Motonave da carico di
6339 tsl, 3712 tsn e 10.322 tpl, nonché 14.900 tonnellate di dislocamento,
lunga 134,11 metri, larga 18,44 e pescante 11,84. Appartenente alla Società
Italiana di Armamento (SIDARMA) con sede a Fiume, iscritta con matricola 92 al
Compartimento Marittimo di Fiume.
Insieme alle gemelle Andrea Gritti, Pietro Orseolo, Francesco
Barbaro, Marco Foscarini e Sebastiano Venier, la Vettor Pisani faceva parte di una serie
di nuove motonavi ordinate dalla SIDARMA ai CRDA di Monfalcone nel 1937, in
seguito all’emanazione della Legge Benni, che mirava ad incentivare gli
armatori italiani a rinnovare le loro ormai vetuste flotte, attraverso
sovvenzioni statali. La SIDARMA aveva scelto il secondo tipo di navi tra quelli
proposti: navi da merce varia con ampie stive (cinque, del volume complessivo
di 15.920 metri cubi) e corridoi, grandi boccaporti, picchi di carico di
elevata portata, verricelli elettrici e due bighi di forza per i colli pesanti,
propulse da motore Diesel FIAT 646 a due tempi e doppio effetto su sei
cilindri, che garantiva notevole potenza (4800 cavalli) ed elevata velocità (per
la Pisani, 17,28 nodi alle prove e
14,7 in navigazione in condizioni normali), garantendo al contempo bassi
consumi.
La Pisani fu in assoluto la seconda ad
essere costruita, tra le decine di motonavi ordinate da diverse compagnie a
seguito della Legge Benni; insieme alle sue gemelle, fu anche una delle pochissime,
se non le uniche, ad essere completate prima dello scoppio della guerra.
Nessuna sopravvisse al conflitto (anche se la Pisani poté essere, in seguito, recuperata).
Breve e parziale cronologia.
14 gennaio 1939
Impostata nei
Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero di costruzione 1230).
26 agosto 1939
Varata nei Cantieri
Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone. Madrina è la moglie del prefetto di Fiume;
la nave è benedetta dall’arcivescovo di Gorizia.
2 dicembre 1939
Completata per la
Società Italiana di Armamento (SIDARMA), con sede a Fiume.
25 giugno 1940
Requisita a Siracusa
dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
6 luglio 1940
La Vettor Pisani parte da Napoli alle
19.45, in convoglio con la motonave da carico Marco Foscarini ed i trasporti truppe Esperia e Calitea. La
scorta diretta è rappresentata dalla XIV Squadriglia Torpediniere, con Procione, Orsa, Orione e Pegaso; al largo di Catania si unisce al
convoglio la motonave Francesco Barbaro,
scortata dalle vecchie torpediniere Giuseppe
Cesare Abba e Rosolino Pilo. L’operazione
è denominata «TCM».
Il convoglio segue la
rotta che passa per lo Stretto di Messina.
7 luglio 1940
Mentre il convoglio
si trova in Mar Ionio, Supermarina viene informato che alle otto del mattino
dello stesso 7 luglio la Forza H britannica (portaerei Ark Royal, corazzate Valiant
e Resolution, incrociatore da
battaglia Hood, incrociatori leggeri Arethusa, Delhi ed Enterprise,
cacciatorpediniere Faulknor, Foxhound, Fearless, Douglas, Active, Velox, Vortingern, Wrestler, Escort e Forester) è
uscita in mare da Gibilterra. Scopo di tale uscita (operazione «MA 5») è
attaccare gli aeroporti della Sardegna, per distogliere l’attenzione dei
comandi italiani da un traffico di convogli tra Alessandria a Malta (due
convogli di mercantili per l’evacuazione di civili e materiali da inviare ad
Alessandria, ed uno di cacciatorpediniere con alcuni rifornimenti per Malta),
con l’appoggio dell’intera Mediterranean Fleet (corazzate Warspite, Malaya e Royal Sovereign, portaerei Eagle, incrociatori leggeri Orion,
Neptune, Sydney, Gloucester e Liverpool, cacciatorpediniere Dainty, Defender, Decoy, Hasty, Hero, Hereward, Hyperion, Hostile, Ilex, Nubian, Mohawk, Stuart, Voyager, Vampire, Janus e Juno); questo, però, non è a conoscenza
dei comandi italiani, che decidono di fornire protezione al convoglio diretto a
Bengasi, facendo uscire in mare l’intera flotta italiana.
La scorta diretta
viene così rinforzata dalla II Divisione Navale, con gli incrociatori Bande Nere e Colleoni, dalla X Squadriglia Cacciatorpediniere con Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco, e dalle torpediniere Pilo e Missori; quale scorta a distanza, escono in mare la 1a
Squadra Navale con le Divisioni IV (incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano, Alberto
Di Giussano, Luigi Cadorna ed Armando Diaz), V (corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour) e VIII (incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli
Abruzzi e Giuseppe Garibaldi) e
le Squadriglie Cacciatorpediniere VII (Freccia,
Dardo, Saetta, Strale), VIII (Folgore, Fulmine, Lampo, Baleno), XIV (Leone Pancaldo, Ugolino
Vivaldi, Antonio Da Noli), XV (Antonio Pigafetta, Nicolò Zeno) e XVI (Nicoloso
Da Recco, Emanuele Pessagno, Antoniotto Usodimare), e la 2a
Squadra Navale con l’incrociatore pesante Pola
(nave ammiraglia), le Divisioni I (Zara,
Fiume, Gorizia), III (incrociatori pesanti Trento e Bolzano) e VII
(incrociatori leggeri Emanuele Filiberto
Duca d’Aosta, Eugenio di Savoia, Raimondo
Montecuccoli e Muzio Attendolo) e
le Squadriglie Cacciatorpediniere IX (Vittorio
Alfieri, Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti, Giosuè Carducci), XI (Aviere, Artigliere, Geniere, Camicia Nera), XII (Lanciere,
Carabiniere, Ascari, Corazziere) e
XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino). Pola, I e III Divisione, con le relative
squadriglie di cacciatorpediniere (IX, XI e XII), si posizionano 35 miglia ad
est del convoglio, per proteggerlo da un attacco navale proveniente da est,
mentre la VII Divisione e la XIII Squadriglia, posizionate 45 miglia ad ovest,
forniscono protezione da attacchi provenienti da Malta; il resto della flotta
(IV, V e VIII Divisione, VII, VIII, XIV, XV e XVI Squadriglia) forma infine un
gruppo di sostegno. Non è tutto: viene organizzata un’intensa ricognizione
aerea con grandi aliquote dei velivoli della ricognizione marittima, il
posamine ausiliario Barletta viene inviato a posare mine a protezione del porto
di Bengasi, e vengono inviati in tutto 14 sommergibili in agguato nel
Mediterraneo orientale.
L’avvistamento anche
della Mediterranean Fleet, uscita da Alessandria nel pomeriggio del 7 – come si
è detto – per proteggere i convogli con Malta, non fa che confermare la
convinzione di Supermarina circa la necessità delle misure adottate.
Il convoglio,
procedendo a 14 nodi, segue rotta apparente verso Tobruk fino a giungere in un
punto situato 245 miglia a nordovest di Bengasi, quindi assume rotta verso
quest’ultimo porto; dopo altre 100 miglia il convoglio si divide, lasciando
proseguire a 18 nodi le più veloci Esperia
e Calitea, mentre Pisani, Foscarini e Barbaro
mantengono una velocità di 14 nodi.
8 luglio 1940
All’1.50 l’ammiraglio
Inigo Campioni, comandante della flotta italiana, a seguito di avvistamenti
della ricognizione che rivelano la presenza in mare della Mediterranean Fleet
britannica (anch’essa uscita a tutela di convogli), ordina al convoglio, che si
trova in rotta 147° (per Bengasi) di assumere rotta 180°, in modo da essere
pronto ad essere dirottato su Tripoli in caso di necessità. Alle 7.10, appurato
che la Mediterranean Fleet non può essere diretta ad intercettare il convoglio,
Campioni ordina a quest’ultimo di tornare sulla rotta per Bengasi.
La Pisani e le altre navi del convoglio
entrano a Bengasi tra le 18 e le 22, così concludendo la traversata senza
inconvenienti. In tutto il convoglio porta in Libia 2190 uomini (1571 sull’Esperia e 619 sulla Calitea), 72 carri armati M11/39, 232 automezzi, 5720 tonnellate di
carburante e 10.445 tonnellate di rifornimenti. Di questo quantitativo
complessivo, la Pisani ha trasportato
102 autoveicoli e 5077 tonnellate di materiali. A causa delle scarse capacità
logistiche del porto di Bengasi, ci vorranno dieci giorni per scaricare le tre
motonavi da carico.
Durante la
navigazione di rientro alle basi, la flotta italiana si scontrerà con quella
britannica, nell’inconclusivo confronto divenuto poi noto come battaglia di
Punta Stilo.
19 luglio 1940
Alle sei del mattino Pisani, Foscarini, Barbaro, Esperia e Calitea lasciano Bengasi per tornare in Italia. La scorta diretta è
costituita ancora dalla XIV Squadriglia Torpediniere (caposcorta Procione, nonché Orsa, Orione e Pegaso), poi rinforzata in mattinata
dalla X Squadriglia Cacciatorpediniere (Maestrale,
Grecale, Libeccio, Scirocco)
proveniente da Tripoli. Per scorta indiretta esce da Taranto l’VIII Divisione
Navale (Duca degli Abruzzi e Garibaldi) con i relativi
cacciatorpediniere, mentre la III Divisione si tiene pronta a Messina, per
intervenire rapidamente in caso di necessità.
21 luglio 1940
Il convoglio arriva a
Napoli alle 00.30, senza che si siano manifestati problemi.
29 agosto 1940
La Pisani e la motonave Andrea Gritti salpano da Napoli per
Tripoli alle 00.30, scortate dalla vecchia torpediniera Generale Antonio Cantore. Al largo di Marettimo (per altra fonte, a
Trapani) la Cantore viene sostituita
dalla torpediniera Sagittario, e si
aggrega al convoglio anche il rimorchiatore di salvataggio Salvatore Primo.
30 agosto 1940
Il convoglio giunge a
Tripoli alle 23.30.
6 ottobre 1940
A mezzogiorno la Pisani lascia Tripoli per Palermo,
scortata dalla torpediniera Procione.
7 ottobre 1940
Pisani e Procione giungono a
Palermo alle 18.45.
28 dicembre 1940
Salpa da Brindisi per
Valona alle otto del mattino, in convoglio con i piroscafi Eolo (adibito a traffico civile) ed Absirtea e con la motonave Città
di Agrigento. Il convoglio, scortato dall’incrociatore ausiliario Brindisi e dalla torpediniera Antares, trasporta in tutto 383
militari, 437 quadrupedi, 18 veicoli e 256 tonnellate di provviste, foraggio e
materiali vari.
Le navi giungono a
Valona alle 20.30.
2 gennaio 1941
Lascia scarica Valona
alle sette del mattino, insieme ai piroscafi Piemonte e Galilea,
anch’essi vuoti, e con la scorta del cacciatorpediniere Vittorio Alfieri.
Il convoglio giunge a
Brindisi alle 15.
25 gennaio 1941
Parte da Palermo per
Tripoli alle 3.15, scortata dalla torpediniera Calliope.
26 gennaio 1941
Giunge a Tripoli alle
16.
27 gennaio 1941
Lascia Tripoli alle
5, scortata da varie unità con caposcorta la torpediniera Libra, con destinazione Bengasi.
La destinazione
finale è, in realtà, Rodi: nel Dodecaneso, virtualmente sottoposto a blocco
navale britannico (il Mar Egeo è di fatto controllato dalle forze aeronavali
britanniche e greche), i viveri ormai scarseggiano, sia per la guarnigione che,
soprattutto, per la popolazione civile. Nonostante l’invio delle motonavi Calino, Calitea e RAMB III (delle
quali solo l’ultima, però, avente un carico di provviste), la situazione nelle
isole rimane grave: la popolazione è già costretta ad un rigido razionamento
(patate e formaggio sono già spariti definitivamente, salvo che per i contadini)
e, se non arriveranno a breve nuove vettovaglie, il rischio è la resa per fame
(che, secondo quanto riferito da informatori greci al Cairo, avverrebbe entro
la fine del gennaio 1941) o la forzosa cessione dell’arcipelago alla Turchia.
