sabato 20 luglio 2024

Lariano

Il Lariano in navigazione verso Cadenabbia (da “Sulla scia del vapùr” di Massimo Gozzi, via www.digilander.libero.it/lariana)


Piroscafo mezzo salone a ruote del dislocamento di 227 tonnellate, lungo 53,86 metri e largo 11,14, con capienza di 650 passeggeri (per altra fonte 700) e velocità massima di 31 km/h. Di proprietà della Società Lariana di Navigazione a Vapore; in servizio sul lago di Como.


Breve e parziale cronologia.


1872

Costruito dai cantieri Escher & Wyss di Zurigo per la Società Lariana di Navigazione a Vapore ed assemblato presso il cantiere di Campo Garibaldi (Como) della "Lariana". Ha un gemello, il Volta, insieme al quale è adibito alle corse dirette da Como verso il centro ed alto lago.

È propulso da una macchina a vapore a bassa pressione verticale oscillante di 400 CV, alimentata a carbone, su due ruote a pale laterali.

Al completamento il Lariano è l’ammiraglia della flotta della Società Lariana (di cui è il battello più grande, insieme al Volta), e ne rimarrà, di fatto, la nave simbolo anche quando verranno costruiti piroscafi di maggiori dimensioni.

Il Lariano giunge a Menaggio accolto da barche festanti, nei primi giorni di servizio (da “A tutto vapore” di Enzo Pifferi, via www.digilander.libero.it/lariana e PoliMi Como)

1874

La società Lariana si fonde con la concorrente Società Italiana per la Navigazione a Vapore sui Laghi, dando vita alle Società Riunite per la Navigazione a Vapore sul Lago di Como.

Lariano e Volta a Cadenabbia nei primi anni di servizio (da “La navigazione sui laghi italiani – Lago di Como” di Francesco Ogliari, via www.navicomo.blogspot.com)

1884

Le Società Riunite cambiano ragione sociale in "Lariana" Società Anonima in Como per la Navigazione a Vapore nel Lago di Como.

Il Lariano, nella sua foto originale, a Bellagio nel 1890 circa (Coll. privata Elio Musso, via www.memorieinfoto.it)

1888

Sottoposto a lavori di radicale rimodernamento: le originarie sovrastrutture in legno vengono smantellate e sostituite da nuove e più grandi sovrastrutture in metallo; la nave viene provvista di illuminazione elettrica e di un impianto di riscaldamento con caloriferi, e vengono completamente rifatti gli allestimenti interni (particolarmente lussuoso il nuovo salone di prima classe, con divani e poltrone in velluto verde scuro). Anche la macchina a vapore viene sostituita con una più potente, a 6 atmosfere (una delle primissime del tipo), della potenza di 450 CV.

Del vecchio Lariano rimane, di fatto, soltanto lo scafo; il nuovo apparato motore gli permette di raggiungere una velocità media di 27 km/h (a 43 giri al minuto) ed una massima di 31 km/h (a 48 giri al minuto), facendone il piroscafo più veloce del lago (la sua velocità media è superiore persino alla velocità massima delle moderne motonavi oggi in servizio sul Lago di Como, fatta ovviamente eccezione per aliscafi e catamarani), il che insieme alla sua linea elegante e slanciata gli vale il soprannome di “Levriero del Lario”.

Per la sua tendenza a rollare vistosamente era però soprannominato dai laghèe, in modo molto meno lusinghiero, anche “Stravacùn”, termine dialettale che definisce, per usare la definizione di Pietro Monti nel suo Vocabolario dei dialetti della città e diocesi di Como, “Chi facilmente ribalta”.

Il Lariano a Como nel 1895 (da www.navicomo.blogspot.com)

Il Lariano a Colico (da www.navicomo.blogspot.com)

Inverno 1898

Navigando nella fitta nebbia, il Lariano s’incaglia presso Cernobbio: la prua s’infila nella terra a tal punto da permettere ai passeggeri di scendere direttamente sulla vicina strada. Viene poi disincagliato dal piroscafo Como e rimorchiato in cantiere per le riparazioni; il direttore della “Lariana”, Ernesto Canobbio, ha supervisionato personalmente le operazioni di disincaglio, precipitandosi sul piroscafo prediletto non appena ha avuto notizia dell’incaglio e giungendo a dormirvi a bordo pur di non lasciarlo fino a che non è al sicuro in cantiere.

