domenica 9 ottobre 2022

Luisiano

La Luisiano a Port Said nel 1938 (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net)

Piroscafo cisterna di 2552 tsl, 1322 tsn e 3500 tpl, lunga 76,19 metri, larga 13,39 e pescante 7,16, con velocità di 8-9 nodi. Di proprietà della Ditta G. M. Barbagelata di Genova, iscritto con matricola 1293 al Compartimento Marittimo di Genova; nominativo di chiamata IBST.
 
Breve e parziale cronologia.
 
21 giugno 1917
Varata come Reginolite dalla Collingwood Shipbuilding Company Ltd. di Collingwood, sul Lago Ontario, in Canada (numero di scafo 49).
L’allestimento procede poi sotto la supervisione del capitano W. R. Henderson, appositamente designato dall’armatore.

La Reginolite in allestimento in bacino, il 26 settembre 1917 (Collingwood Museum)

Ottobre 1917
Completata come Reginolite per la Imperial Oil Company Ltd. di Toronto (o Sarnia); stazza lorda 2631 tsl (per altra fonte, 2642 tsl), netta 1394 tsn, bandiera canadese, nominativo di chiamata TMVR, porto di registrazione Sarnia, Ontario. È la quarta di un gruppo di cinque petroliere gemelle costruite per questa compagnia: le altre sono Iocolite, Sarnolite, Royalite e Talavalite. Hanno autonomia di 7000 miglia ed un equipaggio di 26 uomini.
29 settembre 1918
Alle 12.25 la Reginolite viene attaccata a cannonate, in posizione 40°51’ N e 66°40’ O (al largo delle coste canadesi), dal sommergibile tedesco U 155. Il sommergibile apre il fuoco da circa 4,5 km e continua a sparare per tre quarti d’ora, ma non riesce a mettere neanche un colpo a segno; la Reginolite reagisce aprendo a sua volta il fuoco con il suo armamento e zigzagando alla massima velocità. Allungatesi eccessivamente le distanze, l’U 155 rinuncia all’inseguimento e s’immerge.

La Reginolite in un’inserzione pubblicitaria del cantiere costruttore (dalla “Marine Review” del dicembre 1917)

