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Il Saint Bon durante l’allestimento a Monfalcone (da “I sommergibili
corsari della Regia Marina”, articolo di Mario Cecon sulla Rivista Italiana di
Difesa n.5 del maggio 1997, via www.betasom.it)
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Sommergibile oceanico
capoclasse della classe Ammiragli (dislocamento di 1702 t in superficie e 2184
in immersione), detta infatti anche classe Saint Bon: i più grandi sommergibili
italiani mai costruiti, dopo quelli da trasporto della classe “R”. Unità a scafo
semplice (tipo “Bernardis”) con doppi fonti centrali resistenti controcarene
esterne, dimostrarono eccellente tenuta al mare ed abitabilità (grazie alle
notevoli dimensioni), e relativamente buona manovrabilità. Per il loro previsto
impiego in prolungate missioni oceaniche, si incrementò il numero dei tubi
lanciasiluri (ben 8 a prua e 6 a poppa) e dei siluri di riserva, diminuendone
il calibro dagli usuali 533 mm ai 450 mm ritenuti sufficienti per
l’affondamento di navi mercantili (ma con una testata potenziata: 200 kg in
luogo dei 110 dei siluri classici da 450 mm); ciò permise di imbarcare ben 38
siluri (un primato rimasto imbattuto nel campo dei sommergibili convenzionali),
che potevano essere spostati da prua a poppa e viceversa mediante un’apposita
ferroguida sita sul cielo dei locali (che consentiva anche di ruotarli nella
camera di lancio prodiera).
L’autonomia in
superficie, per potersi spingere fin nell’Oceano Indiano, era di 19.500 miglia
a 7 nodi (il quadruplo di quella delle corazzate classe Littorio alla medesima
velocità); potevano passare cinque-sei mesi in mare senza doversi rifornire.
Oltre ai due motori diesel di propulsione, ve n’era un terzo appositamente
riservato alla ricarica delle batterie. Un ulteriore pregio era l’impiego,
negli impianti di condizionamento dell’aria, dell’innocuo freon, a differenza
del pericoloso cloruro di metile che aveva mietuto tante vittime tra i
sommergibilisti italiani.
Furono i primi
sommergibili italiani nella cui costruzione la chiodatura venne completamente
abbandonata in favore della saldatura elettrica.
Fasi iniziali della
costruzione (da “Sommergibili italiani” di Alessandro Turrini ed Ottorino
Ottone Miozzi, USMM, Roma 1999)
Concepito per
condurre la guerra al traffico mercantile isolato in mari lontanissimi, le sue
grandi dimensioni, le circostanze della guerra al tempo dell’entrata in servizio
e la scarsa lungimiranza dei comandi superiori (specie di quelli tedeschi di
Roma, che insistettero particolarmente perché i sommergibili più grandi
venissero impiegati in missioni di trasporto per l’Afrika Korps) condannarono il
Saint Bon all’improvvisato ruolo di
trasporto di rifornimenti per la Libia (soprattutto benzina in latte), nel
quale avrebbe drammaticamente concluso la sua breve esistenza.
Svolse in guerra
cinque missioni di trasporto ed altrettante di rifornimento, percorrendo in
tutto 6927 miglia in superficie e 354 in immersione. Il carico complessivamente
trasportato: 695,5 tonnellate di carburante e lubrificante e 16,7 tonnellate di
munizioni, meno di quanto un piccolo mercantile avrebbe potuto trasportare in
un solo viaggio.
Breve e parziale cronologia.
16 settembre 1939
Impostazione nei
Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero di costruzione 1219).
6 giugno 1940
Varo nei Cantieri
Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone.
Sopra, durante la costruzione
nel 1939-1940 (g.c. Marcello Risolo); sotto, appena varato (da www.grupsom.com)
1° marzo 1941
Entrata in servizio
formale. In realtà ci vorranno altri tre mesi, a causa dei lavori di modifica
(in particolare della torretta, sostituita con una ben più contenuta modellata
su quelle dei sommergibili tedeschi) subiti nell’ultima fase della costruzione
e della prolungata fase di collaudo e prove in mare (essendo il sommergibile il
primo del suo tipo), prima che il battello divenga effettivamente operativo:
ciò accadrà solo il 12 giugno 1941.
