La Pallade a Taranto nel 1939 (da “Le torpediniere italiane 1881-1964” di Paolo Mario Pollina, USMM, 2a edizione, 1974, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net) |
Torpediniera della
classe Spica tipo Alcione (dislocamento standard di 670 tonnellate, in carico
normale 975 tonnellate, a pieno carico 1050 tonnellate).
Durante il secondo
conflitto mondiale venne impiegata prevalentemente in attività di scorta
convogli, dapprima (1940-febbraio 1941) sulle rotte tra l’Italia e l’Albania e
successivamente (dal marzo 1941 in poi) su quelle tra Italia (specialmente i
porti della Sicilia) e Africa Settentrionale, nonché sulle rotte costiere del
cabotaggio libico. Compì azioni di bombardamento controcosta durante la
campagna di Grecia ed svolse missioni di scorta anche tra Basso Adriatico, Mar
Ionio ed Egeo. Eseguì diverse azioni antisommergibili, ma senza successi
confermati, ed abbatté un aereo durante una missione di scorta. In tutto,
effettuò 145 missioni di guerra, in maggioranza di scorta, percorrendo oltre
62.000 miglia nautiche. Secondo una fonte la Pallade sarebbe stata anche posta per un breve periodo a
disposizione della X Flottiglia MAS.
Breve e parziale cronologia.
13 febbraio 1937
Impostazione presso
le Officine e Cantieri Partenopei (già Bacini & Scali Napoletani) di
Napoli.
19 dicembre 1937
Varo presso le
Officine e Cantieri Partenopei di Napoli. Presenziano al varo l’ammiraglio che comanda
il Dipartimento Militare Marittimo del Basso Tirreno, con il suo stato
maggiore, ed il prefetto di Napoli.
5 ottobre 1938
Entrata in servizio. Assegnata
alla XIV Squadriglia Torpediniere, alle dipendenze del Comando Militare
Marittimo della Libia.
La Pallade nel 1938 (g.c. Vincenzo Claudio Piras) |
1938
Assegnata alla
Divisione Scuola Comando, con base ad Augusta, insieme alle gemelle Castore, Cigno, Centauro, Circe, Climene, Calliope, Clio, Calipso, Polluce, Partenope e Pleiadi, ai cacciatorpediniere Ugolino
Vivaldi e Nicoloso Da Recco, agli
incrociatori leggeri Giovanni delle Bande
Nere e Luigi Cadorna ed alla 7a,
9a e 10a Squadriglia MAS.
Marinai della Pallade in Libia nel 1939 (g.c. Vincenzo Claudio Piras) |
Foto di gruppo di marinai della Pallade in Libia (apparentemente presso delle rovine romane?) nel 1939-1940 (g.c. Vincenzo Claudio Piras) |
6 giugno-10 luglio 1940
La Pallade partecipa, insieme alle gemelle Circe, Calliope, Clio, Alcione, Airone, Aretusa ed Ariel, alla posa di quattro campi minati
antinave, per complessive 200 mine (50 in ogni sbarramento), tra Marsala e Capo
Granitola.
10 giugno 1940
L’Italia entra in
guerra. La Pallade forma la XIV
Squadriglia Torpediniere, di base a Messina, insieme alle gemelle Polluce, Partenope e Pleiadi.
La XIV Squadriglia, insieme alla XIII composta da Circe, Calipso, Calliope e Clio, forma la 1a Flottiglia
Torpediniere.
Secondo una fonte,
nei primissimi mesi del confitto la Pallade
avrebbe scortato convogl tra la Sicilia e Tripoli.
Lancio di
un siluro dalla Pallade durante un’esercitazione
effettuata al largo di Napoli, negli anni Trenta (g.c. Vincenzo Claudio Piras)
25 giugno 1940
In serata la Pallade riceve ordine di recarsi
incontro al sommergibile Rubino
(tenente di vascello Luigi Trebbi), di ritorno da un agguato al largo di
Alessandria d’Egitto nel quale è stato danneggiato da bombe di profondità, e
che per ordine di Maricosom (il Comando Squadra Sommergibili) si sta dirigendo
verso Taranto, dove dovrebbe giungere la sera del 29. La decisione di inviare
la Pallade è stata presa per
garantire maggior sicurezza nella parte finale della navigazione del Rubino, avendo l’impressione che i
britannici stiano intercettando e decifrando le comunicazioni dei sommergibili.
Ma il Rubino non arriverà mai
all’appuntamento con la Pallade,
perché nel pomeriggio del 29 giugno verrà bombardato da un idrovolante
britannico Short Sunderland, inabissandosi con 40 dei 44 uomini del suo
equipaggio.
20 agosto 1940
La XIV Squadriglia
Torpediniere viene trasferita dalla Sicilia alla Puglia e posta alle dipendenze
del Comando Superiore Traffico Albania (Maritrafalba), avente sede a Brindisi,
assieme ai vecchi cacciatorpediniere Carlo
Mirabello ed Augusto Riboty,
alle vecchie torpediniere Palestro, Solferino, Castelfidardo, Monzambano, Angelo Bassini, Nicola Fabrizi e Giacomo Medici, agli incrociatori
ausiliari RAMB III, Capitano A. Cecchi e Barletta ed alla XIII Squadriglia
MAS con i MAS 534, 535, 538 e 539. Tali
unità sono destinate a compiti di scorta ai convogli tra Italia ed Albania,
nonché ricerca e caccia antisommergibile sulle stesse rotte. Il trasferimento
della XIV Squadriglia Torpediniere, che comporta una considerevole riduzione
del dispositivo di sbarramento mobile del Canale di Sicilia, è stato deciso in
seguito all’incremento del flusso di convogli tra Italia ed Albania (sta
iniziando il potenziamento dello schieramento italiano in Albania, preludio
dell’attacco alla Grecia) ed all’attività offensiva svolta dai sommergibili
britannici nel Canale d’Otranto.
Squadra di calcio formata da marinai della Pallade, 1940 (g.c. Vincenzo Claudio Piras) |
8 settembre 1940
La Pallade scorta da Valona a Brindisi il
piroscafi scarico Hermada e la
motonave Riv, anch’essa scarica.
13 settembre 1940
La Pallade e l’incrociatore ausiliario Capitano A. Cecchi scortano da Bari a
Durazzo i piroscafi Quirinale e Galilea, aventi a bordo 2422 militari e
289 tonnellate di materiali vari, tra cui degli ospedali da campo.
14 settembre 1940
La Pallade scorta il Quirinale che rientra scarico da Durazzo a Bari.
17 settembre 1940
Pallade e Capitano Cecchi
scortano le motonavi Catalani e Viminale, con 2305 soldati e 141
tonnellate di materiali, da Bari a Durazzo.
19 settembre 1940
La Pallade scorta Catalani e Viminale che
tornano vuote da Durazzo a Bari.
21 settembre 1940
La Pallade, la gemella Polluce e l’incrociatore ausiliario RAMB III scortano da Bari a Durazzo il piroscafo Italia e la motonave Rossini, con a bordo 1800 militari e 140
tonnellate di materiali.
23 settembre 1940
La Pallade scorta da Bari a Durazzo il
piroscafo Antonietta Costa, avente a
bordo 814 quadrupedi, 33 veicoli e 123 tonnellate di materiali.
27 settembre 1940
Pallade e Polluce scortano
da Durazzo a Bari l’Italia, il Rossini ed il piroscafo Perla, tutti di ritorno vuoti.
29 settembre 1940
Pallade, Polluce e Capitano Cecchi scortano da Bari a
Durazzo i trasporti truppe Puccini, Galilea e Quirinale, con 2581 militari e 84 tonnellate di materiali.
1° ottobre 1940
Pallade e Polluce scortano Puccini, Galilea e Quirinale che
rientrano vuoti da Durazzo a Bari.
4 ottobre 1940
Pallade, Capitano Cecchi e la
torpediniera Giacomo Medici scortano
da Bari a Durazzo i trasporti truppe Puccini,
Verdi e Quirinale, aventi a bordo 2400 militari e 140 tonnellate di
materiali vari.
5 ottobre 1940
Pallade e Medici scortano Puccini, Verdi e Quirinale che
ritornano scariche da Durazzo a Bari.
11-12 novembre 1940
La Pallade si trova ormeggiata alla
banchina torpediniere del Mar Piccolo a Taranto, insieme al resto della XIV
Squadriglia (Polluce, Partenope e Pleiadi) ed a numerose altre unità
(incrociatori pesanti Pola e Trento, incrociatori leggeri Duca degli Abruzzi e Garibaldi, cacciatorpediniere Freccia, Dardo, Saetta, Strale, Maestrale, Grecale, Libeccio, Scirocco, Camicia Nera, Carabiniere, Corazziere, Ascari, Lanciere, Geniere, Da Recco, Pessagno ed Usodimare, portaidrovolanti Giuseppe Miraglia, posamine Vieste e rimorchiatore di
salvataggio Teseo), quando la
base viene attaccata da aerosiluranti britannici che affondano la corazzata Conte di Cavour e pongono fuori uso
la Littorio e la Duilio.
Mentre gli
aerosiluranti attaccano le corazzate, cinque bombardieri attaccano a più
riprese le unità presenti in Mar Piccolo, a scopo diversivo, sganciando
complessivamente una sessantina di bombe.
Alle 23.15 dell’11 le
navi in Mar Piccolo aprono il fuoco contro alcuni aerei che sganciano bombe da
una quota valutata in 500 metri; gli ordigni inquadrano i posti d’ormeggio dei
cacciatorpediniere, ma una sola bomba va a segno, colpendo il Libeccio (che non subisce danni
gravi, perché la bomba non esplode). Le torpediniere non subiscono alcun danno;
la Pallade apre il fuoco con le
mitragliere contro gli aerei attaccanti, ma senza risultato.
Ricorda in merito
alla “notte di Taranto” Vincenzo Claudio Piras, figlio del sottocapo cannoniere
Mario Piras all’epoca imbarcato sulla Pallade:
“Durante la notte di Taranto dell'11
novembre 1940 il Pallade fu fra le unità che aprirono il fuoco con le
mitragliere (erano ancora le 13,2mm). Egli trovandosi a bordo si portò
immediatamente ad uno dei quattro complessi binati. Era difficilissimo
individuare i velivoli inglesi, alle sue spalle si trovava un Guardiamarina che
vedendo una luce rossa e scambiandola per una luce di posizione di un velivolo
indicava la direzione verso cui sparare. Le munizioni erano
traccianti, accecavano ed affumicavano maledettamente, per cui a più
riprese il Guardiamarina intravedeva la luce ed indicava la direzione
verso cui sparare. Al mattino dopo mio padre ed il Guardiamarina guardando nella
stessa direzione in cui avevano sparato si resero conto che la luce rossa
apparteneva alla ciminiera della Franco Tosi”.
Sopra,
Mario Piras nel 1938, e sotto, una foto di gruppo dell’equipaggio della Pallade (g.c. Vincenzo Claudio Piras)
28 novembre 1940
La Pallade esegue un’azione di
bombardamento costiero contro le truppe greche lungo la costa albanese, in
appoggio a reparti di alpini.
In
merito a questa azione racconta ancora Vincenzo Claudio Piras: “durante il bombardamento tattico in appoggio
alle truppe di terra del 28 novembre 1940 [il padre Mario] raccontava che gli alpini italiani si
trovavano su un cucuzzolo di un colle con i greci che li circondavano alla
base. Per fortuna avevano buone informazioni sulla situazione in campo per cui
egli mirava alla base del colle (era Puntatore cannoniere scelto, scuola di
Pola corso del 1937). Gli alpini, per timore di essere colpiti, per tutto
il tempo dell'azione continuarono a sventolare il tricolore per segnalare la
loro posizione. Il fatto che gli alpini sventolassero il tricolore era una cosa
che lo faceva sorridere quando lo raccontava. Ciò era dovuto al fatto che egli
era sicurissimo delle proprie capacità di mira”.
30 dicembre 1940
La Pallade (tenente di vascello Felice
Masini) esegue un’azione di bombardamento controcosta sul litorale
greco-albanese, cannoneggiando una colonna militare greca (il comandante Masini
sarà decorato per l’azione con la Croce di Guerra al Valor Militare, con
motivazione: «Al comando di una
torpediniera, manovrava abilmente per portarsi a breve distanza dalla costa
sottoponendo una colonna nemica a violento ed efficace fuoco di artiglieria con
sicuri e gravi effetti distruttivi»).
ca. 1940-1941
Lavori di modifica
dell’armamento contraereo: vengono eliminate le due mitragliere binate
Vickers-Terni 1917 da 40/39 mm ed una mitragliera binata da 13,2/76 mm, mentre
vengono installate tre mitragliere binate Breda 1935 da 20/65 mm.
1° gennaio 1941
La Pallade e l’incrociatore ausiliario Brioni salpano da Bari alle 22 per
scortare a Durazzo le motonavi Città di
Bastia e Donizetti, che hanno a
bordo 1584 militari e 206 tonnellate di materiali.
2 gennaio 1941
Il convoglio
raggiunge Durazzo alle 10.20.
4 gennaio 1941
La Pallade lascia Durazzo alle 17.30 per
scortare in Italia Donizetti e Città di Bastia, che ritornano vuote.
5 gennaio 1941
Le tre navi arrivano
a Bari alle 9.
6 gennaio 1941
La Pallade partecipa, insieme alle
gemelle Partenope, Altair ed Andromeda (queste ultime due temporaneamente aggregate alla XIV
Squadriglia Torpediniere) ed alla IX Squadriglia Cacciatorpediniere (Vittorio Alfieri, Vincenzo Gioberti, Giosuè Carducci e Fulmine), ad un bombardamento navale
delle linee greche nella zona Porto Palermo (vicino ad Himara, in Albania), sul
fronte greco-albanese, dove infuria la lotta tra le forze elleniche – che, nel
corso della loro controffensiva, stanno cercando di conquistare Valona – e quelle
italiane, che cercano in ogni modo di impedire la caduta del fondamentale porto.
Le unità, partite da Valona, eseguono il bombardamento all’alba del 6 gennaio e
ritornano poi nella base albanese prima di mezzogiorno.
(Secondo altra fonte
questo bombardamento, previsto per il 3 gennaio ma rimandato causa maltempo,
sarebbe stato in realtà una duplice azione eseguita soltanto da Pallade, Partenope ed Andromeda e
dai cacciatorpediniere Folgore e Fulmine: questi ultimi avrebbero
cannoneggiato Himara, Piquerasi, Spilea e San Dimitrio, mentre le tre
torpediniere avrebbero battuto la zona di Porto Palermo, il tutto con la
protezione a distanza degli incrociatori dell’VIII Divisione Navale).
Analoghe azioni di
bombardamento navale sulle linee greche saranno ripetute da altre siluranti
italiane nei giorni successivi, fino al 9 gennaio; il 10 gennaio l’offensiva
greca contro Valona si esaurirà senza essere riuscita a conquistare il vitale
porto albanese.
12 gennaio 1941
La Pallade e l’incrociatore ausiliario
Brindisi partono da Brindisi per
Valona alle 6.40, scortando i piroscafi Argentina e Galilea,
con a bordo 1778 militari e 309 tonnellate di materiali. Il convoglio raggiunge
Valona alle 14.
13 gennaio 1941
La Pallade scorta il piroscafo Dea Mazzella, scarico, da Valona a
Durazzo.
6 febbraio 1941
Pallade e Brindisi
partono da Brindisi all’1.50 per scortare a Valona un convoglio formato dalle
motonavi Città di Marsala e Città di Trapani e dai
piroscafi Diana e Francesco Crispi, che trasportano 2580
militari, 362 quadrupedi e 243 tonnellate di artiglieria, munizioni, provviste,
vestiario, foraggio e materiali vari.
Il convoglio arriva a
Valona alle 10.
13 febbraio 1941
La Pallade parte da Valona alle 13 per
scortare a Brindisi, dove giunge alle 22.25, il piroscafo Monrosa e la motonave Città
di Trapani, ambedue scarichi.
22 febbraio 1941
La Pallade e l’incrociatore ausiliario Francesco Morosini salpano da Brindisi
alle 8.15 per scortare a Valona, dove giungono dopo dieci ore, i piroscafi Francesco Crispi, Argentina e Viminale,
aventi a bordo 3416 militari, 15 veicoli e 230 tonnellate di materiali.
9 marzo 1941
Pallade e Polluce salpano
in serata da Palermo, insieme alla torpediniera Alcione, per scortare a Tripoli le motonavi Andrea Gritti e Sebastiano Venier (convoglio
«Sonnenblume 9» per il trasferimento in Libia dell’Afrika Korps), provenienti
da Napoli con la sola scorta, nel primo tratto, dell’Alcione.
11 marzo 1941
Raggiunto anche dalle
torpediniere Centauro e Clio, inviategli incontro dal porto
libico, il convoglio arriva a Tripoli alle 13.30.
27 marzo 1941
La Pallade salpa da Tripoli alle 22
scortando il piroscafo Honor, diretto
a Sfax. La torpediniera scorta l’Honor
soltanto fino alle isole Kerkennah, dopo di che il mercantile prosegue da solo
(arriverà a Sfax il 29).
La Pallade in navigazione a velocità di crociera nel Basso Adriatico (g.c. Stefano Cioglia) |
20 aprile 1941
La Pallade, insieme alle torpediniere Generale Carlo Montanari e Generale Achille Papa ed alla piccola
nave scorta ausiliaria Luigi Rizzo,
parte da Tripoli alle 12.30 di scorta ad un convoglio formato dalla
motonave Col di Lana, dal
piroscafo Ernesto e dalla
nave cisterna Superga.
22 aprile 1941
Alle 16 Rizzo e Montanari raggiungono Trapani, mentre il resto del convoglio
prosegue per Napoli, dove giunge alle 23.
