Torpediniera della classe Spica tipo
Perseo
(dislocamento standard di 630 tonnellate, in carico normale 970, a
pieno carico 1020).
La
Sirio e
la Perseo
furono rispettivamente la sesta e la quinta unità della classe Spica
ad essere ordinate, nel 1934 (la loro costruzione fu stata
autorizzata nel piano 1933-1934), dopo le due
“sperimentali” Spica ed Astore (autorizzate
nel piano costruzioni 1931-1932 ed ordinate come prototipi nel 1933
per valutare la possibilità di costruire su larga scala delle
torpediniere di dislocamento standard inferiore alle 600 tonnellate
per avere dei “piccoli cacciatorpediniere” che, in base alle
disposizioni del trattato di Londra del 1930, sotto quel dislocamento
potevano essere costruiti senza limiti di numero) e le prime due del
tipo Climene
(Climene e Centauro),
rispetto alle quali Sirio e
Perseo
rappresentavano un tipo leggermente modificato. In quel momento c’era
ancora molta incertezza sulla convenienza di riprodurre il tipo su
larga scala; c’era chi – come l’ex capo di Stato Maggiore
Ernesto Burzagli – riteneva che per sostituire i vecchi
cacciatorpediniere declassati della Grande Guerra (una delle esigenze
che avevano portato a progettare le Spica) fosse meglio ricorrere a
torpediniere più piccole, di 300 tonnellate, oppure anche ad una
versione migliorata e ingrandita dei MAS. Permanevano dubbi, nello
Stato Maggiore della Marina, sull’utilità di navi di quel tipo,
viste da alcuni (tra cui il capo di Stato Maggiore, ammiraglio
Gino Ducci, ed il suo successore Domenico Cavagnari, mentre era
favorevole ad esse il Ministro della Marina, ammiraglio Giuseppe
Sirianni) come troppo piccole per essere usate come veri
cacciatorpediniere, in impiego di squadra, e troppo grandi per essere
impiegate come siluranti notturne.
Tra
il 1934 ed il 1935, dato che le prove in mare
di Spica ed Astore avevano
dato risultati abbastanza soddisfacenti (anche se le qualità
nautiche non si erano rivelate eccelse), vennero ordinate le altre
sei torpediniere serie Perseo
e le altre quattro serie Climene.
Pesò su questa decisione soprattutto l’avvicinarsi della guerra
d’Etiopia che, esacerbando i contrasti con il Regno Unito, faceva
sentire la necessità di incrementare il numero di siluranti a
disposizione, in vista di un possibile conflitto con la Royal Navy:
fu Mussolini stesso ad autorizzare la costruzione di altre dieci
Perseo
e Climene, “scavalcando”
l’ancora dubbioso ammiraglio Cavagnari. Siccome su Spica ed Astore,
per non sforare il limite di 600 tonnellate, si era dovuto eliminare
uno dei tre cannoni da 100/47 e si era finiti col superare comunque
quel “tetto”, si decise di non considerare il vincolo delle 600
tonnellate standard come troppo “stringente”, e l’osservanza di
tale limite fu di conseguenza sempre meno considerata nelle serie
successive, che infatti lo superarono tutte di varie decine di
tonnellate.
|
Particolare
di scaricabombe antisom e torpedine da rimorchio della Sirio
(da www.regiamarina.net) |
Durante la seconda guerra mondiale la Sirio svolse inizialmente attività di scorta ai convogli verso l’Africa Settentrionale, poi – dalla primavera del 1941 – in Egeo, con saltuarie missioni verso la Libia nella seconda metà del 1942. Dalla fine di quell’anno svolse attività di scorta sulla rotta per la Tunisia, fino alla resa delle ultime forze dell’Asse in Nordafrica. Effettuò inoltre missioni di pattugliamento e soccorso nelle acque dell’Italia meridionale, dell’Egeo e dell’Africa. Effettuò complessivamente 253 missioni di guerra, di cui 158 di scorta convogli, 6 di ricerca del nemico, cinque di posa di mine, due di caccia antisommergibili, una di trasporto, 39 di trasferimento, 13 per esercitazione e 29 di altro tipo, percorrendo 64.977 miglia nautiche e trascorrendo 5266 ore in mare e 192 giorni ai lavori.
Il suo motto era "Sidus vigilans" (“stella vigilante”).
Breve
e parziale cronologia.
12
novembre 1934
Impostazione
nei Cantieri del Quarnaro di Fiume.
14
novembre 1935
Varo
nei Cantieri del Quarnaro di Fiume.
1°
marzo 1936
Entrata
in servizio. Viene dislocata in Libia.
Agosto-Settembre
1937
Durante
la guerra civile spagnola la Sirio partecipa
al blocco del Canale di Sicilia, per impedire l’invio di
rifornimenti dall’Unione Sovietica (Mar Nero) alle forze
repubblicane spagnole. Mussolini ha preso tale decisione a seguito di
richieste da parte dei comandi spagnoli nazionalisti, i quali
sostengono, esagerando di molto, che l’Unione Sovietica stia per
rifornire le forze repubblicane spagnole con oltre 2500 carri armati,
3000 “mitragliatrici motorizzate” e 300 aerei. Il 3 agosto
Francisco Franco ha chiesto urgentemente a Mussolini di usare la sua
flotta per fermare un grosso “convoglio” sovietico appena partito
da Odessa e diretto nei porti repubblicani; sulle prime era previsto
il solo impiego di sommergibili, ma Franco è riuscito a convincere
Mussolini ad impiegare anche le navi di superficie. Nel suo
telegramma Franco afferma: «Tutte
le informazioni degli ultimi giorni concordano nell’annunciare un
aiuto possente della Russia ai rossi, consistente in carri armati,
dei quali 10 pesanti, 500 medi e 2 000 leggeri (sic), 3 000
mitragliatrici motorizzate, 300 aerei e alcune decine di
mitragliatrici leggere, il tutto accompagnato da personale e organi
del comando rosso. L’informazione sembra esagerata, poiché le
cifre devono superare la possibilità di aiuto di una sola
nazione. Ma se l’informazione trovasse conferma, bisognerebbe
agire d’urgenza e arrestare i trasporti al loro passaggio nello
stretto a sud dell’Italia e sbarrare la rotta verso la Spagna. Per
far ciò, bisogna, o che la Spagna sia provvista del numero
necessario di navi o che la flotta italiana intervenga ella stessa.
Un certo numero di cacciatorpediniere operanti davanti ai porti e
alle coste dell’Italia potrebbe sbarrare la rotta del Mediterraneo
ai rinforzi rossi: la cattura potrebbe essere effettuata da navi
battenti apertamente bandiera italiana, aventi a bordo un ufficiale e
qualche soldato spagnolo, che isserebbero la bandiera nazionalista
spagnola al momento stesso della cattura. Invierò d’urgenza
un rappresentante a Roma per negoziare questo importante affare.
Nell’intervallo, e per impedire l’invio delle navi che saranno
già in rotta per la Spagna, prego il governo italiano di sorvegliare
e segnalare la posizione e la rotta delle navi russe e spagnole che
lasciano Odessa. Queste navi devono essere sorvegliate e perquisite
da cacciatorpediniere italiani che segnaleranno la loro posizione
alla nostra flotta. Vogliate trasmettere in tutta urgenza al
Duce e a Ciano l’informazione di cui sopra e la nostra richiesta,
unita all’assicurazione dell’indefettibile amicizia e della
riconoscenza del generalissimo alla nazione italiana».
Il
blocco navale viene ordinato da Roma il 7 agosto ed ha inizio due
giorni più tardi; oltre ai sommergibili, inviati sia al largo dei
Dardanelli
che lungo le coste della Spagna, prendono in mare gli
incrociatori Armando
Diaz e Luigi Cadorna,
otto cacciatorpediniere ed altrettante torpediniere che si
posizionano nel Canale di Sicilia e lungo le coste del Nordafrica
francese. Cacciatorpediniere e torpediniere operano in cooperazione
con quattro sommergibili ed un sistema di esplorazione aerea a maglie
strette (idrovolanti dell’83° Gruppo Ricognizione Marittima, di
base ad Augusta) e sono alle dipendenze dell’ammiraglio di
divisione Riccardo Paladini, comandante militare marittimo della
Sicilia; successivamente verranno avvicendati da altre siluranti e
dalla IV Divisione Navale (incrociatori leggeri Armando
Diaz, Alberto
Di Giussano, Luigi
Cadorna, Bartolomeo
Colleoni).
Sono complessivamente ben 40 le navi mobilitate per il blocco: i
quattro incrociatori della IV Divisione, l’esploratore Aquila,
dieci cacciatorpediniere
(Freccia, Dardo, Saetta, Strale, Fulmine, Lampo, Espero, Ostro, Zeffiro e Borea),
24 torpediniere
(Cigno, Canopo, Castore, Climene, Centauro, Cassiopea, Andromeda, Antares, Altair, Aldebaran, Vega, Sagittario, Astore, Sirio, Spica, Perseo, Giuseppe La
Masa, Generale
Carlo
Montanari, Ippolito Nievo, Giuseppe Cesare Abba, Generale
Achille
Papa, Nicola Fabrizi, Giuseppe
Missori e Monfalcone)
e la nave coloniale Eritrea.
Altre due navi, gli incrociatori ausiliari Adriatico e Barletta,
camuffati da spagnoli Lago e Rio,
hanno l’incarico di visitare i mercantili sospetti avvistati dalle
navi da guerra in crociera.
Il
dispositivo di blocco è articolato in più fasi: informatori ad
Istanbul segnalano all’Alto Comando Navale le navi sovietiche, o di
altre nazionalità ma sospettate di operare al servizio dei
repubblicani, che passano per il Bosforo; ad attenderle in agguato
per primi vi sono i sommergibili appostati all’uscita dei
Dardanelli.
Se le navi superano indenni questo primo ostacolo, vengono segnalate
alle navi di superficie ed ai sommergibili in crociera nel Canale di
Sicilia e nello Stretto di Messina; qualora dovessero riuscire ad
evitare anche questo nuovo pericolo (possibile soltanto appoggiandosi
a porti neutrali) troverebbero ad aspettarle altre navi da guerra in
crociera nelle acque della Tunisia e dell’Algeria. Infine, come
ultima barriera per i bastimenti che riuscissero ad eludere anche
tale minaccia, altri sommergibili sono in agguato lungo le coste
della Spagna.
In
base all’ordine generale d’operazioni numero 1, gli incrociatori,
l’Eritrea e
parte dei cacciatorpediniere devono compiere esplorazione pendolare
sul meridiano 16° E, cooperando con gli aerei da ricognizione che
conducono esplorazione sistematica per parallelo; altri
cacciatorpediniere formano uno sbarramento esplorativo tra Lampedusa
e le propaggini meridionali del banco di Kerkennah (nei pressi di
Sfax), mentre le torpediniere conducono esplorazione a rastrello tra
Pantelleria e Malta, lungo l’asse del Canale di
Sicilia. Adriatico/Lago e Barletta/Rio compiono
esplorazione a triangolo presso Capo
Bon; Aquila, Fabrizi, Missori, Montanari, Monfalcone, Nievo, Papa e La
Masa compiono
vigilanza sistematica nello stretto di Messina. Il blocco si protrae
dal 7 agosto al 12 settembre con intensità variabile; nel periodo di
maggiore attività sono contemporaneamente in mare nel Canale di
Sicilia 12 navi di superficie, 5 sommergibili e 6 aerei. Gli ordini
per le navi di superficie sono di avvicinare e riconoscere tutti i
mercantili avvistati, specialmente quelli
privi di bandiera (e che non la issano subito dopo averne ricevuto
l’intimazione dalle unità italiane), quelli
che di notte procedono a luci spente, quelli
con bandiera sovietica o spagnola repubblicana, quelli
che hanno in coperta carichi di natura palesemente militare, e queli
che sono stati specificamente indicati per nome dal Comando Centrale.
Se un mercantile viene riconosciuto come al servizio della Spagna
repubblicana, la nave italiana che l’ha avvistato deve seguirlo e
segnalarlo al sommergibile più vicino, che dovrà poi procedere ad
affondarlo. Se quest’ultimo fosse impossibilitato a farlo,
spetterebbe alla nave di superficie il compito di seguire il
mercantile fino a notte, tenendosi in contatto visivo, per poi
silurarlo una volta
calata l’oscurità. I piroscafi identificati come “contrabbandieri”
di notte devono invece essere subito affondati. Se venisse incontrato
un mercantile repubblicano a grande distanza dalle acque territoriali
della Tunisia, la nave che lo avvista deve chiamare sul posto uno
tra Rio e Lago oppure
una nave da guerra spagnola nazionalista (parecchie di queste sono
appositamente dislocate nel Mediterraneo centrale) che provvederanno
a catturarlo. Ordini tassativi sono emanati per evitare interferenze
o incidenti con bastimenti neutrali (il che talvolta
obbliga a seguire un mercantile “sospetto” per tutto il giorno al
fine di identificarlo, dato che talvolta
quelli
diretti nei porti repubblicani usano bandiere false), e questo,
insieme all’intensità del traffico navale nel Canale di Sicilia,
rende piuttosto complessa e delicata la missione delle navi che
partecipano al blocco.
Il
blocco navale così organizzato (del tutto illegale, dato che
l’Italia non è formalmente in guerra con la Repubblica spagnola)
si rivela un pieno successo: sebbene le navi effettivamente affondate
o catturate siano numericamente poche, l’elevato rischio comportato
dalla traversata a causa del blocco italiano porta in breve tempo
alla totale interruzione del flusso di rifornimenti dall’Unione
Sovietica alla Spagna repubblicana. Soltanto qualche mercantile
battente bandiera britannica o francese riesce a raggiungere i porti
repubblicani, oltre a poche navi che salpano dalla costa francese del
Mediterraneo e raggiungono Barcellona col favore della notte. Entro
settembre, l’invio di mercantili con rifornimenti per i
repubblicani dall’Unione Sovietica attraverso il Bosforo è
praticamente cessato, tanto che i comandi italiani si possono ormai
permettere di ridurre di molto il numero di navi in mare per la
vigilanza, essendo quest’ultima sempre meno necessaria e non
volendo provare troppo le navi in una zona dove c’è spesso
maltempo con mare grosso. Ad ogni modo, le navi assegnate al blocco
vengono mantenute nelle basi siciliane, pronte a riprendere il mare
qualora dovesse manifestarsi una ripresa nel traffico verso la
Spagna.
Oltre
alla grave crisi nei rifornimenti di materiale militare, che si
verifica proprio nel momento cruciale della conquista nazionalista
dei Paesi Baschi (principale centro di produzione di armi tra le
regioni in mano repubblicana), il blocco ha un impatto notevole anche
sul morale dei repubblicani, tanto nella popolazione civile (il cui
morale va deteriorandosi per la difficoltà di procurarsi beni di
prima necessità) quanto nei vertici politico-militari, che si
rendono conto di come, mentre i nazionalisti ricevono dall’Italia
supporto incondizionato, persino sfacciato, con largo dispiego di
mezzi, Francia e Regno Unito non sembrano disposte a fare molto più
che parlare in aiuto alla causa repubblicana (in alcuni centri
repubblicani si svolgono anche aperte manifestazioni contro queste
due nazioni, da cui i repubblicani si sentono abbandonati).
Il
blocco italiano impartisce dunque un durissimo colpo ai repubblicani,
ma scatena anche gravi tensioni internazionali (specie col Regno
Unito) e feroci proteste sulla stampa spagnola repubblicana ed
internazionale, con accuse di pirateria – essendo, come detto,
un’operazione in totale violazione di ogni legge internazionale –
nei confronti della Marina italiana, ripetute anche da Winston
Churchill. Il governo britannico, invece, evita di accusare
apertamente l’Italia, dato che il primo ministro Neville
Chamberlain intende condurre una politica di “riavvicinamento”
verso l’Italia per allontanarla dalla Germania; anche questo fa
infuriare i repubblicani, che hanno fornito ai britannici prove del
coinvolgimento italiano (prove che i britannici peraltro possiedono
già, dato che l’Operational Intelligence
Center dell’Ammiragliato intercetta e decifra svariate
comunicazioni italiane relative alle missioni “spagnole”), solo
per vedere questi ultimi fingere di attribuire gli attacchi ai soli
nazionalisti spagnoli.
Nel
settembre 1937 Francia e Regno Unito organizzeranno la Conferenza di
Nyon per contrastare la “pirateria sottomarina”: gli occhi di
tutti sono puntati sull’Italia, anche se questa non viene accusata
direttamente (tranne che dall’Unione Sovietica, ragion per cui
l’Italia, sebbene invitata, rifiuta di partecipare alla
conferenza). Se ufficialmente i britannici non parlano apertamente di
coinvolgimento italiano, attraverso i canali diplomatici questi fanno
pervenire al ministro degli Esteri italiano, Galeazzo Ciano,
l’irritazione per alcuni incidenti che hanno coinvolto proprio navi
britanniche (il cacciatorpediniere HMS Havock è
stato attaccato, ancorché senza risultato, dal sommergibile
italiano Iride),
ragion per cui il 12 settembre si decide di sospendere il blocco per
non incrinare le relazioni con il Regno Unito. Nel periodo 7
agosto-12 settembre, le navi italiane hanno avvicinato e identificato
ben 1070 bastimenti mercantili, di svariate nazionalità; la Sirio,
in particolare (inquadrata nella X Squadriglia Torpediniere di
Trapani, insieme alle gemelle Perseo,
Sagittario
e Vega),
ha effettuato cinque missioni di esplorazione a rastrello, a sud
dello stretto di Messina e tra Malta e Pantelleria, tra il 18 agosto
ed il 12 settembre. Insieme alla gemella Perseo
ed alle ben più anziane Monfalcone
e Giuseppe
Missori,
la Sirio
fa anzi parte dell’ultimo gruppo di torpediniere a rientrare alla
base il 12 settembre, in seguito alla decisione di sospendere il
blocco.
Da
questo momento, sarà incombenza unicamente della Marina franchista
impedire che altri rifornimenti raggiungano i porti repubblicani.
|
Torpediniere classe Spica ormeggiate a Napoli in un’immagine degli anni Trenta: la Sirio è la quinta unità della fila, preceduta da Andromeda, Perseo, Sagittario e Vega e seguita dalla Cigno (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net) |
Autunno
1937-1938
In seguito
alla conferenza di Nyon, tenutasi tra il 10 ed il 14 settembre 1937
per risolvere il problema dei “sommergibili pirata” in
Mediterraneo (ossia i sommergibili italiani che attaccano
clandestinamente ed illegalmente le navi dirette nei porti della
Spagna repubblicana: pressoché tutti sono al corrente della loro
nazionalità, che francesi e britannici preferiscono però
ufficialmente fingere di ignorare allo scopo di non danneggiare
troppo i rapporti con l’Italia), le nazioni partecipanti (Francia,
Regno Unito, Unione Sovietica, Turchia, Jugoslavia, Irlanda,
Bulgaria,
Grecia, Egitto e Romania; Italia e Germania, invitate a partecipare,
hanno rifiutato in segno di protesta contro le – fondate – accuse
sovietiche di pirateria rivolte all’Italia) stabiliscono che per la
navigazione d’altura in acque internazionali le proprie navi
mercantili dovranno seguire delle rotte concordate tra i principali
porti del Mediterraneo, rotte che saranno pattugliate da
cacciatorpediniere ed aerei delle principali potenze aderenti
all’accordo, ossia Francia e Regno Unito, che per i pattugliamenti
nel Mediterraneo orientale si appoggeranno anche ad alcuni porti
messi appositamente a disposizione dalle nazioni rivierasche. I Paesi
partecipanti saranno responsabili ciascuno del pattugliamento delle
proprie acque territoriali. Viene stabilito che in caso di attacco da
parte dei sommergibili “pirati” (ogni riferimento alla loro
nazionalità è accuratamente evitato) contro navi non spagnole, o
loro tentativo di avvicinarsi in immersione alle rotte pattugliate,
questi dovranno essere attaccati da tutte le unità di pattuglia
presenti in zona, fino alla distruzione; in Mediterraneo i
sommergibili si potranno spostare soltanto navigando in superficie,
accompagnati da navi di superficie e dando preavviso del proprio
passaggio. Gli accordi, sottoscritti dal 14 settembre, entrano in
vigore dal 20 settembre.
All’Italia viene offerto, ed anzi
chiesto, di provvedere a pattugliare con analoghe modalità le rotte
del Mar Tirreno (l’Adriatico è invece escluso dagli accordi e non
sarà soggetto a sorveglianza); la diplomazia britannica e francese
fa ripetute pressioni affinché le autorità italiane accettino tale
responsabilità, ma il 14 settembre il governo italiano rifiuta,
adducendo a motivazione il mancato riconoscimento della parità con
Francia e Regno Unito, cui è affidata la sorveglianza in tutto il
resto del Mediterraneo. Il 21 settembre si tiene a Roma un colloquio
tra il ministro degli Esteri italiano, Galeazzo Ciano, e gli
incaricati britannico e francese, Edward Maurice Ingram e Jules
Blondel, con cui viene chiarito che l’Italia potrebbe accettare di
pattugliare il Tirreno se le venisse riconosciuta una posizione
paritaria con le Marine francese e britannica nell’applicazione
delle misure di protezione del traffico mercantile concordate a Nyon,
ed il giorno stesso i governi francese e britannico propongono di
tenere una riunione a tre a Parigi con rappresentanti italiani per
emendare le decisioni prese a Nyon in modo da consentire l’adesione
dell’Italia. La proposta viene accettata, ed i colloqui si tengono
a Parigi dal 27 al 30 settembre: rappresentante italiano l’ammiraglio
Wladimiro Pini, capo di Stato Maggiore della Regia Marina,
rappresentante francese l’ammiraglio René-Émile Godfroy (che ha
partecipato alla conferenza di Nyon), rappresentante britannico
l’ammiraglio William M. James, sottocapo di Stato Maggiore della
Royal Navy. Al termine degli incontri, pressoché tutte le richieste
italiane vengono accettate, e l’Italia entra a far parte del
dispositivo di sorveglianza internazionale in condizioni di piena
parità con Francia e Regno Unito: il Mediterraneo è diviso in
tredici zone, e ad ognuna delle tre Marine è affidato il
pattugliamento di una uguale lunghezza delle rotte che i mercantili
dovranno seguire. L’Italia ottiene la sorveglianza di zone in tutti
e tre i bacini del Mediterraneo, con un’area di competenza che va
dalle Baleari al canale di Suez, comprese le rotte che uniscono la
Cirenaica al Dodecaneso. Gli ultimi particolari (modalità di impiego
delle navi, collegamenti e codici per le comunicazioni tra i
rispettivi comandanti e le unità impegnate nei pattugliamenti)
vengono concordati il 30 ottobre a Biserta tra gli ammiragli Romeo
Bernotti (comandante in capo della 2a
Squadra Navale italiana), Dudley Pound (comandante in capo della
Mediterranean Fleet britannica) e Jean-Pierre Esteva (comandante in
capo delle forze navali francesi nel Mediterraneo).
Ciano
commenta significativamente nel suo diario questa vittoria
diplomatica: "Una bella
vittoria. Da imputati siluratori a poliziotti mediterranei, con
esclusione degli affondati russi"
(l’Unione Sovietica, principale accusatrice dell’Italia, non è
stata inclusa nel dispositivo di sorveglianza delle rotte).