1923
Acquistata dalla Humble Oil & Refining Company Inc. di Houston e ribattezzata Baytown. Nominativo di chiamata MBKP, successivamente KDEM.
1925
Acquistata dalla Società Armatrice Italiana, con sede a Genova, e ribattezzata Luisiano; porto di registrazione Genova, nominativo di chiamata NWQC.
1926
Stazza lorda e netta diventano rispettivamente 2555,04 tsl e 1418,34 tsn.
1932
È comandante della Luisiano il capitano E. Parodi.
1933
La stazza lorda diventa di 2552 tsl e quella netta di 1322 tsn.
1935
La Luisiano, insieme alle navi cisterna Riva Sarda e Riva Ligure, ai piroscafi BainsizzaProvvidenza ed Ircania ed alla portaidrovolanti Giuseppe Miraglia, viene impiegata nel trasporto di materiali, aerei e personale della Regia Aeronautica da Napoli a Massaua e Mogadiscio, durante la guerra d’Etiopia. Le navi formano il Reparto Tappa Africa Orientale.
Negli anni successivi, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, la Luisiano farà la spola tra l’Italia e l’Africa Orientale Italiana, in alternanza con la Riva Ligure, per rifornire di carburante le basi della Regia Marina situate in quella colonia.
1939
Acquistata dalla Ditta G. M. Barbagelata, con sede a Genova, senza cambiare nome.
16 aprile 1941
La Luisiano salpa da Palermo per Tripoli alle otto del mattino, scortata dalla torpediniera Orione.
18 aprile 1941
Il convoglietto viene dirottato su Trapani da Supermarina a scopo precauzionale, nel quadro di una momentanea sospensione del traffico con la Libia in seguito alla distruzione del convoglio "Tarigo" ad opera di una squadriglia di cacciatorpediniere britannici.
Passato il pericolo, nel pomeriggio dello stesso 18 aprile Luisiano ed Orione ripartono da Trapani e si aggregano al convoglio "Nicolò Odero", partito da Palermo alle 23 del 18 e composto dai piroscafi Isarco, Nicolò Odero e Maddalena Odero scortati dalle torpediniere Antonio Mosto (per altra versione, probabilmente erronea, dal cacciatorpediniere Alvise Da Mosto) e Giuseppe La Farina (caposcorta) successivamente sostituite dalla torpediniera Calliope e dalla Polluce inviata da Marilibia.
19 aprile 1941
Si aggregano al convoglio anche la nave cisterna Alberto Fassio e la torpediniera Climene, uscite da Trapani alle 5.40.
21 aprile 1941
Il convoglio giunge nelle acque della Tripolitania mentre il porto di Tripoli si trova sotto attacco da parte della Mediterranean Fleet, uscita in mare con le corazzate Barham, Valiant e Warspite, gli incrociatori leggeri AjaxOrionPerth e Gloucester e tredici cacciatorpediniere per sottoporre il porto libico ad un bombardamento navale. Fortunatamente, il convoglio avvista la flotta nemica senza che questa, che non ha distaccato cacciatorpediniere per cercare eventuali convogli in arrivo, faccia altrettanto; può così tenersi defilato dalla zona battuta in attesa che il bombardamento si concluda. Insoddisfatto da questa inazione, il comandante della Polluce (capitano di corvetta Massimo Marzi) si separa dal convoglio e dirige verso la squadra britannica nella speranza di riuscire ad attaccala, ma prima che l’alba inizi a schiarire la Mediterranean Fleet inverte la rotta e se ne va, vanificando il tentativo.
La Luisiano entra a Tripoli alle 22.
3 maggio 1941
La Luisiano (al comando del capitano di lungo corso Giuseppe Garibaldi, da Imperia) lascia Tripoli alle 6.44 (per altra fonte, alle 23) per fare ritorno a Trapani, con la scorta della torpediniera Giuseppe La Farina (tenente di vascello Edoardo Le Boffe).
Alle 10.55 la Luisiano avvista quella che ritiene essere la scia di un siluro, e manovra per evitare l’arma; si sente poco dopo un’esplosione subacquea, seguita dall’affioramento in superficie di bolle. È possibile che si sia trattato di un attacco da parte del sommergibile britannico Undaunted, che scomparve nella zona proprio in quei giorni.
4 maggio 1941
Alle 5.45 (5.30 per altra fonte) la La Farina urta una mina al largo delle secche di Kerkennah, spezzandosi in due ed affondando in un paio di minuti in posizione 34°35’ N e 11°50’ E.
La Luisiano recupera dal mare 70 o 72 naufraghi (compresi tre ufficiali), alcuni dei quali moriranno in seguito per le ferite riportate (i superstiti, alla fine, saranno 67 su un equipaggio di 128 uomini); terminato il salvataggio, credendo che la torpediniera sia stata silurata da un sommergibile, la petroliera dirige verso Sfax.
