Il Morosini in costruzione, poco prima del varo (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net) |
Il Morosini a Venezia poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
Il capitano di corvetta Athos Fraternale, il più celebre tra i comandanti del Morosini (da Uboat.net) |
14 luglio 1941
Alle 16.07 il Morosini avvista del fumo all’orizzonte, ed assume rotta d’intercettazione con l’intento di attaccare la nave che lo emette dopo il tramonto.
Alle 23.45 il sommergibile, che ha ridotto la distanza dal bersaglio a soli ottocento metri, lancia un siluro da 450 mm da un tubo prodiero, ma l’arma si rivela difettosa: affiora in superficie due volte, vira a sinistra e manca il bersaglio.
Alle 23.56 viene lanciato un secondo siluro dai tubi prodieri, stavolta da 533 mm, da 700 metri di distanza. Dopo 32 secondi, il siluro colpisce la nave nemica a poppa; questa lancia un SOS, che viene intercettato sul Morosini, che apprende così che la vittima è il piroscafo merci britannico Rupert De Larrinaga (5358 tsl), unità dispersa del convoglio «OG 67», in navigazione da Oban a Las Palmas con 7098 tonnellate di carbone e merci varie.
Siccome la nave non affonda, alle 00.59 del 15 il Morosini lancia un altro siluro, da 533 mm, da un tubo poppiero; l’arma va a segno dopo 23 secondi ed all’1.05 il Rupert De Larrinaga affonda nel punto 36°18’ N e 21°11’ O (36° N e 21° O per fonte britannica, ad ovest di Madera, o ancora 36°18’ N e 11°27’ O). Non vi sono vittime tra i 44 uomini dell’equipaggio, che verranno tutti tratti in salvo dalla nave cisterna spagnola Campeche.
15 luglio 1941
Alle 3.44 il Morosini avvista del fumo e dirige per intercettarne la fonte: si tratta dell’incrociatore ausiliario (ocean boarding vessel) HMS Lady Somers, un piroscafo passeggeri canadese da 8194 tsl requisito dalla Royal Navy ed armato con due cannoni da 152 mm ed un cannoncino contraereo da 76 mm. Lo comanda il capitano di fregata George Learmouth Dunbar, della Royal Naval Reserve.
Alle 5.24 il Morosini lancia un primo siluro da 533 mm, da un tubo prodiero, da mille metri di distanza: dopo circa 45 secondi il comandante Fraternale osserva un ribollire d’acqua attorno alla prua della nave avversaria, ma nessuna colonna d’acqua; ritiene comunque che il siluro abbia colpito, mentre in realtà ha mancato il bersaglio. Un minuto dopo viene lanciato un secondo siluro, da 450 mm, sempre dai tubi prodieri; questa volta il Lady Somers viene effettivamente colpito, a poppa, e reagisce aprendo il fuoco sul Morosini con i suoi due cannoni (che Fraternale ritiene essere da circa 120 mm), uno a prua ed uno a poppa, costringendolo ad immergersi alle 5.30. Senza più siluri nei tubi prodieri, Fraternale decide di aspettare l’alba per proseguire l’attacco; il Lady Somers è immobilizzato, ma non sembra affondare.
Alle 8.32, mentre il Morosini si sta preparando a finire la sua vittima, giunge sul posto una petroliera; Fraternale manovra per attaccarla con i tubi di poppa, ma interrompe la manovra quando si accorge che la nuova arrivata è spagnola. Si tratta di nuovo della Campeche, accorsa in risposta all’SOS lanciato dal Lady Somers. Il sommergibile torna allora a dedicare le sue attenzioni alla nave danneggiata; viene caricato un altro siluro da 533 mm nei tubi di prua ed alle 10.02 viene lanciato contro il Lady Somers, che viene colpito dopo quindici secondi ed affonda in posizione 37°10’ N e 20°42’ O (37°12’ N e 20°32’ O, 36°00’ N e 21°00’ O oppure 37° N e 21° O per fonte britannica), 233 miglia a est-sud-est dell’Isola di Santa Maria (Azzorre).
I 175 uomini dell’equipaggio del Lady Somers verranno soccorsi al completo dalla Campeche (che ne recupera 138) e da un’altra nave spagnola tra le Azzorre ed il Portogallo.
18 luglio 1941
Morosini, Malaspina, Torelli, Bagnolini e Barbarigo vengono inviati ad intercettare il convoglio «HG 67», del quale è stata segnalata la partenza da Gibilterra, ma non riescono a trovarlo.