Il Lariano in uscita da Como, visto dai colli di Brunate: dietro di esso sono visibili il Volta, il piroscafo Unione e la poppa del piroscafo Como (da www.navicomo.blogspot.it)

28 luglio 1905

Durante la notte il Lariano salpa da Como diretto a Bellano, dove il piroscafo Milano si è incagliato alle sei della sera precedente durante la navigazione da Como a Colico; grazie alla potenza delle sue macchine, il Lariano riesce a disincagliare il Milano in appena mezz’ora.

Il Lariano a Como (da www.navicomo.blogspot.com)

c. 1918/1919

Nel primo dopoguerra il Lariano entra in cantiere a Tavernola per essere sottoposto a nuovi lavori di rimodernamento, che tuttavia non prendono il via a causa degli scioperi del personale della “Lariana” nel quadro del “Biennio Rosso”. Per qualche anno il Lariano langue in cantiere, privo delle caldaie.

Il Lariano, in secondo piano, ormeggiato senza fumaiolo in diga a Como. In primo piano il gemello Volta (da www.navicomo.blogspot.com)

Agosto 1925

I lavori di rimodernamento vengono finalmente completati: le sovrastrutture sono state completamente ricostruite, le caldaie sostituite, gli interni interamente rifatti. Vengono altresì introdotte nuove attrezzature di sicurezza, compresi un faro antinebbia di notevole potenza, nuovi salvagente ed un lettino ripiegabile in timoniera per i malori.

Il Lariano in uscita da Como dopo i lavori di rimodernamento; sulla sinistra la prua della motonave Balilla (da www.navicomo.blogspot.com)

12 agosto 1925

Al comando del capitano Manfredo Stoppani, il Lariano lascia il cantiere di Tavernola per le prove di macchina, con a bordo un ristretto gruppo di giornalisti ed autorità. Le macchine si accendono subito senza problemi, ed il Lariano raggiunge Colico in un’ora e 50 minuti; vi sosta brevemente e poi riparte per Como effettuando lungo il tragitto le prove di velocità, con risultati estremamente soddisfacenti. Rientra a Como verso le 19.30, pavesato a festa, sotto gli sguardi ammirati di una folta folla radunatasi sul lungolago.

Una serie di immagini del Lariano nel periodo interbellico:

Ormeggiato a Como in Piazza Cavour tra i piroscafi Adda (a destra) e Lombardia (a sinistra); dietro il Como ed altri piroscafi minori (da www.como.polimi.it)

In uscita a marcia indietro dal porto di Como; sulla sinistra il piroscafo Como (da www.navicomo.blogspot.com)

In arrivo a Varenna (a sinistra) al cui pontile è ormeggiato il piroscafo Bisbino (da www.navicomo.blogspot.com)

Al pontile di Bellano, tra i piroscafi Plinio e Bisbino (da www.navicomo.blogspot.com)

A Como nel 1926 circa; sullo sfondo i piroscafi ElveziaCadenabbia e Brunate (da sinistra a destra) ormeggiati alla diga, ed una barca da lavoro (da www.navicomo.blogspot.com)

A Como; sulla destra è visibile il piroscafo Commercio (da www.navicomo.blogspot.com)

A Como; in primo piano, sulla destra, la poppa del Commercio (da www.navicomo.blogspot.com)

A Varenna (da www.navicomo.blogspot.com)

A Como, insieme al piccolo piroscafo Brunate (da www.navicomo.blogspot.com)

In navigazione, insieme al Como (Politecnico di Milano)

In entrata a Como (da www.navicomo.blogspot.com)

Ancora in entrata a Como, sulla destra è visibile il piroscafo Baradello (da www.navicomo.blogspot.com)

In arrivo a Cernobbio (da www.navicomo.blogspot.com)

In arrivo a Como (da www.navicomo.blogspot.com)