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Il Saint Bon nel 1941, probabilmente nel periodo trascorso tra la
riduzione della torretta originaria e la realizzazione di quella nuova (g.c.
Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
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Giugno-ottobre 1941
Periodo di iniziale
intenso addestramento dell’equipaggio. Assegnato al II Gruppo Sommergibili di
Napoli, dove però non avrà mai base stabile.
10 ottobre 1941
Il Saint Bon (al comando del capitano di
corvetta Gustavo Miniero) salpa da Taranto alle 13.30 per trasportare a Bardia 131,2
tonnellate di benzina (contenuta in 7346 latte) e 9 tonnellate di gasolio pure
in latte, cominciando così la sua prima missione di guerra.
12 ottobre 1941
Durante la notte viene
attaccato da un aereo a circa 100 miglia da Bardia, mentre procede in
superficie, con bombardamento e mitragliamento, ma apre il fuoco con le
mitragliere, colpendolo e costringendolo a ritirarsi danneggiato.
13 ottobre 1941
Giunge a Bardia alle
18.25 e mette a terra il carico durante la notte. Lo scarico è effettuato da 40
soldati tedeschi, i quali tuttavia a mezzanotte, nell’imminenza del sorgere
della luna, interrompono il lavoro perché ritengano che il porto stia
probabilmente per essere oggetto di un attacco aereo; l’equipaggio del Saint Bon deve così completare in
maniera improvvisata la discarica, buttando in acqua le lattine ancora presenti
a bordo, per poi informare un ufficiale della Regia Marina in modo che ne sia
disposto il recupero.
14 ottobre 1941
Il sommergibile
riparte da Bardia per Taranto alle 00.18.
Più tardi viene
attaccato con una bomba da un velivolo, 75 miglia a nordovest di Creta, ma non
subisce alcun danno.
17 ottobre 1941
Conclude la missione
arrivando a Taranto alle 16.08. Il comandante Miniero riferirà di aver ricavato
la forte impressione che la poca benzina recapitata dal Saint Bon non sia stata molto gradita dai tedeschi, i quali hanno
apertamente affermato che a loro non serve, dato che ne hanno già ricevute 3000
tonnellate pochi giorni prima; a riconferma dell’inutilità delle missioni di
trasporto per i sommergibili.
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Il
capitano di corvetta Gustavo Miniero, secondo ed ultimo comandante del Saint Bon (g.c. Giovanni Pinna) |
16 novembre 1941
Salpa da Taranto alle
14.40 (al comando del capitano di corvetta Miniero) per la seconda missione, di
nuovo consistente nel trasporto di rifornimenti a Bardia: 140 tonnellate lorde
di benzina in fusti e tre tonnellate di munizioni. La situazione
particolarmente critica nell’approvvigionamento dei rifornimenti (novembre 1941
sarà in assoluto il peggior mese della battaglia dei convogli) ha spinto i
comandi superiori tedeschi a richiedere un maggior impiego dei sommergibili da
trasporto.
19 novembre 1941
Giunge a Bardia alle
17.30, scarica le munizioni su delle semoventi tedesche e getta in mare i
bidoni di benzina, che verranno poi recuperati. Durante la serata viene
attaccato da aerei mentre è in rada, ma non subisce danni. Riparte già alle
22.45 per tornare a Taranto.
22 novembre 1941
Conclude la missione giungendo
a Taranto alle 14.
27 novembre 1941
Salpa da Taranto alle
14 con rifornimenti (140 tonnellate di benzina in latte e 3 tonnellate di
munizioni) da trasportare a Derna.
28 novembre 1941
Alle 17 il mare molto
grosso causa varie avarie nei passaggi ad intercapedine, costringendo a
difficili riparazioni, ma il battello prosegue.
29 novembre 1941
Arriva a Derna alle
18.30. Sbarcato il carico, riparte alle 23.30.
2 dicembre 1941
Rientra a Taranto
alle 13.
