domenica 25 settembre 2016

Enrico Cosenz

La Cosenz a Venezia all’inizio del 1933 (da www.kreiser.unoforum.pro

Torpediniera, già cacciatorpediniere, della classe La Masa (dislocamento standard 660 tonnellate, in carico normale 840 tonnellate, a pieno carico 875 tonnellate). Già Agostino Bertani.
Durante la seconda guerra mondiale fu intensamente impiegata quale nave scorta, dapprima sulle rotte per l’Africa Settentrionale, poi nel Basso e Medio Tirreno, ed infine nel Basso Adriatico. Svolse 165 missioni di scorta, 14 di ricerca e caccia antisommergibili, 4 di posa di mine e 41 di altro tipo, percorrendo oltre 65.000 miglia.

Breve e parziale cronologia.

23 dicembre 1917
Impostazione nei cantieri Nicolò Odero di Sestri Ponente.
6 giugno 1919
Varo nei cantieri Nicolò Odero di Sestri Ponente.
13 giugno 1919
Entrata in servizio, come Agostino Bertani.
Viene subito impiegato nel Golfo del Quarnaro nel concitato periodo dell’“impresa di Fiume”, l’occupazione da parte del poeta Gabriele D’Annunzio, alla testa di circa 2600 soldati “ribelli” (i “legionari fiumani”), della città di Fiume, popolata in maggioranza da italiani ma territorialmente contesa tra Italia e Jugoslavia.
7-8 ottobre 1919
Nella notte tra il 7 e l’8, mentre il Bertani si trova ormeggiato al Molo Sanità di Trieste, salgono a bordo otto “uscocchi” (legionari fiumani divenuti “corsari” agli ordini di D’Annunzio – che ha istituito anche un apposito “Ufficio colpi di mano” per coordinarne l’attività – e già autori della cattura di alcuni piroscafi carichi di provviste, per rifornire i legionari e la popolazione della città, sottoposta a blocco dal mare e da terra), guidati dal tenente di vascello Romano Manzutto, che s’impadroniscono della nave, minacciando l’equipaggio (6 ufficiali e 64 tra sottufficiali e marinai) con pistole che, secondo alcuni racconti, sarebbero scariche. Il comandante del Bertani viene imprigionato nella propria cabina, e la nave, al comando di Manzutto, lascia Trieste e raggiunge Fiume nonostante il mare burrascoso. Qui il Bertani diviene parte della piccola Marina della “Reggenza del Carnaro” (alla quale, secondo alcune fonti, aderirebbe del tutto od in parte anche l’equipaggio).
D’Annunzio scrive a riguardo, in una lettera: “E ieri ho portato via dal porto di Trieste un cacciatorpediniere nuovo fiammante, Agostino Bertani, sotto il naso delle Autorità. Fu veramente un’operazione di meravigliosa pirateria”.
16 ennaio 1921
A metà gennaio, conclusa l’impresa di Fiume a seguito dell’energico intervento militare italiano, che ha costretto D’Annunzio ed i suoi uomini alla resa ed alla ritirata, il Bertani rientra a Pola. Qui, il 16 gennaio, quale simbolica “punizione” per la sua “defezione”, la nave viene radiata dai ruoli del naviglio militare, e poi nuovamente iscritta con un nuovo nome, quello di Enrico Cosenz.
Giugno-Novembre 1924
La Cosenz viene impiegata in esperimenti di guida radiocomandata di MAS, guidando il MAS 223, modificato in modo da essere radiocomandato.
19 febbraio 1926
Il Cosenz viene speronato accidentalmente da un altro cacciatorpediniere similare, il Fratelli Cairoli (anch’esso ex “ammutinato” fiumano), riportando gravi danni che richiederanno alcuni mesi di riparazioni. Sarà la prima di ben quattro collisioni che vedranno coinvolta questa nave durante la sua vita.
1929
Declassato a torpediniera.
1931
La Cosenz, insieme alle torpediniere Nicola Fabrizi, Generale Antonio Chinotto e Generale Achille Papa ed all’esploratore Quarto, forma la Divisione Speciale al comando dell’ammiraglio Denti.
16 gennaio 1932
Cosenz, Chinotto, Quarto e le torpediniere Angelo Bassini, Giuseppe Cesare Abba, Giuseppe La Farina e Generale Carlo Montanari, al comando dell’ammiraglio Moreno, si recano in visita a Capodistria. La formazione ripartirà il 18 dopo essere stata raggiunta dal cacciatorpediniere Premuda.

La Cosenz, seguita dalla similare Giuseppe La Masa, in transito nel canale navigabile di Taranto nel 1933 (Coll. Luigi Accorsi via www.associazione-venus.it

1938
Per qualche tempo la Cosenz viene inviata a svolgere servizio di vigilanza nelle acque di Favignana, Levante e Marettimo, luoghi di confino di antifascisti, per sventare eventuali evasioni.
1940
Lavori di modifica dell’armamento: vengono eliminati due dei quattro cannoni da 102/45 mm Schneider-Armstrong 1917, entrambi i cannoncini da 76/40 mm Armstrong 1917, entrambe le mitragliere Colt da 6,5/80 mm e due dei quattro tubi lanciasiluri da 450 mm; al contempo vengono installate sei mitragliere singole Breda 1940 da 20/65 mm e due scaricabombe per bombe di profondità.
10 giugno 1940
All’entrata in guerra dell’Italia, la Cosenz fa parte della VII Squadriglia Torpediniere (con base a Brindisi), insieme alle gemelle Angelo Bassini, Nicola Fabrizi e Giacomo Medici.
13 agosto 1940
Il marinaio fuochista Pietro Scarano, della Cosenz, muore in territorio metropolitano.
27 settembre 1940
La Cosenz (tenente di vascello Carlantonio De Grossi Mazzorin) assume a Ras Tajunes la scorta dei piroscafetti Sirena e Famiglia, provenienti da Tripoli (da dove li ha scortati fino a Bengasi la torpediniera Rosolino Pilo, giungendo in tale porto alle 16.30) e diretti a Tobruk.
28 settembre 1940
Alle 7.40, mentre il convoglio procede in linea di fila con Cosenz in testa, Sirena al centro e Famiglia in coda, le navi vengono avvistate dal sommergibile britannico Pandora (capitano di corvetta John Wallace Linton). Linton identifica correttamente la Cosenz dalle lettere identificative (“CS”) dipinte sulla prua, e decide di attaccare la nave di coda, il Famiglia: alle 8.43 il Pandora lancia due siluri da 2290 metri.
Alle 8.49, nel punto 33°00’ N e 21°38’ E (al largo di Ras Aamer e dieci miglia a nordest di Al Haniyah/Apollonia), il Famiglia accosta improvvisamente a dritta e viene poco dopo colpito da un siluro sul lato sinistro, nell’estrema prua. La Cosenz inverte subito la rotta e dirige verso il Famiglia a tutta forza; il piroscafetto affonda rapidamente di prua, inabissandosi già alle 8.53.
Intanto, la Cosenz avvista le tracce della scia del siluro ed accosta subito a dritta, risalendo la scia per portarsi nella posizione in cui presumibilmente si trova il sommergibile; al contempo la torpediniera inizia a lanciare bombe di profondità con intervalli di sei secondi tra ogni lancio. Dopo il lancio dell’ottava bomba, gran parte dell’equipaggio, tra cui il comandante in seconda (sottotenente di vascello Diego Dabinovich), il direttore di macchina Vittorio Fiscal, il guardiamarina Franco Longo e l’aspirante Franco Carni, vedono lo scafo del sommergibile avversario affiorare, rovesciato su un fianco, per qualche secondo; la Cosenz inverte la rotta ed il comandante De Grossi Mazzorin ha modo di vedere personalmente una chiazza oleosa, nel centro della quale affiorano in superficie molte bolle d’aria. De Grossi Mazzorin fa lanciare altre tre bombe di profondità sulla chiazza oleosa, poi – alle 8.58 – si dirige verso il punto di affondamento del Famiglia, dove trova una lancia di salvataggio con a bordo l’intero equipaggio del piroscafo.
Mentre sulla Cosenz si ritiene di aver affondato il sommergibile attaccante, tanto che l’affondamento sarà annunciato nel bollettino di guerra del 30 settembre («Nel Mediterraneo orientale un sommergibile nemico ha silurato un nostro piroscafo di 700 tonnellate; la torpediniera Cosenz di scorta attaccava con bombe il sommergibile, che affiorava rovesciato sul fianco e poscia affondato. L'equipaggio del piroscafo è stato tratto in salvo al completo») e celebrato, il 6 ottobre, da una illustrazione di Achille Beltrame sulla “Domenica del Corriere”; in realtà il Pandora è sfuggito al contrattacco senza riportare danni, dato che le bombe di profondità non sono esplose vicine.
Alle 9.12 la Cosenz recupera i naufraghi, e poi si dirige verso il Sirena, che si è fermato ed ha calato un’imbarcazione per partecipare ai soccorsi; alle 9.30 De Grossi Mazzorin ordina al piroscafo di riprendere la rotta, e la Cosenz riassume la sua posizione di scorta. Cosenz e Sirena proseguono per Tobruk seguendo le rotte costiere.
Alle 18.10, giunti in prossimità di Derna, la Cosenz si porta vicino all’imboccatura di tale porto e si ferma per sbarcare i naufraghi del Famiglia, poi rimette in moto alle 18.40 e riprende il viaggio verso Tobruk, sempre su rotte costiere.
29 settembre 1940
Cosenz e Sirena arrivano a Tobruk in mattinata. Alle 11 la Cosenz ne riparte scortando i piroscafi Motia e Santa Chiara ed il rimorchiatore Polifemo, diretti a Bengasi.
1° ottobre 1940
Il convoglietto giunge a Bengasi alle 7.
4 ottobre 1940
Il marinaio Giovanni Caprino ed il secondo capo furiere Vincenzo Ruggieri, della Cosenz, muoiono nel Mediterraneo.
9 ottobre 1940
La Cosenz salpa da Tripoli alle 13, di scorta al piroscafo Caffaro ed alla motonave Col di Lana.
11 ottobre 1940
Il convoglio giunge a Palermo alle 8.30; Cosenz e Col di Lana proseguono per Napoli.
12 ottobre 1940
Cosenz e Col di Lana giungono a Napoli alle 11.
2 dicembre 1940
La Cosenz salpa da Napoli alle 16, scortando i piroscafi Sabaudia e Silvia Tripcovich diretti a Tripoli.
Il convoglio fa scalo a Trapani, dove la Cosenz viene sostituita dalla torpediniera Generale Achille Papa.
13 dicembre 1940
La Cosenz e la torpediniera Generale Antonino Cascino salpano da Napoli alle due di notte, scortando un convoglio composto dai trasporti truppe Esperia, Conte Rosso e Marco Polo, diretti a Tripoli.
A Palermo le due torpediniere vengono sostituite nella scorta dalla XIV Squadriglia Cacciatorpediniere (Ugolino Vivaldi, Antonio Da Noli, Luca Tarigo, Lanzerotto Malocello).
19 dicembre 1940
La Cosenz parte da Napoli a mezzogiorno scortando la motonave Assiria ed i piroscafi Aquitania e Bainsizza, diretti a Tripoli.
20 dicembre 1940
A Trapani, alle 15.40, la Cosenz viene sostituita nella scorta dalla torpediniera Clio.
26 dicembre 1940
Cosenz, Tarigo, Vivaldi (caposcorta), Da Noli e Malocello partono da Napoli alle 19 diretti a Tripoli, scortando Esperia, Conte Rosso e Marco Polo. La Cosenz lascia il convoglio a Trapani.