25 maggio 1941
La Pallade, inviata da Messina insieme alle
gemelle Cigno e Clio, partecipa al salvataggio dei naufraghi del trasporto
truppe Conte Rosso, silurato ed
affondato la sera precedente dal sommergibile britannico Upholder, durante la navigazione da
Napoli a Tripoli, circa dieci miglia ad est (per 85°) di Capo Murro di Porco.
Oltre a Pallade, Cigno e Clio, i soccorsi
sono condotti dalle torpediniere Procione e Pegaso (che facevano già parte della
scorta originaria del convoglio), dai cacciatorpediniere Lanciere e Corazziere e dalle navi
ospedale Arno e Sicilia. In tutto vengono salvati 1432 o
1441 uomini, su 2729 imbarcati sul Conte
Rosso; vengono anche recuperate 239 salme, mentre i dispersi sono più di
mille.
26 maggio 1941
La Pallade (tenente di vascello Felice
Masini), le torpediniere Procione, Castore, Cigno e Pegaso ed i
cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta,
capitano di vascello Giovanni Galati), Saetta ed Antonio Da Noli partono da Napoli alle 2.30 (altra
versione indica l’orario di partenza nelle 23 del 25 maggio) per scortare a
Tripoli un convoglio formato dalle motonavi Marco Foscarini, Andrea
Gritti, Sebastiano Venier, Barbarigo, Rialto ed Ankara (tedesca).
Il convoglio, che ha
scorta aerea per alcuni tratti, è scortato a distanza dalla III Divisione
Navale, dallo stretto di Messina in poi; segue le rotte che passano ad est di
Malta.
27 maggio 1941
Verso le 13 (poco
dopo che gli aerei dell’Aeronautica di Sicilia della scorta aerea hanno
lasciato il convoglio, mentre i velivoli che avrebbero dovuto sostituirli,
provenienti dalla Libia, non sono potuti decollare a causa del forte ghibli)
vengono avvistati sei aerei a 6-7 km di distanza, i quali volano a 10-20 metri
di quota su rotta opposta al convoglio. Si tratta di bombardieri britannici
Bristol Blenheim decollati da Malta, i quali si portano al traverso del
convoglio e poi accostano per attaccare il gruppo formato da Foscarini, Barbarigo, Venier, Cigno e Da Noli. Le navi aprono subito il fuoco; due degli attaccanti (il
V6460 del sergente E. B. Inman e lo Z6247 del capitano G. M. Fairburn) vengono
abbattuti (secondo fonti italiane, dal fuoco contraereo; per i britannici,
ambedue gli aerei sarebbero stati travolti e distrutti dallo scoppio delle
bombe sganciate dallo stesso Inman su una delle motonavi), ma Foscarini e Venier sono colpite.
La Venier subisce solo danni lievi,
perché l’unica bomba che la colpisce non esplode; ma la Foscarini viene incendiata ed
immobilizzata. L’unico sopravvissuto dei sei uomini componenti gli equipaggi
dei due aerei, il sergente K. P. Collins della 82a Squadriglia
della R.A.F., gravemente ferito, viene recuperato dalla Cigno.
L’attacco è durato
tre minuti.
Si tratta del primo
attacco aereo verificatosi sulla rotta di levante per la Libia, nonché del
primo bombardamento a bassa quota contro navi nella guerra del Mediterraneo.
Mentre il resto del
convoglio prosegue, la Foscarini,
in fiamme, viene assistita dal Da
Noli e dalla Cigno (quest’ultima
si ricongiunge però col convoglio dopo non molto tempo); successivamente, in
risposta a ripetute sollecitazioni del caposcorta a Marina Tripoli (alle 16.25
chiede l’invio di un rimorchiatore, ed alle 17.20 di una silurante per
cooperare con il Da Noli),
vengono inviate sul posto la Pallade
ed i rimorchiatori Pronta e Salvatore Primo, mandati da Marina
Tripoli, che cooperano al tentativo di portare in salvo la motonave in fiamme.
Il marinaio Alfredo
Natali, da Umbertide (all’epoca poco più che diciassettenne), imbarcato sulla Pallade, così descrive, a distanza di
oltre settant’anni, l’attacco al convoglio, il danneggiamento della Foscarini e l’abbattimento degli aerei
attaccanti: “…nel bel mezzo del Canale di
Sicilia, venimmo attaccati da una forza rilevante di aerei siluranti inglesi,
forse una decina se ricordo bene. Il rischio che correvamo era rilevante in
quanto al contempo il mare si era ingrossato, forse forza 8 o 9 (il massimo),
ma ecco che solo uno di questi tenta di superare il nostro sbarramento sperando
di mimetizzarsi con quel mare le cui onde superavano talvolta anche 10/15 metri
di altezza. Quei ragazzi, forse pieni di ideologia suicida super Britannica li
abbattemmo all'istante. E seguitammo a colpire l'aereo abbattuto perché in tali
circostanze la prudenza non è mai troppa. (…) Negli occhi nostri la triste visione dell'aereo abbattuto ed ormai
inoffensivo. Ma andiamo avanti: non erano trascorsi più di 10 secondi dal fatto
che ecco il resto degli aerei siluranti ci piomba addosso con una spaventosa
linea di fuoco. Sentimmo i proiettili delle loro mitragliere colpire la parte
superiore del fumaiolo, due compagni caduti, ma ecco nel trambusto gli aerei
svolazzavano sopra le nostre teste come tanti farfalloni, uno di questi andò a
colpire in pieno il collega che lo precedeva in "CABRATA" –
impennandosi dall'aereo in ascensione. Per nostra disgrazia tutti e due gli
aerei caddero, come una palla di fuoco, a poppavia di una nave da carico. Una
tragedia immane in quanto quel bastimento era carico non solo di vettovaglie ma
anche di esseri umani! Ma anche nei momenti più difficili, quando credi che
tutto è perduto, ecco che una fiammella di una luminosità indescrivibile appare
agli occhi: vedemmo che un qualche cosa galleggiava ad una distanza
relativamente vicina al nostro battello; nella vita ci sono cose che non si
possono spiegare, ma quel giorno dopo tanti lutti salvammo una vita. Era uno di
quei ragazzi, probabilmente l'unico superstite dei due aerei caduti sulla nave
da carico, e lo tirammo su. Corremmo un grande rischio. Il ragazzo aveva le
gambe spezzate ma sicuramente le alte leve da Roma non avrebbero permesso
quella operazione in quanto nei paraggi poteva trovarsi un sommergibile nemico.
E qui mi viene in mente il detto: ITALIANI BRAVA GENTE perchè il nostro
comandante, il tenente di vascello MASINI si era assunto tutte le
responsabilità. La nave dove erano caduti i due aereo mobili inglesi – se ben
ricordo – si chiamava "Reginaldo Foscarin" [Marco Foscarini, nda], nome nobile di una città nobile: Venezia. La conducemmo fortunosamente
a rimorchio fino al porto di Tripoli dove seguitò a bruciare per circa 15
giorni”.
Alle 19.10 sopraggiungono,
dopo ripetute richieste del caposcorta, quattro aerei da caccia ed un
aerosilurante Savoia Marchetti S.M.79 per la scorta aerea.
28 maggio 1941
Il resto del convoglio
giunge a Tripoli in mattinata.
30 maggio 1941
Rimorchiata fino a
Tripoli, la Foscarini viene
portata a poggiare sul fondo dell’avamporto, scongiurandone l’affondamento.
Tuttavia, non verrà mai recuperata.
Lo stesso giorno, alle
8 la, Pallade salpa da Bengasi per
scortare a Tripoli i piroscafi Tilly
Russ (tedesco) e Cadamosto
(italiano). Durante la navigazione, si unisce alla Pallade (o la sostituisce) la gemella Polluce.
Lo stesso giorno, un
sommergibile (una fonte parla del britannico Utmost, ma si tratta di un errore) attacca il convoglio al largo di
Zliten: nessuna nave viene colpita, ma Polluce
e Tilly Russ s’incagliano a causa della manovra intrapresa per evitare i
siluri. Entrambe le navi, tuttavia, riescono a disincagliarsi in breve tempo
con i propri mezzi.
31 maggio 1941
Pallade, Polluce, Tilly Russ e Cadamosto arrivano a Tripoli alle
22.
2 giugno 1941
La Pallade salpa da Tripoli alle 19 per
scortare a Bengasi il piroscafo tedesco Sparta.
4 giugno 1941
Pallade e Sparta arrivano a
Bengasi alle 19.
9 giugno 1941
Pallade e Polluce
(caposcorta) salpano da Tripoli alle 2.30 di scorta ai piroscafi Cadamosto e Silvio Scaroni ed al
motoveliero Aosta, diretti a
Bengasi.
12 giugno 1941
Il sommergibile
britannico Taku (capitano
di corvetta Edward Christian Frederic Nicolay) avvista il convoglio alle 4.35,
in posizione 32°20’ N e 18°49’ E, ed alle 5.03 lancia due siluri contro
l’ultima nave della fila. Uno di essi colpisce il Silvio Scaroni, che affonda con 10 dei 37 membri del suo equipaggio
in posizione 32°27’ N e 18°42’ E (a 70 miglia per 283° da Bengasi, cioè a
ponente di quella città). Pallade e Polluce danno infruttuosamente la
caccia al Taku con bombe di
profondità, poi proseguono con i due mercantili superstiti.
Il resto del convoglio
giunge a Bengasi alle 18 dello stesso giorno.
14 giugno 1941
La Pallade parte da Bengasi alle 22 di
scorta all’Aosta ed al piroscafetto Adua, diretti a Tripoli.
17 giugno 1941
Le tre navi arrivano
a Tripoli alle 6.
24 giugno 1941
La Pallade salpa da Bengasi alle 18.30,
diretta a Tripoli, scortando lo Sparta
ed il piroscafo italiano Giuseppe Leva.
26 giugno 1941
Il convoglio arriva a
Tripoli a mezzogiorno.
8 (o 9) luglio 1941
La Pallade e la cannoniera Scilla partono da Tripoli per Bengasi
alle 10.45, scortando i motovelieri Alas,
Rita, Unione e Provocazione.
11 luglio 1941
Il convoglietto
giunge a Bengasi alle 11.30.
18 (o 19) luglio 1941
La Pallade lascia Tripoli alle 20 per
scortare a Bengasi il piroscafo italiano Prospero,
il tedesco Brook ed i motovelieri Cora ed Esperia.
21 luglio 1941
Le navi arrivano a
Bengasi a mezzogiorno.
23 luglio 1941
La Pallade, uscita da Tripoli, va ad unirsi
alla scorta di un convoglio in arrivo da Napoli, formato dai piroscafi Caffaro, Nicolò Odero e Maddalena
Odero (un quarto piroscafo, il tedesco Preussen,
è stato affondato il giorno precedente da un attacco aereo) con la scorta dei
cacciatorpediniere Folgore, Fulmine, Saetta, Fuciliere ed Alpino. Il convoglio giunge in porto
alle 17.
(g.c. Marcello Risolo via www.betasom.it) |
2 agosto 1941
La Pallade, insieme alla gemella Centauro, viene inviata in agguato nel
Canale di Sicilia, nelle acque di Pantelleria, per contrastare l’operazione
britannica «Style». Quest’ultima, che ha prevo il via il 30 luglio, consiste
nell’invio a Malta dell’incrociatore posamine Manxman e degli incrociatori leggeri Hermione ed Arethusa (Forza
X, al comando del contrammiraglio Edward Neville Syfret), in missione di
trasporto veloce di 1746 uomini (70 ufficiali e 1676 sottufficiali e soldati,
in parte rimasti a Gibilterra quando il piroscafo Leinster, facente parte del precedente convoglio «Substance»
diretto a Malta, si era incagliato, in parte imbarcati su navi dello stesso
convoglio che erano dovute rientrare a Gibilterra perché danneggiate) e 130
tonnellate di rifornimenti, con la scorta diretta dei cacciatorpediniere Lightning e Sikh ed indiretta di parte della
Forza H dell’ammiraglio James Somerville (corazzata Nelson, incrociatore da battaglia Renown, portaerei Ark
Royal, due incrociatori ed otto cacciatorpediniere). Quale azione
diversiva, i britannici effettuano anche un bombardamento di Porto Conte ed
Alghero da parte dei cacciatorpediniere Maori e Cossack e
di nove bombardieri Fairey Swordfish della portaerei Ark Royal (attacchi compiuti tra le 2.15 e le 4.45 del 1°
agosto, con danni trascurabili).
Le navi dirette a
Malta hanno lasciato Gibilterra alle sei del mattino del 30 luglio, ed alle
17.30 la notizia (che la Forza H è partita da Gibilterra alle 7, diretta verso
est) è giunta a Supermarina, che dispone subito l’approntamento della Pallade e delle altre cinque
torpediniere disponibili a Trapani (Castore,
Cigno, Calliope, Centauro e Circe), l’invio in agguato di vari
sommergibili (Tembien, Zaffiro, Bandiera e Manara tra
Malta e Pantelleria; Alagi, Aradam, Diaspro e Serpente
a sudovest della Sardegna), e varie altre misure (sospensione del traffico nel
Mediterraneo Centrale, concentrazione a Trapani e Pantelleria di tredici MAS
per effettuare rastrelli notturni nel Canale di Sicilia, ricognizioni aeree su
vaste zone di entrambi i bacini del Mediterraneo, messa in stato di allarme
delle difese costiere di Liguria, Sicilia, Sardegna e costa tirrenica italiana).
Supermarina è già stata messa in allarme dall’intensificarsi, nei giorni
precedenti, del traffico radio nemico a carattere operativo e degli attacchi
aerei contro le basi aeree della ricognizione marittima in Sicilia e Sardegna,
oltre che dalla comparsa di ricognitori britannici a Taranto e nelle basi del
Tirreno meridionale: l’alto comando della Regia Marina prevede che la Forza H
si stia spostando verso est e ritiene che potrebbe essere in atto un’operazione
congiunta con la Mediterranean Fleet di Alessandria, siccome rivelazioni
radiogoniometriche hanno rivelato la presenza di un’unità appartenente a
quest’ultima alle 17.45 dello stesso giorno, a 60 miglia per 350° da Marsa
Matruh. Alle due di notte del 31 luglio rilevazioni radiogoniometriche hanno
individuato la Forza H nelle acque della Spagna, stimandone la velocità in una
decina di nodi, e più tardi è giunta notizia della partenza da Gibilterra di
alcuni mercantili e di tre incrociatori, con destinazione ignota (in realtà i
mercantili sono diretti in Atlantico, e non c’è nessun incrociatore). Alle 8.45
il Servizio Informazioni dell’Aeronautica fa sapere che da Gibilterra sono
partite, dirette in Mediterraneo, la portaerei Ark Royal, la corazzata Nelson,
l’incrociatore da battaglia Renown e
due incrociatori, arrivati nottetempo dall’Atlantico e di scorta a «due piroscafi carichi di truppe e otto
mercantili carichi di materiali, munizioni e viveri, probabilmente destinati in
Egitto (…) Fonte attendibile comunica
che at Gibilterra si parla di rappresaglie contro l’Italia». Nonostante i
ricognitori inviati dalla Sardegna durante il mattino a cercare tali forze non
trovino nulla, alle 15.45 Supermarina dà ordine di approntare all’uscita in due
ore la III Divisione Navale (incrociatori pesanti Trento, Trieste e Gorizia e XIII Squadriglia
Cacciatorpediniere) a Messina e la V Divisione Navale (corazzate Cesare e Doria) e tutti i cacciatorpediniere disponibili a Taranto.
Contestualmente viene ordinato anche alla IX Divisione Navale (corazzate Littorio e Vittorio Veneto) ed alla corazzata Duilio, a Napoli, di tenersi pronte a partire entro mezz’ora; viene
ordinato che nella notte tra l’1 ed il 2 agosto inizino gli agguati di
torpediniere e MAS al largo di Pantelleria e di Capo Bon; mentre la IV e VIII
Divisione incrociatori, che si trovano a Palermo, vengono mantenuti in
approntamento normale. In base alle informazioni raccolte, infatti, Supermarina
ritiene più probabile che l’operazione britannica riguardi un attacco contro le
coste tirreniche italiane che non l’invio di un convoglio attraverso il Canale
di Sicilia, ritenuto a torto poco probabile. Alle 16.45 del 31 luglio un aereo
di linea tedesco (della Lufthansa) segnala tredici navi da guerra, tra cui una
portaerei, 50 miglia ad est delle Baleari, dirette verso est; durante la
giornata del 1° agosto undici ricognitori dell’Aeronautica della Sardegna
cercano la Forza H, che si è spostata a nordest delle Baleari, con rotta
sudovest, e che è stata avvistata alle nove del mattino da un aereo francese
(che ne ha stimato correttamente la composizione come una portaerei, due
corazzate e dieci cacciatorpediniere, con rotta 160°), 35 miglia a nord di
Minorca. Gli avvistamenti da parte di trimotori CANT Z. 1007 bis del 50° Gruppo
segnalano che la Forza H sembra restare nello stesso punto in cui l’aveva
trovata l’aereo francese (a nordest di Minorca e con rotta nordest), e quattro
successivi rilevamenti radiogoniometrici individuano inoltre una nave
sconosciuta a 70 miglia per 30° da Capo Sant’Antonio (a sud di Valencia).