Le
rotte assegnate all’Italia per il pattugliamento sono la
Genova-Algeri, la Marsiglia-Biserta-Port Said, la
Marsiglia-Messina-Port Said, la Genova-Gibilterra, le rotte dalla
Spagna al Mediterraneo orientale, quella dal Mar Nero ad Alessandria
d’Egitto, quelle tra il Mediterraneo orientale e l’Adriatico e
quelle tra il Mediterraneo occidentale e l’Adriatico. I compiti di
pattugliamento vengono affidati alla 2a
Squadra Navale, ed il suo comandante, ammiraglio Romeo Bernotti, è
pertanto nominato comandante del dispositivo di sorveglianza, con
comando a Palermo. Complessivamente, da parte italiana vengono
destinati ai pattugliamenti due incrociatori leggeri (Alberico
Da Barbiano e Giovanni
delle Bande Nere), quattro
esploratori (Ugolino
Vivaldi, Antonio
Da Noli, Leone
Pancaldo, Antoniotto
Usodimare),
otto cacciatorpediniere
(Confienza, Curtatone, Palestro, Euro, Turbine, Aquilone, Quintino
Sella, Bettino
Ricasoli),
venti torpediniere
(Altair, Andromeda, Antares, Aldebaran, Astore, Cigno, Canopo, Castore, Centauro, Cassiopea, Climene, Giuseppe Dezza, Giuseppe La
Masa, Giacinto Carini, Giacomo Medici, Generale Antonio Cantore, Generale Carlo Montanari, Generale Marcello Prestinari, Sirio, Sagittario),
due incrociatori ausiliari (Adriatico e Barletta)
e le Squadriglie Idrovolanti 141, 146, 148 e 185 della Ricognizione
Marittima. Le forze aeronavali impiegate nei pattugliamenti hanno
base a Tripoli, Cagliari, Augusta, Messina, La Maddalena, Trapani,
Brindisi, La Spezia, Lero e Tobruk.
La Sirio,
in particolare, è dislocata a Brindisi ed incaricata, insieme alle
ben più anziane torpediniere Confienza,
Giuseppe
Dezza
e Giacomo
Medici ed
agli idrovolanti della 143a Squadriglia
da Ricognizione Marittima, di pattugliare le rotte numero 11
(Adriatico-Mediterraneo occidentale) e 12 (Adriatico-Mediterraneo
orientale).
5
maggio 1938
La Sirio
(tenente di vascello Bruno De Moratti), insieme al resto della X
Squadriglia Torpediniere (Sagittario, Vega
e Perseo,
al comando del capitano di corvetta Ernesto De Pellegrini), prende
parte alla rivista navale "H" organizzata nel Golfo di
Napoli per la visita in Italia di Adolf Hitler. Partecipa alla
rivista la maggior parte della flotta italiana: le corazzate Giulio
Cesare e Conte
di Cavour,
i 7 incrociatori pesanti della I e III Divisione, gli 11 incrociatori
leggeri della II, IV, VII e VIII Divisione, 7 “esploratori leggeri”
classe Navigatori, 18 cacciatorpediniere (le Squadriglie VII, VIII,
IX e X, più il Borea e lo Zeffiro), 30 torpediniere
(le Squadriglie IX, X, XI e XII, più le
vecchie Audace, Castelfidardo, Curtatone, Francesco
Stocco, Nicola
Fabrizi e Giuseppe
La
Masa ed
i quattro “avvisi scorta” della classe Orsa), 85 sommergibili e
24 MAS (Squadriglie IV, V, VIII, IX, X e XI), nonché le navi
scuola Cristoforo
Colombo ed Amerigo
Vespucci,
il panfilo di Benito Mussolini, l’Aurora, la
nave reale Savoia
e la nave bersaglio San
Marco.
La
X Squadriglia è inquadrata nella Flottiglia Torpediniere (capo
flottiglia il capitano di vascello Sergio Fontana,
sull’esploratore Nicoloso
Da Recco)
insieme alle Squadriglie IX (Astore, Spica, Canopo e Cassiopea),
XI (Castore, Centauro, Cigno, Climene)
e XII (Altair, Andromeda, Antares, Aldebaran).
1938
Assegnata
alla X Squadriglia Torpediniere, viene dislocata a Lero, dove rimane
fino al 1940, alle dipendenze del locale Comando Marina.
1940
Rientra
in Italia per un periodo di lavori.
9-15
giugno 1940
La
Sirio
e le più anziane torpediniere Curtatone
e Giacinto Carini
scortano i posamine Crotone e Fasana ed
i posamine ausiliari Giuseppe
Orlando ed Elbano
Gasperi,
impegnati nella posa di sbarramenti di mine al largo dell’isola
d’Elba.
10
giugno 1940
All’entrata
dell’Italia nella seconda guerra mondiale la Sirio forma,
insieme alle gemelle Perseo,
Vega e Sagittario,
la X Squadriglia Torpediniere, di base a La Spezia. (Per una fonte
sarebbero state aggregate alla squadriglia anche le ben più vecchie
torpediniere Giacinto
Carini
e Giuseppe
La
Masa).
Agosto
1940
Assume
il comando della Sirio
il capitano di corvetta Giovanni Dessy, 36 anni, da Oristano, che lo
manterrà fino a dicembre.
29
agosto 1940
La
Sirio
parte da Palermo alle sette per scortare a Tripoli il piroscafo San
Giovanni
Battista
e la pirocisterna Marangona.
31
agosto 1940
Il
convoglio giunge a Tripoli alle 23.30.
12
settembre 1940
La
Sirio
e le gemelle Centauro
e Sagittario
salpano da Bengasi alle 16 per scortare a Palermo, via Tripoli, i
piroscafi Sardegna
e Zena.
14
settembre 1940
Il
convoglio arriva a Palermo alle 15.30.
7
ottobre 1940
La
Sirio
lascia Palermo alle 18 per scortare a Tripoli la motonave Giulia.
9
ottobre 1940
Sirio
e Giulia
arrivano a Tripoli alle dieci.
16
ottobre 1940
Parte
da Tripoli alle 18 per scortare a Palermo i piroscafi Aquitania,
Capo
Vita
e Luigi
Rizzo.
18
ottobre 1940
Il
convoglio arriva a Palermo alle 16.30.
6
novembre 1940
La
Sirio
salpa da Tripoli alle 17 per scortare a Palermo il piroscafi Sirena
e la cisterna militare Ticino.
9
novembre 1940
Alle
21 il convoglio entra a Trapani, dove sosta.
11
novembre 1940
Il
convoglio giunge a Palermo alle 16.30.
26
novembre 1940
La Sirio
(capitano di corvetta Giovanni Dessy), con le
gemelle Alcione (tornata
a Trapani dopo un’ora perché colta da avaria), Vega
(capitano di corvetta Giuseppe Fontana) e Sagittario
(capitano di corvetta Edoardo Greppi), lascia Trapani alle 17 per
compiere un rastrello notturno nel canale di Sicilia ed incrociare
sino all’alba al largo di Capo Bon, a contrasto dell’operazione
britannica «Collar». Supermarina ha disposto questa uscita perché
ritiene che le forze britanniche siano uscite in mare per lanciare
attacchi aerei contro le basi italiane (è ancora fresca la ferita
della “notte di Taranto”), mentre in realtà «Collar» consiste
nell’invio di due mercantili con rifornimenti a Malta ed uno ad
Alessandria; i tre bastimenti, Clan Forbes, Clan
Fraser (diretti
a Malta) e New
Zealand
Star
(diretto ad Alessandria), formano il convoglio ME. 4, partito da
Gibilterra e scortato dalla Forza F
(incrociatori Manchester e Southampton,
cacciatorpediniere Hotspur,
corvette Gloxinia, Peony, Salvia e Hyacinth:
i due incrociatori trasportano anch’essi 1400 soldati ed avieri
diretti in Egitto, mentre le corvette dovranno poi dislocarsi nel
Mediterraneo orientale). A copertura del convoglio è salpata da
Gibilterra anche la Forza B del viceammiraglio James Somerville,
composta dall’incrociatore da battaglia Renown,
dalla portaerei Ark
Royal,
dagli incrociatori Sheffield e Despatch e
dai
cacciatorpediniere Firedrake, Forester, Fury, Faulknor, Encounter, Duncan, Wishart, Kelvin e Jaguar,
mentre da Alessandria è salpata quasi tutta la Mediterranean Fleet
dell’ammiraglio Andrew Browne Cunningham, divisa in vari gruppi: la
Forza D (corazzata Ramillies,
incrociatore pesante Berwick ed
incrociatore leggero Newcastle,
usciti da Alessandria nel pomeriggio del 24 per trasferirsi a
Gibilterra; incrociatore antiaerei Coventry e
cacciatorpediniere Hereward, Defender, Gallant, Griffin e Greyhound,
che li accompagneranno fino a sud della Sardegna, quando assumeranno
la scorta di un convoglio proveniente da Gibilterra), la Forza A
(corazzate Valiant e Warspite,
portaerei Illustrious,
incrociatori leggeri Ajax, Orion e Sydney e
vari cacciatorpediniere, uscita in mare per proteggere la navigazione
di un convoglio da Alessandria a Suda; l’Illustrious deve
anche lanciare un attacco aereo contro Rodi), la Forza C
(corazzate Barham e Malaya e
portaerei Eagle,
incaricate di fornire copertura alla Forza D e di lanciare un attacco
aereo contro Tripoli) e la Forza E
(incrociatori York, Glasgow e Gloucester,
di scorta al convoglio MW. 4 diretto a Malta).
Le
Forze C e D sono partite da Alessandria il mattino del 23, entrando
in Egeo dal Canale di Caso, passando poi per il canale di Cerigo e
raggiungendo Malta il mattino del 26; strada facendo, l’Eagle
ha lanciato otto aerei che hanno condotto l’incursione contro
Tripoli. Nel pomeriggio del 26 la Forza C ha assunto la scorta di un
convoglio composto da cinque mercantili diretti ad Alessandria e Port
Said, con la scorta diretta dell’incrociatore antiaerei Calcutta
e di tre cacciatorpediniere. Il convoglio ME. 4 è entrato in
Mediterraneo nella notte tra il 24 ed il 25 novembre, venendo
raggiunto dalla Forza F all’alba del 25, ad est di Gibilterra; la
Forza B è salpata da Gibilterra alle otto del mattino del 25, e lo
stesso giorno è uscita da Alessandria la Forza A, congiuntasi nel
pomeriggio con la Forza E, già in mare per un’esercitazione
(quest’ultima ha poi assunto la scorta del convoglio MW. 4, partito
da Alessandria per Malta il 25 novembre). Entrata anch’essa in Egeo
dal Canale di Caso, nella notte tra il 25 ed il 26 la Forza A ha
distaccato l’Illustrious
per condurre l’attacco aereo contro Portolago (Lero), mentre il
resto della formazione è proseguito per Suda, dove i
cacciatorpediniere si sono riforniti. Ripartita nella notte del 26,
la Forza A ha attraversato il Canale di Cerigo per giungere
l’indomani in un punto prestabilito 160 miglia ad est di Malta,
dove deve attendere le navi in arrivo a Gibilterra per scortarle ad
Alessandria. La Forza D è ripartita da Malta a mezzogiorno del 26
per unirsi alla Forza B a mezzogiorno del 27, a sud della Sardegna,
per poi raggiungere Gibilterra.
Supermarina
ha saputo dell’uscita da Gibilterra delle navi di Somerville il
mattino stesso del 25, da informatori appostati in loco (che hanno
parlato della partenza del Renown,
dell’Ark
Royal,
di tre incrociatori tipo Birmingham, di un incrociatore tipo Delhi e
di otto cacciatorpediniere alle 8.25, diretti verso ovest), mentre
alle 11.30 dello stesso giorno un aereo civile di linea italiano, in
volo dall’Italia alla Libia, ha avvistato la Forza D (identificata
come dieci navi tra cui una portaerei e probabilmente una corazzata,
con rotta 330°) a circa 150 miglia per 110° da Malta. Sono stati
dunque ordinati la messa in allarme delle Piazze militari marittime
della Libia e delle basi di Taranto, Napoli, Messina e La Spezia, la
momentanea sospensione del traffico con la Libia, l’invio di
sommergibili in agguato nel Canale di Sicilia e nelle acque attorno a
Malta, l’approntamento delle due squadre navali, l’invio di
torpediniere e MAS a pattugliare il Canale di Sicilia e ricognizioni
aeree per avere aggiornamenti sugli spostamenti dell’avversario.
A
contrasto dell’operazione britannica escono in mare da Napoli e
Messina, nella tarda mattinata del 26, le corazzate Vittorio
Veneto
(nave di bandiera dell’ammiraglio Inigo Campioni, comandante della
1a
Squadra Navale e comandante superiore in mare) e Giulio Cesare,
l’incrociatore pesante Pola
(nave di bandiera dell’ammiraglio Angelo Iachino, comandante della
2a
Squadra Navale), la I Divisione Navale (incrociatori pesanti
Fiume e Gorizia),
la III Divisione Navale (incrociatori pesanti Trento,
Trieste
e Bolzano)
e le Squadriglie Cacciatorpediniere VII (Freccia, Saetta e Dardo),
IX (Alfieri, Oriani, Gioberti, Carducci),
XII (Ascari,
Lanciere,
Corazziere,
Libeccio)
e XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino).
Questa forza navale ha l’incarico di intercettare la squadra
britannica uscita da Gibilterra, ritenuta la più grande ed
importante: ne scaturirà, il giorno seguente, l’inconclusiva
battaglia di Capo Teulada. Contro le forze navali britanniche
provenienti dal Mediterraneo orientale, invece, è stato disposto
l’invio nel Canale di Sicilia della Sirio
e delle altre torpediniere della X Squadriglia.
27
novembre 1940
Alle
00.33, al largo di Capo Bon, la Sirio è
la prima nave italiana ad avvistare le navi nemiche, e precisamente
la Forza D, composta dalla corazzata Ramillies,
dagli incrociatori Newcastle, Coventry e Berwick e
da cinque cacciatorpediniere: andata subito all’attacco, lancia due
siluri da 1800 metri di distanza, senza risultato (secondo la maggior
parte delle fonti i britannici non si sarebbero neanche accorti di
essere stati attaccati, anche se poco dopo il comando navale di
Alessandria informò l’ammiraglio Somerville, comandante della
Forza H, che probabilmente il passaggio della Forza D attraverso il
Canale di Sicilia era stato percepito da parte italiana; Vince O’Hara
afferma invece nel suo “Struggle for the Middle Sea” che le
vedette di almeno una nave britannica avrebbero avvistato la Sirio,
ma non avrebbero aperto il fuoco per evitare di rivelare la propria
posizione). Alle 00.55 la torpediniera lancia poi il segnale di
scoperta, comunicando l’avvistamento di sette unità di tipo
imprecisato, una delle quali di grandi dimensioni, in navigazione da
est verso ovest (per altra fonte, verso nordovest), che però viene
ricevuto in ritardo da Vega e Sagittario,
che non sono così in grado di tentare a loro volta
l’attacco. Lo riceve invece subito la corazzata Vittorio
Veneto,
nave ammiraglia dell’ammiraglio Campioni; Supermarina, sulla base
del segnale di scoperta della Sirio,
compila un telecifrato trasmesso alle 3.25 sia a Campioni – che lo
avrebbe ricevuto alle cinque del mattino – che all’ammiraglio
Iachino, con cui li informa che alle 00.30 una forza navale formata
da almeno sette navi di tipo imprecisato si trovava vicino a Capo
Bon, con rotta nordovest, ordinando di condurre esplorazione aerea in
zona all’alba (Campioni deduce correttamente che il gruppo
attaccato dalla Sirio
deve congiungersi con la Forza H, che sa essere salpata da Gibilterra
il 25 diretta verso est; dopo la notizia dell’avvistamento della
Sirio,
fa lanciare i ricognitori imbarcati sulle sue navi per cercare la
flotta avversaria). (Secondo “The Littorio Class” di Erminio
Bagnasco ed Augusto De Toro, anche i britannici avrebbero
intercettato il segnale di scoperta della Sirio,
apprendendo così di essere stati avvistati).
Le torpediniere
rientrano a Trapani tra le 8.40 e le dieci del mattino, ed il
comandante della Sirio
precisa che tre delle sette unità avvistate apparivano “piuttosto
grandi”, ed una in particolare era di dimensioni “vistose”.
Nel
pomeriggio, però, Supermarina ordina al Comando Militare Marittimo
della Sicilia di replicare il rastrellamento notturno nel Canale di
Sicilia anche per la notte tra il 27 ed il 28, aggiungendo che le
torpediniere dovranno irradiarsi per rastrellare alle 19.30. Alle
17.05, pertanto, Sirio,
Sagittario
e Vega (capogruppo,
capitano di corvetta Giuseppe Fontana) lasciano di nuovo Trapani
assieme ad una quarta torpediniera, la Calliope
(capitano di corvetta Ludovico Puleo).
Giunte
sul punto d’irradiamento alle 20.50, le quattro torpediniere
iniziano il rastrellamento alle 21.30 (dopo essere arrivate sulla
base di ricerca ad intervalli medi di cinque miglia, con, da nordest
a sudovest, Sagittario, Sirio, Vega e Calliope),
procedendo a dodici nodi su rotta 275° (verso ovest). Alle 22.50,
giunte sul meridiano di Capo Bon, le navi invertono la rotta, ed alle
23.34 è la Sagittario (l’unità
che si trova più a nord) a lanciare il segnale di scoperta: undici
navi nemiche (tre grossi cacciatorpediniere, seguiti da cinque
incrociatori, il tutto in linea di fila, più altri cinque
cacciatorpediniere più piccoli che fiancheggiano a sinistra gli
incrociatori) apparse a poppa della torpediniera, con rotta stimata
120° e velocità 18 nodi, come aggiunto poco dopo dalla nave.
La Sagittario tenta
di portarsi in posizione per attaccare con i siluri, ma viene
scoperta e messa in fuga dai cacciatorpediniere britannici, che la
inseguono per un’ora e mezza.
Alle
23.40 è la Sirio ad
avvistare sulla sinistra le sagome di alcuni cacciatorpediniere,
distanti 2500-3000 metri ed in navigazione a 16-18 nodi su rotta
120°; il comandante Dessy apprezza che si tratti di sette od otto
cacciatorpediniere che procedono in linea di rilevamento a poca
distanza l’uno dall’altro, come se fossero impegnati nel
dragaggio in corsa. Decide allora di lasciarsi scadere,
nell’intenzione di attaccare eventuali navi maggiori che li
seguano; incrementata la velocità a 16 nodi, la Sirio
si porta sul lato opposto della formazione dei cacciatorpediniere,
avvistandone altri tre.
28
novembre 1940
Alle
00.08 uno dei cacciatorpediniere britannici sembra lanciare dei
siluri contro la Sirio,
che vede passare tre scie a poppa ad un centinaio di metri di
distanza; tutti e tre gli ultimi cacciatorpediniere avvistati mettono
la prua sulla torpediniera, che si ritira a tutta forza verso
Marettimo fino alle 00.40, quando si rende conto di non essere più
inseguita e riduce la velocità. All’1.05 la Sirio
dirige nuovamente verso la zona in cui ha avvistato il nemico, a 14
nodi; alle 2.30 effettua un pendolamento per ovest-nordovest, ed alle
cinque del mattino dirige definitivamente verso Marettimo, senza
avvistare più niente. Alle sette del mattino si riunisce sotto
Marettimo con Vega
(la cui manovra d’attacco è stata frustrata da un cambio di rotta
del bersaglio quando stava per lanciare i siluri) e Calliope
(che ha lanciato senza successo), e verso le nove si ormeggia a
Trapani.
La
formazione attaccata dalle torpediniere italiane era la Forza F del
viceammiraglio Lancelot E. Holland, con gli incrociatori
leggeri Manchester
(nave ammiraglia), Southampton e Coventry,
e la 13th Destroyer
Flotilla (capitano di vascello Arthur Dyke Beauchamp James) con i
cacciatorpediniere Duncan, Defender, Gallant, Hereward ed Hotspur,
oltre alle corvette Peony, Salvia, Gloxinia e Hyacinth.
A
motivazione dell’insuccesso vengono addotti l’eccessiva
produzione di fumo quando la velocità supera i 20 nodi (causata
dall’usura delle caldaie delle torpediniere, continuamente in moto
per la scorta ai convogli), che ha facilitato l’avvistamento da
parte delle navi nemiche, e la mancanza di affiatamento tra le unità
del gruppo, tutte torpediniere provenienti da diverse formazioni
(benché formalmente appartenenti alla stessa squadriglia, la X) e
messe insieme per l’occasione: per il futuro, infatti, il Comando
Militare Marittimo della Sicilia proporrà, se possibile, di tenere
per le operazioni di rastrellamento qualche squadriglia sempre
pronta, pienamente efficiente e con buon affiatamento tra le unità.
31
dicembre 1940
La
Sirio
rileva a Trapani la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere (Ugolino
Vivaldi, Antonio
Da Noli, Lanzerotto
Malocello,
Luca
Tarigo)
nella scorta ai trasporti truppe Esperia,
Conte
Rosso
e Marco
Polo,
di ritorno dalla Libia e diretti a Napoli.
1°
gennaio 1941
Il
convoglio giunge a Napoli alle undici.
27
gennaio 1941
La
Sirio
salpa da Palermo alle 8.30 di scorta ai piroscafi Motia
e Delfin,
diretti in Libia. Li scorta però solo fino a Trapani, dove viene
rilevata dalla gemella Aldebaran
(tenente di vascello Osvaldo Pappaianni). (Per altra fonte, la Sirio
sarebbe rimasta con l’Aldebaran
ed il convoglio – che oltre a Motia
e Delfin
avrebbe compreso anche il piroscafo Maria
Adelaide
– fino a Kelibia, dove venne sostituita dalla torpediniera Orione).
7
aprile 1941
Assume
il comando della Sirio
il capitano di corvetta Giorgio Manuti, 31 anni, da Barletta.
|
Il capitano di corvetta Giorgio Manuti nel 1941 (g.c. Giovanni Pinna) |
12
aprile 1941
Alle
19.30 la Sirio e
la gemella Climene salpano
da La Spezia per scortare a Brindisi l’incrociatore leggero Alberto
Di Giussano.
13
aprile 1941
Alle
21 la formazione attraversa lo stretto di Messina, ed alle 23 si
unisce alla scorta anche la torpediniera Giuseppe
Dezza,
che rimane in formazione fino all’altezza di Punta Stilo.
14
aprile 1941
Alle
11.09, in Mar Ionio, viene avvistato l’incrociatore leggero Muzio
Attendolo,
con quattro cacciatorpediniere di scorta, che si unisce al gruppo
del Di Giussano.
La formazione giunge a Brindisi alle 16.50, ormeggiandosi alle boe
entro recinti di reti parasiluri. (La Sirio
risulterebbe però essere stata inviata invece a Taranto, forse per
rifornirsi).
L’indomani
mattina, le unità partecipano ad un violento tiro di sbarramento
eseguito contro velivoli nemici che sorvolano Brindisi.
15
aprile 1941
Al
largo di Brindisi la Sirio
assume la scorta dei piroscafi Armando
e Loreto,
adibiti a traffico civile, partiti da Bari alle 20.15 e diretti a
Durazzo.