La Cosenz in navigazione ad alta velocità nel Golfo di Napoli nell’autunno del 1940 (Coll. Maurizio Brescia via www.betasom.it

12 gennaio 1941
La Cosenz parte da Napoli alle 19 scortando Esperia, Calitea, Conte Rosso e Marco Polo diretti a Tripoli.
Come al solito, a Trapani la torpediniera viene rilevata dalle unità della XIV Squadriglia Cacciatorpediniere (Vivaldi, Tarigo e Malocello, più il Da Noli unitosi in un secondo momento).
8 febbraio 1941
La Cosenz salpa da Napoli scortando l’incrociatore leggero Alberto Di Giussano, in navigazione di trasferimento a La Maddalena.
9 febbraio 1941
Le due navi giungono alla Maddalena alle 15.50.
9 aprile 1941
La Cosenz, le torpediniere Papa e Clio ed il cacciatorpediniere Dardo (caposcorta) salpano da Napoli alle 14.30, scortando un convoglio formato dalle motonavi da carico Rialto, Birmania, Barbarigo, Andrea Gritti e Sebastiano Venier.
11 aprile 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 11.30.
30 aprile 1941
Cosenz, Clio (caposcorta) ed una terza torpediniera, la Generale Carlo Montanari, salpano da Palermo per Tripoli alle 22, scortando i piroscafi tedeschi Brook e Tilly L. M. Russ, l’italiano Bainsizza, la pirocisterna italiana Sanandrea ed il rimorchiatore tedesco Max Berendt. Successivamente le tre unità di scorta vengono sostituite dalle torpediniere Polluce e Centauro.
5 maggio 1941
La Cosenz e la torpediniera Calliope partono da Palermo alle otto, scortando i piroscafi Giuseppe Leva, Giovinezza, Cadamosto ed Amsterdam, diretti a Tripoli.
6 maggio 1941
In serata il convoglio viene dirottato a Trapani per allarme navale.
11 maggio 1941
Alle 15 il convoglio, cui si sono uniti anche il piroscafo Nita e la torpediniera Circe, riparte da Trapani.
13 maggio 1941
Le navi giungono a Tripoli alle 15.40.
20 maggio 1941
La Cosenz ed i cacciatorpediniere Aviere (caposcorta), Grecale, Dardo e Camicia Nera lasciano Tripoli per Napoli alle 16, scortando i piroscafi Wachtfels (tedesco), Ernesto ed Amsterdam, la pirocisterna Sanandrea e le motonavi Col di Lana e Giulia.
La scorta a distanza è assicurata dalla VII Divisione Navale, con gli incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Garibaldi ed i cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere ed Alpino.
23 maggio 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 23.
21 giugno 1941
Alle 15 la Cosenz salpa da Tripoli insieme al cacciatorpediniere Lanzerotto Malocello (caposcorta) ed alle torpediniere Orsa, Procione, Pegaso e Clio, scortando un convoglio composto dai piroscafi Wachtfels (tedesco), Amsterdam, Giulia, Ernesto e Tembien, e dalla motonave Col di Lana.
22 giugno 1941
Il convoglio subisce ripetuti attacchi aerei; tra le 12 e le 15, Tembien e Wachtfels vengono colpiti da bombe e devono rifugiarsi a Trapani, scortati dall’Orsa. Tre aerei vengono abbattuti dal tiro delle navi della scorta.
23 giugno 1941
In rinforzo alla scorta viene inviata la X Squadriglia Cacciatorpediniere, con Maestrale, Grecale ed Antoniotto Usodimare.
24 giugno 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 3.30.
15 luglio 1941
La Cosenz salpa da Napoli alle 24, scortando il piroscafo Bosforo.
19 luglio 1941
In mattinata, ormai in acque libiche, la Cosenz viene sostituita dalla torpediniera Perseo, che scorta il Bosforo nell’ultimo tratto di navigazione fino a Bengasi.
21 novembre 1941
La Cosenz (tenente di vascello Lelio Campanella) ed il cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta, capitano di vascello Stanislao Esposito) salpano da Napoli alle 5.30, scortando la motonave Monginevro e la motonave cisterna Iridio Mantovani (che formano il secondo scaglione del convoglio «C») dirette a Tripoli. Il convoglio fa parte di un’operazione di traffico volta ad inviare urgenti rifornimenti in Libia, dov’è iniziata da pochi giorni un’offensiva britannica (operazione «Crusader») e dopo che la distruzione del convoglio «Duisburg», avvenuta il 9 novembre ad opera della Forza K britannica, ha provocato la perdita di un ingente quantitativo di rifornimenti diretti in Africa Settentrionale.
Dopo qualche giorno di parziale stasi dovuto al disastro del 9 novembre, infatti, il capo di Stato Maggiore generale, maresciallo Ugo Cavallero, ha dato ordine il 13 novembre di far partire immediatamente per la Libia le motonavi già cariche e pronte alla partenza, con poderosa scorta di almeno due divisioni di incrociatori, con operazione da svolgersi al più presto, al fine di “sfruttare il vantaggio della sorpresa”.
Supermarina, d’accordo con Superareo, ha quindi subito provveduto a dare le disposizioni per l’invio a Tripoli delle sei motonavi già pronte a Napoli (Monginevro, Ankara, Sebastiano Venier, Vettor Pisani, Napoli ed Iridio Mantovani), lungo la rotta di levante, passando per lo Stretto di Messina e tenendosi poi al di fuori del raggio d’azione degli aerosiluranti di Malta (190 miglia).
L’operazione vede in mare altri due gruppi di due moderne motonavi ciascuno: il primo scaglione del convoglio «C», partito da Napoli alle 20 del 20 (motonavi Napoli e Vettor Pisani, cacciatorpediniere Turbine, torpediniera Perseo) ed il convoglio «Alfa», salpato da Napoli alle 19 del 20 (motonavi Ankara e Sebastiano Venier e cacciatorpediniere Maestrale, Alfredo Oriani e Vincenzo Gioberti). La III e VIII Divisione Navale dovranno dare loro protezione; dallo stretto di Messina in poi, dovranno navigare ad immediato contatto col convoglio «C», quasi incorporate in esso.
Al contempo, una motonave veloce (la Fabio Filzi) sarà inviata sempre a Tripoli ma sulla rotta di ponente (per il Canale di Sicilia), con la scorta di un paio di cacciatorpediniere (oltre che di aerei: sia sui due convogli che sulla Filzi la scorta aerea dovrà essere continua, nelle ore diurne, dal 20 al 23 novembre), per non dare nell’occhio. Contestualmente saranno inviati a Bengasi l’incrociatore leggero Luigi Cadorna in missione di trasporto di carburante (da Brindisi) e le motonavi Città di Palermo e Città di Tunisi cariche di truppe (da Taranto), e verranno fatte rientrare in Italia le navi rimaste bloccate a Tripoli dall’inizio di novembre. L’idea è che un tale numero di navi in movimento contemporaneamente, divise in più convogli sparsi su una vasta area, confonda e disorienti la ricognizione maltese; che i convogli finiscano col coprirsi a vicenda; che la presenza in mare della III e VIII Divisione scoraggi interventi da parte della Forza K britannica (autrice della distruzione del convoglio «Duisburg»), notevolmente inferiore per numero e potenza (incrociatori leggeri Aurora e Penelope e cacciatorpediniere Lance e Lively). L’Aeronautica, oltre alla scorta antiaerea ed antisommergibile dei convogli, effettuerà anche azioni di ricognizione e di bombardamento degli aeroporti di Malta. Alcuni sommergibili vengono disposti in agguato nelle acque circostanti l’isola.