8 dicembre 1941
Parte da Taranto alle
14, trasportando 188 tonnellate lorde (107 t nette; per altra fonte 138,2
tonnellate) di benzina in fusti ermetici, da recapitare a Bengasi (altra fonte:
140 tonnellate di benzina in latte e 4 di munizioni).
11 dicembre 1941
Arriva a Bengasi alle
8.45.
Dopo aver consegnato
il carico, riparte alle 15.50 con a bordo 15 prigionieri e dirige per Suda
anziché rientrare in Italia.
13 dicembre 1941
Giunge a Suda alle
8.45.
15 dicembre 1941
Riparte da Suda alle
17.30 diretto a Derna, dopo aver caricato altre 140 tonnellate di benzina in
latte e 5 di munizioni.
17 dicembre 1941
Giunge a Derna alle
18.15, ma il maltempo gli impedisce di scaricare, così viene dirottato su
Bengasi.
18 dicembre 1941
Raggiunge Bengasi
alle 11.15 e può finalmente sbarcare il carico. Lascia Bengasi per tornare a
Taranto alle 18.30. Trasporta altri 15 prigionieri, scortati da due militari.
21 dicembre 1941
Giunge a Taranto alle
13.30 dopo aver completato la quarta missione di trasporto.
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Il Saint Bon in navigazione davanti a Monfalcone (da “Gli squali dell’Adriatico. Monfalcone e i suoi sommergibili nella storia navale italiana” di Alessandro Turrini, Vittorelli Edizioni, 1999, via www.betasom.it) |
L’affondamento
Alle otto del mattino
(8.45 per altra versione) del 4 gennaio 1942 il Saint Bon, sempre al comando del capitano di corvetta Gustavo
Miniero, lasciò Taranto alla volta di Tripoli, per la sua quinta missione di
trasporto: stavolta il carico consisteva in 140 tonnellate di benzina tedesca
B/4 in latte, dodici tonnellate di motorina sfusa e 3,4 tonnellate di munizioni. In questa missione il sommergibile imbarcava due comandanti in seconda: il tenente di vascello Alvise Mario era infatti imbarcato per avvicendare in tale ruolo il parigrado Alberto Tressoldi, smontante.
Maricosom aveva
inizialmente disposto che il battello avrebbe dovuto viaggiare da Taranto a
Tripoli lungo le rotte che passavano ad est di Malta, ma poco prima della
partenza, su richiesta del Comando Supremo, Supermarina e Maricosom ordinarono
con messaggio cifrato (per telescrivente armonica) al IV Gruppo Sommergibili di
Taranto di disporre invece che il Saint
Bon, dopo la partenza da Taranto, seguisse le rotte costiere sino a
Palermo, e qui sbarcasse tutta la benzina tedesca tranne 1000 lattine, per
imbarcare invece munizioni ed armi leggere del Regio Esercito; dopo di che
sarebbe dovuto ripartire per Tripoli, attraversando lo Stretto di Messina e
seguendo le rotte a levante di Malta.
Durante la fase
iniziale della navigazione, nel Golfo di Taranto, venne anche effettuata
un’immersione a titolo sperimentale, per verificare l’effetto del carico
imbarcato sull’assetto del sommergibile.
Alle 2.45 del 5
gennaio il Saint Bon venne avvistato,
come previsto, dal posto di vedetta di Messina, mentre procedeva in superficie.
La strada del
battello italiano s’incrociò però con quella del più famoso sommergibile della
flotta britannica: l’Upholder, del capitano
di corvetta Malcolm David Wanklyn.
Qualche ora dopo,
infatti, l’unità britannica avvistò il Saint
Bon che procedeva in superficie al largo di Punta Milazzo.
