La Calipso in uscita da Napoli nell’inverno 1939 (g.c. STORIA militare) |
Torpediniera classe
Spica tipo Alcione (dislocamento di 670 tonnellate standard, 975 in carico
normale, 1050 a pieno carico). In guerra effettuò prevalentemente missioni
antisommergibile e di scorta convogli.
Breve e parziale cronologia
29 ottobre 1936
Impostazione nei
cantieri Ansaldo di Sestri Ponente.
12 giugno 1938
Varo nei cantieri
Ansaldo di Sestri Ponente.
16 novembre 1938
Entrata in servizio.
Viene successivamente assegnata, con la XIII Squadriglia Torpediniere di cui fa
parte, alla Divisione Scuola Comando di Augusta, della quale farà parte fino
all’entrata in guerra.
8-10 giugno 1940
La Calipso (TV Zambardi) parte l’8 giugno
da Augusta insieme alla gemella Polluce,
ai cacciatorpediniere Lanciere e Corazziere ed agli incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano e Luigi Cadorna, per effettuare la posa del
campo minato offensivo «L K» (Lampedusa Kerkennah). A causa di un ripensamento
dell’ultimo momento, tutte le navi vengono fatte rientrare ad Augusta, per poi
riprendere nuovamente il mare alle 16 del 9 giugno. Dato che al momento della
partenza una bettolina di nafta ha urtato un buttafuori delle mine della Calipso, occorre perdere tempo per
raddrizzarlo, così che Calipso e Polluce (con a bordo 28 mine ciascuna)
partono per ultime, alle 17.50, con un’ora e mezza di ritardo, precedute dalle
altre quattro unità, che hanno superato le ostruzioni del porto già alle 16.45.
Alle 19.30 la formazione lascia le rotte di sicurezza, e la scorta aerea
antisommergibile viene a mancare a causa del buio. Alle 20.30 le navi accostano
per 222°, con rotta su Lampedusa, ed alle 00.03 del 10 giugno viene data
libertà di manovra per iniziare la posa delle mine. Primo a posare gli ordigni
è il Da Barbiano, poi il Cadorna, mentre la Calipso e la Polluce
posano il loro tratto di sbarramento (56 mine Wickers Elia in tutto, con inizio
nel punto 35°27’30” N e 12°27’ E e fine nel punto 35°25’30” N e 12°23’ E)
dall’1.25 all’1.37, e per ultimi effettuano la posa Lanciere e Corazziere (le
torpediniere effettuano la posa della sezione «A» dello sbarramento, invece che
della «D» loro assegnata dal piano originario se non vi fossero stati problemi,
per via della loro partenza ritardata). Alle 4.20, conclusa l’operazione da un
paio d’ore, comincia la riunione, ed alle 4.42 la formazione inizia la
navigazione di rientro ad Augusta, procedendo a 25 nodi con le siluranti in
posizione di scorta ravvicinata.
Alle 12.25 del 10
giugno la formazione imbocca le rotte di sicurezza, con Calipso e Polluce a
proravia degli incrociatori ed i due cacciatorpediniere a poppavia (due
idrovolanti CANT. Z danno scorta antisommergibile), ed alle 15.45 le navi
superano le ostruzioni di Augusta, giungendo poco dopo in porto.
10 giugno 1940
All’entrata in guerra
dell’Italia, la Calipso forma,
insieme alle gemelle Circe, Calliope e Clio, la XIII Squadriglia Torpediniere, di base a Messina.
G. A. 1
Il 17 agosto 1940 Calipso, al comando del TV Giuseppe
Zambardi, salpò da La Spezia diretta a Trapani, trasportando quattro siluri a
lenta corsa (che aveva imbarcato la sera del 16 a Bocca di Serchio, il centro
d’addestramento della I Flottiglia MAS, dopo aver lasciato La Spezia) ed i loro
operatori (Capitani GN Teseo Tesei ed Elio Toschi, TV Gino Birindelli ed
Alberto Branzini, secondi capi palombari Damos Paccagnini ed Enrico Lazzari, sergenti
palombari Giovanni Lazzaroni ed Alcide Pedretti e STV Luigi Durand de la Penne,
quest’ultimo di riserva), materiale subacqueo, l’elettricista Pietro Birandelli
ed il capitano di fregata Mario Giorgini, comandante della I Flottiglia MAS
(successivamente divenuta X Flottiglia MAS): aveva così inizio l’operazione «G.
