Piroscafo da carico
da 1589 tsl e 971 tsn, lungo 82,5 metri, largo 11,2 e pescante 4,9, con
velocità di 10 nodi. Appartenente alla Società Anonima Marittima Ravennate,
avente sede a Ravenna, ed iscritto con matricola 17 al Compartimento Marittimo
di Ravenna; nominativo di chiamata IRRK.
Breve e parziale cronologia.
16 gennaio 1904
Varato nei cantieri Henry
Koch A.G. di Lubecca (numero di cantiere 152) come Herman Sauber (o Hermann Sauber).
21 febbraio 1904
Completato come nave
carboniera Herman Sauber (o Hermann Sauber) per la compagnia tedesca
Sauber Gebrüder di Amburgo.
Febbraio 1907
L’Herman Sauber, noleggiato dall’ingegnere
tedesco Georg Leue di Charlottenburg, viene impiegato in un esperimento di
rifornimenti di carbone di navi da guerra in alto mare, mediante un apparato di
nuova invenzione (ideato appunto da Leue, serve a trasferire sacchi di carbone –
appesi ad un cavo teso tra le due navi – dall’unità rifornitrice – il Sauber in questo caso – alla nave da
guerra).
Il primo esperimento
viene effettuato il 17 febbraio, quando il sistema di Leue, in condizioni di
mare calmo e scarso vento, consente di trasferire dall’Herman Sauber all’incrociatore corazzato Prinz Heinrich 56 tonnellate di carbone all’ora, in sacchi da 113
kg ciascuno. Durante l’operazione, il Prinz
Heinrich rimorchia il Sauber a 11
nodi.
Il secondo
esperimento è effettuato il 22 febbraio, con tempo molto avverso: mare molto
mosso e scrosci di pioggia, tempeste di neve, violenta burrasca. Anche in
questo caso le due navi navigano a 11 nodi di velocità e, nonostante le
condizioni meteo, nelle prime due ore 105 tonnellate di carbone vengono
trasferite dal Sauber al Prinz Heinrich, ossia 52,5 tonnellate
all’ora (che secondo gli esperti, se sull’incrociatore fossero stati impiegati
più uomini per scaricare i sacchi, avrebbero potuto essere portate a 60
tonnellate all’ora). L’apparato di Leue ha richiesto 24 minuti per entrare in
azione (dal momento in cui il cavo è stato teso tra le due navi, a quello in
cui il primo sacco è stato trasferito), meno di quanto necessario per sistemi
proposti in precedenza.
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L’Herman Sauber durante l’esperimento di rifornimento del Prinz Heinrich (dallo “Scientific
American” del 24 novembre 1906)
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Giugno 1912
Venduto alla Altonär
Kohlen Import GmbH, di Amburgo, e ribattezzato Altona.
15 agosto 1914-31 ottobre 1914
Requisito dalla
Kaiserliche Marine, nei primi mesi della prima guerra mondiale, come carboniera
Kohlenschiff 22 (in grado di
trasportare 2000 tonnellate di carbone, 100 di carburante e 200 di acqua per le
caldaie).
1919-1920
Trasferito a J. L. E.
Possehl & Co. di Amburgo.
5 maggio 1920
Confiscato dalle
autorità britanniche.
1920
Trasferito sotto il
controllo dello Shipping Controller di Londra, organismo governativo
britannico, e dato in gestione ad Allison, Fullerton & Co.
1921
Trasferito alla Régie
de la Marine, di Anversa.
1922
Ceduto alle
Messageries Maritimes Anversoises di Anversa (in gestione a F. Alexander &
Fils) e ribattezzato Houthulst. Registrato
ad Anversa, nominativo di chiamata MHUS. Stazza lorda e netta risultano essere
1596 tsl e 1187 tsn.
1930
Rivenduto
all’Armement Alexander S.A. di Anversa, restando sempre sotto la gestione di F.
Alexander & Fils.
