sabato 20 febbraio 2021

Vettor Pisani

Il Vettor Pisani (Naval History and Heritage Command, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net)

Sommergibile di media crociera, capoclasse della classe omonima.
I quattro sommergibili della classe Pisani, battezzati con nomi di ammiragli degli Stati preunitari italiani e progettati dal colonnello del Genio Navale Curio Bernardis in collaborazione con il maggiore G. N. Rodolfo Tito Tizzoli, vennero impostati tra la fine del 1925 e l’inizio del 1926 nel Cantiere Navale Triestino di Monfalcone; furono i primi sommergibili costruiti da tale cantiere, che negli anni a venire – cambiata la ragione sociale in Cantieri Riuniti dell’Adriatico – sarebbe divenuto, insieme all’OTO del Muggiano, il principale costruttore di unità subacquee della Regia Marina.
Come tutti i sommergibili tipo “Bernardis”, i Pisani erano a scafo semplice (formato da sezioni circolari chiuse da calotte semisferiche alle estremità), con doppifondi resistenti interni (in posizione centrale ed all’interno dello scafo resistente); la parte centrale dello scafo resistente aveva forma cilindrica, che diventava a tronco di cono verso prua e verso poppa fino a terminare nelle calotte semisferiche, dalle quali partivano gli avviamenti dello scafo leggero esterno. I doppi fondi principali erano situati tra lo scafo ed un cilindro interno resistente che avvolgeva la parte centrale dello scafo (la sezione centrale mostrava quindi due cilindri concentrici: in quello interno si trovava la camera di manovra, nell’intercapedine l’acqua di zavorra); nei doppi fondi erano ricavate la cassa d’immersione rapida, le casse emersione e le casse compenso (altre casse di zavorra erano invece ubicate in doppifondi ricavati nelle estremità dello scafo leggero). Anche i serbatoi del carburante erano interni allo scafo resistente.
Questa struttura centrale era caratterizzata da una eccellente robustezza longitudinale, e garantiva alla camera di manovra una maggior sicurezza contro collisioni, urti ed esplosioni di bombe di profondità.
Erano lunghi 67,98-68,2 metri, larghi 5,7-6 e pescavano 4,85-4,93-4,99 metri; il dislocamento in superficie era di 808 tonnellate standard e 830 o 866 o 880,18 in carico normale, quello in immersione di 1040 o 1058,10 tonnellate.
 
Il Vettor Pisani durante le prove in mare, nella primavera del 1929 (g.c. STORIA militare)

I Pisani furono sviluppati parallelamente ai sommergibili della classe Mameli, progettati dal capitano del Genio Navale Virginio Cavallini sulla base delle stesse specifiche tecniche (l’incarico di progettare due classi di sommergibili di medio tonnellaggio venne affidato a Bernardis e Cavallini quasi contemporaneamente) ma caratterizzati dal doppio scafo parziale: in questo periodo, infatti, la Regia Marina stava ancora sperimentando diverse possibili soluzioni nel campo delle costruzioni subacquee, mettendo in costruzione classi di poche unità per valutare quale tipologia si rivelasse più rispondente alle aspettative.
Lo Stato Maggiore della Marina aveva stabilito alcune caratteristiche fondamentali che i nuovi battelli avrebbero dovuto avere: profondità operativa di 100 metri; armamento silurante del calibro di 533 mm; armamento artiglieresco con funzione sia antinave che contraerea; velocità di 17 nodi in superficie ed 8 in immersione.
Dai Pisani sarebbero poi discesi tutti gli altri sommergibili del tipo “Bernardis” a scafo semplice, una delle tre grandi tipologie costruttive in cui si divisero, negli anni Venti e Trenta, i sommergibili della Regia Marina; la seconda era costituita dai battelli a doppio scafo parziale tipo “Cavallini”, derivati dai Mameli, e la terza da quelli a doppio scafo totale, derivati dai grossi sommergibili oceanici della classe Balilla, costruiti anch’essi nella seconda metà degli anni Venti. Queste tre classi di sommergibili – Pisani, Mameli e Balilla – furono le prime costruite in Italia dopo una “pausa” di alcuni anni (protrattasi per tutta la prima metà degli anni Venti) dovuta alla difficile situazione politica ed economica italiana del primo dopoguerra, e segnarono l’inizio del grande rinnovamento della flotta subacquea italiana, che nel quindicennio successivo sarebbe divenuta la seconda più grande del mondo.
Lo storico Giorgio Giorgerini ha scritto in proposito: “Dal punto di vista della progettazione la Marina scelse tre tipi di battelli [Pisani, Mameli e Balilla]. Una decisione di questo tipo può suscitare perplessità (…) ma (…) le ragioni andavano da un giudizio parimenti positivo sulle diverse soluzioni costruttive, al riconoscimento di una miglior rispondenza di una certa soluzione per un determinato tipo di battello, all’interesse dei cantieri ad avere esclusive particolarità costruttive per le proprie produzioni. Tutte ragioni comprensibili, ma nelle quali è difficile rintracciare l’interesse vero, la convenienza della Marina per scelte di quel genere. Si ebbero così tre tipi fondamentali di sommergibili che saranno mantenuti poi sino al 1943: il tipo “Bernardis”, detto anche “a scafo semplice con doppi fondi centrali”, il tipo “Cavallini” o “a doppio scafo parziale” e infine il tipo detto “a doppio scafo totale””. Il tipo Bernardis fu quello che venne riprodotto nel maggior numero di unità: da esso derivarono tutte le successive classi italiane di sommergibili di piccola crociera (la serie “600”) ed alcune classi di unità di media e grande crociera, costruite per la maggior parte presso i CRDA di Monfalcone, mentre i tipi “Cavallini” ed a doppio scafo totale vennero scelti per i sommergibili oceanici, costruiti dai cantieri Tosi di Taranto (i primi) ed OTO di La Spezia (i secondi).
 