La Pisani ha pertanto imbarcato il più
consistente carico destinato al Dodecaneso dall’inizio della guerra: quasi 5000
tonnellate di viveri, oltre a 1321 tonnellate di materiali destinate alle forze
militari italiane in quelle isole (compreso il materiale necessario a trasformare
i piroscafi Sicilia e Toscana, là bloccati dall’inizio della
guerra, in navi ospedale). Per questa missione, assume il comando della
motonave il capitano di corvetta Giorgio Giobbe, che ha comandato la RAMB III nel suo precedente viaggio a
Rodi.
Il viaggio da Napoli
a Bengasi è puramente a scopo di copertura, per nascondere ad eventuali
ricognitori britannici la vera destinazione della nave, facendola sembrare
diretta come al solito in Nordafrica.
28 gennaio 1941
Arriva in mattinata a
Bengasi; prosegue poi per Lero, da sola e senza scorta.
30 gennaio 1941
All’imbrunire, mentre
la Pisani sta entrando nel Canale di
Caso, le vedette avvistano all’improvviso, tra gli scrosci di pioggia, un
intero convoglio britannico (piroscafo Leverbank,
nave cisterna Desmoulea, incrociatore
antiaerei Calcutta e corvetta Peony): il comandante Giobbe decide di
accodarsi alla formazione britannica, e la Pisani
procede così per un tratto, evidentemente non notata dalle navi britanniche, o
scambiata per una di esse. Dopo l’ingresso in Egeo, un nuovo piovasco permette
alla motonave di sfilarsi dalla formazione britannica e dileguarsi
nell’oscurità.
31 gennaio 1941
La Pisani arriva a Rodi in mattinata, qui
sbarcando l’attesissimo e preziosissimo carico. La sera stessa il governatore
del Dodecaneso, generale Ettore Bastico, conferisce a Giobbe la Medaglia
d’Argento al Valor Militare, per aver abilmente portato nelle isole le
provviste necessarie a superare l’inverno.
(Per altra fonte, la Pisani sarebbe arrivata a Lero già alle
16 del 29 gennaio).
Pochi giorni dopo, la
nave rientra in Italia scortata dalla torpediniera Lupo.
30 luglio 1941
La Vettor Pisani parte da Napoli per
Tripoli alle 15, in convoglio con le motonavi Andrea Gritti, Rialto ed Ankara (tedesca), con la scorta del
cacciatorpediniere Lanzerotto Malocello
(caposcorta) e delle torpediniere Procione
e Pegaso. A Trapani si unisce alla
scorta anche la torpediniera Orione.
31 luglio 1941
Al tramonto, dalle 19.30 alle 20.45, il convoglio viene fatto ripetutamente
oggetto di attacchi aerei una ventina di miglia a nordovest di Pantelleria; gli
attaccanti sono sei bombardieri Bristol Blenheim del 105th Squadron
della RAF, decollati dalla base di Luqa (Malta) e guidati dal maggiore George
Goode. Nessuna nave viene colpita, mentre uno degli aerei britannici viene
abbattuto dal Malocello (per altra
versione, danneggiato dal tiro del Malocello
e poi inseguito e colpito ancora dai biplani FIAT CR. 42 della scorta aerea);
la violenta reazione delle navi, anzi, induce i Blenheim a rinunciare
all’attacco, scaricando le bombe in mare e rientrando a Malta.
1° agosto 1941
Il convoglio,
raggiunto anche dalla torpediniera Partenope
(venutagli incontro da Tripoli), giunge a Tripoli alle 13.30.
8 agosto 1941
Pisani, Gritti, Rialto ed Ankara lasciano Tripoli alle 15 per rientrare a Napoli, scortate
dai cacciatorpediniere Aviere
(caposcorta), Camicia Nera, Alfredo Oriani e Vincenzo Gioberti.
Durante la
navigazione non accade niente di particolare, a parte gli ormai usuali allarmi
per avvistamento di ricognitori o bombardieri, e per un sommergibile la cui
presenza è stata segnalata nel Canale di Sicilia.
10 agosto 1941
Il convoglio arriva a
Napoli alle 9.30.
13 agosto 1941
Pisani, Gritti, Rialto ed altre due motonavi, Francesco Barbaro e Sebastiano Venier, partono da Napoli alle 17 dirette a Tripoli,
scortate dai cacciatorpediniere Ugolino
Vivaldi (caposcorta, capitano di vascello Giovanni Galati), Folgore, Strale, Lanzerotto Malocello
e Fulmine e dalla torpediniera Orsa. Poco dopo la partenza il convoglio
viene attaccato da sommergibile, ma l’attacco viene sventato dalla scorta.
Poco più tardi, però,
durante un allarme aereo, sul Vivaldi
scoppia accidentalmente un proiettile in un cannone da 120 mm, costringendo la
nave al rientro per via dei danni subiti e delle gravi condizioni di alcuni
feriti. Al suo posto, il Folgore
(capitano di fregata Giuriati) assume il ruolo di caposcorta.
14 agosto 1941
Dopo mezzanotte, a
sud di Lampione, il convoglio viene attaccato da aerosiluranti, con lancio di
bengala illuminanti. Di nuovo, la reazione della scorta vanifica l’attacco.
15 agosto 1941
Il convoglio giunge a
Tripoli alle 14. Il caposcorta, nella sua relazione, segnalerà i problemi di
comunicazione tra navi mercantili e scorta, possibili soltanto con la radio
principale (non conveniente) o con segnalazioni luminose (troppo lunghe e
troppo pericolose, potrebbero portare all’avvistamento da parte nemica),
chiedendo che al più presto i mercantili vengano dotati di radiosegnalatori.
19 agosto 1941
Pisani, Gritti, Rialto, Barbaro e Venier lasciano
Tripoli alle 15, scortate dai cacciatorpediniere Freccia (caposcorta), Euro
e Dardo e dalla torpediniera Procione.
21 agosto 1941
Alle due di notte, Euro e Rialto raggiungono Palermo. Il resto del convoglio giunge a Napoli
sei ore dopo.
1° settembre 1941
Pisani, Barbaro, Gritti, Rialto e Venier salpano
da Napoli per Tripoli alle 22 (per altra fonte alle 24), scortate dai
cacciatorpediniere Dardo, Folgore, Strale e Nicoloso Da Recco
(caposcorta, capitano di vascello Stanislao Esposito). Il convoglio attraversa
lo Stretto di Messina ed imbocca la rotta di levante, per tenersi il più
possibile al di fuori del raggio d’azione degli aerosiluranti di Malta.
2 settembre 1941
Durante la notte sul
2 settembre, in Tirreno, il convoglio, informato della probabile presenza di un
sommergibile nemico, devia dalla rotta, manovra che lo farà passare nello
stretto di Messina con tre ore di ritardo. Passato lo stretto, il convoglio si
divide in due colonne, con Rialto e Pisani a dritta, Gritti e Barbaro a
sinistra, Venier più a poppavia, tra
le due colonne, e la scorta tutt’intorno (Da
Recco in testa, Freccia e Strale a dritta, Folgore e Dardo a
sinistra). La deviazione compiuta in precedenza fa però sì che il convoglio si
trovi in acque pericolose – nel raggio d’azione degli aerei britannici di base
a Malta – in acque notturne (senza cioè poter fruire della scorta aerea
italiana, che vi è solo di giorno), contrariamente alle previsioni iniziali. Al
calare della notte, come al solito, la scorta aerea se ne va.
3 settembre 1941
Non appena in
franchia dello stretto di Messina, il convoglio assume rotta 116° (mettendo la
prua sulla Morea), cioè verso est, per uscire dal cerchio di raggio 160 miglia
con centro su Malta (che corrisponde al raggio d’azione dei suoi aerei, che
possono colpire nella zona dello stretto e fino a sud di Capo Spartivento, ma
non più ad est) prima di assumere rotta sud. Il ritardo accumulato nello
stretto di Messina fa sì che il convoglio si trovi nella zona pericolosa (entro
il raggio d’azione degli aerei di Malta) nelle ore notturne, quando non è
disponibile la scorta aerea.
Alle 00.25-00.30, 26 miglia a sud/sudest
(per 140°) di Capo Spartivento (nel punto 37°33’ N e 16°26 E), cioè mentre
ancora si trova – per poche miglia – entro il raggio d’azione degli aerei di
Malta, il convoglio viene attaccato da nove aerosiluranti Fairey Swordfish
dell’830th Squadron F.A.A. decollati da Malta. Gli aerei,
provenienti dal lato sinistro, nonostante la reazione delle artiglierie
contraeree delle navi (il Folgore
abbatte un aerosilurante), colpiscono Gritti
e Barbaro con un siluro ciascuna. La
prima, incendiata, esplode dopo pochi minuti uccidendo tutti i 349 uomini a
bordo tranne due, mentre la Barbaro
viene immobilizzata ma rimane a galla. Il Dardo
dà assistenza alla Barbaro,
avvicinandosi all’1.05 ed imbarcandone il personale di passaggio (9 ufficiali e
294 sottufficiali e soldati del Regio Esercito) tra l’1.40 e le 7 (l’operazione
viene interrotta per alcune ore, dalle 3.30 alle 5.15, per via del pericoloso
stato del mare), dopo di che la prende a rimorchio e, con la scorta dei
cacciatorpediniere Ascari e Lanciere appositamente inviati (e
successivamente rilevato, nel rimorchio, dai rimorchiatori Titano e Porto Recanati),
riuscirà a portarla a Messina, giungendovi alle 18.30 dello stesso giorno.
Pisani, Rialto e Venier proseguono con la scorta di Da Recco, Folgore e Strale.
Alle 14.15, in
posizione 35°40’ N e 18°07’ E (175 miglia ad est della Valletta) il
sommergibile britannico Otus (tenente
di vascello Richard Molyneux Favell), già “preavvisato” dall’avvistamento dei
velivoli della scorta aerea (13.45) e dal rumore prodotto dalle macchine delle
navi (14.12), avvista il convoglio e lancia quattro siluri contro una delle
motonavi, da 1830 metri. Nessuna nave viene colpita, e l’Otus subisce un contrattacco con 16 bombe di profondità, conclusosi
alle 15.
4 settembre 1941
La Pisani ed il resto del convoglio arriva
a Tripoli il 4 settembre alle 18.30.
13 settembre 1941
Pisani, Venier e Rialto ripartono da Tripoli per Napoli
alle 19.30, scortate dai cacciatorpediniere Oriani
(caposcorta) e Fulmine e dalle
torpediniere Procione, Orsa e Pegaso.
15 settembre 1941
Il convoglio, dopo
aver percorso la rotta di ponente senza inconvenienti, giunge a Napoli alle 9.
2 ottobre 1941
La Pisani parte da Napoli per Tripoli alle
22.30, con un carico di 3032 tonnellate di materiali e 90 veicoli, oltre a 146
militari; è in convoglio con le motonavi Rialto,
Fabio Filzi e Sebastiano Venier, italiane, e le tedesche Ankara e Reichenfels (in
tutto le navi del convoglio trasportano 828 veicoli, 12.110 tonnellate di
materiali vari, provviste e munizioni, 3162 tonnellate di carburante e 1060
uomini: circa metà della loro portata, per frazionare il carico tra più navi in
modo da ridurre le perdite nel caso dell’affondamento di una di esse), scortate
dai cacciatorpediniere Antonio Da Noli
(caposcorta, capitano di fregata Luigi Cei Martini), Emanuele Pessagno, Antoniotto
Usodimare, Vincenzo Gioberti ed Euro.
Il convoglio, denominato
proprio «Pisani», segue la rotta di levante, per lo stretto di Messina ed ad
est di Malta (a circa 90 miglia dall’isola, perché la recente introduzione dei
bombardieri ed aerosiluranti Vickers Wellington, dotati di maggiore autonomia
dei Fairey Swordfish ed Albacore sino ad ora impiegati, rende inutile viaggiare
a distanza maggiore: in tali condizioni, allora, tanto vale viaggiare più
vicini a Malta, per ridurre la durata della traversata e prolungare il tempo in
cui la caccia proveniente dalla Sicilia può tenere il convoglio sotto la
propria protezione).
La velocità del
convoglio dovrebbe essere di 14 nodi, ma il Reichenfels
ha problemi di macchina che costringono a ridurla a 10 nodi, che più avanti è
possibile portare a 13.
4 ottobre 1941
Alle 14 Rialto e Reichenfels si scambiano di posto nella formazione, per ordine del
caposcorta.