A. 1», il primo tentativo di forzamento della base britannica di Alessandria
d’Egitto.
Dopo 410 miglia la Calipso raggiunse Trapani, dove si rifornì,
poi ne ripartì il 18 agosto e giunse, dopo 310 miglia, a Tripoli.
Successivamente diresse verso est, verso il Golfo di Bomba, facendo scalo a
Tobruk (o Bengasi) per rifornirsi; durante il viaggio venne avvistato un
sommergibile che si pensava essere l’italiano Iride (anch’esso diretto nel Golfo di Bomba per partecipare a «G.
A. 1»), ma che si scoprì solo in seguito essere britannico.
Il 21 agosto, alle
8.15, la Calipso giunse nel Golfo di
Bomba, in Cirenaica, ormeggiandosi ad un corpo morto nella Baia di Menelao, tra
la costa e l’isola di el-Maràcheb, dove conversero anche il sommergibile Iride (che arrivò quasi
contemporaneamente) e la nave ausiliaria Monte
Gargano (già arrivata sul posto), anch’esse assegnate a «G. A. 1». L’Iride si affiancò a alla Calipso e i comandanti Zambardi e
Giorgini, insieme al comandante del sommergibile (TV Francesco Brunetti), si
recarono con il battellino sulla Monte
Gargano e parteciparono ad una riunione con l’ammiraglio Bruto Brivonesi,
comandante di Marina Libia, circa il trasferimento degli SLC dalla Calipso all’Iride (incaricato poi di portarli fino ad Alessandria) e le prove
in mare per controllare la sistemazione degli SLC sulle selle. Venne così
deciso che, onde permettere agli equipaggi di Iride e Calipso di
riposarsi ed avere il tempo per concordare con il comando dell’Aeronautica
della Libia le ricognizioni da effettuare su Alessandria, tali operazioni sarebbero
state eseguite il mattino successivo.
Dopo le 13, però, tre
bombardieri britannici Bristol Blenheim, mentre tornavano alla base di Dakheila
dopo aver bombardato l’aeroporto di Tmimi (non lontano dalla baia di Menelao), si
staccarono dalla formazione e compirono un sorvolo a distanza di el Maràcheb e
delle navi italiane, che avevano notato: non le attaccarono, ma riferirono
quanto visto. Dato che il Golfo di Bomba non era solitamente frequentato dal
naviglio italiano, e mai prima d’ora vi erano state viste così tante navi
italiane, i comandi britannici s’insospettirono, e decisero di vederci chiaro.
Alle 7 del mattino
del 22 agosto un idroricognitore britannico Short Sunderland, inviato nella
baia di Menelao per controllare quanto visto dai Blenheim, sorvolò le navi
italiane, venendo fatto oggetto del tiro delle loro artiglierie contraeree, che
non riuscirono tuttavia a colpirlo. Era la conferma che i comandi britannici
aspettavano: alle 10.38 tre aerosiluranti britannici Fairey Swordfish,
appartenenti all’824th Squadron della Fleet Air Arm, decollarono
dall’aeroporto di Sidi Barrani per attaccare le unità presenti nella baia di
Menelao.
Alle 9, intanto, Calipso ed Iride si erano affiancati, ed alle 11.20 il trasferimento degli
SLC, del relativo materiale e dei nove incursori sull’Iride era completato. L’Iride
iniziò poi a manovrare per allontanarsi da el Maràcheb e compiere una prova
d’immersione di due ore, mentre la Calipso
si rifornì di nafta dalla Monte Gargano,
affiancandolesi sulla sinistra, e si ormeggiò poi circa centro metri a sinistra
di quest’ultima, con la prua verso nord (per altra versione, al momento
dell’attacco aereo la Calipso si
stava rifornendo di acqua dalla Monte
Gargano, usando delle manichette). Su tutte le navi, le vedette erano ai
loro posti, le armi pronte, gli uomini ai posti di combattimento.
Alle 11.56 scattò
l’allarme aereo: era stato l’Iride a
lanciarlo, avendo visto arrivare i tre Swordfish. Gli aerei, scesi da 30 a soli
10 metri di quota, compirono una virata a sinistra e passano all’attacco.