L’attenzione dell’apparato aeronavale italiano si concentra così sulla Forza H,
mentre passa del tutto inosservato il transito in Mediterraneo occidentale
della Forza X, che naviga ad alta velocità tenendosi vicina alle acque territoriali
del nordafrica francese, seguendo la costa algerina e poi tunisina, dopo di che
attraversa indisturbata il Canale di Sicilia. Supermarina, infatti, ha dato
ordine che i MAS stanziati ad Augusta rimangano in porto in caso di mancato
avvistamento di navi nemiche dirette verso il Mediterraneo centrale da parte
della ricognizione (e nessun ricognitore le ha avvistate), mentre i MAS di
Pantelleria non trovano niente a causa del mare grosso, che ne intralcia
seriamente l’attività. Alle 7.35 del 2 agosto una rilevazione radiogoniometrica
mostra che c’è un’unità britannica 50 miglia ad ovest di Malta, diretta verso
tale isola; Supermarina chiede allora a Superaereo di condurre una ricognizione
sul porto di La Valletta, e mette nuovamente in allarme la III Divisione a
Messina e le corazzate a Napoli.
La Forza X raggiunge
Malta alle nove del mattino del 2 agosto, scarica truppe e rifornimenti e
riparte alle 16.30 per tornare a Gibilterra. Alle 18 la Forza X, in navigazione
ad alta velocità una decina di chilometri a nordovest di Gozo (a levante di
Malta), viene infine avvistata da dieci caccia Macchi Mc 200 del 10° Gruppo
dell’Aeronautica della Sicilia, di ritorno dalla richiesta ricognizione su La
Valletta, che riconoscono correttamente le navi avvistate come tre incrociatori
e due cacciatorpediniere, diretti verso Gibilterra. In conseguenza di tale
avvistamento, tre aerosiluranti S.M. 79 “Sparviero” della 278a
Squadriglia decollano da Pantelleria per attaccare la Forza X (uno di essi,
avvistata la formazione avversaria, lancia un siluro contro l’Hermione, che lo evita con la manovra);
inoltre, la notizia arriva anche a Marina Messina, che intanto aveva ordinato
un agguato notturno di quattro torpediniere ed altrettanti MAS tra Capo Bon,
Pantelleria e Trapani, ed altri due MAS al largo di Malta. Alle 00.25 del 3
agosto Marina Messina ordina alla XV Squadriglia Cacciatorpediniere (Pigafetta, Pessagno, Da Mosto, Da Verrazzano ed Usodimare) di accendere le caldaie, ed alle 3.45 di salpare per
portarsi entro le 8 trenta miglia a sud di Marettimo. Al contempo, Marina
Messina ordina al Comando Militare Marittimo di Pantelleria di tenere Pallade e Castore in agguato sottocosta, vicino all’isola, e di tenere le
batterie costiere pronte all’intervento. La Forza X passa però ad ovest di
Pantelleria, dal lato opposto rispetto agli sbarramenti italiani, molto lontano
dalle zone in cui si trovano le torpediniere ed i cacciatorpediniere italiani
(che sono state scelte tenendo presente il concetto precauzionale di evitare un
incontro notturno, data la superiorità britannica nel combattimento di notte),
che non riescono così ad intercettarla (per loro fortuna, probabilmente, data
la netta superiorità di armamento delle navi britanniche).
27 agosto 1941
La Pallade (caposcorta) e la gemella Centauro partono da Trapani per Tripoli
alle 18, scortando la pirocisterna Alberto
Fassio.
30 agosto 1941
Le tre navi arrivano
a Tripoli alle 13.
4 settembre 1941
La Pallade lascia Tripoli alle 16 diretta a
Bengasi, scortando il piroscafo Sirena
ed i motovelieri Imperia e Sparviero.
5 settembre 1941
La Pallade lascia la scorta del
convoglietto alle 16, venendo rimpiazzata dalla gemella Centauro.
13 settembre 1941
La Pallade parte da Tripoli alle 19 per
scortare a Bengasi il Brook ed i
motovelieri Rita ed Esperia.
16 settembre 1941
Il convoglietto
giunge a Bengasi alle 19.30.
21 settembre 1941
La Pallade lascia Bengasi per Tripoli alle
00.30, scortando il Brook, il
piroscafo italiano Una ed i
motovelieri Esperia e Vito Fornari.
24 settembre 1941
Le navi arrivano a
Tripoli alle 7.30.
7 ottobre 1941
La Pallade (tenente di vascello Felice
Masini) viene colpita da una bomba a poppavia del fumaiolo, durante un’incursione
aerea sul porto di Tripoli, riportando seri danni. Cinque membri del suo
equipaggio rimangono uccisi: il marinaio fuochista Vaifro Bezzi, di 22 anni, da
Milano; il secondo capo cannoniere Clinio Funari, di 27 anni, da Valmontone; il
marinaio cannoniere Ugo Grasselli, di 20 anni, da Mantova; il marinaio
fuochista Pietro Pellegrini, di 20 anni, da Belpasso; ed il marinaio fuochista
Francesco Savoldi, di 21 anni, da Brescia.
La bomba provoca a
poppa un violento incendio, che minaccia seriamente il deposito munizioni
poppiero; su ordine del comandante Masini, tale deposito viene allagato a scopo
precauzionale, mentre si procede a domare le fiamme. Ciò permette di salvare la
nave, che tuttavia necessiterà comunque di alcuni mesi di riparazioni.
Il comandante Masini
(35 anni, da Galliate) verrà decorato con la Croce di Guerra al Valor Militare
con motivazione: «Comandante di
torpediniera colpita, durante un'incursione aerea nemica, da bomba la cui
esplosione provocava un violento incendio nei locali poppieri dell'unità,
minacciando di estendersi al vicino deposito di munizioni, impartiva con prontezza
e perizia le disposizioni atte ad assicurare la salvezza della nave e
dell'equipaggio imbarcato, riducendo al minimo i danni sofferti». Analoga
decorazione viene conferita anche: al comandante in seconda, sottotenente di
vascello Alessandro Antonoff (28 anni, ucraino nato Poltava ed emigrato in
Italia da bambino con i genitori, esuli dopo la rivoluzione russa), con
motivazione «Ufficiale in 2° di
torpediniera, colpita da bomba durante un'incursione aerea nemica, si prodigava
con slancio e noncuranza del pericolo nell'opera di spegnimento di principii
d'incendio sviluppatisi in locali contigui ad un deposito munizioni,
coadiuvando efficacemente il Comandante per la salvezza dell'unità»; al
capo meccanico di seconda classe Francesco Elefante (36 anni, da Castellammare
di Stabia) ed al sottocapo motorista navale Edmondo Miccoli (23 anni, da
Taranto), con motivazione «Imbarcato su
silurante, colpita da bomba nel corso di un'incursione aerea nemica, si
prodigava sotto l'incombente bombardamento, nell'opera di spegnimento di alcuni
principii d'incendio e di allagamento di un deposito munizioni, dimostrando
slancio e noncuranza del pericolo»; al capo silurista di terza classe
Francesco Zannoni (29 anni, da Imola) ed al secondo capo segnalatore Luigi
Vario (28 anni, da Trapani), con motivazione «Imbarcato su silurante, colpita da bomba durante un'incursione aerea
nemica, accorreva decisamente, attraverso locali invasi da denso fumo, presso
il deposito munizioni, apriva il portello, malgrado un'avaria al sistema di
chiusura e segnalava tempestivamente al Comandante alcuni focolai d'incendio
che venivano soffocati con prontezza, cooperando damente alla salvezza
dell'unità»; al secondo capo elettricista Primo Bonezzi (29 anni, da
Ravarino), con motivazione «Imbarcato su
silurante, colpita da bomba nel corso di un'incursione aerea nemica, si
prodigava con slancio e sereno coraggio sotto l’incombente bombardamento, per
coadiuvare il Comandante nelle operazioni intese a garantire la sicurezza della
nave, cooperando validamente all’opera di spegnimento di focolai d’incendio,
manifestatisi in locali attigui ad un deposito munizioni»; al fuochista
Giovanni Esposito (24 anni, da Sant’Agnello), con motivazione «Imbarcato su silurante, benché ferito da
scheggie nel corso di un’incursione aerea nemica che aveva colpito la nave, si
prodigava con impassibile serenità e coraggio nelle operazioni intese a
garantire la sicurezza dell’unità, contribuendo efficacemente ad allagare un
deposito munizioni nel quale si era manifestato un principio d’incendio»;
al sottocapo radiotelegrafista Antonio Romeo (21 anni, da Sparanise), con
motivazione: «Imbarcato su silurante, durante
un'incursione aerea nemica, si prodigava con slancio e sereno coraggio per
rimettere in efficienza l’antenna radio infranta da scheggie di bombe. Colpita
l’unità da bomba, la cui esplosione provocava focolai d’incendio nei locali
poppieri presso un deposito di munizioni, continuava a disimpegnare, con
elevato senso del dovere, il proprio servizio, assicurando il collegamento r.t.
della nave »; al sottocapo infermiere Luigi Dominici (21 anni, da Roma),
con motivazione: «Imbarcato su silurante,
durante un'incursione aerea nemica, da bomba, la cui esplosione provocava
principii d’incendio nei locali poppieri in prossimità di un deposito
munizioni, accorreva, noncurante del pericolo, in soccorso dei feriti e
rincuorandoli, apportava loro pronta ed efficace assistenza»; al marinaio cannoniere
puntatore mitragliere Alfredo Natali (18 anni, da Umbertide), al sottocapo
cannoniere puntatore mitragliere Toni Gaeta (21 anni, da Aiello del Sabato), al
cannoniere armaiolo Fernando Falossi (21 anni, da Firenze) ed al marinaio
servizi vari Ermete Renna (21 anni, da salerno), con motivazione: «Destinato ad una mitragliera su silurante,
colpita durante un’incursione nemica da bomba che causava principii di incendio
in prossimità di un deposito munizioni, continuava con serenità e noncuranza
del pericolo nella reazione di fuoco contro gli aerei avversari, dimostrando
vivo senso del dovere».
La Croce di Guerra al
Valor Militare viene decretata, inoltre, alla memoria dei cinque marinai che
hanno perso la vita.
Il giorno seguente, i
decrittatori britannici di “ULTRA” intercettano una comunicazione dalla quale
apprendono la notizia del danneggiamento della Pallade.
Sopra, la
Pallade danneggiata dopo l’attacco
del 7 ottobre 1941 e sotto, operai al lavoro a bordo durante le riparazioni (Coll.
Alfredo Natali, via Umbertide Cronache Online)
1941 ca.
Vengono installati
sulla Pallade due nuovi lanciabombe
per una capienza totale di 40 bombe di profondità.
16 novembre 1941
Al largo di Capo
dell’Armi, l’ecogoniometro della Pallade
(un apparato tedesco S-Gerät, da poco installato sulla torpediniera e
presidiato da personale misto italiano e tedesco sotto la direzione del
comandante Ahrens della Kriegsmarine, capo della missione tedesca incaricata di
addestrare i sonaristi italiani nell’utilizzo del nuovo ecogoniometro tedesco) rileva
un sommergibile, che viene attaccato con tre passaggi che vedono il lancio in
tutto di 45 bombe di profondità, anch’esse di produzione tedesca. Dopo il terzo
ed ultimo attacco, il contatto sonar viene perso in un punto in cui la
profondità è di 1600 metri, e viene avvistata una chiazza di nafta di circa un
chilometro per due.
Tuttavia, non risulta
che nessun sommergibile Alleato sia stato danneggiato od affondato in questa
azione: è possibile che l’attacco della Pallade
sia stato diretto contro un “falso contatto”.
16 febbraio 1942
La Pallade viene inviata a dare la caccia
al sommergibile britannico P 36
(tenente di vascello Larry Noel Edmonds), che a sud dello stretto di Messina (in
posizione 37°42' N e 15°35' E) ha silurato il cacciatorpediniere Carabiniere, asportandogli la prua. Mentre
il mutilato Carabiniere viene
rimorchiato a Messina dal rimorchiatore Instancabile,
con la scorta della torpediniera Generale
Marcello Prestinari, la Pallade
ottiene un contatto all’ecogoniometro e lo attacca con il lancio di ben 45
bombe di profondità. Al termine degli attacchi il contatto è scomparso, ed il
comandante della Pallade ritiene di
aver affondato il sommergibile, ma si sbaglia: il P 36 è sopravvissuto indenne al bombardamento. Il comandante
Edmonds, da parte sua, registra un contrattacco iniziato alle 13.18 (tre minuti
dopo il siluramento del Carabiniere,
da parte degli altri cacciatorpediniere della formazione) e terminato prima
delle 15.34, quando può tornare a quota periscopica; nei primi 45 minuti l’equipaggio
britannico conta il lancio di ben 105 bombe di profondità, ritenendo che il
contrattacco sia condotto da sei cacciatorpediniere (in realtà nella formazione
attaccata ce n’erano solo tre – oltre ovviamente al Carabiniere, che per ovvi motivi non partecipa al contrattacco – : Bersagliere, Fuciliere ed Alpino, cui
poi subentra la sola Pallade,
appositamente inviata sul posto). Nessuna di queste bombe è esplosa
“sgradevolmente vicina”.
21 febbraio 1942
Alle 17.30 la Pallade salpa da Messina insieme ai
cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (nave ammiraglia del
contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone, caposcorta), Lanzerotto Malocello, Nicolò Zeno, Strale e Premuda, scortando un convoglio (il
numero 1) composto dalle moderne motonavi Monginevro, Ravello ed Unione nell’ambito dell’operazione
di traffico «K. 7».
I convogli in mare
nell’ambito di tale operazione fruiscono inoltre della scorta indiretta del
gruppo «Gorizia» (ammiraglio di divisione Angelo Parona; incrociatori
pesanti Trento e Gorizia, incrociatore leggero Giovanni delle Bande Nere, cacciatorpediniere Alpino, Alfredo Oriani ed Antonio Da Noli) e del
gruppo «Duilio», formato dall’omonima corazzata (ammiraglio di squadra Carlo
Bergamini, comandante superiore in mare) insieme a quattro cacciatorpediniere (Aviere, Geniere, Ascari e Camicia Nera). La Pallade è probabilmente l’unica unità, tra quelle assegnate alla
scorta del convoglio numero 1, ad essere dotata del sonar tedesco S-Gerät e dei
nuovi lanciabombe di profondità di fabbricazione anch’essa tedesca, dei quali
da qualche mese si è iniziata l’installazione su un certo numero di siluranti
italiane.
Alle 23.15, la
divisione «Gorizia» si unisce al convoglio n. 1, che prosegue per Tripoli
seguendo rotte che passano a circa 190 miglia da Malta.
22 febbraio 1942
All’alba del 2 il
convoglio n. 1 viene raggiunto anche dal gruppo «Duilio», che lo segue a breve
distanza.
Intorno alle 12.45
(per altra versione, verso le dieci), 180 miglia ad est di Malta, il convoglio
numero 1 si congiunge con il convoglio numero 2 della «K. 7», proveniente da
Corfù e formato dalle motonavi Lerici e Monviso e dalla nave cisterna Giulio Giordani, con la scorta dei cacciatorpediniere Antonio Pigafetta (caposcorta, capitano di vascello Enrico Mirti della
Valle), Emanuele Pessagno, Antoniotto Usodimare, Maestrale e Scirocco e della torpediniera Circe.
Il convoglio n. 2 si
accoda – con una manovra piuttosto lenta – al convoglio n. 1. La formazione (di
cui è caposcorta l’ammiraglio Nomis di Pollone) assume rotta 184° e velocità 14
nodi; sin dalla prima mattina (e fino alle 19.45) volano sul suo cielo aerei
tedeschi Junkers Ju 88 e Messerschmitt Bf 110 decollati dalla Sicilia per la
sua scorta.
I due convogli
occupano complessivamente uno spazio di mare di circa un miglio per quattro,
con i due gruppi di scorta sulla dritta, a distanza variabile tra uno e quattro
miglia, «complesso (…) abbastanza compatto per poter essere
protetto tutto bene dalla scorta ed abbastanza snello per dare ai singoli
gruppi ampia libertà di manovra».
Dalle prime ore del
mattino (precisamente, dalle 7.25) compaiono anche ricognitori britannici, che
segnalano il convoglio agli aerei di base a Malta; tra le 14 e le 16 si
verifica un attacco aereo, che i velivoli della Luftwaffe respingono,
abbattendo tre degli aerei attaccanti ed impedendo agli altri di portare a
fondo l’attacco (tranne un Boeing B 17 che lancia delle bombe di piccolo
calibro contro la Duilio, senza
colpirla). Quando l’ammiraglio Bergamini chiede altri aerei mediante il
collegamento radio diretto, la richiesta viene prontamente soddisfatta.
Bergamini scriverà poi nel suo rapporto: «…per
la prima volta si è avuta una scorta aerea che ha funzionato veramente in modo
ammirevole (…) circa i velivoli
offensivi, la caccia li ha avvistati tutti e tutti sono stati intercettati ed
attaccati o abbattuti. Il collegamento radiotelefonico con il Duilio è stato
perfetto e lo scambio di notizie rapido ed efficiente. (…) La scorta fatta armonicamente a quota bassa,
media ed alta con Ju. 88 e Me. 110 (…) dava
un senso di sicurezza e di collaborazione veramente soddisfacente. (…) L’intervento di nuovi cacciatori chiesti dal
Duilio, come al solito, direttamente al Comando C.A.T. Sicilia, è stato pronto,
tempestivo, numeroso. Non si può fare a meno di rilevare con vivo senso di
soddisfazione che l’ultimo aereo inglese (un Blenheim) è stato abbattuto alle
15.49 alla distanza di ben 220 miglia dalle basi della Sicilia. C’è molto da
attendersi da questa collaborazione aereo-navale fatta a così notevole distanza
dalla costa (…) L’arrivo degli aerei
tedeschi sulla formazione il giorno 22 si è verificato alle primissime luci
dell’alba e la partenza a buio fatto (19.45). Nel giorno 23 invece gli
apparecchi tedeschi non hanno potuto trovare né il gruppo Duilio né il gruppo Gorizia
ma ciò era realmente quasi impossibile date le condizioni meteorologiche…».