Dopo vari rinvii dovuti al maltempo (che impedisce l’utilizzo degli aeroporti della Sicilia), l’operazione prende il via, ma fin da subito molte cose non vanno per il verso giusto. Il convoglio «Alfa» viene avvistato da un ricognitore britannico poco dopo la partenza; quando viene intercettato un messaggio radio britannico dal quale risulta che una forza navale britannica non è molto lontana, il convoglio viene dirottato ad Argostoli, ponendo così fine alla sua partecipazione nell’operazione.
I due scaglioni del convoglio «C», invece, si uniscono invece poco prima di imboccare lo stretto di Messina (poco dopo le 16 del 21), costituendo una formazione unica, sotto la direzione del Da Recco, procedendo a 14 nodi.
A protezione dell’operazione esce in mare da Napoli, alle 8.10 del 21, la VIII Divisione (incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, nave di bandiera del comandante superiore in mare, ammiraglio di divisione Giuseppe Lombardi, e Giuseppe Garibaldi; cacciatorpediniere Aviere, Geniere, Corazziere, Carabiniere e Camicia Nera) quale scorta indiretta, seguita alle 19.30 dello stesso giorno dalla III Divisione (incrociatori pesanti Trento, Trieste e Gorizia, quest’ultimo nave ammiraglia) per scorta strategica.
Poco dopo le 16, la VIII Divisione raggiunge il convoglio «C» e ne assume la scorta diretta; quasi contemporaneamente, però (mentre ancora la formazione è a nord della Sicilia), convoglio e scorta vengono avvistati da un aereo e da un sommergibile avversari, che segnalano a Malta la presenza di navi mercantili e navi da guerra italiane dirette verso lo stretto di Messina. Supermarina intercetta e decifra entrambi i segnali di scoperta; stante però la potente scorta di cui il convoglio gode, sia Supermarina che l’ammiraglio Lombardi decidono di proseguire, senza neanche modificare la rotta.
Alle 18 Cosenz e Da Recco lasciano la scorta, venendo sostituiti dai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, Emanuele Pessagno ed Antonio Da Noli.
Attacchi aerei e subacquei britannici, tra la sera e la notte successiva, determineranno il fallimento dell’operazione, col grave danneggiamento degli incrociatori Trieste e Duca degli Abruzzi ed il rientro in porto dei mercantili.
26 novembre 1941
La Cosenz, la torpediniera Giuseppe Dezza ed il cacciatorpediniere Alvise Da Mosto lasciano Taranto per scortare a Trapani la nave cisterna Iridio Mantovani. Nello stretto di Messina una torpediniera lancia un allarme sommergibili, ed il Da Mosto effettua un’infruttuosa ricerca; poi, al largo dell’estremità meridionale della Sicilia, viene stato rilevato un campo minato di cui non era nota la presenza, e l’S-Geraet del Da Mosto permette di localizzare le mine ed evitarle.
La Dezza lascia la scorta per avaria, mentre il resto del convoglio prosegue.
28 novembre 1941
Cosenz, Mantovani e Da Mosto giungono a Trapani alle 20.
17 gennaio 1942
La Cosenz salpa da Napoli per Tripoli alle 17, insieme alla similare Giuseppe Sirtori, scortando il piroscafo tedesco Atlas. Caposcorta è la Cosenz.
Le tre navi fanno scalo a Trapani e poi proseguono fino al largo di Marettimo, dove Cosenz e Sirtori lasciano l’Atlas per rientrare alla base, venendo sostituite nella scorta dalle torpediniere Circe e Perseo inviate da Tripoli.
21 gennaio 1942
Verso le 4.50 la Cosenz, in arrivo a Trapani, entra in collisione con il rimorchiatore e dragamine ausiliario G 76 America, inviato ad assisterla. L’America subisce danni, ma non affonda.
22 febbraio 1942
Intorno alle 21, la Cosenz sperona nello stretto di Messina (a nord di San Ranieri) il piroscafo Luisa, in navigazione da Taranto a Trapani con carico di carbone. Il mercantile cola a picco dopo circa venti minuti, con la perdita di un membro dell’equipaggio.
6 maggio 1942
La Cosenz e la più moderna torpediniera Circe si uniscono per un breve tratto alla scorta di un convoglio in navigazione da Napoli e Brindisi per Bengasi, e formato dai piroscafi Anna Maria Gualdi, Trapani (tedesco) e Capo Arma con la scorta dei cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta, capitano di vascello Ignazio Castrogiovanni) e Turbine e della torpediniera Pegaso. Gualdi e Trapani sono partiti da Napoli tra le 8 e le 12 del 5, mentre il Capo Arma è salpato da Brindisi il 6; i tre piroscafi si uniscono a formare un unico convoglio il 6 maggio, nello stretto di Messina.
7 maggio 1942
Alle 5.35, la Cosenz lascia la scorta.
23 giugno 1942
La Cosenz salpa da Taranto insieme a tre rimorchiatori, per prestare assistenza alla motonave Mario Roselli, silurata ed immobilizzata da un attacco aereo a 39 miglia per 134° da Capo Rizzuto, durante la navigazione in convoglio da Palermo a Bengasi. Da Messina e Crotone escono in soccorso anche le torpediniere Antares ed Aretusa. La Roselli, presa a rimorchio dapprima dalla torpediniera Orsa (della scorta diretta, dopo un primo tentativo fallito da parte della torpediniera Partenope) e poi dal rimorchiatore Pluto di Taranto, può essere condotta in salvo a Taranto, dove giungerà alle 12.35 del 25 giugno.
8 luglio 1942
La Cosenz ed il cacciatorpediniere Turbine partono da Napoli alle otto per scortare a Tripoli la nave cisterna Picci Fassio.
9 luglio 1942
Il convoglietto giunge a Trapani a mezzogiorno, sostandovi alle 21.30. La Cosenz rimane a Trapani, venendo sostituita nella scorta dal cacciasommergibili Oriole.
2 settembre 1942
La Cosenz lascia Messina alle 19.30, scortando, insieme alla Sirtori ed alla Circe, la motonave Monti, proveniente da Napoli e diretta a Bengasi.
La sera stessa (verosimilmente intorno alle 23.40), al largo di Roccella Ionica, la Cosenz deve invertire la rotta per rientrare a Messina; pochi minuti dopo (alle 23.45), a tre miglia per 090° da Roccella Ionica, il convoglio viene attaccato da aerosiluranti britannici della Fleet Air Arm, ed alle 23.55.02 la Monti viene colpita da un siluro a poppa sinistra, restando immobilizzata. Presa a rimorchio dalla Sirtori, la motonave viene portata ad incagliare presso la Fiumara Condoianni, vicino al paese di Sant’Ilario Jonico.

