La Lira nel 1942 (Coll. Aldo Fraccaroli, via Carlo Di Nitto e www.naviearmatori.net) |
Torpediniera della
classe Spica tipo Alcione (dislocamento standard di 670 tonnellate, in carico
normale 975 tonnellate, a pieno carico 1050 tonnellate).
La Lira e le gemelle Lupo, Lince e Libra (costruite a Fiume) si distinguevano
rispetto alle altre unità della loro serie in quanto dotate di quattro tubi
lanciasiluri singoli, anziché due binati.
Durante la guerra
effettuò in tutto 100 missioni di scorta e 19 di trasporto personale, vigilanza
antisommergibili e pattugliamento difensivo, principalmente in Mar Egeo ma
anche (tra l’autunno 1942 e l’inizio del 1943) sulle rotte da e per l’Africa
Settentrionale. Durante queste missioni abbatté quattro aerei nemici.
Breve e parziale cronologia.
7 dicembre 1936
Impostazione nei cantieri
del Quarnaro di Fiume.
12 settembre 1937
Varo nei cantieri del
Quarnaro di Fiume.
1° gennaio 1938
Entrata in servizio.
Inizialmente è dislocata in Sicilia, inquadrata nell’VIII Squadriglia della
flottiglia di Messina.
Successivamente
trasferita alla Divisione Scuola Comando di Augusta.
1938: la Lira, in primo piano, ormeggiata a Genova accanto al cacciatorpediniere Grecale, alle torpediniere Circe, Clio, Calipso e Calliope ed al transatlantico Rex (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net) |
6-7 aprile 1939
La Lira partecipa all’Operazione "OMT"
("Oltre Mare Tirana"), l’invasione ed occupazione dell’Albania. La
torpediniera fa parte del II Gruppo Navale (al comando dell’ammiraglio di
divisione Ettore Sportiello), quello principale, incaricato dello sbarco a
Durazzo: oltre alla Lira, lo
compongono le gemelle Lupo, Lince e Libra, gli incrociatori pesanti Zara,
Pola, Fiume e Gorizia, i
cacciatorpediniere Vittorio Alfieri, Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti e Giosuè Carducci, la nave appoggio
idrovolanti Giuseppe Miraglia –
carica di carri armati –, la nave officina Quarnaro, le cisterne militari Tirso ed Adige ed i mercantili
requisiti Adriatico, Argentario, Barletta, Palatino, Toscana e Valsavoia.
Il II Gruppo deve sbarcare
il grosso delle forze, incaricate di conquistare Tirana; le truppe da sbarco
sono al comando del generale Alfredo Guzzoni.
Le navi da guerra
giungono a Durazzo già nel pomeriggio del 6 aprile (e la Lupo, prima di ricongiungersi alle altre
unità, raggiunge il molo per recuperare il personale militare e diplomatico
italiano), mentre quelle mercantili ed ausiliarie (ossia le navi con le truppe
ed i materiali da sbarcare) solo alle 4.50 del 7, con mezz’ora di ritardo a
causa della nebbia incontrata. Alle 5.25 ha inizio lo sbarco, che procede pur
con qualche inconveniente (ordini di precedenza non rispettati per il ritardo
di alcuni trasporti, impossibilità per alcuni di essi di entrare in porto a
causa dell’eccessivo pescaggio).
Le prime truppe a prendere
terra sono i distaccamenti da spiaggia e le compagnie da sbarco delle navi da
guerra: a dispetto della calma apparente (la città è illuminata), non appena i
militari italiani scendono sui moli divengono il bersaglio di violento tiro di
fucili e mitragliatrici appostate tra i vicini edifici portuali.
La difesa albanese è
comandata dal maggiore Abaz Kupi della gendarmeria e dal suo parigrado Alibali
dell’esercito albanese; a contrastare lo sbarco vi sono un battaglione di
guardia di frontiera, un battaglione dell’esercito albanese, un plotone di
fanteria di Marina, una compagnia del Genio, una batteria da montagna (con due
cannoni da 75/13 mm) e numerosi volontari, armati di fucili oltre a tre
mitragliatrici Schwarzlose ed appoggiati dalla batteria costiera "Prandaj"
(dotata di quattro cannoni Skoda da 75/27 mm, al comando del maggiore Gaqe
Jorgo). Quest’ultima apre il fuoco sulle navi italiane, colpendo, secondo
alcune fonti, la catapulta dell’idrovolante del Fiume; anche la Lupo
viene colpita dal tiro proveniente da terra, senza riportare danni di rilievo
ma subendo perdite tra l’equipaggio.
La forza attaccante, al comando del generale Giovanni Messe, consiste in due
battaglioni del 3° Reggimento Granatieri di Sardegna, un battaglione del 47°
Reggimento Fanteria, cinque battaglioni di Bersaglieri (due del 2° Reggimento
Bersaglieri, uno del 3°, uno del 7° ed uno dell’11°), due battaglioni di carri
leggeri L3/35, una batteria d’artiglieria da 65/17 mm ed una batteria
contraerei da 20/65 mm.
Gli scontri a Durazzo
sono piuttosto accesi e si protraggono per alcune ore, con perdite da entrambe
le parti ed anche combattimenti corpo a corpo; l’intervento delle artiglierie
delle navi (ed in particolare proprio della Lira),
ordinato dal capitano di vascello Carlo Daviso di Charvensod, risolve la
situazione in favore delle truppe italiane, che conquistano la città entro le
nove del mattino (grazie anche allo sbarco dei carri armati ed alle incursioni
dei bombardieri IMAM Ro. 37).
Quella vista a
Durazzo è stata la più intensa resistenza opposta dalle truppe albanesi allo
sbarco italiano. Contrastanti i dati sulle perdite: secondo le fonti italiane
dell’epoca, vi sarebbero stati 25 morti e 97 feriti da parte italiana, e 160
morti e diverse centinaia di feriti da parte albanese; da parte albanese si
parla di circa 400 italiani uccisi. Probabilmente entrambe le stime sono alterate;
quella italiana al ribasso, quella albanese al rialzo.
La Lira in partenza da Taranto per l’invasione dell’Albania, nell’aprile 1939 (da “Le torpediniere italiane 1881-1964” di Paolo M. Pollina, USMM, 1974, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net) |
Gennaio 1940
Dislocata a Lero
(Dodecaneso) insieme alle gemelle Lupo
(caposquadriglia), Lince e Libra, con le quali forma l’VIII
Squadriglia Torpediniere, alle dipendenze del Comando Marina di Lero.
6 giugno-10 luglio 1940
La Lira, insieme a Lince e Libra, ai
cacciatorpediniere Francesco Crispi e Quintino Sella ed al posamine
ausiliario Lero, partecipa alla
posa dei campi minati difensivi del Dodecaneso. In tutto, la Lira partecipa alla posa di dodici
sbarramenti antinave (30 mine Elia ciascuno, 360 in tutto) ed uno
antisommergibili (da 65 mine tipo Elia), tutti nelle acque di Lero.
10 giugno 1940
All’entrata
dell’Italia nella seconda guerra mondiale, la Lira fa parte della VIII Squadriglia Torpediniere, di base a Rodi,
insieme alle gemelle Lupo, Libra e Lince.
Successivamente
passerà alle dipendenze del Comando Gruppo Navale italiano in Egeo, venendo
adibita alla scorta al traffico mercantile ed ai trasporti di truppe e
materiali fra le isole del Dodecaneso e la Grecia.
