La Chinotto in transito nel canale di navigabile di Taranto a metà anni Trenta (Coll. Maurizio Brescia via www.associazione-venus.it) |
Torpediniera, già
cacciatorpediniere, della classe Generali (dislocamento standard 730
tonnellate, in carico normale 832, a pieno carico 870 o 890). Nel periodo
interbellico operò intensamente e prese parte a diverse crociere. In guerra
effettuò 37 missioni, delle quali 9 di scorta (sulle rotte dell’Africa
Settentrionale) e 17 antisommergibile.
Breve e parziale cronologia.
20 novembre 1919
Impostazione nei
cantieri Odero di Sestri Ponente.
7 agosto 1921
Varo nei cantieri
Odero di Sestri Ponente.
26 settembre 1921
Entrata in servizio.
30 agosto 1923
Nel corso della Crisi
di Corfù, scatenata dall’assassinio (avvenuto ad opera di ignoti il 27 agosto
tra Giannina e Santi Quaranta) del generale Tellini e di una delegazione
italiana che avrebbe dovuto definire i confini tra Grecia ed Albania, il Chinotto salpa da Taranto con una forza
navale (composta, oltre che dal Chinotto,
dai gemelli Generale Antonio Cantore,
Generale Marcello Prestinari e Generale Achille Papa, dai
cacciatorpediniere Giuseppe Sirtori e
Giuseppe La Masa, dalle corazzate Caio Duilio ed Andrea Doria, dall’esploratore Augusto
Riboty, da un dragamine e da due navi ausiliarie) incaricata di difendere
il Dodecaneso da possibili azioni ostili da parte della Grecia. La squadra
viene dislocata a Portolago (Lero).
19 settembre 1923
Il Chinotto, insieme ai gemelli Generale Antonio Cantore, Generale Antonino Cascino, Generale Carlo Montanari, Generale Marcello Prestinari e Generale Achille Papa ed alle corazzate Cesare e Cavour, compone la divisione navale che presenzia, nella baia di
Falero, alla resa degli onori (63 salve di cannone con la bandiera italiana al
picco) alla bandiera italiana da parte di una divisione navale greca –
corazzata Kilkis, incrociatore
corazzato Georgios Averof e quattro
cacciatorpediniere – che rappresenta (insieme ad un indennizzo economico)
l’atto formale di “riparazione”, da parte della Grecia, per l’eccidio di
Giannina. Presenziano come testimoni anche gli incrociatori Comus (britannico) e Mulhouse (francese).
In questo periodo
presta servizio sul Chinotto il
guardiamarina Ugo Botti, futura Medaglia d’oro al Valor Militare.
1° ottobre 1929
Declassato a
torpediniera, al pari di tutti i vecchi “tre pipe”.
Il Chinotto negli anni Venti (g.c. Nedo B. Gonzales, via www.naviearmatori.net) |
1931
La Chinotto, la Papa e due altre vecchie torpediniere, la Nicola Fabrizi e l’Enrico
Cosenz, formano insieme al non meno datato esploratore Quarto la Divisione
Speciale, agli ordini dell’ammiraglio Denti.
10 agosto 1931
La Chinotto, insieme alle gemelle Giacinto Carini e Generale Achille Papa ed all’esploratore Premuda, presenzia a Capodistria alla commemorazione del
quindicesimo anniversario dell’esecuzione di Nazario Sauro.
16 gennaio 1932
Si reca a Capodistria
insieme all’esploratore Quarto ed
alle torpediniere Angelo Bassini, Giuseppe Cesare Abba, Giuseppe La Farina, Generale Carlo Montanari ed Enrico
Cosenz (la formazione è al comando dell’ammiraglio Moreno). La formazione
ripartirà il 18 dopo essere stata raggiunta dal Premuda.
1936
Riceve lavori di
modifica con l’imbarco di apparati per il dragaggio in corsa.
1939
L’originario
armamento secondario di due cannoncini Ansaldo Mod. 1917 da 76/40 mm viene
sostituito con un armamento contraereo costituito da due mitragliere binate Breda
da 20/65 mm Mod. 1935 e due o quattro mitragliatrici singole da 8/80 mm (per
altra fonte, invece, i pezzi da 76 mm vengono lasciati, ma affiancati da sette
mitragliere da 20/70 mm Mod. 1939, mentre per altre fu armata con mitragliere
da 13,2 mm).
Svolge attività
addestrativa mensile.
