15, dopo aver a lungo sorvolato il convoglio; la Persefone recupererà tre superstiti.

Alle 21.25 (o 21.35), dodici miglia ad ovest di Capo Gallo, la Sterope viene colpita a prora sinistra da un siluro, sganciato da un altro Beaufort del 39th Squadron R.A.F. (pilotato dal capitano Stanley Muller-Rowland). Per ordine del caposcorta Tagliamonte, Pegaso e Cascino sono distaccate per assistere la petroliera danneggiata, mentre il resto del convoglio prosegue.

Altri quattro Beaufort attaccano le navi italiane, senza ottenere ulteriori centri; due di essi sono colpiti, uno dei quali (sergente William A. Blackmore) viene abbattuto senza superstiti e l’altro (sergente J. T. Garland) viene gravemente danneggiato ma riesce a tornare a Luqa (Malta).

Alle 22.19 (o 22.10) il convoglio viene nuovamente attaccato, stavolta dal sommergibile britannico Thunderbolt (capitano di corvetta Cecil Bernard Crouch), che silura e danneggia l’Esterel sei miglia ad est di Capo San Vito siculo (Sicilia nordoccidentale; per altra fonte, due miglia a nord di tale Capo).
Il 
Thunderbolt è partito da Malta il precedente 9 marzo per la sua quindicesima missione di guerra, la sesta in Mediterraneo, con l’ordine di pattugliare le acque ad ovest di Marettimo e la costa nordoccidentale della Sicilia e poi raggiungere Algeri al termine della missione; non si è mai avuta una formale conferma che sia stato questo battello a silurare l’Esterel, non essendo il Thunderbolt mai rientrato dalla sua missione (come si vedrà più sotto), ma non avendo alcun altro sommergibile britannico rivendicato un attacco in circostanze compatibili con questo siluramento, è pressoché certo che sia stata proprio opera del Thunderbolt.
Dopo l’attacco, il convoglio viene raggiunto da due cacciasommergibili, il 
VAS 231 ed il VAS 232, che danno assistenza all’Esterel per qualche minuto prima di allontanarsi di nuovo. Su ordine della Sirio, la Persefone e l’Orione danno assistenza all’Esterel; il piroscafo danneggiato viene anch’esso preso a rimorchio (prima dall’Orione e successivamente da due rimorchiatori inviati da Trapani, mentre la Persefone assicura la scorta) e portato a Trapani, dove giungerà l’indomani alle 14.20 (ma non sarà mai riparato). Inoltre, la Sirio distacca la Libra per dare la caccia al sommergibile, ed essa riesce a localizzare il battello nemico con l’ecogoniometro alle 23.42, in posizione 38°17' N e 12°57' E (una dozzina di miglia a nordest di Capo San Vito siculo; il sommergibile si sta muovendo a tre nodi), mantenendo poi un buon contatto per due ore – agevolata dalla scia fosforescente che il sommergibile si lascia alle spalle – e bombardandolo con sette scariche di bombe di profondità tra le 23.47 e l’1.38 del 15. Dopo l’ultima scarica, l’equipaggio della Libra vede emergere una colonna d’acqua e fumo nero e sente un forte odore di nafta (per altra fonte, sarebbe stato avvistato nell’oscurità qualcosa che galleggiava in superficie, oppure dei rottami), il che induce il suo comandante a ritenere di avere affondato il sommergibile.

Nel frattempo, il convoglio viene infruttuosamente attaccato da aerei, uno dei quali viene abbattuto; l’equipaggio è recuperato dalla Persefone. Alle 22.55 anche la Cicogna e viene distaccata per dare la caccia a quello che si ritiene essere un altro sommergibile da essa localizzato: in realtà è sempre il Thunderbolt, che è stato danneggiato dalla Libra e verrà affondato proprio dalla Cicogna il giorno seguente.

In seguito dell’avvistamento, da parte di un ricognitore della Luftwaffe alle 20.18 del 12, di quattro cacciatorpediniere britannici al largo di Bona, con rotta nordest ed elevata velocità, il convoglio – ormai ridotto ai soli CaraibeSirio e Cigno – riceve ordine di interrompere la traversata e riparare a Trapani.

13 marzo 1943
Alle 00.55 Sirio, Cigno e Caraibe entrano a Trapani, dove nelle ore successive confluiscono anche Libra, Cascino e Pegaso, una volta completati i rispettivi compiti. (La Sirio ha percorso 324 miglia dalla partenza da Napoli).