Per primo – alle 12 –
venne colpito proprio l’Iride,
raggiunto da un siluro a prua e subito affondato con la maggior parte
dell’equipaggio, poi gli altri due aerei, bersagliati ora dal fuoco contraereo
della torpediniera, superarono il battello in affondamento passandogli a dritta
e a sinistra, ed il secondo aerosilurante (al comando del tenente di vascello N.
A. F. Cheeseman) compì un’ampia virata sulla destra ed attaccò proprio la Calipso: la furiosa reazione delle
mitragliere della torpediniera, tuttavia – il tiro delle mitragliere e del cannone
prodiero da 100 mm della Calipso era
diretto dal direttore di tiro, sottotenente di vascello Antonio Bracco, e dal
comandante in seconda, il trentatreenne sottotenente di vascello Antonino La
Rosa –, impedì all’aereo di avvicinarsi
troppo, così che lo Swordfish sganciò il siluro da 1000 metri con un beta di
10-20 gradi, e l’arma passò a poppa della Calipso,
mancandola di poco, e finì contro la costa. (Per alcune fonti, fu la Calipso stessa a colpire il siluro, o
comunque a deviarlo, con il tiro delle armi di bordo, ma sembra inverosimile).
Il terzo siluro,
invece, andò a segno: fu la fine per la Monte
Gargano, che, colpita alle 12.03, si abbatté su un fianco ed affondò in
poco tempo (per una versione, Calipso
e Monte Gargano non avevano potuto
reagire con tutto l’armamento contraereo per evitare di colpirsi a vicenda, a
causa della ridotta distanza), non prima di aver irraggiato la Calipso stessa di una pioggia di schegge
proiettate in aria ed a bordo dall’esplosione del siluro. A bordo della Calipso il comandante in seconda La
Rosa, quando vide che la Monte Gargano,
cui la torpediniera era affiancata, stava per essere colpita da un siluro, gridò
agli uomini che erano in controplancia di mettersi al riparo, mentre lui rimase
allo scoperto e, quando la motonave fu colpita e la Calipso venne investita dall’esplosione, fu ucciso da una scheggia; perse la vita anche il marinaio cannoniere Pasquale Cardone, mentre altri uomini rimasero feriti.
Alla memoria di La Rosa fu conferita la Medaglia d’argento al Valor Militare; analoga
decorazione, a vivente, fu conferita anche al comandante Zambardi, mentre il
sottotenente di vascello Bracco, rimasto anch’esso allo scoperto in
controplancia accanto a La Rosa, e che aveva continuato a dirigere il tiro
nonostante le schegge che avevano investito la controplancia, fu decorato con
la Medaglia di bronzo al Valor Militare. Ricevettero la Medaglia di bronzo al
Valor Militare anche l’aspirante guardiamarina Vincenzo Giudice, che aveva
diretto il tiro di una delle mitragliere; il direttore di macchina capitano
CREM Giovanni Pirone, che dopo l’attacco approntò rapidamente le macchine per
porre la nave in condizioni di muovere; il sottocapo cannoniere Marino Panzacchi
ed il cannoniere puntatore mitragliere Giuliano Ravaglia, che con il tiro della
loro mitragliera danneggiarono uno Swordfish.
Da parte italiana si
rivendicò il grave danneggiamento, da parte della Calipso, dello Swordfish che l’aveva attaccata, che il personale
dell’aeroporto di Ain el-Gazala asserì successivamente di aver visto
precipitare in fiamme; in base alle fonti britanniche, tuttavia, risulta che
nessun aereo sia andato perduto, e che l’unico danneggiato fosse stato quello
che aveva affondato la Monte Gargano,
pilotato dal tenente di vascello J. W. C. Wellman (che riportò intenso ed
accurato tiro contraereo da parte della torpediniera), colpito quando era a 2740
metri di distanza da un proiettile da 13,2 mm sparato dalla Calipso, che lo ferì ad un piede.