10 giugno 1940
L’Italia entra in
guerra. La Chinotto appartiene in
questo momento alla II Squadriglia Torpediniere, di base a La Maddalena,
insieme alle gemelle Generale Antonino
Cascino, Generale Carlo Montanari
e Generale Achille Papa.
Durante la notte la Chinotto posa un campo minato al largo
di Ajaccio.
6 giugno-10 luglio 1940
Chinotto, Cascino, Montanari e Papa posano quattro sbarramenti di 60 mine ciascuno a nordest della
Maddalena ed altri due (anch’essi di 60 ordigni) nelle bocche di Bonifacio.
La Chinotto affiancata dalle gemelle Generale Antonino Cascino (a sinistra) e Generale Marcello Prestinari (a destra) (da www.regione.sicilia.it)
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L’affondamento
Nella notte del 28
marzo 1941 la Chinotto, al comando
del tenente di vascello Lelio Campanella, lasciò Palermo insieme ad un’altra
anziana torpediniera, la Giuseppe Missori
(tenente di vascello Carbonara). Le due unità avrebbero dovuto eseguire una
missione notturna di ricerca antisommergibile: un battello nemico – probabilmente
il britannico Rorqual – era stato
avvistato al largo di Capo Gallo.
Appena tre giorni
prima, e ad insaputa dei comandanti italiani, proprio il Rorqual (capitano di fregata Ronald Hugh Dewhurst), il più celebre
battello posamine della Royal Navy, era stato mandato a posare 50 mine tra Capo
Gallo e Scoglio Asinelli, dividendole in tre sbarramenti (uno di dieci mine
quattro-cinque miglia a nordest di Capo Gallo, uno di 19 mine a nordest dello
Scoglio Asinelli ed il più grande, di 21 mine, a nordovest dello stesso Scoglio
Asinelli). Il primo era stato posato dal Rorqual
tra le 11.10 e le 11.19 del 25 marzo, iniziando nel punto a 3,7 miglia per 041°
da Capo Gallo e procedendo poi in direzione 280°, per circa 0,45 miglia
nautiche, con un intervallo di 90 metri tra una mina e l’altra; il secondo
dalle 9.40 alle 9.56 del 26 marzo, cominciando nel punto a 2,2 miglia per 022°
dal faro dello Scoglio Asinelli e procedendo in direzione 290° con una linea di
mine lunga 0,9 miglia nautiche, di nuovo distanziate tra di loro di una
novantina di metri; il terzo dalle 10.48, nel punto a 1,5 miglia per 308° dal
faro di Scoglio Asinelli, per un miglio in direzione 29° con mine anch’esse
distanziate di 90 metri.
Su uno di questi
sbarramenti (il terzo, di 21 mine) erano già affondate, il 26 marzo, le
cisterne militari Verde e Ticino.
La missione di
ricerca intrapresa da Chinotto e Missori si rivelò infruttuosa, dunque alle
otto del mattino del 28 le due torpediniere abbandonarono la ricerca – erano in
quel momento nel punto tra il meridiano di Capo San Vito ed il parallelo 38°20’
N – e si avviarono sulla rotta di rientro a Palermo, procedendo in linea di
fila (Missori in testa, Chinotto che la seguiva nella scia)
verso il punto prestabilito «A». Il mare lungo da ovest-sud-ovest al
giardinetto ostacolava le manovre, e la densa foschia “nera” peggiorava la
situazione. Con il procedere della navigazione le condizioni di visibilità
andarono ulteriormente deteriorandosi: alle 9.20, quando Chinotto e Missori,
giunte sul punto «A», accostarono per 110°,5 veri, la costa risultava
interamente coperta da una foschia nera.
Alle 9.35 iniziò a
comparire alla vista la sommità di Capo Gallo, che diede al comandante
Carbonara della Missori l’impressione
di essere leggermente spostato verso terra; Carbonara non se ne diede comunque
pensiero, perché poco tempo prima aveva scortato in quelle stesse acque, per
due giorni, la posacavi Città di Milano,
e sapeva che verso terra, dalle rotte di sicurezza, non vi erano pericoli sotto
la superficie del mare.
Mentre le due
torpediniere si avvicinavano alla costa siciliana, tuttavia, alle 9.40, la Chinotto urtò una mina, o forse anche
due, dello sbarramento che il Rorqual
aveva posato in quelle acque tre giorni prima.