In arrivo a Dongo (da www.navicomo.blogspot.com)

In arrivo a Moltrasio (da www.navicomo.blogspot.com)

In centro lago (da www.navicomo.blogspot.com)

In partenza da Cadenabbia (da www.navicomo.blogspot.com)

In partenza da Como (da www.navicomo.blogspot.com)

In uscita da Como negli anni Trenta (da www.navicomo.blogspot.com)

1944

Dopo l’armistizio il Lariano viene impiegato, fino a novembre 1944, nel trasporto di truppe tedesche e della RSI nel centro ed alto lago. Sorprendentemente, non viene mai attaccato dagli aerei angloamericani.


(Coll. Achille Rastelli)

Fine di un levriero


Nella fase conclusiva della seconda guerra mondiale anche il Lario conobbe la minaccia dei cacciabombardieri angloamericani in caccia libera contro «targets of opportunity», bersagli da scegliersi a discrezione dei piloti tra quelli potenzialmente impiegabili dalle forze tedesche per i loro spostamenti. Scopo di queste missioni era paralizzare i movimenti della Wehrmacht nel Nord Italia, colpendo tutto quello che avrebbero potuto impiegare per i loro movimenti: vale a dire, nella pratica, qualsiasi mezzo di trasporto, dal treno all’automobile. Battelli compresi.

Il Lariano scampò indenne ai primi attacchi aerei, che provocarono l’affondamento del piroscafo Baradello e il danneggiamento di diversi altri battelli, ma nel febbraio 1945 (per altra fonte ad inizio marzo) la “Lariana” prese una decisione che appare ancor oggi inspiegabile: fece arenare il Lariano, il Volta ed il più grande piroscafo salone Lombardia sulla spiaggia La Punta, nel Pian di Spagna (tra Sorico e Gera Lario, alla foce del fiume Mera), di prua ed affiancati bordo contro bordo (per altra versione i tre piroscafi non furono fatti arenare, ma posti alla fonda).


I tre battelli erano stati mimetizzati, ma le loro grosse dimensioni, il fatto che fossero ormeggiati fianco a fianco, ed il loro contrasto con il colore della pianura verde a proravia e quello dell’acqua azzurra del lago e della spiaggia giallastra a poppa, rendevano comunque impossibile non vederli: messi lì così, erano un vero e proprio invito per i piloti angloamericani. Lo storico della R.S.I. Pieramedeo Baldrati, diciottenne all’epoca dei fatti, avrebbe in seguito adombrato la possibilità che i piroscafi fossero stati usati come esca, ma se Lombardia e Volta erano già stati danneggiati da precedenti attacchi aerei (rimanendo però in grado di muovere con le proprie macchine), non troverebbe spiegazione plausibile la scelta di sacrificare il Lariano, fiore all’occhiello della flotta e fino a quel momento perfettamente indenne, come rilevato dallo stesso Baldrati. Del resto, nel successivo attacco gli aerei Alleati non subirono alcuna perdita: non si capisce quindi, se i battelli fossero stati l’esca, dove sarebbe stata la trappola. Poco lontano si trovava il Forte Montecchio Nord di Colico, il cui armamento contraereo si sarebbe però rivelato quanto mai inefficace.


Il 14 marzo 1945, a metà mattina, una squadriglia di sei cacciabombardieri statunitensi – tenendosi fuori del tiro delle mitragliere del vicino forte di Montecchio Nord – attaccò i tre piroscafi immobilizzati ed indifesi. Dopo reiterati passaggi di mitragliamento, LarianoVoltaLombardia furono trasformati in altrettanti roghi. I pompieri volontari di Menaggio e Gravedona e numerosi soldati della RSI accorsero rapidamente sul posto, al pari – nonostante il coprifuoco – di numerosi abitanti del luogo, ma i tentativi di domare le fiamme non servirono a niente: i tre battelli bruciarono furiosamente per tutto il giorno e tutta la notte successiva (per altra fonte, per ben tre giorni). A causa dei fori aperti negli scafi dai colpi di mitragliatrice, affondarono tutti e tre sul bassofondale sabbioso.

