Piroscafo passeggeri
da 3355,38 tsl, 1313,61 tsn, 1708,05 tpl e 3625 tonnellate di dislocamento,
lungo 110,80 metri,
largo 12,83 e pescante 5,82, con velocità di 20 nodi. Appartenente alla Società
Anonima di Navigazione Tirrenia, con sede a Napoli, ed iscritto con matricola
43 al Compartimento Marittimo di Palermo; nominativo di chiamata IBIH.
Fu la prima nave
italiana ad essere propulsa da turbine a vapore (tre turbine Parsons della
potenza complessiva di 13.620 HP, alimentate da dieci caldaie cilindriche a
ritorno di fiamme, su altrettante eliche) anziché da macchine alternative; al
momento dell’entrata in servizio era una delle migliori e più veloci unità
delle Ferrovie dello Stato, avendo raggiunto 22-23 nodi alle prove ed avendo
una velocità di crociera di 20 nodi.
Aveva tre quasi
gemelle (Città di Palermo, Città di Messina e Città di Siracusa, le prime due affondate nella Grande Guerra e la
terza demolita nel 1938) aventi lo stesso scafo, ma alcune differenze nelle
sovrastrutture e due fumaioli (e più bassi) anziché tre; inoltre, mentre Città di Catania e Città di Palermo erano propulsi da turbine, gli altri due erano
dotati di più tradizionali macchine alternative.
Essendo state costruite per un’azienda dello Stato, le quattro navi erano state
progettate per essere requisite ed impiegate, in caso di guerra, come
incrociatori ausiliari.
Tra i suoi
passeggeri, nei primissimi anni di servizio, vi fu anche il pittore astrattista
Paul Klee, che nei suoi diari lo definì un magnifico piroscafo.
Curiosamente,
immagini del Città di Catania
figurano in emissioni di francobolli del Niger e del Benin.
Breve e parziale cronologia.
14 aprile 1909
Impostato nei
cantieri Ansaldo, Armstrong & Co. di Sestri Ponente (numero di cantiere
157).
23 maggio 1910
Varato nei cantieri Ansaldo,
Armstrong & Co. di Sestri Ponente (Genova).
Fasi del varo: pronto al
varo, varo in corso, appena varato (rispettivamente: Pietro Berti via www.naviearmatori.net; “Cross Channel and
Short Sea Ferries” di Ambrose Greenway; it.wikipedia.org)
Giugno 1910
Completato per le
Ferrovie dello Stato. Stazza lorda e netta originarie sono 3262 tsl e 1104 tsn.
Impiegato insieme a Città di Siracusa, Città di Palermo e Città di
Messina, sulle linee tra Napoli e la Sicilia.
1911
Requisito d’urgenza
dalla Regia Marina, viene trasformato in incrociatore ausiliario e partecipa
alla guerra italo-turca.
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Il Città di Catania, trasformato in incrociatore ausiliario, a Napoli
nel novembre 1911 (g.c. STORIA militare)
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10-11 aprile 1912
Il mattino del 10 il Città di Catania, insieme al Città di Siracusa, agli incrociatori
corazzati Carlo Alberto e Marco Polo, al cacciatorpediniere Fulmine ed alla torpediniera Alcione, prende parte al bombardamento
navale di Zuara, in Libia, uno dei punti focali del contrabbando di materiale
bellico per le forze turche. Al bombardamento segue uno sbarco simulato,
effettuato dai piroscafi Sannio, Toscana ed Hercules.
L’11 mattina, mentre
le navi continuano a bombardare Zuara, una divisione di fanteria, al comando
del generale Garioni, sbarca nella penisola di Macabez ed occupa la zona di
Sidi-Said, mentre il giorno seguente verrà occupato il forte di Forwa.
1912
Concluso il
conflitto, viene derequisito e torna al servizio per le Ferrovie dello Stato.
Maggio 1915
Nuovamente requisito
dalla Regia Marina e convertito in incrociatore ausiliario, armato con 4
cannoni da 120/40 mm e due da 76/40 mm. Entrerà in servizio successivamente
alla dichiarazione di guerra; per lungo tempo sarà impiegato nel blocco del
Canale d’Otranto.