Alle 22.45 Caraibe e scorta, ora costituita da Sirio (caposcorta), CignoLibraOrioneCascino e Pegaso nonché dalle VAS 231 e 232 (le quali precedono il convoglio per effettuare dragaggio nei fondali di profondità inferiore ai 300 metri), ripartono da Trapani per unirsi, 70 miglia a sudovest della città e dieci miglia ad est del banco di Skerki, ad un altro convoglio formato dalle motonavi Manzoni e Mario Roselli, provenienti da Olbia e dirette a Biserta.
14 marzo 1943
A partire dall’1.34 aerei avversari iniziano a sorvolare il convoglio, e tra le 2.42 e le 2.44 questi lanciano tre siluri: la Pegaso abbatte un aerosilurante, ma alle 2.44 il Caraibe viene colpito da un siluro, il terzo lanciato. Subito incendiato, il piroscafo – carico di munizioni – viene scosso da una serie di esplosioni ed affonda alle 4.35; le unità della scorta subiscono insistenti attacchi di bombardieri ed aerosiluranti fino alle quattro del mattino, ma non subiscono danni. Cascino e Pegaso recuperano 63 sopravvissuti del Caraibe (su un centinaio di uomini presenti a bordo) e dirigono per Trapani.
Le altre torpediniere ed i due VAS (sempre con funzione di dragaggio) raggiungono alle 8.15, una settantina di miglia a sudovest di Trapani, il convoglio formato da 
Manzoni e Roselli scortate da Sagittario (capitano di corvetta Vittorio Barich) e Clio (capitano di corvetta Carlo Brambilla), col quale giungono a Biserta alle 16.59, precedute nell’ultimo tratto della navigazione da tre dragamine usciti da Biserta per dragare la rotta del convoglio (per altra versione, anche la Pegaso si sarebbe riunita alla scorta delle due motonavi nell’ultimo tratto di navigazione); Libra ed Orione, prima di entrare a Biserta, ricevono ordine di recarsi a Tunisi. (La Sirio ha percorso 295 miglia da Trapani a Biserta).

Alle 21.34 Sirio (caposcorta) e Cigno lasciano Biserta per scortare a Napoli un convoglio (denominato «Volta») formato dai piroscafi italiani VoltaTeramo e Forlì (sui primi due sono imbarcati oltre 500 prigionieri) e dalle motonavi cisterna Labor (italiana) ed Ethylene (tedesca).

15 marzo 1943

Alle 5.10 si uniscono al convoglio, al largo di Zembretta, anche la torpediniera Libra ed il piroscafo tedesco Charles Le Borgne, provenienti da Tunisi. Alle 12.30 giungono di rinforzo alla scorta le corvette Cicogna e Persefone, inviate da Trapani; alle 17.40 il convoglio riceve ordine di raggiungere proprio Trapani, per sostarvi qualche ora.
Alle 18.34, a poca distanza dalle Egadi, scoppia sull’
Ethylene un incendio, causato da autocombustione di vapori di benzina presenti nelle sue cisterne vuote: la petroliera tedesca viene presa a rimorchio dalla Libra, che la traina fino alle 21 circa, quando viene rilevata nel rimorchio dal rimorchiatore Tifeo, appositamente uscito da Trapani.
16 marzo 1943
Il convoglio, compresa la danneggiata Ethylene, raggiunge Trapani all’una di notte; le navi sostano in rada per tre ore, dopo di che ripartono alle quattro (o 4.30) del mattino, senza più l’Ethylene che rimane invece a Trapani.
Lasciata Trapani, il convoglio segue la costa siciliana fino a Palermo, dove arriva alle 12.15 dello stesso giorno, dopo aver percorso 392 miglia; alcune torpediniere si riforniscono di carburante, mentre il 
Teramo viene rifornito di viveri per i prigionieri (per altra fonte, sia il Volta che il Teramo avrebbero sbarcato i prigionieri a Palermo). Completato il rifornimento, il convoglio lascia Palermo alle 16.17 alla volta di Napoli, senza più CicognaPersefoneLabor e Volta, rimasti nel capoluogo siciliano, ma con l’aggiunta dei piroscafi Ferrara e Potenza.
17 marzo 1943
Alle 11.10 il sommergibile britannico Trooper (tenente di vascello John Somerton Wraith) avvista fumo e tre aerei verso sudovest, ed alle 11.35 avvista il convoglio, di cui apprezza la composizione in quattro navi mercantili, su due colonne, e tre “cacciatorpediniere”, uno a proravia della formazione ed uno su ogni lato.
Alle 12.11 il 
Trooper lancia in tre siluri da 4570 metri contro il mercantile di testa della colonna di dritta, indi accosta a sinistra e ne lancia altri tre contro il secondo mercantile della medesima colonna, entrambi stimati in 4000 tsl.
Alle 12.20 uno dei siluri colpisce il 
Forlì, che affonda in pochi minuti nel punto 40°16' N e 14°15' E (per altra fonte, 40°11' N e 14°23' E), 18 miglia a sud di Capri e 23 miglia ad ovest di Punta Licosa. La Libra recupera i 16 sopravvissuti (su 26 uomini imbarcati), mentre Cigno (unica unità dotata di ecogoniometro: sfortuna ha voluto che si trovasse sul lato opposto del convoglio rispetto all’attaccante) e Sirio danno la caccia al sommergibile; la Sirio lancia cinque bombe di profondità. L’equipaggio del Trooper conta in tutto 22 esplosioni di bombe di profondità, nell’arco di un lasso di tempo piuttosto prolungato. Le due torpediniere riterranno di aver danneggiato l’attaccante, avendo visto affiorare in superficie molta nafta, ma in realtà il Trooper non ha subito danni, sebbene il contrattacco gli abbia impedito di tornare a quota periscopica per verificare gli esiti del suo attacco (Wraith crede di aver colpito entrambi i mercantili, e forse anche un “cacciatorpediniere”, con un totale di tre siluri).
Il resto del convoglio giunge a Napoli alle 16.50, dopo aver percorso 217 miglia.