19 luglio 1941
Altre due immagini del
comandante Fraternale (sopra, dal sito ANMI di San Benedetto del Tronto; sotto,
dal libro “Athos Fraternale. Il moschettiere dell’Atlantico” di Gianni
Bianchi). Nato ad Ancona il 15 agosto 1909, durante la sua carriera Fraternale,
dopo un periodo da comandante in seconda sul Cappellini di Salvatore Todaro, comandò in successione i
sommergibili Morosini, Vettor Pisani, Luigi Settembrini, Reginaldo
Giuliani e S 1, ma ottenne tutti
i suoi successi sul primo. Tra i maggiori assi di Betasom (il quarto dopo Carlo
Fecia di Cossato, Gianfranco Gazzana Priaroggia e Luigi Longanesi Cattani), con
35.606 tsl di naviglio affondato all’attivo, ottenne nel corso del conflitto due
Medaglie d’Argento al Valor Militare, tre Medaglie di Bronzo al Valor Militare,
due Croci di Guerra al Valor Militare e la Croce di Cavaliere dell’Ordine
Militare d’Italia, nonché la Croce di Ferro tedesca di II classe. Per il suo
nome e la foggia con cui portava barba e baffi durante le missioni (tale da
ricordare le raffigurazioni tradizionali dei personaggi di Dumas), oltre che
per i suoi successi, divenne celebre come “il moschettiere dell’Atlantico” (per
lo stesso aspetto l’equipaggio lo chiamava “pizzobaffo”). Sorpreso
dall’armistizio a Danzica, dove aveva preso in consegna uno degli U-Boote tipo
VII C ceduti dalla Germania all’Italia (l’S
1, ex U 428), venne imprigionato
dai tedeschi in Polonia per aver rifiutato di aderire alla Repubblica Sociale
Italiana. Tornato a casa a piedi alla fine della guerra, continuò la sua
carriera nella Marina Militare raggiungendo il grado di contrammiraglio, ma
minato nel fisico dai patimenti subiti durante la prigionia, morì a Roma nel
1963, a soli 53 anni. Nel 2005 gli è stata intitolata la base navale di Ancona.
11-12 marzo 1942
Alle 11.35 dell’11 marzo, durante la navigazione verso il nuovo punto fissato per l’incontro con il Finzi (che intanto ha affondato la Charles Racine), il Morosini avvista in posizione 23°15’ N e 56°35’ O, a 70° a sinistra della prua, il fumo e gli alberi di una nave cisterna. Il sommergibile manovra per guadagnare sul beta, ed il comandante Fraternale nota che la petroliera procede con ampi zig zag. Alle 12.45, mentre è in corso l’inseguimento, il Morosini avvista il Finzi a 30° a dritta; avvicinatosi a massima forza, gli comunica con i segnali che sta inseguendo una nave cisterna e che il rifornimento è rimandato all’indomani mattina.
Alle 16.30 il Morosini s’immerge per attaccare la petroliera; alle 18.38 lancia dai tubi prodieri due siluri tipo W 270 con angolo d’impatto 90°, da 1400 metri di distanza, ma le armi non vanno a segno. Alle 18.45 il sommergibile torna a quota periscopica e vede che la nave nemica gli volge la poppa, ed apre il fuoco con il cannone poppiero; probabilmente, giudica Fraternale, la calma piatta di mare ha permesso alle petroliera di avvistare subito le bolle d’aria provocate dal lancio dei siluri e le relative scie, manovrando prontamente per evitarle. Portatosi a venti metri di profondità, Fraternale decide di lasciare allontanare la petroliera fino a quando non sarà fuori tiro, indi emergere, armare i cannoni al di fuori dalla portata dei suoi e poi tornare a serrare le distanze per riprendere l’attacco. Alle 19.50 il Morosini riemerge, arma i pezzi e riprende l’inseguimento.
Alle 20.10 viene nuovamente avvistato di prua il Finzi, che segnala di stare inseguendo un piroscafo avente rotta sud. Alle 22.15, non essendo riuscito a ridurre le distanze dalla petroliera ed essendo imminente il tramonto, il Morosini deve abbandonare l’inseguimento.
Pochi minuti più tardi, alle 22.22, il sommergibile avvista in lontananza del fumo in posizione 22°45’ N e 57°40’ O, a 15° a dritta; avvicinatosi a tutta forza, osserva un piroscafo di cui Fraternale valuta la lunghezza in 130 metri e la stazza in circa 7000 tsl, avente rotta 250° (per altra fonte, 290°). Fraternale decide di seguirlo tenendosi fuori vista, per poi attaccare dopo il crepuscolo. Una volta tramontato il sole, il Morosini accosta su rotta di collisione.
All’1.38 del 12 marzo, ridotta la distanza a 1200 metri, il Morosini lancia due siluri tipo W 200, da 450 mm, dai tubi poppieri, con angolo d’impatto 90°. Il primo siluro guizza fuori dall’acqua, vira a sinistra e manca il bersaglio, ma il secondo lo colpisce in pieno un minuto dopo il lancio, in corrispondenza dell’albero poppiero. Appoppatosi vistosamente, il piroscafo affonda dopo quattro minuti e mezzo infilandosi verticalmente in posizione 23° N e 58° O, 520 miglia a nordest delle Isole Vergini Britanniche, senza aver lanciato un SOS. All’1.47 viene avvertita a bordo del Morosini una forte esplosione sottomarina, forse dovuta allo scoppio delle caldaie del piroscafo. Alle 2.05 il sommergibile assume rotta verso il punto di riunione con il Finzi.
