Una bella
foto della Giuseppe La Farina (g.c.
Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
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Torpediniera, già
cacciatorpediniere, della classe La Masa (dislocamento in carico normale 840 t,
a pieno carico 875 t). Durante la guerra operò con il IX Gruppo Torpediniere,
dislocato in Libia, effettuando 35 missioni di scorta da e per la Libia, 12
missioni antisommergibile ed altre di pilotaggio e soccorso ad aerei.
Breve e parziale cronologia.
29 dicembre 1917
Impostazione nei
cantieri Odero di Sestri Ponente.
12 marzo 1919
Varo nei cantieri di
Sestri Ponente.
19 marzo 1919
Entrata in servizio.
Compie l’usuale periodo di addestramento iniziale e successivamente effettua
una corta missione di rappresentanza a Monaco.
Luglio 1919
Dislocato a
Costantinopoli in seno alla Squadra del Levante (successivamente Divisione del
Levante), fino a dicembre compie parecchie missioni di vigilanza insieme ad
altre unità delle Marine della Triplice Intesa. Si reca a Sebastopoli,
Teodosia, Kerk, Odessa e Costanza, e risale il Danubio sino all’altezza di
Traila.
Dicembre 1919
Mentre torna in
Italia fa tappa a Smirne ed in altri sorgitori del Mar Egeo.
Gennaio-aprile 1920
Compie una missione
in Grecia, trasportando importanti
politici. Successivamente viene dislocato ad Antivari ed a Santi Quaranta come
stazionario (ad Antivari verrà rilevato nel maggio 1920 dal cacciatorpediniere Pilade Bronzetti).
Novembre 1920
Aggregato alle Forze
Navali dell’Alto Adriatico, effettua crociere di vigilanza nelle acque
quarnerine (dove D’Annunzio ha occupato Fiume) sino al febbraio 1921.
1921
Assegnato alla Forza
Navale del Mediterraneo, prende parte al suo addestramento, effettuato
principalmente nel Tirreno settentrionale.
Gennaio-febbraio 1922
Dislocato
provvisoriamente a Zara come stazionario.
Successivamente opera
con la propria squadriglia, mentre in altri periodi viene assegnato al Dipartimento
Militare Marittimo della Spezia.
30-31 agosto 1923
Nella tarda serata
del 30 agosto il La Farina lascia
Taranto insieme ai similari Generale
Antonino Cascino, Generale Carlo
Montanari, Giacomo Medici e Giacinto Carini, all’esploratore Premuda, agli incrociatori corazzati San Giorgio e San Marco, alle corazzate Giulio
Cesare e Conte di Cavour, alle
torpediniere 50 OS e 53 AS, ai MAS 401, 404, 406 e 408 ed ai sommergibili Agostino
Barbarigo ed Andrea Provana, per
prendere parte all’occupazione di Corfù: è infatti in pieno svolgimento la
crisi di Corfù, causata dall’assassinio (avvenuto ad opera di ignoti il 27
agosto tra Giannina e Santi Quaranta) del generale Tellini e di una delegazione
italiana che avrebbe dovuto definire i confini tra Grecia ed Albania. Per
ritorsione l’Italia decide di sbarcare a Corfù il 48° Reggimento Fanteria
“Ferrara”, una batteria di 8 cannoni da 75 mm, una brigata di fanteria di 5000
uomini, reparti del reggimento di fanteria di Marina “San Marco” e le compagnie
da sbarco delle navi, il tutto al comando dell’ammiraglio Emili Solari. Dopo
aver mandato un ultimatum al governatore greco di Corfù (ammaino della bandiera
greca, sostituita da quella italiana, cessazione di tutte le comunicazioni,
resa e disarmo di truppe e gendarmeria, controllo di tutte le attività da parte
dell’Italia), alle 16 del 31 agosto le unità italiane iniziano il tiro,
protraendolo sino alle 16.15, sulle due fortezze di Corfù (Vecchia e Nuova) che
tuttavia non sono in mano a truppe greche, bensì occupate da profughi, una
decina dei quali rimangono uccisi, e parecchi altri feriti. In seguito al
bombardamento, le autorità greche si arrendono; nel giro di alcuni giorni le
truppe italiane occupano Corfù e la maggior parte delle navi fa ritorno a
Taranto, lasciando a Corfù un incrociatore corazzato, i cinque
cacciatorpediniere (La Farina
compreso) e qualche sommergibile e MAS sotto il comando del contrammiraglio
Belleni, mentre il 2 settembre 1923 l’ammiraglio Diego Simonetti diviene
governatore di Corfù. Successivamente la crisi si risolverà, con gli onori resi
dalla Grecia alla bandiera italiana al Falero (Atene) ed il pagamento di
50.000.000 di lire come risarcimento da parte della Grecia, e Corfù verrà
lasciata dalle truppe italiane il 27 settembre; tutte le unità rientreranno a
Taranto il 30 settembre.