La sera del 22, in
base agli ordini ricevuti, il gruppo «Duilio» lascia i convogli, che proseguono
con la scorta diretta ed il gruppo «Gorizia».
Nella notte seguente
il convoglio, che è rimasto diviso in due gruppi (cioè i convogli 1 e 2, che
procedono uno dietro l’altro ma separati), viene più volte sorvolato da dei
bengalieri nemici (tra le 00.30 e le 5.30 del 23 dei benGala si accendono sul cielo dei convogli), ma non subisce danni,
grazie alle manovre ed all’emissione di cortine fumogene.
23 febbraio 1942
Poco dopo le otto del
mattino sopraggiungono due torpediniere inviate da Marilibia in rinforzo alla
scorta, cui l’ammiraglio Parona ordina di unirsi al gruppo «Vivaldi». La foschia
impedisce ai due convogli, distanti solo 8-9 miglia, di vedersi, ed alla scorta
aerea della Luftwaffe di trovare le navi; le trovano invece (alle 8.20), ma
solo quelle del gruppo «Gorizia», i caccia italiani FIAT CR. 42 inviati
anch’essi per la scorta. Solo verso le dieci, diradatasi finalmente la foschia,
inizia a sopraggiungere sui cieli dei due convogli – che navigavano di conserva
verso Tripoli senza riuscire a vedersi – un crescente numero di velivoli di
scorta.
Alle 10.14 del
mattino, una novantina di miglia ad est di Tripoli ed al largo di Capo
Misurata, la Circe
(“battistrada” del convoglio n. 2) localizza con l’ecogoniometro il
sommergibile britannico P 38,
che sta tentando di attaccare il convoglio (poco dopo ne viene avvistato anche
il periscopio, che però subito scompare poiché il sommergibile, capendo di
essere stato individuato, s’immerge a profondità maggiore); dopo aver ordinato
al convoglio di virare a dritta, alle 10.32 la torpediniera bombarda il
sommergibile con bombe di profondità, arrecandogli gravi danni. Subito dopo
il P 38 affiora in
superficie, per poi riaffondare subito: a questo punto si uniscono alla caccia
anche l’Usodimare ed il Pessagno, che gettano altre cariche di
profondità, e, insieme ad aerei della scorta, mitragliano il sommergibile.
L’attacco è tanto violento e confuso che un marinaio, su una delle navi
italiane, rimane ucciso dal tiro delle mitragliere, e la Circe deve richiamare le altre
unità al loro posto per poter proseguire nella sua azione. Dopo questi ulteriori
attacchi, la Circe effettua
un nuovo attacco con bombe di profondità, ed alle 10.40 il sommergibile affiora
di nuovo con la poppa, fortemente appruato, le eliche che girano all’impazzata
ed i timoni orientati a salire, per poi affondare di prua con l’intero
equipaggio in posizione 32°48’ N e 14°58’ E. Un’ampia chiazza di carburante,
rottami e resti umani marcano la tomba dell’unità britannica. Alle 10.30,
intanto, dopo la manovra eseguita per allontanarsi dal pericolo, il resto del
convoglio ritorna in rotta e formazione.
Alle 11 il convoglio
n. 1 avvista la terra, e rettifica la rotta di conseguenza; mezz’ora dopo viene
raggiunto dalle due torpediniere provenienti da Tripoli, cui l’ammiraglio
Parona ha ordinato di unirsi al convoglio.
Alle 11.25 un altro
sommergibile britannico, il P 34 (tenente
di vascello Peter Robert Helfrich Harrison), facente parte di uno sbarramento
di tre sommergibili, avvista su rilevamento 040° il convoglio formato da Ravello, Unione e Monginevro e
scortato da Pallade, Calliope, Vivaldi, Malocello, Zeno, Strale e Premuda,
che procede su rotta 250°. La Pallade,
che funge da “battistrada” per il convoglio, non rileva la presenza del
sommergibile. Harrison valuta il convoglio come composto da tre moderni
mercantili di 9000 tsl che procedono in linea di fila, scortate da sette
cacciatorpediniere di diversi tipi.
Alle 11.49 (fonti
italiane parlano delle 12.02), in posizione 32°51’ N e 13°58’ E (un’ottantina
di miglia ad est di Tripoli), il P
34 lancia quattro siluri da 4150 metri di distanza, con lancio da
terra verso il largo (benché il convoglio stia ormai seguendo la rotta
costiera): un caccia della scorta aerea avvista e segnala immediatamente,
mitragliandole, le scie dei due siluri, che il convoglio evita con tempestiva
manovra (i due siluri mancano l’Unione
di pochi metri, passandole uno a proravia e l’altro a poppavia).
Nessuna nave è
colpita, e la scorta inizia alle 11.58 un contrattacco nel quale sono lanciate
57 bombe di profondità (da parte del Vivaldi),
alcune delle quali esplodono molto vicine al sommergibile. Il P 34, in ogni caso, riesce ad
allontanarsi.
Nel frattempo, alle
10.30, lo Scirocco, come
stabilito in precedenza, lascia la scorta del convoglio numero 2 e si aggrega
al gruppo «Gorizia», che – essendo ormai il convoglio vicino a Tripoli, e non
presentandosi più rischi di attacchi di navi di superficie – si avvia sulla
rotta di rientro.
Alle 13.30 il
convoglio n. 2, avendo forzato l’andatura, giunge in vista del convoglio n. 1;
quest’ultimo giunge indenne a Tripoli alle 15, ed entro le 16.40 tutte le navi
di entrambi i convogli sono in porto, con un ritardo complessivo di neanche
un’ora rispetto a quanto programmato. Con l’operazione «K. 7» arrivano in Libia
113 carri armati, 575 automezzi con rimorchio, 11.559 tonnellate di materiali
vari, 15.447 tonnellate di carburanti e lubrificanti, 2511 tonnellate di
artiglieria e munizioni e 405 soldati.
27 febbraio 1942
La Pallade e la gemella Circe escono da Tripoli per dare la
caccia al sommergibile britannico Upholder,
che ha silurato ed affondato al largo di Zuara il piroscafo Tembien, con gravissimi perdite umane
(quasi cinquecento uomini, in massima parte prigionieri britannici). Le
torpediniere non colgono successi; in serata Pallade e Circe avvertono
però una violentissima esplosione a non grande distanza, e notano poi una
vastissima chiazza di nafta nei pressi di Marsa Dilo. Ciò sembra indicare che
un sommergibile (non, comunque, l’Upholder)
sia saltato su una delle molte mine presenti in zona, ma non risulta in realtà
alcuna perdita britannica compatibile per data e luogo di scomparsa.
28 febbraio 1942
La Pallade salpa da Tripoli alle 10 per
scortare a Bengasi il piroscafo tedesco Achaia.
Nel pomeriggio la torpediniera lascia la scorta dell’Achaia, che raggiungerà Bengasi il 2 marzo.
9 marzo 1942
La Pallade salpa da Tripoli alle 19.30
scortando, insieme al cacciatorpediniere Antonio
Da Noli (caposcorta), il convoglio
«IOTA», composto dalla sola motonave Monviso.
10 marzo 1942
Alle 9.30, al largo
di Lampione, il convoglio «IOTA» viene attaccato da un sommergibile, ma i
siluri vengono evitati con la manovra, dopo di che la Pallade viene distaccata per dare la caccia al sommergibile.
A Trapani la scorta
viene rinforzata dalla torpediniera Centauro.
11 marzo 1942
Il convoglio «IOTA»
giunge a Palermo alle 2.15.
16 marzo 1942
La Pallade parte da Messina alle 16
insieme ai cacciatorpediniere Ugolino
Vivaldi (caposcorta, capitano di
vascello Ignazio Castrogiovanni), Lanzerotto
Malocello, Emanuele Pessagno e Nicolò Zeno ed alla torpediniera Giuseppe Sirtori (quest’ultima
poi rientrata a Messina), per scortare a Messina la motonave Vettor Pisani. È in corso l’operazione
di traffico «Sirio», che vede in mare
una serie di convogli da e per la Libia (motonavi Gino Allegri e Reginaldo
Giuliani da Tripoli a Palermo con le torpediniere Perseo e Circe; piroscafo Assunta
De Gregori da Palermo a Tripoli con il cacciatorpediniere Premuda e la torpediniera Castore; motonavi Nino Bixio e Monreale da Tripoli a Napoli con la
stessa scorta che ha scortato Pisani e
Reichenfels sulla rotta opposta)
fruenti della protezione a distanza dell’incrociatore leggero Emanuele Filiberto Duca d’Aosta (nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione
Alberto Da Zara) e dei cacciatorpediniere Grecale e Scirocco.
Nello stretto di
Messina Vettor Pisani e
scorta si uniscono ad un secondo gruppo proveniente da Napoli, composto dalla
motonave tedesca Reichenfels scortata
dalla torpediniera Lince (che
lascia quindi la scorta e raggiunge Messina).
Il convoglio così
formato procede verso Tripoli lungo la rotta che passa ad est di Malta, con la
protezione a distanza di Duca
d’Aosta, Scirocco e Grecale. Passato a circa 200 miglia
dall’isola insieme alla forza di protezione, il convoglio punta poi su Tripoli.
Alle 16.37, al largo
di Capo Bruzzano (Calabria, non lontano da Capo Spartivento), il sommergibile
britannico Unbeaten (capitano
di corvetta Edward Arthur Woodward) avvista la Pisani ed uno dei cacciatorpediniere della scorta, a 7 miglia
per 241°. Iniziata la manovra d’attacco, Woodward sovrastima la stazza del
bersaglio (11.000 tsl) e nota le altre due unità della scorta (in questo
momento la Pisani sta
procedendo con la scorta di Sirtori, Vivaldi e Malocello); alle 17.06 lancia quattro siluri da 3660 metri.
L’idrovolante assegnato alla scorta aerea, il CANT Z. 501 n. 4 della 184a Squadriglia,
avvista il siluro, stimandone la distanza di lancio dalle navi in circa 2000
metri, e dà l’allarme, poi sgancia due bombe da 160 kg sul presunto punto in
cui si dovrebbe trovare il sommergibile. La Sirtori spara una salva per dare l’allarme, poi si dirige
verso il sommergibile, gettando quattro bombe di profondità; il Malocello inverte la rotta e
lancia a sua volta 16 bombe di profondità.
Nessuno dei siluri va
a segno, così come è infruttuoso il contrattacco della scorta (l’ultima bomba
di profondità viene gettata alle 18.25).
18 marzo 1942
Il convoglio,
raggiunto in mattinata dalla torpediniera Generale Marcello Prestinari (inviata incontro da
Tripoli), giunge a Tripoli alle 15.15.
Alle 19.30 Pallade, Vivaldi, Malocello, Pessagno e Zeno ripartono da Tripoli per scortare a Napoli le motonavi Nino Bixio e Monreale. Il convoglio segue le rotte
del Canale di Sicilia.
19 marzo 1942
In serata Malocello e Vivaldi lasciano il convoglio,
diretti a Trapani, dove giungono alle 19.
20 marzo 1942
In mattinata anche la
Pallade lascia il convoglio,
dirigendo per Messina, dove arriva alle 7.55. Il resto del convoglio arriverà
regolarmente a Napoli poche ore dopo.
23 marzo 1942
La Pallade esce da Messina in mattinata per
recarsi incontro alla III Divisione Navale (incrociatori pesanti Trento e Gorizia, incrociatore leggero Giovanni
delle Bande Nere), di ritorno
dalla seconda battaglia della Sirte, ma alle 11.15 deve tornare in porto a
causa del mare grosso: il tempo sta rapidamente deteriorando in una vera e
propria tempesta, che investirà in pieno la flotta italiana di ritorno dalla
battaglia, facendo affondare i cacciatorpediniere Lanciere e Scirocco.
24 marzo 1942
Calmatasi, almeno in
parte, la tempesta, la Pallade ed il
cacciatorpediniere Folgore (capitano
di corvetta Renato D’Elia, capo sezione) salpano da Messina alle 6.35 e
vengono inviati dal Comando Militare Marittimo della Sicilia (in base ad ordini
emanati da Supermarina), alla ricerca di sopravvissuti di Lanciere e Scirocco. Gli ordini prevedono di
raggiungere il punto 36°24’ N e 16°02’ E (a 46 miglia per 111° da
Capo Passero), posizione stimata di massima deriva possibile dello Scirocco, del quale non si hanno più
notizie da un giorno. Pallade e Folgore giungono in tale punto alle
15, dopo di che intraprendono le ricerche procedendo in linea di fronte,
distanziati di qualche chilometro, lungo la direttrice 115°. Dopo 50
miglia, le due navi si spostano cinque miglia più a nord ed invertono la rotta,
proseguendo le ricerche su rotta parallela ed opposta alla precedente fino alle
19.30 circa. A questo punto Marina Messina ordina loro di tornare ad Augusta.
Durante tutto il pomeriggio, non hanno avvistato niente.
Frattanto, però,
prende improvvisamente a soffiare un violento vento da nord, ed il mare cresce
rapidamente in eguale misura: alle 20.15 Pallade e Folgore sono
obbligate a mettere la prua al mare e ridurre via via la velocità, sino ad
appena 6 nodi. Si è scatenata una burrasca da nord, fenomeno che in
Mediterraneo non di rado fa seguito al cadere delle tempeste di scirocco. Alle
20.30 iniziano a verificarsi delle avarie su entrambe le navi, e poco dopo
mezzanotte, mentre le avarie aumentano, Pallade
e Folgore si perdono di vista.
25 marzo 1942
Alle 6.50, dopo una
nottata difficile, Pallade e Folgore riescono a rimettersi in
contatto radio, ma senza riuscire a comunicare; alle 13.50 la Pallade raggiunge finalmente Messina, oltre
tre ore e mezza dopo il Folgore.
Nessun naufrago è stato salvato dalle due unità; altri mezzi salveranno in
tutto solo 17 uomini, su 478 imbarcati su Lanciere e Scirocco.
1° aprile 1942
La Pallade partecipa, insieme alle gemelle Libra e Centauro, al cacciatorpediniere Aviere,
al piccolo incrociatore ausiliario Lago
Tana ed alla nave soccorso Capri,
al salvataggio dei naufraghi dell’incrociatore leggero Giovanni delle Bande Nere,
silurato e affondato dal sommergibile britannico Urge undici miglia a sudest di Stromboli. In tutto vengono tratti
in salvo 391 sopravvissuti, mentre le vittime sono 381.
2 aprile 1942
A mezzanotte la Pallade sostituisce la gemella Cigno nella scorta alle motonavi Unione e Lerici, partite alle 12.50 da Taranto (con la scorta, oltre che
della Cigno, dei
cacciatorpediniere Euro, Da Noli e Pigafetta, quest’ultimo col ruolo di caposcorta) e dirette a
Tripoli nell’ambito dell’operazione «Lupo».
3 aprile 1942
Alle otto del
mattino, una sessantina di miglia ad est di Capo Murro di Porco, il convoglio
che comprende la Pallade si
unisce – come prestabilito – ad un secondo proveniente da Taranto e composto
dalle motonavi Nino Bixio e Monviso, scortate dai
cacciatorpediniere Emanuele Pessagno e Folgore e dalla torpediniera Centauro. Si forma così un unico
convoglio, che imbocca una rotta che passa a 110 miglia da Malta per
raggiungere Tripoli.
Al tramonto si
aggregano al convoglio anche le motonavi Gino Allegri e Monreale,
provenienti da Augusta con la scorta dei cacciatorpediniere Freccia e Nicolò Zeno.
4 aprile 1942
Il convoglio viene
avvistato da ricognitori britannici e sottoposto a diversi attacchi aerei, ma
non subisce alcun danno e giunge a Tripoli tra le 9 e le 10.30, portando a
destinazione un prezioso carico di 14.955 tonnellate di munizioni e materiali
vari, 6190 tonnellate di carburante, 769 tra automezzi e rimorchi, 82 carri
armati e 327 militari.
La Pallade nel 1942 (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
6 aprile 1942
La Pallade salpa da Tripoli alle 19 per
scortare a Bengasi il piroscafo Gala
e la motonave Rosa.
7 aprile 1942
Alle 12.25 il
sommergibile britannico Thrasher
(tenente di vascello Hugh Stirling Mackenzie) avvista il convoglio –
correttamente identificato come composto da una torpediniera classe Spica e due
piccoli mercantili – in posizione 32°22’ N e 15° 23’ E, ad otto miglia di
distanza su rilevamento 275°. Il battello britannico tenta di avvicinarsi, ma
non riesce a serrare le distanze a meno di 7315 metri, così Mackenzie decide di
rimandare l’intercettazione alla notte successiva. Emerso alle 19.53, il Thrasher si mette all’inseguimento
del convoglio, navigando in superficie per tutta la notte.
8 aprile 1942
Alle 8.27 il Thrasher torna ad immergersi, ma durante
il resto della giornata non riesce a ritrovare il convoglio, che intanto
prosegue ignaro per la sua rotta. Alle 19.50, calato il buio, il sommergibile
emerge di nuovo.
9 aprile 1942
Alle 3.51 il Thrasher avvista nuovamente il convoglio
italiano, in posizione 31°52’ N e 19°33’ E. Mackenzie fa aumentare la velocità
e modificare la rotta per portarsi a proravia delle navi italiane, ed alle 5.04
si immerge per completare l’attacco in immersione, identificando le navi
avvistate, in questo frangente, come le stesse di due giorni prima. Alle 5.35
il Thrasher lancia tre
siluri da 1830 metri, mirando al mercantile di testa – il Gala –, valutato in circa 1500 tsl.