In quegli stessi giorni, nella medesima zona, sono due i piroscafi scomparsi senza sopravvissuti, lo Stangarth di 5966 tsl (britannico e nuovissimo: era al suo viaggio inaugurale) ed il Manaqui di 2802 tsl (piroscafo frigorifero battente bandiera panamense), e due i sommergibili che rivendicano un affondamento ciascuno, il Morosini (il 12 marzo) ed il tedesco U 504 (il 16 marzo, in posizione 22°40’ N e 65°20’ O, trecento miglia a nord di San Juan de Puerto Rico). Per molti anni l’affondamento dello Stangarth verrà accreditato da tutti gli storici (tra cui Jürgen Rohwer nel volume "Axis Submarine Successes of World War Two") al Morosini, e quello del Manaqui all’U 504. Ricerche più recenti, tuttavia, hanno mostrato che lo Stangarth l’11 marzo era appena partito da New York diretto a St. Thomas (Isole Vergini americane) e poi a Capetown e Bombay, ed il 12 marzo si trovava perciò oltre mille miglia a nordovest rispetto alla posizione dell’attacco del Morosini. Di conseguenza, lo Stangarth era la nave affondata dall’U 504 il 16 marzo (come del resto confermava il ritrovamento da parte dell’U-Boot, tra i rottami della nave – esplosa con tutto l’equipaggio –, di scatole contenenti parti d’aereo destinate a Bombay, ossia la destinazione finale dello Stangarth), nel punto 22° N e 65° O, mentre la vittima del Morosini era il Manaqui (capitano Charles E. Wordingham), partito da Cardiff il 19 febbraio (per altra fonte da Loch Ewe il giorno precedente) e diretto a Kingston in Giamaica con un carico di merci varie, con arrivo previsto per il 20 marzo. Dopo la partenza il Manaqui si era aggregato a Belfast Lough al convoglio «OS 20», partito da Belfast il 23 febbraio, che aveva successivamente lasciato in latitudine 36°00’ N (e probabilmente longitudine 22°06’ O), per poi svanire senza lasciare traccia insieme ai 41 uomini dell’equipaggio, 35 civili e sei militari addetti all’armamento difensivo. Per trovarsi il 12 marzo nella posizione dell’attacco del Morosini avrebbe dovuto tenere una velocità media di 8,7 nodi, il che risulta compatibile con la sua velocità massima di 9-9,5 nodi.
Alle 14.45, con mare forza 1-2 con onda lunga, il Finzi passa al Morosini un cavo per il rimorchio, e quest’ultimo passa al primo la manichetta dell’acqua (quella della nafta è rimasta sul Da Vinci), ma alle 15.55 il rimorchio si spezza; fortunatamente la manichetta, grazie alla sua lunghezza, rimane intatta. Passato dal Finzi un altro cavo, si riprende il rifornimento, stavolta a motori fermi, per evitare di rompere ancora il rimorchio. Alle 21 l’operazione è completata (il Finzi ha ceduto al Morosini 20,9 tonnellate di nafta) ed i due sommergibili si separano.
Nella notte tra il 15 ed il 16 il Morosini attacca al largo delle coste americane la moderna motonave cisterna olandese Oscilla di 6341 tsl, unità dispersa del convoglio «ON. 71», partito da Liverpool il 26 febbraio e dispersosi l’8 marzo. Partita da Gourock (o Ardrossan) in Scozia al comando del capitano M. A. F. Kuypers, l’Oscilla è in navigazione scarica (in zavorra) alla volta di Curaçao, dove dovrà imbarcare il suo prezioso carico. È dotata di armamento difensivo, ma non ha a bordo personale militare che sappia usarlo.
Il Morosini avvista le alberature della petroliera alle 20.05 del 15 marzo, a proravia sinistra (60° a sinistra della prua), in posizione 20°48' N e 50°10' O; il comandante Fraternale apprezza la rotta dell’Oscilla come 190° e la velocità come dodici nodi, ed assume rotta d’intercettazione.
Alle 5.03 del 16 marzo il Morosini lancia dai tubi prodieri due siluri tipo W 270, da 533 mm, da seicento metri di distanza; dopo venticinque secondi entrambi i siluri colpiscono l’Oscilla a centro nave, sul lato sinistro (questo secondo l’apprezzamento del Morosini, mentre l’equipaggio olandese, che indica l’orario del primo siluramento come le 22.45 del 15 – ora locale, mentre le 5.03 del Morosini sono riferite all’ora di Roma –, solo uno dei due siluri avrebbe colpito). Subito la petroliera sbanda di 35° sulla sinistra; l’equipaggio, composto da 19 olandesi, 36 cinesi ed un inglese, inizia ad abbandonare la nave su tre scialuppe.
Alle 5.20 il Morosini lancia un siluro tipo A 115 da 450 mm da un tubo poppiero, sempre da 600 metri di distanza, ma l’arma colpisce lo scafo dell’Oscilla senza esplodere. Stessa sorte ha un siluro dello stesso tipo lanciato alle 5.23 sempre dai tubi di poppa, mentre uno tipo W 270 da 533 mm lanciato alle 5.34 da 700 metri (le 23.10 ora locale secondo i superstiti dell’Oscilla), pur affiorando in superficie due volte durante la corsa, colpisce ed esplode, anch’esso a centro nave e sul lato sinistro, mentre l’equipaggio sta cercando di calare la scialuppa di dritta, operazione difficile a causa dello sbandamento.
Siccome la motocisterna continua a non dar cenno di affondare, alle 5.53, dopo che le scialuppe si sono allontanate dalla nave, il Morosini apre il fuoco con entrambi i cannoni; vengono sparati 81 colpi da 100 mm prima che l’Oscilla si capovolga ed affondi nel punto 19°15’ N e 60°25’ O (o 19°09’ N e 60°36’ O, o 19° N e 61° O), circa cento miglia a nord di Bermuda, altrettante miglia a nordest delle Isole Sopravento, 145 miglia a nord-nord-est di Antigua e 155 a nordest di Anguilla.
Dei 56 uomini dell’equipaggio risultano dispersi il comandante Kuypers, il timoniere cinese, un marinaio cinese ed il cuoco, mentre i 52 superstiti, su tre lance, verranno soccorsi l’indomani pomeriggio (per altra fonte, il pomeriggio dello stesso 16 marzo) dal piroscafo statunitense Explorer.
16-22 marzo 1942
Pendola nel settore assegnato.