1924
Fa parte della scorta
d’onore ai reali d’Italia nella loro visita in Spagna.
Fine 1925
Assegnato alla I
Squadriglia Cacciatorpediniere (I Squadra Navale).
1926
Compie una visita
ufficiale a Malta ed una crociera sino a Tripoli insieme alla I Squadriglia.
Successivamente viene
nuovamente assegnato a servizio dipartimentale a La Spezia, cui segue
l’assegnazione in Alto Adriatico come unità addestrativi per il lancio di
siluri.
Marzo 1928
Viene assegnato alla
V Squadriglia Cacciatorpediniere (II Squadra Navale); fa parte della scorta nel
viaggio del capo del governo Benito Mussolini.
Estate 1928
Compie una crociera
in acque greche insieme alla II Squadra Navale.
1929
Fa parte, con i
similari Fabrizi, Carini e Bassini, della V Squadriglia della 3a Flottiglia della
III Divisione Siluranti, appartenente alla II Squadra Navale (con base a
Taranto).
Opera principalmente
al di fuori delle acque italiane: compie una crociera nel Mediterraneo
orientale insieme ad altre unità della II Squadra, con scalo in diversi porti
di Cirenaica, Egitto, Palestina, Greca ed Egeo.
1° ottobre 1929
Declassato a
torpediniera, in conseguenza della sua vetustà.
Successivamente viene
assegnata alla Divisione Speciale (poi VI Divisione), con la quale per tre anni
viene impiegata nell’addestramento in Alto Adriatico.
1931
Fa parte, insieme ai
similari Giacinto Carini e Generale Antonio Cantore ed
all’esploratore Aquila, della IV
Flottiglia Cacciatorpediniere, assegnata alla Divisione Speciale
dell’ammiraglio Denti.
1932
Effettua una crociera
sino ad Istanbul e Varna.
1933-1936
Opera con la Scuola
Comando a Taranto.
Successivamente
assegnata alla II Squadriglia Torpediniere, di base a Taranto, ed usata per
rimorchiare bersagli.
La La Farina (Coll. Erminio Bagnasco, dalla “Rivista Marittima” n. 181 dell’ottobre 2008, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net) |
10 giugno 1940
All’entrata in guerra
dell’Italia la La Farina fa parte
della V Squadriglia Torpediniere (che con la I e XII Squadriglia forma la II
Flottiglia Torpediniere, alle dipendenze del Comando Militare Marittimo della
Sicilia) insieme alle similari Simone
Schiaffino, Giuseppe Cesare Abba
e Giuseppe Dezza ed al
cacciasommergibili Albatros.
3 novembre 1940
A mezzanotte lascia
Tripoli per scortare a Bengasi i piroscafi Pallade
e Snia Amba.
4 novembre 1940
Alle 8.40 il
sommergibile britannico Tetrarch
avvista il convoglio, ed alle 9.25, alle 9.27 ed alle 9.30 lancia
rispettivamente tre siluri contro lo Snia
Amba, altri tre contro il Pallade
ed uno contro la La Farina, che
procede in testa al convoglio, in posizione 31°36’ N e 19°25’ E (una
cinquantina di miglia a sudovest di Bengasi, posizione data dal Tetrarch; fonti italiane collocano
invece l’attacco in posizione 31°35’ N e 19°20’ E). Mentre il siluro destinato
alla torpediniera e quelli lanciati contro il Pallade non vanno segno, lo Snia
Amba viene colpito, e dev’essere portato all’incaglio per evitarne
l’affondamento: la nave risulterà però tanto danneggiata da essere considerata
perduta. Dopo l’attacco la La Farina
dà la caccia al Tetrarch, immersosi a
75 metri di profondità, lanciando dalle 9.40 alle 11.15 nove bombe di
profondità: tutte esplodono piuttosto vicine al sommergibile, che tuttavia non
riporta danni. Il resto del convoglio giunge a destinazione alle 21 di quello
stesso giorno.
1940-1941
Lavori di modifica
dell’armamento: vengono sbarcati due degli originari quattro cannoni singoli
Scheider-Armstrong 1917 da 102/45 mm, entrambi i pezzi singoli Ansaldo 1917 da
76/40 mm, uno dei due impianti lanciasiluri binati da 450 mm e le due pressoché
inutili mitragliere singole Colt da 6,5/80 mm; al loro posto sono installate 6
mitragliere singole Breda 1940 da 20/65 mm.