Sopra, il Pisani e due gemelli a Monfalcone nell’inverno 1928-1929, durante i collaudi; sotto, il Pisani a Monfalcone il 14 febbraio 1929 (da “I sommergibili di Monfalcone” di Alessandro Turrini, supplemento alla “Rivista Marittima” n. 11 del novembre 1998, via Marcello Risolo e www.betasom.it)


A differenza dei Mameli, i Pisani non risultarono unità molto riuscite: le prove in mare evidenziarono una scarsa stabilità trasversale (dovuta proprio alla forma cilindrica e affusolata dello scafo resistente), problema che non risultò risolvibile con la semplice aggiunta di zavorra fissa od il cambiamento della disposizione interna dei pesi e della sistemazione dei dei macchinari per correggere l’altezza metacentrica ed abbassare il baricentro. Fu invece necessaria, nel 1930, l’installazione di due controcarene laterali esterne all’altezza della linea di galleggiamento, onde aumentare la larghezza della sezione al galleggiamento: tale modifica, se da una parte risolse i problemi di stabilità dall’altra portò, per via della maggiore resistenza determinata dall’aumento della larghezza dello scafo (6,8 o 6,9 metri, 80 o 90 centimetri in più), ad una riduzione della velocità (di due nodi in immersione e di uno in immersione). All’interno delle controcarene vennero ricavati altri doppi fondi resistenti laterali, serbatoi leggeri di carburante (nelle estremità non resistenti) e casse di servizio.
Queste modifiche costrinsero a rivedere interamente il dosaggio interno delle unità della classe (la disposizione dei pesi nel sommergibile, tale da mantenere l’equilibrio tra peso e spinta in immersione). Le controcarene sarebbero divenute una costante nei successivi tipi “Bernardis”.
Altro problema dei Pisani era la tendenza ad infilarsi nel mare di prora durante la navigazione in superficie; questo difetto fu corretto durante la costruzione delle successive classi Bandiera e Squalo (messe in costruzione nel 1928, prima ancora del completamento dei Pisani, e prima dunque di rendersi conto dei difetti di tale progetto) con l’aggiunta a prua estrema di una cassa autoallagabile, rialzando gli ultimi metri della prua (creando così il cosiddetto “nasone” che caratterizzò queste classi).
La profondità massima di collaudo dei Pisani era di cento metri, l’equipaggio era composto da cinque ufficiali e 44 tra sottufficiali e marinai.
 
Il Pisani in un’immagine datata 16 giugno 1929 (Naval History and Heritage Command)

In superficie i battelli della classe erano propulsi da due motori diesel Tosi della potenza complessiva di 2700 (o 3000) HP (1987,2 kW), su due eliche, che permettevano una velocità massima di 17,3 nodi (raggiunta alle prove, prima dell’installazione delle controcarene; poi ridottasi a 15, o per altra fonte solo 13-14 in condizioni operative); l’apparato propulsivo per la navigazione in immersione era invece composto da due motori elettrici CGE da 1100 HP (809,6 kW), che permettevano una velocità massima di 8,8  nodi (per altre fonti 8,2 o 9,2; secondo un’altra, 8,8 nodi prima dell’installazione delle controcarene e 8,2 dopo). Con una riserva di 67 tonnellate di carburante, l’autonomia in superficie era di 4230 (o 5000) miglia a 9,3 nodi e 1600 miglia a 17 nodi (o 1400 a 15 nodi), quella in immersione di 70 miglia a quattro nodi e 8,2 miglia a 8,2 nodi, superiore rispetto a quella dei Mameli, grazie alle maggiori dimensioni che permettevano di stivare a bordo una maggior scorta di carburante.
Il Pisani fu il primo sommergibile italiano ad essere dotato di impianto idraulico Riva Calzoni, primo apparato costruito da questa ditta per il settore delle costruzioni di sommergibili (nel quale sarebbe divenuta un’azienda di riferimento negli anni a venire): si trattava di un impianto idraulico centralizzato per il controllo dei timoni, avente lo scopo di sostituire alcuni comandi che sui sommergibili costruiti in precedenza erano svolti manualmente, garantendo una maggior velocità d’immersione ed un funzionamento più silenzioso (nonché un minor numero di meccanismi e minor cablaggio elettrico).
L’armamento silurante era composto da sei tubi lanciasiluri da 533 mm, quattro a prua e due a poppa (con una riserva di nove o dieci siluri, sei per i tubi di prua e tre o quattro per quelli di poppa), mentre quello artiglieresco era costituito da un cannone Schneider-Armstrong 1914-1915 da 102/35 mm Mod. 1914, situato in coperta a proravia della torretta, con una riserva di 168 colpi. La difesa contraerea era assicurata da una mitragliera binata (o due singole) Breda Mod. 31 da 13,2/76 mm, con una riserva di 3000 proiettili.
 
(Naval History and Heritage Command)

Nel complesso, i Pisani furono dei battelli piuttosto mediocri, la cui efficienza bellica, oltre che dai difetti menzionati in precedenza, fu compromessa anche da frequenti guasti ed avarie; non diedero mai prestazioni pienamente soddisfacenti ed entro il 1940 il loro valore bellico era divenuto quasi nullo, a differenza dei Mameli, che ancora nel 1942 vennero giudicati meritevoli di un radicale rimodernamento che ne prolungò la vita operativa. Secondo Giorgio Giorgerini, “pur rappresentando un’importante eSperienza progettuale, dal lato tecnico mostrarono non poche deficienze alle quali fu ovviato solo in parte, con alcune modifiche che però penalizzarono altre prestazioni. In tempo di guerra furono impiegati in compiti secondari e addestrativi”; analogamente, per Erminio Bagnasco e Maurizio Brescia, “non fornirono prestazioni generali soddisfacenti e furono soggetti ad un rapido decadimento dell’efficienza”.
Dal progetto della classe Pisani venne poi derivato, con alcune migliorie, quello della classe Bandiera, che tuttavia ne replicò i difetti. Questi furono poi corretti nella successiva classe Squalo, con la quale si ottennero finalmente dei sommergibili tipo “Bernardis” di media-grande crociera di prestazioni soddisfacenti. Sempre dai Pisani furono derivati i sommergibili posamine della classe Bragadin, costruiti nel 1927-1931 e giudicati non particolarmente riusciti.
Dal progetto dei Pisani venne inoltre derivato quello del sommergibile posamine turco Dumlupinar, costruito dai CRDA su progetto dello stesso Bernardis ed entrato in servizio nel 1931. Rispetto ai Pisani, lo scafo del Dumlupinar era modificato in modo da migliorarne la stabilità e la velocità; rimase in servizio fino al 1949.
 