Alle 5.40 il Gala viene colpito a prora dritta da un
siluro ed affonda in pochi minuti, 22 miglia a sudovest di Bengasi (in
posizione 31°49’ N e 19°42’ E), in seguito allo scoppio delle caldaie. Alle
5.37, dopo aver visto che uno dei siluri ha colpito il bersaglio a proravia
della plancia, Mackenzie ne fa lanciare altri tre contro il mercantile di coda,
il Rosa, stavolta senza successo (il
primo siluro, difettoso, affiora subito in superficie), poi scende a 24 metri
di profondità alle 5.40 e si ritira verso sudovest. Mentre il Rosa prosegue a tutta forza verso
Bengasi, la Pallade recupera i
naufraghi del Gala (vi sono 21
vittime) e poi riprende a sua volta la navigazione: da parte italiana si
ritiene, erroneamente, che il piroscafo abbia urtato una mina, per cui non c’è
alcun contrattacco, né ricerca del sommergibile attaccante. Il Thrasher tornaa quota periscopica alle 6
e vede che il mercantile silurato è scomparso, mentre l’altro si sta
allontanando a tutta velocità verso Bengasi e la torpediniera (la Pallade) sta recuperando superstiti
della nave affondata; alle 6.35, secondo Mackenzie, la Pallade sta ispezionando l’area dell’attacco, con l’aiuto di un
peschereccio o unità di pattugliamento giunta sul posto, mentre un idrovolante
vola in cerchio nel cielo. Di conseguenza, il Thrasher torna a 24 metri e riprende ad allontanarsi verso
sudovest.
Pallade e Rosa arrivano a
Bengasi alle 11.
11 aprile 1942
La Pallade riparte da Bengasi alle 22.30
per scortare la Rosa a Tripoli.
13 aprile 1942
Pallade e Rosa arrivano a
Buerat alle 6.40 e vi sostano per cinque giorni.
18 aprile 1942
Pallade e Rosa ripartono da
Buerat alle 8.
19 aprile 1942
Pallade e Rosa arrivano a
Tripoli alle 9.
22 aprile 1942
Alle 11 la Pallade salpa da Tripoli per scortare a
Bengasi il piroscafetto Alato.
23 aprile 1942
In mattinata la Pallade lascia la scorta dell’Alato, che arriverà a Bengasi alle 9.30
del 25. La torpediniera, invece, va a rinforzare la scorta del convoglio «K»
(partito da Tripoli alle 21 del 22 aprile, diretto a Napoli e formato dalle
motonavi Vettor Pisani e Ravello, con la scorta iniziale della
sola torpediniera Centauro), cui alle
17 si uniscono anche i cacciatorpediniere Antonio Pigafetta (che
diviene caposcorta) e Nicolò Zeno, distaccati dalla scorta del
convoglio «C» in navigazione su rotta opposta. Il convoglio «K» subisce
attacchi di bombardieri ed aerosiluranti, ma nessuna nave è colpita.
24 aprile 1942
Il convoglio «K»
arriva a Napoli alle 11.30.
La Pallade viene poi inviata ad assumere la
scorta del piroscafo Regulus, partito
da Lampedusa (dov’è giunto da Palermo) per Tripoli alle 20 del 25 (?) aprile.
28 aprile 1942
Il Regulus raggiunge Tripoli alle 17.15. La
Pallade dovrebbe però averne lasciato
la scorta prima (vedi sotto).
27 aprile 1942
La Pallade riparte da Tripoli alle 13,
facendo parte della scorta del convoglio «Italia» diretto a Napoli: lo
compongono le motonavi Reginaldo Giuliani e Reichenfels (tedesca) e lo scortano
la Pallade, la Centauro ed il cacciatorpediniere Folgore (caposcorta).
29 aprile 1942
Alle 9.37, in
posizione 35°57’ N e 11°55’ E, il convoglio viene attaccato – o almeno così si
ritiene – da un sommergibile, contro il quale la Centauro lancia sei bombe di profondità; si unisce alla caccia
anche la torpediniera Castore.
Alle 15.41, in
posizione 35°12’ N e 12°20’ E, si verifica un altro presunto attacco di
sommergibile; è di nuovo la Centauro
ad attaccare, con il lancio di 6 pacchetti di bombe di profondità. Questa volta
vengono anche a galla alcuni rottami, che vengono recuperati, inducendo a
ritenere di aver affondato l’attaccante. In realtà, tuttavia, dall’esame della
documentazione postbellica non risulta che nessun sommergibile nemico si
trovasse nelle vicinanze del convoglio durante questo attacco o quello
precedente: appare dunque probabile che i due “attacchi” fossero in realtà
illusori, frutto di apprezzamenti errati (per esempio, scie di cetacei
scambiate per scie di siluri, una evenienza abbastanza frequente in tempo di
guerra). Un esame dei rottami recuperati dalla Centauro rivelerà infatti che sono di origine tedesca; probabilmente
la torpediniera aveva localizzato e bombardato, credendolo un sommergibile, il
relitto di una nave tedesca affondata qualche tempo prima.
Qualche ora dopo, al
largo di Pantelleria, il convoglio «Italia» incontra il convoglio «Genova»,
diretto da Palermo a Tripoli con la nave cisterna Saturno ed il piroscafo San Luigi scortati dalle torpediniere Cigno (caposcorta), Castore e Lince: qui, come previsto, avviene un parziale scambio di scorte;
la Centauro e il Folgore passano al convoglio
«Genova» (del quale il Folgore diviene
caposcorta), mentre Cigno e Lince passano al convoglio
«Italia», col quale la Pallade è così
l’unica nave rimasta della scorta originaria.
La Giuliani giunge a Napoli alle
22.40.
30 aprile 1942
Il Reichenfels arriva a Napoli alle
17.
10 maggio 1942
La Pallade parte da Napoli alle 17.15
insieme alla gemella Polluce ed
ai cacciatorpediniere Nicoloso Da
Recco (caposcorta, capitano di vascello Aldo Cocchia) e Premuda, scortando le motonavi Agostino Bertani, Gino Allegri, Reginaldo Giuliani e Reichenfels (tedesca):
si tratta del convoglio «G», uno dei tre in mare per l’operazione di traffico
«Mira», consistente nell’invio a Tripoli di sei grandi e moderne motonavi
cariche di rifornimenti, suddivise in tre convogli. Per la prima volta, per
maggior protezione ed a titolo sperimentale, la scorta sarà interamente
costituita da siluranti dotate di ecogoniometro.
11 maggio 1942
Alle 3.30 la Giuliani è colta da un’avaria al
timone e dev’essere mandata a Palermo con la scorta del Premuda.
All’alba il convoglio
«G» si congiunge con gli altri due convogli di «Mira», l’«X» (motonave Unione e torpediniera Climene, partite da Messina) e l’«H»
(motonave Ravello e
torpediniera Castore, partite da
Napoli), costituendo un unico convoglio sotto il comando del capitano di
vascello Aldo Cocchia sul Da Recco.
Il convoglio imbocca la rotta di ponente per giungere a Tripoli.
12 maggio 1942
Alle 00.05 il
convoglio viene raggiunto dalla torpediniera Generale Marcello Prestinari, inviata da Tripoli per pilotarlo
sulle rotte di sicurezza.
Tutte le navi,
nonostante attacchi aerei e subacquei nemici nel Canale di Sicilia, arrivano a
Tripoli in mattinata (tra le 6.40 e le 9.45) con uno dei più grandi carichi mai
portati in Libia da un singolo convoglio: 58 carri armati, 713 automezzi, 3086
tonnellate di carburanti e lubrificanti, 17.505 tonnellate di munizioni ed
altri materiali e 513 uomini.
13 maggio 1942
La Pallade (caposcorta) parte da Tripoli
alle 9.30 per scortare a Bengasi, unitamente alle motosiluranti tedesche S 9 e S 12, il piroscafo italiano Tripolino,
il piroscafo tedesco Savona ed il
rimorchiatore/dragamine ausiliario R 24
Priamar.
15 maggio 1942
Pallade, Savona e Tripolino arrivano a Bengasi alle 11.30,
mentre Priamar, S 9 e S 12 sostano a
Buerat ed a Sirte tra il 15 ed il 17 marzo, per poi raggiungere Bengasi il 19.
16 maggio 1942
La Pallade riparte da Bengasi alle 19.30,
per scortare a Tripoli la motocisterna italiana Ennio ed il piroscafo tedesco Sturla.
19 maggio 1942
Il convoglietto
arriva a Tripoli alle 9.45.
25 maggio 1942
La Pallade esce da Tripoli alle 4.20 e
raggiunge il piroscafo Regulus,
proveniente da Bengasi con la scorta dei cacciasommergibili ausiliari AS 7 Cotugno e AS 89 Nicolò Padre, assumendone la scorta.
27 maggio 1942
Pallade, Regulus e cacciasommergibili
arrivano a Tripoli alle 6.40.
30 maggio 1942
La Pallade salpa da Tripoli alle 18 per
scortare a Bengasi i piroscafi Sant’Antonio
e Regulus.
2 giugno 1942
Il convoglietto
raggiunge Bengasi alle 9.30.
3 giugno 1942
La Pallade salpa da Bengasi alle 6.15 per
andare a rinforzare la scorta (cacciatorpediniere Freccia, torpediniere Partenope e Pegaso) della motonave Reginaldo Giuliani, partita da Taranto per Bengasi alle 22.45 del giorno
precedente.
4 giugno 1942
Nella notte tra il 3
ed il 4 giugno il convoglio viene localizzato da ricognitori decollati dalla
Cirenaica ed illuminato dallo sgancio di numerosi bengala, cui segue una serie
di attacchi di aerosiluranti isolati, che si protraggono per più di due ore.
Alle 4.52 (o 4.53; per altra versione, probabilmente erronea, alle 5.30) del 4
giugno, a 125-130 miglia per 20° da Bengasi (cioè a nord di tale porto), un
aerosilurante riesce a portarsi molto vicino prima di sganciare, e la Giuliani viene colpita a poppa
sinistra dal suo siluro, rimanendo immobilizzata con gravi danni. Il Freccia, dopo diversi tentativi, riesce
prendere a rimorchio la motonave nel tentativo di portarla in salvo a Bengasi.
Durante il rimorchio
le paratie della Giuliani cedono
alla pressione dell’acqua, permettendo al mare di allagare progressivamente
tutti i compartimenti ed impedendo di proseguire nel rimorchio. Da Bengasi
viene inviato il rimorchiatore tedesco Max
Barendt che cerca a sua volta di prenderla a rimorchio, ma senza
successo; i 225 uomini imbarcati devono essere trasferiti sulle unità della
scorta.
5 giugno 1942
Siccome la motonave
risulta ormai irrecuperabile (non è possibile prenderla a rimorchio, e Bengasi
dista 130 miglia), ma al contempo affonda troppo lentamente, giunge da Marina
Bengasi l’ordine di darle il colpo di grazia e poi raggiungere Bengasi; è
la Partenope ad assumersi
il mesto incarico, affondandola alle 6.30 del 5 giugno.
Non avendo più nulla
da fare, le unità della scorta raggiungono Bengasi, dove sbarcano i
225 naufraghi.
9 giugno 1942
La Pallade ed i cacciatorpediniere Euro e Freccia (caposcorta) lasciano Bengasi per Taranto alle 5.30,
scortando la motonave Monviso,
che ha a bordo circa 200 prigionieri.
10 giugno 1942
A seguito della
segnalazione dell’avvistamento di un sommergibile nemico, il convoglio viene
fatto entrare a Gallipoli alle 20.45, sostandovi per alcune ore.
11 giugno 1942
Alle due di notte le
navi lasciano Gallipoli per riprendere il viaggio verso Taranto, dove arrivano
alle 9.30.
10 luglio 1942
La Pallade parte da Argostoli alle 3.50, insieme
alla torpediniera Orsa (caposcorta),
per scortare a Bengasi il convoglio «N», composto dalla sola motonave Apuania, proveniente da Napoli.
Alle 10 il convoglio
«N» si congiunge al convoglio «S» (a sua volta frutto della riunione dei
convogli «L» ed «O», partiti il primo da Patrasso ed il secondo da Gallipoli),
formato dalle motonavi Unione, Lerici e Ravello scortate dai cacciatorpediniere Freccia (caposcorta, capitano di fregata Alvise Minio Paluello), Folgore e Lampo e dalle torpediniere Partenope, Polluce e Calliope.
Alle 18 il
cacciatorpediniere Saetta raggiunge
il convoglio per poi separarsene di nuovo dopo un’ora e mezza, seguito però
da Lerici e Polluce; le tre navi fanno rotta per
Suda.
11 luglio 1942
Unione, Apuania e Ravello giungono a Bengasi alle 7.40.
Le navi della scorta
non entrano in porto, perché devono assumere la scorta di un altro convoglio in
uscita: alle 17, infatti, Pallade,
Freccia (caposcorta), Folgore, Lampo, Orsa e Calliope assumono la scorta del
convoglio «Y», formato dalle motonavi Nino
Bixio e Monviso dirette
a Brindisi.
13 luglio 1942
Il convoglio arriva a
Brindisi alle 13.50.
21 luglio 1942
La Pallade, la gemella Circe ed il cacciatorpediniere Grecale
(caposcorta) partono da Suda per Bengasi alle 11, scortando il piroscafo tedesco
Wachtfels, proveniente da Napoli.
22 luglio 1942
Raggiunto anche dalla
torpediniera Clio, recataglisi
incontro per rinforzarne la scorta, il convoglio raggiunge Bengasi alle 12.30.
Alle 15 Pallade, Polluce e Grecale
(caposcorta) ripartono da Bengasi per scortare a Taranto la motonave Ravello.
24 luglio 1942
Il convoglietto
giunge a Taranto alle 14.20.
27 luglio 1942
Lascia Bari alle 20
insieme alla Polluce ed
al cacciatorpediniere Premuda (caposcorta),
nonché all’incrociatore ausiliario Brindisi,
per scortare a Bengasi (via Patrasso) il trasporto truppe Italia, avente a bordo 1098 militari e
315 tonnellate di rifornimenti.
29 luglio 1942
Il convoglio giunge a
Patrasso a mezzogiorno.
31 luglio 1942
Il convoglio, senza
più il Brindisi, lascia Patrasso
alle sette; passa nel canale di Corinto alle 17.
2 agosto 1942
Il convoglio arriva a
Bengasi alle 10.30. Già alle 15 Italia, Pallade, Polluce e Premuda ne
ripartono insieme alla motonave Manfredo
Camperio; il convoglio si riunisce alle 19.45 ed il Premuda ne diviene caposcorta.
4 agosto 1942
Le navi arrivano al
Pireo alle 18.30.
La Pallade ormeggiata di poppa al Pireo nell’agosto 1942 (g.c. Stefano Cioglia) |
8 agosto 1942
Pallade e Premuda scortano dal
Pireo a Suda il piroscafo Italia;
poi, alle 16, la Pallade (caposcorta)
e la gemella Sagittario salpano da
Suda per Bengasi scortando il piroscafo tedesco Santa Fe.
10 agosto 1942
Pallade, Sagittario e Santa Fe arrivano a Bengasi alle 10.
14 agosto 1942
Pallade e Sagittario lasciano
Bengasi alle 19 per scortare al Pireo il piroscafo tedesco Menes. Poco dopo aver lasciato il porto, il convoglietto viene
infruttuosamente attaccato da un sommergibile.
16 agosto 1942
Pallade, Sagittario e Menes arrivano a Suda alle 11. Da qui il
Menes proseguirà con la scorta del
cacciatorpediniere Giovanni Da Verrazzano.
23 agosto 1942
Assume il comando
della Pallade il tenente di vascello
Filippo Ferrari Aggradi (29 anni, da La Maddalena).
6 settembre 1942
La Pallade salpa da Taranto alle due
di notte, insieme ai cacciatorpediniere Freccia, Bombardiere, Fuciliere, Geniere, Corsaro e Camicia Nera, scortando il convoglio
«N», formato dalle motonavi Luciano
Manara e Ravello, con
destinazione Bengasi.
Alle 10.40, al largo
di Capo Santa Maria di Leuca, il convoglio «N» si unisce al convoglio «P»,
proveniente da Brindisi (motonavi Ankara e Sestriere, scortate dai cacciatorpediniere Aviere, Lampo e Legionario e
dalle torpediniere Partenope e Pegaso), formando un unico convoglio
denominato «Lambda», che fruisce anche di nutrita scorta aerea da parte di
velivoli italiani e tedeschi. Caposcorta è il capitano di vascello Ignazio
Castrogiovanni, dell’Aviere.
In base alle
disposizioni impartite, il convoglio naviga lungo la costa della Grecia; verso
le 15.30, al largo di Corfù, si verifica un attacco di aerosiluranti decollati
da Malta. Quattro degli aerei vengono abbattuti dalle navi della scorta, ma
alle 15.40 la Manara viene
colpita a poppa da un siluro; presa a rimorchio dal Freccia (capitano di fregata Minio Paluello), può essere
portata all’incaglio nella baia di Arilla (Corfù). Il resto del convoglio
prosegue; al tramonto si scinde nuovamente nei due gruppi originari (meno Freccia e Manara) che navigano separati per tutta la notte, pur seguendo
entrambi la medesima rotta lungo la costa ellenica.