Il comandante Garibaldi verrà insignito della Croce di Guerra al Valor Militare per il soccorso ai naufraghi della torpediniera (motivazione: "Comandante di nave cisterna, dirigeva con slancio, ardimento e perizia la manovra di salvataggio dei naufraghi della torpediniera di scorta affondata in seguito a offesa nemica").
5 maggio 1941
Arriva a Sfax a mezzogiorno. Da qui rientrerà poi a Tripoli.
5 ottobre 1941
Requisita a Napoli dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
31 ottobre 1941
La Luisiano parte da Bari diretta ad Ancona, in convoglio con altre due navi cisterna, la Devoli e la Meteor, e con la scorta dell’anziana torpediniera Rosolino Pilo.
Alle 15 il convoglio viene avvistato, a 4,5 miglia per 080° da Punta Penna (vicino ad Ortona), dal sommergibile britannico Truant (capitano di corvetta Hugh Alfred Vernon Haggard). Al momento dell’avvistamento, il convoglio è in avvicinamento da sud, e si tiene vicino alla costa; Haggard ne apprezza la composizione come due navi cisterna di piccole dimensioni (1500-2000 tsl), cioè Meteor e Luisiano, che procedono in testa, seguite da una terza di medie dimensioni (5000 tsl; la Devoli, che in realtà è più piccola di 2000 tsl), tutte e tre a pieno carico, scortate da una torpediniera classe Generali che continua ad incrociare avanti e indietro lungo il lato del convoglio rivolto verso il mare aperto. Alle 15.59 il Truant lancia quattro siluri contro la Pilo, nel momento in cui questa si “sovrappone”, nel periscopio, con la cisterna di testa; subito dopo, il sommergibile scende in profondità. La torpediniera non viene colpita, ma la Meteor sì, affondando rapidamente due miglia a sudest di Punta Penna, con la morte di 14 dei 21 membri dell’equipaggio.
La Pilo incrocia lungamente sulla verticale del Truant (che dopo il siluramento è sceso fino ad urtare il fondale profondo in quel punto solo dodici metri, per poi “rimbalzare” e risalire fino ad otto metri di profondità, riuscendo poi a riguadagnare controllo prima di emergere, e tornando a posarsi sul fondale), senza però lanciare bombe di profondità. Alle 16.30 il Truant inizia a muovere a marcia indietro per cercare di scendere a maggiore profondità, ma deve interrompere il tentativo quando sente avvicinarsi un’altra volta la torpediniera; la Pilo continua ad incrociare sulla sua verticale fino alle 17.45, poi se ne va.
11 febbraio 1942
La Luisiano e la nave cisterna Giorgio compiono un viaggio da Valona a Durazzo, con la scorta dell’incrociatore ausiliario Brioni.
Aprile 1942
Durante una riunione tenuta presso il Comando Supremo (cui partecipano il capo di Stato Maggiore Generale, maresciallo d’Italia Ugo Cavallero; gli ammiragli Arturo Riccardi e Luigi Sansonetti, rispettivamente capo e sottocapo di Stato Maggiore della Marina; i generali Rino Corso Fougier e Giuseppe Santoro, capo e sottocapo di Stato Maggiore dell’Aeronautica; i generali Aldo Rossi, Giovanni Magli ed Antonio Gandin, addetti al Comando Supremo; il feldmaresciallo Alfred Kesselring, comandante delle forze tedesche nello scacchiere meridionale; il generale Enno von Rintelen, addetto militare tedesco in Italia; l’ammiraglio Eberhard Weichold, ufficiale di collegamento con la Kriegsmarine; il colonnello Giovanni Di Raimondo, capo del reparto trasporti del Comando Supremo; i capitano di vascello Lorenzo Daretti e Massimo Girosi, il maggiore Millo del Regio Esercito, il tenente colonnello Schellmann dell’Esercito tedesco) la Luisiano viene menzionata, insieme all’Alberto Fassio (di analoghe dimensioni) ed alla tedesca Ossag, come una delle tre sole navi cisterna aventi caratteristiche adatte ad approdare nel porto di Bengasi, in corso di riattamento dopo la sua riconquista a fine gennaio. Le due navi hanno però il difetto della modesta velocità massima, solo otto nodi. L’ammiraglio Sansonetti, spiegandolo a Cavallero, sottolinea: “Bisogna quindi essere molto prudenti prima di affidare un carico così prezioso ad una nave che lo trasporta molto lentamente”.
26 giugno 1942
La Luisiano ed il piroscafo Cagliari compiono un viaggio da Valona a Prevesa, con la scorta della piccola nave scorta ausiliaria Pola. Cagliari e Pola proseguono poi per Patrasso.
6 ottobre 1942
La Luisiano ed il piroscafo Pier Luigi compiono un viaggio dal Pireo a Suda, con la scorta della torpediniera Climene.
 