Terminato l’attacco
la Calipso, unica nave ancora a galla
(le schegge proiettate a bordo dall’esplosione del siluro che aveva affondato
la Monte Gargano le avevano arrecato
solo lievi danni), mollò subito gli ormeggi, recuperò i dodici sopravvissuti
dell’Iride (il comandante Brunetti,
sette uomini dell’equipaggio ed i quattro operatori della I Flottiglia MAS che
erano a bordo del battello al momento dell’attacco aereo) e quelli della Monte Gargano e pose un segnale sul
punto in cui l’Iride era affondato
(indicato da aria e nafta che vengono in superficie), poi raggiunse Tobruk per
imbarcare autorespiratori ed altro personale e materiale necessario alle
operazioni di soccorso, dopo di che tornò rapidamente nella baia di Menelao. Infatti
nel relitto dell’Iride, che giaceva a
18 metri di profondità, erano ancora intrappolati nove uomini. Furono gli
stessi esperti subacquei della I Flottiglia MAS a tentare in ogni modo di
salvarli: alla fine, il 23 agosto, riuscirono a salvarne sette (gli altri due erano
annegati in un tentativo di uscire dal relitto contro l’avviso dei subacquei),
due dei quali morirono però di embolia.
Dal relitto dell’Iride vennero rimosse – il 24 agosto – anche
le bandiere, le mitragliere e gli SLC: tutto venne caricato sulla Calipso, che raggiunse poi Tripoli, da
dove dopo una breve sosta diresse per rientrare a La Spezia. «G. A. 1» era
fallita.
La motivazione della
Medaglia d’argento al Valor Militare conferita alla memoria del sottotenente di
vascello Antonino La Rosa, nato a Milazzo il 23 ottobre 1906:
“Ufficiale in 2a
di
una torpediniera improvvisamente attaccata col siluro e con le mitragliatrici
da aerei siluranti nemici a bassissima quota,
prendeva, insieme col direttore di tiro, la direzione del fuoco delle
mitragliere e del cannone di prora, riuscendo a sventare l'offesa avversaria.
Accortosi che un siluro lanciato dal nemico stava per colpire la nave-appoggio
alla quale la torpediniera era affiancata, ordinava al personale destinato in
contro-plancia di ripararsi, mentre egli continuava a svolgere la propria opera
allo scoperto finché una scheggia lo colpiva a morte. Esempio di sprezzo del
pericolo, ardimento e sentimento del dovere.
Golfo di Bomba, 22
agosto 1940-XVIII”
La motivazione della
Medaglia d’argento al Valor Militare conferita al tenente di vascello Giuseppe
Zambardi, nato a Napoli il 25 luglio 1907:
“Comandante di una
torpediniera improvvisamente attaccata col siluro e con le mitragliatrici da
aerei siluranti nemici a bassissima quota, svolgeva con l'unità al suo comando
una violenta reazione di fuoco, mediante la quale otteneva il risultato di
colpire il velivolo diretto contro l'unità stessa e di sventarne l'offesa.
Reagiva anche contro altro velivolo che muoveva all'attacco col siluro contro
la nave appoggio alla quale la torpediniera era affiancata, continuando
nell'azione nonostante le perdite del proprio personale provocate dallo scoppio
del siluro. Avendo successivamente constatato che un sommergibile era stato
colpito ed affondato dall'offesa nemica con estrema prontezza mollava gli
ormeggi e si portava sul luogo dell'affondamento, riuscendo a salvare i
superstiti in mare. Portava poi un efficacissimo ausilio alle operazioni
dirette al salvataggio del personale rimasto chiuso nell'interno del sommergibile
affondato.
Golfo di Bomba, 22-24
agosto 1940-XVIII”
La motivazione della
Medaglia di bronzo al Valor Militare conferita al sottotenente di vascello
Antonio Bracco, nato a Neresine il 26 marzo 1903:
“Imbarcato su di una
torpediniera improvvisamente attaccata col siluro e con le mitragliatrici da
aerei siluranti nemici a bassissima quota, dirigeva il tiro del cannone di
prora e delle mitragliere con calma e con precisione, riuscendo a sventare
l'offesa avversaria. Continuava a svolgere la propria opera con sprezzo del
pericolo anche quando, in seguito allo scoppio di un siluro che aveva colpito la
nave-appoggio alla quale la torpediniera era affiancata, numerose schegge colpivano la controplancia, provocando la
morte dell'ufficiale in 2a a lui vicino.
Golfo di Bomba, 22
agosto 1940-XVIII.”