21 marzo 1943

La Sirio salpa da Napoli alle 22.20 per una missione di scorta alla nave cisterna tedesca President Herrenschmidt.

22 marzo 1943

Alle 10.40 il sommergibile britannico Tribune (tenente di vascello Stewart Armstrong Porter) avvista da 11 km di distanza la President Herrenschmidt in navigazione verso sud, bassa sull’acqua; alle undici avvista la Sirio (correttamente identificata come una torpediniera classe Spica con colorazione mimetica) che si trova verso il mare aperto rispetto alla President Herrenschmidt, mentre il Tribune è sul lato opposto, tra la petroliera e la terraferma. Non vi è scorta aerea; la situazione è favorevole ad un attacco, ed alle 11.15, in posizione 39°14' N e 15°59' E (circa cinque miglia a sudovest di San Lucido ed una decina di miglia a nordovest di Capo Suvero; per altra fonte 39°02' N e 16°00' E), il Tribune lancia tre siluri da 1100 metri contro la President Herrenschmidt, identificata come una nave cisterna di 6000 tsl (in realtà è anche più grande: oltre 9000 tsl). Il secondo siluro va a segno, colpendo la petroliera a poppa ed immobilizzandola.

Alle 11.30 la Sirio passa al contrattacco, lanciando singolarmente dieci bombe di profondità, nessuna delle quali esplode vicino al Tribune; anche un aereo sgancia due bombe, che invece esplodono piuttosto vicine. Nondimeno, il sommergibile imbarca acqua, secondo Porter per via di una perdita ad una delle casse di zavorra, e perde l’assetto, sprofondando a cento metri di profondità. Tornato a quota periscopica alle 13.12, dopo una quarantina di minuti di calma, il Tribune osserva la President Herrenschmidt ferma e visibilmente appoppata; essendoci ancora sia la Sirio che tre aerei, torna a scendere in profondità. Alle 14.29 il sommergibile torna a quota periscopica; non avvista più la petroliera ma è nuovamente costretto a scendere in profondità dalla presenza degli aerei.

Porter pensa che forse la nave cisterna è affondata, ma in realtà è stata presa a rimorchio dalla Sirio, che successivamente cede il rimorchio ai rimorchiatori Athleto e Salvatore Primo.

25 marzo 1943

La Sirio e la danneggiata President Herrenschmidt arrivano finalmente a Napoli alle 3.50, dopo aver percorso 862 miglia.

27 marzo 1943

Parte da Napoli alle 13.05 per scortare a Trieste, via Salerno, Vibo Valentia, Messina e Taranto, i piroscafi tedeschi Lillois e Nantaise, che salpano da Torre del Greco alle 14.30.

28 marzo 1943

Alle 10.50 il sommergibile britannico Torbay (tenente di vascello Robert Julian Clutterbuck) avvista al largo di Capo Scalea, da nove miglia di distanza, il convoglio scortato dalla Sirio, che procede lungo la costa: la stazza dei due mercantili è valutata da Clutterbuck in 1500-2000 tsl, la rotta del convoglio come 140°. La Sirio procede a zig zag tra i 2000 ed i 4000 metri al traverso dei due piroscafi, sul lato rivolto verso il mare aperto; i due mercantili procedono in colonna, distanziati tra loro di un miglio. Alle 11.38 il Torbay lancia quattro siluri contro il mercantile di coda, il Lillois, da 2400 metri: colpito da due delle armi (alle 11.46, secondo le fonti italo-tedesche), il piroscafo tedesco affonda in posizione 39°48' N e 15°43' E (a tre miglia per 230° da Capo Scalea, o due miglia e mezzo a sud del Capo; per altra fonte in posizione 39°05' N e 15°46' E). La Sirio contrattacca con il lancio di sei bombe di profondità, nessuna delle quali esplode vicina al Torbay. Dell’equipaggio del Lillois vengono tratti in salvo sedici uomini, mentre undici hanno perso la vita.

31 marzo 1943

Sirio e Nantaise arrivano a Messina alle 10.55, dopo aver percorso 440 miglia.

La Sirio riparte da Messina alle 12.10 diretta a Taranto, sempre di scorta al Nantaise.

1° aprile 1943

Arriva a Taranto alle 14.45, dopo aver percorso 269 miglia.

6 aprile 1943

Salpa da Taranto alle 16.15, sempre scortando il Nantaise.

7 aprile 1943

Arriva a Bari alle 16.35, dopo aver percorso 260 miglia.

12 aprile 1943

Lascia Bari alle 8.48, ancora di scorta al Nantaise.

15 aprile 1943

Arriva a Trieste alle 15.30, dopo aver percorso 614 miglia.