Il Pisani nel 1943 (da Navypedia)

Allo scoppio della seconda guerra mondiale i Pisani si potevano ormai considerare obsoleti e logorati dal servizio svolto nel periodo interbellico; date le loro mediocri caratteristiche, il superamento dei dieci anni di vita operativa e la ridotta efficienza generale, videro scarso impiego in “prima linea”, venendo destinati a compiti addestrativi presso la Scuola Sommergibili di Pola dopo poche missioni di guerra. Tre unità su quattro furono poste in disarmo nel 1942, a guerra in corso, mentre il solo Vettor Pisani, essendo in migliori condizioni d’efficienza, continuò a navigare fino alla fine del conflitto.
Nel periodo di guerra contro gli Alleati il Pisani svolse dodici missioni offensive/esplorative e 9 di trasferimento, percorrendo complessivamente 4759 miglia in superficie e 286 in immersione. Svolse inoltre 286 uscite addestrative per la Scuola Sommergibili di Pola.
Il suo motto era “Ardisci”.
 
Breve e parziale cronologia.
 
16 novembre 1925
Impostazione nel Cantiere Navale Triestino di Monfalcone (numero di costruzione 150).
24 novembre 1927
Varo nel Cantiere Navale Triestino di Monfalcone.
(Per altra fonte l’impostazione sarebbe avvenuta l’8 dicembre 1925, il varo il 24 settembre 1927 e l’entrata in servizio il 16 giugno 1929).


Il varo del Pisani (sopra, da “Gli squali dell’Adriatico. Monfalcone e i suoi sommergibili nella storia navale italiana” di Alessandro Turrini, via www.betasom.it; sotto, da www.u-historia.com)


Gli invitati al varo del Pisani radunati davanti all’albergo impiegati di Panzano (g.c. Mario Circovich, via www.ipac.regione.fvg.it)

15 giugno 1929
Entrata in servizio. Si tratta in assoluto del primo sommergibile costruito dai cantieri di Monfalcone.
Forma, insieme ai gemelli Des Geneys, Marcantonio Colonna e Giovanni Bausan, la V Squadriglia Sommergibili di Media Crociera, avente base a Napoli, dove le unità terminano le prove ed iniziano l’addestramento.


Il Pisani durante i collaudi, prima dell’installazione del cannone (da “I sommergibili di Monfalcone” di Alessandro Turrini, supplemento alla “Rivista Marittima” n. 11 del novembre 1998, via Marcello Risolo; e da Naval History and Heritage Command)