Alle 5.30 il tenente
di vascello Alberto Tresoldi, di guardia sul ponte di comando, avvistò un’ombra
a prora dritta e fece informare il comandante Miniero; quest’ultimo salì subito
in plancia e riconobbe l’ombra per la sagoma di un sommergibile – l’Upholder –, quindi fece suonare il
clacson dell’allarme interno ed ordinò di armare il cannone e di prepararsi al
lancio di due siluri dai tubi prodieri. Il puntatore del cannone iniziò a dare
degli stop del sommergibile nemico, ogni volta che si trovava precisamente in
punteria, ma il comandante Miniero non ordinò di aprire il fuoco, né di
lanciare i siluri; le regole in vigore (poi cambiate solo dalla metà del 1942)
prescrivevano infatti che, se un sommergibile avesse avvistato un’altra unità
subacquea sulle rotte costiere, non doveva attaccare, ma soltanto volgere la
poppa al sommergibile avvistato.
Più o meno
contemporaneamente al Saint Bon, alle
5.30, l’Upholder aveva a sua volta
avvistato l’unità italiana, in posizione 38°21’ N e 15°22’ E: avendo scambiato
il Saint Bon, in rapido avvicinamento
da sud, per un peschereccio armato antisommergibile, Wanklyn ordinò d’immergersi
immediatamente.
Due o tre minuti dopo
l’allarme, il puntatore del cannone del Saint
Bon vide l’Upholder immergersi e
lo comunicò subito al ponte di comando; a posteriori si ritenne che sarebbe
stato il caso di immergersi e dare la poppa al sommergibile nemico, per
allontanarvisi rapidamente, ma Miniero ordinò invece “avanti tutta forza” e di
zigzagare. Il sommergibile britannico, che stava rientrando a Malta a
conclusione del suo pattugliamento, aveva a bordo soltanto due siluri: ne
lanciò uno mentre s’immergeva, ma questo manco il bersaglio.
Una volta sott’acqua,
alle 5.34, l’Upholder identificò
correttamente il bersaglio come un sommergibile armato con due cannoni, che
procedeva a 15 (poi 12) nodi zigzagando tra 260° e 360°. Wanklyn compì allora
una serie di manovre circolari per portarsi in posizione favorevole a lancio,
poi si portò a quota periscopica e alle 5.39 lanciò l’ultimo siluro che gli era
rimasto, mirando alla torretta: esso andò a segno alle 5.42, mentre il Saint Bon era sulla seconda spezzata di
zigzagamento. Il sommergibile italiano, colpito a prora sinistra, appena a
proravia del cannone (per altra fonte, al centro a dritta), esplose ed affondò in
meno di un minuto nel punto 38°22’ N e 15°22’ E (o 38°02’ N e 15°22’ E), a nord
di Milazzo (otto miglia al largo di Punta Milazzo) ed al largo di Capo Lilibeo.
Dei 61 uomini che
componevano l’equipaggio del Saint Bon,
soltanto il sottotenente di vascello Luigi Como, il secondo capo silurista
Ernesto Fiore ed il sergente segnalatore Valentino Ceccon (tutti in torretta al
momento del siluramento) si salvarono; furono recuperati dall’Upholder, riemerso alle 5.46, e dunque
fatti prigionieri.
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Il
maresciallo silurista Ernesto Fiore, nato a Reggio Calabria nel 1911, qui in
una foto risalente ai primi anni Trenta. Scrive il nipote Renato Vigilanti, che
si ringrazia per la foto: “Diceva sempre:
mi sono salvato per una sigaretta! Il caso volle che un suo collega, un altro
sopravvissuto, quella famigerata notte, lo invitò, avendo finito il turno di
servizio, a fumare una sigaretta in torretta, all’aria aperta. Quella sigaretta
gli salvò la vita, in quanto al momento del siluramento l’esplosione lo
catapultò in acqua. Raccontava anche che la superficie del mare era
completamente in fiamme a tal punto che non gli era permesso nuotare in
superficie, (evidentemente gran parte del carburante trasportato finì in acqua
prendendo fuoco) . Lui bravissimo e esperto nuotatore, era costretto a nuotare
sott’acqua e risalire dove non c’erano fiamme per respirare un attimo e subito
immergersi nuovamente. Stremato e senza più forze, raggiunto un punto dove non
c’erano più fiamme, per riposarsi un po’, fece il ‘morto’. Il caso volle che il
sommergibile inglese lo avvistò ma tirato su a bordo non dando alcun segno di
vita, l’equipaggio inglese pensandolo morto, era pronto a ributtarlo in mare.