23 novembre 1940
Lira,
Libra, Lupo e Lince bombardano
al tramonto il porto dell’isola di Samo, in mano alle truppe greche, dove si
trovano i posamine-cannoniere elleniche Paralos e Pleias ed
una decina di motovelieri greci. Le torpediniere italiane ritengono di aver
colpito Paralos e Pleias e (erroneamente) di aver
anche affondato una piccola motosilurante. Il bombardamento di Samo da parte
dell’VIII Squadriglia rientra in una serie di attacchi lanciati contro Samo
nell’intento di scoraggiare altre azioni offensive da parte greca, dopo che un
drappello ellenico, il 18 novembre, ha attaccato il piccolo presidio italiano
dell’isolotto di Gaidaro, uccidendo un uomo e catturandone quattro.
Effettivamente, dopo questi attacchi "deterrenti" non vi saranno
altre sortite greche contro le isole in mano italiana.
4 maggio 1941
La Lira e la Lupo scortano a Lesbo i piroscafi tedeschi Norburg ed Ithaka, aventi
a bordo il 440° Reggimento Fanteria della 164a Divisione Fanteria
tedesca, il quale procede all’occupazione dell’isola, senza incontrare
resistenza.
21-22 maggio 1941
Durante la notte, la Lira partecipa al salvataggio dei
naufraghi di un convoglio di caicchi carichi di truppe tedesche dirette a Creta
durante l’invasione tedesca dell’isola (Operazione Merkur), scortato dalla Lupo, che è stato in gran parte distrutto
(10 caicchi affondati su 16) da una soverchiante formazione navale britannica,
la Forza D del contrammiraglio I. G. Glennie (incrociatori leggeri Orion, Ajax e Dido e
cacciatorpediniere Hasty, Hereward, Janus e Kimberley).
Grazie all’opera
congiunta della Lira, della Lupo (tornata sul posto, sebbene
danneggiata) e di aerei di soccorso tedeschi del Seenotdienst ("Servizio
di Soccorso Aereo Marittimo"), vengono salvati circa 1650 naufraghi,
limitando le perdite a 297 uomini (l’intero convoglio, compresi i caicchi
scampati alla strage, trasportava in tutto 2331 tra ufficiali e soldati
tedeschi).
28 maggio 1941
Lira,
Libra, Lince e Crispi vengono
assegnate, insieme a sei MAS (MAS 520,
MAS 523, MAS 536, MAS 540, MAS 542, MAS 546), alla scorta del convoglio incaricato di trasportare a
Creta il corpo di spedizione italiano (2585 uomini della 50a Divisione
Fanteria «Regina», 500 uomini della Regia Marina, 13 carri armati leggeri L3/35,
205-350 muli, 2 automobili, 2 autocarri, 9 motociclette, 6 cannoni da 65/17 mm,
6 cannoni da 47/32 mm, 46 mitragliatrici Fiat da 8 mm, 18 mortai da 45 mm, 6
mortai da 81 mm, equipaggiamenti, viveri e munizioni per cinque giorni) inviato
sull’isola in un nuovo tentativo di mandare rinforzi alle truppe tedesche.
L’eterogeneo ed
improvvisato convoglio, salpato da Rodi alle 17 del 27 maggio al comando del capitano
di vascello Aldo Cocchia, è formato dai piroscafetti costieri o lagunari Giorgio Orsini, Giampaolo e Tarquinia, dai rimorchiatori Aguglia ed Impero, dal piroscafo fluviale Porto di Roma (trasformato in nave
da sbarco carri armati), dalle piccole motonavi frigorifere Assab ed Addis Abeba, dai motopescherecci Sant’Antonio, San
Giorgio, Plutone e Navigatore, dalla piccola nave
cisterna Nera e dai
cisternini portuali CG 89 e CG 167. La Libra, le gemelle ed il Crispi raggiungono
il convoglio all’alba del 28, al largo di Saria (Scarpanto).
Il convoglio procede
con grande lentezza, a soli 7-7,5 nodi di velocità media, e per omogeneizzare
ed aumentare la velocità le unità più lente vengono prese a rimorchio da quelle
più veloci (nel primo pomeriggio del 28, perciò, la Lince riceve l’ordine di prendere a rimorchio la nave più
lenta del convoglio, onde ottenere un pur minimo incremento della bassissima
velocità). Si intende portare la velocità ad otto nodi, per raggiungere Creta
prima di incappare in una forza britannica di tre incrociatori e sei
cacciatorpediniere – segnalata alle 13.10 dalla ricognizione aerea, diretta a
tutta forza verso il Canale di Caso – che entro le 17 potrebbe raggiungere la
formazione italiana davanti a Sitia). Per accorciare la rotta, essendo il
convoglio in ritardo, il capitano di vascello Cocchia decide di tagliare
rispetto a quella prevista, facendo rotta diretta da Saria a Sitia.
Alle 15.45 dello
stesso 28, quando il convoglio è giunto in vista della baia di Sitia (Creta),
luogo prescelto per lo sbarco, che sta per iniziare, Lira, Lince e Libra vengono richiamate per ordine
superiore per essere destinate ad un nuovo incarico. Lo sbarco avviene comunque
senza incidenti, tra le 16.50 e le 17.20.
30 giugno 1941
La Lira scorta la nave cisterna Torcello dallo stretto dei Dardanelli al
Pireo.
10 luglio 1941
La Lira e l’incrociatore ausiliario Brioni scortano il piroscafo Casaregis e la motonave Città di Bastia, con personale e
materiali vari delle forze armate, da Samos ad Istmia.
14 luglio 1941
Scorta il piroscafo Macedonia da Patrasso a Taranto.
29 luglio 1941
Scorta i piroscafi Fertilia e Dubac dal Pireo a Lero.
1941
Lavori di modifica
dell’armamento: vengono rimosse tre delle quattro mitragliere binate da 13,2/76
mm, poco efficaci, e vengono installate tre mitragliere binate Breda 1935 da
20/65 mm e due ulteriori scaricabombe per bombe di profondità, portandone la
capacità totale a 40 cariche di profondità.
3 novembre 1941
La Lira e la gemella Cassiopea vengono inviate a sostituire le torpediniere Castelfidardo e Monzambano, a corto di carburante, nella scorta alla pirocisterna Tampico, che alle 10.25 è stata silurata
e danneggiata, a levante dell’isola di Andro (in posizione 37°53’ N e 24°30’ E),
dal sommergibile britannico Proteus
(capitano di corvetta Philip Stewart Francis). La Tampico è rimorchiata dal rimorchiatore Ardenza; a rinforzare la scorta, oltre a Lira e Cassiopea,
giungono anche il MAS 538 e le
vedette tedesche 11 V 1 e 11 V 4. Alla fine si riuscirà a
rimorchiare la Tampico al Pireo.
20 novembre 1941
La Lira e la gemella Alcione scortano i piroscafi tedeschi Salzburg e Santa Fe e
l’italiano Brundisium, carichi di
personale e materiali italiani e tedeschi, dal Pireo a Suda.
4 dicembre 1941
Scorta il piroscafo
tedesco Arcadia, con materiali per le
forze tedesche, da Iraklion al Pireo.
17 dicembre 1941
Scorta la motonave Calino da Rodi al Pireo.
Dettaglio della prua della Lira fotografata al Pireo nel dicembre 1941 (foto Aldo Fraccaroli, coll. Domenico Jacono, via www.associazione-venus.it) |
21 dicembre 1941
La Lira, insieme alla Lupo, alla gemella Sirio
ed al Brioni, salpa dal Pireo per
scortare a Suda un convoglio con truppe e materiali, formato dalle motonavi Città di Agrigento, Città di Savona e Città di
Alessandria. Alla scorta si unisce poi anche il cacciasommergibili tedesco Drache.
22 dicembre 1941
Tra le 6.55 e le 8.04
due delle torpediniere della scorta bombardano con cinque cariche di profondità
il sommergibile britannico Thorn
(capitano di corvetta Robert Galliano Norfolk), a 12 miglia per 114° da Capo
Drepano. La prima esplode molto vicina al sommergibile.