23-24 marzo 1942
Il Morosini manovra per sopravanzarla, ed alle 20.38 s’immerge; tuttavia il periscopio d’attacco si guasta, costringendo il comandante Fraternale ad usare quello d’osservazione.
Alle 22.14 (ora di Roma e del Morosini; le 16.15 ora locale), serrata la distanza ad un migliaio di metri, il Morosini lancia dai tubi di poppa due siluri tipo W 200 da 450 mm contro la petroliera, che procede a 9,5 nodi (per altra fonte 10,5 nodi) senza zigzagare, in posizione 24°43’ (o 24°41’) N e 57°44’ O o 25° N e 57° O (circa 700 miglia a nordest di Puerto Rico). Entrambi vanno a segno dopo 52 secondi, colpendo la Peder Bogen sul lato sinistro: il primo in corrispondenza della cisterna n. 6, a proravia della plancia, ed il secondo nella cisterna n. 1, subito a proravia della sala macchine. L’esplosione distrugge parte della sovrastruttura centrale e della plancia, aprendo uno squarcio enorme ed inducendo i 53 uomini a bordo (47 membri dell’equipaggio civile, cinque cannonieri addetti all’armamento difensivo ed un passeggero: quest’ultimo è il radiotelegrafista della nave cisterna britannica Melpomene, affondato poche settimane prima dal Finzi), nessuno dei quali è rimasto ferito, ad abbandonare la nave su due scialuppe messe in mare dal lato di dritta, dieci minuti dopo il siluramento. Il capitano Dawson riferirà in seguito: "la parte anteriore della sovrastruttura prodiera venne distrutta dall’esplosione, e la plancia parzialmente distrutta. La protezione della plancia era in cemento e resistette alla concussione molto bene. Il grosso boccaporto nella parte anteriore della plancia vene spalancato dall’esplosione. Nel fianco della nave venne aperto uno squarcio 5-6 piedi [1,5-1,8 metri] sopra la linea di galleggiamento, e dalla plancia potevo guardare giù e vedere l’interno della nave ".
Le scialuppe si allontanano di circa un miglio e rimangono in attesa di vedere cosa succeda, ma la nave, pur immobilizzata, non affonda; dopo tre ore (alle 19.30 ora locale) le lance si riavvicinano pertanto alla cisterna con l’intento di tornare a bordo e tentare di salvare la nave. Prima che l’equipaggio possa tornare a bordo, all’1.54 ora italiana, il Morosini apre il fuoco contro la nave con i propri cannoni, da un miglio di distanza a proravia della nave, usando proiettili sia esplosivi che traccianti.
Per via della posizione inadeguata del battello (la prua della petroliera offre un bersaglio molto più ridotto rispetto alla fiancata), il tiro è molto impreciso, tanto che della prima quarantina di colpi sparati solo cinque vanno a segno, ma sono sufficienti a dissuadere l’equipaggio della Peder Bogen dal tornare a bordo (Dawson scriverà che "[i proiettili] passavano sopra di noi, per oltre un’ora e la nostra situazione stata diventando più pericolosa. Vedemmo il lampeggiare di un segnale morse un poco a poppavia della scialuppa e pensammo che ci fossero due sommergibili nelle vicinanze, e ritenni consigliabile allontanarci il più rapidamente possibile (…) l’ultima volta che vidi la nave dalla scialuppa era appruata e stava bruciando furiosamente fino alla linea di galleggiamento").
Il Morosini cessa il fuoco alle 2.03, ma lo riprende dalle 2.15 alle 2.28, dato che la petroliera non sembra voler affondare; alla fine, dopo che il Morosini ha sparato 75 colpi da 100 mm (ed ha esaurito i propri siluri), la Peder Bogen prende fuoco e viene rapidamente avvolta dalle fiamme, per poi appruarsi, bruciare per tutta la notte ed infine affondare in posizione 24°53’ N e 57°30’ O (per fonte britannica 24°41’ N e 57°44’ O), 680 miglia a sudest di Bermuda.
Dopo essere rimaste per tutta la notte a circa un miglio dal relitto in fiamme della loro nave, le due lance con l’equipaggio della Peder Bogen inizieranno la navigazione verso sudovest, in direzione dei Caraibi, perdendosi ben presto di vista. I 53 naufraghi verranno tutti soccorsi il 27 marzo, 21 in una prima lancia (al comando del capitano Dawson) dalla nave cisterna spagnola Gobeo, che li sbarcherà a Lisbona il 12 aprile, e 32 nella seconda (al comando del comandante in seconda) dal mercantile argentino Rio Gallegos, che li sbarcherà a New York il 31 marzo.
2 aprile 1942
Durante la navigazione di ritorno, incontra alle 20.50, nel punto 44°52’ N e 13°16’ O, il sommergibile tedesco U 108.
Dopo il rientro da quella che era stata la sua missione più fruttuosa, il pluridecorato comandante Fraternale lasciò il comando del battello, sostituito dal tenente di vascello Francesco D'Alessandro.