11 ottobre 1932
Acquistato dalla
Marittima Ravennate S.A. di Ravenna e ribattezzato Padenna.
10 giugno 1940
L’Italia entra nella
seconda guerra mondiale. Il Padenna
non sarà mai requisito dalla Regia Marina, né iscritto nel ruolo del naviglio
ausiliario dello Stato.
30 dicembre 1940
Assume il comando del
Padenna il capitano di lungo corso
Luigi Giuseppe Cerovaz-Cervia, 41 anni, di Lussinpiccolo. Sarà l’ultimo
comandante del piroscafo.
11 febbraio 1941
Il Padenna, carico di carburante, parte da
Bari alle 23.45 in convoglio con i piroscafi Casaregis, Carnia (i
quali, tra tutt’e due, trasportano 271 automezzi) e Rosandra (che trasporta 1600 operai) e la scorta dell’incrociatore
ausiliario Brioni e della
torpediniera Solferino.
12 febbraio 1941
Il convoglio arriva a
Durazzo alle 14.
24 febbraio 1941
Riparte vuoto da
Durazzo alle 15.45, in convoglio con i piroscafi Carnia e Titania scortati
dalla torpediniera Andromeda.
25 febbraio 1941
Il convoglio giunge a
Bari alle 13.15.
10 marzo 1941
Il Padenna, insieme al piroscafo Diana ed alla motonave Città di Agrigento, salpa da Brindisi
alle 4.20 diretto a Valona, con la scorta della torpediniera Nicola Fabrizi e dell’incrociatore
ausiliario Francesco Morosini. I tre
mercantili trasportano in tutto 694 soldati, 425 quadrupedi, 29 tonnellate di
foraggio, 2100 di carburante e 249 di materiali vari.
Il convoglio arriva a
Valona alle 13.30.
25 marzo 1941
Il Padenna lascia scarico Valona alle
13.15, insieme ai piroscafi Sesia e Monrosa ed alla pirocisterna Lucania, quest’ultima carica di petrolio
greggio dall’Albania. Il convoglio, scortato dalla torpediniera Giuseppe Cesare Abba, arriva a Brindisi
alle 21.30.
11 aprile 1941
Il Padenna ed il piroscafo Istria, aventi a bordo 29 militari, 121
automezzi e 156 tonnellate di carburante, salpano da Bari alle 3.15 e
raggiungono Durazzo alle 16.30, scortati dalla torpediniera Generale Marcello Prestinari.
21 aprile 1941
Il Padenna, insieme al piroscafo Casaregis, alla piccola cisterna Abruzzi ed alla motonave Riv, tutte scariche, lascia Durazzo alle
9.45, con la scorta della Prestinari.
22 aprile 1941
A Brindisi la Prestinari viene sostituita
dall’incrociatore ausiliario Capitano A.
Cecchi; il convoglio prosegue per Bari, dove arriva alle quattro del
mattino.
10 maggio 1941
Il Padenna ed il piroscafo Avionia, scortati dalle torpediniere Sirio e Sagittario, trasportano da Gallipoli a Patrasso (passando per il
Canale di Corinto) carburante e munizioni per l’Operazione «Merkur»,
l’invasione tedesca di Creta.
17 giugno 1941
Il Padenna effettua un viaggio, solo e
senza scorta, da Brindisi a Patrasso, passando per il Canale di Corinto.
11 luglio 1941
Il Padenna viaggia dal Pireo a Suda,
insieme al piroscafo Caterina Madre e
con la scorta della torpediniera Sagittario.
10 agosto 1941
Il Padenna viaggia solo e senza scorta da
Porto Edda a Brindisi.
16 settembre 1941
Il Padenna trasporta un carico di
carburante e materiali vari da Brindisi a Patrasso, viaggiando insieme al
piroscafo Ivorea e con la scorta
dell’incrociatore ausiliario Egitto.
Prosegue poi per Rodi, dove sbarca il carico.