Quando le fiamme si spensero, del “Levriero del Lario” non restava che un relitto carbonizzato. Dato che a bordo non c’era nessuno al momento dell’attacco, non si lamentarono vittime. Non risultano esistere immagini dell’attacco o dei relitti, in quanto fu subito decretato il divieto di avvicinarsi, che rimase in vigore fino alla rimozione dei relitti due anni dopo.

I relitti dei tre piroscafi languirono a La Punta per oltre due anni, in stato di sequestro da parte dell’autorità di occupazione; nel maggio 1947 furono rimorchiati a Tavernola, dove Volta e Lombardia furono subito demoliti, mentre per il glorioso Lariano si covò ancora qualche speranza di recupero: ma i danni erano troppo gravi, e la “Lariana”, duramente provata dalla guerra, non era in grado di sostenere i costi esorbitanti necessari a ridare vita a quello scafo devastato. Il relitto del Lariano venne tristemente avviato alla demolizione nel 1950.



Il Lariano su Lariana

Il Lariano sulla "Pagina non ufficiale della Navigazione Lago di Como"

Acta della Fondazione R.S.I. del settembre 2012, con articolo sull'affondamento del Lariano

lunedì 1 luglio 2024

Norge

Il Norge sotto il precedente nome di Port Chalmers (da www.shipsnostalgia.com)

Piroscafo frigorifero di 6510,75 tsl e 4108 tsn, lungo 137,2 metri, largo 16,9 e pescante 9,3, con velocità di 12 nodi. Di proprietà dell’armatore genovese Andrea Zanchi, iscritto con matricola 1394 al Compartimento Marittimo di Genova, nominativo di chiamata IBZY.

Aveva tre ponti e cinque stive, tre delle quali refrigerate per trasportare carne congelata.


Breve e parziale cronologia.


30 maggio 1907

Varato nei cantieri Workman, Clark & Co. Ltd. di Belfast (North Yard) come Whakarua (numero di costruzione 247).

La costruzione avviene sotto la supervisione di John Esplen e William Swainston della Esplen, Son & Swainston di Londra, per conto della Tyser Line Ltd. di Londra.

Luglio 1907

Completato come Whakarua per la Tyser Line Ltd. di Londra (in gestione a Tyser & Co. o Walter P. Tyser di Londra). Stazza lorda 6534 tsl, netta 4198 tsn (per altra fonte, 6440 tsl e 4160 tsn); porto di registrazione Londra (dal 9 luglio 1907), nominativo di chiamata HBLK. Oltre alle stive per il carico, la nave dispone anche di una sala da pranzo ed alcune suite per passeggeri.

Suo primo comandante è il capitano J. C. Felgate. Ha un gemello, il Nerehana.

Le prove di velocità, durante le quali vengono anche regolate le bussole di bordo, vengono compiute nel Belfast Lough, con a bordo una delegazione di rappresentanti sia della compagnia armatrice che del cantiere costruttore. I collaudi sono molto soddisfacenti: la velocità media durante le prove è superiore a quella di contratto.

Ultimate le prove, il Whakarua lascia definitivamente Belfast per Barry, dove si rifornisce di carbone, da dove poi prosegue per Londra, dove imbarca il carico del suo primo viaggio verso la Nuova Zelanda.

1911

È comandante del Whakarua il capitano J. Firth.

26 febbraio 1913

Il Whakarua, in viaggio da Londra alla Nuova Zelanda, è costretto ad entrare a Capetown da un incendio scoppiato nel carico.

1914

Trasferito alla Commonwealth & Dominion Line Ltd. di Londra, senza cambiare nome. In quest'anno è comandante del Whakarua il capitano James Duncan.

Un’altra immagine della nave come Port Chalmers (da “The Tyser Legacy – A History of the Port Line and its Associated Companies”, di Ian Farquahar)

1916

Ribattezzato Port Chalmers. La stazza lorda risulta essere di 6543 tsl.

11 ottobre 1919

Sul Port Chalmers, in navigazione da Norfolk a Londra con un carico di carburante, scoppia un incendio a bordo mentre la nave si trova 600 miglia a sudest di New York. Le fiamme possono comunque essere domate prima di andare fuori controllo.