6 febbraio-23 marzo 1930
Il Pisani (capitano di corvetta Giuseppe Micheluccini), insieme ai sommergibili Balilla (capitano di fregata Armando Fumagalli, caposquadriglia) e Tito Speri (capitano di corvetta Romolo Polacchini), compie una crociera di prova in Atlantico. Scopo della crociera è verificare “sul campo” quale tipo di sommergibile di media crociera sia il migliore: il tipo Bernardis a scapo semplice con doppifondi e controcarene esterne, rappresentato dalla classe Pisani; od il tipo Cavallini a doppio scafo parziale, rappresentato dalla classe Mameli (di cui lo Speri fa parte). Il Balilla dovrà accompagnare i due sommergibili più piccoli in una sorta di crociera “comparativa”, nella quale si dovrà verificare quale delle due classi si comporta meglio in acque oceaniche. Il capitano del Genion Navale Luigi Petrillo, all’epoca direttore di macchina dello Speri, scrive in proposito nelle sue memorie: “Già da qualche anno si discuteva in Marina sul miglior tipo di smg di medio dislocamento. A parte quelli di grande crociera tipo Balilla, le preferenze si dibattevano tra i tipo V. Pisani e G. Mameli. L’ambiente ministeriale propendeva per il tipo Pisani su pressione del Comitato Progetti Navi, ove era il gen. Bernardis, progettista di quel tipo, mentre l’ambiente dei naviganti era in massima parte favorevole al tipo Mameli, perché era più marino nella navigazione in superficie e con mare agitato. Poiché era in corso il grande programma di costruzione di una flotta di sommergibili ed erano già in costruzione gli esemplari migliorati di entrambi i tipi, lo Stato Maggiore decise di far eseguire una severa crociera comparativa fuori dal Mediterraneo. Furono scelti il Pisani e lo Speri, accompagnati dal più grande Balilla”. Sempre secondo Petrillo, il comandante Micheluccini del Pisani si ritrovava in questa crociera ad avere uno Stato Maggiore piuttosto male assortito, in quanto il comandante in seconda “non brillava per troppa intelligenza” ed il direttore di macchina, capitano del Genio Navale Giuseppe Perdomini, “era intelligente ma disordinato e poco attratto dal lavoro duro”.
I tre sommergibili si radunano a La Maddalena ad inizio febbraio; il 5 febbraio viene tenuta sul Balilla una riunione cui partecipano i comandanti ed i direttori di macchina delle tre unità, al fine di concordare i dettagli della crociera (durante la riunione scoppia sullo Speri un incendio di nafta, rapidamente domato senza conseguenze), dopo di che, rifornitisi di nafta, Pisani, Speri e Balilla partono da La Maddalena all’una del pomeriggio del 6 febbraio. Destinazione sono le isole di Capo Verde, da raggiungere senza scali intermedi; si tratta della più lunga traversata eseguita, fino a questo momento, da un sommergibile italiano, con l’eccezione del viaggio di consegna dei sommergibili classe H dal Canada all’Italia durante la prima guerra mondiale (viaggio che però aveva visto scali intermedi e l’appoggio di unità di superficie e rifornitrici).
Poco dopo la partenza, i tre sommergibili incontrano mare grosso, in progressivo peggioramento. Nei primi giorni risulta possibile effettuare alcune esercitazioni e prove d’immersione, ma poi lo stato del mare peggiora a tal punto da rendere difficile anche solo proseguire. Il Balilla, grazie alle sue maggiori dimensioni, è dei tre quello che se la cava meglio; Pisani e Speri incontrano maggiori difficoltà. Al largo delle Baleari il mare raggiunge forza 9; i sommergibili avanzano a stento, sballottati dalle onde, a non più di 4-5 nodi. Dei tre, quello che ha le maggiori difficoltà è proprio il Pisani (nelle parole di Luigi Petrillo: “le condizioni del mare furono disastrose più per il Pisani che per noi e così vennero confermate le deficienze di navigabilità che si lamentavano per quel tipo di smg. Il Pisani non ce la faceva più…”), che giunge a chiedere al caposquadriglia il permesso di puggiare in un porto: ma il caposquadriglia Fumagalli risponde seccamente: “La nostra meta è il Capo Verde”. Faticando a proseguire, in un momento particolarmente critico, in cui la tempesta raggiunge l’apice della violenza, il Pisani è costretto a scaricare parte della sua nafta in mare per alleggerirsi.
Balilla e Speri avrebbero a bordo nafta sufficiente per rifornire anche il Pisani in modo da permettergli di raggiungere Capo Verde, ma le tempestose condizioni meteomarine impediscono un rifornimento in mare aperto; dopo un intenso scambio di messaggi tra i tre battelli – “e con l’evidente arrabbiatura del caposquadriglia”, come scriverà nelle sue memorie Luigi Petrillo – viene deciso di rinunciare a raggiungere le isole di Capo Verde e di puntare invece sulle Canarie, che avrebbero dovuto essere una tappa intermedia nel viaggio di ritorno (questa decisione desterà malumori a Roma, dando vita ad un’inchiesta dopo il rientro dei tre sommergibili).
Superato lo stretto di Gibilterra, lo stato del mare migliora; ci sono ancora onde lunghe (durante tutta la crociera, i tre battelli non incontreranno mai mare veramente calmo), ma nel complesso il mare è meno mosso che nel Mediterraneo, e non c’è molto vento.
La sera del 18 febbraio, dopo dodici giorni di navigazione, Pisani, Speri e Balilla raggiungono La Luz, a Las Palmas di Gran Canaria. Ad attenderli e dar loro il benvenuto c’è un gruppo di membri della locale comunità italiana, capeggiato dal console onorario italiano, un odontotecnico del posto.
Nei giorni successivi, i tre sommergibili vengono sottoposti a lavori di pulizia, rassetto e riparazione dei danni causati dal mare; intanto, i membri dell’equipaggio non di turno possono girare per Las Palmas, e gli ufficiali della Marina spagnola organizzano un ricevimento in onore dei loro colleghi italiani. Viene imbarcata una quantità industriale di banane, che sono coltivate nell’isola e costano pochissimo (cinque lire per un centinaio di banane), con l’idea di portarle in Italia (invece marciranno tutte dopo pochi giorni dalla partenza, e dovranno essere buttate in mare).
Il 26 febbraio, dopo otto giorni di sosta, Pisani, Speri e Balilla lasciano Las Palmas per fare ritorno in Italia. Il mare è mosso, ma non troppo. Il 4 marzo viene raggiunta Gibilterra, dove gli equipaggi ricevono la posta dall’Italia; l’ammiraglio britannico Berwick Curtis, comandante la base di Gibiltera, offre un pranzo in onore degli ufficiali italiani, cui partecipano i tre comandanti dei sommergibili, un altro ufficiale per ciascun sommergibile, il console generale d’Italia ed altri consoli. Il mattino seguente, gli ufficiali britannici invitano gli italiani ad una partita di calcio: viene così formata un’improvvisata squadra con elementi prelevati dai tre sommergibili tra gli ufficiali e marinai che dicono di saper giocare a calcio, con scarpe e maglie acquistate sul posto. Prevedibilmente, la partita è vinta dai britannici.
Il 7 marzo Pisani, Speri e Balilla lasciano Gibilterra diretti a Valencia; il mare incontrato in questo tratto è il più “calmo” dell’intera crociera. Giunti all’altezza del meridiano di Greenwich, il caposquadriglia Fumagalli decide di effettuare delle esercitazioni combinate con Pisani e Speri, e comunica loro un punto per l’immersione collettiva. Lo Speri, tuttavia, scambia erroneamente la longitudine indicata dal Balilla come ad ovest di Greenwich, anziché ad est; s’immerge così nel punto sbagliato, lontano da Pisani e Balilla. Resosi conto dell’errore, ed ormai impossibilitato a partecipare all’esercitazione, il comandante dello Speri riemerge e comunica al Balilla la sua posizione via radio, chiedendo l’autorizzazione a restare in immersione per 24 ore per “autopunirsi”. Fumagalli risponde: “Restate sotto a vostro piacimento”. Lo Speri passa così ventiquattr’ore sott’acqua, dalle 14 del 9 marzo alle 14 del 10.
L’11 febbraio i tre sommergibili raggiungono Valencia, dove trascorrono tre giorni per poi proseguire alla volta di Barcellona, arrivandovi il 16 marzo. Qui Pisani, Speri e Balilla vengono accolti con particolare calore dalla locale comunità italiana: vengono organizzati innumerevoli pranzi, balli, tè, gite in auto e spettacoli teatrali; gli ufficiali vengono invitati dal direttore del locale stabilimento della Cinzano a visitare la fabbrica, che manda poi in regalo agli equipaggi diverse casse di bottiglie ed innumerevoli bottigliette di vermouth. Il 20 marzo i tre sommergibili lasciano Barcellona diretti inizialmente a La Maddalena; ogni 6-7 ore la formazione è costretta a soste per permettere a Pisani e Speri, che hanno una sola pompa efficiente, di fare manutenzione alla stessa. Durante la navigazione, il mattino del 21, ricevono l’ordine di fare invece rotta su La Spezia, dove arrivano nel primo pomeriggio del 23 marzo.

Pisani, Speri e Balilla a Barcellona (Generalitat de Catalunya – Archivio nazionale di Catalogna)

1930
Il Pisani compie una seconda lunga crociera addestrativa nel Mediterraneo orientale, stavolta insieme ai tre gemelli, facendo scalo in diversi porti greci (come Volo e Salonicco) oltre che nel Dodecaneso.
1930-1931
È comandante del Pisani il tenente di vascello Vittorio Meneghini.
Nel medesimo periodo presta servizio sul Pisani il tenente di vascello Ugo Botti, futura Medaglia d’Oro al Valor Militare.