La motivazione della
Medaglia di bronzo al Valor Militare conferita all’aspirante guardiamarina
Vincenzo Giudice, nato a Camogli il 25 marzo 1910:
“Imbarcato su una
torpediniera improvvisamente attaccata col siluro e con le mitragliatrici da
aerei siluranti nemici a bassissima quota, guidava con serenità a con sprezzo
del pericolo il personale addetto alla mitragliera, alla cui sorveglianza era destinato,
anche dopo lo scoppio di un siluro che aveva colpito la nave-appoggio alla quale
la torpediniera era affiancata ed aveva provocato la caduta in coperta di
numerose schegge.
Golfo di Bomba, 22
agosto 1940-XVIII”
La motivazione della
Medaglia di bronzo al Valor Militare conferita al capitano del C.R.E.M. (S. M.)
Giovanni Pirone, nato ad Avellino il 13 gennaio 1894:
“Direttore di
macchina di una torpediniera improvvisamente attaccata col siluro e con le
mitragliatrici da aerei siluranti a bassissima quota, subito dopo lo scoppio di
un siluro, che aveva colpito la nave-appoggio alla quale la torpediniera era
affiancata, nonostante la caduta di numerose schegge, si prodigava per
l'immediato approntamento delle motrici, mettendo l'unità in condizioni di
poter subito muovere alla massima velocità e dando prova di sprezzo del pericolo
e di sentimento del dovere.
Golfo di Bomba, 22
agosto 1940-XVIII”
La motivazione delle
Medaglie di bronzo al Valor Militare conferite al sottocapo cannoniere
puntatore mitragliere Marino Panzacchi, nato a Loiano il 27 maggio 1920, ed al
cannoniere puntatore mitragliere Giuliano Ravaglia, nato a Portomaggiore il 26
dicembre 1919:
“Imbarcato come
puntatore mitragliere sopra una torpediniera improvvisamente attaccata col
siluro e con le mitragliatrici da aerei siluranti a bassissima quota, eseguiva
con calma e con precisione il tiro contro due dei velivoli, anche dopo aver
visto lo sgancio del siluri. Contribuiva ad abbattere un aereo nemico ed a
colpirne gravemente un'altro. Proseguiva il tiro della propria arma, con
sprezzo del pericolo, anche dopo lo scoppio di un siluro, che aveva colpito la
nave-appoggio alla quale la torpediniera era affiancata.
Golfo di Bomba, 22
agosto 1940-XVIII”
23 novembre 1940
Alle 8.40 la Calipso salpa da Palermo scortando le
navi cisterna Berbera ed Ennio ed il piroscafo Eridano.
26 novembre 1940
Il convoglio giunge
illeso a Tripoli alle nove del mattino.
(da www.navyworld.narod.ru) |
L’affondamento
Il mattino del 5
dicembre 1940 la Calipso, al comando
del tenente di vascello Giuseppe Zambardi, si trovava in navigazione da Bengasi
a Tripoli. I problemi causati dal mare grosso avevano costretto a ridurre la
velocità ed a compiere variazioni di rotta rispetto alla rotta ordinata dal
Comando Marina di Bengasi (la rotta da seguire era indicata sull’ordine
d’operazione emesso da Marina Bengasi); intorno alle sette del mattino venne
fatto il punto, basandosi sugli astri, ma la ridotta visibilità fece sì che la
posizione calcolata non fosse molto precisa.
Poco prima delle nove
venne avvistata la costa, ed il faro di Misurata fornì l’unico controllo possibile:
ma, se se ne poté prendere il rilevamento, il rollio ed i colpi di mare che
continuavano ad abbattersi sulla plancia impedirono di usare il telemetro (e la
Calipso non aveva uno scandaglio
acustico), così che non si poté misurare quale fosse la distanza dal faro di
Misurata.
Alle dieci del
mattino, a 4 miglia da Capo Misurata (o sei miglia a nordovest di Capo
Misurata), la torpediniera urtò una mina posata dal sommergibile britannico Rorqual a nord di Misurata. Il 5 ed il 9
novembre 1940 il Rorqual aveva posato
due sbarramenti di 50 mine ciascuno in quelle acque, che rappresentavano il
punto d’atterraggio per le navi che, partite da Bengasi, avevano attraversato
il golfo della Sirte: il primo, il 5 novembre, 6 miglia e mezzo ad est di
Misurata, ed il secondo, il 9, sei miglia e mezzo a nordovest della stessa
città. Lo sbarramento ad est era stato localizzato dai mezzi italiani, e
dragamine di Tripoli stavano già provvedendo a rimuoverlo, ma quello di
nordovest non era stato trovato e proprio su questo finì la Calipso.