12 agosto 1915
A mezzogiorno il Città di Catania, in crociera di blocco
ad est di Brindisi (nel Canale d’Otranto, sulla rotta tra Saseno ed Otranto),
viene fatto oggetto del lancio di un siluro da parte del sommergibile
austroungarico U 3 (tenente di
vascello Karl Strnad). Mancato dall’arma, il Città di Catania manovra per speronare il sommergibile, che dopo il
lancio cerca di disimpegnarsi in immersione; riesce ad urtarlo mentre s’immerge
ma non ad affondarlo, gettando infruttuosamente anche alcune bombe di
profondità. però la collisione provoca la distruzione del periscopio dell’U 3 ed altri danni che impediranno al
battello nemico di manovrare. Il sommergibile, una volta immerso, viene
inseguito per parecchie ore dalle siluranti in appoggio al Città di Catania; altre bombe di profondità gli mettono fuori uso
il periscopio (per altra fonte, ciò sarebbe dovuto alla collisione col Città di Catania) e causano altri danni,
che ne ostacolano la manovra (i motori diesel vengono messi fuori uso, in quanto
i cilindri sono allagati). Dato che vari avvistamenti portano a ritenere che l’U-Boot
abbia un’avaria, prendono il mare i cacciatorpediniere Giuseppe Cesare Abba, Antonio
Mosto e Bisson (francese) per
dargli la caccia.
La notte successiva
l’U 3 verrà rintracciato in
superficie dai tre cacciatorpediniere e, alle 4.52, sarà affondato a cannonate
dal Bisson in posizione 41°00’ N e
18°15’ E, con la perdita di nove uomini (sei uccisi da esalazioni di cloro, due
dal tiro del Bisson e il comandante
Strnad, che affonda volontariamente con la propria unità) su 21 componenti del
suo equipaggio.
1° dicembre 1915
Salpa da Brindisi in
qualità di caposcorta (il resto della scorta è composto dall’esploratore Quarto, da quattro cacciatorpediniere
classe Pilo e da quattro classe Intrepido) di un convoglio diretto a Valona e
composto dai piroscafi Dante Alighieri,
Palermo, America ed Indiana con a
bordo 5000 uomini, tre batterie d’artiglieria (di cui una da montagna), 500 tra
muli, cavalli e bovini e provviste per 20-30 giorni. La scorta parte alle 15, i
mercantili alle 17.30, col calare del buio.
Le navi evidenziano
delle difficoltà ad assumere le posizioni assegnate (si tratta dei primissimi
convogli sperimentati dalla Marina italiana nella prima guerra mondiale), ed
all’alba del giorno seguente si troverà che il convoglio si è molto disperso
durante la notte, con i cacciatorpediniere sparpagliati fino ad una distanza di
quattro miglia dai mercantili, che a loro volta si sono distanziati al punto
che quello di coda è 4-5 miglia
a poppavia da quello di testa.
2 dicembre 1915
Non essendo stato
attaccato da unità avversarie, il convoglio arriva a Valona alle 7.30.
6 dicembre 1915
Nel pomeriggio il Città di Catania (capitano di fregata
Sorrentino) parte da Taranto insieme agli esploratori Quarto e Guglielmo Pepe,
ai posamine Minerva e Partenope ed ai cacciatorpediniere Borea, Giuseppe Cesare Abba, Francesco
Nullo ed Ippolito Nievo, per
scortare a Valona i trasporti truppe Dante
Alighieri, America, Indiana e Cordova ed il trasporto militare Bengasi, che trasportano in tutto 400 ufficiali, 6300 tra
sottufficiali e soldati e 1200 cavalli.
7 dicembre 1915
Il convoglio arriva a
Valona alle otto del mattino.
11 dicembre 1915
Parte da Taranto
insieme a Minerva e Partenope ed a sei cacciatorpediniere,
scortando un convoglio formato da Dante
Alighieri, America, Cordova, Indiana e Valparaiso, con
a bordo 5000 uomini, 900 animali e carriaggi e rifornimenti per le forze
italiane in Albania.
12 dicembre 1915
Il convoglio
raggiunge Valona.
24-26 febbraio 1916
Il 24 febbraio il Città di Catania (capitano di fregata R.
Guida), insieme al Città di Siracusa
(capitano di fregata Princivalle) ed ai cacciatorpediniere Ardito, Irrequieto e Bersagliere, viene inviato a Durazzo ove
bombarda con le sue artiglierie (insieme alle altre sopracitate unità nonché ai
cacciatorpediniere Impetuoso ed Insidioso, già presenti sul posto) le
posizioni austroungariche, a supporto dell’evacuazione della Brigata «Savona»
(8500 uomini) da Durazzo, ormai prossima alla caduta.