Estate 1943

Assegnata alla I Squadriglia Torpediniere, alle dipendenze della V Divisione Navale, con base a Taranto (per altra fonte, a Napoli, alle dipendenze del Comando Superiore Torpediniere di Scorta). Insieme ad essa formano la squadriglia le gemelle Clio, Aretusa, Lince, Sagittario e Cassiopea; sono adibite a compiti di scorta convogli in acque metropolitane.

2 settembre 1943

Partecipa ad un’esercitazione al largo di Taranto, insieme alla Clio ed al sommergibile Marcantonio Bragadin.

8 settembre 1943

L’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati sorprende la Sirio a Taranto, insieme alle altre unità della I Squadriglia Torpediniere (Clio, Aretusa, Cassiopea, Sagittario), alla XV Squadriglia Cacciatorpediniere (Granatiere, Nicoloso Da Recco, FR 23, FR 31), al Gruppo incrociatori leggeri (Scipione Africano, Pompeo Magno e Luigi Cadorna), alle corazzate Duilio e Andrea Doria della V Divisione, alle corvette Flora e Driade della III Squadriglia, ed ai sommergibili Atropo, Tito Speri, Giovanni Da Procida (appartenenti al IV Grupsom) e Dandolo.

Nei giorni successivi all’armistizio, la Sirio – lasciata a disposizione del re e del governo, insediatisi a Brindisi dopo la fuga da Roma, insieme alla Clio, a due corvette ed all’incrociatore leggero Scipione Africano – viene impiegata nei collegamenti tra Brindisi e Taranto.

17 settembre 1943

All 14 la Sirio e la Clio salpano da Brindisi per Corfù cariche di rifornimenti per la guarnigione italiana dell’isola, sotto attacco da parte delle forze tedesche.

Tale missione di soccorso è frutto di un’iniziativa del contrammiraglio Giovanni Galati, che spronato dalle richieste d’aiuto della guarnigione dell’isola (Galati è amico personale del generale Antonio Gandin, comandante della Divisione "Acqui" che presidia le Isole Ionie) ha chiesto ed ottenuto il tacito assenso del ministro della Marina, ammiraglio Raffaele De Courten, assumendosi personalmente la responsabilità ed il comando della missione (scrive il giornalista Alfio Caruso nel libro "Italiani dovete morire": «A Malta e a Brindisi sono ormeggiate le navi per andare in soccorso della Acqui: perché non sfruttarle? Quella mattina Galati lo dice a De Courten e il ministro (…) gli dà il via libera con un doppio cenno della mano. Galati si precipita fuori dall’ufficio di De Courten, mentre esce i suoi occhi s’incrociano con quelli del re, affacciato al balcone della residenza; in giardino incontra la regina che gli sorride, Galati si sofferma per un saluto marziale, ma girato l’angolo riprende a correre. Sono molti i compiti da assolvere prima di salpare, tuttavia il contrammiraglio non si fida a usare il telefono: le clausole dell’armistizio impediscono all’Italia di poter gestire soldati, navi, aerei senza il consenso degli Alleati. (…) Gli ufficiali della graziosa maestà britannica hanno già detto che Cefalonia non interessa, che la resistenza della Acqui non è affar loro. Galati gira per caserme, depositi, arsenali. Di roba ce n’è a iosa, basta caricarla e trasportarla. Vengono scovate due torpediniere, la Sirio e la Clio, che facendo la spola con Taranto hanno diritto alla nafta per navigare (…) Alle 14 dalla banchina nei pressi dell’albergo Internazionale, dov’è alloggiata la missione alleata, le due torpediniere levano l’ancora»). Dopo aver scovato il materiale richiesto nei magazzini di Brindisi, Galati ha scelto per la missione Sirio e Clio, che facendo la spola con Taranto hanno diritto alla nafta per navigare, e le ha caricate di rifornimenti (viveri, acqua, munizioni d’artiglieria e per mitragliatrice, medicinali e materiale sanitario, proiettili contraerei da 20 mm, e specialmente bombe da mortaio, che il generale Gandin ha telegrafato essere quasi finite: il materiale è stato sistemato un po’ ovunque, anche in coperta), per poi salpare alla volta delle Isole Ionie, imbarcando lui stesso su una delle torpediniere.

La partenza, però, è avvenuta senza autorizzazione da parte britannica, ed una volta venutolo a sapere l’ammiraglio britannico Arthur Peters, che sostituisce temporaneamente l’ammiraglio Arthur John Power (vicecomandante della Mediterranean Fleet e capo della missione militare Alleata presso il governo italiano) momentaneamente assente, impone l’immediato rientro in porto delle due torpediniere, perché nessuna nave da guerra italiana può prendere il mare finché non sarà stata precisamente definito il livello della loro libertà d’azione nel quadro post-armistiziale (gli Alleati sospettano che qualche nave italiana possa tentare di fuggire verso un porto neutrale o peggio ancora passare con i tedeschi: le ostilità tra italiani e britannici, del resto, sono terminate da soli nove giorni, e la diffidenza verso gli ex nemici è ancora alta).