16
aprile 1941
Il
convoglio giunge a Durazzo alle 16.25.
17
aprile 1941
La
Sirio
lascia Durazzo alle 5.30 per scortare in Italia i piroscafi vuoti
Nennella,
Silvano
ed Esterina
e la piccola motonave Carlotta,
anch’essa scarica.
18
aprile 1941
Il
convoglio giunge a Bari alle 3.30.
20
aprile 1941
Salpa
da Brindisi alle 2.15 per scortare a Valona, dove arrivano alle
11.15, i piroscafi Lido
e Peppino
Palomba
e la motonave Filippo
Grimani,
aventi a bordo in tutto 176 tonnellate di materiali del Genio, 919,5
tonnellate di munizioni e 402 tonnellate di materiali vari.
5
maggio 1941
La
nave, inquadrata nella I Squadriglia Torpediniere insieme alle
similari Alcione, Aldebaran e Sagittario,
viene posta alle dipendenze del nuovo Comando Gruppo Navale dell’Egeo
Settentrionale (Marisudest, retto dal capitano di vascello Corso
Pecori Giraldi), avente sede ad Atene ed attivo in Egeo in
cooperazione con la Kriegsmarine.
|
Sirio (a destra) e Sagittario appena giunte al Pireo dall’Italia dopo la conquista della Grecia, in una foto scattata in occasione di una rivista di navi ed equipaggi di Marisudest da parte dell’ammiraglio Karlgeorg Schuster, comandante delle forze navali tedesche in Egeo. Sulla destra è visibile il relitto affiorante di un natante affondato (da “La battaglia di Creta” di Francesco Mattesini) |
8?
maggio 1941
Sirio
e Sagittario
salpano da Gallipoli per scortare a Patrasso i piroscafi Avionia
e Padenna,
carichi di carburante e munizioni destinate all’operazione
"Merkur", la conquista tedesca di Creta.
10
maggio 1941
Il
convoglio giunge a Patrasso. Da qui dovrebbe proseguire per il Pireo,
ma il canale di Corinto, sabotato dagli Alleati prima della sua
conquista da parte dei paracadutisti tedeschi, non è ancora stato
riaperto alla navigazione, pertanto il carico dei due piroscafi
dev’essere sbarcato a Patrasso, da dove prosegue via terra.
14
maggio 1941
Sirio,
Sagittario
ed Alcione
salpano da Patrasso per scortare al Pireo la nave cisterna Rondine,
carica di 8000 barili di benzina avio destinati ai reparti aerei
della Luftwaffe che prenderanno parte alla conquista di Creta (ben
500 aerei da trasporto Junkers Ju 52, che dovranno effettuare fino a
dieci voli per aereo, in ognuno dei quali consumano duemila litri di
benzina). La Rondine,
che si è danneggiata l’elica due giorni prima durante la manovra
di ormeggio, non è però in grado di procedere, e deve rientrare a
Patrasso e sbarcarvi il suo carico, che sarà poi fatto proseguire
via terra.
16
maggio 1941
Sirio
e Sagittario,
precedute dal dragamine ausiliario DM
16 Ichnusa,
sono le prime navi a percorrere il Canale di Corinto appena riaperto
alla navigazione dopo la rimozione delle ostruzioni (ponti crollati
ed una chiatta affondata) che bloccavano il passaggio. Per primo
entra l’Ichnusa,
poi la Sirio,
seguita dalla Sagittario;
imboccato il canale nel pomeriggio, le tre navi ne escono alle 17.40,
raggiungendo il Pireo meno di un’ora dopo.
18
maggio 1941
La
Sirio
parte dal Pireo alle 21, scortando un convoglio di una ventina di
caicchi carichi di truppe tedesche da sbarcare sulla costa
nordoccidentale di Creta, vicino a Maleme: sta per prendere il via
l’operazione "Merkur", la conquista tedesca di Creta. Il
piano per l’assalto dell’isola, che avrà inizio il 20 maggio,
prevede inizialmente una serie di lanci di paracadutisti (i famosi
Fallschirmjäger) della 7. Flieger-Division che avranno il compito di
impadronirsi degli aeroporti di Maleme ed Iraklion, conquistati i
quali ulteriori rinforzi, appartenenti alla 5. Gebirgs-Division
(truppe da montagna), vi verranno fatti affluire il giorno seguente
mediante aerei da trasporto. Contemporaneamente o successivamente a
queste truppe, altri rinforzi – in tutto settemila uomini, sempre
della 5. Gebirgs-Division – dovranno giungere via mare, in due
convogli: uno dovrà sbarcare le truppe presso Maleme, l’altro, più
numeroso, presso Iraklion. Tali truppe saranno trasportate da
un’eterogenea flottiglia di circa una cinquantina tra
motopescherecci e motovelieri, più alcuni rimorchiatori e
piroscafetti (altra fonte parla di un totale di sette piroscafi e 63
motovelieri); ad assicurare la scorta dei due convogli, essendo la
presenza navale tedesca in Mediterraneo estremamente limitata,
dovranno essere delle torpediniere italiane, una per convoglio
(l’alto comando navale tedesco ha chiesto ed ottenuto da
Supermarina di porre a disposizione per l’operazione alcune unità
sottili di Marisudest). Ai comandanti delle torpediniere è affidata
la direzione militare e marinaresca durante la navigazione, ed a loro
soli spetta il comando e la relativa responsabilità durante la
navigazione; le torpediniere devono imbarcare un ufficiale tedesco
con compiti di capo convoglio (per il convoglio di Maleme, il
capitano di fregata Herbert Devantier, che prende per questo imbarco
sulla Sirio),
che però sarà subordinato al comandante italiano durante la
traversata, assumendo il comando solo nella fase di sbarco delle
truppe.
La
Sirio
è stata appunto destinata alla scorta del convoglio di Maleme, che
dovrà raggiungere la spiaggia designata per lo sbarco nel pomeriggio
del 20 maggio, mentre il convoglio di Iraklion (che invece dovrà
sbarcare le sue truppe il 22 maggio) è affidato alla gemella
Sagittario.
Dal Pireo i due convogli devono in un primo momento raggiungere Milo,
da dove poi proseguiranno per Creta.
Il
convoglio scortato dalla Sirio,
formatosi a Megara e denominato «leicht staffel Maleme», è
composto da ventidue piccole unità: quattro motovelieri italiani
(Adriatico,
Rosa,
Padre
Eterno
e Labor,
tutti sulle 50-60 tsl) con funzioni di dragamine ed ausilio alla
scorta, e diciotto navicelle greche requisite dai tedeschi, di cui
sette piroscafetti e motonavi con scafo in ferro ed undici unità con
scafo in legno, perlopiù motovelieri. Le unità greche,
contrassegnate dai tedeschi con le sigle S
2, S
3,
S 6, S
7, S
8, S
9, S
10, S
11, S
12, S
13, S
14, S
15, S
101, S
103, S
105, S
106, S
107, S
108 e
S
109,
non sono mai state identificate con assoluta certezza; tra di esse vi
erano sicuramente i piroscafetti passeggeri Nautilos
(S
101),
Kalydon
(S
103)
ed Ellaki
(S
106,
un ex panfilo), la piccola motonave da carico Stylianos
(S
105 o
S
107,
anch’essa un ex panfilo a vapore di fine Ottocento), i piroscafetti
da carico Ainos
(S
109,
originariamente costruito come mezzo da sbarco del tipo "X
lighter" per la campagna di Gallipoli durante la Grande Guerra:
a bordo ha 154 soldati tedeschi) e Georgios
S. Krinis
(S
108,
rimasto in porto per avaria di macchina e partito a rimorchio il
giorno seguente) ed i motovelieri Anastasia,
Antonios,
Angelos
(rimorchiato da un’altra unità per problemi ai motori),
Evangellistria
(S
3),
Evangellistria
(S
10,
omonimo del precedente), Agia
Marina
(S
7),
Agia
Trias
(S
8),
Chrysiis
(S
9
o S
11,
carico di fusti di benzina) e Velissarios
(S
15).
Probabilmente anche il piccolissimo (190 tsl) e vecchissimo
(costruito nel 1879!) piroscafetto passeggeri Vasiliki,
identificato da alcune fonti come l’S
105
(che da fonti tedesche sarebbe risultato chiamarsi “Papapopopiou
I”,
ma non risulta esistesse una nave greca con questo nome: è possibile
che il Vasiliki,
venduto poco prima dello scoppio della guerra, avesse assunto questo
nuovo nome). Senza nome è rimasto l’S
14,
che aveva a bordo 101 soldati tedeschi, una motocicletta ed un carico
di munizioni. Il tenente di vascello Albert Österlin, comandante
della flottiglia da trasporto, è imbarcato sul Rosa,
mentre sull’S
105
è imbarcato il comandante delle truppe, tenente colonnello Anton
Ehall.
Si
tratta di una flottiglia eterogenea, costituita da unità piccole,
lentissime e poco efficienti; la Seekriegsleitung ha espresso fin da
subito scetticismo sull’organizzazione di questa operazione,
avviata senza la certezza dell’assenza di forze navali britanniche
a nord di Creta, ed in vari documenti tedeschi la flottiglia viene
definita “flottiglia zanzara” e le imbarcazioni che la compongono
“gusci di noce”, appellativi quanto mai appropriati.
Non
disponendo la Kriegsmarine in Egeo di personale sufficiente ad armare
tutte queste navicelle, esse hanno mantenuto i loro equipaggi greci
(minacciando di fucilazione i tanti recalcitranti), posti però sotto
il comando di un ufficiale tedesco; sempre a cura della Kriegsmarine
le minuscole unità sono state munite di armamento contraereo, di
zattere e giubbotti salvagenti e di una scialuppa, che essendo troppo
grande per essere imbarcata su unità tanto piccole, viene invece
rimorchiata. Agli equipaggi greci è stato detto che la destinazione
è Salonicco.
La
Luftwaffe assicurerà la scorta aerea nelle ore diurne; l’arrivo
del convoglio (detto anche convoglio di ponente in quanto seguirà
una rotta più ad ovest di quello per Iraklion) a Maleme è previsto
per le 16 del 20 maggio. Sull’eterogenea flottiglia da sbarco hanno
preso posto 2331 soldati tedeschi, tra cui il terzo battaglione del
100. Gebirsjäger-Regiment (senza equipaggiamento pesante), due
batterie del I./Flak-Lehr-Abteilung e parte dello stato maggiore
della 7. Flieger-Division, con motociclette e rifornimenti.
In
origine il piano eLaborato
dall’ammiraglio Karlgeorg Schuster, comandante della Kriegsmarine
nel settore sud-est, prevede che il convoglio di Maleme, composto da
25 navicelle della 1a
Flottiglia con a bordo 2300 soldati della 5. Gebirgs-Division, giunga
a Maleme nel pomeriggio del 20 maggio (giorno "X"
dell’operazione "Merkur"), mentre quello di Heraklion,
composto da 38 navicelle della 2a
Flottiglia con a bordo 4000 soldati, dovrebbe arrivare a destinazione
il 21 maggio. Successivamente un convoglio di piroscafi di maggior
tonnellaggio, con a bordo mezzi corazzati ed artiglieria, partirà a
sua volta
dal Pireo per Creta. Tuttavia l’andamento ancora incerto dei
combattimenti a terra nella zona di Maleme e di Heraklion, e la
bassissima velocità del convoglio di Maleme (non più di due nodi)
che non dà la certezza che lo sbarco avverrebbe nelle ore diurne
(con il rischio che la Royal Navy, esperta nel combattimento
notturno, attacchi il convoglio ancora in navigazione od in procinto
di approdare), inducono a posticipare la partenza; rinvio di un solo
giorno, però, giacché la critica situazione dei paracadutisti rende
necessario l’immediato invio di un rinforzo. Naturalmente,
ventiquattr’ore non sono state certo sufficienti a risolvere i
problemi evidenziati.
La
Sirio
ed un mototrabaccolo del gruppo di Maleme in navigazione verso Milo,
il 19 maggio 1941 (tratta da “Kampf im die Ägäis”
di Peter Schenk, Mittler, 2000,
via Francesco De Domenico)
19
maggio 1941
Sirio
e convoglio arrivano a Milo nel pomeriggio, per poi ripartire alle 20
diretti a Creta (altra fonte parla delle 23 del 20 maggio, ma sembra
probabile un errore): poco dopo la partenza da Milo, tuttavia, la
Sirio
è colta da una grave avaria all’elica di dritta, che la obbliga a
lasciare il convoglio e dirigere su Lero per la sostituzione
dell’elica (anche sette delle navicelle sono costrette a tornare
indietro per varie avarie). Al suo posto verrà fatta uscire dal
Pireo l’indomani mattina la torpediniera Curtatone,
che però salterà su un campo minato poco dopo; alla fine alla
scorta del convoglio verrà destinata la torpediniera Lupo.
La notte successiva, questa si scontrerà con una soverchiante forza
navale britannica, che affonderà la maggior parte dei caicchi in una
confusa azione notturna.
23
giugno 1941
Scorta
la nave cisterna Albaro
dai Dardanelli
al Pireo.
3
luglio 1941
La Sirio
e le anziane torpediniere Castelfidardo
e Monzambano
scortano dal Pireo a Suda i piroscafi Pier
Luigi (italiano), Talowa e Delos (tedeschi)
e la nave cisterna tedesca Ossag,
aventi a bordo personale, materiale e carburante delle forze
tedesche.
18
luglio 1941
La
Sirio
e l’incrociatore ausiliario Città
di Genova scortano dal
Pireo a Iraklion i piroscafi tedeschi Delos e Cordelia,
con personale e materiali tedeschi.
21
luglio 1941
Scorta
il piroscafo Pier Luigi,
con a bordo personale militare, da Suda al Pireo.
23
luglio 1941
Insieme
al rimorchiatore di salvataggio Hercules,
la Sirio
partecipa ai tentativi di disincaglio della nave ospedale Gradisca,
arenatasi il 17 luglio su un banco sabbioso al largo di Capo Kara
(Grecia). Dopo essere stata alleggerita di tutti i pesi sbarcabili,
la Gradisca
viene infine disincagliata a mezzogiorno del 23 luglio, con l’aiuto
di pompe aspiranti che liberano la prua dalla presa della sabbia.
13
agosto 1941
Scorta
la nave cisterna Superga
dal Pireo ai Dardanelli.
(Il volume USMM "La difesa del traffico con l’Albania, la
Grecia e l’Egeo" annota riguardo la Superga
“provenienza Mar Nero”,
ma essendo la rotta dal Pireo ai Dardanelli
sembra piuttosto che il Mar Nero dovesse essere la destinazione: a
meno che l’errore non stesse invece nella descrizione del percorso,
che sarebbe allora Dardanelli-Pireo).
|
Il comandante Manuti a bordo della Sirio (Archivio Centrale dello Stato) |
15
agosto 1941
La
Sirio
scorta in Egeo il piroscafo tedesco Bulgaria.
Alle 11.05 il sommergibile britannico Thrasher
(capitano di corvetta Patrick James Cowell) avvista un biplano FIAT
sopra il Canale di Zea, e, prevedendo che a breve arriverà da quella
direzione un convoglio di cui il velivolo costituisce la scorta
aerea, vira verso est. Alle 11.20 il sommergibile avvista infatti del
fumo nel canale di Mandri, e si dirige in quella direzione; avvista
poco dopo Bulgaria
e Sirio,
identificando correttamente per nome la nave tedesca, ma scambiando
la Sirio
per un più grande cacciatorpediniere della classe Folgore. Alle
11.58, in posizione 37°36' N e 24°03' E (al largo di Capo Sounion),
il Thrasher
lancia quattro siluri contro il Bulgaria,
per poi ritirarsi verso sudest, rilevando lanci a intermittenza di
bombe di profondità fino alle 12.46. I siluri non vanno a segno.
18
agosto 1941
Il
capitano di corvetta Manuti lascia il comando della Sirio.
23
agosto 1941
La
Sirio
scorta dal Pireo a Suda i piroscafi tedeschi Delos
e Salzburg,
con a bordo personale e materiale della Wehrmacht.
4
settembre 1941
In
mattinata la Sirio
salpa dal Pireo per scortare fin davanti ai Dardanelli
la nave cisterna Maya,
in zavorra, e la motonave mista romena Balcic,
dirette in Mar Nero e più precisamente in Romania, dove dovranno
imbarcare nafta romena e quindi tornare in Mediterraneo. La Sirio li
deve scortare fino all’imbocco dello stretto dei Dardanelli,
non potendo proseguire oltre in base alle regole della convenzione di
Montreux.
5
settembre 1941
Alle
6.55 il sommergibile britannico Perseus (capitano
di corvetta Edward Christian Frederick Nicolay), in agguato nell’Egeo
settentrionale, avvista a sette miglia di distanza verso sud
Maya e Balcic,
di cui stima la rotta come 032°. Avvicinatosi per attaccare, alle
7.16 il Perseus identifica
la Balcic (per
altra fonte, l’avrebbe invece scambiata per la motonave Balero)
e nota la presenza della Sirio,
ma questo non lo induce a desistere dall’attacco: alle 7.33 il
battello britannico, in posizione 39°45' N e 25°51' E (circa 5-6
miglia a sudovest di Tenedos; per altra fonte due miglia a sud
dell’isola), lancia quattro siluri contro la Maya,
la nave più vicina, da una distanza di 4660 metri.
Alle
7.40 (per altra fonte 7.35 o 7.45) la Maya
viene colpita da un siluro a centro nave; il Perseus
la vede sbandare ed accostare a sinistra (ed osserva anche “un
sacco di fumo” levarsi dal centro della Balcic,
che in realtà è indenne), poi scende in profondità per sottrarsi
alla reazione della scorta. La Sirio,
infatti, passa immediatamente al contrattacco, sottoponendo il
sommergibile a caccia con bombe torpedini da getto (l’equipaggio
del Perseus
ne conta quattro), ma queste scoppiano lontane dal sommergibile,
senza fare danni. Poi, la torpediniera provvede poi al recupero
dell’equipaggio della Maya,
che frattanto ha abbandonato la nave; vi è stata un’unica vittima
tra i 23 uomini imbarcati sulla petroliera.
Alle
8.36 il Perseus torna
a quota periscopica; avvista un idrovolante Heinkel, forse turco, ad
un paio di miglia di distanza, e vedendo la Maya ferma
e sbandata di 50 gradi a sinistra – col trincarino già sott’acqua
– ed abbandonata dall’equipaggio ma ancora a galla, le lancia un
altro siluro per darle il colpo di grazia, da una distanza di 3200
metri. La Sirio avvista
l’arma e l’evita con la manovra, ed essa manca anche il bersaglio
prescelto (Nicolay ipotizzerà che il siluro abbia mancato a causa di
mulinelli
d’acqua prodottisi tra il sommergibile e la nave cisterna); la
torpediniera torna quindi al contrattacco con il lancio di altre
tredici bombe di profondità (l’ultima delle quali lanciata alle
8.55, seguita da una piccola esplosione rilevata dal Perseus
su rilevamento 030°), nessuna delle quali, tuttavia, esplode vicino
al sommergibile (le più vicine, ritenute probabilmente essere un
pacchetto di quattro lanciate all’estremità della scia, esplodono
a circa mezzo miglio di distanza).
Nonostante
il pauroso sbandamento a sinistra, la Maya stenta
ad affondare: non essendo però possibile prenderla a rimorchio,
la Sirio deve
accelerarne l’affondamento a cannonate. (Per altra versione, la
nave rimase inizialmente a galla e la Sirio riuscì
a prenderla a rimorchio ed a tentare di trainarla; essendo però
evidente che la Maya non
era salvabile, il comandante della torpediniera dovette rassegnarsi
ed ordinare di finirla a cannonate. Qualche sito afferma che la Maya
venne portata all’incaglio, ma si tratta di un errore). La
petroliera s’inabissa infine alle dieci del mattino nel punto
39°43' N e 25°57' E, sei miglia a sudovest dell’isola di Tenedos
e 22 miglia a nordovest di Lesbo. La Sirio
riprende poi la navigazione insieme alla Balcic.
(Il Perseus,
tornato a quota periscopica alle 9.37, non vede più i mercantili ed
avvista una densa nube di fumo su rilevamento 060°, che ritiene
trattarsi della Sirio
che si allontana ad alta velocità).
8
settembre 1941
La
Sirio
ed il cacciatorpediniere Francesco
Crispi scortano le motonavi
Calino
e Calitea,
con a bordo 1182 militari delle tre armi e 560 tonnellate di
materiali vari e derrate per la popolazione civile, dal Pireo a Rodi.
15
settembre 1941
La
Sirio
e la gemella Alcione
scortano i piroscafi tedeschi Arcadia
e Salzburg
e l’italiano Caterina
Madre
(noleggiato dal comando tedesco), con personale e materiale tedeschi,
dal Pireo a Suda.
5
ottobre 1941
Sirio,
Alcione
ed il MAS
539
scortano il piroscafo italiano Andrea Contarini ed il tedesco Ithaka,
con a bordo personale e materiali sia italiani che tedeschi, dal
Pireo a Kavaliani.
6
ottobre 1941
Sirio
ed Alcione
scortano i piroscafi tedeschi Ithaka
e Delos,
con personale e materiale delle forze germaniche, da Kavaliani ad
Iraklion.
7
ottobre 1941
Sirio
ed Alcione
scortano l’Ithaka
ed il Caterina Madre
da Iraklion a Suda, con personale e materiale tedeschi.
8
ottobre 1941
Sirio
ed Alcione
scortano da Suda al Pireo il Caterina
Madre ed il piroscafo
tedesco Santa Fe,
con personale e materiali tedeschi.
15
ottobre 1941
Sirio,
Alcione
ed il cacciatorpediniere Quintino
Sella scortano dal Pireo a
Salonicco le navi cisterna Torcello
(italiana), Burgas
(bulgara) e Petrakis Nomikos
(tedesca) ed il piroscafo tedesco Artemis
Pitta dal Pireo a
Salonicco.
Alle
8.50 il sommergibile britannico Thunderbolt
(capitano di corvetta Cecil Bernard Crouch) avvista il convoglio di
cui fa parte la Sirio
in posizione 37°40' N e 23°51' E (al largo dell’isolotto di
Arsida, tra Phleva e Capo Sounion); portatosi all’attacco (si trova
tra le navi e la terraferma, a circa un miglio dalla costa), alle
9.53 lancia tre siluri contro una nave cisterna valutata in 6000 tsl
(probabilmente la Petrakis
Nomikos), da appena 600
metri di distanza. Nonostante la ridotta distanza, nessuno dei siluri
va a segno (almeno uno ha corsa irregolare); un velivolo tedesco
della scorta aerea avvista la scia di un siluro, e l’Alcione
si porta subito al contrattacco, lanciando bombe di profondità sul
punto di origine della scia meno di cinque minuti dopo il lancio.
Anche l’aereo tedesco attacca il sommergibile con bombe
(l’equipaggio del Thunderbolt,
da parte sua, rileva dieci esplosioni di bombe di profondità tra le
9.58 e le 10.31; alcune esplodono vicine, causando qualche danno,
specialmente alla cupola del sonar). L’Alcione
prosegue l’azione antisom fino a mezzogiorno, quando viene rilevata
da due MAS e si riunisce al convoglio, non prima di aver recuperato
uno dei siluri del Thunderbolt,
rimasto a galla senza testata.