Nelle giornate del 3
e 4 ottobre, di giorno, il convoglio fruisce della scorta aerea di bombardieri
Savoia Marchetti SM. 79 “Sparviero” della Regia Aeronautica e di caccia
Messerschmitt della Luftwaffe, ma poco dopo le dieci del mattino del 4 ottobre
viene avvistato da ricognitori britannici provenienti da Malta, che informano
subito i propri comandi.
Supermarina
intercetta i segnali di scoperta lanciati dai ricognitori, e richiede a
Superaereo di sottoporre Malta, in serata, ad un violento bombardamento, così
da impedire che gli aerei destinati ad attaccare il convoglio nottetempo
possano decollare; il bombardamento avrà luogo, ma per “ragioni di forza
maggiore” non sarà intenso come richiesto da Supermarina, così gli aerei di
Malta possono decollare egualmente.
Dopo
l’intercettazione del segnale di scoperta, Supermarina ne mette al corrente
anche il caposcorta Cei Martini, che dopo il tramonto fa coprire tutto il
convoglio con cortine nebbiogene, così che i ricognitori nemici non lo vedano
accostare, poi modifica la rotta nel tentativo di ingannare gli aerei
britannici.
Il provvedimento
sembra avere un temporaneo successo, ma tra l’una e le due di notte del 5
ottobre i ricognitori nemici ritrovano il convoglio.
5 ottobre 1941
Alle 00.45, un
sommergibile attacca infruttuosamente il convoglio e l’Usodimare contrattacca, ritenendo di averlo danneggiato.
Poco dopo le 2.52 del
5 ottobre ha inizio un attacco aereo; viene dato l’allarme, ed i
cacciatorpediniere della scorta riescono ad occultare i mercantili con cortine
di nebbia. Non appena gli aerei si avvicinarono, tutte le navi del convoglio
aprono un violento fuoco di sbarramento, che costringe gli attaccanti a
ritirarsi. La navigazione prosegue, con vigilanza rafforzata.
Alle 3.52, una
settantina di miglia a nord di Misurata (per altra fonte, 80 miglia a
nord-nord-est di tale città), ha inizio un secondo attacco, da parte di quattro
aerosiluranti Fairey Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air
Arm decollati da Malta. Il caposcorta Cei Martini fa emettere nuovamente
cortine fumogene, ma si accorge che, con il vento che spira dai settori
poppieri, la cortina non è efficace; risale quindi il convoglio su rotta
invertita ed emettendo fumo, così riuscendo ad occultare tutto il lato
sinistro. Il lato dritto, quello opposto alla luna, resta però scoperto; e da
quel lato attaccano gli aerosiluranti, che alle 3.57 colpiscono la Rialto con uno o due siluri. Uno degli
aerei viene abbattuto, ma la motonave rimane immobilizzata ed inizia a sbandare
fortemente; Euro e Gioberti vengono distaccati per
recuperarne l’equipaggio. La Rialto
affonderà alle dieci del mattino, dopo che i due cacciatorpediniere avranno
recuperato 145 dei 165 uomini imbarcati.
Il resto del
convoglio (Pisani compresa),
proseguito dopo il siluramento, viene raggiunto dalle torpediniere Partenope (dopo rastrello
antisommergibile) e Calliope (per
pilotaggio e rinforzo alla scorta) inviate da Tripoli, ed arriva nel porto
libico alle 15 (o 15.30) dello stesso giorno.
12 ottobre 1941
Pisani, Filzi, Venier, Ankara e Reichenfels
ripartono da Tripoli alle 20.45, scortate dai cacciatorpediniere Granatiere (caposcorta, capitano di
vascello Capponi), Bersagliere, Fuciliere ed Alpino.
14 ottobre 1941
Il convoglio giunge
indenne a Napoli alle 22.
20 novembre 1941
La Vettor Pisani (comandante militare
tenente di vascello Federico Pieroni) e la motonave Napoli, che formano il
primo scaglione del convoglio «C», salpano da Napoli alle 20, scortate dal
cacciatorpediniere Turbine e dalla
torpediniera Perseo.
Il convoglio fa parte
di un’operazione di traffico volta ad inviare urgenti rifornimenti in Libia,
dov’è iniziata da pochi giorni un’offensiva britannica (operazione «Crusader»)
e dopo che la distruzione del convoglio «Duisburg», avvenuta il 9 novembre ad
opera della Forza K britannica, ha provocato la perdita di un ingente
quantitativo di rifornimenti diretti in Africa Settentrionale.
Dopo qualche giorno
di parziale stasi dovuto al disastro del 9 novembre, infatti, il capo di Stato
Maggiore generale, maresciallo Ugo Cavallero, ha dato ordine il 13 novembre di
far partire immediatamente per la Libia le motonavi già cariche e pronte alla
partenza, con poderosa scorta di almeno due divisioni di incrociatori, con
operazione da svolgersi al più presto, al fine di “sfruttare il vantaggio della
sorpresa”.
Supermarina,
d’accordo con Superareo, ha quindi subito provveduto a dare le disposizioni per
l’invio a Tripoli delle sei motonavi già pronte a Napoli (Vettor Pisani, Napoli, Monginevro, Ankara, Sebastiano Venier
ed Iridio Mantovani), lungo la rotta
di levante, passando per lo Stretto di Messina e tenendosi poi al di fuori del
raggio d’azione degli aerosiluranti d Malta (190 miglia).
L’operazione vede in
mare altri due gruppi di due moderne motonavi ciascuno: il secondo scaglione
del convoglio «C», partito da Napoli alle 5.30 del 21 (motonave Monginevro, nave cisterna Iridio Mantovani, cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, torpediniera Enrico Cosenz) ed il convoglio «Alfa»,
salpato da Napoli alle 19 del 20 (motonavi Ankara
e Sebastiano Venier e
cacciatorpediniere Maestrale, Alfredo Oriani e Vincenzo Gioberti). La III e VIII Divisione Navale dovranno dare
loro protezione; dallo stretto di Messina in poi, dovranno navigare ad
immediato contatto col convoglio «C», quasi incorporate in esso.
Al contempo, una
motonave veloce (la Fabio Filzi) sarà
inviata sempre a Tripoli ma sulla rotta di ponente (per il Canale di Sicilia),
con la scorta di un paio di cacciatorpediniere (oltre che di aerei: sia sui due
convogli che sulla Filzi la scorta
aerea dovrà essere continua, nelle ore diurne, dal 20 al 23 novembre), per non
dare nell’occhio. Contestualmente saranno inviati a Bengasi l’incrociatore
leggero Luigi Cadorna in missione di
trasporto di carburante (da Brindisi) e le motonavi Città di Palermo e Città di
Tunisi cariche di truppe (da Taranto), e verranno fatte rientrare in Italia
le navi rimaste bloccate a Tripoli dall’inizio di novembre. L’idea è che un tale
numero di navi in movimento contemporaneamente, divise in più convogli sparsi
su una vasta area, confonda e disorienti la ricognizione maltese; che i
convogli finiscano col coprirsi a vicenda; che la presenza in mare della III e
VIII Divisione scoraggi interventi da parte della Forza K britannica (autrice
della distruzione del convoglio «Duisburg»), notevolmente inferiore per numero
e potenza (incrociatori leggeri Aurora
e Penelope e cacciatorpediniere Lance e Lively). L’Aeronautica, oltre alla scorta antiaerea ed
antisommergibile dei convogli, effettuerà anche azioni di ricognizione e di
bombardamento degli aeroporti di Malta. Alcuni sommergibili vengono disposti in
agguato nelle acque circostanti l’isola.
Dopo vari rinvii
dovuti al maltempo (che impedisce l’utilizzo degli aeroporti della Sicilia),
l’operazione prende il via, ma fin da subito molte cose non vanno per il verso
giusto. Il convoglio «Alfa» viene avvistato da un ricognitore britannico poco
dopo la partenza; quando viene intercettato un messaggio radio britannico dal
quale risulta che una forza navale britannica non è molto lontana, il convoglio
viene dirottato ad Argostoli, ponendo così fine alla sua partecipazione
nell’operazione.
21 novembre 1941
Alle 00.23 la Perseo lascia la scorta del convoglio.
I due scaglioni del
convoglio «C» si uniscono invece poco prima di imboccare lo stretto di Messina
(poco dopo le 16 del 21), costituendo una formazione unica, sotto la direzione
del Da Recco, procedendo a 14 nodi.
A protezione
dell’operazione esce in mare da Napoli, alle 8.10 del 21, la VIII Divisione
(incrociatori leggeri Luigi di Savoia
Duca degli Abruzzi, nave di bandiera
del comandante superiore in mare, ammiraglio di divisione Giuseppe Lombardi, e Giuseppe Garibaldi; cacciatorpediniere Aviere, Geniere, Corazziere, Carabiniere e Camicia Nera) quale scorta indiretta, seguita alle 19.30 dello
stesso giorno dalla III Divisione (incrociatori pesanti Trento, Trieste e Gorizia, quest’ultimo nave ammiraglia)
per scorta strategica.
Poco dopo le 16, la VIII
Divisione raggiunge il convoglio «C» e ne assume la scorta diretta; quasi
contemporaneamente, però (mentre ancora la formazione è a nord della Sicilia),
convoglio e scorta vengono avvistati da un aereo e da un sommergibile
avversari, che segnalano a Malta la presenza di navi mercantili e navi da
guerra italiane dirette verso lo stretto di Messina. Supermarina intercetta e
decifra entrambi i segnali di scoperta; stante però la potente scorta di cui il
convoglio gode, sia Supermarina che l’ammiraglio Lombardi decidono di
proseguire, senza neanche modificare la rotta.
Alle 18 Da Recco e Cosenz lasciano la scorta, venendo sostituiti dai
cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, Emanuele Pessagno ed Antonio Da Noli. Alle 19.50 il convoglio
e la VIII Divisione imboccano lo stretto di Messina, e poco dopo vengono
raggiunti anche dalla III Divisione dell’ammiraglio Angelo Parona. La VIII
Divisione si posiziona in testa al convoglio, la III in coda; tutta la
formazione assume direttrice di marcia lungo la costa siciliana, a 14 nodi,
come ordinato. Alle 20.45 l’ammiraglio Lombardi viene informato da Supermarina
che forze di superficie britanniche sono in mare, e provvede ad ordinare a
tutte le unità “posto di combattimento generale”, avvisandole dell’eventualità
di un incontro notturno con navi nemiche. Contemporaneamente il convoglio
inizia ad essere sorvolato da ricognitori britannici, che volano sul suo cielo
con qualche luce volutamente lasciata accesa, in modo da attirare il fuoco
contraereo delle navi, che segnalano così, involontariamente, la direttrice di
marcia del convoglio. L’ammiraglio Lombardi ordina tassativamente di non aprire
il fuoco contro i ricognitori, essendo peraltro inutile, proprio per evitare di
segnalare la propria posizione; ma durante la notte diverse navi, soprattutto
tra quelle mercantili, si lasciano sfuggire sporadiche raffiche di mitragliera
contro tali velivoli.
I ricognitori non
perdono mai di vista il convoglio, aggiornando continuamente Malta sui suoi
spostamenti: innumerevoli messaggi vengono intercettati e decifrati sia da
Supermarina che dal comando della VIII Divisione.
Alle 21.45 la
formazione assume rotta 96°, in modo da uscire prima possibile dal raggio
d’azione degli aerosiluranti, e poco dopo si dispone in ordine di marcia
notturna, con l’VIII Divisione a dritta e la III a sinistra. Tale cambiamento
di rotta e formazione viene ordinato dall’ammiraglio Lombardi per cercare di
disorientare i ricognitori; ma poco dopo ricompaiono i bengala ed i fanalini
dei ricognitori, a mostrare che il convoglio non è stato perso di vista. Non
passa molto, anzi, prima che inizi una serie di violenti attacchi aerei; ed
anche sommergibili britannici si avvicinano al convoglio per attaccarlo.
Alle 23.12 il Trieste
viene silurato dal sommergibile britannico Utmost
(capitano di corvetta Richard Douglas Cayley), riportando danni gravissimi:
rimane immobilizzato, e potrà rimettere in moto solo alle 00.38, scortato da Corazziere e Carabiniere, per trascinarsi verso Messina. Ma non è finita.