23 dicembre 1941
Scorta la nave
cisterna Arca dal Pireo a Lero.
8 gennaio 1942
Scorta dal Pireo a
Lero la motonave Calino, con a bordo
630 militari e 890 tonnellate di materiali.
21 gennaio 1942
La Lira, la cannoniera Mario Sonzini e la nave scorta ausiliaria F 79 Morrhua scortano dal Pireo a Lero i piroscafi Pomezia e Pontinia, aventi a bordo 625 tonnellate di olii e benzina.
24 gennaio 1942
Lira
e Morrhua scortano Pomezia e Pontinia da Lero a Rodi.
4 febbraio 1942
La Lira scorta la motonave Lero da Lero a Rodi.
23 febbraio 1942
La Lira ed il Crispi scortano dal Pireo ad Iraklion il piroscafo Milano ed il trasporto militare Cherso.
26 febbraio 1942
Lira
e Crispi scortano la nave cisterna Cerere da Iraklion a Lero.
13 marzo 1942
Scorta dal Pireo a
Patrasso i piroscafi Città di Bergamo
e Giampaolo.
17 marzo 1942
Scorta da Rodi al
Pireo, insieme al Crispi, i trasporti
truppe Italia ed Aventino.
21 marzo 1942
Lira
e Crispi scortano da Lero al Pireo il
piroscafo Goggiam ed il trasporto
militare Asmara.
26 marzo 1942
Scorta dal Pireo a
Rodi i piroscafi Polcevera e Pomezia ed il piropeschereccio requisito
Cefalo.
29 marzo 1942
Scorta dal Pireo a
Lero, via Coo, la piccola nave frigorifera Assab.
12 aprile 1942
Scorta la motonave Lero da Lero al Pireo.
Una serie di foto della Lira scattate al Pireo il 21 aprile 1942 da Aldo Fraccaroli (Coll. Domenico Jacono, via www.associazione-venus.it)
23 aprile 1942
La Lira ed il Brioni scortano il piroscafo Sant’Agata
da Corfù a Prevesa.
4 maggio 1942
La Lira scorta la nave cisterna Devoli da Samos a Patrasso.
11 maggio 1942
Scorta il piroscafo Pontinia dal Pireo a Suda.
21 maggio 1942
Lira
e Libra scortano dal Pireo a Rodi,
via Lero, la motonave Calino, avente
a bordo 330 soldati e 1324 tonnellate di automezzi, rimorchi, materiali vari e
merci per la popolazione.
24 maggio 1942
Lira
e Libra scortano la Calino che ritorna da Rodi al Pireo.
20 giugno 1942
Lira
e Morrhua scortano i piroscafi Motia ed Aprilia, con a bordo 1183 tonnellate di benzina ed olio in fusti,
dal Pireo a Rodi.
26 giugno 1942
Scorta l’Aprilia ed il Motia che rientrano da Rodi al Pireo.
18 luglio 1942
Scorta i piroscafi Silva e Versilia dal Pireo ad Iraklion.
5 agosto 1942
Scorta il piroscafo Hermada dal Pireo a Rodi.
10 agosto 1942
Scorta da Lero al Pireo i
piroscafi Arsia, Enrichetta e Fanny Brunner.
12 agosto 1942
Scorta la motonave Calino, con 683 militari del Regio
Esercito più un carico di materiali vari, dal Pireo a Lero.
18 agosto 1942
Scorta la Calino di ritorno da Rodi al Pireo.
19 agosto 1942
Scorta il piroscafo Contarini dal Pireo a Lero.
1° settembre 1942
Scorta la motonave Lero da Samos al Pireo.
4 settembre 1942
Scorta la Lero dal Pireo a Rodi.
25 settembre 1942
Lascia Suda alle
9.10, insieme alla Libra, per
scortare a Tobruk la nave cisterna Proserpina.
Nel canale di
Cerigotto, alle 14.30, Lira, Libra e Proserpina si uniscono ad un convoglio formato dai
piroscafi Anna Maria Gualdi e Menes, provenienti dal Pireo con la
scorta del cacciatorpediniere Nicoloso Da
Recco (caposcorta capitano di vascello Aldo Cocchia) e delle
torpediniere Lupo, Castore e Sirio (quest’ultima costretta a rientrare in porto per avaria
di macchina).
Qualche problema si
verifica nella fase di riunione, quando una delle torpediniere provenienti da
Suda non riesce ad assumere, per un po’ di tempo, la posizione assegnata,
girando lungamente attorno al convoglio senza comprendere dove posizionarsi.
Il convoglio, che
procede a circa 10 nodi con i tre mercantili in linea di fronte (Proserpina al centro) e la scorta
tutt’intorno, gode anche, nelle ore diurne, di notevole scorta aerea.
Quale ulteriore
protezione contro gli aerei nemici, la Proserpina è
munita anche di un pallone frenato – uno dei primi impieghi di tale strumento
per la difesa antiaerea di una nave in convoglio –, che si alza nel cielo sopra
la nave ad una quota di circa 200 metri. Nella notte, però, il cavo che lo
tiene legato alla nave si spezza, ed il pallone va così perduto.
26 settembre 1942
Alle 00.00 la Lira apre il fuoco con le
mitragliere e con i cannoni da 100 mm, fortunatamente senza esito, contro un
aereo che lancia poi il segnale di riconoscimento tedesco: è stato inviato per
la scorta notturna, ma le navi non sono state informate del suo arrivo. Menes e Gualdi, però, scambiano i colpi di cannone della Lira per il segnale di allarme per
sommergibile (questo sarebbe infatti il loro significato, ma di giorno, non di
notte), accostano in fuori, così sparpagliando il convoglio; dato che i
mercantili non hanno né radio ad onde ultracorte né radiosegnalatori a bassa
portata, e dunque non è possibile comunicare con essi se non con segnale
luminosi, il caposcorta Cocchia ordina alla Castore di portarsi sottobordo a Menes e Gualdi e
farli tornare in rotta, mentre lo stesso Da Recco si porta sottobordo alla Proserpina (che è rimasta sulla sua rotta) e le ordina col megafono
di seguirlo, per riavvicinarla alla zona dove ora i due piroscafi si sono
spostati. Alle 00.50 il convoglio può dirsi ricostituito. All’1.06 ed all’1.30
si accendono dei bengala, il primo a prora a dritta ed il secondo a sinistra;
le unità di scorta emettono cortine fumogene, smettendo subito dopo lo
spegnimento dei bengala per evitare che le stesse cortine di nebbia, messe in
risalto dalla luce lunare, agevolino l’individuazione del convoglio da parte di
unità nemiche. All’1.38 delle bombe cadono in mare a proravia del convoglio,
piuttosto lontane; ad intervalli tutte le navi della scorta sparano colpi di
mitragliera contro gli aerei che riescono ad avvistare anche a notevole
distanza, grazie all’eccezionale chiarezza della notte di luna piena. All’1.50
delle bombe esplodono a poppavia del Da
Recco, all’1.54 tra le unità prodiere della scorta ed i mercantili, mentre
le unità poppiere aprono il fuoco.
Alle 14.30 il
convoglio arriva senza danni a Tobruk: la Proserpina sarà l’ultima petroliera dell’Asse a raggiungere
Tobruk.
1° ottobre 1942
La Lira, il cacciatorpediniere Sebenico (caposcorta, capitano di
corvetta Luca Goretti de Flamini) e la torpediniera Castelfidardo (tenente di vascello di complemento Luigi Balduzzi)
salpano da Tobruk alle 17.30 per scortare al Pireo la nave cisterna Rondine (capitano di lungo corso Luigi
Lerici) ed il piroscafo tedesco Santa Fe.