1920

La nave risulta essere in gestione a Robert Corry di Londra (sempre di proprietà della Commonwealth & Dominion Line Ltd. di Londra).

1926

Acquistato dall'armatore Andrea Zanchi di Genova e ribattezzato Norge. Porto di registrazione Genova, nominativo di chiamata PAME.


Il Norge a Genova (g.c. Pietro Berti, via www.naviearmatori.net)

L'affondamento


Alle 2.45 di notte del 19 dicembre 1940 (per altra versione, nella notte tra il 20 ed il 21 dicembre) il Norge salpò da Palermo alla volta di Tripoli, in convoglio con il piroscafo Peuceta e la nave scorta ausiliaria F 130 Luigi Rizzo; costituiva la scorta la torpediniera Vega (capitano di corvetta Giuseppe Fontana).

Fino a quel momento, i convogli italiani diretti in Libia avevano goduto di relativa tranquillità: nel primo semestre di guerra Malta era stata lasciata quasi del tutto sguarnita dai comandi britannici, convinti a torto che l'isola sarebbe stata invasa dall'Italia e che la Regia Aeronautica l'avrebbe martellata incessantemente, e di conseguenza l'attività offensiva da parte di aerei e sommergibili contro i convogli italiani era stata estremamente limitata. Su oltre 180 navi che avevano compiuto la traversata tra Italia e Libia tra giugno e novembre 1940, soltanto quattro erano andate perdute, compresi due piroscafetti di poche centinaia di tonnellate (ad esse si aggiungevano altri sei mercantili affondati da attacchi aerei in porto).

Le cose iniziarono però a cambiare proprio in dicembre: appurato che nessuno sbarco era imminente, e che l’efficacia dei bombardamenti italiani era di molto inferiore a quanto temuto, i comandi britannici iniziarono a dislocare a Malta quei reparti aerei e quei sommergibili che avrebbero fatto dell’isola la spina nel fianco del traffico dell’Asse verso il Nordafrica. Tra l'altro, vennero dislocati a Malta reparti di aerosiluranti: fino a quel momento, questi velivoli avevano condotto, con notevole successo, vari attacchi contro le navi in porto (ad Augusta, Tobruk e Bengasi, affondando una dozzina tra cacciatorpediniere e navi mercantili nell’estate del 1940, per poi culminare nel siluramento di tre corazzate nella celebre “notte di Taranto”), e senza alcun successo, contro formazioni di navi da guerra in mare aperto; ma non avevano mai attaccato convogli in navigazione. Anche questo stava per cambiare: ed a farne le spese sarebbe stato proprio il convoglio di cui faceva parte il Norge.


All’una del pomeriggio del 21 dicembre, in posizione 35°03' N e 11°41' E, la Vega avvistò un aereo britannico, proveniente dalla direzione del sole, contro cui iniziò a sparare con le mitragliere. Il velivolo scese in una lunga picchiata per poi sganciare due bombe contro il Norge da circa cinquanta metri di quota, mitragliandolo simultaneamente; gli ordini mancarono il bersaglio e caddero in mare sul lato sinistro del piroscafo, senza causare danni, anche se un membro dell'equipaggio rimase ferito ad una gamba, fortunatamente in modo non grave, da una scheggia. Sganciate le bombe, l'attaccante riprese quota, ma poco dopo tornò improvvisamente a scendere, tanto che a bordo delle navi si pensò di averlo colpito; continuò ad allontanarsi volando basso sul mare, fino a scomparire alla vista.

Presagendo che di lì a poco sarebbero seguiti ulteriori attacchi aerei, il caposcorta Fontana si portò al centro del convoglio, scostato di esso da 500 metri verso il sole; posizione che riteneva essere la più adatta per sfruttare al massimo il suo armamento per proteggere il convoglio dagli aerei.

Il mare era agitato, con vento teso da libeccio; Fontana ordinò alla Rizzo, nave più piccola del convoglio, di portarsi sottovento al Norge, nave più grande, per meglio tenere il mare. Il Norge procedeva in coda al convoglio, il Peuceta in testa.