22 novembre 1941
Poco dopo le 00.30
diverse unità sentono rumore di aerei, e dopo pochi secondi molti bengala
iniziano ad accendersi, uno dopo l’altro, nel cielo a nord del convoglio, su
rotta ad esso parallela: l’ammiraglio Lombardi ordina subito a tutte le unità
di accostare a un tempo di 90° verso sud, per dare la poppa ai bengala. Si
prepara infatti un attacco di aerosiluranti: Duca degli Abruzzi, Garibaldi
e le quattro motonavi appaiono ben visibili nella luce dei bengala. L’ordine
viene eseguito, ma alle alle 00.38 anche il Duca
degli Abruzzi viene colpito da un siluro d’aereo, e si ferma con gravi
danni.
La menomazione della
forza di scorta, insieme ai continui e violenti attacchi aerei ed alla notizia
della presenza in mare di forze di superficie britanniche, inducono
l’ammiraglio Lombardi ad ordinare che il convoglio, accompagnato da Trento e Gorizia e dalla XI Squadriglia Cacciatorpediniere (oltre alla
scorta diretta), rientri a Taranto; Supermarina conferma l’ordine. Garibaldi e XIII Squadriglia rimangono
ad assistere il Duca degli Abruzzi,
che riuscirà faticosamente a rientrare a Messina.
Sotto i violenti e
continui attacchi aerei, le motonavi si disorientano e si disperdono: soltanto
la Napoli rimane in prossimità della III Divisione; la Pisani segue rotte varie, poi viene ritrovata dal Gorizia alle 9.36 e si ricongiunge con
la Napoli ed il Geniere, coi quali giunge a Taranto alle 17 del 22. La Mantovani vi arriverà qualche ora più
tardi, mentre la disorientata Monginevro,
che ha ricevuto gli ordini solo più tardi e mutato rotta più volte, vi arriverà
soltanto il giorno seguente.
13 dicembre 1941
La Vettor Pisani (comandante militare, capitano
di corvetta Avallone, che è anche capo convoglio; viene inoltre imbarcato
personale radiotelegrafista militare, come sulle altre motonavi) e due altre
moderne motonavi, Napoli e Monginevro, salpano da Taranto alle 19
nell’ambito dell’operazione di traffico «M. 41». Dopo le gravi perdite subite
dai convogli diretti in Libia nelle settimane precedenti, infatti, le forze
italo-tedesche in Nordafrica si trovano in situazione di grave carenza di
rifornimenti proprio mentre è in corso l’operazione «Crusader», ed urge
rifornirle.
Vettor Pisani, Napoli
e Monginevro costituiscono il
convoglio «L», diretto a Bengasi con la scorta dei cacciatorpediniere Freccia ed Emanuele Pessagno (con a bordo il contrammiraglio Amedeo Nomis di
Pollone) e della torpediniera Pegaso.
Con la «M. 41»,
Supermarina intende inviare a Tripoli e Bengasi tutti i mercantili già carichi
presenti nei porti dell’Italia meridionale, mobilitando per la loro protezione,
diretta e indiretta, pressoché tutta la flotta in condizioni di efficienza.
Sono previsti tre
convogli: l’«A», da Messina a Tripoli, formato dalle moderne motonavi Fabio Filzi e Carlo Del Greco scortate dai cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco ed Antoniotto Usodimare (poi dirottato su
Taranto per unirsi da subito all’«L» ma distrutto durante tale percorso dal
sommergibile britannico Upright);
l’«L», da Taranto per Tripoli, formato da Vettor
Pisani, Monginevro, Napoli, Freccia, Pessagno e Pegaso; e
l’«N», da Navarino ed Argostoli per Bengasi, costituito dai piroscafi Iseo e Capo Orso scortati dai cacciatorpediniere Turbine e Strale, cui si
devono aggiungere la motonave tedesca Ankara,
il cacciatorpediniere Saetta e la
torpediniera Procione provenienti da
Argostoli.
Ogni convoglio deve
fruire della protezione di una forza navale di sostegno, che di giorno si terrà
in vista dei trasporti e di notte a in formazione con essi, incorporato. Il
gruppo assegnato al convoglio «L» dalla corazzata Duilio (nave ammiraglia dell’ammiraglio di squadra Carlo Bergamini)
e da un’eterogenea VIII Divisione composta per l’occasione dagli incrociatori
leggeri Giuseppe Garibaldi (nave di
bandiera dell’ammiraglio Giuseppe Lombardi, comandante della VIII Divisione) e Raimondo Montecuccoli e
dall’incrociatore pesante Gorizia
(con a bordo l’ammiraglio di divisione Angelo Parona), mentre il gruppo
assegnato agli altri convogli è composto dalla corazzata Andrea Doria e dalla VII Divisione (ammiraglio di divisione
Raffaele De Courten) con gli incrociatori leggeri Muzio Attendolo ed Emanuele
Filiberto Duca d’Aosta.
Infine, a tutela
dell’intera operazione contro un’eventuale uscita in mare delle corazzate della
Mediterranean Fleet, prende il mare la IX Divisione Navale (ammiraglio di
squadra Angelo Iachino, comandante superiore in mare) con le moderne corazzate Littorio e Vittorio Veneto, scortate dalla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere
(Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino). Queste navi si dovranno
posizionare nel Mediterraneo centrale.
A completamento dello
schieramento, un gruppo di sommergibili viene dislocato nel Mediterraneo
centro-orientale con compiti esplorativi ed offensivi; è inoltre previsto un
imponente intervento della Regia Aeronautica (comprensivo, tra l’altro, di
ricognizioni su Alessandria e nel Mediterraneo orientale e centro-orientale).
Per via della carenza
di navi scorta e del tempo necessario a reperirne, l’operazione, inizialmente
prevista per il 12 dicembre, viene posticipata di un giorno.
Le decrittazioni di
“ULTRA” sono stavolta tardive ed erronee: riportano la partenza del convoglio
come prevista per il 14 dicembre, anziché il 13.
Nel tardo pomeriggio
del 13, quando i convogli sono già in mare, la ricognizione aerea comunica a
Supermarina che una consistente forza britannica, comprensiva di corazzate ed
incrociatori (in realtà sono solo quattro incrociatori leggeri: i ricognitori
hanno grossolanamente sovrastimato la composizione e potenza della forza
avvistata), si trova tra Tobruk e Marsa Matruh, diretta verso ovest. La somma
delle forze italiane in mare è complessivamente superiore, ma si trova divisa
in gruppi tra loro distanziati e vincolati a convogli lenti e poco manovrieri;
per questo, alle ore 20 Supermarina decide di sospendere l’operazione, ed i
convogli ricevono ordine di rientrare. Ciò non basterà ad evitare danni:
durante la notte, il sommergibile britannico Urge silurerà la Vittorio
Veneto, danneggiandola gravemente. I piroscafi Iseo e Capo Orso entrano
in collisione in fase di rientro, danneggiandosi gravemente.
14 dicembre 1941
La Vettor Pisani e le altre navi
raggiungono Taranto nel pomeriggio/sera.
16 dicembre 1941
Dopo il fallimento
della «M. 41», viene rapidamente organizzata al suo posto l’operazione «M. 42»,
che prevede l’invio di quattro mercantili (Vettor
Pisani, Monginevro, Napoli, Ankara: le motonavi uscite indenni dalla «M. 41», non essendovene
altre pronte) riunite in un unico convoglio per gran parte della navigazione,
ed inoltre l’impiego delle Divisioni di incrociatori adibite alla scorta
secondo la loro struttura organica, a differenza che nella «M. 41». In tutto le
quattro motonavi trasportano 14.770 tonnellate di materiali e 212 uomini; la Pisani, specificamente, ha a bordo 1317
tonnellate di materiali vari e 1601 tonnellate di carburante in fusti per le
forze italiane, e 761 tonnellate di carburante in fusti e 94 tonnellate di
materiali vari per le forze tedesche. Come in molte altre occasioni, un carico
ben inferiore alla portata della nave.
La scorta diretta è
costituita dai cacciatorpediniere Vivaldi
(caposcorta, contrammiraglio Nomis di Pollone), Da Noli, Da Recco, Malocello, Pessagno, Zeno e Saetta, e dalla torpediniera Pegaso. L’ordine d’operazione prevede
che le navi procedano in formazione unica, a 13 nodi di velocità, sino al largo
di Misurata, per poi scindersi in due convogli: «N», formato da Ankara, Saetta (caposcorta) e Pegaso,
per Bengasi; «L», composto da tutte le altre unità (Pisani compresa), per Tripoli.
I due convogli
partono da Taranto il 16 dicembre, ad un’ora di distanza l’uno dall’altro: alle
15 l’«N», alle 16 l’«L».
Da Taranto esce un
gruppo di sostegno composto dalla corazzata Duilio
(nave di bandiera dell’ammiraglio Carlo Bergamini, comandante del gruppo),
dalla VII Divisione (incrociatori leggeri Emanuele
Filiberto Duca d’Aosta, nave di
bandiera dell’ammiraglio De Courten, Raimondo
Montecuccoli e Muzio Attendolo) e
dai cacciatorpediniere Ascari, Aviere e Camicia Nera; i suoi ordini sono di tenersi ad immediato contatto
del convoglio fino alle 8 del 18, per poi spostarsi verso est così da poter
intervenire in caso di invio contro il convoglio di forza di superficie da
Malta.
Vi è anche un gruppo
di appoggio composto dalle corazzate Giulio
Cesare, Andrea Doria e Littorio (nave di bandiera
dell’ammiraglio Angelo Iachino, comandante superiore in mare), dagli
incrociatori pesanti Trento e Gorizia (nave di bandiera
dell’ammiraglio di divisione Angelo Parona, comandante della III Divisione) e
dai cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere, Corazziere, Fuciliere, Carabiniere, Alpino, Oriani, Gioberti ed Usodimare, nonché ricognizione e scorta aerea assicurata dalla
Regia Aeronautica e dalla Luftwaffe, l’invio dei sommergibili Topazio, Santarosa, Squalo, Ascianghi, Dagabur e Galatea in
agguato nel Mediterraneo centro-orientale, e la posa di ulteriori campi minati
al largo della Tripolitania.
Già prima della
partenza, i comandi italiani e l’ammiraglio Iachino sono stati informati
dell’avvistamento alle 14.50, da parte di un ricognitore tedesco, di una
formazione britannica che comprende una corazzata. In realtà, di corazzate
britanniche in mare non ce ne sono: il ricognitore ha scambiato per corazzata
la nave cisterna militare Breconshire,
partita da Alessandria per Malta con 5000 tonnellate di carburante destinato
all’isola, con lam scota degli incrociatori leggeri Naiad, Euryalus e Carlisle e dei cacciatorpediniere Jervis, Havock, Hasty, Nizam, Kimberley, Kingston, Kipling e Decoy, il tutto sotto il comando dell’ammiraglio Philip L. Vian.
Comunque, Supermarina decide di procedere egualmente con l’operazione, sia per
via della disperata necessità di far arrivare rifornimenti in Libia al più
presto, sia perché la formazione italiana è comunque molto più potente di
quella avversaria. Convoglio e gruppo di sostegno procedono dunque lungo la
rotta prestabilita.
Poco prima di
mezzanotte, il sommergibile britannico Unbeaten
avvista parte delle unità italiane e ne informa il comando britannico
(messaggio che viene peraltro intercettato e decrittato dalla Littorio); quest’ultimo ne è in realtà
già al corrente grazie alle decrittazioni di “ULTRA”, che tra il 16 ed il 17
dicembre forniscono a più riprese molte informazioni su mercantili, scorte
dirette ed indirette, porti ed orari di partenza e di arrivo. Il 16 dicembre
“ULTRA” informa che è probabile un nuovo tentativo di rifornimento della Libia
con inizio proprio quel giorno, dopo quello fallito di tre giorni prima, ed
indica la Pisani tra le navi
probabilmente disponibili (insieme ad Ankara,
Napoli e Monginevro, che con la Pisani
dovrebbero dirigersi verso Bengasi, nonché Filzi
e Del Greco, dirette a Tripoli:
evidentemente da parte britannica ancora non si sapeva di averle affondate). Il
17 dicembre “ULTRA” aggiunge informazioni più precise: Pisani, Monginevro e Napoli, scortati da sei
cacciatorpediniere tra cui il Vivaldi,
dovevano lasciare Taranto a mezzogiorno del 16 insieme all’Ankara, scortata invece da due siluranti tra cui il
cacciatorpediniere Saetta; arrivo
previsto a Bengasi alle 8 del 18 per l’Ankara,
a Tripoli alle 17 dello stesso giorno per le altre motonavi; presenza in mare a
scopo di protezione della Duilio,
della VII Divisione (“probabilmente l’Aosta
e l’Attendolo”) e forse anche di
altre forze navali, Littorio compresa. Il 18 aggiungerà che le motonavi sono
partite da Taranto alle 13 del 16 e che sono scortate da 2 corazzate, 2
incrociatori e 12 cacciatorpediniere, più una forza di supporto di 3 corazzate,
2 incrociatori e 10 cacciatorpediniere a nordest.