Alle 23.35 il convoglio inizia a sentire rumore di aerei.
2 ottobre 1942
Alle 00.53 si accende
una linea di bengala, e poco dopo un primo aerosilurante sgancia
infruttuosamente un siluro.
All’1.25, 45 miglia a
nordovest di Tobruk, un secondo aerosilurante attraversa la cortina nebbiogena
stesa dal Sebenico ed attacca a sua
volta, stavolta con successo: la Rondine
viene colpita da un siluro, e diviene subito preda di un furioso incendio. Il
suo comandante, capitano Lerici, fa subito fermare le macchine e traversa
abilmente la nave al vento, sfruttando l’abbrivio, per evitare un’ulteriore
propagazione delle fiamme. 34 dei 51 uomini imbarcati sulla petroliera,
contravvenendo gli ordini del comandante di restare a bordo, abbandonano la
nave; li recupera la Lira, mentre i
17 uomini rimasti sulla Rondine riescono
in due ore a domare le fiamme. Lira e
Castelfidardo, durante tale fase,
difendono la Rondine da ripetuti
attacchi di bombardieri.
Verso le quattro la Rondine riesce a rimettere in moto e
dirige per Tobruk, difesa dalle due torpediniere e dalla scorta aerea (per
altra versione, è la Lira a
rimorchiare a Tobruk la petroliera danneggiata, con l’assistenza della Castelfidardo). Le tre navi giungono a
Tobruk alle 14.
3 ottobre 1942
Lira
(caposcorta) e Castelfidardo lasciano
Tobruk alle 16.45, scortando il piroscafo tedesco Menes, diretto a Taranto.
5 ottobre 1942
Il convoglietto giunge
al Pireo alle 16; qui Lira e Castelfidardo vengono rilevate nella
scorta dai cacciatorpediniere Turbine
e Camicia Nera.
10 ottobre 1942
La Lira (tenente di vascello Agostino Caletti),
insieme a Libra (capitano di corvetta
Carlo Brancia di Apricena) e Perseo
(tenente di vascello Saverio Marotta), salpa dal Pireo alle 18.30 per scortare
a Tobruk il piroscafo Petrarca e la
motonave Tergestea, che formano il
convoglio «FF».
11 ottobre 1942
Alle 7.20 si unisce
alla scorta, quale rinforzo, anche la torpediniera Climene (tenente di vascello Mario Colussi), proveniente da Suda.
In mattinata il convoglio passa tra Cerigotto e Creta.
Alle 17.20 (mentre il
convoglio è scortato anche da 3-4 aerei), a 40 miglia per 200° da Capo Krio,
vengono avvistati verso nord-nord-est otto bombardieri statunitensi
Consolidated B-24 "Liberator", che si avvicinano al convoglio in
doppia losanga di quattro, a 4500 metri di quota; le navi aprono subito il fuoco,
ma alle 17.25 vengono sganciate due salve di bombe, mentre compaiono altri nove
"Liberators", in formazione a cuneo di tre gruppi, dalla stessa
direzione. Le prime due salve colpiscono entrambi i mercantili; alle 17.27 il
secondo gruppo sgancia altre tre salve: due cadono in mare, ma la terza
colpisce il Petrarca. Alle 17.39 il Tergestea colpisce accidentalmente un
velivolo tedesco della scorta aerea, che è costretto all’ammaraggio; i
superstiti vengono recuperati dalla Perseo.
Mentre il Petrarca, nonostante i danni (è stato
colpito sul castello di prua), è in grado di proseguire, la Tergestea, che ha una falla in sala
macchine, deve tornare indietro, scortata da Lira e Perseo.
12 ottobre 1942
Lira
e Perseo, giunte in prossimità di
Suda, affidano la Tergestea al
rimorchiatore Instancabile (che lo
condurrà in porto alle otto) e vengono poi dirottate: la Perseo per assumere la scorta della motonave Col di Lana, la Lira per
recarsi incontro al cacciatorpediniere Saetta,
in navigazione da Tobruk a Navarino con a rimorchio il vecchio sommergibile Millelire, trasformato in bettolina per
trasporto nafta.
Incontrati Saetta e Millelire, la Lira ne
assume la scorta.
13 ottobre 1942
Lira,
Saetta e Millelire giungono a Navarino alle 2.30.
22 ottobre 1942
Alle 3.08 la Lira (tenente di vascello Agostino
Caletti) e la gemella Partenope (caposcorta,
capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) salpano da Taranto per Tobruk di scorta
alla nave cisterna Proserpina, carica
di 4553 tonnellate di carburante destinato all’Armata corazzata italo-tedesca
in Egitto (2500 tonnellate per la Panzerarmee, 1165 per le forze italiane e 888
per la Luftwaffe).
23 ottobre 1942
Il convoglietto
attraversa il Canale di Corinto alle 17.30.
24 ottobre 1942
In mattinata, mentre
il convoglio passa ad est della Morea, la Partenope rileva un sommergibile all’ecogoniometro e gli dà la
caccia dalle 9 alle 10.15, in cooperazione con un aereo della scorta. Dopo la
seconda scarica di bombe, il sommergibile inizia a perdere bolle d’aria, il che
ne agevola l’individuazione; ma non emerge alcun segno di un suo grave
danneggiamento.
Le navi arrivano al
Pireo alle 4.45 e ripartono alle 5.35; ad esse si è unito il piccolo piroscafo
tedesco Dora, giunto da
Salonicco con la scorta delle anziane torpediniere Solferino e Monzambano.
Quest’ultima (tenente di vascello di complemento Attilio Gamaleri) rinforza
temporaneamente la scorta fino alle 17.45.
Alle 17.24 (o 17.30)
il convoglio composto da Proserpina, Dora e scorta si congiunge in mare
aperto (precisamente nel punto 36°18’ N e 23°11’ E, a nord di Suda), con la
motonave Tergestea, proveniente
da Suda e scortata dalla vecchia torpediniera Calatafimi (tenente di vascello di complemento Giuseppe
Brignole) e dalla moderna torpediniera di scorta Ciclone (capitano di corvetta Luigi Di Paola). Il convoglio così
formato (Proserpina, Dora e Tergestea) è denominato «TT» (Taranto-Tobruk), e scortato da Lira, Ciclone, Partenope
(caposcorta) e Calatafimi (la Monzambano, che deve eseguire un’altra
missione, viene lasciata libera dal caposcorta dopo la riunione), oltre che da
numerosi caccia e bombardieri della Regia Aeronautica e della Luftwaffe: tra i
tre ed i cinque aerei tedeschi costantemente in volo in tutte le ore diurne del
24 e 25, portati a dieci aerei (con il concorso della 5a Squadra
Aerea della Regia Aeronautica) nella giornata del 26. L’arrivo a Tobruk è
previsto per le 18.50 del 26 ottobre.
Sin dal 21 ottobre,
tuttavia, i decrittatori britannici di «ULTRA» hanno intercettato e decifrato
numerosi messaggi radio riguardanti il convoglio «TT», apprendendone così la
composizione, i porti e gli orari di partenza e di arrivo, la velocità ed
alcune informazioni sulla condotta della navigazione.
Alle 18 del 24 un
primo gruppo di quattro Wellington del 38th Squadron RAF,
guidati dal tenente colonnello Pratt, decolla per cercare il convoglio, con
l’ordine di incontrarsi con un Wellington del 221st Squadron;
forti tempeste elettriche costringono però gli aerei al rientro. Alle 23.30
altri due Wellington del 38th Squadron, pilotati dal capitano
Wiggins e dal sergente Taylor, decollano per cercare il convoglio; Wiggins deve
rientrare a causa del maltempo e viene costretto ad un atterraggio d’emergenza,
mentre Taylor riesce a superare il maltempo, ma non a trovare il convoglio.