7 settembre 1942
All’alba i due gruppi
si riuniscono di nuovo, assumendo una formazione con le motonavi disposte a
triangolo (Ravello a
dritta, Ankara a
sinistra, Sestriere di
poppa) e le navi scorta disposte tutt’intorno, oltre alla scorta aerea di 7
Junkers Ju 88 tedeschi, 5 caccia italiani Macchi Mc 200 ed un idrovolante CANT
Z. 506.
Alle 8.35 il
sommergibile britannico P 34 (tenente
di vascello Peter Robert Helfrich Harrison), preavvisato del prossimo arrivo
del convoglio, avvista su rilevamento 305° le alberature ed i fumaioli delle
navi italiane. Iniziata la manovra d’attacco alle 8.40, il P 34 lancia quattro siluri alle
9.21, da 6400 metri, in posizione 36°17’ N e 21°03’ E (45 miglia a sudovest
dell’isola greca di Schiza); Sestriere e Ravello, avvistati i siluri, li evitano
con la manovra. Il Lampo (capitano
di corvetta Antonio Cuzzaniti) viene temporaneamente distaccato per dargli la
caccia, lanciando bombe di profondità a scopo intimidatorio, per poi riunirsi
al convoglio; anche l’Aviere, che ha
avvistato le scie dei siluri, effettua un attacco con bombe di profondità. Il contrattacco
contro il P 34 si protrae dalle
9.36 alle 13 circa (con una pausa di circa un’ora), con il lancio in tutto di
83 bombe di profondità; gli scoppi delle bombe, oltre ad indurre il
sommergibile a restare immerso in profondità per tutto il pomeriggio, arrecano
seri danni al suo motore di sinistra (quando si cerca di metterlo in moto,
scoppia un incendio), costringendolo ad interrompere la missione e rientrare a
Malta per le riparazioni.
Per tutta la giornata
del 7, e nella notte successiva, le navi vengono ripetutamente attaccate da
bombardieri (di giorno si tratta di Consolidated B-24 “Liberator” statunitensi)
ed aerosiluranti.
Alle 19.40 il
convoglio «Lambda» si scinde nuovamente in due gruppi: Pallade, Pegaso, Camicia Nera, Aviere, Corsaro, Legionario, Ravello e Sestriere fanno rotta per Bengasi, mentre Geniere, Lampo, Ankara e Partenope dirigono per Tobruk. (Secondo una fonte, più o meno
a quest’ora la Sestriere sarebbe
stata mancata a poppa da due siluri, ad ovest di Creta).
8 settembre 1942
La Pallade e le altre navi del suo
gruppo entrano a Bengasi alle 11.
9 settembre 1942
La Pallade ed il cacciatorpediniere Lampo (caposcorta) salpano da Bengasi
alle 18 per scortare al Pireo il piroscafo Petrarca.
11 settembre 1942
Pallade, Lampo e Petrarca raggiungono il Pireo alle
22.30.
18 settembre 1942
La Pallade salpa da Taranto alle
18.50, scortando, insieme al cacciatorpediniere Antonio Da Noli ed alle
torpediniere Centauro e Ciclone, la motonave Monginevro diretta a Bengasi
(carica di 650 tonnellate di munizioni, 2354 di benzina e lubrificanti, 162
autoveicoli e tre carri armati, oltre a 82 militari di passaggio).
19 settembre 1942
Alle sette il
convoglio cui appartiene la Pallade si
unisce ad un altro, proveniente da Brindisi, composto dalla motonave Apuania con la scorta dei
cacciatorpediniere Freccia (capitano
di fregata Alvise Minio Paluello, che diviene caposcorta del convoglio unico)
e Nicolò Zeno e della torpediniera Calliope. Il convoglio segue le rotte costiere della Grecia
Occidentale.
20 settembre 1942
Dopo aver superato
indenne degli attacchi di bombardieri durante la notte, all’alba il convoglio
viene attaccato anche dal sommergibile Taku,
che lancia una salva di siluri contro le motonavi; le armi vengono però evitate
con la manovra.
Alle 17 il convoglio
raggiunge indenne Bengasi.
Subito dopo Pallade, Centauro, Zeno, Freccia (caposcorta) e Da Noli lasciano Bengasi – alle 17 – per
scortare a Patrasso (e poi a Brindisi) la motonave scarica Sestriere.
21 settembre 1942
La Centauro lascia la scorta e dirige
per Suda, dove giunge alle 20.15.
22 settembre 1942
Il resto del
convoglio, compresa la Pallade,
arriva a Patrasso alle 7.10.
30 ottobre 1942
La Pallade rileva la gemella Lince, alle 13, nella scorta dei
piroscafi Giuseppe Leva e Zenobia Martini, provenienti da Trapani (da dove sono partiti alle 13.20
del 27 ottobre) e diretti a Tripoli.
31 ottobre 1942
Pallade, Martini e Leva arrivano a Tripoli alle 13.40.
18 novembre 1942
La Pallade salpa da Biserta a mezzogiorno
scortando la piccola motocisterna Labor,
diretta a Palermo. Il mare burrascoso costringe però le due navi a sostare a
Tunisi; quando la Labor riparte
successivamente per Palermo, ne assume la scorta, al posto della Pallade, la Climene.
21 novembre 1942
La Pallade salpa da Tunisi e si unisce al
cacciatorpediniere Freccia
(caposcorta) nella scorta al piroscafo tedesco Menes, partito da Biserta alle 19.20 e diretto a Napoli.
23 novembre 1942
Pallade, Freccia e Menes arrivano a Napoli alle 7.
30 novembre 1942
La Pallade parte da Napoli alle 14.30 per
scortare in Tunisia, insieme alle torpediniere Sirio (caposcorta), Groppo ed Orione, il convoglio «B», formato dai
piroscafi Arlesiana, Achille Lauro, Campania, Menes e Lisboa (i primi tre italiani, gli ultimi
due tedeschi). Il convoglio procede a sette nodi.
1° dicembre 1942
Alle 7.10 la
torpediniera di scorta Uragano si
aggrega alla scorta del convoglio «B». Alle 14.40 il convoglio viene avvistato
da ricognitori britannici, che da quel momento in poi lo tengono sotto
sorveglianza (il segnale di scoperta intercettato da Supermarina, che, come fa
abitualmente con tutti i segnali di questo tipo, dopo averlo decrittato lo
ritrasmette all’aria, per allertare il convoglio).
Alle 17.30 esce da
Bona, in Algeria, la Forza Q britannica (incrociatori leggeri Aurora, Sirius ed Argonaut,
cacciatorpediniere Quiberon e Quentin), a caccia di convogli italiani.
Supermarina ha contezza dei movimenti nemici già il 30 novembre, quanto
intercetta un segnale di un ricognitore nemico che, alle 23 di quel giorno, ha
comunicato di aver avvistato due convogli a sudovest di Napoli: si tratta del
«B» e del «C», diretto invece a Tripoli (secondo una fonte, l’invio dell’Uragano in rinforzo alla scorta sarebbe
stato deciso proprio in seguito alla notizia della presenza a Bona di navi di
superficie britanniche). Al contempo (sera del 30) Supermarina ha appreso che
forze leggere di superficie nemiche si trovano a Bona, e – dato che, viaggiando
a 30 nodi, la Forza Q potrebbe raggiungere in sei ore i convogli «B» e «H»
(altro convoglio diretto in Tunisia) – ha chiesto una ricognizione su tale
porto al tramonto del 1° dicembre. Tuttavia, l’aereo tedesco inviato a compiere
la ricognizione e l’aereo italiano che lo accompagna non fanno ritorno.
A motivo di ciò, alle
19.35 del 1° dicembre, per ordine di Supermarina, la scorta del convoglio «B» viene
rinforzata con l’arrivo della X Squadriglia Cacciatorpediniere, con i
cacciatorpediniere Maestrale
(caposquadriglia, capitano di vascello Nicola Bedeschi), Ascari e Grecale.
Alle 23.30 Supermarina
viene informata da Superaereo che un altro aereo tedesco ha avvistato cinque
navi da guerra britanniche di medio tonnellaggio al largo delle coste algerine,
con rotta 90°; dieci minuti dopo Supermarina lancia il segnale di scoperta.
La notizia che la Forza
Q è uscita da Bona, tuttavia, induce Supermarina a disporre che il convoglio
«B», ritenuto il più rischio d’intercettazione (viaggiando a 30 nodi, la Forza
Q potrebbe raggiungere il convoglio in sei ore), venga infine dirottato su
Palermo.
Un altro convoglio,
l’«H», fatto proseguire, verrà distrutto nella notte seguente dalla Forza Q,
con gravissime perdite, nello scontro divenuto noto come del banco di Skerki:
le navi del convoglio «B» vedono esse stesse, durante la serata e la notte (a
partire dalle 20.15), molti bengala accendersi nella direzione in cui si trova
il convoglio «H» (verso proravia sinistra), così che alle 22.30 il caposcorta
ordina alle navi di accostare verso est per non avvicinarsi troppo all’altro
convoglio, che appare sotto attacco. Successivamente il convoglio «B» accosta
per 150°.
Distintivo della Pallade (g.c. Giorgio Micoli) |
2 dicembre 1942
All’una di notte il
comandante del Maestrale ordina
di fare rotta su Palermo, accostando a sinistra per rotta 80°, essendo ormai
evidente che il convoglio «H» è sotto attacco da parte di una formazione
navale.
Alle 7.06 il
convoglio «B» riceve ordine di dirigere per Trapani, dove giunge alle 10.50.
Le navi ripartiranno
poi in due gruppi (il Lisboa alle
12.20 del 5, preceduto dagli altri quattro mercantili alle 19 del 2) e
giungeranno tutte a destinazione (Campania a
Biserta alle 15.45 del 3, Arlesiana ed Achille Lauro a Tunisi alle 18.45
del 3, Lisboa a Susa alle
16 del 6), ad eccezione del Menes,
affondato su mine alle 14.15 del 3, al largo dell’Isola dei Cani, senza vittime
tra l’equipaggio.
7 dicembre 1942
La Pallade parte da Palermo alle due di
notte per scortare a Biserta la motonave Calino.
Le due navi giungono a destinazione alle 15.15.
9 dicembre 1942
La Pallade lascia Tunisi alle 10 per
scortare a Napoli la motonave tedesca Ankara.
10 dicembre 1942
Pallade ed Ankara arrivano a
Napoli alle 10.10.
Dicembre 1942
Secondo il Dizionario Biografico Uomini della Marina
1861-1946, nel dicembre 1942 avrebbe assunto il comando della Pallade e della relativa squadriglia il
capitano di vascello (grado invero insolito per il comando di una torpediniera,
anche caposquadriglia) Corrado Tagliamonte, tenendolo fino al 31 agosto 1943.
Dai volumi dell’U.S.M.M. relativi alla difesa del traffico con l’Africa
Settentrionale, tuttavia, risulta che la Pallade
fu comandata dal tenente di vascello Filippo Ferrari Aggradi almeno fino al
febbraio 1943, e che nell’aprile successivo ne era comandante il capitano di
corvetta Antonio Giungi; sembra dunque verosimile che il Dizionario Biografico
sia in errore a questo riguardo.
27 dicembre 1942
Alle 11.30 la Pallade (tenente di vascello Filippo
Ferrari Aggradi) salpa da Napoli per scortare a Biserta la motonave tedesca Gran.
28 dicembre 1942
Poco dopo mezzanotte,
al largo di Ustica, si aggrega alla scorta il cacciatorpediniere Lampo (capitano di corvetta Loris
Albanese), proveniente da Palermo, che assume il ruolo di caposcorta.
Alle 5.55, una
dozzina di miglia a nord di Marettimo, il Lampo
rileva all’ecogoniometro un sommergibile nemico che si trova sulla sinistra del
convoglio, ed ordina di accostare subito a dritta. La Gran, però, non esegue l’ordine, nonostante l’eccellente visibilità
(la luna è allo zenit) renda impossibile non accorgersi del fatto che le due
navi da guerra stanno accostando: la Pallade
spara allora un colpo di cannone per richiamare l’attenzione del comandante
della Gran, ma la nave tedesca
continua a procedere lungo la precedente rotta. Si saprà poi che il comandante
della Gran era alla sua prima
missione in Mediterraneo ed inesperto in materia di navigazione in convoglio.
Inesperienza fatale: il sommergibile rilevato dall’ecogoniometro del Lampo è il britannico Ursula (tenente di vascello Richard
Barklie Lakin), che ha avvistato il convoglio alle 5.30, in posizione 38°09’ N
e 11°51’ E, ad una distanza di 9150 metri, e che dopo essersi avvicinato ed
essersi immerso alle 5.42 sta ora per attaccare. Pochi minuti dopo (fonti
britanniche parlano delle 5.53, con leggera discrepanza rispetto a quelle
italiane, che parlano delle 6), nel punto 38°09’ N e 11°54’ E, l’Ursula lancia tre siluri contro la Gran (della quale stima la stazza in
6000 tsl), da una distanza di appena 685 metri. Colpita in pieno, la motonave
tedesca esplode, affondando rapidamente dodici miglia a nord/nordovest di
Marettimo.
Pallade e Lampo danno la
caccia al sommergibile attaccante (che dopo il lancio è sceso a 45 metri ed ha
iniziato ad allontanarsi: i primi scoppi di bombe di profondità vengono
avvertiti alle 6.06) per due ore, senza successo, dopo di che recuperano i
naufraghi della Gran – diciotto, su
40 uomini che si trovavano a bordo della motonave – e raggiungono Biserta. Da
qui ripartono alle 16 scortando la motonave Caterina
Costa, diretta a Palermo. Pallade
e Lampo la scortano però soltanto
fino a Tunisi, dove vengono sostituiti dai cacciatorpediniere Bersagliere (caposcorta) e Mitragliere.
30 dicembre 1942
Alle due di
notte la Pallade parte da
Palermo, insieme ai cacciatorpediniere Maestrale
(caposcorta), Lampo e Corsaro ed alla gemella Sirio, scortando le motonavi Mario Roselli, Manzoni ed
Alfredo Oriani, dirette a Biserta.
Alle 5.04 il
sommergibile britannico Ursula (tenente
di vascello Richard Barklie Lakin), a circa 12 miglia per 360° da Capo San Vito
siculo (nel punto approssimato 38°43’ N e 12°40’ E, dove si è appena spostato
su ordine del comando flottiglia di Malta), avvista il convoglio italiano che
procede a 15 nodi su rotta 240°, a 8200 metri di distanza. Alle 5.09 l’Ursula s’immerge e si avvicina alla
massima velocità per attaccare il mercantile di testa (che sembra il più
grande), immergendosi a quota leggermente maggiore alle 5.13 perché il
cacciatorpediniere di testa gli passa vicino, salvo poi tornare a quota
periscopica alle 5.15 per trovare che il convoglio ha zigzagato di 35° verso l’Ursula stesso. Alle 5.20 la motonave di
testa è a soli 550 metri dall’Ursula –
che ha già superato lo schermo dei cacciatorpediniere e sta per lanciare i
siluri – e continua ad avvicinarsi; il sommergibile tenta di scendere più in
profondità per evitare la collisione, ma rimane per oltre un minuto a 7,6 metri
di profondità e viene così speronato, alle 5.22, quando si trova a soli 8,8
metri di profondità. La collisione danneggia la torretta e le camicie dei
periscopi dell’Ursula (i
periscopi e le relative camicie vanno distrutti, così come i telegrafi
superiori e le luci esterne, mentre la plancia riporta danni superficiali e la
sezione centrale del cavo anti-reti viene portata via), che è costretto ad
abbandonare la missione. Le navi italiane proseguono senza aver nemmeno notato
l’accaduto: alle 5.25 il cacciatorpediniere di coda passa sulla verticale dell’Ursula, che nel frattempo è riuscito a
scendere a maggiore profondità, ed alle 6 il sommergibile perde ogni contatto
sonoro con il convoglio. L’Ursula fa
ritorno a Malta; necessiterà di lunghe riparazioni per i danni causati dalla
collisione.
Infruttuosamente
attaccato anche da aerei, e raggiunto alle 14.30 dalle motosiluranti MS 16 e MS 33 (provenienti da Biserta), il convoglio giunge a Biserta tra
le 17 e le 17.30.
31 dicembre 1942
Pallade, Sirio e Lampo (caposcorta) ripartono da Biserta
alle otto del mattino per scortare il piroscafo tedesco Balzac, diretto a Napoli.
La Pallade in una foto scattata verosimilmente nel 1942-1943 (g.c. Yevgeniy Zelikov via www.naviearmatori.net) |
1° gennaio 1943
Il convoglietto
arriva a Napoli alle 8.30.
10 gennaio 1943
La Pallade (tenente di vascello Filippo
Ferrari Aggradi), la Sirio
(caposcorta) e le corvette Gabbiano, Antilope ed Artemide partono da Palermo per Biserta alle 15.20, scortando la
nave cisterna Saturno.
Alle 17.15 (fonti
italiane; 17.05 secondo le fonti britanniche), ad ovest di Capo Gallo, la Pallade localizza all’ecogoniometro il
sommergibile britannico Una (tenente
di vascello John Dennis Martin), si porta prontamente sulla sua verticale e lo
bombarda a più riprese con numerose cariche di profondità, fino a ritenere di
averlo danneggiato od affondato. In realtà l’Una non subisce danni, anche se le bombe di profondità della Pallade esplodono “piuttosto vicine”.
(Secondo fonti italiane, l’attacco della Pallade
avvenne dopo che l’Una aveva
infruttuosamente attaccato il convoglio; secondo fonti britanniche, invece, l’Una non si sarebbe accorto della
presenza del convoglio, né prima né dopo essere stato bombardato con cariche di
profondità).
11 gennaio 1943
Il convoglio arriva a
Biserta alle 15.45.
5 febbraio 1943
Alle 15 la Pallade e la torpediniera di scorta Ciclone sostituiscono le torpediniere Libra ed Orione nella scorta ad un convoglio formato dalle motonavi Ines Corrado (italiana) e Pierre Claude (tedesca) e dal trasporto
militare tedesco KT 3, partiti da
Napoli alle quattro di quel mattino e diretti a Biserta. Il convoglio entra a
Palermo alle 21 e vi sosta per alcune ore; quando riparte per Biserta, è
scortato dalle torpediniere Fortunale
e Calliope, anziché da Pallade e Sirio.