Il Città di Catania prosegue nel
cannoneggiamento delle forze austroungariche in avanzata anche nei due giorni
seguenti (il 26 febbraio, restando alla fonda, bombarda Capo Bianco, Rasbul e
la Quota 200 ed ancora le alture circostanti, una vicina diga e la strada per
Tirana), durante i quali sopraggiungono e si uniscono al bombardamento navale
anche l’incrociatore ausiliario Città di
Sassari, l’esploratore Libia, gli
arieti torpedinieri Puglia ed Agordat e le corazzate Regina Elena e Napoli.
L’imbarco delle
truppe italiane sulla quindicina di piroscafi inviati a recuperarle avviene tra
molte difficoltà, sotto l’accurato tiro delle forze austroungariche, che
sparano sul pontile e sul piazzale antistante, e contro il maltempo ed il mare
tempestoso, che a tratti costringono ad interrompere l’imbarco. Alla fine
l’evacuazione può essere completata; le forze nemiche possono essere tenute al
di fuori di Durazzo finché gli ultimi uomini della Brigata «Savona» lasciano il
pontile alle 21 del 26, dopo aver perso 800 tra morti, feriti e prigionieri.
Metà 1916
Va a formare il
Gruppo Incrociatori Ausiliari di Brindisi insieme a Città di Siracusa, Città di
Messina, Città di Cagliari e Città di Sassari.
15 novembre 1916
Il Città di Catania forma la Divisione
Speciale della Regia Marina, insieme a dieci cacciatorpediniere, tre navi
scorta, sei trasporti, una nave ospedale, una nave officina ed un gruppo di
navi requisite (14 navi da carico, una posareti, due navi officina ed un
rimorchiatore).
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Un’altra foto della nave in
servizio come incrociatore ausiliario (da www.wrecksite.eu)
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1° novembre 1918
Il Città di Catania è dislocato in Libia,
assegnato a tale Stazione navale insieme all’incrociatore coloniale Campania ed a due navi ausiliarie.
4 dicembre 1918
Finita la guerra,
viene derequisito e torna al normale servizio di linea per le Ferrovie dello
Stato.
1928 (o 1926)
A seguito di una
convenzione tra lo Stato e la Florio Società Italiana di Navigazione,
quest’ultima acquista il Città di Catania,
che impiegava già a noleggio da alcuni anni. Presta servizio sulla linea
Napoli-Palermo.
Trasferito alla
Società Anonima di Navigazione Tirrenia, che lo adibisce a servizio postale di
linea.
1932
Con la fusione della
Florio con la Compagnia Italiana Transatlantica (CITRA) nella Tirrenia Flotte
Riunite Florio-CITRA, il Città di Catania passa
alla nuova compagnia.
1936
La compagnia
armatrice assume il nome di Tirrenia Società Anonima di Navigazione.
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Il Città di Catania, con i colori della Tirrenia, durante la sosta
alle Azzorre della crociera aerea di Balbo (del quale alcuni idrovolanti sono
visibili nella foto) (g.c. Guglielmo Lepre via www.grupsom.com)
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Agosto 1933
Il Città di Catania (al comando del
capitano Ferrari) partecipa, quale nave appoggio, alla «Crociera aerea del
Decennale» di Italo Balbo; l’8 agosto gli equipaggi dei 24 aerei di Balbo,
provenienti da Shoal Harbour, sostano per un giorno alle Azzorre e sono accolti
sul Città di Catania. Il 9 agosto
ripartono e raggiungono Lisbona.
Il piroscafo posa
inoltre delle boe di segnalazione.
10 giugno 1940
L’Italia entra nella seconda
guerra mondiale. A differenza che nel conflitto precedente, il Città di Catania non verrà nemmeno
requisito, e continuerà ad essere utilizzato prevalentemente in servizio civile
di linea; tuttavia, sarà anche spesso utilizzato come trasporto truppe per
conto del Ministero della Guerra, soprattutto nella seconda di metà del 1942 e
nel 1943. Gli sarà assegnato il nome in codice «Calore».
7 novembre 1941
Noleggiato dalla
Tirrenia alla società consorella Adriatica, che lo utilizzerà fino
all’affondamento come nave di riserva sulla linea n. 44 Brindisi-Durazzo.
14 gennaio 1942
Compie un viaggio da
Durazzo a Bari, scortato dall’incrociatore ausiliario Città di Napoli.
15 gennaio 1942
Lascia Bari, fa scalo
a Brindisi e raggiunge Durazzo, scortato dal Città di Napoli e dalla torpediniera Aretusa.