25 ottobre 1942
Alcuni ricognitori
britannici vengono inviati a cercare il convoglio a nordest di Bengasi, sia per
avere informazioni aggiornate sulla sua posizione e situazione che per coprire
il ruolo di «ULTRA», inducendo a credere che l’avvistamento sia casuale.
A mezzogiorno,
Supermarina informa il convoglio che è stato avvistato da aerei nemici; alle
15.05 i velivoli della scorta aerea segnalano aerei nemici in avvicinamento,
che tuttavia non appaiono alla vista delle navi.
Nella notte tra il 25
ed il 26 ottobre il convoglio viene ripetutamente ed intensamente attaccato da
bombardieri britannici Vickers Wellington e statunitensi Consolidated B-24
Liberator, che sganciano numerose bombe e siluri, ma senza riuscire a colpire
niente. Contro il convoglio vengono inviati numerosi Wellington Mk Ic decollati
dall’Egitto, ciascuno dotato di due siluri Mk XII; nove aerosiluranti del 38th Squadron
di base a Gianaclis (Egitto); un Wellington del 221st Squadron
dotato di radar ASV (Air to Surface Vessel, per la rilevazione delle navi da
bordo di un aereo) ed uno del 458th Squadron della Royal
Australian Air Force, decollato da Shallufa.
26 ottobre 1942
Dalle 00.35 alle 2 di
notte del 26 si sente continuo rumore di aerei nei pressi del convoglio; alle
due di notte un aereo lancia un siluro contro la Proserpina, ma non riesce a colpirla. Alle 2.15 un secondo
aerosilurante ripete l’attacco, di nuovo senza successo; alle 2.24 un altro
aereo lancia due siluri contro la Calatafimi,
mancandola, e sei minuti più tardi un bombardiere sgancia un gruppo di sette
bombe a poppa della Lira,
facendo anch’esso cilecca. Durante tutti gli attacchi le navi del convoglio
manovrano per evitare i siluri e rispondono con violento fuoco contraereo.
Intanto, però,
ricognitori Martin Baltimore seguitano a pedinare il convoglio nella sua
navigazione verso est. Dalle 3.18 alle 4.02, le navi del convoglio sentono
aerei che volano continuamente nel loro cielo, senza attaccare; alle 4.27
sopraggiungono finalmente i primi aerei italiani della scorta notturna.
Un nuovo attacco
aereo si sviluppa tra le 12.10 e le 12.30 del 26 ottobre, quando 18 bombardieri
statunitensi Consolidated B-24 "Liberator" (del 98th Bombardment
Group, di stanza a Fayid, in Egitto), ripartiti in tre «flying boxes» di sei
velivoli ciascuna, sganciano le loro bombe da 6000-7000 metri con l’ausilio del
congegno di puntamento «Norden». Secondo la storia ufficiale dell’USMM, si
verificano tre distinti attacchi di Liberators, tra le 11.10 e le 11.32 (la
differenza di un’ora è data dal fuso orario, mentre il numero complessivo di
aerei contati differisce un poco da quello effettivo): il primo, da parte di un
gruppo di 10 Liberators, alle 11.10, a 50 miglia da Tobruk; vengono sganciate
circa 60 bombe, tutte cadute vicinissime alle navi – specie alla Proserpina – ma nessuna a segno,
così che non vi sono danni. La scorta aerea attacca i bombardieri mentre questi
si allontanano. Il secondo attacco si verifica alle 11.25, quando altri cinque
Liberators sganciano dalla medesima quota circa 30 bombe, perlopiù cadute
attorno a Dora e Ciclone senza causare danni; il
terzo ha luogo alle 11.32, con l’impiego di undici Liberators che sganciano una
salva di bombe ben centrate, che però non colpiscono nulla.
Alle 13.30, quando il
convoglio è ormai a sole 30 miglia da Tobruk, la Proserpina viene colta da un’avaria di macchina e rimane
indietro, scortata dalla Calatafimi,
mentre il resto del convoglio prosegue.
Frattanto, alle
11.30, otto aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th e 47th Squadron
RAF, al comando del tenente colonnello Richard Sprague (che tuttavia, data la
sua scarsa esperienza negli attacchi siluranti, ha delegato la conduzione della
squadriglia al più esperto capitano Ronald Gee, un veterano) sono decollati
dall’aeroporto egiziano di Gianaclis. Ai Beaufort si sono uniti in volo anche
cinque bombardieri Bristol Blenheim V del 15th Squadron della
South African Air Force (ognuno dei quali ha a bordo quattro bombe GP da 250
libbre; li guida il maggiore Douglas W. Pidsley), decollati da Gianaclis alle
11.35, e nove caccia Bristol Beaufighter, quattro del 252nd Squadron
e cinque del 272nd Squadron (tutti questi Squadrons fanno parte
del 201st Group, con compiti di cooperazione aeronavale).
La Proserpina, obiettivo
principale, è assegnata ai Beaufort; gli altri mercantili ai Blenheim; ed i
Beaufighter dovranno neutralizzare la scorta aerea.
I Beaufort volano
bassi sul mare (ad appena 30 metri di quota), mentre i Beaufighter di scorta
volano più alti, sopra di loro, a varie quote. La formazione aerea vola verso
ovest fino a circa 50 miglia dalla costa nemica, venendo presa sotto il tiro di
batterie contraeree pesanti durante l’avvicinamento a Tobruk, e poi s’imbatte
in un grosso gruppo di traghetti che a loro volta aprono il fuoco (secondo una
versione, abbattendo un Blenheim).
Alle 14.25 i
Beaufighter avvistano il grosso del convoglio e lo segnalano ai Beaufort (che,
volando più bassi, non lo hanno ancora visto) scuotendo le ali.
Il Dora procede primo in linea di
fila, seguito dalla Tergestea; Partenope e Ciclone proteggono il lato che dava
verso il mare aperto, mentre la Lira procede
in coda al convoglio. Sul cielo del convoglio vola la scorta aerea formata da
due bombardieri tedeschi Junkers Ju 88, due caccia italiani Macchi C. 202 ed un
caccia tedesco Messerschmitt Bf 109. I Beaufighter si dirigono contro la scorta
aerea, per attaccarla, mentre la maggior parte dei bombardieri punta sui
mercantili.
I primi tre Blenheim,
avendo scambiato il Dora, in
quanto nave di testa, per la nave cisterna che cercano (la Proserpina), lo attaccano, ma le bombe
mancarono il bersaglio ed uno dei bombardieri viene abbattuto, mentre gli altri
due si allontanarono danneggiati (uno dei due precipiterà per i danni durante
il volo di rientro, entrando in collisione con un Beaufort e causando anche la
sua perdita).
Cinque Beaufort
lanciano i loro siluri contro il Dora,
mentre il sesto lancia contro la Tergestea.
Un Blenheim ed un Beaufort vengono abbattuti, mentre altri due Blenheim ed un
Beaufort sono danneggiati; uno dei Blenheim, come detto, precipiterà per i
danni durante il volo di rientro, travolgendo nella sua fine un Beaufort.
I restanti due
Beaufort (pilotati dal sottotenente Ralph V. Manning, canadese, e dal tenente
Norman Hearn-Phillips), tuttavia, si rendono conto che la nave cisterna non
c’è, quindi non attaccano e si mettono alla sua ricerca lungo la costa, insieme
ai due Blenheim rimasti (quello del maggiore Pidsley e quello del tenente E. G.