18
ottobre 1941
Sirio
ed Alcione
scortano Torcello
e Petrakis Nomikos
dal Pireo a Salonicco (?).
|
La Sirio ad Iraklion (da “Die Kriegsmarine in der Ägäis im II. Weltkrieg 1941-1944” di Byron Tesapsides, via Francesco De Domenico e Forum Regia Marina) |
25
ottobre 1941
In
mattinata Sirio
e Sella
salpano dal Pireo per scortare a Candia (per altra fonte, a Suda) i
piroscafi Sant'Agata
e Monrosa,
aventi a bordo uomini, quadrupedi e materiali della 51a
Divisione Fanteria "Siena", in corso di trasferimento dalla
Morea a Creta per rinforzare la guarigione dell’isola.
Alle
12.45 il convoglio, mentre procede sulla rotta di sicurezza tra le
isole di Gaidaro e Phleva (con rotta vera 142°) e sta per incrociare
un convoglio minore composto dal piroscafo Fanny
Brunner e dalla
torpediniera Libra,
partiti da Lero, viene avvistato dal sommergibile britannico Triumph,
al comando del capitano di corvetta Wilfrid John Wentworth Woods.
Il Triumph
avvista il convoglio, proveniente dalla direzione di Phleva, a
poppavia sinistra; Woods ne stima la composizione come due piroscafi
di 6000 tsl, alti sull’acqua e dunque poco carichi, scortati da un
cacciatorpediniere classe Sauro o simile (il Sella)
ed una torpediniera classe Spica (la Sirio),
oltre ad un velivolo di scorta aerea. Al contempo avvista a prora
sinistra anche il convoglio Libra-Fanny
Brunner, in navigazione con
rotta opposta all’altro vicino alla costa di Gaidaro, identificando
le due navi come un mercantile di 4000 tsl ed una torpediniera,
ritenuta forse essere la Monzambano
(in realtà alquanto differente dalla Libra).
Il sommergibile manovra per attaccare la nave che procede in testa al
convoglio, cioè il Monrosa;
Woods intende lanciare otto siluri, quattro contro ognuno dei due
piroscafi, ed alle 13.16, dalla distanza di 3200 metri, ordina il
lancio dei primi quattro, contro il Monrosa.
Alle
13.18, proprio mentre il comandante britannico sta abbassando il
periscopio, il velivolo tedesco che costituisce la scorta aerea (da
parte italiana risulterebbe invece che la scorta aerea fosse
costituita da un idrovolante CANT Z. 501) scende in picchiata e
lancia tre bombe contro il Triumph,
arrecandogli lievi danni e costringendolo ad immergersi in profondità
(dapprima 37 e poi 46 metri) ed a rinunciare ad attaccare anche
il Sant'Agata,
ma pochi secondi dopo il Monrosa,
che ha avvistato scie di siluri ma non ha manovrato abbastanza
prontamente per evitarli, viene colpito al centro da almeno un
siluro, forse due, mentre altri tre esplodono in costa, sul vicino
isolotto di Arsida. Scosso dallo scoppio delle caldaie, il piroscafo
affonda rapidamente di poppa, inabissandosi alle 13.30 nel punto
37°41' N e 23°53' E, tra Gaidaro e Phleva (nel golfo di Atene,
circa tre miglia a nordovest dell’isola di Patroclo ed al largo
dell’isola di Hydra), portando con sé 148 dei 265 uomini a bordo.
Il Sella,
vista apparire una bolla nel punto in cui sono cadute le bombe
dell’aereo, si porta sul posto alla massima velocità, getta 19
bombe di profondità e lancia in mare un segnale; lo raggiunge poi
la Libra,
che risale la scia di un siluro con rilevamento 230°, poi accosta
leggermente a dritta verso il punto in cui due ricognitori continuano
a scendere in brusche e reiterate picchiate. Poco prima di arrivare
sul luogo, la Libra vede
due grosse bolle d’aria a proravia e lancia su quel punto sette
cariche di profondità, poi inverte la rotta e lancia altre due bombe
da 100 kg sull’ampia chiazza di nafta frattanto apparsa in
superficie. La Sirio,
che si trovava sul lato settentrionale del convoglio, raggiunge la
zona in cui si presume essere il battello, lancia delle bombe di
profondità e poi ripercorre l’area mettendo in mare la torpedine
da rimorchio.
Alle
13.45 anche dei bombardieri Junkers Ju 87 “Stuka” tedeschi
scendono in picchiata e sganciano bombe su un punto a dieci miglia
per 270° da Gaidaro, indicando la presenza del sommergibile al MAS
534, frattanto
sopraggiunto, che vi lancia sei bombe di profondità, vedendo poi
apparire (dopo 15 secondi) tre bolle d’aria di 20 metri di diametro
e poi una densa chiazza di nafta. Alle 15.45 anche il
cacciasommergibili ausiliario AS
43 Fedelsono esegue
lancio di cariche di profondità un miglio ad ovest di Gaidaro,
avvertendo due esplosioni dopo l’ottavo lancio, seguite
dall’emersione di rottami e nafta e poi persino del sommergibile
stesso – così dichiarerà il suo comandante – a 300
metri a poppa del Fedelsono,
che tenta di speronarlo ma non ci riesce perché il sommergibile,
notevolmente sbandato a sinistra, s’immerge di nuovo. Alle 17.34
il MAS
538 raggiunge
la zona dell’attacco del MAS
534,
notando chiazze di nafta ed alcune bolle d’aria, e lanciando quasi
nello stesso punto due bombe di profondità regolate per 75 metri,
dopo le quali la quantità di nafta aumenta ed inizia ad apparire
anche petrolio; poi lancia un’altra bomba a dieci metri di
distanza, che fa emergere una bolla alta mezzo metro, molto scura.
Subito dopo, il MAS
538 vede
a circa cinquanta metri un ribollire in superficie e poi una massa
scura che pensa essere il sommergibile che tenta di emergere; il MAS
lancia altre due bombe e si appresta a lanciare i siluri, ma la
“macchia scura” scompare.
Da
parte italiana si ritiene che il sommergibile attaccante, danneggiato
dal primo contrattacco ad opera di Sella, Sirio e Libra,
sia riuscito ad allontanarsi di 2,6 miglia, lasciandosi dietro una
scia di nafta, per poi essere sicuramente affondato dai MAS
534 e 538.
In
realtà il Triumph,
investito dapprima dall’esplosione delle bombe lanciate dall’aereo
tedesco (che hanno provocato il lancio accidentale del siluro
contenuto nel tubo numero 5, la cui luce indicatrice di lancio si è
bruciata), alle 13.19 ha avvertito le esplosioni dei siluri che hanno
colpito il Monrosa
ed ha iniziato a ritirarsi lentamente verso ovest, mentre le
esplosioni delle bombe di profondità lo scuotevano violentemente;
non è affondato, anche se è stato seriamente danneggiato dalla
pioggia di bombe di profondità (a bordo del battello britannico sono
state contate tra le 60 e le 70 esplosioni dalle 13.20 alle 14.36, ma
con accuratezza decrescente) ed ha avuto alcuni feriti a bordo. Woods
rileva la prosecuzione della caccia antisommergibili per tutto il
pomeriggio da parte di aerei ed unità minori, ma questa non causerà
altri danni al sommergibile. Con il senno di poi, la storia ufficiale
dell’USMM nota che le numeros unità aeree e navali impegnate nella
caccia al Triumph
(almeno tre aerei e sei navi) operarono in maniera del tutto
indipendente l’una dall’altra, attaccando individualmente quelli
che ritenevano essere i segni della presenza di un sommergibile,
senza alcun coordinamento o collegamento radio.
27
ottobre 1941
Sirio
e Sella
scortano il piroscafo Tagliamento
e la nave cisterna Rondine
da Candia al Pireo.
28
ottobre 1941
Poco
dopo mezzanotte la Sirio
dà nuovamente la caccia al Triumph,
di nuovo all’attacco dopo l’affondamento del Monrosa
tre giorni prima. Alle 00.10 il sommergibile britannico ha avvistato
in posizione 37°07' N e 24°49' E due unità identificate in un
primo momento come due grossi caicchi a vele spiegate; avvicinatosi
per attaccare con il cannone, dieci minuti dopo Woods si è accorto
che i bersagli sono in realtà due navi mercantili di maggiori
dimensioni, pertanto ha mandato nuovamente sottocoperta i cannonieri
e manovrato per un attacco col siluro. Durante questa manovra, alle
00.23, il Triumph
avvista la Sirio
a proravia sinistra, a 1370 metri di distanza; immersosi a 24 metri,
continua comunque la manovra per tentare di portarsi in posizione
favorevole per un lancio contro i mercantili, ma poco dopo perde il
contatto con essi, in quanto il forte rumore delle macchine della
torpediniera “copre” quello più debole e distante delle loro.
Rinunciato pertanto all’attacco, il Triumph
inizia a ritirarsi verso ovest a bassa velocità, ma poco dopo la
Sirio
inizia a lanciare bombe di profondità; ne lancia in tutto nove,
nessuna delle quali esplode vicina al sommergibile, che non subisce
così alcun danno.
1°
novembre 1941
La
Sirio
e la gemella Lupo
salpano dal Pireo per scortare ad Iraklion, via Nauplia, le motonavi
Città
di Alessandria,
Città
di Savona
e Città
di Agrigento,
con a bordo truppe e materiali.
2
novembre 1941
Alle
00.25 il sommergibile britannico Proteus
(capitano di corvetta Philip Stewart Francis), intento nella ricarica
delle batterie a sette miglia per 160° dal faro di Aghios Giorgios
(nel Golfo di Atene), avvista tre navi oscurate, che poco dopo
identifica come un convoglio di tre navi mercantili con due unità di
scorta. Manovra per attaccare, ma all’una una delle navi scorta
accelera e si dirige verso di lui: è la Sirio,
che l’ha avvistato. Il sommergibile deve abbandonare l’attacco,
ed all’1.05 s’immerge a 45 metri di profondità. Cinque minuti
dopo ha inizio la caccia con bombe di profondità: la Sirio
lancia due “pacchetti” di sette bombe di profondità, poi ripassa
sul punto e lancia altre dieci bombe di profondità, tre delle quali
non esplodono. Infine usa anche la torpedine da rimorchio, ma senza
successo. Da parte sua, il Proteus
conta quattordici esplosioni di bombe di profondità, delle quali le
prime sei esplodono piuttosto vicine; non subisce comunque danni. In
seguito viene inviato a proseguire la caccia il MAS
538, che ritiene, a torto,
di aver sicuramente danneggiato il sommergibile. Essendo la sua
posizione ormai compromessa, quando riemerge alle 3.50 il Proteus
lascia la zona e fa rotta per il canale di Serifo.
3
novembre 1941
Sirio
e Lupo
scortano le tre motonavi di prima più il Salzburg
da Iraklion al Pireo, con personale e materiali vari sia italiani che
tedeschi.
7
novembre 1941
La
Sirio
scorta i piroscafi tedeschi Trapani
e Arcadia,
con personale e materiale della Wehrmacht, dal Pireo a Iraklion.
11
novembre 1941
Sirio,
Lupo
ed una terza gemella, la Cassiopea,
scortano insieme a due motovedette tedesche i piroscafi Delos,
Sant'Agata
e Santa Fe
e la nave cisterna italiana Cerere,
con personale e materiali tedeschi, da Suda al Pireo.
18
novembre 1941
La
Sirio
ed una motovedetta tedesca scortano i piroscafi tedeschi Elli
e Delos
dal Pireo a Kavaliani, con personale e materiali tedeschi.
8
dicembre 1941
Sirio
ed Alcione
scortano Elli
ed Artemis Pitta
dal Pireo a Suda.
La
Sirio
al Pireo in una serie di fotografie scattate da Aldo Fraccaroli il 12
dicembre 1941 (via g.c. Marcello Risolo e www.naviearmatori.net
e via Coll. Domenico Jacono e www.associazione-venus.it)
14
dicembre 1941
Sirio,
Lupo
e l’incrociatore ausiliario Brioni
scortano Città di
Agrigento, Città
di Alessandria e Città
di Savona da Iraklion al
Pireo.
21
dicembre 1941
La Sirio,
insieme alla Lupo,
alla gemella Lira ed
al Brioni,
salpa dal Pireo per scortare a Suda un convoglio con truppe e
materiali, formato dalle motonavi Città
di Agrigento, Città
di Savona e Città
di Alessandria. Alla scorta
si unisce poi anche il cacciasommergibili tedesco Drache.
22
dicembre 1941
Tra
le 6.55 e le 8.04 due delle torpediniere della scorta bombardano con
cinque cariche di profondità il sommergibile
britannico Thorn (capitano
di corvetta Robert Galliano Norfolk), a 12 miglia per 114° da Capo
Drepano. Le bombe vengono lanciate singolarmente; la prima esplode
molto vicina al sommergibile.
23
dicembre 1941
Sirio,
Lupo,
Brioni
e Drache,
insieme alla torpediniera Pegaso ed
al cacciatorpediniere Turbine,
scortano da Suda al Pireo un convoglio formato dalla cisterna
militare Volturno,
dalle motonavi italiane Città
di Agrigento, Città
di Alessandria e Città
di Savona e dai
piroscafi tedeschi Salzburg e Santa
Fe, carichi di truppe e
materiali.
28
dicembre 1941
Sirio,
Drache
e l’incrociatore ausiliario Barletta
scortano Città di
Agrigento, Città
di Alessandria e Città
di Savona dal Pireo a
Suda.
|
La
Sirio
in partenza dal Pireo per scortare un convoglio a Suda, il 28
dicembre 1941; è visibile la nuova configurazione dei tubi
lanciasiluri, adottata nell’estate 1941 (g.c. STORIA militare)
|
1942
È
imbarcato sulla Sirio
il guardiamarina Anselmo Marchi, futura Medaglia d’Oro al Valor
Militare.
5
gennaio 1942
La
Sirio
e due MAS scortano il piroscafo tedesco Burgas
e l’italiano Neghelli
dal Pireo a Kavaliani.
15
gennaio 1942
La
Sirio
e l’anziana torpediniera Castelfidardo
scortano da Salonicco al Pireo, via Kavaliani, il piroscafo tedesco
Delos,
l’italiano Pier Luigi
e la nave cisterna Giorgio,
anch’essa italiana.
27
gennaio 1942
Sirio,
Castelfidardo,
Barletta e Drache
scortano Città di
Alessandria, Città
di Savona e Santa
Fe dal Pireo a Suda.
30
gennaio 1942
Sirio
e Castelfidardo
scortano da Suda al Pireo i piroscafi Brundisium (italiano)
ed Artemis Pitta
(tedesco).
1942
Lavori
di modifica dell’armamento: viene eliminata una mitragliera binata
da 13,2/76 mm, mentre vengono installate quattro mitragliere singole
Scotti-Isotta Fraschini 1939 da 20/70 mm (altra fonte parla invece di
otto Breda da 20/65 mm). In precedenza sono stati installati due
lanciabombe per bombe di profondità, con scorta complessiva di 40
cariche.
14
marzo 1942
Sirio,
Monzambano,
Drache e
l’incrociatore ausiliario Brindisi scortano Città
di Agrigento, Città
di Alessandria e Città
di Savona dal Pireo a
Suda.
17
marzo 1942
Sirio, Brindisi,
Monzambano
e Drache scortano Città
di Agrigento, Città
di Alessandria, Città
di Savona ed il
piroscafo tedesco Arcadia da
Suda al Pireo.
3
aprile 1942
Sirio
e Lupo
scortano dal Pireo ai Dardanelli,
via Salonicco, i piroscafi tedeschi Arcadia
e Salzburg,
il romeno Alba Julia
e la nave cisterna italiana Celeno.
7
aprile 1942
Sirio
e Lupo
scortano le piccole navi cisterna Alfredo
ed Abruzzi
da Salonicco al Pireo.
11
aprile 1942
La
Sirio
e la gemella Calliope
scortano da Salonicco a Suda i piroscafi Tagliamento,
Pier Luigi
e Santa Fe.
4
maggio 1942
Sirio
e Cassiopea
scortano Celeno,
Burgas
ed Artemis Pitta
da Salonicco al Pireo.
15
maggio 1942
Sirio,
Brindisi,
la torpediniera Calatafimi
e due motovedette tedesche scortano dal Pireo a Suda un numeroso
convoglio formato da Città
di Agrigento, Città
di Alessandria, Città
di Savona, Tagliamento,
Santa Fe
e dalla piccola motonave Tabarca.
16
maggio 1942
Il
marinaio Agostino Micheli, 22 anni, da Orzivecchi, muore a bordo
della Sirio
nel Mediterraneo orientale.
21
maggio 1942
Sirio,
Calatafimi,
Brindisi
e quattro motovedette tedesche scortano da Suda al Pireo Città
di Agrigento, Città
di Alessandria, Città
di Savona, Santa
Fe ed Ossag.
29
maggio 1942
Sirio,
Cassiopea,
Barletta
e due motovedette tedesche scortano Città
di Alessandria, Città
di Agrigento, Delos
ed il piroscafo italiano Re
Alessandro dal Pireo ad
Iraklion.
2
giugno 1942
Sirio
e Barletta
scortano da Iraklion al Pireo Città
di Alessandria, Città
di Agrigento e Re
Alessandro.
17
giugno 1942
Sirio,
Barletta,
Monzambano
e Calatafimi
scortano Città di
Savona, Città
di Alessandria,
Tagliamento, Re
Alessandro e Santa
Fe dal Pireo ad
Iraklion.
24
giugno 1942
Sirio,
Barletta,
Calatafimi,
Drache
e due motovedette tedesche scortano Città
di Alessandria, Città
di Agrigento, Città
di Savona, Re
Alessandro, Delos
ed il piroscafo Monstella dal Pireo a Suda.
Giugno
1942
Riceve
una nuova colorazione mimetica, a bande in colori “standard”, in
sostituzione del precedente schema a piccoli disegni geometrici.
26
giugno 1942
Sirio
e Barletta,
insieme a due motovedette tedesche, scortano Città
di Savona, Città
di Alessandria, Città
di Agrigento, Re
Alessandro e Delos
da Suda al Pireo.
4
luglio 1942
Sirio
e Monzambano,
insieme a due motovedette tedesche, scortano Città
di Agrigento, Città
di Alessandria, Città
di Savona, Re
Alessandro, Delos e Santa
Fe dal Pireo ad
Iraklion.
8
luglio 1942
La
Sirio,
la gemella Cassiopea,
il cacciatorpediniere italiano Mitragliere,
il cacciatorpediniere tedesco ZG
3 Hermes
ed i cacciasommergibili tedeschi UJ
2104 e
UJ
2107
salpano da Suda alle 21.40 per scortare a Tobruk il convoglio
"Siena", formato dalle motonavi italiane Città
di Savona, Città
di Alessandria e Città
di Agrigento e dai
piroscafi tedeschi Delos
e Santa Fe.
In tutto, i cinque mercantili trasportano 966 tonnellate di munizioni
e materiale d’artiglieria, 919 tonnellate di materiali vari, 500
tonnellate di carburante, 108 tra automezzi e rimorchi e 206 soldati.
9
luglio 1942
Alle
undici del mattino si uniscono al convoglio la nave cisterna Alberto
Fassio, carica di 2829
tonnellate di benzina, ed il cacciatorpediniere Turbine,
salpati anch’essi da Suda. Caposcorta del convoglio è il
Mitragliere.
Alle
23.30 ha inizio una serie di attacchi aerei, che si protrarranno fino
alle 15 del giorno seguente; Sirio
e Mitragliere
abbattono due velivoli nemici.
La
Sirio
alla fonda a Suda nel luglio 1942, con il nuovo schema mimetico
(sopra: g.c. STORIA militare; sotto: da “Le navi del re. Immagini
di una flotta che fu” di Achille Rastelli)
10
luglio 1942
Il
convoglio arriva a Tobruk alle 13.50.
12
luglio 1942
La
Sirio
lascia Tobruk alle 18 per scortare a Suda il piroscafetto Pontinia.
14
luglio 1942
Sirio
e Pontinia
arrivano a Suda alle 16.
2
agosto 1942
Sirio
e Barletta
scortano dal Pireo ad Iraklion, via Suda, i piroscafi Elli,
Pier Luigi
e Re Alessandro.
3
agosto 1942
Sirio
e Barletta
scortano il Re Alessandro
da Iraklion al Pireo.
7
agosto 1942
Sirio
e Cassiopea
scortano le navi cisterna Albaro
e Celeno
dai Dardanelli
al Pireo.
14
agosto 1942
Salpa
dal Pireo alle tre di notte per scortare a Bengasi la motonave
Foscolo.
Alle
8.30 le due navi vengono raggiunte dal cacciatorpediniere Saetta,
che assume la funzione di caposcorta del piccolo convoglio, ed alle
15 la Sirio
se ne separa. La Foscolo
giungerà indenne a Bengasi.
15
agosto 1942
Scorta
da Iraklion al Pireo la nave cisterna per nafta Stige
ed il trasporto militare Tripoli.
23
agosto 1942
All’una
del pomeriggio la Sirio
parte dal Pireo insieme al cacciatorpediniere tedesco ZG
3 Hermes (caposcorta),
per scortare a Tobruk i piroscafi Istria
e Dielpi,
carichi di carburante e munizioni, e le motozattere MZ
744 e MZ
758.
24
agosto 1942
Alle
dieci del mattino il convoglio giunge a Suda. Da qui proseguirà
senza più la Sirio.
26
agosto 1942
Dalle
19.30 alle 22 la Sirio
affianca la gemella Partenope
(caposcorta, capitano di corvetta Pasquale Senese) nella scorta della
nave cisterna Giorgio,
partita dal Pireo alle 7.30 di quel giorno e diretta a Tobruk, dove
arriverà il 28, con 2345 tonnellate di benzina nelle cisterne ed
altre 999 tonnellate di benzina e lubrificanti in fusti. (Per altra
fonte, la Sirio
sarebbe rimasta a Suda e sarebbe partita da quel porto con Giorgio,
Partenope,
il piroscafo Anna Maria Gualdi
e la torpediniera Orsa).
Settembre
1942
Assume
il comando della Sirio
il capitano di corvetta Romualdo Bertone, 35 anni, da Asti.
15
settembre 1942
Sirio
e Lupo
scortano il piroscafo Nerucci
dal Pireo a Suda.
16
settembre 1942
Sirio
e Lupo
ripartono da Suda alle 14.55 per scortare a Tobruk i piroscafi Dora
(tedesco), Nerucci
e Corso Fougier.
I tre bastimenti, tutti di modeste dimensioni, trasportano
complessivamente 1019 tonnellate di benzina e 1673 tonnellate di
munizioni e materiali vari, oltre a 14 militari di passaggio.
18
settembre 1942
Alle
3.03 il sommergibile britannico Taku
(capitano di corvetta Jack Gethin Hopkins) avvista a tre miglia di
distanza su rilevamento 036° una nave oscurata, identificata come un
cacciatorpediniere, e cinque minuti dopo avvista sempre a tre miglia,
su rilevamento 030°, due mercantili, avvicinandosi ad elevata
velocità per attaccare: si tratta delle navi del convoglio scortato
dalla Sirio.