17 gennaio 1942
Viaggio da Durazzo a
Bari, con la scorta del Città di Napoli.
19 gennaio 1942
Viaggio da Bari a
Durazzo, trasportando truppe e materiali, scortato dal Città di Napoli e dalla torpediniera Angelo Bassini.
21 gennaio 1942
Viaggio da Durazzo a
Bari, con la scorta del Città di Napoli.
22 gennaio 1942
Viaggio da Bari a
Durazzo, con la scorta di Città di Napoli
e Bassini.
24 gennaio 1942
Viaggio da Durazzo a
Bari, con la scorta di Città di Napoli
e Bassini.
30 gennaio 1942
Compie un viaggio da
Bari a Durazzo insieme al piroscafo Aventino,
con la scorta del Città di Napoli e
della torpediniera Francesco Stocco.
5 febbraio 1942
Lascia Durazzo e
raggiunge Bari, in convoglio con l’Aventino
e con la motonave Donizetti,
trasportando truppe rimpatrianti; la scorta è costituita da Città di Napoli e Stocco.
13 febbraio 1942
Parte da Bari e
raggiunge Durazzo, in convoglio con l’Aventino
ed il piroscafo Italia, trasportando
truppe e materiali; sono di scorta l’incrociatore ausiliario Città di Genova e le torpediniere Antonio Mosto ed Antares. Alle 11.40 un sommergibile lancia due siluri contro il
convoglio, ma nessuna nave è colpita.
15 febbraio 1942
Città di Catania, Aventino
ed Italia lasciano Durazzo con truppe
rimpatrianti, scortati da Città di Genova,
Antares e Mosto, e raggiungono Bari.
19 febbraio 1942
Città di Catania, Aventino
ed Italia salpano da Bari
trasportando truppe e materiali, scortati dal Città di Napoli e dall’incrociatore ausiliario Arborea, e raggiungono Durazzo.
21 febbraio 1942
Città di Catania, Italia
ed Aventino ripartono da Durazzo con
truppe rimpatrianti e raggiungono Bari.
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Il Città di Catania a Patrasso nel 1942 (da Rolando Notarangelo, Gian
Paolo Pagano, “Navi mercantili perdute”, Roma, USMM, 1997)
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1° marzo 1942
Città di Catania, Aventino
ed Italia lasciano Bari e raggiungono
Durazzo trasportando truppe e materiali, scortati dall’incrociatore ausiliario Zara e dalla torpediniera Solferino.
4 marzo 1942
Città di Catania, Italia
ed Aventino partono da Durazzo e
rientrano a Bari, scortati da Zara e Solferino, trasportando truppe che
rimpatriano.
6 marzo 1942
Città di Catania e Donizetti
trasportano truppe e materiali da Bari a Durazzo, scortati da Zara e Solferino.
9 marzo 1942
Città di Catania e Donizetti
tornano da Durazzo a Bari, con truppe che rimpatriano, scortati da Zara e Solferino.
13 marzo 1942
Città di Catania, Donizetti
ed i piroscafi Rosandra e Quirinale partono da Bari e raggiungono
Durazzo, scortati dallo Zara e dal
cacciatorpediniere Augusto Riboty,
trasportando truppe e materiali.
16 marzo 1942
Città di Catania, Donizetti,
Rosandra e Quirinale viaggiano da Durazzo a Bari scortati da Zara, Arborea e Riboty,
trasportando truppe rimpatrianti.
1° maggio 1942
Città di Catania e Rosandra
compiono un viaggio da Bari a Durazzo, trasportando truppe e materiali,
scortati dal Città di Napoli, dalla Mosto e dal cacciatorpediniere Euro.
5 maggio 1942
Città di Catania e Rosandra
tornano a Bari da Durazzo, con truppe rimpatrianti a bordo, scortati
dall’incrociatore ausiliario Brioni e
dall’Euro.
9 maggio 1942
Parte da Bari
scortato da Mosto e Brioni, trasporta truppe e materiali a
Santa Maura, indi imbarca qui truppe rimpatrianti e torna a Bari.
25 novembre 1942
Compie un viaggio,
solo e senza scorta, da Durazzo a Brindisi.
5 gennaio 1943
Viaggio da Brindisi e
Durazzo, ancora da solo e privo di scorta.