Dustow). Dopo qualche minuto la loro ricerca è premiata, ed avvistarono Proserpina e Calatafimi (riparata l’avaria, la
petroliera sta per ricongiungersi al resto del convoglio; la Calatafimi la scorta sul lato
mare): queste li accolgono con un muro di fuoco contraereo, cui si unisce anche
la Lira. Il Beaufort di Hear-Phillips
attacca per primo, ma viene danneggiato da un proiettile contraereo (che mette
fuori uso l’impianto elettrico) e perde il proprio siluro (che si sgancia e
cade in mare a causa di tali danni) prima di poterlo sganciare; rimane comunque
sul posto per attirare su di sé il fuoco contraereo delle navi. Subito dopo
l’aerosilurante di Manning, rimasto così l’unico Beaufort ancora dotato del suo
siluro, attacca la Proserpina insieme
ai due Blenheim. La petroliera vira a sinistra, verso il Beaufort di Manning,
presentandogli la prua e così rovinandogli la mira, costringendolo a girare in
cerchio sopra la terraferma, continuamente bersagliato dal tiro contraereo, per
cercare un migliore angolo per l’attacco. A questo punto la Proserpina compie un’altra
accostata per dare la prua al Beaufort; stavolta, però, l’accostata è verso
dritta, e l’effetto contrario di questa e della precedente accostata a sinistra
è che, per alcuni brevi momenti, la nave si trova pressoché immobile:
abbastanza per dare a Manning l’opportunità di attaccare. Da una quota di 24
metri, volando a 140 nodi, il Beaufort si avvicina sino a circa 550-640 metri
prima di sganciare il siluro, con un angolo di 45°; al tempo stesso, i due
Blenheim aggirano le navi (che procedono con rotta parallela alla costa) per attaccarle
dal lato della costa, mentre un Beaufighter si avventa sulla Calatafimi; l’aereo del tenente Dustow,
attaccando per primo, sgancia le sue bombe, che cadono ai lati della prua
della Proserpina, mancandola di
poco. Subito dopo l’aereo di Dustow viene colpito dal fuoco contraereo della
petroliera, urta con un’ala l’albero di trinchetto della Proserpina e precipita in mare,
capovolgendosi più volte, con la perdita di tutto l’equipaggio. Pochi secondi
più tardi, tre delle quattro bombe da 250 libbre (113 kg) sganciate dall’aereo
di Pidsley (anch’esso crivellato di colpi dal tiro delle navi), che ha
attaccato volando ad appena sei metri di quota (evita di stretta misura albero
e fumaiolo della nave italiana), colpiscono la petroliera in prossimità della plancia;
subito dopo la Proserpina viene
colpita a prua sinistra anche dal siluro del rimanente Beaufort, e s’incendia
immediatamente, a 20 miglia per 320° da Tobruk.
Durante il volo di
ritorno alla base, la formazione aerea britannica verrà attaccata da dei Macchi
C. 202, che danneggeranno un Beaufort (proprio quello di Manning, che però
riuscirà a rientrare alla base). Durante l’attacco, inoltre, un Beaufighter è
stato abbattuto ed un altro danneggiato da un Messerschmitt Bf 109, mentre uno
Ju 88 è stato a sua volta danneggiato da un Beaufighter.
La Lira (alla quale fonti italiane
accreditano erroneamente l’abbattimento di tre aerosiluranti, durante l’ultimo
attacco contro la Proserpina),
insieme alla Calatafimi, non può far
altro che procedere al salvataggio dei naufraghi della Proserpina: in tutto vengono recuperati 62 dei 77 uomini che
componevano l’equipaggio della petroliera. Questa, divorata dalle fiamme,
colerà infine a picco solo alle 6.45 del 27 ottobre.
Ulteriori attacchi
aerei affonderanno alle 18.16 anche la Tergestea,
quando – insieme a Dora, Ciclone e Calatafimi – ormai è giunta in vista del porto di Tobruk. La
motonave, colpita da un siluro, esplode; con essa si perdono 1000 tonnellate di
benzina e 1000 di munizioni, e l’intero equipaggio di 87 uomini.
Subito dopo essere
arrivata a Tobruk, la Lira ne riparte
alle 18.30 insieme alle gemelle Partenope
(caposcorta, capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) e Perseo, per scortare al Pireo la motocisterna Rondine ed il piroscafo tedesco Trapani.
Alle 23 il convoglio
viene attaccato da aerosiluranti una trentina di miglia a nordovest di Tobruk,
ma nessuna nave viene colpita, mentre uno degli aerei nemici viene abbattuto
dal fuoco delle torpediniere.
28 ottobre 1942
Alle 18 il convoglio
viene attaccato infruttuosamente da bombardieri 15 miglia a nordest di Capo
Malea e 50 miglia a nord di Cerigotto.
29 ottobre 1942
Il convoglio giunge
al Pireo alle sei (per altra fonte, le nove).
Successivamente la Lira lascia il Pireo scortando, insieme
alle anziane torpediniere Calatafimi
e Solferino, un convoglio composto
dai piroscafi Galiola (italiano) ed Ardena (tedesco) e dalla pirocisterna
italiana Cerere.
31 ottobre 1942
Alle 9.40 il
sommergibile britannico Taku (tenente
di vascello Arthur John Wright Pitt) avvista su rilevamento 335° il fumo del
convoglio, poi due aerei e quindi, alle 10.11, le alberature del convoglio, del
cui arrivo è stato preavvisato. Alle 10.56 il Taku lancia tre siluri (l’intenzione sarebbe di lanciarne quattro,
ma il battello perde l’assetto e sprofonda prima di poter lanciare il quarto)
da una distanza di 5950 metri, in posizione 37°30’ N e 24°03’ E (una decina di
miglia a sud di Capo Sunio).
Nessuna nave viene
colpita; la scorta reagisce all’attacco con il lancio di cinque bombe di profondità,
che scoppiano lontane, ma il comandante del Taku
decide comunque di scendere a 45 metri, sentendo dai rumori che le navi
italiane sono piuttosto vicine.
Tornato a quota
periscopica alle 11.55, il Taku
avvista nuovamente il convoglio alle 12.05 e si pone a tutta forza al suo
inseguimento per una decina di minuti, ricaricando un tubo lanciasiluri; alle
12.37 il sommergibile lancia altri due siluri (Pitt ha ordinato di lanciarne
tre, ma c’è un disguido nella trasmissione dell’ordine), che non vanno nemmeno
essi a segno. La scorta reagisce con il lancio di cinque pacchetti di due bombe
di profondità ciascuno; il terzo esplode piuttosto vicino al Taku, scuotendolo violentemente, ma
senza arrecare danni. Il sommergibile si sottrae alla caccia allontanandosi a
bassa velocità.
2 novembre 1942
Lira,
Calatafimi e Solferino scortano da Suda al Pireo un convoglio formato dai
piroscafi Artemis Pitta, Ardena e Pugliola e dalla nave cisterna Cerere.
5 novembre 1942
La Lira salpa da Suda per Bengasi alle 10,
scortando il piroscafo Galiola.
7 novembre 1942
Lira
e Galiola giungono a Bengasi alle 10.
Alle 17.30 la Lira lascia Bengasi per scortare a
Taranto il piroscafo Anna Maria Gualdi.
11 novembre 1942
Lira
e Galiola arrivano a Patrasso alle
13, sostandovi fino al giorno seguente.
12 novembre 1942
A mezzogiorno le due
navi, cui si è unito anche l’incrociatore ausiliario Barletta (ma caposcorta rimane la Lira), lasciano Patrasso per Taranto.
(Per altra fonte,
anch’essa ufficiale, Lira e Barletta
scortano in questo giorno i piroscafi Aventino
ed Anna Maria Gualdi da Patrasso a Taranto.)
13 novembre 1942
Lira,
Barletta e Galiola arrivano a Taranto alle 14.40.
5 dicembre 1942
Lira
e Libra scortano la motocisterna
tedesca Ossag dal Pireo ai
Dardanelli.