La Cosenz nel Golfo di Napoli nell’autunno 1942 (g.c. STORIA militare)

8 ottobre 1942
La Cosenz salpa da Tripoli alle otto, scortando il piroscafo Castore, diretto a Napoli.
12 ottobre 1942
Cosenz e Castore arrivano a Napoli alle 7.35.
29 marzo 1943
La Cosenz (capitano di corvetta Emanuele Campagnoli) parte da Napoli per Tunisi, insieme alle torpediniere Antares e Sagittario, alla torpediniera di scorta Fortunale (caposcorta, capitano di fregata Antonio Monaco) ed ai cacciasommergibili tedeschi UJ 2202 e UJ 2207, scortando il convoglio «RR» (motonavi Belluno, italiana, e Pierre Claude, tedesca).
31 marzo 1943
Alle 11.25, su ordine del caposcorta, la Cosenz lascia il convoglio «RR» per andare a rafforzare la scorta del convoglio «GG» (piroscafi Nuoro, Crema e Benevento, in navigazione da Napoli a Biserta con la scorta delle torpediniere Cigno, Clio e Cassiopea, della corvetta Cicogna e dei cacciasommergibili tedeschi UJ 2203, UJ 2207 e UJ 2210), che segue l’«RR» a circa 40 miglia di distanza.
La Cosenz raggiunge il convoglio «GG» alle 14.24, e si unisce alla sua scorta. Alle 15.57, quando il convoglio è già in linea di fila per passare sulla rotta obbligata di Zembretta, viene attaccato da tre ondate successive di aerei: la prima (otto bombardieri bimotori Lockheed Hudson scortati da caccia Lockheed P-38 “Lightning”) sgancia molte bombe da 2500 metri, senza colpire nulla; la seconda (otto bombardieri e quattro aerosiluranti) attacca da ovest, dalla direzione del sole (cioè dal lato dritto del convoglio) e sgancia alcuni siluri e parecchie bombe, di nuovo senza risultato; la terza (sei bombardieri e cinque aerosiluranti), che viene subito dopo la seconda, attacca il convoglio da entrambi i lati e questa volta ottiene un risultato: il Nuoro viene colpito da un siluro sul lato sinistro, e si ferma con incendio a bordo. Il tiro delle navi abbatte due aerei, mentre i caccia della Luftwaffe di scorta aerea abbattono un quadrimotore nemico ma perdono a loro volta due aerei. Il Nuoro viene lasciato indietro con la Cicogna ad assisterlo (esploderà alle 16.34, quando le fiamme raggiungeranno le munizioni che fanno parte del carico), mentre il resto del convoglio prosegue per la sua rotta.
1° aprile 1943
Verso l’una di notte, quando il convoglio è tre miglia a sud/sudovest dell’Isola dei Cani (a dieci miglia da Biserta), alcune motosiluranti britanniche ferme in agguato attaccano all’improvviso il convoglio sul lato di dritta; colpendo a sorpresa, riescono a silurare sia il Crema che il Benevento e poi, dopo breve e confusa schermaglia con Cassiopea ed UJ 2203, si dileguano ad alta velocità nel buio della notte. Il Crema affonda, mentre il Benevento riesce a raggiungere la vicina costa tunisina e si porta all’incaglio presso Capo Zebib (risulterà irrecuperabile, anche se sarà possibile recuperarne il carico).
6 aprile 1943
Alle 9.54 la Cosenz (tenente di vascello Alessandro Senzi), salpata da Biserta, raggiunge un convoglio in navigazione da Napoli a Biserta, formato dai piroscafi Rovereto (italiano) e San Diego (tedesco) scortati dalle torpediniere Perseo (capitano di corvetta Saverio Marotta; comandante superiore in mare, capitano di fregata Ernesto Pellegrini), Orione (capitano di corvetta Luigi Colavolpe), Pallade (capitano di corvetta Antonio Giungi), Libra (capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) e Clio (capitano di corvetta Carlo Brambilla). Compito della Cosenz è pilotare il convoglio sulla rotta di sicurezza di Zembra, che il convoglio ha appena imboccato.
Alle 11.10 il convoglio viene infruttuosamente attaccato da 18 bombardieri; la Perseo richiama ripetutamente sul posto i caccia tedeschi, ma questi non possono intervenire, perché a loro volta assaliti da aerei nemici tra Tunisi e Biserta.
Alle 17.17, al largo di Capo Zebib, ha inizio il terzo attacco aereo: il convoglio ha appena accostato in direzione di Biserta, quando vengono avvistati 22 quadrimotori Boeing B 17 “Flying Fortress” che volano in formazione a 3000 metri di quota, con rotta perpendicolare a quella del convoglio. I sei caccia che formano la scorta aerea tentano vanamente di intercettare gli aerei Alleati; la prima ondata di bombardieri non fa danni, ma la seconda colpisce sia il Rovereto che il San Diego.
Il primo esplode ed affonda immediatamente otto miglia ad est di Biserta, mentre il secondo viene colpito a prua ed incendiato (assistito da Perseo, Pallade e Libra, dovrà essere abbandonato ed esploderà a sua volta alle 19.27).
Mentre l’Orione viene mandata a Biserta per chiedere mezzi di salvataggio (vi arriverà alle 18.20, e da quel porto usciranno i rimorchiatori Tebessa e Gabes, rispettivamente tedesco e francese, per tentare un rimorchio del San Diego), la Cosenz e la Clio vengono inviate a cercare eventuali sopravvissuti del Rovereto: ne trovano soltanto dodici, su 117 uomini imbarcati sul piroscafo.
Le torpediniere raggiunsero Biserta tra le 20.10 e le 21.35.
13 maggio 1943
La Cosenz scorta la nave cisterna Cesco da Valona a Bari.
14 maggio 1943
La Cosenz e la vecchia torpediniera Audace scortano il piroscafo Bacchus e la nave cisterna Firius da Taranto a Patrasso.
19 maggio 1943
Scorta il piroscafo Alba Julia da Patrasso a Brindisi.
2 giugno 1943
La Cosenz ed il cacciatorpediniere Sebenico scortano il piroscafo Rosandra e la pirocisterna Annarella da Corfù a Patrasso.
4 giugno 1943
La Cosenz e la torpediniera Giuseppe Missori scortano la nave cisterna Alberto Fassio da Bari a Patrasso.
5 luglio 1943
Scorta i piroscafi Hermada e Cagliari da Bari a Patrasso.
11 luglio 1943
Scorta da Patrasso a Corfù la piccola nave frigorifera Genepesca I.
15 agosto 1943
La Cosenz, insieme alle moderne corvette Chimera e Pomona, scorta la nave cisterna Cesco da Bari (dov’è giunta da Brindisi) a Valona.
Alle 10.25 il piccolo convoglio (le due corvette sono l’una a prora dritta e l’altra a prora sinistra della Cesco, la Cosenz è a poppa sinistra), diretto verso sud e scortato anche da un idrovolante, viene avvistato dal sommergibile britannico Unruly (tenente di vascello John Paton Fyfe). Alle 10.50 Fyfe, stimata rotta e velocità dei bersagli come 114° e 8 nodi, lancia quattro siluri da 1190 metri: la Cesco viene colpita, a 2,3 miglia per 027° dal faro di Pedagne (non lontano da Brindisi), e dev’essere portata ad incagliare per evitarne l’affondamento. La Pomona contrattacca, dalle 11.32 alle 12.20, con 39 bombe di profondità, ma senza riuscire a danneggiare l’Unruly.
La Cosenz viene invece inviata ad aggregarsi ad un convoglio in navigazione da Valona a Bari, e composto dal piroscafo Goggiam, dalla motonave Città di Spezia e dai rimorchiatori Nettuno ed Asinara.
Alle 20.32 anche questo convoglio viene attaccato, stavolta dal sommergibile polacco Dzik (tenente di vascello Boleslaw Romanowski): questi lancia quattro siluri in posizione 41°09’ N e 17°25’ E (27 miglia ad est di Bari), ed uno di essi colpisce il Goggiam, che dev’essere rimorchiato a Bari dal Nettuno.
19 agosto 1943
Scorta la nave cisterna Adriana ed il piroscafo Prode da Bari a Patrasso.
22 agosto 1943
La Cosenz salpa da Patrasso per scortare a Bari, via Corfù, un convoglio formato dai piroscafi Hermada, Merano e Caterina M. Successivamente si unisce alla scorta anche la moderna corvetta Sibilla.
23 agosto 1943
Il convoglio fa scalo a Corfù, poi prosegue per Bari.
24 agosto 1943
Alle 16.51 il sommergibile britannico Unseen (tenente di vascello Michael Lindsay Coulton Crawford) avvista il convoglio scortato dalla Cosenz (che viene identificata correttamente come “classe Cosenz” e che sta zigzagando verso il largo), a cinque miglia per 145° di distanza. Dopo aver manovrato per avvicinarsi, alle 17.24, in posizione 41°07’ N e 16°57’ E (a sei miglia da Bari) l’Unseen lancia tre siluri contro l’Hermada, da una distanza di 1370 metri. Nessun siluro va a segno (l’Hermada avvista le scie dei siluri, che ritiene essere addirittura quattro, mentre gli passano a poppavia), ed alle 17.30 la Cosenz inizia il contrattacco, lanciando in tutto 23 bombe di profondità. Le prime sei esplodono molto vicine all’Unseen, ma senza causare danni.
Poco dopo i mercantili entrano a Bari, mentre la Cosenz prosegue la sua caccia verso ovest.
5 settembre 1943
Il marinaio Francesco Giacotta, della Cosenz, muore in territorio metropolitano.
8 settembre 1943
Alla proclamazione dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, la Cosenz risulta inquadrata nel III Gruppo Torpediniere, con base a Brindisi, insieme alle altrettanto anziane Giuseppe Sirtori, Francesco Stocco, Giuseppe Missori, Giuseppe Dezza e Giuseppe Cesare Abba.
 