L’aereo attaccante era un ricognitore decollato dalla portaerei britannica Illustrious, inviato in perlustrazione in seguito all'avvistamento il giorno precedente, da parte di un ricognitore della Royal Air Force, di un convoglio italiano in formazione a nordovest della Sicilia.

La Illustrious era salpata da Alessandria d'Egitto all’una di notte del 16 dicembre, insieme al grosso della Mediterranean Fleet (corazzate Valiant e Warspite, incrociatore pesante York, incrociatore leggero Gloucester, cacciatorpediniere DaintyGreyhoundHastyHerewardHeroHyperionIlexJanusJervisJuno e Mohawk) sotto il diretto comando dell’ammiraglio Andrew Browne Cunningham, per partecipare all’operazione complessa "MC 2", che aveva come obiettivo principale l'invio da Alessandria e Port Said a Malta del convoglio MW. 5 (con la copertura a distanza della forza di cui faceva parte la Illustrious) e come obiettivi secondari il transito di altri convogli da Malta e dal Pireo ad Alessandria, da Alessandria a Gibilterra e dall'Egitto alla Grecia, nonché attacchi aerei e navali contro basi e naviglio italiano nel Mediterraneo centrale ed orientale. Il 17 dicembre l'Illustrious (avente a bordo il contrammiraglio Lumley Lyster, comandante delle portaerei della Mediterranean Fleet) aveva lanciato degli attacchi aerei contro Rodi e Stampalia, dopo di che – separatasi temporaneamente dalle corazzate, che si erano dirette verso il Mar Ionio per bombardare Valona con i loro cannoni – aveva scortato il convoglio MW. 5 a Malta, per poi dirigersi verso il Canale di Sicilia per coprire il trasferimento da Alessandria a Gibilterra della corazzata Malaya (destinata a rinforzare la Forza H ivi stanziata) ed un altro convoglio, l’MG. 1 (per altra fonte, si era diretta verso Tripoli per colpire i convogli con rifornimenti che dall’Italia dirigevano verso il porto libico); in questo frangente aveva inviato alcuni aerei in cerca di bersagli per un’azione offensiva lungo le coste orientali della Tunisia.

Il ricognitore della Illustrious sopravvisse al suo scontro con le navi italiane, e riferì che il convoglio era composto da tre mercantili ed un cacciatorpediniere e si trovava venti miglia ad est delle Isole Kerkennah; sulla scorta di queste informazioni, alle due del pomeriggio decollarono dalla Illustrious, per attaccarlo, nove aerosiluranti Fairey Swordfish dell’815th e dell’819th Squadron della Fleet Air Arm.


Alle 16.05, in posizione 34°39' N e 11°48' E (o 10°48' E; ad est di Sfax e delle Isole Kerkennah, le cui secche il convoglio stava costeggiando, trovandosi all'altezza della più meridionale), vennero avvistate due pattuglie composte da tre aerei ciascuna: erano gli Swordfish decollati dalla Illustrious, che provenienti anch’esse dalla direzione del sole, si gettarono in picchiata sul Norge e sul Peuceta.

Il convoglio italiano era privo di scorta aerea: la difesa era affidata unicamente all'armamento delle quattro navi. La Vega aprì immediatamente il fuoco con i cannoni ed accelerò per aumentare la propria manovrabilità; dopo qualche secondo venne avvistato verso dritta un altro aereo diretto proprio verso di essa, il che indusse Fontana ad accelerare al massimo e mettere tutta la barra a dritta. L'aerosilurante sganciò il proprio siluro da 400 metri di distanza e da 50 di quota; l'arma mancò il bersaglio, come pure altre due lanciate contemporaneamente da altrettanti aerosiluranti che attaccarono la Vega dal lato sinistro, le cui scie vennero viste passare a 50 e 150 metri di poppa (si trattava della terza “pattuglia” di tre Swordfish, che aveva attaccato la Vega, mentre le altre due attaccavano Norge e Peuceta).