La nave quando si chiamava Baytown (da www.aukevisser.nl)

L'affondamento
 
Alle 18.48 (per altra fonte, 18.30) del 25 ottobre 1942 la Luisiano salpò da Taranto diretta in Cirenaica, navigando in convoglio con il piroscafo Etiopia e con un’eterogenea scorta composta dal cacciatorpediniere Granatiere (capitano di fregata Giuseppe Gregorio, caposcorta), dalla moderna torpediniera di scorta Fortunale (tenente di vascello Alfredo D’Angelo) e dalla vetusta torpediniera San Martino (tenente di vascello di complemento Enrico Vaccaro). Il convoglio era denominato "J"; la Luisiano trasportava nelle sue cisterne 1460 tonnellate di carburante (per altra fonte, 2500 tonnellate) destinate all’Armata corazzata italo-tedesca in Egitto, che in quei giorni stava combattendo la decisiva battaglia di El Alamein, iniziata due giorni prima. L’Etiopia era invece carico di benzina per aerei.
Come difesa “passiva” contro gli attacchi aerei, la Luisiano era munita di pallone frenato; oltre alla scorta navale, inoltre, era stato disposto che il II. Fliegerkorps dovesse mantenere un bombardiere continuamente in volo sul cielo del convoglio, e che nella notte del 28 ottobre la navigazione della Luisiano sarebbe stata protetta da due Heinkel del "Kommando Koch", un’unità speciale della Luftwaffe munita di apparecchiature per l’intercettazione ed il disturbo dei segnali radar nemici.
 
Nel corso dell’ottobre 1942, in preparazione della controffensiva che avrebbe portato alla battaglia di El Alamein, le forze aeronavali britanniche nel Mediterraneo avevano preso a bersagliare con crescente intensità le navi cisterna, per privare l’armata italo-tedesca in Nordafrica della sua risorsa più importante: il carburante.
Era dunque stato un crescendo di attacchi, sempre più frequenti e mirati, che sovente coglievano il loro obiettivo: su sei navi cisterna salpate nel mese di ottobre alla volta della Libia, soltanto la metà arrivarono a destinazione, due intatte (Saturno a Tripoli il 20 ottobre, Portofino a Bengasi il 4 novembre) ed una danneggiata (Alfredo a Tobruk, il 25 ottobre); delle altre tre, due furono affondate ed una fu danneggiata gravemente e costretta a tornare in porto. Contemporaneamente, altre due navi cisterna di cui era previsto l’invio in Libia vennero affondate in altre zone del Mediterraneo, ed una di ritorno scarica fu gravemente danneggiata, riducendo notevolmente la disponibilità di questo importante tipo di nave.
Il 2 ottobre era stata silurata e danneggiata gravemente la motocisterna Rondine, che rientrava scarica da Tobruk al Pireo; il 13 ottobre era stata affondata al largo della Sardegna la Nautilus, del quale era programmato l’invio in Libia; il 18 ottobre era stata silurata e gravemente danneggiata la motonave cisterna Panuco, che aveva dovuto interrompere la sua traversata da Messina a Tripoli; il 24 ottobre era stato danneggiata in modo non grave la piccola Alfredo, che era riuscita egualmente a raggiungere Tobruk; il 26 ottobre erano state affondate contemporaneamente le navi cisterna Proserpina (in navigazione da Taranto a Tobruk) ed Arca (proveniente dal Mar Nero e diretta verso sud).
Proprio in seguito all’affondamento della Proserpina si era deciso di anticipare la partenza di Luisiano ed Etiopia: nel corso di una riunione tenuta presso il Comando Supremo il 21 ottobre, era stata infatti valutata la possibilità di far partire le due navi il 27 ottobre, formando un convoglio di quattro bastimenti insieme alla nave cisterna Portofino ed al piroscafo Iseo; tuttavia il capo di Stato Maggiore Generale, maresciallo d’Italia Ugo Cavallero, aveva deciso che in caso di perdita della Proserpina la Luisiano sarebbe dovuta partire non appena pronta, cioè il 25 ottobre, senza aspettare l’approntamento delle altre navi. Così era andata.
 