La Cosenz ormeggiata alla banchina torpediniere di Taranto nel maggio 1943 (Coll. Aldo Fraccaroli, via Carlo Di Nitto)
L’affondamento

Nelle settimane che seguirono l’armistizio e la conseguente occupazione tedesca dell’Italia (Operazione «Achse»), la Cosenz fu tra le navi impiegate nell’evacuazione verso l’Italia di parte dei militari e civili italiani bloccati sull’altra sponda dell’Adriatico, in Albania e Dalmazia.
Alle 19.05 del 25 settembre 1943, la Cosenz (tenente di vascello Giovanni Sorrentino) giunse a Lagosta scortando i piroscafi Ulisse e Fanny Brunner, partiti da Bari e carichi di 6000 razioni di viveri (dei quali il presidio di Lagosta necessitava con urgenza). Mentre i piroscafi mettevano a terra il loro carico ed imbarcavano un migliaio di militari (affluiti a Lagosta dalla Dalmazia) e civili italiani da portare a Bari, la Cosenz si mise all’ancora a ridosso della punta che delimitava l’estremità settentrionale della baia di Lagosta; il comandante Sorrentino mandò il suo secondo a sovrintendere all’imbarco di militari e civili sui due piroscafi, ormeggiati alla banchina di Valle San Pietro. Alle 21.25 la Cosenz levò l’ancora e si portò un po’ più al largo, mantenendo accesi i fanali di via, attendendo i due piroscafi, che erano in procinto di partire.
Alle 21.36 l’Ulisse, nonostante le segnalazioni fatte dalla Cosenz per richiamarne l’attenzione e la rapida manovra eseguita dal comandante per evitare la collisione, speronò la torpediniera sul lato sinistro, all’altezza del locale motrice poppiera (quella che azionava l’elica di dritta): la collisione aprì nello scafo della torpediniera uno squarcio attraverso si riversò immediatamente l’acqua del mare, allagando il locale motrice poppiera e diversi altri locali.
Sorrentino ordinò al Fanny Brunner di proseguire da solo, ed all’Ulisse di restare sul posto per rimorchiare la Cosenz sul bassofondale di Punta San Pietro. Propulsa dalla sola macchina di sinistra, la torpediniera si affiancò col lato di dritta alla banchina di Valle San Pietro; ore di lavori di tamponamento e prosciugamento da parte dell’equipaggio permisero di tamponare la falla e di asciugare tutti i locali inondati ad eccezione di quello della motrice poppiera, che rimase allagato.

Per quanto provvisori, questi lavori garantivano la galleggiabilità della nave, che sarebbe potuta rientrare in Italia a rimorchio dell’Ulisse; fu anche fatto partire il rimorchiatore militare Porto Fossone, per tentare il salvataggio della torpediniera. Prima che questo fosse possibile, però, la Luftwaffe bombardò ripetutamente il porto di Lagosta: tra il 26 ed il 27 settembre, tale sorgitore subì diversi pesanti attacchi aerei tedeschi. L’Ulisse, mandato ad ancorarsi in un altro punto dell’isola, non subì alcun danno; la Cosenz si difese con il proprio armamento fino all’esaurimento delle munizioni, colpendo due degli aerei attaccanti (uno dei quali fu poi visto precipitare su una delle colline di Lagosta dai partigiani dell’isola; secondo alcuni superstiti, si trattava di uno “Stuka”). Nessuna bomba colpì direttamente la torpediniera, ma parecchie caddero vicinissime, tanto da sollevarla e farla poi ricadere con la murata contro la banchina, aprendo nuove falle, oltre a scatenare violenti incendi a bordo.
I mezzi disponibili si rivelarono insufficienti a domare le fiamme; presto la Cosenz fu ridotta in condizioni tali da non poter più restare a galla, pertanto il comandante Sorrentino fece sbarcare tutto l’equipaggio tranne pochi uomini e, rimasto a bordo con questi ultimi, fece tagliare i cavi d’ormeggio. La vecchia nave, ormai un relitto in fiamme, venne portata alla deriva dal vento ed affondò poco più tardi, alle 14.18 del 27 settembre, lasciando affiorare dalla superficie parte dell’albero e l’estremità dei fumaioli. Il punto dell’affondamento è indicato come 42°40’ N e 16°54’ E. (Altre fonti danno la nave come autoaffondata alle 20.45 per l’impossibilità di riparare i danni con i mezzi disponibili sul posto, ma si tratta evidentemente di un errore).

Negli attacchi aerei aveva perso la vita il marinaio nocchiere Elio Giordano, di 20 anni, da Vietri sul Mare, deceduto il 26 settembre.
Il resto dell’equipaggio della Cosenz s’imbarcò sull’Ulisse, che raggiunse Bari alle 14.30 del 28 settembre.
 

La nave fotografata nel Golfo di Taranto nel 1936 (Paolo Bonassin/Panoramio, via Marcello Risolo)

lunedì 19 settembre 2016

Bronte

La Bronte (Coll. Guido Alfano via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net

Nave cisterna per nafta della Regia Marina, già nave carboniera, capoclasse della classe Bronte. Progettata dal maggiore del Genio Navale Giuseppe Rota, era lunga 119,6 metri, larga 14,3 e pescante 7,5, con un dislocamento a pieno carico di 10.250 tonnellate (9450 o 9611 in carico normale), una stazza lorda di 4769 tsl ed una portata lorda di 6000 tpl. Propulsa da una macchina alternativa a vapore della potenza di 4000 CV, raggiungeva una velocità di 14,5 nodi; era armata con quattro cannoni da 57/43 mm (successivamente sostituiti con altrettanti cannoni da 120/47 mm) ed aveva un equipaggio di 122 uomini (9 ufficiali e 113 tra sottufficiali e marinai). Poteva caricare 6000 tonnellate di carbone o 2000 tonnellate di carbone e 4000 tonnellate di nafta.

Per tutta la sua vita fu impiegata come unità rifornitrice delle unità della Squadra Navale: trasportando dapprima carbone, che caricava direttamente in Inghilterra, e successivamente (col generale passaggio dell’alimentazione delle caldaie dal carbone alla nafta) nafta, che caricava nelle Americhe (ad esempio nelle raffinerie di Curaçao, in Venezuela, facendo solitamente scalo intermedio nelle Isole di Capo Verde ed a Buenos Aires). Effettuava sovente rifornimento in mare. Operò nella guerra italo-turca e nella prima guerra mondiale, per poi andare perduta durante il secondo conflitto mondiale.
Nel 1940 era in gestione alla Società Anonima Cooperativa di Navigazione Garibaldi, con sede a Genova, ed era iscritta con matricola 2143 al Compartimento Marittimo di Genova.
Aveva una gemella, la Sterope, affondata in Atlantico da un U-Boot durante la prima guerra mondiale.

Breve e parziale cronologia.