Il Pisani in navigazione (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)

22 luglio-3 ottobre 1931
Il Pisani (capitano di corvetta Luigi Lombardi, 35 anni, da Torino) compie una “crociera gravimetrica” nei mari italiani (specialmente in Tirreno e Ionio, nelle acque di Sicilia e Sardegna e più in generale dell’Italia meridionale, mentre non si spinge nell’Adriatico) con a bordo lo scienziato Gino Cassinis (professore di topografia all’Università di Pisa e membro della Commissione Geodetica Italiana), allo scopo di effettuare delle misurazioni di gravità in mare. A questo scopo, il sommergibile è stato posto a disposizione dell’Istituto Idrografico di Genova dal Ministro della Marina, ammiraglio Giuseppe Sirianni, giungendo a Genova il 14 luglio.
Le misurazioni di gravità vengono effettuate mediante un apposito strumento tripendolare (sviluppato dal fisico olandese Felix Andries Vening Meinesz, che cura personalmente il trasporto dello strumento in Italia e si reca di persona a Genova per meglio spiegarne l’utilizzo), fornito dalla Commissione Geodetica Olandese; in totale, nel corso della crociera (che segue un arzigogolato percorso tra Tirreno e Ionio, della lunghezza complessiva di cinquemila miglia), vengono compiute 102 misurazioni (14 in porto, le rimanenti in mare aperto, con il sommergibile immerso). Le misurazioni sono caratterizzate da un certo margine d’imprecisione (± 10 mgal) dovuto a difetti dello strumento usato e ad incompleta conoscenza dei dati di moto del sommergibile durante le misurazioni; tuttavia, dal momento che soprattutto nei mari Tirreno e Ionio le anomalie di Bouguer sono di alcune centinaia di milligals (per via della presenza di una crosta di tipo oceanico), le misurazioni effettuate durante la crociera del Pisani saranno ugualmente di grande utilità, per gli anni a venire, per una prima conoscenza del campo gravitazionale nei mari italiani (eccetto l’Adriatico). Ogni volta che viene compiuta una misurazione, la posizione del sommergibile viene controllata con precise osservazioni in mare; per minimizzare l’errore causato da correnti sconosciute, quando viene effettuata una misurazione in immersione con il sommergibile su una certa rotta subito dopo questa viene ripetuta sulla rotta opposta.
Il professor Cassinis compie le misurazioni insieme al professor Paolo Dore, ordinario di geodesia e topografia all’Università di Bologna, ed al capitano di corvetta Manlio De Pisa, vicedirettore del servizio idrografico della Marina.
Nelle acque di Calabria e Sicilia le “linee isanomalistiche” ottenute dalle misurazioni mostrano una configurazione analoga a quella trovata da Vening Meinesz nelle Isole della Sonda, altra zona del pianeta caratterizzata da notevole attività tettonica. In particolare, forti anomalie sia positive che negative vengono riscontrate in una ristretta fascia che va da Terranova all’Etna, a Capo dell’Armi, al Golfo di Squillace, al promontorio di Crotone ed a Castrovillari.
Cassinis pubblicherà i risultati di queste eSperienze nel libro “Le misure di gravità in mare e la crociera del R. sommergibile 'Vettor Pisani'”, pubblicato dalla tipografia dell'Istituto idrografico della Regia marina nel 1931, e li esporrà durante la XXII Riunione della Società italiana per il progresso delle scienze, tenutasi a Bari nell’ottobre 1933.

1935
Trasferito a La Spezia con il resto della squadriglia, alle dipendenze del I Gruppo Sommergibili.
2 settembre 1935-21 luglio 1936
È comandante del Pisani e del I Gruppo Sommergibili il capitano di fregata Gaetano Catalano Gonzaga.
1936
Trasferito a Lero ed assegnato alla II Squadriglia Sommergibili (VI Gruppo Sommergibili) che forma insieme ai tre gemelli.

(g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net)

13 febbraio 1937
Al comando del capitano di corvetta Giuseppe Mellina, il Pisani prende il mare per svolgere una missione clandestina in acque spagnole, in appoggio alle forze franchiste, durante la guerra civile in Spagna.
Poco dopo la sua partenza, tuttavia, viene deciso di sospendere l’attività subacquea italiana nelle acque spagnole in seguito al raggiungimento di un accordo tra le grandi potenze per il non intervento in Spagna. Il Pisani, al pari di altri sommergibili da poco partiti, viene richiamato.
15 febbraio 1937
Rientra alla base.
7 agosto 1937
Inquadrato nel III Grupsom di Messina ed al comando del tenente di vascello Girosi, il Pisani prende il mare per una nuova missione clandestina in appoggio alle forze franchiste, a nord di Barcellona: in seguito alle pressanti richieste di Francisco Franco (che lamenta, esagerando di molto, l’impatto sulle operazioni degli aiuti militari inviati via mare dall’Unione Sovietica ai repubblicani), infatti, il governo italiano ha deciso di dare il via ad una nuova, imponente campagna sottomarina contro i rifornimenti diretti nei porti spagnoli repubblicani.

Il Pisani (probabilmente) in uscita da La Maddalena (da www.xmasgrupsom.com)

15 agosto 1937
Poco prima dell’alba il Pisani lancia infruttuosamente due siluri contro una nave cisterna avvistata a nord di Barcellona. (Nel corso della missione, effettua in tutto dodici manovre d’attacco, ma porta a termine soltanto questa).
20 agosto 1937
Rientra alla base.
1938
Insieme ai tre gemelli, forma la XXXI Squadriglia Sommergibili (III Gruppo Sommergibili), di base a Messina.