Mentre accostava per evitare i siluri (dovendo momentaneamente cessare il tiro, a causa del mare che spazzava coperta e castello: il fuoco venne ripreso al termine della manovra), Fontana si accorse che Norge e Peuceta erano stati colpiti: il Norge appariva appruato (era stato infatti colpito da un siluro a prua), il Peuceta basso sull'acqua ancorché in assetto di navigazione (l'avevano colpito due siluri: uno a prua e l'altro a poppa).

Una volta lanciati i siluri, i velivoli britannici si allontanarono verso grecale; per una decina di minuti due di essi, e poi un terzo, girarono in cerchio a bassa quota sopra un punto situato a circa 6 km dalla Vega, abbassandosi sovente fin quasi a pelo d’acqua, il che indusse Fontana a presumere che un aereo fosse stato abbattuto dal tiro contraereo delle navi.

In effetti era così: il capitano degli alpini Giovanni Guariso, regio commissario del Norge, aveva visto un aerosilurante precipitare in mare circa trecento metri a poppavia del piroscafo; si trattava dello Swordifsh pilotato dal tenente di vascello Daly Charles Garton-Stone dell'819th Squadron, che venne dichiarato disperso insieme al suo equipaggio, tenente di vascello John Herbert Radcliffe Medlicott-Vereker ed aviere William Ernest Sperry.


Andati via gli aerei (che rivendicarono, esagerando, ben sette siluri a segno), la Vega si riavvicinò al convoglio, dal quale si era allontanata di un chilometro a causa della manovra intrapresa; in quel poco tempo il Peuceta era già affondato (solo tre minuti erano trascorsi tra l'impatto dei siluri e l'inabissamento), mentre il Norge era ancora a galla, ma sempre più appruato. Un'imbarcazione carica di naufraghi si portò sottobordo alla Vega e, dopo che gli occupanti furono trasbordati sulla torpediniera, vi presero posto il comandante in seconda ed un gruppo di uomini della Vega, che iniziarono a cercare altri superstiti nella zona in cui si era inabissato il Peuceta, coperta da una vasta chiazza di olio, mentre anche la torpediniera si tratteneva nelle immediate vicinanze. Altre scialuppe si diressero verso la Rizzo, che prese a bordo i naufraghi e si mise a sua volta alla ricerca di altri superstiti.

Al tramonto il Norge, ormai abbandonato dall'equipaggio, aveva la prua sommersa e continuava ad affondare con esasperante lentezza, lasciando emergere la parte centrale e poppiera; Fontana decise di porre fine alla sua agonia avvicinandosi con la Vega e sparando con i cannoni alla linea di galleggiamento. Il mare agitato ostacolò la mira, ma una decina di colpi andarono a segno poco sopra il galleggiamento, ed il piroscafo scivolò definitivamente sotto le onde (questo è quanto risulta dal rapporto del comandante Fontana della Vega; stranamente, il volume "Navi mercantili perdute" dell'Ufficio Storico della Marina Militare afferma invece che “alle 18.15, mentre affondava lentamente (…) venne lasciato alla deriva”). Alle 18.30, non essendovi più naufraghi in vista, la Vega riprese la navigazione verso Tripoli, seguita dalla Rizzo. Sarebbero giunte a Tripoli l'indomani, alle 13.30.


Morirono in tutto sei uomini: tre del Norge e tre del Peuceta. I due piroscafi furono le prime vittime di un attacco di aerosiluranti contro un convoglio in navigazione nella guerra del Mediterraneo, oltre che tra le prime vittime della “battaglia dei convogli”: la loro perdita segnava la fine del periodo di “quiete” dei convogli italiani diretti in Libia, e l'inizio di un'offensiva aeronavale britannica che sarebbe cresciuta d’intensità nei mesi a venire.


Il relitto del Norge è stato individuato nel 2004 dalla spedizione “Mizar 2004”, guidata da Andrea Ghisotti e Pietro Faggioli.



Il Norge su Wrecksite

Il Port Chalmers su Shipsnostalgia

Il Whakarua

A History of the Mediterranean Air War, 1940–1945: Volume One, North Africa June 1940-January 1942

The Royal Navy and the Mediterranean: November 1940-December 1941

Marine Engineer