A mezzanotte del 26 ottobre il convoglio "J", avvistato da uno Spitfire fotoricognitore del 69th Squadron RAF (decollato da Malta), venne attaccato da un aereo che sganciò due bombe, senza colpire; faceva parte di una formazione di tre bombardieri Vickers Wellington, anch’essi del 69th Squadron, decollati dalla base maltese di Luqa. Durante la giornata del 27 le navi vennero per due volte avvistate da ricognitori Martin Baltimore decollati da Malta; paventando imminenti attacchi aerei, Supermarina dirottò il convoglio su Navarino, dove giunse all’una di notte del 28 ottobre.
Questi attacchi ed avvistamenti non erano frutto del caso: da giorni l’organizzazione britannica “ULTRA”, incaricata dell’intercettazione e decifrazione dei messaggi in codice dell’Asse, seguiva infatti i movimenti della Luisiano. Il 25 ottobre l’Operational Intelligence Centre dell’Ammiragliato aveva scoperto da messaggi decrittati che la Luisiano ed un’altra nave cisterna, la Portofino, sarebbero partite da Taranto quello stesso giorno dirette rispettivamente a Bengasi e Tobruk; il 26 venne aggiunto che "Petroliere LUISIANO ed ETIOPIA hanno lasciato Taranto il pomeriggio del 25 probabilmente per Bengasi, velocità 7,5 nodi". L’indomani seguirono nuovi aggiornamenti: "Petroliere Luisiano ed Etiopia sono giunte a Navarino alle 17.00 del 27 provenienti da Taranto e partiranno nuovamente alle 18.00 per Bengasi".
 
Passato il pericolo – o così si credeva, ignorando l’opera di “ULTRA” – il convoglio ripartì da Navarino dopo il tramonto dello stesso 28 ottobre, diviso adesso in due gruppetti: la Luisiano salpò per prima, verso le 19, con la scorta della San Martino cui si era ora aggiunta la torpediniera Lupo (capitano di corvetta Carlo Zanchi, caposcorta): sua destinazione era Bengasi; poco più tardi partì l’Etiopia, diretto invece a Tobruk, con la scorta della Fortunale. Il Granatiere rimase a Navarino, tornando ad unirsi all’VIII Divisione ivi stanziata, della quale faceva parte.
Durante la manovra di disormeggio, l’Etiopia venne danneggiato in modo non grave da una bomba caduta in mare a poca distanza durante un attacco aereo (l’aveva sganciata un Wellington del 69th Squadron RAF, pilotato dal sottotenente Harry Woodward Donkersley), e tornò in porto, posticipando la partenza di alcune ore per riparare i danni.
I guai per il gruppo "Luisiano", che era invece proseguito come da tabella di marcia, iniziarono alle dieci di sera del 28 ottobre, quando le tre navi che lo componevano iniziarono ad essere continuamente sorvolate da aerei nemici: erano ricognitori della RAF muniti di radar ASV (Air to Surface Vessel), che provvidero anche ad illuminare il convoglio con lancio di bengala.
Già alle 18.45, sulla base di un segnale di scoperta lanciato da un ricognitore Bristol Blenheim del 69th Squadron, erano decollati da Malta tre Vickers Wellington anch’essi appartenenti al 69th Squadron della Royal Air Force, due armati di bombe ed uno di siluro. Uno dei tre aerei aveva poco dopo subito un’avaria al motore che l’aveva costretto a tornare indietro, dopo aver sganciato le bombe in mare, e tentare un atterraggio d’emergenza a Luqa, dove riportò danni irreparabili, seppur senza perdite tra l’equipaggio.
Alle 23.30 ebbero inizio gli attacchi degli aerosiluranti; i due Wellington attaccarono ad alcuni minuti l’uno dall’altro, ed alle 23.52 quello pilotato dal sottotenente canadese Walter H. Matthews riuscì a colpire la Luisiano a poppa con un siluro, facendola esplodere a venti miglia per 260° da Navarino.
L’esplosione spezzò in due la nave: il troncone poppiero affondò immediatamente, mentre quello prodiero, avvolto dalle fiamme, continuò a galleggiare fino alle prime ore del mattino del 29 ottobre, quando ricevette il colpo di grazia dalle stesse unità della scorta.
Solo otto uomini della petroliera riuscirono a scampare a quell’inferno: vennero salvati dalla Lupo, trattenutasi sul luogo a recuperare i naufraghi nonostante gli attacchi aerei, che si protrassero fino alle 00.50 del 29 ottobre, non accennassero a placarsi. Terminato il salvataggio, la Lupo fece ritorno a Navarino alle nove di quel mattino, trovandovi la San Martino che era rientrata già alle 5.35.
 
Perirono con la Luisiano quattordici membri dell'equipaggio civile ed undici uomini dell’equipaggio militare.
 