Alle 3.20, in posizione 32°29' N e 23°34' E (circa 35 miglia a
nordovest di Tobruk), il Taku
lancia quattro siluri contro la nave di testa (la cui stazza è
stimata in 4000 tsl), per poi immergersi; i siluri non vanno a segno,
nonostante Hopkins avverta un’esplosione alle 3.27 ed un’altra,
violenta e “prolungata”, alle 3.36. Tornato a quota periscopica
alle 3.45, il Taku
non vede più navi in vista ed alle 4.15 decide quindi di riemergere;
avvistato un oggetto scuro vicino alla posizione dell’attacco, si
avvicina e lo identifica come un cacciatorpediniere, forse intento
alla ricerca di naufraghi, il che rafforza l’impressione di Hopkins
di aver affondato una nave. Alle 4.30 il Taku
si ritira verso nord.
In
realtà, nessuna nave ha subito danni (i siluri sono passati vicini
al Dora,
senza colpire), ed il convoglio giunge a Tobruk alle 10.10 (o 10.15).
19
settembre 1942
Sirio
e Lupo
(caposcorta) lasciano Tobruk alle 18 per scortare a Suda la nave
cisterna Alberto Fassio.
21
settembre 1942
Il
convoglio arriva a Suda alle quattro del mattino, poi prosegue per il
Pireo.
24
settembre 1942
La
Sirio
(capitano di corvetta Romualdo Bertone), le gemelle Lupo
(capitano di corvetta Carlo Zanchi) e Castore
(tenente di vascello Gaspare Tezel) ed il cacciatorpediniere Nicoloso
Da Recco (caposcorta,
capitano di vascello Aldo Cocchia) partono dal Pireo alle 22.30 per
scortare a Tobruk il piroscafo italiano Anna
Maria Gualdi ed il tedesco
Menes.
(Cocchia nel suo libro di memorie "Convogli" tratteggia
questa descrizione del comandante Bertone della Sirio
e del suo collega Zanchi della Lupo:
“svelti e intelligenti,
entrambi vecchi di convogli, più volte capi scorta essi stessi,
uomini dei quali si poteva fidarsi ad occhi chiusi”).
25
settembre 1942
Alle
14.30, nel canale di Cerigotto, si uniscono al convoglio la nave
cisterna Proserpina e
le torpediniere Libra e Lira,
provenienti da Suda, mentre la Sirio deve
rientrare in porto per avaria di macchina.
29
settembre 1942
La Sirio (caposcorta,
capitano di corvetta Romualdo Bertone) salpa dal Pireo per
Tobruk alle 23.35, insieme alle torpediniere Libra,
Ciclone e Solferino,
scortando il piroscafo Tagliamento (avente
a bordo 146 tra veicoli e rimorchi, 2246 tonnellate di munizioni e
materiale d’artiglieria, 680 tonnellate di materiali vari e 115
soldati) e la nave cisterna Lina Campanella (avente
a bordo 4000 tonnellate d’acqua), provenienti da Brindisi. Il
convoglio dovrà fare scalo intermedio a Suda; inizialmente fanno
parte del convoglio anche altri piroscafi, per i quali Suda
rappresenta la destinazione finale.
Durante
la notte il convoglio viene infruttuosamente attaccato da aerei.
30
settembre 1942
Alle
sette del mattino la Solferino lascia
il convoglio.
Nella
notte successiva si verificano altri attacchi aerei, di nuovo senza
risultato.
1°
ottobre 1942
Giunto
a Suda, il convoglio riparte in serata per Tobruk
con Tagliamento e Lina Campanella scortati
da Sirio, Ciclone e Libra.
Le navi procedono alla velocità di 6,8 nodi.
Nel
tardo pomeriggio si verifica un altro attacco, da parte di
bombardieri, che nonostante la presenza di una scorta aerea
italo-tedesca riescono a bombardare a più riprese le navi per oltre
mezz’ora. Ciononostante, nessuna bomba va a segno.
2
ottobre 1942
Il
convoglio raggiunge indenne Tobruk alle 12.15.
Alle
16.30 Sirio (caposcorta)
e Libra lasciano
Tobruk per scortare a Patrasso il piroscafo Anna
Maria Gualdi.
3
ottobre 1942
Il
convoglio giunge al Pireo alle quattro del mattino, sostandovi fino
al giorno seguente.
5
ottobre 1942
Sirio,
Libra e Gualdi lasciano
il Pireo alle tre di notte, raggiungendo a Patrasso dodici ore più
tardi.
7
ottobre 1942
La Sirio (capitano
di corvetta Romualdo Bertone, caposcorta) e l’anziana
torpediniera Solferino (tenente
di vascello di complemento Mirko Vedovato) salpano da Salonicco alle
16 di scorta al convoglio «FF» (piroscafo Petrarca e
motonave Tergestea),
diretto a Tobruk con scalo intermedio al Pireo.
9
ottobre 1942
Alle
8.45 il convoglio giunge al Pireo: qui Sirio
e Solferino vengono
rilevate dalle torpediniere Libra, Lira e Perseo per
il prosieguo del viaggio.
25
ottobre 1942
La
Sirio,
l’anziana torpediniera Solferino
ed il posamine tedesco Bulgaria
scortano dal Pireo ad Iraklion Città
di Alessandria, Città
di Savona, Re
Alessandro ed il piroscafo
tedesco Thessalia.
27
ottobre 1942
Sirio
e Solferino
scortano il Re Alessandro
ed il piroscafo Aventino
da Iraklion al Pireo.
29
ottobre 1942
La
Sirio
ed il cacciatorpediniere Freccia
scortano la nave cisterna Giorgio
da Iraklion al Pireo.
Subito
dopo l’arrivo in porto, la Sirio
riparte dal Pireo alle otto del mattino per scortare a Tobruk
l’incrociatore ausiliario Barletta,
in missione di trasporto.
30
ottobre 1942
Sirio
e Barletta
arrivano a Tobruk alle 14.30.
Alle
17 la Sirio
riparte da Tobruk per scortare a Suda il piroscafetto tedesco Dora
e l’egualmente piccola nave cisterna italiana Alfredo.
1°
novembre 1942
Il
convoglio giunge a Suda alle 15.50, dopo una navigazione tranquilla.
7
novembre 1942
Sirio,
Calatafimi
e Bulgaria
scortano i piroscafi tedeschi Trapani,
Macedonia,
Artemis Pitta
e Burgas
dal Pireo a Salonicco.
10
novembre 1942
Sirio,
Calatafimi
e Bulgaria
scortano i piroscafi italiani Potestas
e Neghelli
da Salonicco al Pireo.
20
novembre 1942
La
Sirio
scorta il piroscafo Palmaiola
da Navarino a Messina.
25
novembre 1942
All’1.45
la Sirio (caposcorta,
capitano di corvetta Romualdo Bertone) lascia Palermo per
Biserta, scortando, insieme alla moderna torpediniera di scorta
Groppo
(capitano di corvetta Beniamino Farina), un convoglio formato dai
piroscafi XXI
Aprile, Etruria e Carlo
Zeno e
dalle motozattere MZ
705 e MZ
756.
Alle
11.55, mentre il convoglio si trova in posizione 30°31' N e 12°01'
E (a nordovest di Marettimo), il velivolo di scorta aerea sgancia una
bomba a circa 4000 metri sulla sinistra del convoglio, per poi
segnalare «sommergibile a
sinistra». Mentre il
convoglio vira a dritta, il caposcorta Bertone ordina alla Groppo di
lasciare la propria posizione nella scorta per effettuare una
ricerca; alle 12.10 la torpediniera ottiene un contatto
all’ecogoniometro, che attacca alle 12.14 con bombe di profondità,
nel punto 38°31.5' N e 12°01' E (circa 40 miglia ad ovest/nordovest
di Capo San Vito Siculo). Ritenendo di aver colpito il sommergibile,
la torpediniera esegue un secondo attacco e poi conclude di aver
affondato l’unità nemica; si trattiene comunque in zona per
un’altra ora prima di tornare ad assumere la propria posizione nel
convoglio.
Alle
13.53, tuttavia, al largo delle Egadi, l’idrovolante CANT Z. 506 di
scorta aerea lancia un’altra bomba e segnala un sommergibile in
posizione 38°32' N e 11°43' E; di nuovo la Groppo viene
distaccata per attaccarlo. Alle 14 l’aereo getta un’altra bomba,
ed alle 14.13.5 la Groppo avvista
quella che ritiene essere la scia di un siluro. (Un elemento strano
della vicenda è che l’Utmost non
aveva più siluri a bordo, dunque non si spiega la scia avvistata
dalla Groppo:
potrebbe essersi trattata di un’illusione ottica, forse la cresta
di un’onda più vistosa che qualche vedetta innervosita dalla
presenza di un sommergibile potrebbe aver scambiato per la scia di un
siluro).
Alle
15.25 la torpediniera ottiene un contatto che attacca di nuovo con 15
bombe di profondità, e presto perde il contatto; l’esito è
incerto, ma la Sirio le
ordina di riunirsi al convoglio. Il comandante della Groppo
riterrà di aver attaccato, tra le 12.10 e le 15.30, due
sommergibili, e di aver affondato il primo. (Alcune fonti indicano la
posizione di affondamento del battello come 36°30' N e 12°00' E, ma
si tratta probabilmente di un errore). È possibile che gli attacchi
della Groppo
abbiamo affondato il sommergibile britannico Utmost
(tenente di vascello John Walter David Coombe), scomparso in questa
zona in questi giorni.
26
novembre 1942
Il
convoglio giunge a destinazione a mezzogiorno. Sirio e
Groppo ripartono
da Biserta alle 18 scortando la moderna motonave Caterina
Costa, in viaggio di
ritorno. Intorno alle 21.30 (mezzanotte per altra fonte) ha inizio
una serie di attacchi di aerosiluranti diretti contro la motonave,
protrattisi fino alle 2.45 del 27: nessuno dei siluri lanciati va a
segno.
27
novembre 1942
Sirio,
Groppo
e Caterina Costa
raggiungono Napoli alle 21.
|
La
Sirio
alla fonda al Pireo nel 1942, con la prima colorazione mimetica da
essa adottata (da “Le torpediniere italiane 1881-1964” dell’USMM,
via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net)
|
30
novembre 1942
La Sirio (caposcorta,
capitano di corvetta Romualdo Bertone) parte da Napoli alle 14.30 per
scortare in Tunisia, insieme alle torpediniere Groppo,
Pallade ed Orione,
il convoglio «B», formato dai piroscafi Arlesiana, Achille
Lauro, Campania, Menes e Lisboa.
Il convoglio procede a soli sette nodi.
1°
dicembre 1942
Alle
7.10 la torpediniera di scorta Uragano si
aggrega alla scorta del convoglio.
Alle
14.40 il convoglio viene avvistato in Mar Tirreno da ricognitori
britannici, che da questo momento in poi lo manterranno sotto
sorveglianza; Supermarina intercetta il segnale di scoperta trasmesso
dai ricognitori avversari, e come fa abitualmente con tutti i segnali
di questo tipo, dopo averlo decrittato lo ritrasmette all’aria, per
allertare il convoglio.
Alle
17.30 salpa da Bona la Forza Q britannica (incrociatori
leggeri Aurora, Sirius ed Argonaut,
cacciatorpediniere Quiberon e Quentin),
a caccia di convogli italiani. Supermarina ha contezza dei movimenti
nemici già il 30 novembre, quanto ha intercettato un segnale di un
ricognitore nemico che, alle 23 di quel giorno, ha comunicato di aver
avvistato due convogli a sudovest di Napoli: si tratta del «B» e
del «C», diretto invece a Tripoli; al contempo (sera del 30)
Supermarina ha appreso che alle 13.30 di quel giorno sono state
avvistate nel porto di Bona sei navi da guerra non identificate con
certezza, ma ritenute essere un incrociatore e cinque
cacciatorpediniere. Calcolato che, viaggiando a 30 nodi, queste navi
potrebbero raggiungere in sei ore i convogli «B» e «H» (altro
convoglio diretto in Tunisia), Supermarina ha chiesto all’alto
comando tedesco dello scacchiere sud (Oberbefehlshaber
Süd), con sede a Frascati,
una ricognizione su tale porto al tramonto del 1° dicembre. (La
notizia della presenza a Bona di navi nemiche è anche il motivo che
ha indotto Supermarina ad inviare l’Uragano
in rinforzo alla scorta del convoglio «B»). Tuttavia, l’aereo
tedesco inviato a compiere la ricognizione (uno Junkers Ju 88 del
122° Gruppo ricognizione strategica della Luftwaffe) e l’aereo
italiano (un CANT Z. 1007bis del 51° Gruppo Ricognizione Strategica)
che lo accompagnava non fanno ritorno (entrambi sono stati abbattuti
alle otto del mattino da due caccia Supermarine Spitfire del 242nd
Squadron della RAF), come annuncia via telefono a Superaereo il
comando tedesco, alle 20.35 del 1° dicembre, in seguito alle
ripetute richieste italiane. Al contempo viene comunicato che gli
aerei del 122° Gruppo ricognizione strategica non hanno avvistato
movimenti navali in mare aperto fino alle 18.
Nel
pomeriggio del 1° dicembre, verso le 15, l’Aeronautica Sardegna ha
inviato due gruppi di aerei ad attaccare le navi avversarie presenti
a Bona: cinque cacciabombardieri Reggiane Re 2001 del 22° Gruppo,
armati con bombe da 250 kg e guidati dal capitano Germano La Ferla,
hanno effettuato un’azione di bombardamento in picchiata senza
riuscire ad accertare il risultato per via di copertura
dell’obiettivo di 10/10 causata da banchi di nuvole; e dieci
bombardieri Savoia Marchetti SM. 84 del 32° Stormo hanno sganciato
le loro bombe senza successo, subendo la perdita di tre aerei (tra
cui quelli
dei comandanti della 228a
e 229a
Squadriglia, capitani Enzo Stefani ed Umberto Camera) ad opera degli
Spitfire dell’81st
e 242nd
Squadron (hanno partecipato all’azione anche dieci caccia Spitfire
statunitensi della 52a
Squadriglia, guidati dal colonnello West, che però sono riusciti a
danneggiare un solo bombardiere) ed il grave danneggiamento di altri
tre, costretti all’atterraggio di fortuna.
Alle
16.30 Supermarina ha chiesto a Superaereo di sollecitare il Comando
del II. Fliegerkorps affinché durante la notte bombardi gli
aeroporti della zona compresa tra Bona e Bougie per impedire agli
aerei ivi stanziati di attaccare i convogli; i tedeschi hanno
acconsentito, destinando a questo scopo sei bombardieri Junkers Ju
88, dieci Heinkel He 111 e due Dornier Do 217.
Alle
23.30 Supermarina viene informata da Superaereo che alle 22.40 un
altro Ju 88 tedesco del 122° Gruppo ricognizione strategica ha
avvistato in posizione 37°42' N e 09°45' E (una ventina di miglia a
nord di Biserta ed a 60 miglia per 290° da Capo Bon; per altra
fonte, l’avvistamento sarebbe avvenuto al largo delle coste
algerine) cinque navi da guerra britanniche di medio tonnellaggio in
navigazione ad alta velocità con rotta 90° (quasi corretta: quella
reale tenuta dalla Forza Q è di 104°); dieci minuti dopo (per altra
fonte, alle 23.44) Supermarina lancia il segnale di scoperta.
L’Oberbefehlshaber Süd
chiede a Supermarina l’autorizzazione ad attaccare con i propri
aerei le navi avvistate, e Supermarina la fornisce prontamente,
comunicando però anche la rotta e posizione dei convogli «B» e «H»
e sottolineando la necessità di evitare errori di riconoscimento.
Alle
19.35, intanto, la scorta del convoglio «B» viene ulteriormente
rinforzata con l’arrivo della X Squadriglia Cacciatorpediniere, con
i cacciatorpediniere Maestrale
(caposquadriglia, capitano di vascello Nicola
Bedeschi), Ascari e Grecale:
erano di ritorno da una missione di posa di mine nel Canale di
Sicilia, ed essendo gli unici disponibili nell’immediato,
Supermarina ha ordinato loro alle 15.08 di rinforzare la scorta del
convoglio "Sirio"
“contro eventuale
provenienza da Bona dove stamane erano presenti alcuni cc.tt.”.
Supermarina, dopo aver esaminato la situazione dei quattro convogli
in navigazione nel Canale di Sicilia rispetto al rischio
d’intercettazione da parte della forza navale avvistata dall’aereo
tedesco, conclude che quelli
più a rischio siano il «B» e l’«H» (il «C» è troppo lontano
rispetto al raggio d’azione della forza navale avvistata, ed il «G»
è già stato attaccato da aerei che hanno incendiato la nave
cisterna Giorgio,
unico mercantile che ne fa parte); decide di non ordinare al
convoglio «B» (che all’una di notte del 2 dicembre si trova
arretrato di una sessantina di miglia rispetto all’«H») di
invertire la rotta, preferendo lasciar decidere sul da farsi al
caposcorta, che potrà regolarsi come più riterrà opportuno avendo
ricevuto sia il segnale di scoperta relativo alla Forza Q trasmesso
da Supermarina alle 23.40, sia, alle 00.40, un altro segnale di
scoperta trasmesso dal cacciatorpediniere Nicoloso
Da Recco, caposcorta del
convoglio «H» (che proprio a quell’ora, infatti, viene attaccato
dalla Forza Q).
Il
convoglio «H», trovandosi ormai in posizione troppo avanzata per
poter tornare indietro, viene fatto anch’esso proseguire (si è
inizialmente considerato se inviare la X Squadriglia – i cui tre
cacciatorpediniere sono gli unici disponibili al momento – a
rinforzare quest’ultimo convoglio anziché il «B», ma alla fine
si è deciso di assegnarla al convoglio «B» perché quest’ultimo
è ritenuto più importante e perché l’«H» è il più protetto
dei due, oltre che il più veloce nonché in posizione più avanzata,
così che si ritiene che entro mezzanotte sarà parzialmente protetto
dai bassifondali del banco Keith e dai campi minati difensivi
presenti nella zona); verrà distrutto nella notte seguente dalla
Forza Q, con gravissime perdite, nello scontro divenuto noto come del
banco di Skerki.
Alle
20.15, infatti, la Sirio avvista
dei bengala a proravia sinistra, e poi molti altri bengala nella
direzione in cui si trova il convoglio «H». Alle 22.30 il
comandante Bertone ordina alle navi di accostare verso est per non
avvicinarsi troppo al convoglio «H», che appare sotto attacco;
successivamente fa accostare peR
150°.
2
dicembre 1942
All’una
di notte il comandante Bedeschi del Maestrale,
di grado superiore a Bertone, interviene ed ordina di fare rotta
su Palermo, accostando a sinistra per rotta 80°, essendo ormai
evidente che il convoglio «H» è sotto attacco da parte di una
formazione navale. Alle 4.30 il convoglio «B» si trova a dodici
miglia per 305° da Marettimo, ed alle 7.06 riceve ordine di dirigere
per Trapani, dove giunge alle 10.50.
Alle
19 riparte da Palermo per riprendere la traversata: lo formano ora
Arlesiana,
Achille Lauro,
Menes
e Campania
(rimane in porto il Lisboa,
che partirà alle 12.20 del 5 ed arriverà alle 16 del 6), scortati
da Sirio, Groppo, Orione, Animoso, Antonio
Mosto ed Uragano.
3
dicembre 1942
Alle
10.01 il sommergibile britannico P
37 (poi Unbending;
tenente di vascello Edward Talbot Stanley) avvista verso nord il fumo
delle navi del convoglio, ed i velivoli della scorta aerea.
Avvicinatosi a tutta forza, avvista quattro mercantili, un
motoveliero e due “cacciatorpediniere”; alle 10.37, in posizione
37°26' N e 10°43' E, lancia
quattro siluri contro due dei mercantili (che si “sovrappongono”
nel suo periscopio) da ben 8200 metri di distanza, non essendo
riuscito ad avvicinarsi di più. I siluri non vanno a segno.
Si
è appena concluso questo primo attacco quando alle 10.39 un altro
sommergibile britannico, il P
48 (tenente di vascello
Michael Elliot
Faber), avvista le alberature ed i fumaioli delle navi del convoglio
su rilevamento 360°, e si avvicina a tutta forza per attaccare a sua
volta.
Faber identifica la composizione del convoglio come quattro
mercantili e due cacciatorpediniere; zigzagando, le navi accostano
proprio verso il suo sommergibile, agevolandolo nella manovra di
attacco, in quanto il P 48
si ritrova ad essere appena all’interno dello “schermo”
protettivo della scorta, sul lato sinistro, oltrepassando non visto
quello che il comandante britannico ritiene erroneamente essere un
cacciatorpediniere classe Navigatori.
Alle
11.14, in posizione 37°22' N e 10°37' E (a nord del Golfo di
Tunisi), il P 48
lancia quattro siluri contro il mercantile di testa, di cui Faber ha
stimato la stazza in 6000 tsl, mentre il “cacciatorpediniere” che
protegge il fianco sinistro si trova meno di 400 metri a poppavia del
battello. I siluri mancano il bersaglio, ed alle 11.22 la Groppo
contrattacca con il lancio di quindici bombe di profondità, seguite
da altre quindici in un secondo passaggio, ritenendo di aver
“probabilmente danneggiato” l’avversario per poi riunirsi al
convoglio (da parte britannica vengono contate le detonazioni di nove
bombe di profondità, che esplodono piuttosto vicine a quota
insufficiente per arrecare danni al P
48, che intanto si ritira
su rotta 080°).
Tornato
a quota periscopica alle 11.55, il sommergibile avvista nuovamente il
convoglio, ora distante cinque miglia, su rilevamento 230°; il
“cacciatorpediniere classe Navigatori” si trova su rilevamento
340°, ad un miglio e mezzo di distanza, su rotta 080°. Il P
48 torna in profondità e
vi rimane fino alle 12.35, quando, tornato a quota periscopica e
constatato che il convoglio non è più in vista, dirige per il Basso
Tirreno.
Poco
più tardi, il convoglio si scinde in due gruppi che dirigono verso
le rispettive destinazioni: Menes,
Arlesiana ed Achille
Lauro con Sirio,
Orione,
Groppo
e Pallade
verso Tunisi, e Campania
con Animoso,
Mosto
ed Uragano
verso Biserta. Si uniscono alla scorta alcune motosiluranti tedesche
della 3. Schnellbootflottille.
Dopo
aver superato indenne due attacchi di sommergibili, il convoglio «B»
subisce una dolorosa perdita a causa dei campi minati: alle 14.15 il
Menes
urta una mina una decina di miglia ad est dell’Isola dei Cani ed
esplode, uccidendo duecento uomini. Le motosiluranti tedesche S
57 e S
59
recuperano una quarantina di superstiti.
Le
altre navi di questo gruppo giungono a Tunisi alle 18.45, mentre il
Campania
arriva a Biserta alle 15.45.
23
dicembre 1942
La Sirio e
la gemella Perseo
partono da Napoli per Tunisi alle 10.30, scortando la motonave Col
di Lana ed il
trasporto militare tedesco KT
2, diretti a Tunisi.
24
dicembre 1942
All’alba
il convoglio scortato da Sirio e Perseo si
congiunge con un altro, proveniente da Palermo e diretto a Biserta,
formato dalla motonave Viminale e
dal cacciatorpediniere Lampo.