L’ammiraglio De Courten ed il capo di Stato Maggiore generale, generale Vittorio Ambrosio, protestano immediatamente presso le autorità Alleate per chiedere la revoca del provvedimento giustamente ritenuto assurdo; lo stesso giorno il Comando Supremo protesta per l’accaduto inviando una nota al generale britannico Noel Mason-Mac Farlane, capo della Commissione Alleata di Controllo per l’Italia: «L’amm. Peters ha richiesto al Ministero della Marina italiano di richiamare subito a Brindisi le torpediniere Sirio e Clio in navigazione per portare viveri, munizioni e acqua a Corfù, dove le truppe italiane resistono tenacemente ai tentativi di occupazione delle truppe tedesche. Si rappresenta al gen. Mac Farlane che, in tal modo, si viene a indebolire l’azione di difesa di quell’isola che le forze italiane compiono nell’interesse comune. È quindi desiderabile che tale azione delle nostre torpediniere sia autorizzata e tale autorizzazione acquisti carattere d’urgenza. Ove l’autorizzazione di rifornire Corfù non possa essere concessa, bisognerà in un prossimo avvenire ritirare tutto il presidio, lasciando l’isola ai tedeschi».

(Talvolta viene erroneamente affermato che Sirio e Clio sarebbero state dirette a Cefalonia, invece che a Corfù. Secondo "Italiani dovete morire" di Alfio Caruso, Sirio e Clio sarebbero inizialmente state dirette a Cefalonia e dopo la partenza da Brindisi avrebbero seguito la costa pugliese navigando a zig zag, giungendo davanti ad Otranto a sera e da lì dirigendo verso il mare aperto, ma proprio a quel punto avrebbero ricevuto da Brindisi la notizia, in realtà falsa, dell’occupazione da parte tedesca dei porti di Cefalonia, Argostoli a sud e Fiscardo e Capo Vljoti a nord. Non essendo quindi più possibile sbarcare i rifornimenti a Cefalonia, Galati avrebbe cambiato destinazione con Corfù. Altra affermazione non riportata da fonti più autorevoli, spesso citata con riferimento a questo episodio, è che i britannici avrebbero minacciato un attacco aereo sulle due torpediniere se non fossero subito tornate indietro, il che appare francamente esagerato. Per altra fonte le torpediniere, inizialmente dirette a Cefalonia, sarebbero state successivamente inviate a Corfù “poiché il Comando alleato del Cairo pretende che gli italiani abbiano il controllo dei porti di attracco, che secondo loro non sarebbe più garantito a Cefalonia”).

19 settembre 1943

Sirio e Clio salpano da Brindisi insieme alla motosilurante MS 33 (quest’ultima, al comando del sottotenente di vascello Renato Bechi, diretta a Corfù con viveri e medicinali) per scortare a Santi Quaranta la motonave Probitas, incaricata di imbarcarvi truppe della 151a Divisione Fanteria "Perugia" da riportare in Italia. Il piccolo convoglio fa scalo intermedio a Corfù; la sua partenza desta nuove proteste britanniche, che però vengono stavolta ignorate, grazie anche all’appoggio statunitense.

La Divisione "Perugia" (129° e 130° Reggimento Fanteria), comandata dal generale di divisione Ernesto Chiminello, alla proclamazione dell’armistizio era divisa in due blocchi principali, costituiti l’uno dal comando di Divisione con il 129° Reggimento Fanteria ad Argirocastro (Gjirokastra), e l’altro dal 130° Reggimento Fanteria a Tepeleni (Tepelenë).

Il 130° Fanteria, posto sotto il controllo del colonnello Giuseppe Adami (vicecomandante della Divisione) e del colonnello Eugenio Ragghianti (comandante del reggimento), si è venuto a trovare isolato e senza ordini e, dopo lunghe traversie, accordi traditi dalle controparti e scontri sia con i tedeschi che con gli albanesi, ha finito col cedere le armi il 14 settembre; i suoi uomini sono stati avviati verso i campi di prigionia di Mavrova e Drashovica, nei pressi di Valona, dove già erano stati rinchiusi gli uomini della Divisione "Parma". La notte successiva, tuttavia, un imponente attacco dei partigiani albanesi contro questi campi ha permesso a molti uomini del 130° Fanteria e della "Parma" di fuggire; senza cibo, armi o comando, si sono diretti verso Santi Quaranta, dove sperano di trovare imbarco per l’Italia, dormendo all’aperto, macellando muli e cavalli e poi barattando anche capi di vestiario con la popolazione locale per avere un po’ di cibo. Il sottotenente Renato Ughi della Guardia di Finanza (egli stesso, appartenente al Battaglione G.d.F. di Valona, è stato catturato dai tedeschi ed è poi fuggito) ha istituito, in collaborazione con i partigiani albanesi, un posto di sosta col quale gli sbandati in arrivo vengono rifocillati, registrati ed inquadrati in gruppi di almeno cento uomini, che vengono poi avviati verso Santi Quaranta.