Le esplosioni,
verificatesi all’altezza dell’alberetto poppiero (la prima) ed a centro nave
(la seconda), spezzarono in due l’anziana torpediniera, che iniziò subito ad
affondare 4,5 miglia a nordest di Capo Gallo. Erano le 9.41 quando sulla Missori il comandante in seconda,
sottotenente di vascello Guido Suttora, esclamò «il Chinotto affonda», ed il comandante Carbonara, accorso sull’aletta
sinistra di plancia, vide la nave sezionaria che quasi ferma, cominciava ad affondare.
Sulla Chinotto, il comandante Campanella diede
tutti gli ordini necessari al salvataggio dei suoi uomini e fece mettere a mare
le imbarcazioni, sulle quali prese posto l’equipaggio superstite; non vi
s’imbarcò a sua volta, e rimase invece a bordo, senza neppure tentare di
gettarsi in mare.
Intanto sulla Missori il comandante Carbonara, temendo
che la Chinotto fosse stata silurata
da un sommergibile posizionato più al largo, ordinò avanti tutta e tutta la
barra a sinistra per portarsi nella presumibile posizione del battello
attaccante, ma, non vedendo scie di siluri o bolle di lancio, ridusse la
velocità; in quel momento la Chinotto
fu scossa dalla seconda esplosione, dopo di che scomparve rapidamente sotto la
superficie.
Mentre la sua nave
s’inabissava, il comandante Campanella, raggiunto dall’acqua, si raccomandò
alla Madonna di Pompei; poi si verificò la seconda esplosione, forse causata
dall’urto contro un’altra mina, e Campanella venne scaraventato in mare. Fu
recuperato da una lancia, i cui occupanti ripulirono le sue ferite con del
whisky. In poco tempo, la torpediniera s’inabissò quattro miglia a nordest di
Capo Gallo, al limite sudorientale del Banco La Barra ed a dieci miglia da
Palermo.
Dopo otto-dieci
minuti dall’urto della Chinotto – ormai
affondata – contro la prima mina, la Missori,
il cui comandante aveva ora compreso che dovessero probabilmente esservi
“impedimenti subacquei” sul Banco La Barra, accostò a dritta per portarsi in
fondali più profondi, verso sud, poi, senza fermarsi, inviò dei mezzi a
recuperare i superstiti della torpediniera sezionaria e comunicò l’accaduto a
Marina Palermo, che inviò mezzi di soccorso al comando del capitano di corvetta
Antonio Nervi, che provvidero al salvataggio dei superstiti. Il comandante
della Missori elogiò l’equipaggio
della Chinotto, il cui atteggiamento
definì sereno ed austero.
Per il contegno
tenuto, il comandante Campanella venne decorato con una Medaglia di Bronzo al
Valor Militare. In famiglia non volle più parlare della vicenda, ma anni dopo
la sua morte i figli vennero a sapere che nel momento dell’affondamento della Chinotto sua moglie si era svegliata di
soprassalto gridando: “Lelio! Lelio! E’accaduto qualcosa a Lelio”.
Dei 119 uomini che
componevano l’equipaggio della Chinotto,
seguirono la nave in fondo al mare 48 tra ufficiali, sottufficiali e marinai,
mentre i superstiti furono 71.
La nave era finita
sullo sbarramento di dieci mine (il primo dei tre) posato dal Rorqual quattro miglia a nordest di Capo
Gallo il 25 marzo. Tale sbarramento era tanto vicino a due campi minati difensivi
italiani (45 ordigni ciascuno) posati nel giugno 1940 che sulle prime si pensò
che la Chinotto avesse
accidentalmente urtato una mina appartenente al più settentrionale di questi
due sbarramenti, ma il fatto che si trattasse di uno sbarramento
antisommergibile, con mine regolate per una profondità di dieci metri – tale da
non recare danno ad una torpediniera che vi fosse passata sopra – fece sorgere
il dubbio che qualche mina, difettosa, potesse essere rimasta ad una profondità
minore del previsto. Supermarina ordinò subito di effettuare un dragaggio di
controllo, durante il quale fu trovata una mina a soli 2,65 metri di profondità
e dotata di dieci urtanti, in luogo dei sette delle mine tipo «Elia» che componevano
lo sbarramento difensivo italiano: si capì allora che la Chinotto era affondata su un nuovo campo minato nemico, di cui non
si era a conoscenza.