L'affondamento
Alle 5.33 del 3
agosto 1943 il Città di Catania, in
regolare servizio di linea (postale) sulla rotta Brindisi-Durazzo, partì da
Durazzo diretto a Brindisi. Su quanti fossero a bordo vi sono alcune
discrepanze: secondo il volume dell’Ufficio Storico della Marina Militare "La
difesa del traffico con l'Albania, la Grecia e l'Egeo", sul piroscafo c’erano
103 uomini di equipaggio e 386 passeggeri, tra civili e militari; secondo il
sito "Giornale Nautico Parte Prima", che fa sovente ricorso a documenti
dell’epoca, sul Città di Catania si
trovavano 105 uomini di equipaggio (tutti civili) e 407 passeggeri tra civili e
militari. Tra i passeggeri vi erano anche famiglie di coloni italiani emigrate
in Albania da pochi anni, a seguito della conquista italiana del Paese, per
coltivarne la fertile terra, e che ora rimpatriavano precipitosamente, prevedendo
che il controllo italiano su quelle terre sarebbe terminato a breve. Altri
erano militari che si recavano in licenza in Italia.
Il Città di Catania procedeva senza scorta.
Dopo alcune ore di
navigazione il piroscafo, giunto ormai in prossimità del punto «X» di
atterraggio a Brindisi, venne avvistato dal sommergibile britannico Unruffled (tenente di vascello John
Samuel Stevens). Non era questo il primo incontro tra le due unità: già due
giorni prima, il 1° agosto, il sommergibile britannico aveva avvistato il Città di Catania in uscita da Brindisi.
Stevens era rimasto stupito da quella nave a tre fumaioli (non ve n’erano molte
in circolazione: in tutta la Marina Mercantile italiana l’unica altra era il
transatlantico Lombardia), che –
proprio sulla base di quei fumaioli, dato che di solito erano i grandi
transatlantici ad averne tre o quattro – pensava essere una grossa nave
passeggeri impiegata (vista la colorazione mimetica) come trasporto truppe. L'Unruffled aveva lanciato una salva di
siluri, ma questi non erano andati a segno e così il sommergibile si era
ritirato in acque più profonde.
Ora l'occasione si
ripresentava. Portatosi in posizione d'attacco, Stevens ordinò di lanciare una
salva di siluri contro il piroscafo italiano.
Erano, a seconda
delle fonti, le 10.45 o le 11 del 3 agosto quando il Città di Catania fu colpito sul lato sinistro da due siluri (a
Stevens sembrò invece di averne messi a segno tre); una delle armi colpì a
centro nave, in corrispondenza del salone, dove si trovavano radunati molti
passeggeri.
Spezzato in chiglia,
il Città di Catania affondò in appena
un paio di minuti nel punto 40°30'30" N e 18°04'30" E (a 8 miglia per 40° dal
semaforo di Brindisi), senza lasciare all’equipaggio il tempo di mettere a mare
le imbarcazioni o porre in salvo i passeggeri. Di questi ultimi, si salvarono
solo quelli che erano sui ponti scoperti al momento del siluramento, e poterono
così buttarsi in acqua; i passeggeri che si trovavano sottocoperta, perlopiù
nel salone e nelle cabine, affondarono insieme alla nave.
Mentre in superficie
si svolgeva la tragedia del Città di
Catania, sotto di essa il tenente di vascello Stevens rimaneva deluso.
Cercando nei suoi manuali di riconoscimento la nave appena silurata, pensando
di aver colato a picco un transatlantico, scoprì invece che la nave appena
affondata non raggiungeva neanche le 3400 tsl. Una preda “ordinaria”.
Avvistata
l'esplosione dei siluri, diressero sul punto dell'affondamento la pilotina Galliano, il dragamine RD 32 ed i motopescherecci Immacolata, Caterina, San Rocco e Nuovo Francesco (tutti in servizio di
dragaggio sulla rotta di sicurezza), che si trovavano nei pressi al momento del
siluramento; tutti si misero subito a recuperare naufraghi dal mare.
Alle 11.02 l'RD 32 comunicò per radio a Marina
Brindisi la notizia dell'accaduto; tale Comando fece partire i rimorchiatori Porto Torres ed Argentario ed i motovelieri Impero,
Arcangelo G., Pino e Maria SS. D’Alto Mare
perché partecipassero alle operazioni di soccorso, e fece decollare tre aerei
di soccorso per il medesimo scopo. Al contempo Marina Brindisi inviò anche due
motovedette, un MAS, due idrovolanti CANT Z. 501 e due velivoli dell’Armata
Aerea perché dessero la caccia al sommergibile, e quando la corvetta Scimitarra giunse a Santa Maria di Leuca
dirottò anch’essa sul luogo dell’attacco per partecipare alla caccia. Infine,
ordinò che un convoglio formato dalla nave cisterna Cesco e dalla torpediniera Giuseppe
Cesare Abba, in navigazione da Valona a Brindisi e destinato a passare a
breve nel punto in cui era stato affondato il Città di Catania, tornasse indietro a scopo precauzionale.