I comandi britannici,
tuttavia, non si trovano in condizione di poter organizzare un attacco contro
il convoglio italiano.
17 dicembre 1941
Alle 16.25 Pisani, Monginevro, Ankara e Napoli vengono avvistate da un
ricognitore britannico.
Nel tardo pomeriggio
del 17 dicembre il gruppo «Littorio» si scontra con la scorta della
Breconshire, in un breve ed inconclusivo scambio di colpi chiamato prima
battaglia della Sirte. Iniziato alle 17.23, lo scontro si conclude già alle
18.10, senza danni da ambo le parti; Iachino, ancora all’oscuro dell’invio a
Malta della Breconshire e convinto che navi da battaglia britanniche siano in
mare, attacca gli incrociatori di Vian per tenerli lontani dal suo convoglio
(ritiene infatti che gli incrociatori britannici siano lì per attaccare i mercantili
italiani, mentre in realtà non vi è alcun tentativo del genere da parte
britannica) e rompe il contatto al crepuscolo, per evitare un combattimento
notturno, per il quale la flotta italiana non è preparata.
Alle 17.56, per
evitare un pericoloso incontro del convoglio con unità di superficie
britanniche (si crede ancora che in mare ci siano una o più corazzate
britanniche), il convoglio ed il gruppo di sostegno accostano ad un tempo ed
assumono rotta nord (in modo da allontanarsi dalla zona dove si trova la
formazione britannica), sulla quale rimangono fino alle 20 circa; poi, in base
a nuovi ordini impartiti da Iachino (e per non allontanarsi troppo dalla zona
di destinazione), manovrano per conversione di 20° per volta (in modo da
mantenere per quanto possibile la formazione, in una zona ad elevato rischio di
attacchi aerei) ed effettuano un’ampia accostata sino a rimettere la prua su
Misurata. Convoglio e gruppo di sostegno sono “incorporate” in un’unica
complessa formazione (i mercantili su due colonne, con Monginevro in posizione avanzata a dritta, Pisani in posizione avanzata a sinistra, seguite rispettivamente da
Napoli ed Ankara, il Vivaldi in
testa, Da Noli e Malocello rispettivamente 30° di prora a dritta e sinistra di Pisani e Monginevro, Zeno e Da Recco 70° di prora a dritta e
sinistra di Pisani e Monginevro, Saetta a sinistra della Pisani
e Pessagno a dritta della Napoli; seguite dal gruppo di sostegno
su due colonne, con Duca d’Aosta
seguito da Attendolo e Camicia Nera a sinistra, Duilio seguita da Montecuccoli ed Aviere a
dritta, più Pigafetta a sinistra di Aosta ed Attendolo e Carabiniere a
dritta di Duilio e Montecuccoli), il che fa sì che occorra
più del previsto perché la formazione venga riordinata sulla rotta 210°: ciò
accade alle 22 del 17.
Durante la notte il
convoglio, che avanza a 13 nodi, viene avvistato da ricognitori nemici, ma non
subisce attacchi.
18 dicembre 1941
Poco prima dell’alba
del 18, i cacciatorpediniere Granatiere
e Corazziere entrano in collisione,
distruggendosi a vicenda la prua; gli incrociatori della VII Divisione prestano
loro soccorso. Alle 13 la Duilio si
riunisce al gruppo «Littorio», lasciando la VII Divisione a protezione
immediata dei mercantili. Frattanto, alle 12.30 (in posizione 33°18’ N e 15°33’
E), le navi mercantili si separano come previsto: il convoglio «N» dirige per
Bengasi, mentre il convoglio «L» prosegue per Tripoli con la scorta e diretta
e, fino al tramonto, anche quella della VII Divisione. Calato il buio, anche la
VII Divisione lascia il convoglio per rientrare a Taranto.
Il contrammiraglio
Nomis di Pollone ordina al convoglio «L»
di dividersi in tre gruppi, ognuno formato da una motonave e due
cacciatorpediniere (Monginevro con Da Recco e Malocello; Pisani con Vivaldi e Pessagno; Napoli con Da Noli e Zeno), in modo da rendere la formazione più maneggevole; i gruppi
devono distanziarsi di 4 miglia l’uno dall’altro.
L’ordine è in corso
d’esecuzione, ed i gruppi si sono già distanziati di 2-3 miglia, quando a
distanza si accendono i bengala che preannunciano un attacco aereo. Nomis di
Pollone ordina di emettere cortine fumogene, proseguendo la navigazione
seguendo all’ecometro la batometrica di 30 metri, cui corrisponde la rotta di
sicurezza. Il gruppo Pisani-Vivaldi-Pessagno non subisce alcun attacco.
Il gruppo della Monginevro viene infruttuosamente
attaccato da un singolo velivolo, che viene abbattuto, mentre ha meno fortuna
quello della Napoli: la motonave
viene colpita all’estrema poppa, subendo pochi danni ma la messa fuori uso del
timone.
Intanto anche Tripoli
viene bombardata, con incursione che si protrarrà fino alle tre di notte del
19.
La Napoli viene soccorsa
dai cacciatorpediniere e poi dal rimorchiatore Ciclope, inviatole incontro da Tripoli. Nella confusione, lo Zeno entra in collisione con la Napoli
stessa e riporta dei danni, ma raggiunge ugualmente Tripoli.
Nella notte tra il 18
ed il 19 dicembre la Forza K britannica, uscita da Malta per cercare il
convoglio, finisce sui campi minati posati al largo di Tripoli: affondano
l’incrociatore leggero Neptune ed il
cacciatorpediniere Kandahar, viene
gravemente danneggiato l’incrociatore leggero Aurora e meno gravemente anche il gemello Penelope. La temuta Forza K ha cessato di esistere.
19 dicembre 1941
Dato che Tripoli è
sotto bombardamento, Pisani, Monginevro e relativi cacciatorpediniere
ricevono ordine di mettersi alla fonda presso Tagiura (che è già entro il
sistema protettivo di sbarramenti), a dieci miglia dal porto, per attendere che
terminino il bombardamento e poi il dragaggio magnetico dell’avamporto di
Tripoli. Infine, le motonavi entrano a Tripoli alle 10.30. La danneggiata Napoli (il cui carico è però intatto),
rimorchiata dal Ciclope, giungerà in
porto alle 16. L’operazione «M. 42» si conclude finalmente in un successo, con l’arrivo
a destinazione di tutti i rifornimenti inviati.
27 dicembre 1941
La Vettor Pisani lascia Tripoli per Napoli
alle 18, scortata dalla torpediniera Partenope
fino a Palermo.
29 dicembre 1941
Alle quattro del
mattino la Pisani viene raggiunta
dalla torpediniera Polluce, inviatale
incontro da Napoli per assumerne la scorta; le due navi giungono nella città Partenopea alle 10.30.
22 gennaio 1942
La Pisani ed un’altra moderna motonave, la Monviso (capoconvoglio), salpano da
Messina alle otto del mattino costituendo il convoglio n. 1 dell’operazione di
traffico «T. 18», consistente nell’invio in Libia di 15.000 tonnellate di
rifornimenti, 97 carri armati, 271 autoveicoli e 1467 uomini (una intera
divisione corazzata tedesca). Di questo carico complessivo, la Pisani ha a bordo un ufficiale e 52
sottufficiali e soldati del Regio Esercito, 21 militari tedeschi, 16 carri
armati italiani (peso complessivo 224 tonnellate) e 25 tedeschi, 56 automezzi e
rimorchi italiani (peso complessivo 247 tonnellate) e 34 tedeschi, 3134
tonnellate di carburante e materiali per le forze italiane e 1328 tonnellate di
materiale per le forze tedesche.
La scorta è
costituita dal gruppo «Vivaldi», formato dai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, Antonio Da Noli e Lanzerotto
Malocello della XIV Squadriglia, dai cacciatorpediniere Aviere, Geniere e Camicia Nera
della XIV Squadriglia e dalle torpediniere Castore
ed Orsa, al comando del
contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone (sul Vivaldi).
Nello stretto di
Messina si uniscono al convoglio n. 1 della «T. 18» anche le motonavi Monginevro e Ravello, salpate da Napoli.
Da Taranto escono in
mare anche la quinta nave del convoglio, il grande trasporto truppe Victoria, ed i due gruppi di scorta
indiretta: l’«Aosta» (ammiraglio di divisione Raffaele De Courten, partito alle
11) con gli incrociatori leggeri della VII Divisione (Emanuele Filiberto Duca
d’Aosta, Raimondo Montecuccoli, Muzio Attendolo) e la XIII Squadriglia Cacciatorpediniere (Bersagliere, Carabiniere, Fuciliere, Alpino) ed il «Duilio» (ammiraglio di
squadra Carlo Bergamini, partito alle 17 insieme alla Victoria) con la corazzata Duilio
e la XV Squadriglia Cacciatorpediniere (Antonio
Pigafetta, Alfredo Oriani, Ascari, Scirocco).
A protezione
dell’operazione, nove sommergibili sono dislocati ad est di Malta e tra Creta e
l’Egitto; la Regia Aeronautica e la Luftwaffe danno il loro contributo con
aerei da caccia (sempre presenti, nelle ore diurne, sul cielo del convoglio),
da ricognizione ed antisommergibile.
Poco dopo la partenza
la Ravello, colta da avaria al
timone, è costretta a tornare in porto; il resto del convoglio prosegue e si
unisce al gruppo «Aosta» nel pomeriggio del 22.
La Royal Navy,
avvertita dai decrittatori di “ULTRA” che «un importante convoglio diretto a
Tripoli dall’Italia e coperto dalla flotta sarà in mare oggi [22 gennaio], così
come il 23 e il 24 gennaio» (il giorno seguente “ULTRA” fornirà ai comandi
britannici informazioni più dettagliate, sebbene meno del solito, indicando che
un «importante convoglio» è partito dall’Italia per Tripoli con probabile
arrivo il giorno 24, e che, sebbene la sua esatta composizione non sia nota,
esso probabilmente comprende la Victoria
con mille soldati e la motonave Vettor
Pisani partita da Messina il 22 mattina, il tutto coperto «da un certo
numero delle principali unità della Marina italiana»), dispone numerosi
sommergibili in agguato nel Golfo di Taranto, e tali battelli segnalano
l’improvviso movimento di tante navi italiane.
23 gennaio 1942
Alle 15, con un certo
ritardo ma approssimativamente nel punto prestabilito, il convoglio si unisce
anche al gruppo «Duilio»; le motonavi si dispongono su due colonne e la Victoria, divenuta nave capo convoglio,
si pone in testa alla colonna sinistra, mentre il gruppo «Vivaldi» si posiziona attorno ai mercantili ed i due gruppi
«Duilio» e «Aosta» si dispongono sui fianchi del convoglio.
Le navi seguono rotte
che passano a 190 miglia
da Malta, distanza che dovrebbe essere maggiore del raggio operativo degli
aerosiluranti di base a Malta ed in Cirenaica, 180 miglia; la sera del
23 dovranno poi accostare verso Tripoli, mantenendo rotta tangente al cerchio
di 190 miglia
di raggio con centro Malta. In realtà, 190 miglia sono divenute
una distanza insufficiente, perché l’autonomia degli aerosiluranti britannici è
aumentata rispetto al passato e perché ora gli aerei possono decollare da nuove
basi cirenaiche, più avanzate di quanto ritenuto dai comandi italiani,
conquistate dai britannici con l’operazione «Crusader».
Già dal giorno
precedente, però, i comandi britannici sono a conoscenza dei movimenti
italiani: sommergibili in agguato nel golfo di Taranti hanno infatti segnalato
il passaggio del gruppo «Aosta», e nella serata e notte successive ricognitori
hanno individuato e pedinato il gruppo «Duilio».
Dopo la riunione, il
convoglio, che procede a 14 nodi sotto la protezione di nove Junkers Ju 88
della Luftwaffe, continua ad essere tallonato dai ricognitori: alle 15.50 uno
di essi viene avvistato 20.000
metri ad est della formazione. Ai ricognitori seguono gli
attacchi aerei: il primo si verifica alle 16.16, quando la Victoria viene mancata da alcune bombe di piccolo calibro; poco
dopo altre bombe di maggior calibro sono sganciate contro il gruppo «Aosta» ma
ancora senza risultato, grazie anche alla rabbiosa reazione contraerea delle
navi.