4 febbraio 1941
Alle 17 parte da
Bengasi per scortare a Tripoli i piroscafi Utilitas
e Silvia Tripcovich; le navi vengono
avvistate dal sommergibile britannico Truant
mentre lasciano il porto e si portano sulla rotta costiera. Alle 17.30 il Truant inizia a manovrare per
avvicinarsi ed attaccare, ed alle 18 lancia tre siluri contro uno dei
mercantili. Nessuna delle armi va a segno, ed anzi una esplode in anticipo
investendo e danneggiando il Truant,
che rischia di emergere involontariamente.
19 marzo 1941
Scorta da Tripoli a
Napoli, con scalo a Trapani, la moderna motonave tedesca Ankara.
18 aprile 1941
Alle 23 lascia
Palermo insieme alle torpediniere Antonio
Mosto e Calliope, scortando a
Tripoli un convoglio composto dai piroscafi Isarco,
Nicolò Odero e Maddalena Odero. Al convoglio si aggregano anche le pirocisterne Alberto Fassio, partita da Trapani con la scorta della torpediniera Climene, e Luisiano, scortata dalla torpediniera Orione. Il convoglio raggiungerà Tripoli il 21 aprile senza aver
incontrato problemi sul percorso.
La La Farina verosimilmente nei mesi iniziali del 1941 (g.c. STORIA militare) |
L’affondamento
Alle 6.44 del mattino
del 3 maggio 1941 la La Farina, al
comando del tenente di vascello Edoardo Le Boffe, lasciò Tripoli per scortare a
Trapani il piroscafo cisterna Luisiano.
Alle 10.55 dello stesso giorno la Luisiano
avvistò quella che ritenne essere la scia di un siluro, e manovrò per evitare
l’arma; si sentì poco dopo un’esplosione subacquea, seguita dall’affioramento
in superficie di bolle. È possibile che questo fosse stato un attacco da parte
del sommergibile britannico Undaunted,
che scomparve nella zona proprio in quei giorni.
Alle 5.30 (per altra
fonte 10.30) del 4 maggio, nei pressi delle secche di Kerkennah, la
torpediniera urtò una mina: scossa da una violentissima esplosione a poppavia della
plancia, la La Farina si spezzò in
due in corrispondenza del fumaiolo centrale ed affondò in meno di due minuti in
posizione 34°35’ N e 11°50’ E, portando con sé il comandante Le Boffe e quasi
metà dei 128 uomini che componevano il suo equipaggio.
Fu la Luisiano (il cui comandante, capitano di lungo corso Giuseppe Garibaldi, fu poi decorato con la Croce di Guerra al Valor Militare per il soccorso dei naufraghi) stessa a recuperare i naufraghi, 70 o 72, ma alcuni di essi morirono per le ferite riportate, portando il bilancio finale a 61 morti e 67 sopravvissuti (tra cui tre ufficiali, compreso l’ufficiale di rotta Giovan Battista Cafiero).
Fu la Luisiano (il cui comandante, capitano di lungo corso Giuseppe Garibaldi, fu poi decorato con la Croce di Guerra al Valor Militare per il soccorso dei naufraghi) stessa a recuperare i naufraghi, 70 o 72, ma alcuni di essi morirono per le ferite riportate, portando il bilancio finale a 61 morti e 67 sopravvissuti (tra cui tre ufficiali, compreso l’ufficiale di rotta Giovan Battista Cafiero).
Le vittime (mancano almeno dieci nomi):
Renzo Acconci, marinaio fuochista, disperso
Pietro Belloni, marinaio, disperso
Edoardo Brambilla, sergente meccanico,
disperso
Santo Buscemi, marinaio cannoniere, disperso
Carlo Calore, sottocapo elettricista, disperso
Walter Caprile, marinaio silurista, disperso
Giuseppe Carbone, marinaio, disperso
Andrea Caristi, marinaio, disperso
Letterio Carpita, marinaio, disperso
Ivano Cassella, marinaio radiotelegrafista,
disperso
Ambrogio Cavalleri, marinaio fuochista,
disperso
Alberto Chiti, sottocapo fuochista, disperso
Felice Ciceri, marinaio fuochista, disperso
Luigi Cinotti, tenente CREM (capo servizio
Genio Navale), disperso
Turiddu Conte, capo meccanico di prima classe,
disperso
Salvatore Costantino, marinaio fuochista,
disperso
Nicola D’Aniello, marinaio, disperso
Umberto Di Prima, sottocapo cannoniere,
disperso
Libero Drioli, sottocapo silurista, disperso
Giovanni Faggioni, secondo capo meccanico,
disperso
Francesco Fazzolari, sergente S. D. T.,
deceduto in Tunisia il 10.5.1941 (probabilmente per ferite riportate
nell’affondamento)
Gaetano Fedullo, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Felici, marinaio fuochista, disperso
Enzio Fiorentini, marinaio fuochista, disperso
Vito Furio, marinaio fuochista, disperso
Antenore Gaglione, marinaio, disperso
Alferio Gerin, sergente silurista, disperso
Giuliano Govoni, sottocapo meccanico, disperso
Salvatore Laria, marinaio cannoniere, disperso
Edoardo Le Boffe, capitano di corvetta
(comandante), disperso
Luigi Mapelli, marinaio fuochista, disperso
Luigi Marsoni, sottocapo radiotelegrafista,
deceduto in territorio metropolitano il 21.9.1943 (?)