5 gennaio 1943
Scorta il piroscafo Pugliola dal Pireo ad Iraklion.
19 gennaio 1943
Alle 14 la Libra (tenente di vascello Agostino
Caletti), insieme al cacciatorpediniere Lampo
(caposcorta) ed alla moderna torpediniera di scorta Monsone, salpa da Palermo scortando un convoglio formato dai
piroscafi Chieti, Silvano e Campobasso.
20 gennaio 1943
Alle 8 il convoglio
si divide in due gruppi: Lira e Chieti dirigono per Biserta, dove
arrivano alle 17.15; le altre navi fanno rotta per Tunisi, dove giungono alle
15.20.
Alle 20.15 la Lira, ripartita da Biserta, si unisce
alla scorta (torpediniere Ardito ed Animoso, la prima caposcorta) delle
pirocisterne Saturno (italiana) e Sudest (tedesca), in navigazione da
Biserta (da dove sono partite alle 10) a Napoli.
Prima dell’arrivo
della Lira, il convoglio è stato
attaccato da aerei, che hanno colpito con bombe la Saturno; la petroliera, immobilizzata e gravemente danneggiata,
procede ora a rimorchio dell’Ardito,
alla velocità di cinque nodi.
Poco dopo le 22 un
attacco di aerosiluranti costringe l’Ardito
a lasciare il rimorchio.
21 gennaio 1943
All’1.45, mentre l’Ardito si appresta a riprendere il
rimorchio, viene avvistato un periscopio, così che il rimorchio viene
abbandonato di nuovo; alle 2.13 ha inizio un nuovo attacco aereo ed alle 2.24
la Saturno, colpita ancora, si
rovescia e affonda in posizione 37°38’ N e 10°46’ E.
Tra le 2.30 e le 4.45
si susseguono altre tre ondate di aerosiluranti, che attaccano le torpediniere;
ma ogni volta i siluri mancano i bersagli, e la Lira abbatte uno degli attaccanti, che precipita in fiamme.
In mattinata la
scorta del convoglio, sul quale non cessano gli attacchi aerei, viene
rinforzata dall’arrivo delle corvette Antilope,
Gabbiano ed Artemide, inviate da Marina Trapani.
22 gennaio 1943
Alle 10.45 la Lira e le altre navi giungono a Napoli.
7 febbraio 1943
La Lira si trova a Napoli quando la città
viene bombardata da venti bombardieri dell’USAAF (sono decollati in ventuno;
uno viene abbattuto), aventi come obiettivo proprio il porto. Le bombe
colpiscono sia l’obiettivo che l’abitato, provocando un centinaio di vittime
civili.
Durante il
bombardamento, la Lira viene
leggermente danneggiata da schegge, che uccidono sei membri dell’equipaggio.
1943
Viene eliminata anche
l’ultima mitragliera binata da 13,2/76 mm, mentre vengono installate quattro
mitragliere singole Scotti-Isotta Fraschini 1939 da 20/70 mm.
Primavera 1943
Secondo una fonte, la
Lira evacua truppe italo-tedesche da
Biserta prima della caduta della Tunisia.
6 giugno 1943
La Lira salpa da La Spezia per scortare a
La Maddalena un convoglio formato dal piroscafo Ferrara, dalla nave cisterna Scrivia
e dal piccolo piroscafo passeggeri Buccari.
7 giugno 1943
Alle 4.30 la Lira, in posizione 41°48’ N e 09°31’ E,
avvista un sommergibile in superficie: si tratta del britannico Safari (tenente di vascello Richard
Barklie Lakin), che alle 4.40 avvista a sua volta dapprima del fumo e poi la
sagoma di una nave. La Lira gli
dirige incontro a tutta velocità, aprendo il fuoco col cannone prodiero da una
distanza di circa 5000 metri. Alle 4.42 il Safari
s’immerge precipitosamente a 61 metri di profondità; la Lira getta subito dieci bombe di profondità (divise in due
pacchetti di cinque bombe ciascuno), nessuna delle quali, tuttavia, esplode
particolarmente vicina al sommergibile, che non riporta danni.
Un’altra immagine della Lira al Pireo il 21 aprile 1942 (foto Aldo Fraccaroli, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net) |
La fine
Alla data
dell’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, l’8 settembre 1943,
la Lira si trovava ai lavori nella
base di La Spezia.
A seguito della
definitiva perdita dell’Africa Settentrionale e della Sicilia e dei violenti
bombardamenti che martellavano continuamente le basi dell’Italia meridionale,
La Spezia era diventata la base principale della Regia Marina: vi aveva base la
Squadra da Battaglia al comando dell’ammiraglio Carlo Bergamini, formata dalle
tre corazzate della IX Divisione (Roma,
Italia e Vittorio Veneto), dagli incrociatori leggeri della VII Divisione (Eugenio di Savoia, Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Raimondo Montecuccoli) e dai cacciatorpediniere delle Squadriglie
XII (Mitragliere, Fuciliere, Carabiniere e Velite) e
XIV (Legionario, Artigliere, Grecale ed Alfredo Oriani).
Nel grande Arsenale,
inoltre, si trovavano ai lavori per riparazioni o manutenzione innumerevoli
unità di ogni tipo: tra di esse il vecchio incrociatore leggero Taranto, tre
cacciatorpediniere, cinque torpediniere (tra cui la Lira), due corvette e due posamine, nonché numeroso naviglio minore
ed ausiliario.
La Squadra da
Battaglia dell’ammiraglio Bergamini prese il mare verso le tre di notte del 9
settembre, diretta inizialmente verso La Maddalena, come da ordini ricevuti.
Il comandante in capo
del Dipartimento di La Spezia, ammiraglio Giotto Maraghini, provvide a dare
esecuzione alle disposizioni impartite da Supermarina circa il resto del
naviglio e le installazioni a terra: le navi minori in grado di muovere vennero
fatte partire per porti saldamente sotto controllo italiano od Alleato, quelle
impossibilitate a partire si autoaffondarono; lo stessero fecero le navi
mercantili (partenza od inutilizzazione, ma in alcuni casi gli armamenti
tedeschi delle mitragliere imbarcate impedirono di attuare tali provvedimenti).
Gli impianti, i bacini e le attrezzature dell’Arsenale furono resi
inutilizzabili, ma solo per 15 giorni, nell’ottimistica – ed irrealistica –
speranza che gli Alleati avrebbero cacciato le forze tedesche dall’Italia nel
giro di qualche settimana.
Nel retroterra di La
Spezia erano dislocate quattro divisioni tedesche, presenti in teoria per
partecipare al contrasto di un eventuale sbarco Alleato nella zona di La Spezia;
esse si mossero per occupare la piazzaforte prima ancora che venisse annunciato
l’armistizio. A difendere la piazza di La Spezia ed il territorio circostante
c’erano solo due divisioni italiane, la «Rovigo» e la «Alpi Graie», che
formavano il XVI Corpo d’Armata del generale Carlo Rossi; i comandi delle due
Divisioni e del Corpo d’Armata si trovavano tutti nel perimetro della piazza,
quindi già la sera dell’8 settembre l’ammiraglio Maraghini – tornato da Roma
ove si era tenuta la riunione dei vertici della Marina con cui i principali
ammiragli comandanti di Dipartimento, oltre ai comandanti delle forze da
battaglia, di quelle di protezione del traffico e dei sommergibili, avevano
ricevuto istruzioni sul da farsi in caso di cessazione di ostilità contro gli
Alleati e reazione tedesca, pur senza essere esplicitamente informati
dell’armistizio – aveva potuto conferire col generale Rossi per discutere come
difendere La Spezia da un attacco tedesco. Rossi, a differenza di Maraghini,
non aveva ricevuto disposizioni precise su come comportarsi; per giunta,
l’armistizio coglieva la piazza di La Spezia nel pieno di uno sconvolgimento
giurisdizionale: in seguito a decisioni prese in agosto, la Piazza marittima di
La Spezia doveva essere abolita e sostituita da un Comando Militare Marittimo
subordinato al locale Comando di Grandi Unità dell’Esercito; la responsabilità
della difesa della ex piazza sarebbe stata trasferita dalla Marina
all’Esercito. Il passaggio di consegne sarebbe divenuto effettivo alle 00.00
del 10 settembre; il generale Rossi ritenne che la situazione non potesse
precipitare a tal punto da richiedere provvedimenti eccezionali, quindi non
ritenne necessario anticipare di un giorno l’assunzione del comando, come
prescriveva invece l’"Istruzione per la difesa delle coste" vigente
ancora per il solo giorno 9 settembre.