Ad Argirocastro, il generale Chiminello ha negoziato con il comandante di una colonna tedesca di passaggio, ottenendo di rimanere in armi a patto di non muoversi dalla città, ed ha poi respinto un attacco da parte dei partigiani albanesi; giunta poi la notizia che il porto di Santi Quaranta è ancora in mano italiana, i comandanti dei reparti del 129° hanno deciso di raggiungerlo, nella speranza di riuscire a imbarcare le truppe su qualche nave che possa portarle in Italia, ed il 16 settembre anche questo secondo blocco della "Perugia" si è quindi messo in marcia verso Santi Quaranta, nonostante l’iniziale contrarietà di Chiminello.

La guarnigione italiana di Santi Quaranta, forte di circa cinquemila uomini, si è trasferita a metà settembre a Corfù, andando a rinforzare il presidio di quell’isola; anche il personale di Marina è andato a Corfù, sebbene successivamente il comandante della Capitaneria di Porto, capitano di porto Gaspare Pugliese, sia stato rimandato a Santi Quaranta per dirigere l’imbarco delle truppe.

20 settembre 1943

Imbarcati a Santi Quaranta 1750 (o 1760) soldati, perlopiù del 130° Reggimento Fanteria, la Probitas fa ritorno a Brindisi scortata da Sirio e Clio (secondo il volume USMM “La Marina dall’8 settembre 1943 alla fine del conflitto”, anche le due torpediniere avrebbero imbarcato dei soldati; altra fonte afferma che avrebbero partecipato all’evacuazione di truppe da Corfù).

(Secondo alcuni siti la Sirio avrebbe compiuto un secondo viaggio a Santi Quaranta per evacuazione di truppe il 21-23 settembre insieme alla corvetta Sibilla ed ai mercantili Salvore e Dubac, ma si tratta di un errore; la torpediniera che con la Sibilla scortò quel convoglio era la Francesco Stocco).

25 settembre 1943

La Sirio (capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti) viene inviata a rinforzare la scorta di un altro convoglio diretto a Brindisi con truppe evacuate da Santi Quaranta (in tutto 2700 soldati), formato dalla motonave Salvore e dal piroscafo Dubac scortati dalla corvetta Sibilla (tenente di vascello Luigi Vaglini), dopo che l’altra unità di scorta, la torpediniera Francesco Stocco, è stata distaccata per contrastare gli sbarchi tedeschi sulla costa di Corfù. Si tratta dell’ultimo convoglio a lasciare l’Albania con truppe italiane, dopo di esso più nessuna nave verrà inviata a recuperare le migliaia di uomini rimasti bloccati sull’altra sponda del Canale d’Otranto: molti verranno catturati dai tedeschi (che fucileranno il generale Chiminello e quasi cento ufficiali), altri si disperderanno nei monti dell’Albania con alterne fortune. A Santi Quaranta le navi in partenza hanno dovuto lasciare la motonave Probitas, immobilizzata da un’avaria di macchina (verrà affondata il giorno stesso dalla Luftwaffe).

La Sirio raggiunge il convoglio verso le 7.30, assumendo posizione sulla sinistra del Dubac, che procede in testa al piccolo convoglio, seguito dalla Salvore, che è protetta dalla Sibilla sul lato di dritta. Il comandante Cuzzaniti, più alto in grado, assume la direzione della scorta; le navi procedono lentamente, dovendosi adeguare alla scarsa velocità del vecchio e lento Dubac.

La Luftwaffe, però, ha avvistato il convoglio fin dalle sei del mattino, in mezzo al Canale d’Otranto. Dapprima è apparso un ricognitore, che ha segnalato la presenza del convoglio prima di andarsene, dopo di che, verso le 7.45 – quando ormai è in vista la costa pugliese –, sopraggiungono dalla direzione di Corfù dodici bombardieri in picchiata Junkers Ju 87 “Stuka”.

Gli Stukas attaccano in più ondate, di tre velivoli ciascuno, scendendo in picchiata e mitragliando per poi sganciare le bombe; le navi italiane si diradano immediatamente, manovrando con rapide accostate per rendere più difficile il compito ai bombardieri, e reagiscono con le loro armi contraeree, colpendo due dei velivoli tedeschi.

Il vecchio e lento Dubac, armato con una sola mitragliera, non riesce a manovrare efficacemente, e viene dapprima mitragliato e poi colpito da due o tre bombe.

Tra i soldati disarmati ed ammassati sui ponti scoperti del piroscafo è una carneficina; le vittime sono almeno un’ottantina, ma forse anche più di duecento. Molti rimangono uccisi o feriti dalle raffiche di mitragliatrice e dalle bombe, altri annegano dopo essersi gettati in mare. Altri duecento e più sono feriti.