29 settembre 1941
Il Padenna, insieme alla motonave Città di Agrigento e con la scorta
dell’incrociatore ausiliario Barletta
e del cacciatorpediniere Francesco Crispi,
trasporta dal Pireo a Rodi 1700 tonnellate di carburante per il Regio Esercito
e la Regia Aeronautica.
8 ottobre 1941
Il Padenna rientra da Rodi al Pireo insieme
al piroscafo Goggiam, con la scorta
della torpediniera Lupo.
18 ottobre 1941
Il Padenna ed il piroscafo Brundisium viaggiano senza scorta da
Valona a Brindisi.
24 ottobre 1941
Alle 6.55, a quattro
miglia da Polignano, il Padenna, in
navigazione scarico da Bari a Brindisi, viene avvistato dal sommergibile
britannico Truant (capitano di
corvetta Hugh Alfred Vernon Haggard). Alle 7.25 questi lancia un siluro contro
la nave italiana, ma manca il bersaglio; alle 7.35, pertanto, il Truant emerge in posizione 41°07’ N e
17°00’ E ed apre il fuoco col cannone.
Il piroscafo risponde
al fuoco con la propria artiglieria, obbligando il sommergibile all’immersione.
Ciò secondo il volume dell’U.S.M.M. relativo alla difesa del traffico con il
Levante: secondo il giornale di bordo del Truant,
invece, il sommergibile si sarebbe immerso alle 8 a causa dell’avvistamento di
un aereo, dopo aver fatto fuoco fino ad aver incendiato il Padenna. Per fonti ancora differenti, il Truant sarebbe stato costretto all’immersione dal tiro delle
batterie costiere di Mola di Bari, intervenute nello scontro tra piroscafo e
sommergibile.
Nel breve scontro,
tuttavia, diversi colpi hanno colpito la poppa del Padenna, provocando un grave incendio. Un membro dell’equipaggio,
il caporale di macchina triestino Celeste Socrate, è morto; altri sono rimasti feriti, compreso il
comandante Cerovaz-Cervia, ferito ad un braccio da una scheggia. L’equipaggio
riesce ad arginare e poi ad estinguere le fiamme; i feriti vengono sbarcati a
Mola di Bari, poi, alle 11.10, il resto dell’equipaggio abbandona la nave. Il
rimorchiatore Marittimo e la cisterna
per acqua Meteor, inviati da Bari,
raggiungono il malconcio Padenna e lo
prendono a rimorchio, riportandolo a Bari.
29 agosto 1942
Il Padenna lascia Bari e raggiunge
Patrasso, scortato dalla torpediniera Francesco
Stocco.
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La plancia del Padenna annerita dalle fiamme dopo l’attacco del Truant (dal Foglio “Lussino”, periodico dell’Associazione Italiana dei Lussignani non più residenti a Lussino) |
L'affondamento
Alle otto del mattino
del 2 settembre 1942 il Padenna,
carico di 1671 tonnellate di carburante, 38 tonnellate di materiali vari ed
artiglieria, e quattro automezzi, salpò dal Pireo (dov'era giunto da Bari) alla
volta di Tobruk. La nave faceva parte del convoglio «Sportivo»: lo formavano,
oltre al Padenna, altri due
piroscafi, il Davide Bianchi e lo Sportivo (che dava il nome al
convoglio), carichi rispettivamente di 1095 tonnellate di benzina e 1237
tonnellate di gasolio. La scorta era costituita dalle torpediniere Lupo (capitano di corvetta Zanchi,
caposcorta), Castore, Calliope e Polluce.
L'equipaggio del Padenna era composto da 34 uomini;
comandante del piroscafo era ancora il capitano Luigi Cerovaz-Cervia, mentre il
direttore di macchina era suo cognato (fratello della moglie) Francesco
Giuseppe Rainis, di tre anni più anziano, anche lui di Lussinpiccolo.