Subito dopo l’urto
contro la mina, la torpediniera si spezzò in due in corrispondenza della
caldaia numero 2. Il troncone prodiero affondò quasi immediatamente, mentre
quello poppiero continuò a galleggiare per circa venti minuti, poi urtò
probabilmente una seconda mina e, scosso da altre esplosioni, andò anch’esso a
fondo.
Da Misurata e da
Tripoli vennero subito inviati sul posto i dragamine ausiliari Intrepido,
Delfino e S. Stefano, due aerei da ricognizione marittima ed uno da bombardamento
terrestre per localizzare e soccorrere i naufraghi. Nonostante il maltempo,
queste unità riuscirono a recuperare 39 sopravvissuti, tra cui il comandante
Zambardi; il secondo nocchiere Elio Frausini, comandante di uno dei dragamine,
si guadagnò la Medaglia di bronzo al Valor Militare per aver affrontato il mare
in tempesta ed il campo minato per soccorrere tutti i naufraghi che erano
ancora in vita. Comunque, nonostante la pronta ed efficace opera dei
soccorritori, il bilancio finale fu pesante: su 129 uomini che componevano
l’equipaggio della Calipso, 90
risultarono morti o dispersi.
Tra di loro vi furono
anche l’aspirante Giudice, il direttore di macchina Pirone ed il sottocapo
cannoniere Panzacchi, mentre il cannoniere Ravaglia fu tra i sopravvissuti, ma
per lui l’appuntamento con la morte era solo rimandato: sarebbe infatti caduto
nell’affondamento della corazzata Roma il 9 settembre 1943.
Tra i dispersi della Calipso vi fu anche un ragazzo sardo di
vent’anni, da Telti: a 73 anni di distanza, nel novembre 2013, i suoi
discendenti sono riusciti a raggiungere le acque in cui era affondata la Calipso per deporvi un mazzo di fiori,
in memoria sua e di tutto l’equipaggio.
Perirono nell’affondamento:
Giuseppe Badiali, capo meccanico di prima classe,
disperso
Mario Benzan, marinaio cannoniere, disperso
Antonio Bianchi, marinaio S. D. T., disperso
Antonio Bignotti, marinaio radiotelegrafista,
disperso
Giuseppe Bonazza, secondo capo cannoniere,
disperso
Luigi Bonelli, sergente cannoniere, disperso
Sido Bonfatti, marinaio radiotelegrafista,
disperso
Mario Borghese, marinaio fuochista, disperso
Metodio Bozeglav, marinaio cannoniere,
disperso
Edoardo Brunoro, capo meccanico di terza
classe, disperso
Agostino Brusco, marinaio silurista, disperso
Corrado Cacciani, marinaio cannoniere,
disperso
Francesco Caiulo, marinaio cannoniere,
disperso
Giuseppe Calvini, sottocapo cannoniere,
deceduto
Giuliano Canegallo, marinaio cannoniere,
disperso
Alfonso Caprio, marinaio fuochista, disperso
Cosimo Carrano, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Carrara, marinaio fuochista, deceduto
Francesco Ciaramitaro, marinaio fuochista,
disperso
Fortunato Colombo, marinaio fuochista,
disperso
Giovanni Colombo, marinaio cannoniere,
disperso
Francesco Cordani, sottocapo silurista,
disperso
Pasquale Corradetti, marinaio, disperso
Alberto D’Agostino, secondo capo
radiotelegrafista, disperso
Luciano Davi, marinaio, disperso
Antonio Del Grosso, marinaio fuochista,
disperso
Giovanni Del Vecchio, sergente furiere,
disperso
Bruno Duse, marinaio silurista, disperso
Guido Farini, marinaio elettricista, disperso
Renato Ferrarese, capo silurista di seconda
classe, disperso
Vito Ferri, marinaio cannoniere, disperso
Nicola Frese, sottocapo cannoniere, disperso
Angelo Gallo, sergente cannoniere, disperso
Giovanni Ghitti, marinaio fuochista, disperso
Concetto Gianino, marinaio cannoniere,
disperso
Rolando Giannecchini, marinaio cannoniere,
disperso
Vincenzo Giudice, guardiamarina, disperso
Alberto Gruden, marinaio fuochista, disperso