L’attacco dura circa venti minuti. Il Dubac imbarca acqua da varie falle e sbanda fortemente sulla sinistra, ma nonostante i gravi danni continua a navigare, forzando le caldaie al massimo della pressione per cercare di raggiungere la costa italiana; la Sirio si avvicina per prestare assistenza, e verso mezzogiorno, quando la nave appare seriamente a rischio di affondare, il comandante Cuzzaniti ordina al piroscafo di portarsi all’incaglio sulla vicina costa pugliese, un miglio a nord del faro di Punta Palascia (Otranto), per mettere in salvo i superstiti. La Sirio, dopo aver ordinato alla Sibilla di proseguire scortando la Salvore (entrambe le navi sono rimaste indenni, grazie alle rapide manovre ed all’efficace reazione delle loro armi contraeree: giungeranno a Brindisi alle 15.45), accompagna il piroscafo fino all’incaglio – che avviene a mezzogiorno – e prende a bordo i feriti, a partire dai più gravi, che porta poi a Brindisi, dove giunge alle 17.10. Il resto dei militari e dell’equipaggio del Dubac vengono trasferiti a terra con l’ausilio di sei motopescherecci giunti da Otranto.

Luigi Camuso, cannoniere imbarcato sulla corvetta Fenice che si trovava quel giorno in porto a Brindisi, avrebbe così ricordato l’arrivo della Sirio carica di feriti e moribondi del Dubac: “La torpediniera Sirio attracca in tarda mattinata al pontile di legno a poca distanza dalla nostra nave, a ridosso del castello Svevo e all’altezza della finestra dove spesso si affacciava il Re. C’è un accorrere di infermieri, barelle, tra urla di dolore e di rabbia. La torpediniera ha la tolda coperta di sangue e mentre gli infermieri sbarcano i feriti, vi sono marinai che con ramazze e grandi spatole cercano di lavarlo via,…il mare tutto intorno si colora di rosso...ad un tratto la tromba suona il silenzio e la bandiera viene abbassata a mezz’asta: un alpino, con il cappello e la penna calato in testa, le mani e le gambe mozzate da una bomba degli Stukas, spira mentre sta per scendere dalla nave. Alziamo tutti gli occhi verso la finestra del Castello: un re turbato, con il viso stravolto, distoglie lo sguardo da quello strazio e rientra all’interno, forse piangendo. Per noi della Fenice rientrati da poco a Brindisi da un’altra sfortunata operazione, nel canale di Santa Maura, con ancora negli occhi l’immagine di corpi di italiani galleggianti inerti tra resti di scafi affondati dai tedeschi e spiagge piene di soldati che ci imploravano di raccoglierli, questa scena ci lasciò attoniti, senza forze, consapevoli di vivere uno strazio che coinvolgeva l’Italia intera e che non avremmo mai voluto che si potesse ripetere”. Antonio Angelo Caria, anch’egli cannoniere ma sulla Sibilla, avrebbe analogamente ricordato: “L'attacco è stato repentino, a volo radente sul livello del mare, per cui non abbiamo avuto il tempo di brandeggiare le mitragliere perchè le cabrate e le successive "picchiate" ci hanno costretto a salvarci con estreme virate. Il Sirio, noi Sibilla e il Salvore, manovrabilissimi, abbiamo evitato tutte le bombe che ci sono state lanciate. Il Dubac, purtroppo, é stato centrato da 2-3 bombe causando una carneficina fra i soldati stipati all'inverosimile. Per questo, il Dubac ha cominciato a sbandare sul lato sinistro per il cui sbandamento si è cercato di controbilanciarlo facendo affluire tutti i soldati incolumi, all'interno (lato agibile) e all'esterno, del lato destro. Al Comandante del Dubac é stato ordinato di andare avanti con le macchine a tutta forza, fino a raggiungere la costa salentina ove potersi arenare o incagliare, per evitare l'affondamento, cosa che é avvenuta. Alla Torpediniera Sirio è toccato l'ingrato compito di accostarsi al Dubac per prendere i feriti più gravi per portarli immediatamente a Brindisi (quando vi é arrivato, aveva tutta la tolda intrisa di sangue, ma anche il Dubac aveva il lato sinistro sporco di sangue)”.


Sopra, la Sirio segue il Dubac danneggiato che dirige verso la costa salentina per portarsi all’incaglio, verso mezzogiorno del 25 settembre 1943; sotto, si accosta al Dubac per trasbordare i feriti. Le foto sono state scattate dalla Sibilla (Coll. Antonio Angelo Caria)


Fine 1943-1945

Durante la cobelligeranza, la Sirio scorta convogli Alleati in Mediterraneo.

2 novembre 1943

Partecipa ad un’esercitazione al largo di Taranto, insieme alla moderna torpediniera di scorta Indomito, al sommergibile Axum ed al rimorchiatore Ercole.

Dicembre 1943

Il capitano di corvetta Cuzzaniti lascia il comando della Sirio.

27-29 gennaio 1944

Si trasferisce da Augusta a Taranto insieme al cacciatorpediniere Grecale, alla torpediniera Cassiopea, alle corvette Urania e Sibilla ed al sommergibile Jalea.

18-19 febbraio 1944

La Sirio, le torpediniere Ariete ed Animoso e la corvetta Urania scortano da Taranto ad Augusta e poi di nuovo a Taranto un convoglio di 30 mercantili Alleati.

16-17 agosto 1944

Si trasferisce da Augusta a Napoli insieme ad un convoglio Alleato, alle corvette Driade, Folaga e Gabbiano ed al sommergibile Otaria.