Ai britannici non era
sfuggita la partenza dell’importante convoglio, col suo prezioso carico di 4000
tonnellate di carburante: “ULTRA” aveva lavorato alacremente. Il 30 agosto i
decrittatori britannici avevano erroneamente dato il convoglio «Sportivo» come
già partito dal Pireo, ma l'indomani avevano corretto l’errore, precisando i
nomi (e la stazza) dei tre piroscafi, la velocità che avrebbero dovuto seguire
(8 nodi) nonché orari e porti di partenza (Pireo, otto del 1° settembre) e di
arrivo (Tobruk, otto del 3 settembre). Quando la partenza era stata rimandata
di un giorno, puntualmente, il 1° settembre, “ULTRA” provvide a darne notizia
(partenza dal Pireo alle otto del 2, arrivo a Tobruk alle otto del 4). Il 2
settembre completò il tutto confermando partenza e velocità e precisando che
l’arrivo a Tobruk era programmato per le undici del 4, anziché per le otto.
Pur disponendo di
nutrita scorta aerea, il convoglio subì il primo attacco del cielo già nel
pomeriggio del 3 settembre, alle 18.45: si trattava di bombardieri statunitensi
Consolidated B-24 “Liberator”, che, che non riuscirono a colpire nessuna nave e
vennero dispersi e costretti alla ritirata dalla reazione della scorta. Qualche
ora prima, alle 16, un ricognitore era stato abbattuto dalla scorta, e la Lupo ne aveva recuperato l’equipaggio.
Alle 22 del 3
settembre, come da ordini impartiti prima della partenza, il convoglio si
divise in due gruppi; ciò avrebbe consentito maggiore libertà di manovra ed al
contempo avrebbe offerto meno presa al nemico. Un gruppo era formato da Davide Bianchi, Sportivo, Polluce e Calliope; l'altro era costituito dal
solo Padenna, scortato da Lupo e Castore. Entrambi i gruppi procedevano alla modestissima velocità
di cinque nodi: evidentemente, di più non si poteva chiedere alle macchine dei
tre vecchi piroscafi.
Calata la notte, su
ambedue i gruppi si scatenò l’offesa avversaria, con ripetuti e pesanti attacchi
di bombardieri e (per la maggior parte) aerosiluranti, decollati da Mariut, in
Egitto. I velivolo attaccanti erano Vickers Wellington britannici e, ancora,
Liberator statunitensi.
Il primo a farne le
spese fu il gruppo composto da quattro navi: all'1.53 del 4 settembre il Davide Bianchi fu raggiunto da un siluro
d’aereo, affondando in fiamme nello spazio di poco tempo; alle 5.04 anche la Polluce (tenente di vascello Tito Livio Burattini) fu colpita, da bombe d’aereo, che ne avrebbero poi provocato
l'affondamento alle 7.22.
A quell’ora, però, il
Padenna giaceva già da tempo sul
fondo del mare.
Il gruppo formato da
questo piroscafo e dalle due torpediniere di scorta, infatti, aveva superato
indenne i primi attacchi aerei che lo avevano bersagliato nella notte tra il 3
ed il 4; ma solo per cadere nella rete del sommergibile britannico Thrasher (tenente di vascello Hugh
Stirling Mackenzie), attirato verso il convoglio dai bengala sganciati dagli
aerei.
Mackenzie aveva
avvistato tre navi oscurate all'1.15 del 4 settembre, in posizione 33°00' N e
24°04' E, a sei miglia di distanza su rilevamento 105°. Aveva accostato per
avvicinarsi, e dopo cinque minuti aveva identificato le navi come due
“cacciatorpediniere” (Castore e Lupo) ed una nave mercantile di medie
dimensioni (ne stimò la stazza in circa 5000 tsl, più del triplo rispetto a
quella del Padenna), aventi rotta
verso sud. Una delle due unità di scorta precedeva il mercantile, l’altra lo
seguiva; quest’ultima ispezionava il mare a poppavia del convoglio con ampie
accostate.