Il colloquio tra
Rossi e Maraghini, pertanto, si limitò a decidere di dislocare alcuni reparti
di marinai in determinati punti e di inviare un reggimento atteso da Torino per
il 9 settembre (per completare la Divisione «Rovigo») a presidiare alcuni
capisaldi (ma il reggimento, per gli eventi dell’armistizio, non arrivò mai a
La Spezia).
Gli alpini della
Divisione «Alpi Graie» resistettero per due giorni, ma le truppe tedesche,
incuneandosi tra i reparti delle due Divisioni italiane del XVI Corpo d’Armata,
occuparono La Spezia entro il 10 settembre, senza particolari difficoltà. Le
due Divisioni italiane furono sciolte e l’ammiraglio Maraghini lasciò La Spezia
il 10 settembre, dopo aver dato esecuzione agli ordini di Supermarina.
In esecuzione degli
ordini ricevuti, la Lira si
autoaffondò nel porto di La Spezia il 9 settembre 1943, essendo impossibilitata
a muovere.
Quel giorno, a La
Spezia, si svolse il più grande autoaffondamento in massa di navi militari
italiane, allo scopo di impedirne la cattura da parte tedesca: si
autoaffondarono nel porto il vecchio incrociatore Taranto, i cacciatorpediniere Nicolò
Zeno, FR 21 e FR 22, le torpediniere Generale Antonino Cascino, Generale Carlo Montanari, Ghibli, Lira e Procione, i
sommergibili Antonio Bajamonti, Ambra, Sirena, Sparide, Volframio e Murena, le corvette Euterpe,
Persefone e FR 51, il posamine Buccari,
il trasporto munizioni Vallelunga, le
cisterne militari Scrivia e Pagano, le motozattere MZ 736 e MZ 748, i rimorchiatori
militari Mesco, Capri, Capodistria, Robusto e Porto Sdobba, il MAS 525,
la motosilurante MS 36.
Caddero invece in
mano tedesca gli incrociatori pesanti Bolzano
e Gorizia, ambedue inutilizzabili per
i gravi danni mai riparati (e difatti non entrarono mai in servizio per la
Kriegsmarine), il posamine Crotone,
il trasporto munizioni Panigaglia, la
nave bersaglio San Marco, la nave
idrografica Ammiraglio Magnaghi, la
nave salvataggio sommergibili Anteo, la
cannoniera Rimini, le cisterne
militari Bormida, Dalmazia, Leno, Sprugola, Volturno, Stura e Timavo, il
piccolo trasporto Monte Cengio, il
dragamine RD 49, il MAS 556, le Bette N. 5 e N. 16, i
rimorchiatori Atlante, Brava, Carbonara, Linaro, Santo Stefano, Senigallia, Taormina, Torre Annunziata, N 9, N 10, N 37, N 53 e N 55. Gran parte
di tali unità furono sabotate dagli equipaggi; il Gorizia aveva anche iniziato ad autoaffondarsi, ma tale
provvedimento era stato poi sospeso.
Le sorti
dell’equipaggio della Lira si
divisero: alcuni uomini furono catturati dai tedeschi e deportati in Germania
come "Internati Militari Italiani" (qui morì, il 5 dicembre 1944, il
marinaio elettricista Mario Defraia, cagliaritano); altri riuscirono a
raggiungere l’Italia meridionale rimasta sotto il controllo italiano od
Alleato, come il radiotelegrafista barlettano Ruggiero Orofino (futuro tenore),
che riprese servizio nella Regia Marina in Puglia.
Il relitto della Lira venne recuperato dagli occupanti
tedeschi il 15 marzo (o maggio) 1944. La nave venne formalmente incorporata nella
Kriegsmarine con il nome di TA 49, ed
ebbero inizio i lavori di riparazione e modifica, che prevedevano
l’eliminazione di uno dei tre cannoni da 100/47 mm, la rimozione di tutto
l’armamento contraereo preesistente e la sua sostituzione con uno nuovo
composto da un cannone singolo Flak 28 da 40/56 mm, una mitragliera quadrinata
C/38 da 20/65 mm, cinque mitragliere singole C/38 da 20/65 mm; anche i quattro
tubi lanciasiluri singoli da 450 mm sarebbero stati sostituiti con uno binato da
533 mm, e la nave sarebbe stata dotata di radar (un modello FuMO 28).
Ma la TA 49 non entrò mai effettivamente in
servizio sotto bandiera tedesca: il 4 novembre 1944, mentre erano ancora in
corso i lavori di riparazione e modifica, l’ormai ex Lira venne affondata a La Spezia da un bombardamento aereo Alleato.
La carcassa della
torpediniera venne nuovamente recuperata il 17 dicembre 1948 (per altra fonte,
nel 1947), soltanto per essere demolita.
Caduti in guerra tra l’equipaggio della Lira:
Alagna Antonio, da Trapani, 21 anni, operaio
militarizzato, morto nel Mediterraneo Centrale il 13/7/1943
Antonio Carinola, da Brindisi, 23 anni,
sottocapo cannoniere, morto nel Mediterraneo Centrale il 7/2/1943
Coloni Giuseppe, da Trieste, 20 anni, marinaio
fuochista, morto in Jugoslavia il 25/3/1944
D’Isernia Gennaro, da Napoli, 31 anni, capo
meccanico di terza classe, morto nel Mediterraneo Centrale il 23/2/1943
Defraia Mario, da Cagliari, 21 anni, marinaio
elettricista, morto in prigionia in Germania il 5/12/1944
Fagnani Ercole, da Gessate, 23 anni, sottocapo
cannoniere, morto in territorio metropolitano il 12/11/1942
Iurlano Vincenzo, da Massacra, 26 anni,
secondo capo cannoniere, morto in territorio metropolitano il 27/7/1942
Mazza Arturo, da S. Maria Rezzonico, 21 anni,
marinaio fuochista, morto nel Mediterraneo Centrale il 7/2/1943
Minetti Giuseppe, da Mallare, 19 anni,
marinaio fuochista, morto nel Mediterraneo Centrale il 7/2/1943
Nicola Moschitta, da Spadafora, 21 anni,
marinaio cannoniere, morto nel Mediterraneo Centrale il 7/2/1943
Pastore Cesare, da Squinzano, 21 anni, morto
in territorio metropolitano il 23/5/1941
Rota Luigi, da Ornago, 20 anni, marinaio
cannoniere, morto nel Mediterraneo Centrale il 12/7/1943
Valenta Mario, da Buie d’Istria, 22 anni,
marinaio fuochista, morto nel Mediterraneo Centrale il 7/2/1943
Venturelli Dario, da Pavullo nel Frignano, 19
anni, marinaio elettricista, morto nel Mediterraneo Centrale il 7/2/1943
Un’altra foto della Lira (da “Le torpediniere italiane 1881-1964” di Paolo M. Pollina, USMM, 1974, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net) |