1° ottobre 1903
Impostata nel Cantiere Navale Orlando di Livorno.
11 settembre 1904
Varata nel Cantiere Navale Orlando di Livorno.
1° febbraio 1906
Entrata in servizio.
Vi presta servizio nei primi anni il sottotenente di vascello Ettore Sportiello, futuro ammiraglio.


La Bronte presso il cantiere Fratelli Orlando di Livorno nel febbraio 1906 (Archivio Storico Cantiere Azimut-Benetti di Livorno, via www.associazione-venus.it

1907
Inquadrata nel naviglio ausiliario della Forza Navale Mediterranea, la Bronte partecipa alle esercitazioni della flotta svolte nel Canale di Sicilia e tra Augusta e Siracusa, alla presenza di Vittorio Emanuele III e del re del Siam. Partecipano alle manovre navali anche la Sterope, le corazzate Regina Margherita, Benedetto Brin, Emanuele Filiberto, Ammiraglio Saint Bon, Re Umberto, Sicilia e Sardegna, gli incrociatori corazzati Giuseppe Garibaldi, Francesco Ferruccio e Varese, gli incrociatori torpedinieri Iride, Agordat e Coatit, l’incrociatore protetto Piemonte, i cacciatorpediniere Ostro, Lampo, Aquilone, Dardo, Strale, Zeffiro, Granatiere e Bersagliere, la nave officina Vulcano, la nave cisterna Tevere, la nave aerostiera Elba, la nave affondamine Goito, il trasporto Garigliano e quattro squadriglie di torpediniere d’alto mare (I Squadriglia: Pallade, Sirio, Saffo, Scorpione, Perseo, Pegaso; II Squadriglia: Cigno, Centauro, Canopo, Clio, Calliope, Cassiopea; III Squadriglia: Gabbiano, Pellicano, Sparviero, Nibbio; IV Squadriglia: 68 S, 106 S, 127 S, 128 S, 135 S, 138 S).
Dapprima si svolgono esercitazioni tra siluranti e squadre, poi le navi si dividono in due squadre (rossa ed azzurra) che simulano una battaglia nello stretto di Messina; infine esercitazioni tattiche tra le due squadre. Si tiene anche una rivista navale in onore del re del Siam, con defilamento delle navi presenti.


Cartolina del 1910 ritraente la Bronte (da www.marinaiditalia.com)

10-17 settembre 1911
La Bronte partecipa, in qualità di rifornitrice, alle manovre navali svolte nel Golfo di Santo Stefano, aggregata alla forza navale del viceammiraglio Aubry (corazzate Benedetto Brin, Regina Elena, Vittorio Emanuele, Roma e Napoli, incrociatore corazzato Pisa, ariete torpediniere Agordat, oltre a numerose torpediniere e cacciatorpediniere). Vengono eseguite simulazioni di sbarco sulla costa dell’Argentario e simulazioni di attacco silurante notturno contro le navi maggiori.
1911-1912
Prende parte alla guerra italo-turca, partecipando al blocco di Tripoli, inquadrata nella 3a Squadra dell’ammiraglio Raffaele Borea Ricci d’Olmo.
Successivamente effettua quattro viaggi, insieme alla Sterope, per trasportare in Italia 51.526 tonnellate di nafta acquistate dalla Regia Marina in Nordamerica, Romania e Galizia.
Viene poi dislocata a Costanza, dove rimane fino al 31 marzo 1913.
Maggio 1913
Diversi membri dell’equipaggio della Bronte sono colpiti da febbre tifoide, che causa la morte di un fuochista e di un marinaio.
4 giugno 1914
Classificata nave sussidiaria di prima classe.
Agosto 1914
La Bronte ha base a Livorno, al comando del capitano di fregata Adolfo Ruggero. Fa parte del naviglio ausiliario della Squadra da battaglia, insieme alla nave officina Vulcano, alle cisterne per acqua Eridano e Tevere, al rimorchiatore d’altura Titano ed al trasporto Verbano.
1915-1918
Partecipa alla prima guerra mondiale, assicurando, con quattro altre navi cisterna, i rifornimenti di combustibile dalle Americhe per la Regia Marina.
Dal 1915, non essendo più possibile rifornirsi di nafta dalla Romania a seguito della chiusura dello stretto dei Dardanelli, Bronte e Sterope riprendono a fare la spola con il Texas come già durante la guerra italo-turca.
Successivamente, con la messa in servizio di nuove navi cisterna (Prometeo, sequestrata; Margaretha, noleggiata; Girolamo Ulloa e Luciano Manara, ex austroungariche catturate; Giove e Nettuno, di nuova costruzione), Bronte e Sterope passano per qualche tempo al traffico locale. L’incremento del fabbisogno di nafta della Marina, in seguito, spinge però a dover trasferire di nuovo anche Bronte e Sterope sulle rotte per le Americhe. Gli U-Boote tedeschi causano varie perdite: vengono affondate la Sterope (7 aprile 1918), la Margaretha (13 ottobre 1916) e la Prometeo (18 marzo 1918), mentre viene danneggiata la Giove (13 aprile 1918).
18 marzo 1918
La Bronte recupera una lancia con sette sopravvissuti (tra cui tre feriti, due in modo grave) del rimorchiatore militare francese Utrecht, affondato a cannonate dal sommergibile tedesco UB 49 in posizione 41°04’ N e 11°48’ E (90 miglia ad est di Capo Figari, in Sardegna), con due vittime tra l’equipaggio. La Bronte ha ricevuto il primo SOS lanciato dall’Utrecht sotto attacco, alle 18.25. I naufraghi vengono sbarcati a Napoli il 20 marzo.
Luglio 1918
La Bronte compie un viaggio dalle Bermuda a Gibilterra, via Ponta Delgada (Azzorre), insieme alla cannoniera statunitense Wadena ed a tre cacciasommergibili francesi. Le navi giungono a Gibilterra il 31 luglio.
1918-1922
Risulta dislocata in zona di guerra non ancora smobilitate fino al 6 dicembre 1922.


La Bronte a La Spezia negli anni Venti (g.c. STORIA militare)

1923
Inizia una lunga serie di viaggi tra la raffineria iraniana di Abadan, dove carica carburante, e le basi italiane dell’Eritrea e della Somalia.
Effettua anche due missioni di rifornimento a Curacao.
19 luglio 1925
Radiata temporaneamente dai quadri del Regio Naviglio.
11 aprile 1926
Reiscritta nei quadri del Regio Naviglio.
Anni ’20-‘30
Impiegata nel traffico di combustibili tra la raffineria di Abadan e le basi navali di Venezia, Pola, Brindisi, Tobruk, Massaua nonché di quelle del Dodecaneso.
21 agosto 1937
Viene temporaneamente sospesa l’iscrizione nel quadro del Regio Naviglio, e la nave viene data in gestione (per conto della Marina, che ne rimane proprietaria) alla Cooperativa Garibaldi, società che gestisce buona parte del naviglio ausiliario della Marina; gran parte dell’equipaggio della Regia Marina viene sbarcato e sostituito da personale civile. Per altra fonte, questo sarebbe avvenuto alla fine del 1939.
10-29 marzo 1938
Viaggio ad Abadan.
15-20 dicembre 1938
Altro viaggio ad Abadan.
24-28 gennaio 1939
Viaggio ad Abadan.
14-17 febbraio 1939
Ulteriore viaggio ad Abadan.
7 marzo-6 giugno 1939
Inviata in Mar Nero, per caricare carburante nelle raffinerie di Batum (Georgia, Unione Sovietica).
25 maggio-1° giugno 1939
Viaggio a Batum.
14-23 giugno 1939
Viaggio a Lisbona.
16-20 agosto 1939
Viaggio ad Abadan.
12-14 settembre 1939
Viaggio a Batum, in Mar Nero.
1939
Rimane inquadrata nel Naviglio Ausiliario Autonomo, alle dirette dipendenze dello Stato Maggiore della Marina (e risulterà tale al 10 giugno 1940).
Marzo-Aprile 1940
Viaggio nel Golfo Persico.
16 maggio 1940
Lascia l’Italia diretta in Iran, per l’ultima missione.