In un momento di disperazione capendo quello che gli stava per succedere si
mise a tossire per far capire che era vivo, e cosi fu rianimato. Persona sempre
gioviale, sorridente, scherzosa, e di compagnia si faceva voler bene
facilmente. Me lo ricordo con molto affetto, anche per la sua indole generosa e
un atteggiamento di 'gran cuore' . Grande giocatore di dama, credo abbia
imparato durante il periodo di prigionia, mi insegnò a giocare quando avevo
appena sette anni (sono del 1958), e mi insegnò tanto bene che per anni fu
difficile trovare rivali vincenti”. |
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I
superstiti del Saint Bon sbarcano a
Malta dall’Upholder, sotto lo sguardo
del comandante Wanklyn (g.c. Giovanni Pinna) |
Seguirono il
sommergibile in fondo al mare (profondo in quel punto più di 300 metri) il
comandante Miniero, altri sette ufficiali, 49 tra sottufficiali, sottocapi e
marinai, ed un operaio militarizzato.
L’esplosione fu
avvertita anche a riva; successive ricerche portarono al rinvenimento di
rottami, e per qualche tempo – finché non si seppe dei tre prigionieri
recuperati – il sommergibile fu ritenuto affondato con tutto l’equipaggio. La
giovane figlia di uno degli ufficiali, il capitano del Genio Navale Alberto
Ricci, scrisse anche al Papa nella speranza di avere notizie del padre
disperso.
La sorte del capo
elettricista di terza classe Nicola Loffredo suona come una tragica beffa:
destinato all’imbarco sul Saint Bon,
non era a bordo durante l’ultima missione ed ebbe così salva la vita. Avrebbe
trovato la morte pochi mesi più tardi nell’affondamento dell’Ammiraglio Millo, gemello del Saint Bon.
Caduti sul Saint Bon:
Paolo Barisani, sottocapo segnalatore, 22 anni, da Cotignola
Giovanni Cesarino Barla, marinaio segnalatore, 24 anni, da Savona
Luigi Barozzi, secondo capo motorista, 34 anni, da Rovereto
Olivio Battel, marinaio motorista, 22 anni, da Malisana
Salvatore Bentivegna, marinaio, 20 anni, da Sciacca
Francesco Bergantino, sottocapo nocchiere, 25 anni, da Minturno
Luigi Bertola (o Bertoia), marinaio fuochista,
22 anni, da Zoppola
Eliseo Bianchini, sottocapo silurista, 21 anni, da Massa
Francesco Cafiso, marinaio motorista, 23 anni, da Grammichele
Pietro Campus, sergente cannoniere, 26 anni, da Sedini
Matteo Cangemi, sergente (*)
Trieste Carli, marinaio cannoniere, 22 anni, da Ferrara
Giuseppe Castaldo, sottocapo elettricista, 24 anni, da Afragola
Antonino Catanzaro, sottotenente del Genio Navale
Direzione Macchine di complemento, 22 anni, da Milazzo
Bruno Cibischino, sottocapo radiotelegrafista, 19 anni, da Torino
Giuseppe D’Alessio, sottocapo furiere, 24 anni, da La Maddalena
Pietro Dalla Riva, sottocapo silurista, 22 anni, da Vicenza
Giuseppe Della Valle, sottocapo elettricista, 21 anni, da Santa Maria Capua Vetere
Attilio Di Meglio, capo meccanico di seconda classe, 34 anni, da Modica
Giacinto Farina, capo elettricista di seconda classe, 32 anni, da Asti
Mario Fascetti, tenente del Genio Navale, 24 anni, da Pisa
Alessandro Gladuli, guardiamarina, 21 anni, da
Cherso
Luigi Gorini, sottocapo nocchiere, 24 anni, da Livorno
Gennaro Guida, capo silurista di prima classe, 35 anni, da Napoli
Salvatore Lanfranchi, marinaio, 21 anni, da Messina
Alfio Lenzi, marinaio, 21 anni, da Portoferraio
Alvise Mario, tenente di vascello, 30 anni, da Lendinara (MBVM)