25 novembre 1944

Partecipa ad un’esercitazione al largo di Taranto, insieme alle torpediniere Ariete ed Animoso, al sommergibile Ruggiero Settimo ed alle corvette Folaga, Danaide e Driade.

10-11 aprile 1944

Nella notte tra il 10 e l’11 aprile, la Sirio posa un campo minato (28 ordigni tipo Bollo) ad ovest di Capraia. La posa ha inizio alle 21.37 del 10 aprile, in posizione 42°59'04" N e 09°47'25" E, e termina in posizione 43°00'30" N e 09°45'18" E. Le forniscono protezione durante la posa una motosilurante statunitense ed una motocannoniera britannica.

Su questo campo minato andrà perduta, due settimane più tardi, la torpediniera tedesca TA 23, già italiana Impavido catturata dai tedeschi all’Elba in seguito all’armistizio. Gravemente danneggiata dallo scoppio di una mina all’1.45 del 25 aprile, in posizione 43°02' N e 09°45' E, la TA 23 dovrà essere finita alle 6.45 dalla torpediniera TA 29 (ex italiana Eridano) dopo infruttuosi tentativi di rimorchio protrattisi per alcune ore, e frustrati anche da attacchi aerei e di motosiluranti.

15-23 gennaio 1945

La Sirio viene inviata incontro alle navi italiane che rientrano dall’internamento in Spagna, per accompagnarle a Taranto: l’incrociatore leggero Attilio Regolo, i cacciatorpediniere Mitragliere, Fuciliere e Carabiniere e la torpediniera Orsa. Incontrato il gruppo al largo di Algeri, la Sirio lo accompagna fino a Taranto, dove giunge il mattino del 23 gennaio.

11 febbraio 1945

Il sergente cannoniere Giovanni Pittalis della Sirio, 24 anni, da Arzachena, muore in territorio metropolitano.

1945-1946

Nell’immediato dopoguerra la Sirio è usata per trasporto di personale e materiali tra l’Italia continentale e le isole maggiori.

La Sirio nell’immediato dopoguerra: porta ancora la livrea della cobelligeranza, con scafo scuro e sovrastrutture grigio chiaro (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)

1947

La Sirio è tra le navi lasciate alla Marina Militare italiana, non più regia, dal trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio. Assegnata alla III Squadriglia Torpediniere, alle dipendenze della III Divisione Navale (successivamente della I Divisione Navale).

In transito nel canale navigabile di Taranto nel dopoguerra (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)

1950

È comandante della Sirio e della V Squadriglia Torpediniere il capitano di fregata Luigi Longanesi Cattani.

La Sirio nel 1950 (g.c. STORIA militare)

1951

Riclassificata corvetta veloce. Impiegata in attività addestrativa. (Per altra fonte sarebbe stata riclassificata torpediniera di scorta nel 1952/1953, e corvetta il 10 aprile 1957).

Due immagini della Sirio nel periodo 1951-1953 (Coll. Felice Morra/ANMI Ladispoli)


1951-1952

Sottoposta a lavori di rimodernamento a Taranto; vengono rimossi i quattro tubi lanciasiluri da 450 mm e due dei tre pezzi da 100/47 mm, mentre vengono installati quattro cannoni contraerei singoli Bofors da 40/56 mm, un lanciatore antisommergibili a 24 canne da 178 mm “Porcospino” (Hedgehog Mk 10), due lanciabombe e due scaricabombe per bombe di profondità, oltre a radar e sonar. (Per altra fonte sarebbe stato installato soltanto il “Porcospino”, oltre a radar e sonar).

La Sirio a Taranto nel 1952, dopo i lavori di rimodernamento (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net)

1953

In seguito all’entrata dell’Italia nella NATO, riceve il nuovo distintivo ottico F 554. (Altra fonte data invece l’assegnazione di tale distintivo al 10 aprile 1957). Partecipa ad esercitazioni NATO.

La Sirio dopo il cambio di sigla identificativa (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)

1° maggio 1955

Trasferita alla I Squadriglia Torpediniere.

La nave a Taranto negli anni Cinquanta (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)

1958

Nuove modifiche all’armamento: viene sbarcato l’ultimo pezzo da 100/47 mm, mentre l’armamento contraereo è potenziato con due mitragliere Mk 3 da 40/60 mm.

La Sirio nel 1958-1959 (da www.fotonavimilitari.blogspot.com)

31 ottobre 1959

Radiata dai quadri del naviglio militare (provvedimento formalizzato con decreto del presidente della Repubblica numero 74418 del 18 gennaio 1960).

1960

Avviata alla demolizione.


Un’altra immagine della nave a Taranto negli anni Cinquanta (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net)


La Sirio su Trentoincina

Le torpediniere classe Spica serie Perseo sul sito della Marina Militare

Sirio e Perseo sul sito dell'Associazione Navimodellisti Bolognesi

Struggle for the Middle Sea

La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi

La battaglia di Capo Teulada

Le memorie dell’ammiraglio De Courten