Su richiesta
dell’ammiraglio Bergamini, la scorta aerea viene rinforzata con altri tre Ju 88
del II Corpo Aereo Tedesco.
Alle 17.25 il
convoglio viene nuovamente attaccato da tre aerosiluranti, provenienti dalla
direzione del sole: le torpediniere (che si trovano su quel lato) aprono contro
di essi un intenso tiro, così che i velivoli, giunti a circa un chilometro
dalla scorta (e tre dalla Victoria),
scaricano in mare le loro armi, cabrano ed invertono la rotta (uno di essi sarà
poi abbattuto dagli Ju 88 della scorta aerea). Dapprima le navi italiane
pensano che i velivoli fossero bombardieri: solo quando il Vivaldi avvista le scie dei siluri ci si accorge della realtà. Alle
17.31 la Victoria viene colpita a
poppa da un siluro e rimane immobilizzata. Aviere,
Ascari e Camicia Nera si fermano per dare assistenza alla nave danneggiata,
mentre il resto del convoglio prosegue sulla sua rotta. Due nuovi attacchi di
aerosiluranti, alle 18.40 ed alle 18.45, daranno il colpo di grazia alla Victoria, che affonderà alle 19 con la
perdita di 391 dei 1455 uomini a bordo.
Il resto del
convoglio continua (la Pisani devia
però più volte dalla rotta, tanto da rendere necessario l’invio di alcuni
cacciatorpediniere distaccati dalla scorta) scortato dai gruppi «Vivaldi» ed «Aosta»; a notte fatta il
gruppo «Duilio» si sposta invece a nord del 36° parallelo ed ad est del 19°
meridiano per proteggere il convoglio da eventuali attacchi di navi di
superficie provenienti dal Mediterraneo Orientale. A partire dalle 21.44 si
scatena un crescendo di nuovi attacchi aerei sul convoglio: le navi vengono
illuminate con bengala e fuochi galleggianti al cloruro di calcio, bombardate,
fatte oggetto del lancio di siluri, ma la reazione del fuoco contraereo, le manovre
evasive e l’emissione di cortine nebbiogene permettono di evitare tutti i
siluri e sventare ogni attacco senza danni.
24 gennaio 1942
Alle 7.30 il
convoglio viene raggiunto dalle torpediniere Calliope e Perseo, venute
ad esso incontro da Tripoli; cinque minuti dopo il gruppo «Aosta» lascia la
scorta come previsto, e dopo altri cinque minuti sopraggiunge la scorta aerea
con caccia e ricognitori della Regia Aeronautica.
Alle 9 uno dei caccia
di scorta spara delle raffiche di mitragliera contro il mare, segnalando la
presenza di un sommergibile 4-5
km a dritta del convoglio: il contrammiraglio Nomis di
Pollone ordina un’accostata d’urgenza sulla sinistra (che permette alla Monviso di evitare di stretta misura un
siluro). Castore, Geniere e Malocello, unitamente a dei ricognitori, contrattaccano con bombe
di profondità; al termine della caccia si vedrà sulla superficie una chiazza di
nafta, ma nessun sommergibile è stato affondato.
Alle 14.15 il
convoglio entra a Tripoli; poco dopo il porto libico subisce un violento
bombardamento aereo, ma nessuna unità del convoglio viene danneggiata.
7 febbraio 1942
La Pisani è indicata da una segnalazione di
“ULTRA” tra le navi mercantili che sono pronte a salpare da Tripoli per
l’Italia, ma rimangono in porto per mancanza di scorta.
23 febbraio 1942
Alle 18 la Pisani lascia Tripoli per tornare a
Napoli, via Palermo. La scortano i cacciatorpediniere Vivaldi (caposcorta) e Malocello.
25 febbraio 1942
Il convoglio arriva a
Palermo alle otto. Il Malocello
rimane qui, mentre Pisani e Vivaldi proseguono per Napoli.
27 febbraio 1942
Il convoglio giunge a
Napoli alle 8.30.
16 marzo 1942
La Pisani (avente a bordo 2623 tonnellate
di carburanti e lubrificanti, 456 tonnellate di materiali vari, 146 tra
automezzi e rimorchi, 20 carri armati e 34 militari) salpa da Messina per
Tripoli alle 16, scortata da ben sei unità: i cacciatorpediniere Vivaldi (caposcorta, capitano di
vascello Ignazio Castrogiovanni), Malocello,
Pessagno e Zeno e le torpediniere Pallade
e Giuseppe Sirtori (quest’ultima poi
rientrata a Messina). È in corso l’operazione di traffico «Sirio», che vede in
mare una serie di convogli da e per la Libia (motonavi Gino Allegri e Reginaldo
Giuliani da Tripoli a Palermo con le torpediniere Perseo e Circe; piroscafo
Assunta De Gregori da Palermo a
Tripoli con il cacciatorpediniere Premuda
e la torpediniera Castore; motonavi Nino Bixio e Monreale da Tripoli a Napoli con la stessa scorta che ha scortato Pisani e Reichenfels sulla rotta opposta) fruenti della protezione a
distanza dell’incrociatore leggero Emanuele
Filiberto Duca d’Aosta (nave di
bandiera dell’ammiraglio di divisione Alberto Da Zara) e dei cacciatorpediniere
Grecale e Scirocco.
Nello stretto di
Messina Vettor Pisani e scorta si
uniscono ad un secondo gruppo proveniente da Napoli, composto dalla motonave
tedesca Reichenfels scortata dalla
torpediniera Lince (che lascia quindi
la scorta e raggiunge Messina).
Il convoglio così
formato procede verso Tripoli lungo la rotta che passa ad est di Malta, con la
protezione a distanza di Duca d’Aosta,
Scirocco e Grecale. Passato a circa 200 miglia dall’isola insieme alla forza
di protezione, il convoglio punta poi su Tripoli.
Alle 16.37, al largo
di Capo Bruzzano (Calabria, non lontano da Capo Spartivento), il sommergibile
britannico Unbeaten (capitano di
corvetta Edward Arthur Woodward) avvista la Pisani
ed uno dei cacciatorpediniere della scorta, a 7 miglia per 241°. Iniziata la
manovra d’attacco, Woodward sovrastima la stazza del bersaglio (11.000 tsl) e
nota le altre due unità della scorta (in questo momento la Pisani sta procedendo con la scorta di Sirtori, Vivaldi e Malocello); alle 17.06 lancia quattro
siluri da 3660 metri. L’idrovolante assegnato alla scorta aerea, il CANT Z. 501
n. 4 della 184a Squadriglia, avvista il siluro, stimandone la
distanza di lancio dalle navi in circa 2000 metri, e dà l’allarme, poi sgancia
due bombe da 160 kg sul presunto punto in cui si dovrebbe trovare il
sommergibile. La Sirtori spara una
salva per dare l’allarme, poi si dirige verso il sommergibile, gettando quattro
bombe di profondità; anche il Malocello
si unisce alla caccia, lanciando 16 bombe di profondità.
Nessuno dei siluri va
a segno, così come è infruttuoso il contrattacco della scorta (l’ultima bomba
di profondità viene gettata alle 18.25).
(Nota: secondo alcuni
siti britannici, l’Unbeaten avrebbe
nuovamente attaccato la Vettor Pisani
il 24 luglio 1942, danneggiandola con un siluro, dopo di che la nave sarebbe
stata colpita anche dagli aerosiluranti. Ciò è errato: non solo dalle fonti italiane
non risultano attacchi e tanto meno siluramenti prima dell’attacco degli
aerosiluranti, ma nel periodo in questione l’Unbeaten si trovava nell’arsenale di Chatham, in Inghilterra, per
lavori di raddobbo protrattisi dal 14 giugno al 15 settembre 1942).
18 marzo 1942
Il convoglio giunge a
Tripoli alle 15.15.
2 aprile 1942
Vettor Pisani e Reichenfels
lasciano Tripoli alle 19.20, scortati dal cacciatorpediniere Antoniotto Usodimare (caposcorta) e
dalla torpediniera Lince.
4 aprile 1942
Il convoglio giunge a
Napoli alle 8.30.
13 aprile 1942
Pisani e Reichenfels salpano
da Napoli alle 7.30, scortate dai cacciatorpediniere Antonio Pigafetta (caposcorta) e Nicolò Zeno e dalla torpediniera Pegaso, per partecipare all’operazione di traffico «Aprilia».
Ad est della Sicilia
il convoglio della Pisani si
congiunge con altri due, provenienti da Taranto (motonave Ravello, cacciatorpediniere Freccia
e Turbine) e da Brindisi (motonave Reginaldo Giuliani, cacciatorpediniere Mitragliere, torpediniera Aretusa, quest’ultima rientrata in porto
il 14 mattina), formando un unico convoglio diretto a Tripoli (caposcorta è il Pigafetta).
14 aprile 1942
Il 14 aprile “ULTRA”
intercetta dei messaggi relativi al convoglio; due idroricognitori Martin
Maryland del 203rd Squadron vengono inviati da Bu Amud, in
Cirenaica, alla ricerca del convoglio, e lo trovano. Alle 7.30 anche un Beaufort
del 22nd Squadron (sergente S. E. Howroyd), dotato di radar ASV (Air
to Surface Vessel), viene inviato a rintracciarlo.
A mezzogiorno
decollano da Bu Amud otto aerosiluranti britannici Bristol Beaufort (in realtà
nove, ma uno, del 39th Squadron, deve rientrare poco dopo), due del
22nd Squadron e sei del 39th Squadron (201st
Group), guidati dal capitano John M. Lander e scortati da quattro caccia
Bristol Beaufighter del 272nd Squadron (maggiore W. Riley,
sottotenente Stephenson, tenente Derek Hammond, sergente J. S. France; gli
aerei, non avendo abbastanza autonomia per tornare in Cirenaica dopo l’attacco,
dovranno poi raggiungere Malta). Nel pomeriggio, un Martin Maryland che sta
tallonando il convoglio (tenente James Bruce Halbert) viene abbattuto da un
velivolo tedesco della scorta; anche il Beaufort con radar ASV, dopo aver
localizzato il convoglio e comunicato la sua posizione, viene danneggiato da dei
Messerschmitt Bf 109 tedeschi mentre cerca di atterrare a Malta, e si schianta
al suolo. Il suo messaggio non viene però ricevuto dagli aerei inviati ad
attaccare il convoglio, che anzi superano la rotta da esso percorsa senza
notare nulla.
Giunti gli aerei in
un punto 70 miglia a sudest di Malta, il capitano Lander si rende conto che
devono aver già oltrepassato il convoglio ed ordina quindi di virare verso
sudovest, ponendosi alla ricerca del convoglio. Dopo venti minuti i Beaufighter
dopo avvistano un gruppo di Me 110 e Ju 88 tedeschi della scorta aerea, che ingaggiano,
abbattendo un cacciabombardiere Dornier Do 17 e danneggiano un caccia
Messerschmitt Bf 110 ed un bombardiere Junkers Ju 88. Dopo questo primo scontro
tra aerei, a qualche miglio di distanza dalle navi, i caccia britannici
avvistano anche il convoglio. Si verifica qui, però, un errore che salverà le
navi dell’Asse: i Beaufighter della scorta, ritenendo che anche i Beaufort
debbano aver avvistato il convoglio, si allontanano in direzione di Malta, come
previsto dai loro piani (i Beaufighter, infatti, avendo minore autonomia dei
Beaufort, avevano il solo compito di accompagnare i Beaufort sull’obiettivo e
localizzare il convoglio, per permettere agli aerosiluranti di attaccare, dopo
di che avrebbero dovuto subito fare rotta per Malta, per non esaurire il
carburante; che peraltro è già notevolmente diminuito a causa dello scontro con
gli aerei tedeschi), senza avvisare gli aerosiluranti della presenza delle navi
dell’Asse. In realtà i Beaufort, che volano a meno di quindici metri (per
eludere i radar), più bassi dei Beaufighter (questi ultimi, essendo più veloci,
dovevano procedere a zig zag sulla loro verticale, per non lasciare indietro i
Beaufort: anche questo ha aumentato i loro consumi), avvistano le navi solo
mezz’ora più tardi, e passano all’attacco prendendo di mira la Giuliani ed il Reichenfels, che sono le navi più grosse del convoglio: ma con loro
sorpresa vedono pararsi dinanzi a sé ben 15-20 (per altra fonte, oltre 25)
caccia Messerschmitt Bf 109 (appartenenti al JG. 53), sei Bf 110 e parecchi Ju
88 della Luftwaffe. Gli aerosiluranti britannici, privi ora di scorta, tentano
egualmente di allinearsi per lanciare contro Giuliani e Reichenfels,
ma vengono attaccati dagli aerei tedeschi e presi sotto il tiro delle armi
contraeree delle navi di scorta. Solo
cinque degli otto aerei riescono a lanciare i propri siluri, nessuno dei quali
va a segno, mentre gli altri tre devono gettare in mare il proprio carico per
alleggerirsi quando vengono attaccati dalla scorta aerea. Uno dei Beaufort
(sottotenente Bertram W. Way) attacca un CANT Z. 506 italiano della 170a
Squadriglia Ricognizione Marittima ma viene abbattuto da un Bf 109 (sergente
Ludwig Reibel), mentre gli altri, danneggiati, inseguiti dagli aerei tedeschi e
con il carburante in esaurimento, tentano disperatamente di raggiungere Malta:
ma proprio quando sono giunti in vista dell’isola, vengono abbattuti o
precipitano uno dopo l’altro. Un primo Beaufort (capitano Robert W. G.