Si forma così un unico convoglio del quale è caposcorta il Lampo;
alle 9.57, al largo di Capo Bon, la Perseo (tenente
di vascello Saverio Marotta) attacca un sommergibile localizzato
all’ecogoniometro (che secondo una fonte avrebbe lanciato dei
siluri contro il convoglio e contro la stessa Perseo),
ritenendo di averlo probabilmente danneggiato. Qualche fonte
attribuisce a questa azione l’affondamento del sommergibile
britannico P 48 (che
viene talvolta
retrodatato al 22 dicembre e/o attribuita all’azione congiunta
della Perseo,
della torpediniera di scorta Ardente e
della vecchia torpediniera Audace,
che in realtà si trovava all’epoca in Adriatico), ma in realtà
questi non fu coinvolto in tale episodio, essendo la posizione
dell’attacco della Perseo (45
miglia a nord di Capo Bon) troppo lontana dall’area d’agguato del
sommergibile britannico. In realtà il P
48 fu quasi certamente
affondato il giorno seguente dalle bombe di profondità della
torpediniera di scorta Ardente.
Le
navi procedono insieme per alcune ore, poi – a mezzogiorno – i
due convogli tornano a dividersi, e dirigono verso le rispettive
destinazioni. Alle 19 Sirio, Perseo, Col
di Lana e KT
2 arrivano a Biserta
(?).
29
dicembre 1942
La
Sirio
parte da Messina alle 13.05, diretta a Palermo per scorta convoglio.
30
dicembre 1942
Arrivata
a Palermo alle 00.10, dopo aver percorso 174 miglia, la Sirio
ne riparte un’ora più tardi insieme ai
cacciatorpediniere Maestrale (caposcorta), Lampo e Corsaro ed
alla gemella Pallade,
scortando le motonavi Mario Roselli, Manzoni ed Alfredo Oriani,
dirette a Biserta.
Alle
5.04 il sommergibile britannico Ursula (tenente di
vascello Richard Barklie Lakin), a circa 12 miglia per 360° da Capo
San Vito siculo (nel punto approssimato 38°43' N e 12°40' E, dove
si è appena spostato su ordine del comando flottiglia di Malta),
avvista il convoglio italiano che procede a 15 nodi su rotta 240°, a
8200 metri di distanza. Alle 5.09 l’Ursula s’immerge
e si avvicina alla massima velocità per attaccare il mercantile di
testa (che sembra il più grande), immergendosi a quota leggermente
maggiore alle 5.13 perché il cacciatorpediniere di testa gli passa
vicino, salvo poi tornare a quota periscopica alle 5.15 per trovare
che il convoglio ha zigzagato di 35° verso l’Ursula stesso.
Alle 5.20 la motonave di testa è a soli 550 metri dall’Ursula –
che ha già superato lo schermo dei cacciatorpediniere e sta per
lanciare i siluri – e continua ad avvicinarsi; il sommergibile
tenta di scendere più in profondità per evitare la collisione, ma
rimane per oltre un minuto a 7,6 metri di profondità e viene così
speronato, alle 5.22, quando si trova a soli 8,8 metri di profondità.
La collisione danneggia la torretta e le camicie dei periscopi
dell’Ursula (i periscopi e le relative camicie vanno
distrutti, così come i telegrafi superiori e le luci esterne, mentre
la plancia riporta danni superficiali e la sezione centrale del cavo
anti-reti viene portata via), che è costretto ad abbandonare la
missione. Le navi italiane proseguono senza aver nemmeno notato
l’accaduto: alle 5.25 il cacciatorpediniere di coda passa sulla
verticale dell’Ursula, che nel frattempo è riuscito a
scendere a maggiore profondità, ed alle 6 il sommergibile perde ogni
contatto sonoro con il convoglio. L’Ursula fa ritorno a
Malta; necessiterà di lunghe riparazioni per i danni causati dalla
collisione.
Infruttuosamente
attaccato anche da aerei, e raggiunto alle 14.30 dalle
motosiluranti MS
16 e MS
33 (provenienti
da Biserta), il convoglio giunge a Biserta tra le 17 e le 17.30 (la
Sirio
entra in porto alle 18.05, dopo aver percorso 292 miglia dalla
partenza da Palermo).
31
dicembre 1942
Sirio,
Pallade e Lampo (caposcorta)
ripartono da Biserta alle 7.30 per scortare il piroscafo
tedesco Balzac,
diretto a Napoli.
1°
gennaio 1943
Il
convoglietto arriva a Napoli alle 8.30 (la Sirio
entra alle 9.45, dopo aver percorso 422 miglia).
8
gennaio 1943
La
Sirio
lascia Napoli alle 5.15, diretta a Palermo per scorta convoglio.
9
gennaio 1943
Arriva
a Palermo alle 13.38, dopo aver percorso 438 miglia.
10
gennaio 1943
La Sirio (caposcorta),
la Pallade (tenente
di vascello Filippo Ferrari Aggradi) e le nuovissime
corvette Artemide,
Antilope e
Gabbiano
– alla prima missione operativa – partono da Palermo per Biserta
alle 14.45, scortando la nave cisterna Saturno.
Alle
17.15 (fonti italiane; 17.05 secondo le fonti britanniche), ad ovest
di Capo Gallo, la Pallade localizza
all’ecogoniometro il sommergibile britannico Una (tenente
di vascello John Dennis Martin), si porta prontamente sulla sua
verticale e lo bombarda a più riprese con numerose cariche di
profondità, fino a ritenere di averlo danneggiato od affondato. In
realtà l’Una non
subisce danni, anche se le bombe di profondità
della Pallade esplodono
“piuttosto vicine”. (Secondo fonti italiane, l’attacco
della Pallade avvenne
dopo che l’Una aveva
infruttuosamente attaccato il convoglio, con lancio di siluri
avvistati dalla scorta; secondo fonti britanniche, invece, l’Una non
si sarebbe accorto della presenza del convoglio, né prima né dopo
essere stato bombardato con cariche di profondità).
11
gennaio 1943
Il
convoglio arriva a Biserta alle 15.45, dopo aver percorso 295 miglia.
La
Sirio
ne riparte alle 17.20, per trasferirsi a Napoli.
12
gennaio 1943
Arriva
a Napoli alle 14.50, dopo aver percorso 397 miglia.
Gennaio
1943
Il
capitano di corvetta Bertone viene avvicendato al comando della Sirio
dal parigrado Sandro Cetti, 35 anni, da Como.
|
Sandro Cetti in un’immagine risalente ai tempi dell’Accademia Navale (g.c. Andrea Tirondola) |
31
gennaio 1943
La
Sirio
parte da Napoli alle 4.30 insieme al cacciatorpediniere Saetta ed
alle torpediniere Clio, Monsone ed Uragano,
per scortare a Biserta, via Palermo, le moderne motonavi da
carico Manzoni, Mario Roselli ed Alfredo
Oriani.
Qualche
ora dopo la partenza il convoglio viene infruttuosamente attaccato
con lancio di siluri, a nordovest della Sicilia, da un sommergibile
(che alcuni siti identificano con il britannico Turbulent,
che però non risulterebbe in realtà aver condotto alcun attacco in
questa data).
1°
febbraio 1943
Alle
17.45 le navi giungono a Palermo, dove sostano fin dopo mezzanotte.
2
febbraio 1943
Alle
00.50 il convoglio riparte alla volta
di Biserta, dove giunge alle 17.34, dopo aver percorso 229 miglia
dopo aver superato indenne un attacco di bombardieri.
3
febbraio 1943
Sirio
(capitano di corvetta Sandro Cetti; a bordo si trova il comandante
della flottiglia torpediniere di scorta di Napoli, la 1a
Flottiglia siluranti di scorta, capitano di vascello Corrado
Tagliamonte, che assume quindi anche il ruolo di caposcorta), Clio
(tenente di vascello Carlo Brambilla), Monsone
(capitano di corvetta Emanuele Filiberto Perucca Orfei), Uragano
(capitano di corvetta Luigi Zamboni) e Saetta
(capitano di corvetta Enea Picchio) lasciano Biserta alle 5.30 per
scortare a Napoli, via Trapani, la grossa motonave cisterna
Thorsheimer,
che torna scarica in Italia.
Il
cielo è sereno, con mare molto agitato per forte vento da maestrale
levatosi durante la notte e mediocre visibilità, in peggioramento;
le unità del convoglio seguono inizialmente in linea di fila
la Sirio a
bassa velocità, poi accelerano sino a raggiungere la velocità
prefissata per la traversata, quindi, alle 6.50 (al traverso
dell’Isola dei Cani, circa dieci miglia a nordest di Biserta) si
portano in formazione su file parallele distanziate di 300 metri (per
altra fonte, 500 metri), e fanno rotta verso nord. La Monsone procede
in testa al convoglio, conducendo la navigazione, seguita di 1500
metri dalla Thorsheimer,
protetta a dritta da Uragano e Saetta ed
a sinistra da Sirio e Clio.
Alle
8.17 Monsone ed Uragano –
uniche unità della scorta ad essere dotate di ecogoniometro, essendo
anche le più moderne – riferiscono che il mare agitato, forza 4-5,
disturba parecchio la ricerca con l’ecogoniometro a frequenza
acustica «Safar» di cui sono dotate (il quale, sistemato nel
casotto di rotta, non fornisce più indicazioni quando la nave rolla,
oltre ad essere rumoroso, poco illuminato ed affetto da echi
accessori).
Tra
le 8.40 e le 9.26, le navi rollano e scarrocciano violentemente a
causa del mare molto agitato da nordovest e del vento forza 6 da
maestrale,
ed il rollio ostacola l’impiego dello scandaglio, oltre ad
impedire, insieme alla foschia, di calcolare la posizione con
precisione per capire se si stia seguendo la rotta (le unità del
convoglio non lo sanno, ma sono già scadute di un miglio più ad est
della rotta prevista, come emergerà da successivi rilevamenti). Alle
nove la Thorsheimer segnala
di aver dovuto abbassare la velocità a dieci nodi.
Alle
9.38 il convoglio ha appena accostato a dritta per dirigere su
Marettimo, quando l’Uragano,
nel punto 37°35' N e 10°37' E (a 27,5 miglia per 54°, cioè ad
est, dell’Isola dei Cani), urta una mina e rimane immobilizzata,
con la poppa semidistrutta.
L’ordigno
fa parte di uno sbarramento di 160 mine posato il 9 gennaio 1943 dal
posamine britannico Abdiel a
sud di Marettimo ed al largo del banco di Skerki, circa 40 miglia a
nordest di Biserta. Le altre navi, avendo visto l’imponente colonna
di fumo ed acqua sollevatasi a poppa della torpediniera al momento
dell’esplosione, cercano di contattare l’Uragano con
la radio ad onde ultracorte, ma inizialmente non vi è alcuna
risposta, poi la nave segnala “colpito da mina”.
Alle
9.40 il caposcorta Tagliamonte, compreso che l’Uragano ha
urtato una mina, ordina alla Clio ed
al Saetta,
che procedono in linea di fila con un intervallo di 500 metri tra di
loro, di avvicinarsi all’Uragano per
darle assistenza; il Saetta
rallenta a mezza forza ed inizia ad accostare con tutta la barra a
sinistra (“con l’evidente
intenzione di accodarsi alla cisterna”,
secondo Tagliamonte), ma al contempo fa presente di essere la nave
con il maggiore pescaggio, dunque più vulnerabile alle mine, e di
non sapere quindi quale aiuto potrà dare, ma non riceve risposta.
Mentre avviene questo scambio di messaggi, anche la Monsone
(che però non si identifica nel suo messaggio: solo all’arrivo in
porto il caposcorta scoprirà la sua provenienza) comunica
alla Sirio,
tramite l’apparato ad onde ultracorte, “ritengo di essere un po’
a sinistra”, ma Tagliamonte, ritenendo invece – da quanto
accaduto all’Uragano –
che il convoglio si trovi a dritta, e vedendo la Monsone venire
a dritta, le ordina di tornare sulla propria rotta, a meno che non
rilevi degli echi di mine all’ecogoniometro.
Intanto
il Saetta,
ridotta la velocità a mezza forza, inizia l’accostata con tutta la
barra a sinistra come ordinato, ma alle 9.48, giunto a duecento metri
dalla nave danneggiata (mentre sta per giungere quasi nella scia
della Clio),
urta a sua volta
una mina, spezzandosi in due e colando a picco in una cinquantina di
secondi, portando con sé gran parte dell’equipaggio.
Alle
9.50 la Clio riferisce
che il Saetta ha
urtato una mina, ed alle 9.51 la Sirio ordina
alla Clio,
che non si può avvicinare di più per non fare la stessa fine, di
fermarsi e raccogliere i naufraghi con il proprio battello senza
spostarsi dal punto in cui si trova, mentre il resto del convoglio
procede sulla rotta (il caposcorta scriverà però nel rapporto che
“Dall’esame del rapporto
di navigazione della Clio, per quanto sul brogliaccio delle
ultracorte della Sirio vi sia il ricevuto, risulterebbe che tale
segnale [di mettere a mare
il battello per recuperare i naufraghi del Saetta,
senza spostarsi dal punto in cui si trova] non
è stato ricevuto”). Il
mare burrascoso frustra però anche questo tentativo della Clio,
ed alle dieci il capitano di vascello Tagliamonte, constatata
l’impossibilità dell’intervento da parte di questa unità (mare
e vento la farebbero comunque scarrocciare con il rischio di finire
sulle mine, oltre a precludere del tutto l’utilizzo del battello),
deve ordinare anche ad essa di rinunciare al soccorso e di seguire
la Sirio esattamente
nella scia. Alle 10.05 la Sirio
contatta Mariafrica (Biserta) per chiedere l’invio di mezzi di
soccorso adeguati e Supermarina per dare notizia della critica
situazione dell’Uragano
e dell’impossibilità di prestare assistenza ad essa ed ai
naufraghi del Saetta
(della cui sorte la Sirio
ha informato Supermarina dieci minuti prima) a causa del vento e del
mare forza 5 (per altra fonte la comunicazione a Supermarina sarebbe
stata effettuata alle 9.55).
Sempre
alle dieci Supermarina ordina al resto del convoglio di tornare in
formazione e proseguire verso Napoli (altra fonte colloca
quest’ordine alle 13.04). Il convoglio riorganizza la propria
formazione, disponendosi alle dieci in linea di fila e poi in file
parallele, con la Monsone in
testa, la Thorsheimer nella
sua scia, la Clio a
dritta della cisterna e la Sirio alla
sua sinistra. Alle 12.05 il caposcorta segnala di nuovo a Supermarina
la situazione disperata dell’Uragano
e chiede a Biserta di mandare mezzi di soccorso.
Di
338 uomini imbarcati su Uragano
e Saetta,
soltanto 54 verranno tratti in salvo.
Alle
12.20 le navi del convoglio avvistano undici tra bombardieri ed
aerosiluranti angloamericani scortati da quattro caccia, che alle
12.25 passano all’attacco: la scorta aerea tedesca, però,
intercetta gli attaccanti, che vengono anche presi sotto il tiro
delle armi contraeree delle navi. Uno dei velivoli nemici viene
abbattuto e precipita in mare; nessuna nave viene colpita.
Alle
13.33 il convoglio riceve l’ultimo messaggio dell’Uragano,
che aggiorna sulla sua situazione sempre più critica. Poi più
nulla: la torpediniera è affondata.
Alle
navi del convoglio non rimane che proseguire la navigazione,
zigzagando in linea di fila. Le navi passano al traverso dell'Isola
Formica e di Capo San Vito, poi, giunte al traverso dell'Isola delle
Femmine, fanno rotta per Napoli. Alle 23 (o 23.30) la Clio è
colta da un’avaria di macchina, che la costringe a riparare a
Palermo; la navigazione delle tre rimanenti navi è molestata da
ripetuti sorvoli da parte di aerei, con conseguenti chiamate ai posti
di combattimento, e da reiterate avarie alle logorate pompe nafta ed
olio della Sirio.
4
febbraio 1943
Alle
6.20 vengono avvistate sulla dritta due motosiluranti italiane, ed
alle 12.50 il convoglio riesce finalmente ad entrare a Napoli, dove
la Sirio
si ormeggia di punta alle 13.15 al Molo San Vincenzo, dopo aver
percorso 447 miglia.
12
febbraio 1943
La
Sirio
lascia Napoli alle 20 per trasferirsi a Palermo.
13
febbraio 1943
Arriva
a Palermo alle nove, dopo aver percorso 194 miglia.
Febbraio
1943
Assume
il comando della Sirio
il capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti, 35 anni, da La Spezia.
15
febbraio 1943
La Sirio (caposcorta,
capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti) salpa da Palermo alle 10.50
unitamente alla torpediniera Monsone
(capitano di corvetta Emanuele Filiberto Perrucca-Orfei), all’anziano
cacciatorpediniere Augusto
Riboty
(tenente di vascello di complemento Nicola Ferrone) ed alle
nuovissime corvette Gabbiano
(tenente di vascello Alberro Ceccacci) ed Antilope
(capitano di corvetta Roberto Lucciardi), per scortare a Biserta un
convoglio formato dai piroscafi Alcamo, Frosinone e Chieti e
dalla piccola motocisterna Labor.
Alle 19.25 la scorta perde il Riboty,
che si separa dal convoglio davanti a Trapani per via di problemi
alle macchine.
Alle
23.28, 26 miglia a sud di Marettimo, l’ecogoniometro
della Monsone rileva
il rumore generato da due motori a scoppio distanti circa 3000 metri,
su rilevamento polare 300° (60° dalla prua sinistra): sono le
motosiluranti britanniche MTB
77 (caposquadriglia,
tenente di vascello Robert Angus Martin Hennessy) e MTB
82 e la
motocannoniera MGB
61 (quest’ultima,
essendo sprovvista di siluri, ha il compito di aggirare il convoglio
ed attirare su di sé l’attenzione della scorta facendo abbondante
uso delle sue mitragliere, in modo da agevolare l’attacco delle
motosiluranti contro i piroscafi), che stanno per attaccare il
convoglio, che attendevano ferme sulla sua rotta. Subito dopo la
torpediniera avvista anche visivamente le tre unità nemiche, ma non
può comunicarlo al resto del convoglio perché la radio ad onde
ultracorte si è guastata; comunque, quasi contemporaneamente anche
la Gabbiano le
avvista, vedendo che hanno messo in moto e stano dirigendo verso il
convoglio. In quel momento il convoglio sta procedendo con rotta 205°
su due colonne: a dritta Alcamo
seguito dalla Labor,
a sinistra Frosinone
seguito dal Chieti;
la Monsone
apre la formazione a proravia dell’Alcamo,
mentre l’Antilope
copre il fianco dritto del convoglio e Sirio
e Gabbiano
quello sinistro (la Sirio
procede a poppavia della Gabbiano,
approssimativamente all’altezza del Chieti).
Tutte
le unità della scorta, ed anche i mercantili, aprono un intenso
fuoco con cannoni e mitragliere, cui le piccole unità britanniche,
che procedono velocissime, rispondono con il tiro delle proprie
mitragliere, i cui proiettili hanno codette luminose azzurre e rosse
poco luminose; il loro fuoco viene però interrotto dopo poco. Le due
motosiluranti, pur venendo colpite più volte (da bordo delle navi
italiane si vede un’esplosione sulla prua di una di esse), serrano
le distanze, penetrano nel perimetro del convoglio e compiono diversi
giri, quasi girando su sé stesse. La MTB 77 lancia
un siluro da 400 metri contro l’Alcamo, mancandolo, poi
accosta per lanciare contro il Chieti ma viene
colpita, ed il siluro non parte; la motosilurante mitraglia allora
il Chieti mentre gli passa davanti prima di
disimpegnarsi ed allontanarsi inseguita dal tiro delle unità
italiane, che la colpiscono più volte (intenzione di Hennessy
sarebbe stato di lanciare due bombe di profondità di prua al Chieti
per tentare di danneggiarlo con la loro esplosione, ma l’ufficiale
incaricato di sganciarle rimane ucciso dal tiro italiano prima di
poter adempiere al proprio compito), senza potersi coprire con una
cortina nebbiogena perché anche il nebbiogeno è stato distrutto da
un colpo italiano. La MTB 82 lancia a sua volta
un siluro contro l’Alcamo, poi deve ritirarsi a causa
dell’intenso fuoco italiano, seguendo la MTB 77 e
venendo colpita da un proiettile a poppa.
L’Antilope vede
passare a poppavia, lontani, uno o forse anche due siluri. Le due
motosiluranti (la motocannoniera si è dileguata: ironia della sorte,
proprio questa unità che aveva il compito di attirare su di sé la
reazione della scorta è l’unica ad uscirne indenne, mentre la MTB
82 ha subito un colpo a
bordo e la MTB 77
è stata colpita più volte) si ritirano verso sudest ad alta
velocità lanciando in mare due piccoli segnali luminosi, vanamente
inseguite dalla Sirio,
cui si unisce in seguito anche la Monsone.
Le
motosiluranti britanniche riterranno erroneamente che della scorta
del convoglio facessero parte anche alcuni MAS, contro i quali hanno
fatto fuoco arrecando probabilmente loro dei danni e senza destare
reazione (né reazione avrebbe potuto esserci, non essendoci alcun
MAS), ed Hennessy riterrà altrettanto erroneamente che il Chieti
sia stato colpito e seriamente danneggiato dal tiro delle unità di
scorta. I britannici rivendicano anche un siluro a segno su un
mercantile, che sarebbe stato gravemente danneggiato e forse
affondato; in realtà, nessuna nave italiana ha subito il minimo
danno.
16
febbraio 1943
Alle
00.40 le due motosiluranti tornano alla carica, venendo avvistate
dalla Sirio su
rilevamento polare 205° (25° dalla poppa a sinistra), ma la
reazione della scorta (preciso fuoco di mitragliere) le respinge
subito senza che si abbiano a lamentare danni al convoglio. All’1.30,
secondo il rapporto del caposcorta Cuzzaniti, «identica
manovra di attacco è ripetuta
(…) da parte di una sola
motosilurante; anche questa è fermata dal preciso tiro di
mitragliere e la si vede invertire la rotta e allontanarsi».
In realtà non vi è stato alcun ulteriore attacco delle
motosiluranti a quest’ora, Cuzzaniti ha “preso un abbaglio”
proprio come il suo avversario Hennessy quando aveva creduto di aver
visto i MAS od il mercantile silurato.
Quello
sventato dalla Sirio
e dal resto della scorta è il primo attacco condotto da
motosiluranti britanniche contro un convoglio italiano diretto in
Africa.
In
mattinata (per altra fonte, dalle 00.40) si unisce alla scorta la
torpediniera Clio (capitano di corvetta Carlo Brambilla),
uscita da Trapani alle 21.50 per sostituire il Riboty.
Le
navi italiane dovranno superare anche alcuni attacchi aerei (all’1.57
ed alle 3.25), prima di poter finalmente giungere a Biserta, senza
danni, alle 23.05, dopo aver percorso 350 miglia.
17
febbraio 1943
Sirio
(caposcorta) e Monsone
ripartono da Biserta alle 6.30 per scortare a Napoli la motonave
italiana Ines
Corrado
ed il piroscafo tedesco Pierre
Claude.