Giovani Mattera, marinaio, 21 anni, da Serrara Fontana
Giovanni Melita, marinaio elettricista, 25 anni, da Messina
Luigi Merola, secondo capo, 30 anni, da Curti
Gustavo Miniero, capitano di corvetta
(comandante), 35 anni, da Gragnano (MBVM)
Alberto Miniussi (o Minussi), marinaio, 21
anni, da Trieste
Vincenzo Nicolais, sottocapo motorista, 23 anni, da Calitri
Antonio Padoan, marinaio, 21 anni, da Chioggia
Eraldo Pasqualetto, operaio militarizzato (capo montatore di garanzia), 30 anni, da Torino
Romualdo Pennazio, secondo capo silurista, 27 anni, da Torino
Giuseppe Pestarino, sottocapo elettricista, 21 anni, da Castelletto d'Orba
Luigi Piccolo, marinaio elettricista, 25 anni, da Roma
Giuseppe Pinter, sottocapo motorista, 21 anni, da Ala
Sergio Piovesana, secondo capo elettricista, 31 anni, da Conegliano
Dino Prisco, sottocapo motorista, 21 anni, da L'Aquila
Ezio Ravera, capo motorista di seconda classe, 38 anni, da Fivizzano (MBVM)
Michele Remondino, marinaio musicante, 22 anni, da Druento
Alberto Ricci, capitano del Genio Navale
(direttore di macchina), 34 anni, da Palermo (MBVM)
Pietro Ruffa, sottocapo portuale, 22 anni, da Cologna Veneta
Giuseppe Scaburri, marinaio motorista, 21 anni, da Casnigo
Vincenzo Siccardi, marinaio silurista, 19 anni, da Sanremo
Vito Silletti, marinaio motorista, 21 anni, da Longarone
Andrea Sorrenti, marinaio, 22 anni, da Messina
Fabio Stocca, sottotenente di vascello, 22
anni, da Gorizia
Carmelo Tabacco, sottocapo motorista, 21 anni, nato in Etiopia
Sante Tiozzo, marinaio, 21 anni, da Chioggia
Alberto Tresoldi, tenente di vascello
(comandante in seconda), 26 anni, da Roma
Riccardo Valentino, sottocapo
radiotelegrafista, 21 anni, da Pola
Angelo Vicari, sottocapo silurista, 22 anni, da Cremona
Rino Vignati, marinaio motorista, 21 anni, da Legnano
Alfredo Visioli, marinaio elettricista, 23 anni, da Castel Goffredo
Leopoldo Vitello, secondo capo radiotelegrafista, 28 anni, da Palermo
(*) Il nome di Matteo Cangemi figura nell'elenco dei caduti del Saint Bon pubblicato sul sito www.sommergibili.com, ma non è presente nell'Albo dei caduti e dispersi della Marina Militare nella seconda guerra mondiale.
L’affondamento del Saint Bon nel giornale di bordo dell’Upholder:
“0530 hours - In
position 38°21'N, 15°22'E. sighted a vessel what was thought to be an A/S
trawler approaching rapidly from the Southward. Dived immediately.
0534 hours -
Identified the target as a two gun submarine which was zigging constantly
between 260° and 360°. The targets speed was estimated to be 15 knots. Started
attack.
0538 hours - The
speed of the target was now thought to be 12 knots.
0539 hours - In
position 38°22'N, 15°22'E fired the last torpedo aimed at the targets conning
tower. The torpedo hit the target just before the forward gun. She sank very
quickly.
0546 hours - Surfaced
in the attack position and picked up three survivors.
0601 hours - Dived
and set course to pass to the South of Vulcano Island.”
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Un’altra immagine del
battello durante l’allestimento a Monfalcone (da “Gli squali dell’Adriatico.
Monfalcone e i suoi sommergibili nella storia navale italiana” di Alessandro
Turrini, Vittorelli Edizioni, 1999, via www.betasom.it)
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