Beveridge) cade in mare alle 16.45, un altro (tenente Robert B. Seddon) precipita
subito dopo a causa dei danni subiti, un terzo (tenente Derek A. R. Bee) viene
abbattuto da un Messerschmitt quando ormai sta per atterrare, un quarto (sottotenente
Belfield) viene abbattuto anch’esso da un Bf 109. Alla fine, solo tre degli
otto Beaufort che avevano attaccato il convoglio riescono ad atterrare: due (tenente
S. W. Gooch e capitano Lander) con danni gravissimi (tanto che uno – quello del
capitano Lander – deve compiere un atterraggio d’emergenza e non potrà più
essere riparato), uno (capitano A. T. Leaning) del tutto indenne. 15 avieri
britannici, su 20 componenti gli equipaggi dei cinque Beaufort distrutti, sono
morti. L’unico squadrone di Beaufort britannici in Egitto è stato annientato, e
ci vorranno due mesi prima che ne venga ricostituito un altro.
Tre sommergibili
britannici, il Thrasher, l’Urge e l’Upholder (probabilmente già affondato) hanno anch’essi ricevuto
l’ordine di attaccare il convoglio, formando uno sbarramento lungo 50 miglia
tra Lampedusa ed il Golfo della Sirte.
Alle 15.33 del 14,
proprio mentre è in corso l’attacco dei Beaufort, due Ju 88 della scorta
ravvicinata, dopo aver danneggiato un Beaufort, mitragliano un sommergibile
avvistato in superficie nel punto 36°10’ N e 15°15’ E, ritenendo di aver
ottenuto esito positivo. In realtà, nessun sommergibile britannico risulta
essersi trovato in posizione compatibile; è probabile un abbaglio dei piloti,
cosa assai comune.
Poco dopo, alle
16.15, la Pegaso (capitano di
corvetta Francesco Acton) riceve da un idrovolante CANT Z. 506 della scorta
aerea (il MM 45389 della 170a Squadriglia dell’83° Gruppo della
Ricognizione Marittima, pilotato dal sottotenente pilota Pier Luigi Colli e con
il guardiamarina Mauro Tavoni quale osservatore) la segnalazione della presenza
di un sommergibile (precisamente di una «scia ritenuta di sommergibile») in
posizione 34°47’ N e 15°55’ E (a 90 miglia per 130° da Malta). Il CANT Z. 506
lancia un fumogeno bianco per segnalare il sommergibile, sulla sinistra del
convoglio; la Pegaso lo riferisce al Pigafetta (caposcorta), il quale lancia
il segnale «un sommergibile in 34°50’ – 15°50’», ordina alle navi di accostare
subito a dritta, mediante segnale di bandiera, razzi a luce verde (due) e segnalazioni
col radiotelefono. La Pegaso lascia
la sua posizione in testa al convoglio, ottiene un contatto all’ecogoniometro e
lancia un pacchetto di bombe di profondità, poi perde il contatto (alle 16.30).
In realtà, come il pilota dell’idrovolante si è accorto troppo tardi, la scia
avvistata non era di sommergibile, ma di delfino.
Per qualche tempo si
è invece accreditato a questo attacco l’affondamento del sommergibile
britannico Upholder (capitano di
corvetta Malcolm David Wanklyn), scomparso proprio in questi giorni al largo
della Libia; appare però più probabile che l’Upholder – che doveva trovarsi 100 miglia più a nordovest – sia
affondato contro mine dello sbarramento italiano «T» nelle acque antistanti
Tripoli. Un’altra ipotesi è che sia stato affondato alle 13.10 del 14 aprile da
due Bf 109 della 8a Squadriglia e due Do 17 (uno dei quali poi
abbattuto dai Beaufighter) della 10a Squadriglia del III./ZG. 26
della Luftwaffe, decollati da Castel Benito (Libia) e diretti incontro al
convoglio per unirsi alla scorta aerea, che a quell’ora avevano individuato una
scia (ritenuta di idrofono di sommergibile immerso) e sganciato bombe su quel
punto, venendo subito dopo emergere una macchia scura, ritenuta nafta.
15 aprile 1942
Le navi del convoglio
giungono a destinazione senza alcun danno, tra le 9.30 e le 10.
22 aprile 1942
Alle 21 la Vettor Pisani e Ravello salpano da Tripoli per Napoli formando il convoglio «K»,
scortato dalle torpediniere Pallade e
Centauro.
23 aprile 1942
Alle 17 si uniscono
alla scorta i cacciatorpediniere Antonio
Pigafetta (che diviene caposcorta) e Nicolò
Zeno, distaccati dalla scorta del convoglio «C» (motonavi Gino Allegri ed Agostino Bertani) in navigazione su rotta opposta. Il convoglio «K»
subisce attacchi di bombardieri ed aerosiluranti, ma nessuna nave è colpita.
24 aprile 1942
Il convoglio «K»
arriva a Napoli alle 11.30.
8 giugno 1942
La Pisani (avente a bordo 3551 tonnellate
di materiali vari, materiale d’artiglieria e munizioni, 729 tonnellate di
carburante, 170 automezzi, 27 carri armati e 104 militari) salpa da Napoli
all’una di notte alla volta di Tripoli, scortata dai cacciatorpediniere Antoniotto Usodimare (caposcorta,
capitano di fregata Luigi Merini) e Premuda
(capitano di fregata Bartalesi): si tratta del convoglio «U» dell’operazione di
rifornimento «Pisa».
In serata il
caposcorta, ritenendo di essere più ad ovest del previsto, accosta verso est;
viene poi avvistato verso nord il convoglio «S», partito da Napoli nell’ambito
della stessa operazione e formato dalla motonave Sestriere scortata dalle torpediniere Circe (capitano di corvetta Stefano Palmas) e Lince, e gli si dirige quindi incontro mettendo la prua a nord.
Alle 20.50, a 78
miglia a nord di Capo Bon, il convoglio «U» si congiunge con il convoglio «S»,
come previsto, per proseguire insieme fino a Tripoli. La Lince viene fatta rientrare a Palermo, mentre le altre navi si
dispongono in linea di fronte con, da sinistra a destra, Usodimare, Pisani, Sestriere e Premuda; la Circe si
porta invece sottobordo al Premuda
per ricevere le istruzioni di navigazione (ha la radio in avaria).
Proprio in questo
frangente (alle 20.07) il convoglio, mentre si appresta a doppiare Capo Bon,
viene avvistato dal sommergibile italiano Alagi
(tenente di vascello Sergi Puccini): questi, non informato della sua presenza,
lo scambia per britannico (a causa della sagoma del Premuda, unità ex jugoslava di costruzione britannica, la cui
sagoma assomiglia a quella dei cacciatorpediniere classe H della Royal Navy)
alle 21.19 lancia tre siluri contro le due navi in testa al convoglio (tra cui
una delle motonavi). Alle 21.23 l’Usodimare
viene colpito da un siluro ed affonda rapidamente, spezzandosi in due, 72
miglia a nord di Capo Bon.
Le motonavi si
sbandano; il comandante del Premuda
assume il comando superiore ed inizia a recuperare i naufraghi dell’Usodimare, ordinando alla Circe di riunire le motonavi.
Circe
e Premuda recuperano i 165
sopravvissuti (su 306 uomini a bordo), poi scortano Pisani e Sestriere, che
vengono fatte rientrare a Palermo.
9 giugno 1942
Le navi arrivano a
Palermo alle otto.
10 giugno 1942
Pisani e Sestriere, scortate
ora dal Premuda (caposcorta) e dalle
torpediniere Circe e Cigno, ripartono
da Palermo per Tripoli alle 12.05.
11 giugno 1942
Alle due di notte,
nel Canale di Sicilia, il convoglio subisce bombardamento e mitragliamento
aereo, soprattutto contro la Circe,
ma non vi sono danni.
12 giugno 1942
Il convoglio
raggiunge Tripoli alle 20.20.
3 luglio 1942
Vettor Pisani (che a Tripoli ha imbarcato 16 ebrei
anglo-libici e due internati civili maltesi, da trasferire in Italia per essere
inviati in un campo di concentramento) e Sestriere,
scortate dal cacciatorpediniere Da Recco
(caposcorta) e dalla torpediniera Lince,
partono da Tripoli a mezzogiorno dirette a Brindisi.
4 luglio 1942
Alle 14 la scorta
viene rinforzata dalla torpediniera Calatafimi.
Verso le 19 le navi si uniscono al convoglio «M» (motonave Rosolino Pilo, torpediniere Castore,
Polluce, Pegaso ed Antares)
partito da Bengasi, del quale entrano a far parte.
5 luglio 1942
Alle 7 si unisce alla
scorta la torpediniera Sagittario;
alle 8.30 si aggrega al convoglio il cacciatorpediniere Giovanni Da Verrazzano, che lo lascia però dopo tre ore. In base a
disposizioni prestabilite, Sagittario
e Polluce lasciano la scorta rispettivamente
alle 5.30 ed alle 24.
6 luglio 1942
Il convoglio giunge a
Brindisi alle 14.
|
La Vettor Pisani in fiamme il 24 luglio 1942 (da “Navi mercantili
perdute” di Rolando Notarangelo e Gian Paolo Pagano, USMM, Roma, 1997)
|
Il siluramento e la rinascita
Alle 12.30 (o 13) del
23 luglio 1942 la Vettor Pisani,
scortata dalla torpediniera Antares,
salpò da Taranto diretta a Tobruk. Il carico della nave consisteva in 2052
tonnellate di carburante e lubrificanti, 503 tonnellate di materiale vario, 48
tonnellate di alcool, 165 tra automezzi e rimorchi, cinque carri armati ed un
motoscafo. Tra equipaggio e personale militare di passaggio c’erano a bordo 329
uomini; comandante civile era il capitano di lungo corso Cesare, comandante
militare il tenente di vascello Mancini.
I britannici erano al
corrente del viaggio: le decrittazioni di “ULTRA”, infatti, avevano rivelato lo
stesso 23 luglio che la Pisani
sarebbe partita da Taranto quel giorno, a mezzogiorno, scortata dall’Antares, procedendo a 14 nodi, per
raggiungere Navarino alle 18 del 24 e poi da lì ripartire alle 6.30 del 25 alla
volta di Tobruk, con arrivo previsto per le 8 del 26.
A Leuca l’Antares venne sostituita dalle
torpediniere Orsa (capitano di
corvetta Eugenio Henke, che divenne caposcorta) e Calliope, inviate da Brindisi, ed il convoglio proseguì verso la
propria destinazione.
All’1.40 di notte del
24 il ricognitore britannico QZ7J, inviato sulla base delle informazioni
fornite da “ULTRA”, avvistò il convoglio; il Servizio Informazioni Speciali
(SIS, il servizio segreto della Marina) intercettò però a sua volta il segnale
di scoperta dell’aereo, lo decifrò ed alle 2.10 informò il convoglio, con
un’allerta PAPA (Precedenza Assoluta sulle Precedenze Assolute), che era stato
scoperto. Nel frattempo, tuttavia, un secondo ricognitore avvistò anch’esso il
convoglio; anche questo messaggio fu decrittato dal SIS, che inviò un altro
PAPA al convoglio alle 2.35. Alle 2.37, un nuovo rapporto inviato dal QZ7J
venne nuovamente intercettato e decifrato dal SIS, che ne informò ancora il
convoglio alle 4.05; ciò non bastò comunque ad evitare l’intercettazione del
convoglio.