10 febbraio 1943
Alle 2.30 la Pallade (tenente di vascello Filippo Ferrari
Aggradi) parte da Palermo per scortare a Susa la piccola motonave tedesca Jaedjoer. Alle 12.10, nelle acque
antistanti Trapani, si aggrega al convoglietto anche il piroscafo Skotfoss, pure tedesco, partito alle
11.30.
11 febbraio 1943
Nella notte tra il 10
e l’11, a causa del tempo burrascoso con pioggia torrenziale, mare grosso,
vento a 80 km/h e scarsa visibilità, la Pallade
perde di vista la Jaedjoer. All’alba
la torpediniera cerca vanamente la piccola nave tedesca nel mare in tempesta,
ma senza successo: il comandante Ferrari Aggradi decide allora di proseguire
con lo Skotfoss.
Alle 16.30 (o 16.15),
siccome il tempo continua a peggiorare, Pallade
e Skotfoss, non appena sono in vista
della costa della Tunisia, si mettono alla fonda nella rada di Hammamet, che
offre un certo riparo dagli elementi: qui passeranno il resto della giornata e
la notte successiva. Alle 20, mentre le due navi sono alla fonda, viene
avvistata dalla Pallade – a dispetto
della pessima visibilità – un’alta colonna di fumo a grande distanza, in
direzione di Ras Mahmur (all’estremità settentrionale del Golfo di Hammamet):
viene correttamente intuito che questa rappresenti l’epitaffio della sfortunata
Jaedjoer. Della motonave tedesca non
verrà trovata alcuna traccia, tanto meno dei superstiti: da parte italiana si
riterrà che abbia probabilmente urtato una mina. In realtà, responsabile del
suo affondamento è stato il sommergibile britannico P 43 (tenente di vascello Anthony Robert Daniell), che l’ha attaccata
alle 19.24 nel punto 36°26’ N e 10°55’ E (nel Golfo di Hammamet, al largo di
Ras Mahmur), incendiandola a cannonate provocandone la successiva esplosione
(la Jaedjoer aveva a bordo 250
tonnellate di munizioni), avvenuta più o meno all’ora in cui dalla Pallade è stata vista la colonna di
fumo. L’equipaggio della Jaedjoer,
secondo quanto rilevato dal comandante del P
43, ha abbandonato la nave su due scialuppe prima che questa affondasse, ma
le due imbarcazioni non toccheranno mai terra, venendo inghiottite con tutti i
loro occupanti dal mare tempestoso.
12 febbraio 1943
In mattinata, essendo
leggermente migliorate le condizioni meteorologiche, Pallade e Skotfoss
lasciano la rada di Hammamet e riprendono la navigazione verso Susa.
Alle 9.24, in
posizione 38°58’ N e 10°40’ E, il sommergibile britannico P 44 (poi United, tenente di vascello John Charles Young Roxburgh) avvista
in condizioni di scarsa visibilità la Pallade
e lo Skotfoss, identificati
accuratamente da Roxburgh rispettivamente come una torpediniera ‘classe Partenope’
ed un mercantile di 1500 tsl. Il P 44
tenta di attaccare, ma le due navi eseguono un cambiamento di rotta che le
porta quasi in rotta di collisione con il sommergibile, costringendolo ad
abbandonare l’attacco.
Pallade e Skotfoss arrivano a
Susa alle 11.
4 aprile 1943
Il capitano di
corvetta Filippo Ferrari Aggradi lascia il comando della Pallade, venendo sostituito dal capitano di corvetta Antonio Giungi
(da Guastalla).
5 aprile 1943
Alle 3.20 la Pallade (capitano di corvetta Antonio
Giungi) parte da Napoli per Biserta insieme alle torpediniere Orione (capitano di corvetta Luigi
Colavolpe), Libra (capitano
di corvetta Gustavo Lovatelli) e Perseo
(capitano di corvetta Saverio Marotta; a bordo il comandante superiore in mare,
capitano di fregata Ernesto Pellegrini), di scorta ad un convoglio formato dai
piroscafi italiani Caserta e Rovereto e dai tedeschi Carbet e San Diego.
Alle 16.15 si
uniscono alla scorta anche il vecchio cacciatorpediniere Augusto Riboty (tenente di vascello di complemento Nicola Ferrone) e
la torpediniera Clio (capitano
di corvetta Carlo Brambilla), usciti da Messina.
Subito dopo la
partenza, il Caserta subisce
un’avaria al timone, non riparabile in mare, che lo costringe a tornare in
porto.
6 aprile 1943
Alle 2.30 il Carbet, scortato dal Riboty, si separa dal convoglio e fa
rotta per Trapani, dove giunge alle 9.30 di quel giorno. Le rimanenti sette
navi proseguono verso Biserta.
Già il 5 aprile
“ULTRA” ha scoperto, tramite le sue decrittazioni, che Rovereto, San Diego e Caserta dovrebbero
giungere a Biserta (i primi due) e Tunisi (il terzo) in breve tempo; questa
informazione, di per sé insufficiente a pianificare un attacco, viene però
arricchita l’indomani da nuove decrittazioni: i britannici vengono così a
sapere che Rovereto, San Diego e Caserta sono partiti dal Golfo di
Napoli intorno alle tre di notte del 5 aprile, a dieci nodi di velocità, e che
all’1.30 del 6, 15 miglia a nordovest di Trapani, il Caserta si dovrebbe separare da loro per raggiungere tale
porto, mentre gli altri due piroscafi dovrebbero raggiungere Biserta alle 15.30
dello stesso giorno.
La maggior parte del
viaggio trascorre senza intoppi; quando le navi giungono in vista dell’isola di
Zembra, viene avvistata l’anziana torpediniera Enrico Cosenz (tenente
di vascello Alessandro Senzi), salpata da Biserta e mandata incontro al
convoglio per pilotarlo sulla rotta di sicurezza di Zembra, che il convoglio ha
appena imboccato. Poco dopo l’accostata sulla rotta di sicurezza, alle 9.25,
sopraggiungono 18 bombardieri angloamericani, che vengono ingaggiati dai caccia
della Luftwaffe che costituiscono la scorta aerea del convoglio. Nel
combattimento tra gli aerei, uno dei velivoli tedeschi viene abbattuto; le navi
del convoglio escono però indenni dalla pioggia di bombe sganciate dagli aerei
avversari. Alle 9.54 la Cosenz raggiunge
il convoglio.
Alle 11.10 l’attacco
viene replicato, da parte di altri 18 bombardieri; la Perseo richiama ripetutamente sul posto i caccia tedeschi, ma
questi non possono intervenire, perché a loro volta impegnati contro altri
aerei nemici tra Tunisi e Biserta. Anche questo bombardamento viene tuttavia
superato senza danni.
Alle 17.17, al largo
di Capo Zebib, ha inizio il terzo attacco aereo: il convoglio ha appena
accostato in direzione di Biserta – l’ultima accostata da compiere durante la
navigazione – quando vengono avvistati 22 quadrimotori che volano in formazione
a 3000 metri di quota, con rotta perpendicolare a quella del convoglio. Si
tratta di bombardieri statunitensi Boeing B 17, le famose “fortezze volanti”. I
sei caccia che formano in quel momento la scorta aerea tentano di intercettare
gli aerei Alleati, ma invano.
La prima ondata di
bombardieri non fa danni, ma la seconda colpisce sia il Rovereto che il San Diego: mentre quest’ultimo viene
colpito a prua, con conseguente incendio a bordo, il Rovereto viene centrato in pieno dalle bombe e, avendo a bordo
anche un notevole quantitativo di munizioni, salta in aria otto miglia ad est
di Biserta.
La Clio e la Cosenz recuperano i pochi naufraghi del Rovereto (le vittime sono oltre cento), mentre il caposcorta
Pellegrini manda l’Orione a Biserta
per chiedere mezzi di salvataggio (vi arriverà alle 18.20 e da quel porto
usciranno i rimorchiatori Tebessa e Gabes, rispettivamente tedesco e
francese, per tentare un rimorchio del San
Diego), ed al contempo Pallade, Libra e Perseo si avvicinano al San
Diego per prestare assistenza. Pellegrini vuole valutare la
possibilità di prenderlo a rimorchio da poppa, ma il progetto deve essere ben
presto abbandonato in quanto l’incendio sviluppatosi nella stiva colpita, piena
di benzina, si estende subito alle munizioni caricate a proravia della plancia,
che iniziano a deflagrare. I 125 tra marinai e soldati imbarcati sul San Diego si gettano in mare; alle
19.15, dopo averli tratti in salvo, Pallade,
Libra e Perseo si allontanano dal piroscafo tedesco, che può esplodere da
un momento all’altro. Ciò avviene, infatti, alle 19.27.
Le torpediniere, con
a bordo i naufraghi dei piroscafi affondati, raggiungono Biserta tra le 20.10 e
le 21.35; i naufraghi vengono sbarcati e portati nei bunker di La Cariere, dove
ricevono le prime cure.
1942-1943 ca.
Potenziamento
dell’armamento contraereo: viene eliminata una mitragliera binata da 13,2/76
mm, ed installate quattro mitragliere singole Scotti-Isotta Fraschini 1939 da
20/70 mm.
24 luglio 1943
La Pallade si trova all’ancora davanti a
Pace (Messina) insieme alla gemella Partenope
ed alle corvette Gabbiano, Camoscio e Cicogna, durante la campagna di Sicilia, quando le cinque navi
vengono attaccate alle 13.49 da otto cacciabombardieri angloamericani. Partenope, Cicogna e Camoscio
vengono danneggiate, la Cicogna così
gravemente da dover essere portata all’incaglio (verrà poi autoaffondata
all’evacuazione di Messina).
29 luglio 1943
La Pallade lascia Milazzo per scortare a
Napoli, via Messina, la motonave Alfieri,
insieme alle motosiluranti MS 51 e MS 61.
Alle 12.59, in
posizione 40°05’ N e 14°42’ E (circa 25 miglia ad ovest di Capo Palinuro), il
piccolo convoglio viene attaccato da quattordici aerei britannici (otto
aerosiluranti e sei caccia; altra fonte parla di quattordici aerosiluranti),
che si avvicinano in formazione serrata e lanciano i loro siluri contro la nave
mercantile: un caccia Bristol Beaufighter viene abbattuto dal tiro delle navi,
precipitando in mare (l’equipaggio viene tratto in salvo e fatto prigioniero),
ma due siluri vanno a segno, immobilizzando l’Alfieri. Durante l’attacco la Pallade
viene mitragliata dai Beaufighter, subendo alcuni danni ed il ferimento di
quattordici uomini dell’equipaggio, cinque dei quali in modo grave.
A causa dell’estrema
scarsità delle scorte di carburante rimaste a bordo, la Pallade e le due motosiluranti si limitano a recuperare
l’equipaggio dell’Alfieri, per poi
proseguire subito verso Napoli; saranno le corvette Euterpe e Gabbiano ed il
rimorchiatore Ciclope, appositamente
inviati dalla città partenopea, a raggiungere la motonave immobilizzata per
tentarne il rimorchio (ma il giorno seguente l’Alfieri verrà attaccata ancora da aerosiluranti ed affondata). La Pallade arriva a Napoli con appena
cinque tonnellate di carburante nei serbatoi.
L’affondamento
Fin dall’inizio della
guerra Napoli, per via della sua importanza come porto di partenza della
maggior parte dei convogli diretti in Africa Settentrionale (nonché perché sede
di uno dei più importanti snodi ferroviari dell’Italia meridionale, ed ancora
di basi aeree, magazzini e stabilimenti industriali di interesse militare), si
era ritrovata ad essere uno dei principali bersagli delle incursioni aeree
Alleate sulla Penisola. I bombardamenti che ebbero luogo nel 1940, 1941, e fino
all’autunno del 1942, però, pur provocando danni e vittime, furono ben poca
cosa rispetto a quello che seguì con l’ingresso nello scacchiere mediterraneo
dell’aviazione statunitense.
Fino al novembre
1942, infatti, tutti gli attacchi aerei diretti contro città dell’Italia
meridionale erano stati lanciati dalle squadriglie della Royal Air Force di
base a Malta (unica base Alleata, fino a quel momento, abbastanza vicina allo
Stivale da poterlo raggiungere con i propri aerei), i cui mezzi offensivi per
una campagna di bombardamento strategico, sia per numero che per tipo, erano
piuttosto modesti: le incursioni su Napoli del 1940-1942 erano tipicamente
condotte da una mezza dozzina di bombardieri bimotori, raramente di più, e
causavano pertanto danni relativamente contenuti. Tutto cambiò con l’ingresso
in scena dell’USAAF: partendo dalle nuove basi appena conquistate nel
Nordafrica francese, l’aviazione statunitense, forte della propria abbondanza
di mezzi, conduceva i suoi bombardamenti con formazioni di decine di velivoli,
e non si trattava di bimotori come quelli in precedenza usati dalla RAF, bensì
di quadrimotori (B-17 “Flying Fortress” e B-24 “Liberator”) in grado di trasportare
una quantità di bombe nettamente maggiore. I bombardieri statunitensi
attaccavano i loro obiettivi in pieno giorno (la RAF, invece, bombardava di
notte) e da alta quota, in modo da tenersi al di fuori della portata della
maggior parte della contraerea; a Napoli, il suo obiettivo più frequente era il
porto, con le navi ivi ormeggiate, ma la grande imprecisione dei bombardamenti
faceva sì che innumerevoli bombe cadessero anche sul centro abitato, seminando
distruzione e morte tra la popolazione civile. Napoli fu probabilmente la città
italiana che ebbe a lamentare il più alto numero di vittime civili per i
bombardamenti aerei: recenti ricerche d’archivio hanno documentato oltre 6500
morti tra la popolazione civile della città, per questa causa, nel periodo
1940-1943.
L’USAAF compì il suo
primo bombardamento su Napoli il 4 dicembre 1942: quel giorno, nel porto,
l’intera VII Divisione Navale venne messa fuori combattimento in pochi minuti,
con l’affondamento dell’incrociatore leggero Muzio Attendolo, il grave danneggiamento del gemello Raimondo Montecuccoli e quello meno
grave dell’Eugenio di Savoia. A
terra, tra i civili, i morti furono 159.
I mesi seguenti
videro un infernale crescendo sui cieli della città partenopea: tra il dicembre
1942 e l’inizio dell’agosto 1943, senza contare le incursioni minori, Napoli
venne martoriata da più di cinquanta bombardamenti, principalmente dall’USAAF
ma anche dalla RAF, che aveva frattanto rimpinguato i suoi mezzi ed attaccava a
sua volta, adesso, con formazioni di decine di bombardieri. Le incursioni più
sanguinose, oltre a quella del 4 dicembre, furono quella dell’11 dicembre 1942
(117 vittime civili), dell’11 gennaio 1943 (136 vittime civili), del 7 febbraio
(100 vittime civili), del 20 febbraio (186 vittime civili), del 24 febbraio
(119 vittime civili), del 4 aprile (225 vittime civili), del 28 aprile (125
vittime civili), del 30 maggio (358 vittime civili), del 15 luglio (200 vittime
civili), del 16 luglio (100 vittime civili).
Obiettivo principale
della maggior parte di queste incursioni era il porto, che a poco a poco si
trasformò in un vero cimitero di navi: dopo l’Attendolo, il 15 febbraio 1943 vennero affondati i piroscafi Lecce e Modica; il 1° marzo toccò alla torpediniera di scorta Monsone; il 4 aprile fu la volta del
transatlantico Lombardia e della nave
ospedale Sicilia; il 30 maggio andò
distrutto il piroscafo Enna, carico
di munizioni e saltato in aria dopo essere stato colpito; il 17 luglio venne
centrato e affondato il piroscafo Tivoli;
il 1° agosto affondò sotto le bombe il piroscafo Bari.
Ma il giorno peggiore
di Napoli fu il 4 agosto 1943.
Non fu questo, in
termini prettamente quantitativi, il più pesante tra i bombardamenti che si
abbatterono sulla città partenopea nel corso del conflitto: l’attacco fu
portato quel giorno da un’ottantina di bombardieri, mentre il 30 maggio erano
stati 111, ed il 17 luglio addirittura 344. Ma il livello di devastazione di
quel giorno non trovò precedenti: mentre fino a quel momento le bombe erano
quasi sempre cadute nei quartieri attorno al porto, il 4 agosto non ci fu parte
della città che venne risparmiata.
L’incursione avvenne
nel pomeriggio. Dalle basi del Nordafrica occidentale erano decollate 82 “Fortezze
Volanti” del 2nd e del 301st Bomb Group della 12th
USAAF; 77 giunsero sui cieli di Napoli, dove i 37 bombardieri del 301st
Bomb Group sganciarono le loro bombe – ben 444 ordigni da 500 libbre, cioè un
totale di 100 tonnellate di esplosivo – sul porto, contrastati dal violento
fuoco della contraerea e da una ventina di caccia della Regia Aeronautica, che
inflissero danni di varia entità a quasi la metà degli attaccanti. I 40
bombardieri del 2nd Bomb Group, invece, dopo aver sganciato parte
delle loro bombe sul porto, bombardarono anche la città: nonostante la vivace reazione
della contraerea e di una trentina di aerei da caccia, che abbatterono due B-17
e ne danneggiarono molti altri, innumerevoli bombe caddero sull’abitato,
colpendo lo scalo ferroviario ma anche l’Ospedale Pellegrini, i rioni Mercato,
Santa Lucia, Bagnoli, Posillipo, Mergellina, Spaccanapoli; innumerevoli edifici
lungo la via Toledo e la Riviera di Chiaia andarono distrutti, così come in
Piazza Martiri, nella zona compresa tra Piazza Cavour e Piazza Carlo III, gli
alberghi di via Caracciolo, gli edifici attorno all’Albergo dei Poveri ed in
svariate altre parti della città, con estensione senza precedenti delle zone
colpite. Grave anche l’impatto sul patrimonio artistico, con danni al Palazzo
Reale, al Teatro San Carlo, alla Galleria Umberto I, alla basilica di San
Lorenzo Maggiore, alla chiesa del Gesù Nuovo e soprattutto al trecentesco
monastero di Santa Chiara, del quale rimasero in piedi soltanto i muri
perimetrali.