L'RD 32 e due dei motopescherecci giunsero
a Brindisi alle 12.30, con i primi superstiti e cadaveri recuperati.
Contemporaneamente l’aeroporto di Brindisi fece sapere che i tre aerei erano
già tornati, perché tutti i naufraghi ancora vivi erano già stati salvati dalle
navi accorse sul posto.
Il tempestivo arrivo
dei mezzi di soccorso permise di “limitare l’entità delle perdite”, come
scrisse l’ammiraglio Luigi Rubartelli nel suo rapporto, ma il bilancio finale
fu nondimeno pesante: secondo il volume dell'USMM sopra citato, nell’affondamento
del Città di Catania avevano trovato
la morte 242 persone; secondo "Giornale Nautico Parte Prima" le vittime furono
256, di cui 49 membri dell'equipaggio (tra cui il comandante, secondo un’altra
fonte) e 207 passeggeri.
A riprova del fatto
che quasi tutte le vittime rimasero intrappolate nella nave, poco più di
25 salme, appena un decimo del totale, poterono essere recuperate.
I sopravvissuti
furono, a seconda delle fonti, 247 (libro USMM, su 489 persone imbarcate) o 256
(200 passeggeri e 56 membri dell’equipaggio; "Giornale Nautico Parte Prima", su
512 persone imbarcate).
Le vittime tra l'equipaggio civile:
(si ringraziano Carlo Di Nitto e Giancarlo Covolo)
Gennaro Abruzzini, marinaio
Luigi Bartolo, marinaio
Salvatore Bella, marinaio
Rodolfo Bosich, marinaio
Domenico Bozzetti, marinaio
Lorenzo Busalacchi, marinaio
Giuseppe Cacciapuoti, marinaio
Gennaro Cavallo, marinaio
Salvatore Comella, marinaio
Cosimo D'Ambrosio, marinaio
Giacomo Di Ponzo, fuochista
Pantaleo Di Giorgio, marinaio
Marco Favaloro, marinaio
Salvatore Favata, marinaio
Domenico Frulio, marinaio
Michele Giacomino, marinaio
Michele Marrazzo, fuochista
Gaetano Miranda, marinaio
Ciro Omologato, marinaio
Vincenzo Pipitò, cuoco
Carlo Poli, marinaio
Alfredo Ruggero, ingrassatore
Gaetano Ruggero, nostromo
Francesco Sarcone, ingrassatore
Domenico Savino, marinaio
Vincenzo Spina, marinaio
Vincenzo Stasi, giovanotto
Francesco Tarantino, marinaio
Donato Tasco, fuochista
Vincenzo Testaverde, marittimo
Teodoro Zazzara, carbonaio
Personale della Regia Marina disperso in mare il 3 agosto 1943, quasi certamente sul Città di Catania:
Catello Amendola, sottotenente di vascello, da Castellammare di Stabia (*)
Aurelio Aschieri, sottocapo segnalatore, da Ventimiglia
Raffaele Avellino, sottocapo cannoniere, da Meta
Raffaele Brancaccio, marinaio cannoniere, da Torre Annunziata
Francesco Diaferio, marinaio, da Margherita di Savoia
Giuseppe Giannullo, marinaio, da Castellammare di Stabia
Mario Mazzantini, secondo capo cannoniere, da Capraia e Limite
Luciano Paolillo, capo furiere di terza classe, da Torre del Greco
Vittorio Pilo, capo meccanico di prima classe, da La Maddalena
Pietro Pirazzini, marinaio, da Cento
Giuseppe Tricoli, capo portuale di prima classe, da Crotone
Marcello Vattuone, marinaio segnalatore, da Sestri Levante
Giuseppe Visalli, capo infermiere di seconda classe, da Messina
Antonino Vitale, marinaio, da Terrasini Favarotta
Giacomo Randa, marinaio nocchiere, da Messina
(*) Presenza a bordo confermata.
Il relitto del Città di Catania giace oggi a 120 metri di profondità,
a 7,45 miglia
dalla costa. Reti di pescatori sono impigliate nei suoi resti.
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La nave quando ancora era sullo scalo di costruzione (g.c. Fondazione Ansaldo via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net) |