Vista da poppa (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net

Bandar Shapur

Quando l’Italia entrò nella seconda guerra mondiale, il 10 giugno 1940, la Bronte si trovava all’ancora alla foce del fiume Khor Musa, nel Golfo Persico, insieme alla nave cisterna Barbara della Cooperativa Garibaldi. Nonostante la vigilanza britannica, le due navi riuscirono a rifugiarsi a Bandar Shapur, nel neutrale Iran. Qui si trovava anche un’altra nave italiana, il piroscafo Caboto; tutte e tre le navi vennero internate a Bandar Shapur, in base alle leggi internazionali sulla permanenza di navi di Paesi belligeranti in acque di Paesi neutrali. A Bandar Shapur già si trovavano internate da diversi mesi (dal settembre 1939) cinque navi mercantili tedesche: i piroscafi Hohenfels, Marienfels, Sturmfels, Weissenfels e Wildenfels.
Bandar Shapur era un piccolo porticciolo, composto da una sola banchina, due ancoraggi per le navi ed alcuni magazzini; a qualche miglio di distanza sorgeva il centro abitato, che all’epoca contava soli 4000 abitanti, che dovevano essere riforniti d’acqua via mare o via treno. Anche così, Bandar Shapur era uno dei maggiori porti iraniani sul Golfo Persico; e, quel ch’era più importante, era il capolinea meridionale della ferrovia transiraniana.
Per oltre un anno, la Bronte e le altre navi di Bandar Shapur stazionarono inattive nel porto iraniano, quasi in condizioni di disarmo. La Bronte fu impiegata, in questo periodo, come stazione radio in appoggio alle missioni della Marina italiana, sia quelle ufficiali che quelle clandestine, in Medio Oriente.

Lo scià dell’Iran, Reza Pahlavi, tentava in ogni modo di tenere il suo Paese fuori dalla guerra, mantenendo una rigida neutralità e cercando di non “infastidire” nessuna delle due fazioni in lotta. Da molti decenni, tuttavia, l’Iran intratteneva rapporti amichevoli con la Germania, e negli anni ’30 numerosi tecnici tedeschi – a seguito di trattati commerciali tra i due Paesi – si erano trasferiti nel Paese mediorientale per partecipare ai piani di modernizzazione dell’Iran avviati dallo scià. Tale presenza tedesca nel Paese (tra le 690 e le 3000 persone, a seconda delle stime) era vista con sospetto dal Regno Unito, specialmente dopo il maggio 1941, quando si rifugiarono in Iran diversi esponenti filo-nazisti provenienti dall’Iraq, invaso dalle forze britanniche dopo un fallito colpo di Stato pro-Asse.
Altro motivo di preoccupazione per i britannici era costituito dal fatto che in Iran aveva sede una delle più importanti raffinerie di proprietà britannica, la raffineria di Abadan (appartenente alla Anglo-Persian Oil Company), che produceva 8.000.000 di tonnellate di petrolio all’anno ed aveva un ruolo fondamentale nell’industria bellica del Regno Unito: qualora l’Iran si fosse schierato a fianco dell’Asse, la perdita della raffineria di Abadan sarebbe stato un colpo durissimo per lo sforzo bellico Alleato.
Nel giugno 1941, con l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica, si aggiunse un ulteriore motivo: il Regno Unito aveva iniziato ad inviare rifornimenti (provenienti via mare dagli Stati Uniti, che li fornivano in base alla legge Lend-Lease) al suo nuovo alleato sovietico, ma la rotta utilizzata per inviarli, quella dei convogli artici verso Murmansk ed Arcangelo, era insidiata da aerei e sommergibili tedesch, che provocavano gravi perdite. In territorio iraniano passava invece la ferrovia trans-iraniana, che attraversava tutto il Paese unendo Bandar Shapur nel Golfo Persico a Bandar Shah sul Mar Caspio: se i britannici avessero assunto il controllo di tale ferrovia, avrebbero potuto rifornire l’Unione Sovietica molto più facilmente, trasportando i rifornimenti via mare a Bandar Shapur (dove la minaccia aeronavale tedesca era pressoché inesistente) e poi caricandoli sulla ferrovia che li avrebbe portati fin sulle rive del Mar Caspio, parte del quale era in territorio sovietico.
Inoltre, una ulteriore avanzata tedesca ed un’eventuale entrata in guerra dell’Iran a fianco dell’Asse avrebbero minacciato il tergo dello schieramento sovietico, i pozzi di petrolio sovietici del Caucaso, ed i collegamenti tra l’India britannica ed il Mediterraneo.
L’URSS, inoltre, mirava anche ad annettere le regioni iraniane dell’Azerbaigian persiano e del Sahra turcomanno, od anche ad instaurare in Iran un regime comunista filo-sovietico.

Già da tempo i britannici avevano preso ad accusare l’Iran e lo scià Reza Pahlavi di appoggiare il nazismo e di atteggiamento filo-tedesco; ora sia il Regno Unito che l’Unione Sovietica iniziarono ad esercitare crescenti pressioni sull’Iran e sullo scià, inasprendo le tensioni e provocando manifestazioni antibritanniche (che la stampa britannica definì come “filo-tedesche”) a Teheran. Gli Alleati richiesero che lo scià espellesse i tedeschi che vivevano in Iran (perlopiù tecnici, operai e diplomatici), ma Reza Pahlavi rifiutò, dal momento che un simile comportamento avrebbe violato l’atteggiamento neutrale tenuto dal suo Paese. Nel difficile tentativo di acquietare gli Alleati e di restare neutrale, l’Iran iniziò a ridurre le relazioni commerciali con la Germania, ma ormai era troppo tardi: di comune accordo, Regno Unito ed Unione Sovietica avevano deciso per l’invasione dell’Iran.
A seguito dell’invasione dell’Iraq, consistenti forze del Commonwealth erano già stanziate ai confini occidentali dell’Iran, pronte all’azione. Dopo una prima richiesta il 19 luglio, il 17 agosto 1941 il Regno Unito inviò all’Iran un’altra richiesta di espulsione dei tedeschi residenti nel Paese e di concessione dell’utilizzo della trans-iraniana per l’invio di rifornimenti all’URSS, richiesta che il primo ministro iraniano Ali Mansur riconobbe come un tacito ultimatum. Lo scià tentò di temporeggiare, ed intanto mobilitò le sue truppe, pur conscio che una eventuale resistenza avrebbe potuto solo essere simbolica, data la disparità di forze.
Nella notte tra il 24 ed il 25 agosto 1941 l’invasione anglo-sovietica dell’Iran ebbe inizio con un attacco congiunto a sorpresa, senza neanche una dichiarazione di guerra. Forze navali britanniche ed australiane effettuarono sbarchi nel Golfo Persico, altre truppe del Commonwealth attaccarono dal confine iracheno, e tre armate sovietiche attaccarono da nord con un migliaio di carri armati. Aerei britannici e sovietici bombardarono obiettivi strategici nelle principali città iraniane, lanciando inoltre volantini coi quali giustificavano l’invasione e chiedevano alle truppe iraniane di non opporre resistenza.
Il piccolo esercito iraniano fu facilmente sopraffatto da forze tanto superiori; il 29 agosto, quattro giorni dopo l’inizio dell’invasione, lo scià ordinò alle sue truppe di cessare la resistenza.