18
febbraio 1943
Il
convoglio giunge a Napoli alle 10.15, dopo aver percorso 368 miglia.
25
febbraio 1943
Alle
13.15 la Sirio (caposcorta) salpa
da Napoli insieme alle torpediniere Castore, Ciclone,
Pegaso,
Sagittario e Generale
Antonino
Cascino ed
ai cacciasommergibili tedeschi UJ
2209, UJ
2210 e UJ
2220, per scortare a
Biserta i piroscafi Teramo e Forlì.
Sei
ore dopo la partenza, il convoglio viene avvistato da ricognitori
avversari.
26
febbraio 1943
Individuato
da ricognitori avversari, il convoglio viene attaccato da
aerosiluranti alle 3.30, 38 miglia a sudovest da Punta Licosa;
nessuna nave viene colpita.
Alle
14.30 esso subisce un nuovo attacco, stavolta
da parte di 18 bombardieri, 38 miglia a nord di Capo Zaffarano.
Nessuna nave è colpita tranne l’UJ 2209, lievemente
danneggiato da schegge ed assistito dalle altre unità della
squadriglia.
Nelle
acque antistanti Palermo, Sirio, Sagittario
ed i tre cacciasommergibili tedeschi lasciano il convoglio e
rientrano a Napoli, dove la Sirio
arriva alle 14.56, dopo aver percorso 232 miglia. Si uniscono invece
ad esso le navi cisterna Bivona e Labor,
il piroscafo Volta,
le torpediniere Groppo
(che assume il ruolo di caposcorta al posto della Sirio) ed Orione,
la corvetta Gabbiano ed
il dragamine tedesco R
15; il grande convoglio
così formato giungerà a Biserta due giorni dopo.
27
febbraio 1943
Sirio
(caposcorta) e Sagittario
salpano da Napoli per Tunisi alle 2.10, scortando la motonave Belluno
ed il trasporto militare tedesco KT
14.
Alle
19.30 il convoglio giunge a Trapani, dove sosta fino al giorno
seguente.
28
febbraio 1943
Sirio,
Sagittario,
Belluno
e KT 14
lasciano Trapani alle quattro del mattino insieme al piroscafo
Fabriano,
alla torpediniera Clio
ed alla corvetta Antilope,
che formano con esse un convoglio unico; caposcorta è sempre la
Sirio.
Il convoglio raggiunge Tunisi alle 17.30, dopo aver percorso 460
miglia.
Subito
la Sirio
riparte per tornare a Palermo, scortando un altro convoglio; durante
la navigazione viene eseguito tiro contro una formazione di aerei che
sorvolano le navi.
1°
marzo 1943
Giunge
a Palermo alle 15.30, dopo aver percorso 280 miglia.
2
marzo 1943
Lascia
Palermo alle 17.45, diretta a Napoli in missione di scorta convoglio.
4
marzo 1943
Arriva
a Napoli alle 13.42, dopo aver percorso 250 miglia.
11
marzo 1943
Alle
22.40 la Sirio (capitano
di corvetta Antonio Cuzzaniti; a bordo anche il caposcorta, capitano
di vascello Corrado Tagliamonte), insieme alle torpediniere
Ardito (capitano
di corvetta Silvio Cavo) e Pegaso (capitano
di corvetta Mario De Petris) ed alla corvetta Cicogna (tenente
di vascello Augusto Migliorini), salpa da Napoli per scortare a
Tunisi il convoglio «D», formato dai piroscafi
tedeschi Esterel e Caraibe.
12
marzo 1943
Alle
2.10 l’Ardito deve rientrare a Napoli a causa di una
grave avaria di macchina.
Alle
14.40 si uniscono al convoglio la cisterna militare Sterope,
partita da Messina e diretta a Biserta, e le
torpediniere Cigno (capitano
di corvetta Carlo Maccaferri) ed Orione (capitano
di corvetta Luigi Colavolpe) che la scortano. Poco prima (verso le
14) si è unita alla scorta anche la corvetta Persefone (capitano
di corvetta Oreste Tazzari), salpata da Trapani, che insieme alla
gemella Antilope ed
a cinque cacciasommergibili tedeschi aveva il compito di effettuare
ricerca e caccia antisom preventiva in attesa del convoglio; poco
dopo si aggrega anche la vecchia torpediniera Generale
Antonino Cascino (tenente
di vascello di complemento Gustavo Galliano), proveniente da Messina.
Alle
16.10 si unisce alla scorta anche la torpediniera Libra,
proveniente da Palermo, e più tardi i cacciasommergibili VAS
231 e VAS 232.
Già
dal 10 marzo, tuttavia, i comandi britannici – attraverso le
decrittazioni di “ULTRA” – sanno che la nave cisterna Sterope e
la motonave Nicolò
Tommaseo devono
arrivare a Messina alle 20 del 9, provenienti da Brindisi, per poi
unirsi ad Esterel e Caraibe e Manzoni, provenienti
da Napoli e diretti a Messina o Trapani, e fare rotta insieme verso
Tunisi e Biserta, dove giungere nel pomeriggio dell’11. Il 12 marzo
“ULTRA” ha poi appreso del rinvio di 48 ore di tale programma,
con l’arrivo a Messina di Sterope e Tommaseo alle
14 dell’11 anziché la sera del 9; i comandi britannici deducono
correttamente che la prevista riunione in mare avverrà nella
giornata del 12, e pertanto inviano numerosi aerei a cercare il
convoglio.
Lo
trovano alle 20.40: tra quell’ora e le 21.20 il convoglio viene
continuamente sorvolato da aerosiluranti, bersagliati più volte dal
tiro di tutte le navi. Uno di essi, un Bristol Beaufort del
39th Squadron
pilotato dal tenente Arnold M. Feast, verrà abbattuto da Orione
e Persefone
alle 22.15, dopo aver a lungo sorvolato il convoglio;
la Persefone recupererà
tre superstiti.
Alle
21.25 (o 21.35), dodici miglia ad ovest di Capo Gallo,
la Sterope viene
colpita a prora sinistra da un siluro, sganciato da un altro Beaufort
del 39th Squadron
R.A.F. (pilotato dal capitano Stanley Muller-Rowland). Per ordine del
caposcorta Tagliamonte, Pegaso e Cascino sono
distaccate per assistere la petroliera danneggiata, mentre il resto
del convoglio prosegue.
Altri
quattro Beaufort attaccano le navi italiane, senza ottenere ulteriori
centri; due di essi sono colpiti, uno dei quali (sergente William A.
Blackmore) viene abbattuto senza superstiti e l’altro (sergente J.
T. Garland) viene gravemente danneggiato ma riesce a tornare a Luqa
(Malta).
Alle
22.19 (o 22.10) il convoglio viene nuovamente attaccato, stavolta dal
sommergibile britannico Thunderbolt (capitano
di corvetta Cecil Bernard Crouch), che silura e danneggia
l’Esterel sei
miglia ad est di Capo San Vito siculo (Sicilia nordoccidentale; per
altra fonte, due miglia a nord di tale Capo).
Il Thunderbolt è
partito da Malta il precedente 9 marzo per la sua quindicesima
missione di guerra, la sesta in Mediterraneo, con l’ordine di
pattugliare le acque ad ovest di Marettimo e la costa nordoccidentale
della Sicilia e poi raggiungere Algeri al termine della missione; non
si è mai avuta una formale conferma che sia stato questo battello a
silurare l’Esterel,
non essendo il Thunderbolt mai
rientrato dalla sua missione (come si vedrà più sotto), ma non
avendo alcun altro sommergibile britannico rivendicato un attacco in
circostanze compatibili con questo siluramento, è pressoché certo
che sia stata proprio opera del Thunderbolt.
Dopo
l’attacco, il convoglio viene raggiunto da due cacciasommergibili,
il VAS 231 ed
il VAS 232,
che danno assistenza all’Esterel per
qualche minuto prima di allontanarsi di nuovo. Su ordine della Sirio,
la Persefone e
l’Orione danno
assistenza all’Esterel;
il piroscafo danneggiato viene anch’esso preso a rimorchio (prima
dall’Orione e
successivamente da due rimorchiatori inviati da Trapani, mentre la
Persefone
assicura la scorta) e portato a Trapani, dove giungerà l’indomani
alle 14.20 (ma non sarà mai riparato). Inoltre, la Sirio
distacca la Libra per
dare la caccia al sommergibile, ed essa riesce a localizzare il
battello nemico con l’ecogoniometro alle 23.42, in posizione 38°17'
N e 12°57' E (una dozzina di miglia a nordest di Capo San Vito
siculo; il sommergibile si sta muovendo a tre nodi), mantenendo poi
un buon contatto per due ore – agevolata dalla scia fosforescente
che il sommergibile si lascia alle spalle – e bombardandolo con
sette scariche di bombe di profondità tra le 23.47 e l’1.38 del
15. Dopo l’ultima scarica, l’equipaggio della Libra vede
emergere una colonna d’acqua e fumo nero e sente un forte odore di
nafta (per altra fonte, sarebbe stato avvistato nell’oscurità
qualcosa che galleggiava in superficie, oppure dei rottami), il che
induce il suo comandante a ritenere di avere affondato il
sommergibile.
Nel
frattempo, il convoglio viene infruttuosamente attaccato da aerei,
uno dei quali viene abbattuto; l’equipaggio è recuperato dalla
Persefone.
Alle 22.55 anche la Cicogna
e viene distaccata per dare la caccia a quello che si ritiene essere
un altro sommergibile da essa localizzato: in realtà è sempre
il Thunderbolt,
che è stato danneggiato dalla Libra
e verrà affondato proprio dalla Cicogna il
giorno seguente.
In
seguito dell’avvistamento, da parte di un ricognitore della
Luftwaffe alle 20.18 del 12, di quattro cacciatorpediniere britannici
al largo di Bona, con rotta nordest ed elevata velocità, il
convoglio – ormai ridotto ai soli Caraibe, Sirio e Cigno
– riceve ordine di interrompere la traversata e riparare a Trapani.
13
marzo 1943
Alle 00.55
Sirio,
Cigno
e Caraibe
entrano a Trapani, dove nelle ore successive confluiscono anche
Libra,
Cascino
e Pegaso,
una volta
completati i rispettivi compiti. (La Sirio
ha percorso 324 miglia dalla partenza da Napoli).
Alle
22.45 Caraibe e
scorta, ora costituita
da Sirio (caposcorta), Cigno, Libra, Orione, Cascino e Pegaso nonché
dalle VAS 231 e 232 (le
quali precedono il convoglio per effettuare dragaggio nei fondali di
profondità inferiore ai 300 metri), ripartono da Trapani per unirsi,
70 miglia a sudovest della città e dieci miglia ad est del banco di
Skerki, ad un altro convoglio formato dalle
motonavi Manzoni e Mario Roselli,
provenienti da Olbia e dirette a Biserta.
14
marzo 1943
A partire
dall’1.34 aerei avversari iniziano a sorvolare il convoglio, e tra
le 2.42 e le 2.44 questi lanciano tre siluri: la Pegaso abbatte
un aerosilurante, ma alle 2.44 il Caraibe viene
colpito da un siluro, il terzo lanciato. Subito incendiato, il
piroscafo – carico di munizioni – viene scosso da una serie di
esplosioni ed affonda alle 4.35; le unità della scorta subiscono
insistenti attacchi di bombardieri ed aerosiluranti fino alle quattro
del mattino, ma non subiscono danni. Cascino e Pegaso recuperano
63 sopravvissuti del Caraibe (su
un centinaio di uomini presenti a bordo) e dirigono per Trapani.
Le
altre torpediniere ed i due VAS (sempre con funzione di dragaggio)
raggiungono alle 8.15, una settantina di miglia a sudovest di
Trapani, il convoglio formato da Manzoni e Roselli
scortate da Sagittario
(capitano di corvetta Vittorio Barich) e Clio
(capitano di corvetta Carlo Brambilla), col quale giungono a Biserta
alle 16.59, precedute nell’ultimo tratto della navigazione da tre
dragamine usciti da Biserta per dragare la rotta del convoglio (per
altra versione, anche la Pegaso si
sarebbe riunita alla scorta delle due motonavi nell’ultimo tratto
di navigazione); Libra ed Orione,
prima di entrare a Biserta, ricevono ordine di recarsi a Tunisi. (La
Sirio
ha percorso 295 miglia da Trapani a Biserta).
Alle
21.34 Sirio (caposcorta)
e Cigno
lasciano Biserta per scortare a Napoli un convoglio (denominato
«Volta»)
formato dai piroscafi italiani Volta, Teramo e Forlì (sui
primi due sono imbarcati oltre 500 prigionieri) e dalle motonavi
cisterna Labor (italiana)
ed Ethylene (tedesca).
15
marzo 1943
Alle
5.10 si uniscono al convoglio, al largo di Zembretta, anche la
torpediniera Libra ed
il piroscafo tedesco Charles Le
Borgne, provenienti da
Tunisi. Alle 12.30 giungono di rinforzo alla scorta le
corvette Cicogna e Persefone,
inviate da Trapani; alle 17.40 il convoglio riceve ordine di
raggiungere proprio Trapani, per sostarvi qualche ora.
Alle
18.34, a poca distanza dalle Egadi, scoppia sull’Ethylene un
incendio, causato da autocombustione di vapori di benzina presenti
nelle sue cisterne vuote: la petroliera tedesca viene presa a
rimorchio dalla Libra,
che la traina fino alle 21 circa, quando viene rilevata nel rimorchio
dal rimorchiatore Tifeo, appositamente
uscito da Trapani.
16
marzo 1943
Il
convoglio, compresa la danneggiata Ethylene,
raggiunge Trapani all’una di notte; le navi sostano in rada per tre
ore, dopo di che ripartono alle quattro (o 4.30) del mattino, senza
più l’Ethylene che
rimane invece a Trapani.
Lasciata Trapani, il convoglio segue la
costa siciliana fino a Palermo, dove arriva alle 12.15 dello stesso
giorno, dopo aver percorso 392 miglia; alcune torpediniere si
riforniscono di carburante, mentre il Teramo viene
rifornito di viveri per i prigionieri (per altra fonte, sia
il Volta che
il Teramo avrebbero
sbarcato i prigionieri a Palermo). Completato il rifornimento, il
convoglio lascia Palermo alle 16.17 alla volta di
Napoli, senza più Cicogna, Persefone, Labor e Volta,
rimasti nel capoluogo siciliano, ma con l’aggiunta dei
piroscafi Ferrara e Potenza.
17
marzo 1943
Alle 11.10
il sommergibile britannico Trooper (tenente
di vascello John Somerton Wraith) avvista fumo e tre aerei verso
sudovest, ed alle 11.35 avvista il convoglio, di cui apprezza la
composizione in quattro navi mercantili, su due colonne, e tre
“cacciatorpediniere”, uno a proravia della formazione ed uno su
ogni lato.
Alle 12.11 il Trooper lancia
in tre siluri da 4570 metri contro il mercantile di testa della
colonna di dritta, indi accosta a sinistra e ne lancia altri tre
contro il secondo mercantile della medesima colonna, entrambi stimati
in 4000 tsl.
Alle 12.20 uno dei siluri colpisce il Forlì,
che affonda in pochi minuti nel punto 40°16' N e 14°15' E (per
altra fonte, 40°11' N e 14°23' E), 18 miglia a sud di Capri e 23
miglia ad ovest di Punta Licosa. La Libra recupera
i 16 sopravvissuti (su 26 uomini imbarcati), mentre Cigno (unica
unità dotata di ecogoniometro: sfortuna ha voluto che si trovasse
sul lato opposto del convoglio rispetto all’attaccante)
e Sirio danno
la caccia al sommergibile; la Sirio
lancia cinque bombe di profondità. L’equipaggio del Trooper
conta in tutto 22 esplosioni di bombe di profondità, nell’arco di
un lasso di tempo piuttosto prolungato. Le due torpediniere
riterranno di aver danneggiato l’attaccante, avendo visto affiorare
in superficie molta nafta, ma in realtà il Trooper non
ha subito danni, sebbene il contrattacco gli abbia impedito di
tornare a quota periscopica per verificare gli esiti del suo attacco
(Wraith crede di aver colpito entrambi i mercantili, e forse anche un
“cacciatorpediniere”, con un totale di tre siluri).
Il resto
del convoglio giunge a Napoli alle 16.50, dopo aver percorso 217
miglia.
21
marzo 1943
La
Sirio
salpa da Napoli alle 22.20 per una missione di scorta alla nave
cisterna tedesca President
Herrenschmidt.
22
marzo 1943
Alle
10.40 il sommergibile britannico Tribune
(tenente di vascello Stewart Armstrong Porter) avvista da 11 km di
distanza la President
Herrenschmidt in
navigazione verso sud, bassa sull’acqua; alle undici avvista la
Sirio
(correttamente identificata come una torpediniera classe Spica con
colorazione mimetica) che si trova verso il mare aperto rispetto alla
President Herrenschmidt,
mentre il Tribune
è sul lato opposto, tra la petroliera e la terraferma. Non vi è
scorta aerea; la situazione è favorevole ad un attacco, ed alle
11.15, in posizione 39°14' N e 15°59' E (circa cinque miglia a
sudovest di San Lucido ed una decina di miglia a nordovest di Capo
Suvero; per altra fonte 39°02' N e 16°00' E), il Tribune
lancia tre siluri da 1100 metri contro la President
Herrenschmidt, identificata
come una nave cisterna di 6000 tsl (in realtà è anche più grande:
oltre 9000 tsl). Il secondo siluro va a segno, colpendo la petroliera
a poppa ed immobilizzandola.
Alle
11.30 la Sirio
passa al contrattacco, lanciando singolarmente dieci bombe di
profondità, nessuna delle quali esplode vicino al Tribune;
anche un aereo sgancia due bombe, che invece esplodono piuttosto
vicine. Nondimeno, il sommergibile imbarca acqua, secondo Porter per
via di una perdita ad una delle casse di zavorra, e perde l’assetto,
sprofondando a cento metri di profondità. Tornato a quota
periscopica alle 13.12, dopo una quarantina di minuti di calma, il
Tribune
osserva la President
Herrenschmidt ferma e
visibilmente appoppata; essendoci ancora sia la Sirio
che tre aerei, torna a scendere
in profondità. Alle 14.29 il sommergibile torna a quota periscopica;
non avvista più la petroliera ma è nuovamente costretto a scendere
in profondità dalla presenza degli aerei.
Porter
pensa che forse la nave cisterna è affondata, ma in realtà è stata
presa a rimorchio dalla Sirio,
che successivamente cede il rimorchio ai rimorchiatori Athleto
e Salvatore
Primo.
25
marzo 1943
La
Sirio
e la danneggiata President
Herrenschmidt arrivano
finalmente a Napoli alle 3.50, dopo aver percorso 862 miglia.
27
marzo 1943
Parte
da Napoli alle 13.05 per scortare a Trieste, via Salerno, Vibo
Valentia, Messina e Taranto, i piroscafi tedeschi Lillois e
Nantaise, che salpano da Torre del Greco alle 14.30.
28
marzo 1943
Alle
10.50 il sommergibile britannico Torbay
(tenente di vascello Robert Julian Clutterbuck) avvista al largo di
Capo Scalea, da nove miglia di distanza, il convoglio scortato dalla
Sirio,
che procede lungo la costa: la stazza dei due mercantili è valutata
da Clutterbuck in 1500-2000 tsl, la rotta del convoglio come 140°.
La Sirio
procede a zig zag tra i 2000 ed i 4000 metri al traverso dei due
piroscafi, sul lato rivolto verso il mare aperto; i due mercantili
procedono in colonna, distanziati tra loro di un miglio. Alle 11.38
il Torbay
lancia quattro siluri contro il mercantile di coda, il Lillois,
da 2400 metri: colpito da due delle armi (alle 11.46, secondo le
fonti italo-tedesche), il piroscafo tedesco affonda in posizione
39°48' N e 15°43' E (a tre miglia per 230° da Capo Scalea, o due
miglia e mezzo a sud del Capo; per altra fonte in posizione 39°05' N
e 15°46' E). La Sirio
contrattacca con il lancio di sei bombe di profondità, nessuna delle
quali esplode vicina al Torbay.
Dell’equipaggio del Lillois
vengono tratti in salvo sedici uomini, mentre undici hanno perso la
vita.
31
marzo 1943
Sirio
e Nantaise
arrivano a Messina alle 10.55, dopo aver percorso 440 miglia.
La
Sirio
riparte da Messina alle 12.10 diretta a Taranto, sempre di scorta al
Nantaise.
1°
aprile 1943
Arriva
a Taranto alle 14.45, dopo aver percorso 269 miglia.
6
aprile 1943
Salpa
da Taranto alle 16.15, sempre scortando il Nantaise.
7
aprile 1943
Arriva
a Bari alle 16.35, dopo aver percorso 260 miglia.
12
aprile 1943
Lascia
Bari alle 8.48, ancora di scorta al Nantaise.
15
aprile 1943
Arriva
a Trieste alle 15.30, dopo aver percorso 614 miglia.
Estate
1943
Assegnata
alla I Squadriglia Torpediniere, alle dipendenze della V Divisione
Navale, con base a Taranto (per altra fonte, a Napoli, alle
dipendenze del Comando Superiore Torpediniere di Scorta). Insieme ad
essa formano la squadriglia le gemelle Clio,
Aretusa,
Lince,
Sagittario
e Cassiopea;
sono adibite a compiti di scorta convogli in acque metropolitane.
2
settembre 1943
Partecipa
ad un’esercitazione al largo di Taranto, insieme alla Clio
ed al sommergibile Marcantonio
Bragadin.
8
settembre 1943
L’annuncio
dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati sorprende la Sirio
a Taranto, insieme alle altre unità della I Squadriglia Torpediniere
(Clio,
Aretusa,
Cassiopea,
Sagittario),
alla XV Squadriglia Cacciatorpediniere (Granatiere,
Nicoloso Da Recco,
FR
23,
FR
31),
al Gruppo incrociatori leggeri (Scipione
Africano,
Pompeo
Magno
e Luigi Cadorna),
alle corazzate Duilio
e Andrea
Doria
della V Divisione, alle corvette Flora
e Driade
della III Squadriglia, ed ai sommergibili Atropo,
Tito
Speri,
Giovanni
Da
Procida
(appartenenti al IV Grupsom) e Dandolo.
Nei
giorni successivi all’armistizio, la Sirio
– lasciata a disposizione del re e del governo, insediatisi a
Brindisi dopo la fuga da Roma, insieme alla Clio,
a due corvette ed all’incrociatore leggero Scipione
Africano
– viene impiegata nei collegamenti tra Brindisi e Taranto.
17
settembre 1943
All
14 la Sirio
e la Clio
salpano da Brindisi per Corfù cariche di rifornimenti per la
guarnigione italiana dell’isola, sotto attacco da parte delle forze
tedesche.