Ermes Martini, sergente elettricista, disperso
Gioacchino Mellone, marinaio cannoniere,
deceduto
Ottorino Nocchi, marinaio S. D. T., disperso
Virginio Origgi, marinaio, disperso
Pietro Panarelli, marinaio, disperso
Ciro Piro, marinaio cannoniere, disperso
Mario Renzi, marinaio torpediniere, disperso
Vincenzo Romano, marinaio radiotelegrafista,
disperso
Renato Ruggeri, capo cannoniere di seconda
classe, disperso
Ugo Ruggeri, marinaio fuochista, disperso
Guido Tiberi, marinaio cannoniere, disperso
Alvise Tramannoni, marinaio fuochista,
disperso
Filadeleo Tramontana, marinaio fuochista,
disperso
Antonio Vaccaro, marinaio, disperso
Amedeo Valcavi, capo nocchiere di terza
classe, disperso
Rodolfo Vannini, sottocapo meccanico, disperso
Marcello Venier, marinaio elettricista,
disperso
Alfredo Verdoliva, sottocapo meccanico,
disperso
Giuseppe Vignoli, marinaio fuochista, disperso
La motivazione della
Croce di Guerra al Valor Militare conferita al sottotenente di vascello Renato
Cestello (da Rivarolo Ligure), al guardiamarina Giovanni Battista Cafiero (da Meta di
Sorrento), all’aspirante guardiamarina Colombo
Salvi (da Roncofreddo, Forlì), al secondo capo radiotelegrafista Michele Foscarini
(da Gallipoli, Lecce), al secondo capo silurista Secondo Caramella (da Padova)
ed al sergente cannoniere Giovanni Baranovich (da Zara):
«Imbarcato su
torpediniera in servizio di scorta affondata rapidamente in seguito a offesa nemica, si prodigava
generosamente, incurante di ogni rischio,
nell’opera di salvataggio e di assistenza del personale superstite
(Mediterraneo Centrale, 4 maggio 1941)».
La motivazione della
Croce di Guerra al Valor Militare conferita alla memoria del tenente CREM Luigi
Cinotti, da La Spezia:
«Capo servizio G. N.
di torpediniera in servizio di scorta affondata rapidamente in seguito a offesa
nemica, assolveva con sereno ardimento il roprio incarico e scompariva in mare
con la propria unità.
(Mediterraneo Centrale, 4 maggio 1941)».
La motivazione della
Croce di Guerra al Valor Militare conferita al sottocapo radiotelegrafista
Alberto Muffolini, da Marcheno (Brescia):
«Imbarcato su
torpediniera in servizio di scorta affondata rapidamente in seguito a offesa nemica, sebbene in
condizioni minorate si metteva immediatamente a disposizione del Comando del
piroscafo sul quale era stato trasportato, contribuendo validamente ad
assicurarne il servizio r.t.».
È possibile che la La Farina non abbia urtato mine nemiche,
ma che sia stata accidentalmente persa su uno sbarramento italiano, l’«LK», 428
mine posate il 10 giugno 1940 tra Lampedusa e le isole Kerkennah dagli
incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano
e Luigi Cadorna, dai
cacciatorpediniere Lanciere e Corazziere e dalle torpediniere Polluce e Calipso per prevenire possibili attacchi di navi francesi contro le
rotte della Tripolitania. Un’altra possibilità è che la nave sia andata perduta
su un campo minato francese. Altre fonti considerano anche la possibilità del
siluramento da parte di un sommergibile, ma nessuna unità subacquea britannica
riferì di aver attaccato navi italiane in circostanze, tempi e luoghi
compatibili con la perdita della torpediniera (anche se vi è da considerare la
sparizione dell’Undaunted).
Il relitto della
torpediniera, trovato negli anni Cinquanta, giace a poche decine di metri di
profondità al largo di Sfax, non lontano dal relitto del sommergibile francese Morse, forse vittima delle stesse mine.
La nave fotografata mentre attraversa il canale navigabile di Taranto (g.c. Giacomo Toccafondi/www.miles.forumcommunity.net/?t=30067589)
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