La Bronte e le altre navi italiane e tedesche di Bandar Shapur si ritrovarono inevitabilmente coinvolte, loro malgrado, in questi eventi. Il 25 agosto, una forza navale anglo-australiana (Forza «B») composta da dieci unità (l’incrociatore ausiliario australiano Kanimbla, al comando del capitano di vascello W. L. G. Adams; la cannoniera britannica Cockchafer; lo sloop indiano Lawrence; la corvetta britannica Snapdragon; i dragamine ausiliari Arthur Cavanagh e Liliac; i rimorchiatori di salvataggio St. Athan e Delavar; la motolancia 20 della Royal Air Force; il dhow requisito Daif, i cui membri dell’equipaggio dovevano fingersi pescatori arabi) diede il via all’Operazione «Bishop», una coda minore dell’invasione dell’Iran (denominata Operazione «Countenance») avente come obiettivo la cattura del porto di Bandar Shapur e del naviglio dell’Asse ivi ormeggiato. Bandar Shapur era quasi indifesa, con una piccola guarnigione militare, qualche poliziotto, due cannoniere e nessun campo minato o batteria costiera.
Le squadre d’abbordaggio dell’eterogenea flottiglia erano state addestrate in segreto ad undici miglia dalla terra più vicina, al largo della foce del fiume Shatt-al-Arab, nonostante le condizioni di tempo talvolta avverse (tanto che il Daif e la motolancia della RAF avevano subito danni); il Kanimbla, destinato a trasportare le truppe da sbarcare, era stato camuffato da nave passeggeri. Erano state formate otto squadre d’abbordaggio, una per ciascuna delle navi italiane e tedesche a Bandar Shapur; tre di esse erano formate da personale della Snapdragon, della Cockchafer e del Lawrence, mentre le altre cinque erano composte da uomini del Kanimbla. Ogni squadra d’abbordaggio era divisa in due gruppi, uno composto da uomini addetti al ponte di comando, ed una da uomini addetti alla sala macchine della nave catturata.
Il Lawrence aveva anche imbarcato a Bassora (Iraq) un distaccamento (compagnie “A” e “D”, con 10 ufficiali e 256 sottufficiali e soldati) del 3° Battaglione del 10° Reggimento Baluch, che trasbordò poi in mare aperto sul Kanimbla. La Forza «B», al comando del commodoro C. M. Graham (imbarcato sul Kanimbla), era stata sottoposta ad addestramento intensivo dall’11 al 16 agosto, quando era stata dichiarata pronta all’operazione; lasciata la foce dello Shatt-al-Arab tra le 13.32 e le 20.15 del 24 agosto, la Forza «B» giunse a Bandar Shapur nelle prime ore del 25.
Alle 4.15 il Lawrence affiancò ed abbordò le uniche unità della Marina iraniana presenti, le cannoniere Chavaaz e Karkas, che furono colte completamente di sorpresa: la Chavaaz venne catturata immediatamente, quasi senza resistenza, mentre la Karkas tentò infruttuosamente di autoaffondarsi, ma venne anch’essa catturata. La cattura delle due cannoniere fu portata a termine nel volgere di un quarto d’ora. Al contempo, la Cockchafer catturò un bacino galleggiante della Marina iraniana, come pianificato.
Questi iniziali scontri permisero alle navi dell’Asse di mettersi in allarme; secondo una fonte – ma di dubbia affidabilità, e non confermata da alcuna altra nota all’autore – inizialmente la Bronte si difese attivamente con i propri cannoni, minacciando seriamente l’Arthur Cavanagh. Realisticamente, però, agli equipaggi delle navi italiane e tedesche non restava che tentare di sabotare od autoaffondare le proprie navi, per impedire che cadessero intatte in mano nemica.
Tutte le navi si erano già preparate da tempo all’autoaffondamento; i metodi scelti da tedeschi ed italiani erano differenti: sulle navi tedesche si era aperta la presa a mare principale e si erano collocate cariche esplosive che avrebbero dovuto aprire falle nello scafo, e si erano inoltre presi provvedimenti per scatenare incendi nelle stive del carico quale misura secondaria. Sulle navi italiane, invece, erano state predisposte delle cariche esplosive di tritolo e gelignite da brillare elettricamente, mediante un centralino provvisorio alimentato a batterie, ed erano state preparate cataste di fusti di cherosene da 10 galloni inframmezzati da bombe di polvere da sparo, con micce tipo Bickford di varie lunghezze.
Il metodo scelto dai tedeschi sarebbe stato più definitivo, perché mirava all’affondamento delle navi, ma poteva essere attivato soltanto all’ultimo momento; il metodo italiano non poteva invece portare direttamente all’affondamento (le cariche esplosive avrebbero messo fuori uso l’apparato motore e gli incendi avrebbero danneggiato o distrutto le sovrastrutture e gli alloggi dell’equipaggio, ma lo scafo non sarebbe stato danneggiato), ma aveva il vantaggio di poter essere attivato in qualsiasi momento. I britannici rilevarono in seguito che i marittimi italiani dovevano aver danneggiato gli apparato motori delle loro navi già prima dell’attacco britannico su Bandar Shapur del 25 agosto.
Suonato l’allarme, che fu lanciato dalla sirena dell’Hohenfels, l’equipaggio della Bronte incendiò quindi la propria nave; lo stesso fecero gli equipaggi della Barbara, del Caboto (entrambi gli incendi furono estinti dal Lawrence, ma non prima di aver causato gravi danni) e del Weissenfels, sul quale furono anche attivate le cariche di autoaffondamento (questo piroscafo fu completamente divorato dalle fiamme ed affondò l’indomani: fu l’unica nave ad andare perduta in modo definitivo). Wildenfels e Marienfels vennero catturati intatti (le cariche di autodistruzione furono disinnescate prima che potessero esplodere), mentre un tentativo dell’equipaggio dello Sturmfels di incendiare la propria nave venne arrestato da una raffica di mitragliatrice, che uccise due uomini. L’Hohenfels tentò di autoaffondarsi, ma si riuscì a portarlo ad incagliare.

Le navi italiane in fiamme a Bandar Shapur: da sinistra verso destra, il Caboto con il Lawrence affiancato sulla sinistra; la Bronte, senza altre navi affiancate; la Barbara, con l’Arthur Cavanagh affiancato a sinistra ed il Daif a dritta (Australian War Memorial).
La Bronte in fiamme (in primo piano, a sinistra) vista da bordo del Kanimbla (Australian War Memorial)

La Bronte (a destra, fumante), con affiancato il Kanimbla (Australian War Memorial)

Marinai australiani tentano di domare le fiamme a bordo della Bronte (Australian War Memorial)

Il Kanimbla si diresse immediatamente verso la Bronte, che bruciava furiosamente a centro nave; la petroliera italiana era disseminata di cataste di taniche di cherosene, che stavano esplodendo dappertutto, sviluppando un calore terrificante. Il Kanimbla puntò tutte le manichette sulla Bronte ed iniziò a riversarvi tonnellate di acqua; riuscì infine ad arrestare la diffusione degli incendi, si affiancò alla Bronte ed inviò a bordo il personale disponibile – dato che 6 ufficiali e 111 sottufficiali e marinai erano già distaccati presso le diverse squadre d’abbordaggio, si dovettero inviare cuochi, camerieri ed altro personale raccogliticcio – mentre era impegnato anche a sparare contro un treno sulla costa per impedirgli di partire, e faceva fuoco contro degli aerei che volavano ad alta quota (e che si rivelarono poi essere britannici). Il Kanimbla provvide inoltre a sbarcare reparti della 24a Brigata Indiana (8a Divisione Indiana), che procedettero rapidamente all’occupazione del porto e dello stabilimento petrolifero di Bandar Shapur, costringendo il modesto presidio iraniano del porto alla resa, mentre due plotoni del 18° Reggimento Fanteria iraniano opposero una breve resistenza per poi ritirarsi nelle vicine paludi.
Tra le 5.30 e le 8 (per altra fonte, entro mezzogiorno), gli incendi della Bronte furono estinti, dopo aver provocato danni gravi, ma non irreparabili.
La nave, seriamente danneggiata, venne rimorchiata dapprima a Bassora, in Iraq, da dove ripartì il 4 settembre a rimorchio dello sloop Falmouth, che lo portò a Karachi (Pakistan). La petroliera venne quindi sottoposta alle necessarie riparazioni.


 Due immagini della Bronte presa a rimorchio dal Kanimbla (Australian War Memorial)


L’equipaggio del Kanimbla posa con alcuni “trofei” catturati a Bandar Shapur: una motolancia della Bronte (a destra) nonché una bandiera ed un salvagente prelevati dall’Hohenfels (Australian War Memorial).

L’equipaggio italiano venne internato in campi di prigionia. Il meccanico Armando Provinciale, da Parua, membro dell’equipaggio della Bronte, morì in India il 2 ottobre 1945, a guerra già conclusa (molti prigionieri, sparsi in campi disseminati per mezzo mondo, non tornarono in Italia che nel 1946 od anche 1947).

Ultimate le riparazioni, la nave venne ribattezzata Empire Peri e trasferita sotto il controllo del Ministry of War Transport (Governo britannico), che la diede in gestione alla British Petroleum.
Riprese così a navigare sotto bandiera britannica: nel marzo 1944 fece parte del convoglio BP. 108 (partito da Bombay con sei mercantili britannici, due panamensi, uno statunitense, uno australiano, uno di Hong Kong), e nell’aprile dello stesso anno viaggiò da Bandar Abbas (da dove partì il 26 aprile) a Masirah (dove giunse due giorni dopo) assieme al rimorchiatore Empire Pat, formando il convoglio PA. 78.
Nel 1945-1946 l’Empire Peri fu impiegata come cisterna per acqua a Bombay.
Nel 1946, finita la guerra, la nave venne restituita alla Marina italiana e riassunse il suo nome di Bronte, ma venne radiata il 18 ottobre dello stesso anno ed avviata alla demolizione in Italia nel 1947. Per altre fonti la demolizione avvenne a Bombay senza che la nave avesse riassunto il nome originario, il che significherebbe che la restituzione fu meramente formale, e la nave non ritornò mai in Italia.

Un’altra immagine della Bronte (da www.7seasvessels.com