In termini di perdite
umane fu probabilmente il bombardamento più sanguinoso tra i tanti subiti da
Napoli: mentre i bollettini ufficiali parlarono di 210 morti, stime successive
da parte di vari storici ritengono molto più probabile un bilancio di circa 700
vittime. L’erogazione di acqua e luce rimasero interrotte per giorni, tanto che
anche il cessato allarme lo si dovette dare con mezzi di fortuna, non potendo
più suonare le sirene (e nei giorni seguenti, in attesa di riattivare le linee
elettriche, l’allarme aereo venne dato dal tiro della contraerea, anziché dalle
sirene).
L’estensione del
bombardamento, che interessò gran parte della città anche in zone molto
distanti dal porto, induce a mettere in dubbio che quello del 4 agosto sia
stato – come invece le incursioni precedenti e seguenti – un bombardamento “di
precisione” che per la sua imprecisione causò molti “danni collaterali”. Meno
di due settimane prima, il 25 luglio, il regime fascista era caduto, Benito
Mussolini deposto ed arrestato, sostituito al governo dal maresciallo Pietro
Badoglio: gli Alleati, che avanzavano in Sicilia, intendevano spingere il nuovo
governo ad arrendersi in tempi brevi, ed allo scopo intensificarono
espressamente i bombardamenti sulle città italiane. Tra fine luglio e fine
agosto, tra le 20.000 e le 30.000 tonnellate di bombe piovvero sull’Italia:
oltre a Napoli, subirono pesantissimi bombardamenti Milano, Torino, Genova,
Roma, Foggia, Pisa, Pescara, Terni, Reggio Calabria, Benevento, Catanzaro ed
altre città, con enormi danni e migliaia di vittime tra i civili. Se una parte
di questi attacchi era motivata dall’effettiva necessità di colpire obiettivi
militari e industriali di importanza strategica, dall’altra la loro intensità
senza precedenti (caddero più bombe sull’Italia nel luglio-agosto del 1943 che
nei precedenti trentasette mesi di guerra) rispondeva al preciso scopo politico
e psicologico di dare al governo italiano una dimostrazione di forza, mostrando
le tremende conseguenze che avrebbe avuto per il Paese una prosecuzione della
guerra. I bombardamenti su Milano, Torino e Genova dell’agosto 1943, compiuti
dal Bomber Command della RAF, furono bombardamenti deliberatamente
indiscriminati (furono colpiti soprattutto i centri storici delle città),
rispondenti al concetto dell’"area bombing" propugnato dal generale
Arthur Harris, che mirava specificamente a colpire il morale della popolazione
dei centri colpiti. Si è ipotizzato, a posteriori, che anche il bombardamento
di Napoli del 4 agosto 1943 – sebbene eseguito dall’USAAF, che a differenza
della RAF non praticò praticamente mai l’"area bombing" sull’Italia –
sia stato un bombardamento volutamente indiscriminato, attuato proprio nel
quadro e per gli scopi sopra descritti. In effetti, la storia ufficiale del 2nd
Bomb Group, a differenza del solito, non indica come obiettivo per il 4 agosto
soltanto «porto», bensì «porto/città» (Docks/City),
e parla apertamente di «saturation bombing», cioè bombardamento a tappeto,
“area bombing”.
Il porto, che ad ogni
modo rimaneva l’obiettivo principale di almeno una parte dei bombardieri, subì
gravi danni anche questa volta: affondò sotto le bombe il piroscafo Sant’Agata, mentre un altro piroscafo,
il Catania, fu gravemente danneggiato
ed affondò successivamente per i danni subiti. Le bombe arrecarono inoltre
ulteriori danni al relitto del grande transatlantico Lombardia, già semiaffondato in bassi fondali da quattro mesi.
La Pallade, quel giorno, si trovava
ormeggiata in una calata del porto partenopeo: una bomba la colpì a poppa,
provocando una falla dalla quale la nave imbarcò acqua in abbondanza.
Nonostante gli sforzi dell’equipaggio, che cercò di arrestare gli allagamenti
con le pompe e preparò anche un tentativo di rimorchio – sforzi intralciati da
ulteriori attacchi aerei che colpirono la città in quelle ore –, le condizioni
della Pallade continuarono a
peggiorare, con crescente allagamento di numerosi locali, finché alle 9.20 del
mattino del 5 agosto 1943 la torpediniera si capovolse ed affondò nelle acque della
stessa città in cui appena cinque anni prima era “nata”.
Il Diario di
Supermarina registrò la perdita della Pallade
con poche semplici parole: "Alle
09.00 del 5 la torpediniera PALLADE è affondata capovolgendosi in seguito ad
aumentate vie d'acqua non contenibili. Nessuna vittima". In realtà,
dall’albo dei caduti e dispersi della Marina Militare nella seconda guerra
mondiale, risulta che vi furono due dispersi: il sergente cannoniere Davide
Bergamasco, di 22 anni, da Montagnana (Padova), ed il marinaio Angelo Bruno
Simoni, di 20 anni, da Provaglio d’Iseo (Brescia).
Quando gli Alleati
entrarono a Napoli, il 1° ottobre 1943, trovarono il porto ingombro di relitti:
alle navi che loro stessi avevano affondato, nei mesi precedenti, con i loro
bombardamenti, si erano aggiunte quelle autoaffondate dalle truppe tedesche in
ritirata per evitare che cadessero in mano angloamericana (tra queste ultime
era anche la torpediniera Partenope,
gemella della Pallade ed ultima
superstite della XIV Squadriglia Torpediniere). Per riportare a pieno regime il
più grande porto dell’Italia meridionale, essenziale per il rifornimento delle
forze angloamericane che stavano risalendo la penisola, occorreva provvedere al
recupero o, quanto meno, allo spostamento di almeno una parte dei relitti, che
ostruivano calate e banchine rendendole inutilizzabili. Il primo recupero ebbe
per oggetto proprio il relitto della Pallade:
nel febbraio 1944 la torpediniera venne riportata a galla da personale della
Marina statunitense. Questo recupero aveva soltanto lo scopo di “liberare” il
molo dall’ingombro rappresentato dal relitto della Pallade, che impediva di utilizzare il posto d’ormeggio; la
carcassa della torpediniera venne semplicemente allontanata dalla banchina e
rimorchiata in un altro punto del porto, dove fu poi riaffondata su un
bassofondale in un punto in cui non costituiva un intralcio. Così rimase per
altri tre anni; il recupero definitivo avvenne solo nel 1947. Il 21 gennaio di
quell’anno la Pallade fu formalmente
radiata dal ruolo del naviglio dello Stato con decreto del Capo Provvisorio
dello Stato; del recupero del relitto fu incaricata la Cooperativa Vesuvio, che
il 17 settembre 1947 risultava stare effettuando tale opera. Riportata a galla
per una seconda volta, la Pallade
venne demolita nel corso dello stesso anno.
Secondo il libro "Navi
e marinai italiani nella seconda guerra mondiale" di Erminio Bagnasco, invece,
dopo il recupero del 1944, siccome la Pallade
continuava ad avere una galleggiabilità assai precaria, gli statunitensi si
limitarono a rimorchiarla al largo, dove fu poi nuovamente affondata in acque
profonde. Questa versione è anche quella presente sul sito del Naval History
and Heritage Command della Marina statunitense ("She was towed outside the harbor and allowed to sink in deep water").
Il
recupero del relitto della Pallade
nel febbraio del 1944, sullo sfondo si riconoscono due navi Liberty
statunitensi (sopra: g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net; sotto: g.c.
STORIA militare e Vincenzo Claudio Piras)
Vicende di guerra del
sottocapo (poi sergente) cannoniere puntatore scelto Mario Piras, da Bosa
(Oristano), imbarcato sulla Pallade
dal giugno 1940 all’aprile 1943 (si ringrazia il figlio Vincenzo Claudio):
“Mio padre Mario imbarcò sul Pallade il giorno dopo la dichiarazione di
guerra, esattamente l'11 giugno 1940 e sbarcò a metà aprile del 1943 destinato
a La Maddalena "vicino casa" essendo nato a Bosa. Visti i tempi egli
riuscì ad andare a casa alcune volte con mezzi di fortuna e percorrendo spesso
gli ultimi 29 km da Macomer a Bosa andando a piedi e con lo zaino in spalla.
A La Maddalena fu destinato alla batteria di
Punta Tegge che pare fu l'unica ad aprire il fuoco contro la motozzatera
requisita dai tedeschi e contro i carri armati tedeschi che sparavano da Palau
in movimento.
Pertanto, e fortunatamente, non si trovava a
bordo del Pallade durante il bombardamento del 4 agosto 1943 a Napoli.
Gli fu riferito che molti suoi compagni furono
dilaniati dalle bombe ed i siluri distrutti con il tritolo che fuoriusciva
dagli involucri.
Non mi raccontò molti particolari sulle
missioni.
Ricordo che durante il bombardamento tattico
in appoggio alle truppe di terra del 28 novembre 1940 raccontava che gli alpini
italiani si trovavano su un cucuzzolo di un colle con i greci che li
circondavano alla base.
Per fortuna avevano buone informazioni sulla
situazione in campo per cui egli mirava alla base del colle (era Puntatore
cannoniere scelto, scuola di Pola corso del 1937).
Gli alpini, per timore di essere
colpiti, per tutto il tempo dell'azione continuarono a sventolare il tricolore
per segnalare la loro posizione.
Il fatto che gli alpini sventolassero il
tricolore era una cosa che lo faceva sorridere quando lo raccontava.
Ciò era dovuto al fatto che egli era
sicurissimo delle proprie capacità di mira. Quando, dopo l'8 settembre, fu
imbarcato sull'incrociatore Duca d’Aosta e comandava la torre nr.1 durante le
prove di tiro gli mettevano alle spalle un ufficiale della D.T. perché i
millesimi di scarto che egli realizzava erano talmente bassi che facevano
sospettare avesse escogitato qualche trucco.
Durante la notte di Taranto dell'11 novembre
1940 il Pallade fu fra le unità che aprirono il fuoco con le mitragliere (erano
ancora le 13,2mm). Egli trovandosi a bordo si portò immediatamente ad uno
dei quattro complessi binati. Era difficilissimo individuare i velivoli
inglesi, alle sue spalle si trovava un Guardiamarina che vedendo una luce rossa
e scambiandola per una luce di posizione di un velivolo indicava la direzione
verso cui sparare. Le munizioni erano traccianti, accecavano ed
affumicavano maledettamente, per cui a più riprese il Guardiamarina
intravedeva la luce ed indicava la direzione verso cui sparare.
Al mattino dopo mio padre ed il Guardiamarina
guardando nella stessa direzione in cui avevano sparato si resero conto che la
luce rossa apparteneva alla ciminiera della Franco Tosi.
Una vicenda che non riesco ad inquadrare
temporalmente riguarda una navigazione nel canale di Sicilia durante la quale,
nottetempo, avvistarono una formazione inglese. Il comandante avrebbe voluto
attaccarla ma desistette quando il D.M. gli confermò che le macchine erano
talmente usurate che non riuscivano a sviluppare neanche 10 nodi.
La sua grande delusione fu la mancata
decorazione con medaglia di bronzo per la quale fu proposto per l'abbattimento
di un aerosilurante nemico durante una delle numerose scorte convoglio.
Comunque fu una vita durissima alla quale fu
sottoposto lui ed i suoi compagni durante tutto il periodo di imbarco a bordo
del Pallade che si prolungò per circa 35 mesi”.
Mario
Piras e la moglie Anna, Napoli, 1947-1948 (g.c. Vincenzo Claudio Piras)
Gli
attestati delle onorificenze ricevute da Mario Piras durante il servizio a
bordo della Pallade, tra cui una
Croce di Guerra al Valor Militare e due Croci al Merito di Guerra (g.c.
Vincenzo Claudio Piras):
Un racconto di guerra
di Alberto Natali, da Umbertide (Perugia), imbarcato sulla Pallade durante il conflitto (tratto da “Umbertide cronache”,
periodico bimestrale del Comune di Umbertide, Anno IV, febbraio 2012):
“A quei tempi ancorché giovanissimo (poco più che 17enne) ero destinato
sulla Regia torpediniera PALLADE (dea mitologica della Sapienza) che unitamente
ad altre unità leggere faceva da scorta ad un grosso convoglio con destinazione
Tripoli di Libia. Quelle navi trasportavano fin laggiù vettovagliamento ma
soprattutto esseri umani. Erano giovani e meno giovani, pronti, non appena
giunti a destinazione, per essere avviati al fronte. Erano migliaia e qualcuno
di loro magari non aveva mai visto il mare! Il sottoscritto ne aveva avuto già
esperienza avendo fatto quel viaggio col "CONTE ROSSO" nel dicembre
del 1940. Provate voi ad immaginare, voi che di mare sapete ben poco, ad un
affondamento per siluro quale sarebbe stata la tragedia. Negli anni a venire ce
ne furono molte, purtroppo! Ma ecco ora, nel bel mezzo del Canale di Sicilia,
venimmo attaccati da una forza rilevante di aerei siluranti inglesi, forse una
decina se ricordo bene. Il rischio che correvamo era rilevante in quanto al
contempo il mare si era ingrossato, forse forza 8 o 9 (il massimo), ma ecco che
solo uno di questi tenta di superare il nostro sbarramento sperando di
mimetizzarsi con quel mare le cui onde superavano talvolta anche 10/15 metri di
altezza. Quei ragazzi, forse pieni di ideologia suicida super Britannica li
abbattemmo all'istante. E seguitammo a colpire l'aereo abbattuto perché in tali
circostanze la prudenza non è mai troppa. Ma ora, ora soltanto un brivido mi
viene spontaneo. Ma forse quei ragazzi in quel tragico momento non avevano
forse una mamma che pregava per la loro incolumità? Ed allora perché il
cosiddetto HOMO SAPIENS continua a volerle queste guerre? Forse per il
"DIO" denaro oppure per sadismo? (…) Negli occhi nostri la triste visione dell'aereo abbattuto ed ormai
inoffensivo. Ma andiamo avanti: non erano trascorsi più di 10 secondi dal fatto
che ecco il resto degli aerei siluranti ci piomba addosso con una spaventosa
linea di fuoco. Sentimmo i proiettili delle loro mitragliere colpire la parte
superiore del fumaiolo, due compagni caduti, ma ecco nel trambusto gli aerei
svolazzavano sopra le nostre teste come tanti farfalloni, uno di questi andò a
colpire in pieno il collega che lo precedeva in "CABRATA" -
impennandosi dall'aereo in ascensione. Per nostra disgrazia tutti e due gli
aerei caddero, come una palla di fuoco, a poppavia di una nave da carico. Una
tragedia immane in quanto quel bastimento era carico non solo di vettovaglie ma
anche di esseri umani! Ma anche nei momenti più difficili, quando credi che
tutto è perduto, ecco che una fiammella di una luminosità indescrivibile appare
agli occhi: vedemmo che un qualche cosa galleggiava ad una distanza
relativamente vicina al nostro battello; nella vita ci sono cose che non si
possono spiegare, ma quel giorno dopo tanti lutti salvammo una vita. Era uno di
quei ragazzi, probabilmente l'unico superstite dei due aerei caduti sulla nave
da carico, e lo tirammo su. Corremmo un grande rischio. Il ragazzo aveva le
gambe spezzate ma sicuramente le alte leve da Roma non avrebbero permesso
quella operazione in quanto nei paraggi poteva trovarsi un sommergibile nemico.
E qui mi viene in mente il detto: ITALIANI BRAVA GENTE perchè il nostro
comandante, il tenente di vascello MASINI si era assunto tutte le
responsabilità. La nave dove erano caduti i due aereo mobili inglesi - se ben
ricordo - si chiamava "Reginaldo Foscarin" [Marco Foscarini, nda], nome nobile di una città nobile: Venezia. La conducemmo fortunosamente
a rimorchio fino al porto di Tripoli dove seguitò a bruciare per circa 15
giorni. Ora la storia è veramente finita ma nella mia mente è tornato quel filo
conduttore di cui alle prime righe di questo mio scritto: ed allora un monito
indirizzato a quei vitelloni che un giorno seduti con certi cosidetti
"amici" mi si tacciò di aver PERDUTO LA GUERRA. A buon intenditor
poche parole! Ma vorrei ricordare a quei signori che la nostra vita è un dono
sacro ma anche un'avventura (?) e con un po' di fortuna bisogna saperla anche
vivere! Comunque "DULCIS IN FUNDO" sono orgoglioso di aver servito la
patria facendo il mio dovere e se fosse necessario lo farei ancora. P.S. A
bordo della "R. TORPEDINIERA PALLADE - DEA della sapienza" ho girato
in lungo e in largo, per me è stata come una madre, da essa ho appreso quello
che sono stato e che sono tuttora. Ricordo con tanto affetto il comandante in
seconda ANTONOFF, figlio di esuli russi, e tutti i miei compagni con i quali ho
diviso gioie e dolori. Di Tripoli ricordo il castello a ridosso del mare, il
molo sottoflutto dove attraccavano le navi di piccolo cabotaggio, i grandi
Hangar da dove partivano per missioni di guerra con la loro grande autonomia
gli idrovolanti SAVOIA MARCHETTI, il fantastico lungomare con la fontana della
"GAZZELLA" ed infine piazza ITALIA a ridosso dell'HOTEL HALAMBRA, il
grande mercato SUC EL TURK dove si potevano ammirare fantastici prodotti di
artigianato locale”.