Tra il 26 ed il 27 maggio 1942 il Morosini si trasferì da Bordeaux a La Pallice, ed alle 17 del 3 giugno il battello, con a bordo 58 uomini d’equipaggio (otto ufficiali e 50 tra sottufficiali e marinai), sedici siluri (equamente distribuiti tra prua e poppa) e trecento proiettili da 100 mm, lasciò La Pallice insieme al Torelli per raggiungere la sua zona d’operazione, tra Puerto Rico e San Salvador e precisamente a nordest di Porto Rico. Un altro membro dell’equipaggio, il nocchiere Igino Piunti, era stato lasciato a terra per gravi problemi di salute (era convalescente dal fuoco di Sant’Antonio), mentre il marinaio Gennaro Esposito, che non avrebbe dovuto prendere parte alla missione, si era imbarcato in sostituzione di un marinaio malato (forse proprio Igino Piunti). Igino Piunti, saputo dell’imminente partenza del sommergibile, si vestì e lasciò frettolosamente l’ospedale senza autorizzazione, raggiungendo la base ed arrivando sul molo mentre il Morosini era già pronto a muovere, con gli uomini in coperta pronti ai posti di manovra. Uno di loro, il sottocapo Torquato Pascetti, di Porto San Giorgio, che era all’estrema poppa, quando vide Piunti scese a terra ad abbracciarlo, poi, al momento di separarsi, gli strinse la mano e disse “Caro Gino! La tua malattia ti salverà la pelle perché sento che questa volta non torneremo alla base. Quando passerai a Porto S. Giorgio porta i miei saluti”. Poi Pascetti tornò a bordo, furono mollati gli ormeggi, i giri dei motori aumentarono ed il Morosini si mise in moto. Piunti seguì con lo sguardo il sommergibile finché questo non sparì dietro le chiuse del bacino. La previsione di Pascetti si sarebbe rivelata drammaticamente esatta.
Nella notte tra il 3 ed il 4 giugno il Morosini, in navigazione in superficie nel Golfo di Biscaglia, venne attaccato e mitragliato da una quota di 15 metri da un bombardiere Vickers Wellington del 172th Squadron RAF pilotato dal maggiore (squadron leader) Jeaffreson Greswell, equipaggiato con un proiettore per l’attacco notturno ai sommergibili (la «Leigh Light», che solo una decina di minuti prima aveva visto il suo primo impiego ai danni di un altro battello italiano, il Luigi Torelli). L’attacco non causò, tuttavia, nessun danno. Alle 18 del 4 giugno il sommergibile, che si trovava in quel momento in posizione approssimata 45° N e 10° O, comunicò a Betasom di aver superato il meridiano 10° O, e tre quarti d’ora dopo venne informato della partenza da Gibilterra, il 1° giugno, di un convoglio diretto verso ovest e composto da tre navi cisterna e tre corvette.
All’una di notte l’11 giugno il Morosini comunicò la sua posizione e riferì della totale assenza di traffico nella zona; analogo messaggio venne trasmesso alle 00.45 del 17 giugno. Alle 22 del 25 giugno Betasom informò il battello di alcune modifiche nelle comunicazioni nella zona convenzionale "K" e che il sommergibile Giuseppe Finzi lo avrebbe incontrato il 1° luglio per cedergli quindici tonnellate di carburante. Alle 00.03 del 26 giugno il Finzi comunicò di avere 313 tonnellate di carburante e di poter essere nel luogo designato per l’incontro con il Morosini all’alba del 29 giugno, e Betasom modificò di conseguenza l’orario dell’appuntamento, informandone il Morosini.
Nel pomeriggio del 28 giugno il Morosini raggiunse il proprio settore d’operazione tra Bermuda e Anegada, e due giorni dopo, alle 7.07 del 30 giugno (ora italiana, mentre per l’ora locale era la sera del 29), attaccò la moderna motonave mista olandese Tysa (nome talvolta riportato anche come Tijsa) di 5327 tsl, in navigazione isolata da Capetown (dov’era giunta da Port Said) a Baltimora al comando del capitano G. Leenders, con un carico di 1600 tonnellate di minerale di cromo.
La Tysa procedeva a zig zag e con ben sette uomini di vedetta in plancia, a prua ed a poppa: l’equipaggio era stato messo sul chi va là dalla notizia del siluramento, il giorno precedente ed una settantina di miglia più a sud, della nave liberty statunitense Thomas McKean. Per allontanarsi dal sommergibile responsabile di quell’attacco (il tedesco U 505) la motonave olandese aveva deviato dalla rotta verso nordest, ma così era invece incappata nel Morosini. Alle 23.25 del 29 giugno (ora locale), dieci minuti dopo aver accostato per 333° (verso nordovest) in posizione 25°30’ N e 57°49’ O, in condizioni di mare calmo con ottima visibilità ed una leggera brezza da nordest (circa dieci nodi), la Tysa venne scossa da una violenta esplosione: un siluro l’aveva colpita nella stiva numero 4, distruggendola completamente, lanciando minerale di cromo tutt’attorno, abbattendo alberature, picchi di carico ed aerei della radio e provocando l’immediato arresto dei motori. La cisterna dell’acqua per uso sanitario sulla poppa si rovesciò, il cannone sistemato sulla poppa venne parzialmente divelto dall’esplosione, ed il ponte sopra la mensa equipaggio venne deformato verso l’alto.
Subito la motonave iniziò ad affondare di poppa; i 43 uomini dell’equipaggio (37 membri dell’equipaggio civile, di cui 33 olandesi e due britannici, e sei cannonieri addetti all’armamento difensivo, di cui cinque britannici ed un olandese) si precipitarono alle lance, 23 presero posto nella scialuppa di sinistra al comando del primo ufficiale Johan Pieter Cornelis Roggeveenn, quindici s’imbarcarono nella lancia di dritta al comando del capitano Leenders, e cinque presero posto in un’imbarcazione più piccola. A dispetto dell’entità dei danni causati dal siluramento, nessuno era rimasto ucciso o ferito gravemente, mentre diversi marinai avevano riportato ferite superficiali.