Le vittime tra l'equipaggio militare:
 
Ciro Accardo, marinaio, 24 anni, da Torre del Greco
Giuseppe Buongiovanni, marinaio, 24 anni, da Napoli
Daniele Facchi, marinaio cannoniere, 20 anni, da Brescia
Vincenzo Ferraiulo, marinaio cannoniere, 20 anni, da Castellammare di Stabia
Ivo Lodi, marinaio cannoniere, 22 anni, da Sant’Agostino
Francesco Parodi, marinaio cannoniere, 25 anni, da Genova
Umberto Pauletta, capitano del Genio Navale, 52 anni, da Genova
Giovanni Pellegrino, marinaio segnalatore, 24 anni, da Cerinola
Alberto Sigurtà, marinaio cannoniere, 22 anni, da Bagnolo Mella
Egidio Simonutti, sottocapo cannoniere, 21 anni, da Pinzano al Tagliamento
Severino Vicario, secondo capo cannoniere, 29 anni, Tricesimo

Le vittime tra l'equipaggio civile:

Domenico Barberis, capitano di lungo corso, da Sanremo
Angelo Basile, ufficiale di macchina
Raimondo Del Prete, capo fuochista, da Torre del Greco
Tommaso Di Massa, fuochista, da Barano d'Ischia
Salvatore Fedele, cuoco, da Palermo
Giovanni Loffredo, cameriere, da Monte Argentario
Lorenzo Mitoli, fuochista, da Molfetta
Giovanni Moretti, fuochista, da Ponzone
Emanuele Mortola, nostromo, da Camogli
Enrico Noce, marinaio
Raffaele Piccolo, fuochista, da Torre del Greco
Matteo Reggente, ufficiale di macchina, da Trieste
Michele Scotto, garzone di camera
Antonio Steardo, capitano di lungo corso
 
Anche il Wellington del sottotenente Matthews, seriamente danneggiato dal tiro contraereo italiano, fu costretto al rientro a Luqa ad un atterraggio d’emergenza, che anche in questo caso produsse danni irreparabili al velivolo, il cui equipaggio rimase invece indenne.
 
La notizia dell’affondamento della Luisiano, ultima di una serie di notizie analoghe, piombò a Roma come un fulmine a ciel sereno. Subito si scatenarono lunghe discussioni tra Mussolini, Cavallero, il comandante delle forze tedesche nello scacchiere sud, feldmaresciallo Albert Kesselring, ed i capi di Stato Maggiore di Marina ed Aeronautica, ammiraglio Arturo Riccardi e generale Rino Corso Fougier.
Dall’Africa Rommel reclamava a gran voce il carburante; vari autori affermano che il condottiero tedesco comprese pienamente di aver perso la battaglia di El Alamein quando seppe dell’affondamento della Luisiano: alla notizia della perdita della nave cisterna, Rommel avrebbe dichiarato ai suoi subordinati che “Non sarà più possibile per noi sganciarci dal nemico. Non c’è benzina per una manovra del genere. Abbiamo un’unica scelta, ossia di combattere fino alla fine ad El Alamein”, annotando poi nelle sue memorie “Ora eravamo definitivamente a piedi”. A mezzanotte dello stesso 28 ottobre Rommel contattò il suo superiore Kesselring chiedendo l’invio di altri aerei e carburante per le sue truppe. Kesselring dispose l’impiego dei trimotori Junkers Ju 52 di base a Creta per creare una sorta di ponte aereo e consegnare il massimo quantitativo possibile di carburante nel minor tempo possibile; ma questo tentativo, pagato con la perdita di numerosi Ju 52 ad opera della caccia angloamericana, non riuscì comunque a portare a destinazione una quantità di carburante sufficiente per le esigenze della Panzerarmee Afrika. Né poteva sortire un effetto decisivo sull’afflusso di combustibili al fronte l’incremento delle missioni dei sommergibili da trasporto e l’impiego delle motozattere per i trasporti di carburante, che pure fu ordinato.
Con l’assenso di Hitler e Göring, venne ordinato il trasferimento in Mediterraneo dal fronte orientale di altri 150 Ju 52 (in modo da portare il totale degli Ju 52 disponibili in questo scacchiere a 350, duecento dei quali impiegabili giornalmente in missioni di trasporto), nonché di alianti da carico trainati da Heinkel He 111, ognuno dei quali in grado di trasportare un carico di 2,4 tonnellate; fu inoltre disposto il rafforzamento dei reparti da caccia e da bombardamento della Luftwaffe in tale scacchiere, in modo da garantire ai convogli una migliore copertura aerea. Mussolini, dal canto suo, ordinò la costruzione di nuove unità di scorta e di dodici sommergibili da trasporto, la classe "R". Troppo poco, troppo tardi.
 