Attenendosi alle
disposizioni ricevute, le navi seguirono le rotte costiere della Grecia, con le
torpediniere in formazione di scorta laterale: Calliope a dritta, Orsa a
sinistra; all’alba del 24 luglio la scorta venne rinforzata da due MAS inviati
da Argostoli, ed il convoglio venne anche raggiunto dalla scorta aerea,
costituita da un bombardiere Savoia Marchetti SM. 79 “Sparviero” e da un
idrovolante CANT Z. 501.
Ciò non bastò ad
evitare danni: alle 9.34 del 24 luglio, in posizione 38°05’ N e 20°12’ E (a 10
miglia per 240° da Capo Gherogambo), vennero avvistati quelli che sembravano
nove aerosiluranti Bristol Beaufort, provenienti dalla direzione della costa,
che piombarono sul lato sinistro del convoglio bombardando, mitragliando e
soprattutto sganciando siluri.
In realtà, gli aerei
attaccanti erano sei Beaufort – tre dell’86th Squadron RAF e tre del
217th Squadron – scortati da otto o nove caccia Bristol Beaufighter
del 235th Squadron. I Beaufort erano divisi in due sezioni di tre
velivoli ciascuna, comandate rispettivamente dal maggiore James Robert Hyde
dell’86th Squadron (che era anche capo formazione) e dal capitano
Stevens del 217th Squadron; erano decollati da Malta all’alba, a
seguito della segnalazione di un Supermarine Spitfire del 69th
Squadron, che aveva avvistato il convoglio al largo di Cefalonia. Hyde era
appena giunto a Malta con i suoi aerei dell’86th Squadron; essendo
di pari grado del comandante degli Squadrons 39 e 217 – l’esperto Reginald
Patrick Mahoney Gibbs, veterano degli attacchi ai convogli –, aveva chiesto ed
ottenuto di alternarsi con lui nel comando delle formazioni inviate ad
attaccare il naviglio dell’Asse: una volta ciascuno. Ma Hyde, a differenza di
Gibbs, non aveva alcuna esperienza di attacchi contro navi; non era mai stato
prima nel Mediterraneo, la sua esperienza consisteva soprattutto in missioni
notturne nel Regno Unito.
Avvistato il
convoglio alle 9.30, attaccarono per primi i tre Beaufort dell’86th
Squadron di Hyde e tutti i Beaufighter. Hyde non seguì le tattiche abitualmente
usate nel Mediterraneo – attaccare in formazione molto aperta volando quasi a
pelo d’acqua –, dato che non le conosceva, e guidò invece i suoi tre aerei in
formazione serrata, volando a 90 metri di quota. Questo incauto approccio,
insieme alla colorazione scura degli aerei dell’86th Squadron (non
ancora riverniciati dal loro arrivo dal Regno Unito), condannò Hyde ed i suoi
aerei alla distruzione: accolti dalla furiosa reazione delle armi contraeree
della scorta, i tre Beaufort furono facili bersagli per i cannonieri italiani.
Il velivolo di Hyde (l’AW355G) fu abbattuto per primo, centrato in pieno dal
tiro delle navi della scorta, che lo distrussero in volo; i suoi rottami
investirono il secondo Beaufort (l’AW308H), pilotato dal sottotenente D. K.
Furphys, facendolo precipitare (forse fu anche colpito dal tiro delle navi). Il
terzo aerosilurante, l’AW356Z del sergente L. C. Thompson, venne abbattuto dal
tiro italiano pochi secondi dopo. Da parte italiana, l’Orsa rivendicò due abbattimenti, e la Calliope uno (secondo un marinaio della Calliope, Michele T. Mazzuccato, l’Orsa ne abbatté invece uno, mentre la Calliope ne abbatté due). L’intera sezione di Hyde era scomparsa in
pochi secondi, prima ancora di arrivare a distanza utile per il lancio.
Nel frattempo,
tuttavia, gli altri tre Beaufort (quelli del 217th Squadron),
guidati dal più esperto Stevens, attaccarono dal lato opposto del convoglio,
cogliendo la scorta di sorpresa; seguirono la tattica usuale, volando a soli
sette metri e mezzo di quota, in formazione sparsa.
Uno dei tre siluri
lanciati colpì la Vettor Pisani in
corrispondenza della stiva numero 2, che conteneva fusti di benzina: subito si
scatenò un violento incendio nella zona prodiera. Al contempo la motonave venne
anche mitragliata e, probabilmente, colpita da bombe.
Due immagini della Vettor Pisani
in fiamme, scattate da bordo della Calliope
(da “Un marinaio. Una storia. Diario di guerra dal 6 agosto 1940 al 16 dicembre
1944” di Walter E. B. Mazzucato, Maggioli Editore, 2007)
I comandanti civile e
militare, Cesare e Mancini, organizzarono subito il contrasto all’incendio: non
fu possibile domare le fiamme, ma si riuscì ad impedire che si estendessero
ulteriormente. La maggior parte del personale a bordo, circa trecento uomini,
abbandonò la nave in fiamme gettandosi in mare, venendo recuperata dalla Calliope (che raggiunse poi Taranto alle
sei del mattino del 26) e dai MAS. Vennero anche recuperati otto aviatori
britannici dei tre aerei abbattuti, che furono fatti prigionieri, mentre altri
quattro erano morti: tra questi ultimi il maggiore Hyde, che aveva pagato con
la vita la sua inesperienza.
Alle 10.30 l’Orsa prese la Pisani a rimorchio, di poppa, per tenerla con la poppa al vento: in
caso contrario, il vento avrebbe spinto le fiamme verso poppa, estendendo
l’incendio anche a quella parte di nave.
Salparono da
Argostoli i rimorchiatori Alghero e G 12, che presero la motonave a
rimorchio, rilevando l’Orsa in questo
compito. Si cercò di portarla verso Argostoli, ma alla fine – alle 17.45 (per
una fonte, probabilmente erronea, del 25 luglio) –, essendo quasi completamente
in fiamme ed in procinto di affondare, la Vettor
Pisani dovette essere portata ad incagliare di prua sulla spiaggia di Lixuri
(circa un chilometro a sud di tale località), sull’isola di Cefalonia. L’Orsa giunse ad Argostoli alle 19.30.
Dei 329 uomini
imbarcati sulla Vettor Pisani, in
otto avevano perso la vita: quattro italiani e quattro tedeschi.
La motonave continuò
a bruciare per diversi giorni, tanto che il 27 luglio venne considerata perduta
e derequisita dalla Regia Marina. Parte del carico della Pisani, contenuto nelle stive non coinvolte dall’incendio, poté
essere recuperato una volta che le fiamme si furono spente; i lavori di
recupero del carico comportarono ulteriori danni alla nave, il cui scafo fu
squarciato senza troppi riguardi con cariche di dinamite, per permettere di
asportare il carico.
Per nove anni il
relitto devastato della Vettor Pisani
giacque sulle coste di Cefalonia, testimone silenzioso anche dei terribili
eventi del settembre 1943.
Nonostante i danni
causati da siluro, bombe, fiamme e cariche di dinamite, oltre ai nove anni
d’incaglio ed abbandono, la motonave era ancora in condizioni tali che – in
considerazione sia della sua modernità e delle elevate dimensioni – nel
dopoguerra, mentre ferveva la ricostruzione della flotta mercantile italiana,
qualcuno pensò che valesse ancora la pena di recuperarla. Inizialmente la
SIDARMA non doveva essere stata così ottimista circa le possibilità di
recuperare la propria nave, se si pensa che essa fu tra le molte compagnie di
navigazione italiane che nell’immediato dopoguerra acquistarono un totale di
162 navi Liberty poste in vendita perché in eccesso rispetto alle necessità del
tempo di pace (per le esigenze belliche, ne era stato costruito l’inaudito
numero di 2710 navi, più del triplo della flotta mercantile italiana
d’anteguerra): la SIDARMA ne acquistò quattro, tutte del tipo Liberty canadese,
e ad una di esse – la Fort Alexandria,
comprata nel 1948 – diede proprio il nome di Vettor Pisani. Evidentemente la compagnia ebbe un ripensamento,
perché già nel 1950 rivendette questa Liberty e decise di procedere al recupero
della precedente Vettor Pisani.
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La Vettor Pisani durante i lavori di recupero, ad Argostoli;
affiancata alla motonave c’è la barca appoggio Delfino (g.c. Pietro Berti via www.naviearmatori.net)
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I lavori di recupero
vennero svolti dalla società Adrias di Venezia. Il 18 giugno 1951 il relitto
della Vettor Pisani, rimesso in
condizioni di galleggiabilità dopo 77 giorni di lavori, venne rimorchiato
all’Arsenale Triestino per controllarne lo scafo. Constatato che i danni erano
riparabili, nell’ottobre 1951 la carcassa della motonave fu rimorchiata ai CRDA
di Monfalcone dov’era nata tredici anni prima. Qui, dopo la rimozione del
carico ancora presente a bordo, lo smantellamento delle sovrastrutture
(consumate dalle fiamme e completamente collassate) e l’asportazione del motore
(per revisione), fu nuovamente alata sullo scalo (operazione senza precedenti
per una nave di queste dimensioni: fu svolta il 23 dicembre con avverse
condizioni meteo), ebbero inizio i lavori di ricostruzione, effettuati seguendo
i piani originali.
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Il relitto bruciato della Vettor Pisani dopo il recupero (Foto
Mioni Trieste)
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Altre due immagini del
relitto della motonave a Monfalcone, nel 1951 (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
Il motore, che al
momento del recupero era coperto di ruggine, depositi calcarei e vegetazione
sottomarina, venne sottoposto ad accurata pulizia e si scoprì che, eccetto le
parti materialmente danneggiate durante l’affondamento (soprattutto delle parti
in ghisa che si erano rotte), tutte le componenti, anche le più delicate, erano
uscite indenni dai nove anni di sommersione, tanto da essere perfettamente
utilizzabili. Le pompe del combustibile erano state preservate proprio dal
residuo di olio in esse rimasto. Dopo essere stato rimesso in sesto, il motore
originale venne nuovamente installato nello scafo.
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La Vettor Pisani durante i lavori di ricostruzione, nel 1951, dopo la demolizione
delle sovrastrutture (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
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Ri-varata il 21
giugno 1952, il 25 settembre dello stesso anno una rinata Vettor Pisani tornava a solcare il mare, sempre per la SIDARMA.
Tante cose erano cambiate: ora Fiume non era più italiana – ceduta alla
Jugoslavia e ribattezzata Rijeka dopo l’esodo pressoché totale della sua popolazione
italiana – e la SIDARMA aveva trasferito la sua sede a Venezia.
Mentre la portata
lorda era rimasta invariata e così pure la stazza netta (da 3712 tsn a 3713
tsn), la stazza lorda della Vettor Pisani
era stata notevolmente incrementata, divenendo di 9337 tsl. Subito, fin dal
settembre 1952, la motonave ritornò a navigare, partendo da Monfalcone per
Gibilterra e Port Arthur (rientrò poi a Genova il 9 novembre); fu poi messa in
servizio sulla linea commerciale Italia-Africa Occidentale. In seguito fu
trasferita sulle linee celeri per l’America centrale e meridionale
(Mediterraneo-Centro America-Golfo del Messico).
Il 28 febbraio 1968
la Vettor Pisani venne venduta dalla
SIDARMA alla Adriatico-Tirreno-Jonio-Ligure Società per Azioni di Navigazione
(armatore A. Ravano), avente sede a Genova; il suo nome cambiò in Potestas, ed il 9 marzo la nave ripartì
da Genova diretta a Singapore, via Venezia, Gibilterr e Dakar.
Cinque anni più
tardi, nel 1971, la Potestas fu
acquistata dalla Marsud Compagnia Amatoriale, di Palermo, che quasi subito la
vendette per alla società Terrestre Marittima; la demolizione ebbe inizio a La
Spezia il 31 marzo 1971.
Così finì la lunga
vita di una delle poche veterane “superstiti” della rotta dei convogli.
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Una nuova vita: la Vettor Pisani dopo la ricostruzione (Foto
Ferruzzi – Venezia, via Giuseppe Boato e Flickr)
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