Nel giro di dieci minuti dall’impatto del siluro, le tre imbarcazioni si allontanarono dalla nave agonizzante, dopo di che il Morosini aprì il fuoco con i cannoni contro la Tysa, avvicinandosi da proravia dritta, proprio dove si trovavano le scialuppe, che dovettero allontanarsi in fretta e furia a forza di remi: diverse salve dirette contro la nave passarono sopra le teste dei naufraghi, e qualcuna cadde proprio dove le scialuppe si erano trovate fino a poco prima. I colpi sparati dal Morosini colpirono la Tysa in corrispondenza della plancia, incendiandola; secondo i naufraghi, il sommergibile sparò una quarantina di colpi, da circa 900 metri di distanza. (Per altra fonte i naufraghi avrebbero affermato che il sommergibile avrebbe sparato almeno 23 colpi da 100 mm, e lanciato in totale tre siluri. Sugli orari sembra esserci una certa confusione, a causa dei fusi orari: secondo Uboat.net i naufraghi avrebbero inizialmente affermato che la nave era stata silurata alle 19.30 UTC del 29, orario poi corretto come le 3.30 GMT del 30, con affondamento alle cinque GMT del 30). Le fiamme dalla plancia si estesero ai serbatoi di carburante, ed in breve tutta la nave fu ridotta ad una torcia incandescente; il Morosini sfilò lungo il suo lato sinistro, continuando a fare fuoco ad intervalli di pochi secondi, fino a quando all’1.15 del 30 giugno (ora locale) non affondò rapidamente tra nubi di vapore a sudest delle Bermuda, nel punto 25°33’ N e 57°53’ O (o 25°35’ N e 58°10’ O, 650 miglia a nordest dell’isola di Saint Martin). Il primo ufficiale Roggeveen scrisse poi che "la nave iniziò ad affondare e s’inabissò improvvisamente in una nube di vapore ed un bagliore bluastro, poi fu di nuovo il buio sull’oceano ". Era passata circa un’ora e cinquanta minuti dall’inizio dell’attacco.
Il Morosini si allontanò senza tentare di prendere contatto con i naufraghi, ed il giorno stesso comunicò alla base di aver affondato con due siluri alle 8.40 del 30 giugno (ora italiana) una nave di 10.000 tsl, avente rotta 325° (o 315°). (Il servizio informazioni della Marina italiana identificò erroneamente la vittima del Morosini come la motonave norvegese Mosfruit di 2914 tsl, in realtà affondata dall’U 458 tedesco).
Le tre imbarcazioni con a bordo l’equipaggio della Tysa diressero verso le Indie Occidentali, distanti cinquecento miglia; il 2 luglio la barca più piccola, che rallentava il piccolo convoglio perché sprovvista sia di vela che di motore, venne abbandonata alla deriva dopo che i suoi occupanti erano stati trasbordati sulle due scialuppe. Nella notte tra il 3 ed il 4 le due scialuppe si persero di vista; quella del primo ufficiale Roggeveen, con a bordo 24 uomini, raggiunse felicemente Dog Island, tra Anguilla e Saint Martin, il 7 luglio, incontrando strada facendo i naufraghi del piroscafo statunitense Pothlatch, affondato da un U-Boot. La lancia del comandante Leender, con 19 uomini, venne soccorsa l’8 luglio dal mercantile statunitense George Washington, che li sbarcò a New Orleans il 13 luglio.
La Tysa fu la sesta ed ultima vittima del Morosini, che trascorse poi la maggior parte di luglio perlustrando la zona sudorientale della regione a nord di Puerto Rico. Non riuscì a raggiungere il punto designato per l’incontro con il Finzi il 29 giugno, pertanto l’appuntamento venne riprogrammato per il 1° luglio, com’era stato originariamente deciso. Alle 12.31 del 1° luglio Morosini e Finzi s’incontrarono, o piuttosto si scontrarono, nel punto 23°25’ N e 55°45’ O (nel quadrante 7373/15): i due sommergibili entrarono infatti in collisione, ma nessuno dei due subì danni di rilievo. Alle 16.20 il Morosini informò Betasom che il rifornimento era stato rimandato al 3 luglio, ed alle 17.15 del 2 luglio venne ulteriormente rinviato al 4 luglio; a mezzogiorno del 3, intanto, Morosini e Finzi vennero informati che il traffico tra New York ed il Brasile passava per i quadranti 8950/36 e 0491/31. Alle 3.30 del 4 luglio, nel quadrante 2126/41, il Finzi comunicò a Betasom che il rifornimento del Morosini non poteva essere completato, e ricevette libertà di movimento. Alle due di notte del 5 luglio il Morosini trasmise a Betasom un messaggio con cui comunicava le sue rimanenze di carburante e siluri, ed alle 00.01 dell’11 luglio ricevette da Betasom l’ordine di mantenersi in pattugliamento sulle rotte tra New York, Capetown ed il Sudamerica nei quadranti 0626/11 e 8235/16. Alle 2.45 del 14 luglio il sommergibile comunicò la sua posizione a Betasom, e tre giorni dopo il comando della base atlantica ordinò nuovamente al Finzi di cedere trenta tonnellate di carburante al Morosini.