Un disegno del Vettor Pisani eseguito da Lido Di Nasso, imbarcato all’epoca sull’incrociatore leggero Alberico Da Barbiano (per g.c. del nipote Piergiorgio Di Nasso)

5 maggio 1938
Al comando del tenente di vascello Adalberto Giovannini (33 anni, da Capodistria), il Pisani prende parte alla rivista navale "H" organizzata nel Golfo di Napoli per la visita in Italia di Adolf Hitler. Partecipa alla rivista la maggior parte della flotta italiana: le corazzate Cesare e Cavour, i sette incrociatori pesanti della I e III Divisione, gli undici incrociatori leggeri della II, IV, VII e VIII Divisione, sette "esploratori leggeri" classe Navigatori, 18 cacciatorpediniere (le Squadriglie VII, VIII, IX e X, più il Borea e lo Zeffiro), 30 torpediniere (le Squadriglie IX, X, XI e XII, più le vecchie AudaceCastelfidardoCurtatoneFrancesco StoccoNicola Fabrizi e Giuseppe La Masa ed i quattro "avvisi scorta" della classe Orsa), ben 85 sommergibili della Squadra Sommergibili al comando dell’ammiraglio Antonio Legnani, e 24 MAS (Squadriglie IV, V, VIII, IX, X e XI), nonché le navi scuola Cristoforo Colombo ed Amerigo Vespucci, il panfilo di Benito Mussolini, l’Aurora, la nave reale Savoia e la nave bersaglio San Marco.
La Squadra Sommergibili è protagonista di uno dei momenti più spettacolari della parata, nella quale gli 85 battelli effettuano una serie di manovre sincronizzate: dapprima, disposti su due colonne, alle 13.15 passano contromarcia tra le due squadre  navali che procedono su rotte parallele; poi, terminato il defilamento, alle 13.25 tutti i sommergibili effettuano un’immersione simultanea di massa, procedono per un breve tratto in immersione e poi emergono simultaneamente ed eseguono una salva di undici colpi con i rispettivi cannoni.

(da “Preparazione e criteri d’impiego dei sommergibili italiani nella seconda guerra mondiale” di Riccardo Nassigh, Rivista Italiana di Difesa n. 1 – gennaio 1984, via www.betasom.it)

11 maggio 1940
Assume il comando del Pisani il tenente di vascello Junio Valerio Borghese, destinato in futuro a divenire celebre come comandante del sommergibile “avvicinatore” Scirè e della X Flottiglia MAS. Nelle sue memorie, Borghese ricorderà il Pisani come un vecchio battello «pieno di acciacchi» che «faceva acqua da tutte le parti», oltre che per la sua voluminosa torretta (caratteristica comune del resto a tutti i sommergibili italiani allo scoppio della guerra) che lo rendeva avvistabile con troppa facilità.
10 giugno 1940
All’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il Pisani (tenente di vascello Junio Valerio Borghese) fa parte della XXXI Squadriglia Sommergibili (III Grupsom di Messina), assieme ai gemelli Marcantonio ColonnaGiovanni Bausan e Des Geneys. Avendo già più di dieci anni, e qualità mediocri, non viene assegnato a compiti di “prima linea”.
Il Pisani ha base ad Augusta.
19-30 giugno 1940
Svolge la sua prima missione di guerra, un agguato ad ovest (per altra fonte, a sud) di Malta.
8 luglio 1940
Il Pisani (tenente di vascello Junio Valerio Borghese) salpa da Augusta e viene schierato in agguato ad ovest di Malta insieme ad altri quattro sommergibili, formando una linea di sbarramento nel quadro delle operazioni che porteranno il 9 luglio alla battaglia di Punta Stilo. Secondo Alessandro Massignani e Jack Greene il comandante della flotta britannica, ammiraglio Andrew Browne Cunningham, venne informato dai servizi segreti britannici (poco prima della battaglia) della presenza di questa linea di sbarramento, e ciò avrebbe avuto un peso nella sua decisione di non inseguire la flotta italiana al termine dell’inconclusiva battaglia il giorno seguente.
Il Pisani (che secondo alcune biografie di Borghese avrebbe “partecipato alla battaglia di Punta Stilo”, ma non risulta in realtà alcun contatto con forze navali avversarie) rimane in agguato fino al termine della seconda decade di luglio.
Si tratta delle due sole missioni offensive che svolgerà nel corso del conflitto; in nessuna delle due avvista navi nemiche.

Il Pisani fotografato al traverso (Naval History and Heritage Command, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net)

11 settembre 1940
Dopo tre missioni di guerra il tenente di vascello Borghese, frattanto promosso a capitano di corvetta, lascia il comando del Pisani, venendo sostituito dal tenente di vascello Bruno Zelik (per singolare coincidenza, due danni più tardi sarà sempre Zelik a rilevare Borghese al comando di un altro sommergibile, lo Scirè, seguendone la tragica sorte nella missione finale).
1940
Effettua alcuni agguati difensivi (principalmente in funzione antisommergibili) in acque nazionali, fino a fine anno.
Dicembre 1940
Giudicato ormai «non idoneo a prestare servizio di guerra effettivo» (secondo alcune fonti, proprio in seguito ai rapporti di Borghese ai suoi superiori, in cui se ne denunciava il cattivo stato), viene assegnato alla Scuola Sommergibili di Pola come battello per l’addestramento.
9 dicembre 1940-8 settembre 1943
Fino all’armistizio, compie 286 uscite addestrative per gli allievi della Scuola Sommergibili di Pola (avendo base sia a Pola che a Fiume), nonché alcuni pattugliamenti antisommergibili.

Il Pisani (in primo piano) a Pola nell’inverno 1942-1943 (g.c. STORIA militare)

12 aprile 1942
Alle 16.20 il Pisani, in navigazione in superficie da Susak a Pola insieme ad un piccolo panfilo armato, viene avvistato al largo di Fiume dal sommergibile britannico Turbulent (capitano di fregata John Wallace Linton), che lo identifica come un sommergibile classe Balilla. Il Turbulent manovra per attaccarlo, ma non riesce a raggiungere una posizione adeguata per lanciare i siluri e finisce così col rinunciare.
21 maggio-2 novembre 1942
È comandante del Pisani il capitano di corvetta Athos Fraternale.