Il 29 ottobre il maresciallo Cavallero annotava cupo nel suo diario: “Abbiamo perduto anche la cisterna Luisiano. Telefono a Riccardi di orientarsi sulla cisterna Giordani e di inviarla in Africa colla forza della disperazione (…) Informo il generale von Rintelen di non poter aderire all’invito di recarmi in Libia presso il comando Rommel. In questo momento la mia presenza è indispensabile qui per spingere i trasporti. Occorre insistere molto per ottenere dalla Marina quello che si chiede. La perdita del “Luisiana” non rende ancora la situazione del tutto disperata, ma bisogna che arrivino il “Portofino” e poi il “Giordani””. Le due citate petroliere non avrebbero avuto miglior sorte: la Portofino sarebbe giunta indenne a Bengasi, soltanto per esservi affondata da un bombardamento prima di poter scaricare il proprio carburante; la Giordani sarebbe stata affondata nel tentativo di raggiungere Tripoli.
Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri e genero di Mussolini, nella stessa data annotava nel suo diario: “Ancora una petroliera affondata stanotte: ecco il punto nero della situazione in Libia. Bismarck [principe Otto, consigliere dell’ambasciata tedesca a Roma] ha saputo da Rintelen, che Rommel è ottimista circa le possibilità militari delle truppe, ma è letteralmente terrorizzato dalla situazione scorte. Ormai non è solo il carburante che scarseggia, ma anche le munizioni, anche le vettovaglie”.
 
Da parte britannica, “ULTRA” continuò la sua opera di decrittazione anche dopo l’affondamento e fornì ai comandi britannici, il 29 ottobre, ulteriori dettagli su come sarebbe dovuta proseguire la sua navigazione: “Petroliere Luisiano ed Etiopia, che hanno lasciato Navarino alle 18.00 del 28, procederanno rispettivamente a 7,5 e 6 nodi. La Luisiano dovrà giungere a Bengasi intorno alle 18.00 del 30 e l’Etiopia a Tobruk alle 09.00 del 1° novembre”. Dopo aver intercettato le comunicazioni che davano notizia dell’affondamento, i decrittatori di “ULTRA” aggiunsero in calce al messaggio anche l’epitaffio della nave cisterna: “Petroliera Luisiano, vedi sopra, è stata affondata da attacco aereo alle 00.01 del giorno 29”.
 
Su cinquemila tonnellate di carburante che si riuscì a recapitare a Bengasi in quel periodo, duemila andarono distrutte in conseguenza degli attacchi aerei britannici su quel porto, e la consegna delle restanti tremila tonnellate alle divisioni italiane e tedesche fu ostacolata dalle continue incursioni della RAF contro i trasporti via terra.
Il 4 novembre, dopo tredici giorni di feroci combattimenti, Rommel dovette ordinare la ritirata generale. Per gran parte dei reparti dell’Armata corazzata – specialmente quelli italiani –, sprovvisti di veicoli, l’ordine non era eseguibile: intere divisioni sarebbero state annientate durante la disperata ritirata a piedi nel deserto. Novemila soldati italo-tedeschi sarebbero rimasti per sempre sotto le sabbie di El Alamein, per altri 30.000 – compresi undici generali – iniziava una lunga prigionia. La guerra in Africa era persa, anche se ci sarebbero voluti ancora sei mesi perché se ne consumasse l’atto finale.
 
La nave come Reginolite, in una foto del 30 settembre 1917 (Historical Collections of the Great Lakes – Bowling Green State University)

 
La Reginolite su Auke Visser