Alle 2.30 del 19 luglio il Morosini comunicò di aver avvistato una nave civetta con rotta 330° in posizione 27°55’ N e 52°55’ O (nel quadrante 1134/66, a nordest di San Juan di Puerto Rico), ed il 21 alle 21 aggiunse in un nuovo messaggio che probabilmente si trattava di una cannoniera camuffata. (Per altra fonte, il 19 luglio il sommergibile avrebbe cercato infruttuosamente di silurare una piccola nave da guerra, forse una cannoniera od un mercantile armato, che lo seguì per un po’ senza attaccare prima di allontanarsi, attacco che sarebbe stato riferito alla base il 31 luglio). Alle 19 del 20 luglio, nel mentre, ricevette ordine di continuare a pattugliare i quadranti 1195 e 2377.
All’1.15 del 24 luglio Betasom ordinò nuovamente al Finzi di cedere trenta tonnellate di carburante al Morosini, e fissò l’appuntamento il 27 luglio; quindici minuti più tardi, il Morosini comunicò la sua posizione ed un aggiornamento sulla rimanenza di carburante.
Alle 10.50 Finzi e Morosini si incontrarono nuovamente nel punto 30°45’ N e 52°25’ O, nel quadrante 8293/53: questa volta tutto filò liscio, il Finzi trasferì al Morosini venticinque tonnellate di carburante (e dieci tonnellate di viveri, secondo una fonte) ed il Morosini cedette al Finzi una tonnellata d’olio.
Alle 9 del 28 luglio il Morosini comunicò a Betasom la sua posizione, aggiungendo che aveva 85 tonnellate di carburane e viveri per quindici giorni; ricevette ordine di operare tra i quadranti 2301/15 e 5398/26, lungo la rotta dal Nordamerica a Freetown.
Il 31 luglio, con ormai solo il carburante bastante al rientro, il battello intraprese la navigazione di ritorno, dandone notizia a Betasom alle 18.30.
All’una di notte il 5 agosto il sommergibile comunicò alla base di trovarsi in posizione 41°00’ N e 33°00’ O, nel Golfo di Guascogna, e che probabilmente sarebbe arrivato alle 14.15 del 10 agosto (per altra fonte, all’alba di quel giorno). Alle undici dell’8 agosto 1942 il Morosini comunicò di aver ricevuto il messaggio di Betasom, trasmesso a mezzogiorno del 7, che lo informava su quale rotta seguire una volta giunto vicino a Bordeaux (le istruzioni ricevute dicevano di navigare in immersione, di giorno, dopo aver attraversato il meridiano 10° O, che il battello aveva già superato), e riferì che avrebbe seguito la rotta 2 (che iniziava nel punto 45°06' N e 02°32' O o 45°02' N e 02°28' O ed era orientata per 049° per una lunghezza di 50 miglia, terminando una ventina di miglia ad est di Le Verdon nel punto 45°34' N e 01°34' O), prevedendo di arrivare nel punto previsto per l’incontro con la scorta navale tedesca (a 15-20 miglia dall’estuario della Gironda, da dove poi le navi tedesche lo avrebbero accompagnato fino all’estuario stesso) alle 6 del 10 agosto: questo fu il suo ultimo contatto con la base.
Alle 18.50 del 9 agosto la 4. Sicherungsdivision della Kriegsmarine informò la torpediniera T 14, il dragamine M 4413 e le vedette V 411 e V 413 che il Morosini (nome in codice “I-20”) si sarebbe trovato nel punto convenzionale 446 alle 6 del 10, diretto verso la Francia lungo la rotta 2 (nome in codice “Handgepaeck”). Alle 23 dello stesso giorno Betasom informò il sommergibile che avrebbe potuto incontrare un piroscafo tedesco e tre torpediniere (si trattava del violatore di blocco Uckermarck, in partenza per il Giappone, e delle torpediniere T 10, T 13 e T 14 che lo scortavano nel tratto iniziale), ma non ci fu nessun messaggio di ricevuta. Altre chiamate alle dieci del 10 agosto, quando Betasom chiese al Morosini di segnalare la propria posizione ed il nuovo orario previsto per l’incontro con la scorta tedesca, che non l’aveva incontrato nel punto previsto, andarono ugualmente a vuoto, così come le ricerche subito lanciate con l’impiego di tre aerei tedeschi. Il mancato arrivo del sommergibile dovette occupare un posto non di poco conto tra i pensieri del contrammiraglio Romolo Polacchini, comandante di Betasom, se è vero, come scrisse nelle sue memorie l’allora corrispondente di guerra Libero Accini, che ebbe un incubo in cui lo vedeva affondare. Per giorni si sperò, a Betasom, che il Morosini avesse soltanto la radio in avaria, ma alla fine ci si dovette arrendere all’evidenza. L’Atlantico aveva inghiottito un altro sommergibile ed il suo valoroso equipaggio.
Niente di più si può dire, se non che il Morosini andò perduto dopo le 14.50 dell’8 agosto 1942 (è considerato perduto tra l’8 agosto ed il 10 settembre 1942), in un’area compresa tra i meridiani 03°00’ O e 8°80’ O, nel golfo di Biscaglia. Una delle ipotesi avanzate dopo il conflitto è che il Morosini fosse rimasto vittima di un attacco aereo l’11 agosto 1942, nel golfo di Biscaglia, attaccato mentre procedeva emerso e bombardato con quattro bombe di profondità mentre s’immergeva (essendosi il battello immerso, non era chiaro se fosse stato colpito o meno), alle 16.15 (o 16.30). Un’altra possibilità ipotizzata è che il sommergibile fosse stato affondato, mentre navigava di notte in superficie, da un aereo dotato di radar. Negli anni ’50 una rivista italiana pubblicò una sequenza di quattro fotografie di fonte britannica, ritraenti un sommergibile sorpreso in superficie, bombardato durante il tentativo d’immersione ed affondato di poppa subito dopo, identificandolo come il Morosini, ma si trattava in realtà del tedesco U 751, affondato con tutto l’equipaggio il 17 luglio 1942.