Il capitano di corvetta Athos Fraternale, comandante del Pisani dal maggio al novembre 1942. Pluridecorato asso del sommergibilismo italiano, aveva in precedenza comandato il sommergibile Morosini in Atlantico, guadagnandosi il soprannome (dovuto al suo nome “dumasiano” ed al pizzetto “seicentesco” che era solito portare all’epoca) di “moschettiere dell’Atlantico” (g.c. STORIA militare)

Estate 1943
Il Pisani risulta fare parte del XII Gruppo Sommergibili (di base a Pola e Fiume ed a disposizione della Scuola Sommergibili) insieme a Serpente, Otaria e Ruggiero Settimo.
9 settembre 1943
In seguito all’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, il Pisani (capitano di corvetta Mario Resio, 38 anni, da Genova) lascia Pola alle 23.40 per trasferirsi a Taranto, come da ordini ricevuti. Lasciano Pola per il sud anche la corazzata Giulio Cesare, le corvette Baionetta ed Urania, le torpediniere Insidioso e Sagittario, la cannoniera Aurora, la nave cisterna militare Verbano ed i sommergibili Serpente e Goffredo Mameli (entrambi partiti prima del Pisani). Quest’ultimo raggiungerà Brindisi dopo una sosta di qualche giorno a Pelagosa per avaria, mentre il Serpente si autoaffonderà al largo di Civitanova Marche per decisione del suo comandante; delle altre unità, l’Aurora verrà affondata da motosiluranti tedesche al largo di Ancona ed Insidioso e Verbano saranno catturate dai tedeschi, mentre le altre navi riusciranno a raggiungere indenni i porti del sud.

Il Pisani fuori Pola a inizio 1941, con una livrea mimetica sperimentale (g.c. STORIA militare)

10 settembre 1943
Alle sei del mattino il Pisani avvista di prora la torretta di un sommergibile in navigazione verso sud, il che induce il comandante Resio ad accostare ed allontanarsi.
Alle 12.15 viene nuovamente avvistato un sommergibile (probabilmente lo stesso di prima) ed alle 13.55 vengono avvistate sulla dritta le navi scuola Cristoforo Colombo ed Amerigo Vespucci, in navigazione verso nord (sorprese a Trieste dall’annuncio dell’armistizio, hanno raggiunto Pola da dove sono poi ripartite il mattino del 9 settembre: stanno ora navigando verso Venezia, nell’incertezza sul da farsi e sulla situazione generale; successivamente, in seguito all’incontro con un bragozzo fuggito da Venezia e recante la notizia dell’avvenuta occupazione tedesca della città, invertiranno la rotta e dirigeranno per Brindisi, ove giungeranno il 13 settembre).
Alle 14.15 viene avvistato all’orizzonte, verso dritta, lo Scoglio Pomo; la sua osservazione permette di acclarare che la bussola è sfasata di almeno 40 gradi. La navigazione è piagata da continue avarie ai motori diesel. Non sapendo dove andare, il comandante Resio trasmette un messaggio cifrato per Maricosom, che risponde alle 22.25, ordinando tassativamente di raggiungere Taranto.
11 settembre 1943
Alle 2.05 il Pisani avvista una grossa nave, che subito accosta e scompare alla vista; qualche minuto più tardi vengono avvistate le Isole Tremiti, il che permette di correggere la rotta, dirigendo per Brindisi.
Alle 15.20, davanti a Brindisi, il Pisani avvista un altro sommergibile che ben presto si rivela essere il polacco Sokol (capitano di corvetta Jerzy Koziolkowski), inviato in quel porto per prendere contatto con le locali autorità navali italiane ed organizzare il trasferimento del naviglio italiano ivi presente in porti Alleati (il Sokol ha fermato un dragamine italiano di passaggio, di scorta alla motonave Saturnia, e vi ha trasbordato un ufficiale con l’incarico di recarsi a Brindisi ed entrare in contatto con l’ammiraglio comandante la base, Tommaso Panunzio, restando frattanto ad incrociare al largo in attesa del suo ritorno). Le due unità si affrontano brevemente con lo scambio di tre colpi di cannone, fortunatamente non andati a segno, prima di chiarire l’equivoco, dopo di che si avvicinano e si svolge un breve colloquio; il comandante Resio è oltremodo sorpreso di trovare un sommergibile polacco in Adriatico.
Il Sokol ordina al Pisani di raggiungere Taranto, e per sincerarsi dell’esecuzione dell’ordine invia a bordo un drappello armato (composto da un ufficiale, il sottotenente di vascello Fritz, e due marinai, uno dei quali britannico, provvisti di sistemi di riconoscimento) con funzioni di controllo oltre che per evitare nuovi incidenti con unità Alleate.
I due sommergibili si allontanano momentaneamente in seguito all’avvistamento di tre Messerschmitt tedeschi, poi fanno rotta insieme alla volta di Taranto; alle 21.30, al largo di Santa Maria di Leuca, il Sokol comunica di aver ricevuto ordine di riprendere l’agguato, e si allontana diretto verso sud.
12 settembre 1943
Alle 6.40 il Pisani giunge sul punto di entrata di Taranto e viene qui fermato da un cacciatorpediniere britannico in servizio di vigilanza, che invia a bordo un ufficiale che comunica al comandante Resio di andarsi ad ormeggiare vicino al vecchio cacciatorpediniere Augusto Riboty.
Alle otto del mattino il Pisani è ormeggiato a Taranto; qui rimarrà, essendo non pronto e bisognoso di lavori: sarà così una delle pochissime unità della Regia Marina a non raggiungere Malta dopo l’armistizio.

Il Pisani a Taranto a fine settembre 1943 (g.c. STORIA militare)

5 ottobre 1943
Il Pisani lascia Taranto per trasferirsi a Napoli, allo scopo di rifornire di energia elettrica, generata dalle sue batterie, la zona portuale della disastrata città (devastata prima dai bombardamenti angloamericani e poi dalle distruzioni operate dalle truppe tedesche in ritirata), liberata da pochi giorni. Viaggia insieme al sommergibile Otaria ed alle corvette Driade e Scimitarra; al largo di Santa Maria di Leuca si unisce al gruppo anche il Mameli, proveniente da Brindisi.
7 ottobre 1943
Arriva a Napoli alle 10.30. I tre battelli, insieme ad altri tre sommergibili (PlatinoVortice ed Onice) rientrati da Malta, vengono adibiti alla produzione di energia elettrica per le strutture portuali.
Successivamente il Pisani viene sottoposto ad un turno di lavori a Napoli.