Le operazioni di
neutralizzazione di tale minaccia vennero affidate al capitano di corvetta
Nervi, sotto la cui direzione tutte e otto le mine residue posate dal Rorqual vennero trovate e dragate: le
prime ricerche iniziate il 20 maggio furono interrotte dal maltempo, ma tre
giorni dopo, grazie alle indicazioni di alcuni pescatori, fu trovata la prima
mina; il 31 maggio, dopo nuove interruzioni dovute al tempo avverso, vennero
localizzate e contrassegnate anche le altre sette (gli otto ordigni risultarono
disposti a profondità variabili tra 1,65 e 3,60 m con orientamento 278°, la
prima nel punto 38°16’20” N e 13°22’20” E e l’ultima nel punto 38°16’23” N e
13°21’45” E, distanziate di circa 120 metri l’una dall’altra tranne la terza e
la quarta, tra le quali la distanza era doppia). Il 3 giugno, nonostante il
mare ancora mosso, i dragamine RD 20,
Ettore Fieramosca e Maria Santissima ed una motolancia
provvidero a dragare e neutralizzare tre mine; l’indomani l’opera fu ripetuta
con gli altri cinque ordigni, tutti dragati e disattivati.
Caduti sulla Chinotto:
Mario Paolo Angelini, secondo capo meccanico,
deceduto
Giuseppe Balsamo, marinaio, disperso
Pasquale Bianco, marinaio cannoniere, disperso
Salvatore Caramico, sottocapo furiere,
disperso
Arturo Carnevale, marinaio fuochista, disperso
Giobatta Casagrande, marinaio cannoniere,
deceduto
Mirko Casasola, sottocapo meccanico, disperso
Giovanni Cecchini, marinaio fuochista,
disperso
Generoso Cincotti, marinaio fuochista,
disperso
Ambrogio Cribiu, marinaio silurista, disperso
Biagio D’Ernesto, marinaio cannoniere,
disperso
Francesco Di Capua, marinaio, deceduto
Ugo Di Nicola, marinaio fuochista, disperso
Francesco Fiore, marinaio fuochista, disperso
Leonetto Giusti, capo meccanico di terza
classe, disperso
Pietro Goich, sottocapo meccanico, disperso
Vito Granata, secondo capo cannoniere,
disperso
Vincenzo Guardiglio, marinaio fuochista,
disperso
Giuseppe Laterza, marinaio fuochista, disperso
Antonio Luberti, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Maleppa, marinaio fuochista, disperso
Emilio Marzoli, marinaio fuochista, disperso
Michele Matrella, marinaio radiotelegrafista,
disperso
Settimo Matteoli, capo cannoniere di prima
classe, disperso
Calvino Mercone, marinaio fuochista, disperso
Idine Mocchetti, secondo capo meccanico,
deceduto
Cosimo Molle, marinaio cannoniere, disperso
Vincenzo Nicastro, marinaio cannoniere,
disperso
Giovanni Noardo, marinaio meccanico, disperso
Tommaso Pallavicini, capitano del Genio
Navale, disperso
Rocco Palleschi, sottocapo meccanico, disperso
Antonio Pauro, marinaio, disperso
Nicola Perfetto, capitano CREM, deceduto
Egidio Pirola, marinaio fuochista, disperso
Aldo Polenta, sottocapo segnalatore, disperso
Giulio Ricci, marinaio, disperso
Giuseppe Mario Sala, marinaio fuochista,
disperso
Mario Scudeletti, marinaio torpediniere,
disperso
Antonio Selenu, marinaio nocchiere, disperso
Virginio Simone, sottocapo cannoniere,
disperso
Giovanni Spinosa, marinaio, disperso
Luigi Spinosa, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Toscano, marinaio, disperso
Rinaldo Tronchini, marinaio cannoniere,
deceduto
Carlo Valentini, marinaio fuochista, disperso
Fernando Vergani, marinaio fuochista, disperso
Vito Vinci, marinaio, disperso
Giulio Zago, marinaio meccanico, deceduto il
30.3.1941
Il relitto della Chinotto è stato localizzato nel 2002 dal
subacqueo palermitano Stefano Baldi ed esplorato per la prima volta nel 2003
dal grande fotografo e subacqueo Andrea Ghisotti. Giace su fondale sabbiose ad
una profondità di 103 metri, al largo di Capo Gallo e del Golfo di Mondello; la
prua, adagiata sul lato di dritta, è relativamente intatta, mentre gran parte
del relitto è ridotto ad un informe ammasso di rottami.
Un’altra immagine della Chinotto (da http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/archeologiasottomarina/prod_editoriali/pubblicazioni_pdf/patrimonio%20ritrovato.pdf)
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