Il Thrasher manovrò per portarsi a proravia
del piroscafo, ed alle 2.18 s'immerse per completare l'attacco da quota
periscopica. Alle 2.55 il Thrasher
lanciò tre siluri dai tubi poppieri, da una distanza di 1830 metri, mirando
alla nave mercantile.
Alle 2.57, il Padenna venne colpito da due siluri e fu
rapidamente avvolto dalle fiamme: il pilota di un Wellington che stava
sorvolando la nave, ed assisté alla scena, scrisse che il piroscafo si
trasformò subito in una massa di fiamme e di fumo oleoso (“a mass of flames and
oily smoke”). L'assistenza prestata da Lupo
e Castore fu vana: mezz'ora dopo
essere stato colpito, il piroscafo s'inabissò nel punto 32°44' N e 24°10' E
(per altra fonte, 32°50' N e 24°10' E, o 32°44' N e 24°11' E), 40 o 50 miglia a
nord di Tobruk.
Il Thrasher si ritirò verso nord, vanamente
cercato per un'ora dalle due torpediniere (una delle quali passò sulla sua
verticale, ma senza localizzarlo; non vennero lanciate bombe di profondità).
Le due torpediniere
si riunirono alla Calliope per
scortare lo Sportivo, ultimo
piroscafo superstite, verso il porto di destinazione, dove almeno questa nave
giunse intatta alle undici di quel mattino.
Dei 34 uomini che
componevano l'equipaggio del Padenna,
soltanto 14 furono tratti in salvo, cinque dalla Lupo e nove dalla Castore;
gli altri 20, tra cui il comandante Cerovaz-Cervia ed il direttore di macchina
Rainis, scomparvero con la nave.
Le vittime tra l'equipaggio civile:
Pantaleo Bufo, marinaio, da Molfetta
Luigi Giuseppe Cerovaz-Cervia, capitano di
lungo corso (comandante), 43 anni, da Lussinpiccolo
Carlo Cortopassi, marinaio, 45 anni, da Viareggio
Mario Costantini, fuochista, 40 anni, da
Trieste
Francesco Fabbri, primo ufficiale, 28 anni, da Viareggio
Domenico Ferri, carbonaio, 35 anni, da Molfetta
Francesco Giuseppe Rainis, direttore di
macchina, 46 anni, da Lussinpiccolo
Bruno Rambelli, primo ufficiale di macchina, 51 anni, da Ravenna
Luigi Silvestri, giovanotto, da Molfetta
Celeste Socrate, caporale di macchina, 36 anni, da Trieste
Domenico Veggian, marittimo, da Rovigno
Giuseppe Volpi, capo fuochista, 57 anni, da Trieste
L'affondamento del Padenna nel giornale di bordo del Thrasher (da Uboat.net):
"0215 hours (time
zone -3) - In position 33°00'N, 24°04'E sighted three darkened shapes bearing
105°, distant about 6 nautical miles. Altered course to close. Five minutes
later the objects were seen to be two destroyers and one medium seized merchant
ship on a southerly course. One destroyer was stationed ahead and one astern.
The latter one was carrying out wide sweeps on either quarter of the merchant
ship. Thrasher proceeded to work
ahead of the merchant ship.
0318 hours - Dived to
completed the attack from periscope depth.
0355 hours - Fired
three torpedoes from the stern tubes at the merchant vessel, that was estimated
to be of about 5000 tons, from 2000 yards. Two hits were obtained.
0400 hours - retired
to the Northward. Both destroyers carried out a search for about one hour. One
passed overhead but both destroyers failed to gain contact and no depth charges
were dropped. A third destroyer was heard to come up at high speed from the
direction of Tobruk around 0440 hours and joined the search."
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L'Herman Sauber (a destra) ed il Prinz Heinrich durante l’esperimento di rifornimento in alto mare del 1906 (dallo “Scientific American” del 24 novembre 1906) |