Emilio Guardamagna, marinaio, disperso
Aniello Iacono, marinaio, deceduto
Renzo Iacoponi, marinaio fuochista, disperso
Vittorio Imperiale, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Lacchello, marinaio, disperso
Gaetano Lombardo, secondo capo meccanico,
disperso
Attilio Lorenzi, sottocapo radiotelegrafista,
disperso
Antonio Manzella, marinaio cannoniere,
disperso
Mario Mascalchi, sergente meccanico, disperso
Luigi Meazza, marinaio fuochista, disperso
Cosimo Damiano Mirizzi, sottocapo cannoniere,
disperso
Rino Montali, marinaio fuochista, deceduto
Giobatta Moriondo, marinaio, disperso
Giuseppe Abbela, marinaio cannoniere, disperso
Domenico Napolitano, marinaio fuochista,
disperso
Massimo Napolitano, sergente cannoniere,
deceduto
Marino Panzacchi, sottocapo cannoniere,
disperso
Alvaro Pari, marinaio fuochista, disperso
Giovanni Paris, marinaio fuochista, disperso
Giobatta Pastorelli, sottocapo
radiotelegrafista, disperso
Enrico Pezzuti, marinaio radiotelegrafista,
disperso
Luigi Pierobon, sottocapo silurista, deceduto
in territorio metropolitano il 29.7.1941
Pietro Pigoni, marinaio segnalatore, disperso
Giovanni Pirone, capitano CREM, disperso
Antonio Polito, marinaio cannoniere, disperso
Antonio Puzzovio, secondo capo meccanico,
deceduto
Antonio Rebesco, capo elettricista di terza
classe, disperso
Emilio Riga, sottocapo cannoniere, disperso
Guerrino Rossi, marinaio fuochista, disperso
Augusto Rubbioli, sottocapo torpediniere,
disperso
Giuseppe Ruggeri, sottocapo infermiere,
disperso
Giuseppe Russo, marinaio fuochista, disperso
Stefano Saettone, marinaio, disperso
Sergio Sambo, marinaio, deceduto
Antonio Scanu, marinaio segnalatore, disperso
Gaetano Scoglio, secondo capo segnalatore,
deceduto
Ciro Scognamiglio, marinaio cannoniere,
disperso
Giuseppe Segotta, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Serci, marinaio cannoniere, disperso
Taddeo Taddei, marinaio cannoniere, disperso
Alberto Tagliabue, marinaio fuochista,
disperso
Ivan Teobaldelli, marinaio cannoniere,
deceduto
Vincenzo Terrulli, marinaio fuochista,
disperso
Francesco Tidone, secondo capo furiere,
deceduto
Emilio Ugo, marinaio cannoniere, deceduto
Letterio Vento, marinaio, disperso
Luigi Visciano, marinaio, deceduto
Savino Vitrani, marinaio cannoniere, disperso
Gioacchino Vultaggio, marinaio cannoniere,
disperso
Alberto Zampiga, marinaio fuochista, disperso
PETRUCCI PASQUALE ,fuochista artefice. Unico superstite della Campania, ha raccontato tante volte questa storia ...a mio padre va il mio ricordo.
RispondiEliminaAl comandante della Calipso Zambardi va il mio plauso per il suo coraggio ed ardimento. Ho avuto l`onore di conoscerlo personalmente perché zio di mia moglie Nunzia nella sua residenza di Roma.
RispondiEliminaMio nonno e nell'elenco dei dispersi ..mi piacerebbe saper di piu ..
RispondiEliminaTutto ciò che so sulla Calipso l'ho scritto qui, purtroppo non credo di poter aggiungere altri dettagli...
EliminaMio nonno e nell'elenco dei dispersi.. mi paicerebbe sapere di piu ..
RispondiEliminaMio padre Di Candia Vincenzo decorato con medaglia di bronzo al valor militare per aver salvato il comandante ZAMBARDI
RispondiEliminaPetrucci Carlo fratello di Petrucci pasquale naufragato al largo della Libia il 5 12 1940
RispondiEliminaSì mio zio Petrucci Carlo mai conosciuto. Mitragliato da aerei americani sul treno che lo portava a Napoli in licenza quasi fine guerra. Le sue spoglie giacciono al mausoleo di Posillipo.
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