Tale
missione di soccorso è frutto di un’iniziativa del contrammiraglio
Giovanni Galati, che spronato dalle richieste d’aiuto della
guarnigione dell’isola (Galati è amico personale del generale
Antonio Gandin, comandante della Divisione "Acqui" che
presidia le Isole Ionie) ha chiesto ed ottenuto il tacito assenso del
ministro della Marina, ammiraglio Raffaele De Courten, assumendosi
personalmente la responsabilità ed il comando della missione (scrive
il giornalista Alfio Caruso nel
libro "Italiani dovete
morire": «A Malta e a
Brindisi sono ormeggiate le navi per andare in soccorso della Acqui:
perché non sfruttarle? Quella mattina Galati lo dice a De Courten e
il ministro (…) gli
dà il via libera con un doppio cenno della mano. Galati si precipita
fuori dall’ufficio di De Courten, mentre esce i suoi occhi
s’incrociano con quelli
del re, affacciato al balcone della residenza; in giardino incontra
la regina che gli sorride, Galati si sofferma per un saluto marziale,
ma girato l’angolo riprende a correre. Sono molti i compiti da
assolvere prima di salpare, tuttavia il contrammiraglio non si fida a
usare il telefono: le clausole dell’armistizio impediscono
all’Italia di poter gestire soldati, navi, aerei senza il consenso
degli Alleati. (…) Gli
ufficiali della graziosa maestà britannica hanno già detto che
Cefalonia non interessa, che la resistenza della Acqui non è affar
loro. Galati gira per caserme, depositi, arsenali. Di roba ce n’è
a iosa, basta caricarla e trasportarla. Vengono scovate due
torpediniere, la Sirio e la Clio, che facendo la spola con Taranto
hanno diritto alla nafta per navigare (…)
Alle 14 dalla banchina nei
pressi dell’albergo Internazionale, dov’è alloggiata la missione
alleata, le due torpediniere levano l’ancora»).
Dopo aver scovato il materiale richiesto nei magazzini di Brindisi,
Galati ha scelto per la missione Sirio
e Clio,
che facendo la spola con Taranto hanno diritto alla nafta per
navigare, e le ha caricate di rifornimenti (viveri, acqua, munizioni
d’artiglieria e per mitragliatrice, medicinali e materiale
sanitario, proiettili contraerei da 20 mm, e specialmente bombe da
mortaio, che il generale Gandin ha telegrafato essere quasi finite:
il materiale è stato sistemato un po’ ovunque, anche in coperta),
per poi salpare alla volta
delle Isole Ionie, imbarcando lui stesso su una delle torpediniere.
La
partenza, però, è avvenuta senza autorizzazione da parte
britannica, ed una volta
venutolo a sapere l’ammiraglio britannico Arthur Peters, che
sostituisce temporaneamente l’ammiraglio Arthur John Power
(vicecomandante della Mediterranean Fleet e capo della missione
militare Alleata presso il governo italiano) momentaneamente assente,
impone l’immediato rientro in porto delle due torpediniere, perché
nessuna nave da guerra italiana può prendere il mare finché non
sarà stata precisamente definito il livello della loro libertà
d’azione nel quadro post-armistiziale (gli Alleati sospettano che
qualche nave italiana possa tentare di fuggire verso un porto
neutrale o peggio ancora passare con i tedeschi: le ostilità tra
italiani e britannici, del resto, sono terminate da soli nove giorni,
e la diffidenza verso gli ex nemici è ancora alta).
L’ammiraglio
De Courten ed il capo di Stato Maggiore generale, generale Vittorio
Ambrosio, protestano immediatamente presso le autorità Alleate per
chiedere la revoca del provvedimento giustamente ritenuto assurdo; lo
stesso giorno il Comando Supremo protesta per l’accaduto inviando
una nota al generale britannico Noel Mason-Mac Farlane, capo della
Commissione Alleata di Controllo per l’Italia: «L’amm.
Peters ha richiesto al Ministero della Marina italiano di richiamare
subito a Brindisi le torpediniere Sirio e Clio in navigazione per
portare viveri, munizioni e acqua a Corfù, dove le truppe italiane
resistono tenacemente ai tentativi di occupazione delle truppe
tedesche. Si rappresenta al gen. Mac Farlane che, in tal modo, si
viene a indebolire l’azione di difesa di quell’isola che le forze
italiane compiono nell’interesse comune. È quindi desiderabile che
tale azione delle nostre torpediniere sia autorizzata e tale
autorizzazione acquisti carattere d’urgenza. Ove l’autorizzazione
di rifornire Corfù non possa essere concessa, bisognerà in un
prossimo avvenire ritirare tutto il presidio, lasciando l’isola ai
tedeschi».
(Talvolta
viene erroneamente affermato che Sirio
e Clio
sarebbero state dirette a Cefalonia, invece che a Corfù. Secondo
"Italiani dovete morire" di Alfio Caruso, Sirio
e Clio
sarebbero inizialmente state dirette a Cefalonia e dopo la partenza
da Brindisi avrebbero seguito la costa pugliese navigando a zig zag,
giungendo davanti ad Otranto a sera e da lì dirigendo verso il mare
aperto, ma proprio a quel punto avrebbero ricevuto da Brindisi la
notizia, in realtà falsa, dell’occupazione da parte tedesca dei
porti di Cefalonia, Argostoli a sud e Fiscardo e Capo Vljoti a nord.
Non essendo quindi più possibile sbarcare i rifornimenti a
Cefalonia, Galati avrebbe cambiato destinazione con Corfù. Altra
affermazione non riportata da fonti più autorevoli, spesso citata
con riferimento a questo episodio, è che i britannici avrebbero
minacciato un attacco aereo sulle due torpediniere se non fossero
subito tornate indietro, il che appare francamente esagerato. Per
altra fonte le torpediniere, inizialmente dirette a Cefalonia,
sarebbero state successivamente inviate a Corfù “poiché
il Comando alleato del Cairo pretende che gli italiani abbiano il
controllo dei porti di attracco, che secondo loro non sarebbe più
garantito a Cefalonia”).
19
settembre 1943
Sirio
e Clio
salpano da Brindisi insieme alla motosilurante MS
33 (quest’ultima, al
comando del sottotenente di vascello Renato Bechi, diretta a Corfù
con viveri e medicinali) per scortare a Santi Quaranta la motonave
Probitas,
incaricata di imbarcarvi truppe della 151a
Divisione Fanteria "Perugia" da riportare in Italia. Il
piccolo convoglio fa scalo intermedio a Corfù; la sua partenza desta
nuove proteste britanniche, che però vengono stavolta
ignorate, grazie anche all’appoggio statunitense.
La
Divisione "Perugia" (129° e 130° Reggimento Fanteria),
comandata dal generale di divisione Ernesto Chiminello, alla
proclamazione dell’armistizio era divisa in due blocchi principali,
costituiti l’uno dal comando di Divisione con il 129° Reggimento
Fanteria ad Argirocastro (Gjirokastra), e l’altro dal 130°
Reggimento Fanteria a Tepeleni (Tepelenë).
Il
130° Fanteria, posto sotto il controllo del colonnello Giuseppe
Adami (vicecomandante della Divisione) e del colonnello Eugenio
Ragghianti (comandante del reggimento), si è venuto a trovare
isolato e senza ordini e, dopo lunghe traversie, accordi traditi
dalle controparti e scontri sia con i tedeschi che con gli albanesi,
ha finito col cedere le armi il 14 settembre; i suoi uomini sono
stati avviati verso i campi di prigionia di Mavrova e Drashovica, nei
pressi di Valona, dove già erano stati rinchiusi gli uomini della
Divisione "Parma". La notte successiva, tuttavia, un
imponente attacco dei partigiani albanesi contro questi campi ha
permesso a molti uomini del 130° Fanteria e della "Parma"
di fuggire; senza cibo, armi o comando, si sono diretti verso Santi
Quaranta, dove sperano di trovare imbarco per l’Italia, dormendo
all’aperto, macellando muli e cavalli e poi barattando anche capi
di vestiario con la popolazione locale per avere un po’ di cibo. Il
sottotenente Renato Ughi della Guardia di Finanza (egli stesso,
appartenente al Battaglione G.d.F. di Valona, è stato catturato dai
tedeschi ed è poi fuggito) ha istituito, in collaborazione
con i partigiani albanesi, un posto di sosta col quale gli sbandati
in arrivo vengono rifocillati, registrati ed inquadrati in gruppi di
almeno cento uomini, che vengono poi avviati verso Santi Quaranta.
Ad
Argirocastro, il generale Chiminello ha negoziato con il comandante
di una colonna tedesca di passaggio, ottenendo di rimanere in armi a
patto di non muoversi dalla città, ed ha poi respinto un attacco da
parte dei partigiani albanesi; giunta poi la notizia che il porto di
Santi Quaranta è ancora in mano italiana, i comandanti dei reparti
del 129° hanno deciso di raggiungerlo, nella speranza di riuscire a
imbarcare le truppe su qualche nave che possa portarle in Italia, ed
il 16 settembre anche questo secondo blocco della "Perugia"
si è quindi messo in marcia verso Santi Quaranta, nonostante
l’iniziale contrarietà di Chiminello.
La
guarnigione italiana di Santi Quaranta, forte di circa cinquemila
uomini, si è trasferita a metà settembre a Corfù, andando a
rinforzare il presidio di quell’isola; anche il personale di Marina
è andato a Corfù, sebbene successivamente il comandante della
Capitaneria di Porto, capitano di porto Gaspare Pugliese, sia stato
rimandato a Santi Quaranta per dirigere l’imbarco delle truppe.
20
settembre 1943
Imbarcati
a Santi Quaranta 1750 (o 1760) soldati, perlopiù del 130°
Reggimento Fanteria, la Probitas
fa ritorno a Brindisi scortata da Sirio
e Clio
(secondo il volume USMM “La Marina dall’8 settembre 1943 alla
fine del conflitto”, anche le due torpediniere avrebbero imbarcato
dei soldati; altra fonte afferma che avrebbero partecipato
all’evacuazione di truppe da Corfù).
(Secondo
alcuni siti la Sirio
avrebbe compiuto un secondo viaggio a Santi Quaranta per evacuazione
di truppe il 21-23 settembre insieme alla corvetta Sibilla
ed ai mercantili Salvore
e Dubac,
ma si tratta di un errore; la torpediniera che con la Sibilla
scortò quel convoglio era la Francesco
Stocco).
25
settembre 1943
La
Sirio
(capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti) viene inviata a rinforzare
la scorta di un altro convoglio diretto a Brindisi con truppe
evacuate da Santi Quaranta (in tutto 2700 soldati), formato dalla
motonave Salvore
e dal piroscafo Dubac
scortati dalla corvetta Sibilla
(tenente di vascello Luigi Vaglini), dopo che l’altra unità di
scorta, la torpediniera Francesco
Stocco, è stata distaccata
per contrastare gli sbarchi tedeschi sulla costa di Corfù. Si tratta
dell’ultimo convoglio a lasciare l’Albania con truppe italiane,
dopo di esso più nessuna nave verrà inviata a recuperare le
migliaia di uomini rimasti bloccati sull’altra sponda del Canale
d’Otranto: molti verranno catturati dai tedeschi (che fucileranno
il generale Chiminello e quasi cento ufficiali), altri si
disperderanno nei monti dell’Albania con alterne fortune. A Santi
Quaranta le navi in partenza hanno dovuto lasciare la motonave
Probitas,
immobilizzata da un’avaria di macchina (verrà affondata il giorno
stesso dalla Luftwaffe).
La
Sirio
raggiunge il convoglio verso le 7.30, assumendo posizione sulla
sinistra del Dubac,
che procede in testa al piccolo convoglio, seguito dalla Salvore,
che è protetta dalla Sibilla sul
lato di dritta. Il comandante Cuzzaniti, più alto in grado, assume
la direzione della scorta; le navi procedono lentamente, dovendosi
adeguare alla scarsa velocità del vecchio e lento Dubac.
La
Luftwaffe, però, ha avvistato il convoglio fin dalle sei del
mattino, in mezzo al Canale d’Otranto. Dapprima è apparso un
ricognitore, che ha segnalato la presenza del convoglio prima di
andarsene, dopo di che, verso le 7.45 – quando ormai è in vista la
costa pugliese –, sopraggiungono dalla direzione di Corfù dodici
bombardieri in picchiata Junkers Ju 87 “Stuka”.
Gli
Stukas attaccano in più ondate, di tre velivoli ciascuno, scendendo
in picchiata e mitragliando per poi sganciare le bombe; le navi
italiane si diradano immediatamente, manovrando con rapide accostate
per rendere più difficile il compito ai bombardieri, e reagiscono
con le loro armi contraeree, colpendo due dei velivoli tedeschi.
Il
vecchio e lento Dubac, armato con una sola mitragliera,
non riesce a manovrare efficacemente, e viene dapprima mitragliato e
poi colpito da due o tre bombe.
Tra
i soldati disarmati ed ammassati sui ponti scoperti del piroscafo è
una carneficina; le vittime sono almeno un’ottantina, ma forse
anche più di duecento. Molti rimangono uccisi o feriti dalle
raffiche di mitragliatrice e dalle bombe, altri annegano dopo essersi
gettati in mare. Altri duecento e più sono feriti.
L’attacco
dura circa venti minuti. Il Dubac imbarca
acqua da varie falle e sbanda fortemente sulla sinistra, ma
nonostante i gravi danni continua a navigare, forzando le caldaie al
massimo della pressione per cercare di raggiungere la costa italiana;
la Sirio
si avvicina per prestare assistenza, e verso mezzogiorno, quando la
nave appare seriamente a rischio di affondare, il comandante
Cuzzaniti ordina al piroscafo di portarsi all’incaglio sulla vicina
costa pugliese, un miglio a nord del faro di Punta Palascia
(Otranto), per mettere in salvo i superstiti. La Sirio,
dopo aver ordinato alla Sibilla
di proseguire scortando la Salvore (entrambe
le navi sono rimaste indenni, grazie alle rapide manovre ed
all’efficace reazione delle loro armi contraeree: giungeranno a
Brindisi alle 15.45), accompagna il piroscafo fino all’incaglio –
che avviene a mezzogiorno – e prende a bordo i feriti, a partire
dai più gravi, che porta poi a Brindisi, dove giunge alle 17.10. Il
resto dei militari e dell’equipaggio del Dubac
vengono trasferiti a terra con l’ausilio di sei motopescherecci
giunti da Otranto.
Luigi
Camuso, cannoniere imbarcato sulla corvetta Fenice
che si trovava quel giorno in porto a Brindisi, avrebbe così
ricordato l’arrivo della Sirio
carica di feriti e moribondi del Dubac:
“La torpediniera Sirio
attracca in tarda mattinata al pontile di legno a poca distanza dalla
nostra nave, a ridosso del castello Svevo e all’altezza della
finestra dove spesso si affacciava il Re. C’è un accorrere di
infermieri, barelle, tra urla di dolore e di rabbia. La torpediniera
ha la tolda coperta di sangue e mentre gli infermieri sbarcano i
feriti, vi sono marinai che con ramazze e grandi spatole cercano di
lavarlo via,…il mare tutto intorno si colora di rosso...ad un
tratto la tromba suona il silenzio e la bandiera viene abbassata a
mezz’asta: un alpino, con il cappello e la penna calato
in testa, le mani e le gambe mozzate da una bomba degli Stukas, spira
mentre sta per scendere dalla nave. Alziamo tutti gli occhi verso la
finestra del Castello: un re turbato, con il viso stravolto,
distoglie lo sguardo da quello strazio e rientra all’interno, forse
piangendo. Per noi della Fenice rientrati da poco a Brindisi da
un’altra sfortunata operazione, nel canale di Santa Maura, con
ancora negli occhi l’immagine di corpi di italiani galleggianti
inerti tra resti di scafi affondati dai tedeschi e spiagge piene
di soldati che ci imploravano di raccoglierli, questa scena ci lasciò
attoniti, senza forze, consapevoli di vivere uno strazio che
coinvolgeva l’Italia intera e che non avremmo mai voluto che si
potesse ripetere”.
Antonio Angelo Caria, anch’egli cannoniere ma sulla Sibilla,
avrebbe analogamente ricordato: “L'attacco
è stato repentino, a volo radente sul livello del mare, per cui non
abbiamo avuto il tempo di brandeggiare le mitragliere perchè le
cabrate e le successive "picchiate" ci hanno costretto a
salvarci con estreme virate. Il Sirio, noi Sibilla e il Salvore,
manovrabilissimi, abbiamo evitato tutte le bombe che ci sono state
lanciate. Il Dubac, purtroppo, é stato centrato da 2-3 bombe
causando una carneficina fra i soldati stipati all'inverosimile. Per
questo, il Dubac ha cominciato a sbandare sul lato sinistro per il
cui sbandamento si è cercato di controbilanciarlo facendo affluire
tutti i soldati incolumi, all'interno (lato agibile) e all'esterno,
del lato destro. Al Comandante del Dubac é stato ordinato di andare
avanti con le macchine a tutta forza, fino a raggiungere la costa
salentina ove potersi arenare o incagliare, per evitare
l'affondamento, cosa che é avvenuta. Alla Torpediniera Sirio è
toccato l'ingrato compito di accostarsi al Dubac per prendere i
feriti più gravi per portarli immediatamente a Brindisi (quando vi é
arrivato, aveva tutta la tolda intrisa di sangue, ma anche il Dubac
aveva il lato sinistro sporco di sangue)”.
Sopra,
la Sirio
segue il Dubac
danneggiato che dirige verso la costa salentina per portarsi
all’incaglio, verso mezzogiorno del 25 settembre 1943; sotto, si
accosta al Dubac
per trasbordare i feriti. Le foto sono state scattate dalla Sibilla
(Coll. Antonio Angelo Caria)
Fine
1943-1945
Durante
la cobelligeranza,
la Sirio
scorta convogli Alleati in Mediterraneo.
2
novembre 1943
Partecipa
ad un’esercitazione al largo di Taranto, insieme alla moderna
torpediniera di scorta Indomito,
al sommergibile Axum
ed al rimorchiatore Ercole.
Dicembre
1943
Il
capitano di corvetta Cuzzaniti lascia il comando della Sirio.
27-29
gennaio 1944
Si
trasferisce da Augusta a Taranto insieme al cacciatorpediniere
Grecale,
alla torpediniera Cassiopea,
alle corvette Urania
e Sibilla
ed al sommergibile Jalea.
18-19 febbraio 1944
La Sirio, le torpediniere Ariete ed Animoso e la corvetta Urania scortano da Taranto ad Augusta e poi di nuovo a Taranto un convoglio di 30 mercantili Alleati.
16-17
agosto 1944
Si
trasferisce da Augusta a Napoli insieme ad un convoglio Alleato, alle
corvette Driade, Folaga e Gabbiano ed al sommergibile Otaria.
25
novembre 1944
Partecipa
ad un’esercitazione al largo di Taranto, insieme alle torpediniere
Ariete
ed Animoso,
al sommergibile Ruggiero
Settimo
ed alle corvette Folaga,
Danaide
e Driade.
10-11
aprile 1944
Nella
notte tra il 10 e l’11 aprile, la Sirio
posa un campo minato (28 ordigni tipo Bollo) ad ovest di Capraia. La
posa ha inizio alle 21.37 del 10 aprile, in posizione 42°59'04"
N e 09°47'25" E, e termina in posizione 43°00'30" N e
09°45'18" E. Le forniscono protezione durante la posa una
motosilurante statunitense ed una motocannoniera britannica.
Su
questo campo minato andrà perduta, due settimane più tardi, la
torpediniera tedesca TA
23,
già italiana Impavido
catturata dai tedeschi all’Elba in seguito all’armistizio.
Gravemente danneggiata dallo scoppio di una mina all’1.45 del 25
aprile, in posizione 43°02' N e 09°45' E, la TA
23
dovrà essere finita alle 6.45 dalla torpediniera TA
29
(ex italiana Eridano)
dopo infruttuosi tentativi di rimorchio protrattisi per alcune ore, e
frustrati anche da attacchi aerei e di motosiluranti.
15-23
gennaio 1945
La
Sirio
viene inviata incontro alle navi italiane che rientrano
dall’internamento in Spagna, per accompagnarle a Taranto:
l’incrociatore leggero Attilio
Regolo,
i cacciatorpediniere Mitragliere,
Fuciliere
e Carabiniere
e la torpediniera Orsa.
Incontrato il gruppo al largo di Algeri, la Sirio
lo accompagna fino a Taranto, dove giunge il mattino del 23 gennaio.
11
febbraio 1945
Il
sergente cannoniere Giovanni Pittalis della Sirio,
24 anni, da Arzachena, muore in territorio metropolitano.
1945-1946
Nell’immediato
dopoguerra la Sirio
è usata per trasporto di personale e materiali tra l’Italia
continentale e le isole maggiori.
|
La Sirio nell’immediato dopoguerra: porta ancora la livrea della cobelligeranza, con scafo scuro e sovrastrutture grigio chiaro (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net) |
1947
La
Sirio
è tra le navi lasciate alla Marina Militare italiana, non più
regia, dal trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio.
Assegnata alla III Squadriglia Torpediniere, alle dipendenze della
III Divisione Navale (successivamente della I Divisione Navale).
|
In transito nel canale navigabile di Taranto nel dopoguerra (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net) |
1950
È
comandante della Sirio
e della V Squadriglia Torpediniere il capitano di fregata Luigi
Longanesi Cattani.
|
La Sirio nel 1950 (g.c. STORIA militare)
|
1951
Riclassificata
corvetta veloce. Impiegata in attività addestrativa. (Per altra
fonte sarebbe stata riclassificata torpediniera di scorta nel
1952/1953, e corvetta il 10 aprile 1957).
Due
immagini della Sirio nel periodo 1951-1953 (Coll. Felice
Morra/ANMI Ladispoli)
1951-1952
Sottoposta
a lavori di rimodernamento a Taranto; vengono rimossi i quattro tubi
lanciasiluri da 450 mm e due dei tre pezzi da 100/47 mm, mentre
vengono installati quattro cannoni contraerei singoli Bofors da 40/56
mm, un lanciatore antisommergibili a 24 canne da 178 mm “Porcospino”
(Hedgehog Mk 10), due lanciabombe e due scaricabombe per bombe di
profondità, oltre a radar e sonar. (Per altra fonte sarebbe stato
installato soltanto il “Porcospino”, oltre a radar e sonar).
|
La Sirio a Taranto nel 1952, dopo i lavori di rimodernamento (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net) |
1953
In
seguito all’entrata dell’Italia nella NATO, riceve il nuovo
distintivo ottico F
554.
(Altra fonte data invece l’assegnazione di tale distintivo al 10
aprile 1957). Partecipa ad esercitazioni NATO.
1°
maggio 1955
Trasferita
alla I Squadriglia Torpediniere.
1958
Nuove
modifiche all’armamento: viene sbarcato l’ultimo pezzo da 100/47
mm, mentre l’armamento contraereo è potenziato con due mitragliere
Mk 3 da 40/60 mm.
31
ottobre 1959
Radiata
dai quadri del naviglio militare (provvedimento formalizzato con
decreto del presidente della Repubblica numero 74418 del 18 gennaio
1960).
1960
Avviata
alla demolizione.
|
Un’altra
immagine della nave a Taranto negli anni Cinquanta (g.c. Marcello
Risolo, via www.naviearmatori.net) |
La Sirio su Trentoincina
Le torpediniere classe Spica serie Perseo sul sito della Marina Militare
Sirio e Perseo sul sito dell'Associazione Navimodellisti Bolognesi
Struggle for the Middle Sea
La partecipazione della Marina italiana all’invasione di Creta nei documenti tedeschi
La battaglia di Capo Teulada
Le memorie dell’ammiraglio De Courten