In base a ricerche più recenti, nessuno dei summenzionati attacchi aerei avrebbe causato la perdita del Morosini.
Secondo le considerazioni del ricercatore Platon Alexiades, in base a quanto noto, il Morosini, quando trasmise il suo ultimo messaggio (quello delle 11 dell’8 agosto), si trovava approssimativamente in posizione 44°30’ N e 04°45’ O, a circa 150 miglia dal punto previsto per l’incontro con la scorta tedesca (il Morosini non comunicò la propria posizione nel suo ultimo messaggio, dunque si tratta di una supposizione basata sull’ultima posizione nota e sulla velocità che avrebbe avuto seguendo gli ordini ricevuti, circa 75-80 miglia al giorno).
Molti altri attacchi aerei avvennero in quei giorni nel golfo di Biscaglia: alle 14.22 del 9 agosto (da parte di un Vickers Wellington, in posizione 44°36’ N e 12°10’ E, forse contro l’U 653), alle 15.45 del 10 (un Avro Lancaster che lanciò 6 bombe di profondità nel punto 46°15’ N e 12°52’ O, contro l’U 552), alle 17.23 del 10 (un Wellington che gettò 6 cariche di profondità nel punto 45°59’ N e 07°44’ O contro l’U 135), alle 15.30 dell’11 (un Lancaster che sganciò sei bombe di profondità nel punto 46°02’ N e 12°19’ O), alle 16.05 dell’11 (uno Short Sunderland che lanciò due bombe di profondità contro l’U 373 nel punto 45°12’ N e 12°36’ O), alle 16.10 dell’11 (un Wellington che, in posizione 46°05’ N e 07°25’ O, lanciò sei cariche di profondità ancora contro l’U 552), alle 9 del 12 (sei bombe di profondità lanciate da un Wellington del 311th Squadron, con equipaggio ceco, contro l’U 406 nel punto 46°20’ N e 06°30’ O, duecento miglia ad ovest-sud-ovest della foce della Loira: il pilota ne rivendicò a torto l’affondamento), alle 9.49 del 13 (un Wellington del 304th Squadron che sganciò sei bombe di profondità contro un sommergibile dall’identità non del tutto accertata, forse l’U 607, nel punto 46°08’ N e 13°28’ O, 275 miglia a nordovest di Capo Finisterre) ed altri ancora.
Tuttavia, tutti gli attacchi aerei effettuati da velivoli alleati nel golfo di Biscaglia nei giorni della scomparsa del Morosini risultano essere stati compiuti troppo a nord o troppo ad ovest rispetto alla zona in cui il sommergibile si sarebbe dovuto trovare. Il Morosini, a corto di carburante, non aveva né motivo né possibilità di spingersi più a nord del parallelo 45° N, e l’unico attacco avvenuto a sud di tale parallelo è quello delle 14.22 del 9, che però avvenne troppo ad ovest. I decrittatori britannici di “ULTRA” erano riusciti a risalire alla posizione approssimativa del Morosini radiogoniometrando il suo messaggio dell’8 agosto, e successivamente intercettarono anche le comunicazioni ad esso trasmesse da Betasom il 9 ed il 10 agosto, ma a queste intercettazioni non seguì nessun attacco.
Il Morosini era stato informato del rischio della presenza di mine magnetiche nella Gironda, ma solitamente queste si trovavano nell’estuario stesso o comunque ben più vicine alla costa rispetto all’area in cui il sommergibile scomparve. Il sommergibile posamine Rubis, della Francia Libera, aveva posato un campo minato il 7 luglio (otto mine nel punto 45°07’ N e 01°19,5’ O), circa 15 miglia a sud del punto fissato per l’incontro tra il Morosini e la scorta tedesca: ma si trattava di mine a funzionamento temporaneo, regolate per disattivarsi ed affondare automaticamente dopo un tempo prefissato, e le mine del Rubis erano state regolate per affondare il 9 agosto, perciò, entro il momento in cui il Morosini fosse transitato in quella zona – e questo, in ogni caso, sarebbe avvenuto solo in caso di errore di navigazione –, le mine sarebbero già dovute essere inoffensive, anche se non è impossibile che qualche mina, guastatasi, non si fosse disattivata.
A oggi, e forse per sempre, la scomparsa del Morosini rimane uno dei tanti segreti custoditi dall’oceano.
Ancora una foto del varo del Morosini (da www.xmasgrupsom.com)
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sul Morosini ho raccolto alcuni documenti ed ho composto e pubblicato un libretto, in quanto il comandante in seconda Angelo Pezzati la sua famiglia abitava nel mio stesso paese di Guidizzolo della Provincia di mantova, il percorso e la ricerca è stato faticoso della scarsita di documenti.
RispondiEliminaIl comune Iacoviello Costantino ha il cognome errato nel documento. Ci manca la i in Iacoviello. Io sono un nipote di Costantino e sono interessato nel sapere se ci sta possibilità di individuare il punto di scomparsa del Morosini. Il mio email Marc.furio@yahoo.com
RispondiEliminaGrazie per la segnalazione, provvedo a correggere...
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