Il Pisani (a destra, in primo piano) a Napoli il 5 ottobre 1943, insieme ad Onice, Vortice e Platino (Naval History and Heritage Command; sotto, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net)


Il Pisani ormeggiato a Napoli il 15 ottobre 1943, sorvegliato da un picchetto di soldati statunitensi (g.c. STORIA militare)

Un’altra immagine di Pisani (in primo piano), Onice, Vortice e Platino a Napoli nell’ottobre 1943; sulla sinistra il relitto del piroscafo tedesco President Herrenschmidt, affondato da un bombardamento nel maggio 1943 (g.c. STORIA militare)

Gennaio 1944
Il Pisani (sottotenente di vascello Aldo Andolfi) viene dislocato ad Augusta.
Marzo 1944
Nuovamente trasferito a Taranto; svolge intensa attività addestrativa a beneficio dei mezzi antisommergibili della Marina italiana cobelligerante, in esercitazioni ecogoniometriche (facendo da bersaglio per l’ecogoniometro in simulazioni di caccia antisommergibili), fino alla fine della guerra. Compie anche uscite addestrative per gli allievi della Scuola Sommergibili.
1945
Posto in disarmo a Taranto alla fine della guerra.
23 marzo 1947 o 1° febbraio 1948
Radiato dai quadri del naviglio militare. (Per altra fonte la radiazione sarebbe avvenuta già il 1° febbraio 1946).
Successivamente demolito (per altra fonte la demolizione sarebbe avvenuta già nel 1947).
 
 
Il Vettor Pisani sul sito del Museo della Cantieristica di Monfalcone
Il Vettor Pisani sul sito della Marina Militare
I sommergibili classe Pisani su Betasom
Il Vettor Pisani su Trentoincina
Il Vettor Pisani su U-Historia
I sommergibili italiani dal settembre 1943 al dicembre 1945
The History of the British 'U' Class Submarine
Sommergibili – Tecnologia e cantieristica dal 1907 al 1945
Il principe nero

mercoledì 10 febbraio 2021

Alcamo

L’Alcamo con il precedente nome di Heraclides (da www.searlecanada.org)

Piroscafo da carico di 6987 tsl, lungo 143,41-149,8 metri, largo 17,77 e pescante 11,52, con velocità di 11-12 nodi. Ex francese Saint Francois, era uno degli oltre duecento mercantili francesi confiscati dall’Asse a fine 1942, in seguito all’occupazione della Francia di Vichy ed agli accordi Laval-Kaufmann, che prevedevano la consegna all’Asse di 159 bastimenti mercantili che si trovavano nei porti mediterranei della Francia.
 
Breve e parziale cronologia.
 
2 maggio 1916
Varato come britannico Anglo-Chilean nel cantiere di Pallion della Short Brothers Ltd. di Sunderland (numero di costruzione 390; per altra fonte 276).
Il suo allestimento viene supervisionato dal capitano Stanley Lord, designato quale suo primo comandante.
Lord è famoso (o famigerato) per il suo coinvolgimento nella tragedia del Titanic: era infatti comandante del Californian, piroscafo che si trovava bloccato dal ghiaccio ad alcune miglia dal transatlantico in affondamento nella fatale notte del 15 aprile 1912 e che fu accusato, a torto o ragione, di averne ignorato le richieste di soccorso a mezzo razzi di segnalazione, perdendo così l’occasione di salvare centinaia di vite (la controversia sull’effettiva possibilità, per il Californian, di raggiungere il Titanic in tempo per salvarne i passeggeri non si è mai spenta).
30 novembre 1916
Completato come Anglo-Chilean per la Nitrate Producers' S.S. Co. Ltd. – Lawther, Latta & Co. di Londra: è la più grande e moderna nave della flotta della compagnia.
Stazza lorda e netta originarie 9097 (o 9036) tsl e 4379 tsn, portata lorda 13.050 tpl, velocità 11-12,5 nodi. Porto di registrazione Londra.
Marzo 1917
Dopo un ritardo di tre mesi dovuto a problemi riscontrati nel corso del viaggio di prova da Sunderland al Clyde, l’Anglo-Chilean viene consegnato agli armatori; inizia a navigare al comando del capitano Lord, trasferendosi da Sunderland a Londra, dove dovrà imbarcare un carico di materiale militare destinato in Egitto.
13 maggio 1917
Durante il viaggio da Londra ad Alessandria d’Egitto con rifornimenti per l’esercito britannico, sempre al comando di Stanley Lord, l’Anglo-Chilean viene inseguito ed attaccato col cannone, in Mediterraneo, dal sommergibile tedesco U 38 (tenente di vascello Max Valentiner); risponde al fuoco con il proprio armamento difensivo, riuscendo a scacciare l’assalitore (che anzi ritiene, erroneamente, di aver forse affondato).
Novembre 1917
L’Anglo-Chilean, sempre al comando di Lord (che ne rimarrà comandante fino a fine guerra ed anche dopo, fino almeno al 1924), funge da nave di bandiera del capoconvoglio (capitano di vascello W. H. Owen della Royal Naval Reserve) di un convoglio in navigazione da New York all’Inghilterra. Il capitano di vascello Owen elogerà in seguito il comandante Lord in una lettera all’armatore John Latta.

La nave come Anglo-Chilean (da www.searlecanada.org)

1917-1922
Compie 18 viaggi verso gli Stati Uniti, trasportando merci ed anche passeggeri (fino a 69 in un viaggio nel 1920).
Durante un viaggio il giovane allievo ufficiale Frank John Goodchild cade in una stiva dell’Anglo-Chilean, rimanendo ferito ed intrappolato; viene soccorso dal comandante Lord in persona, che si cala nella stiva prendendolo e portandolo in salvo. Ne nascerà un’amicizia che durerà il resto delle loro vite.
Dicembre 1918
Finita la guerra, l’Anglo-Chilean viene derequisito dalle unità britanniche per recarsi in Australia a caricare grano e farina.
Inizio 1927
Durante le operazioni di caricamento dell’Anglo-Chilean nel porto di Brooklyn, nel corso di una burrasca, la chiatta da cui il piroscafo deve trasbordare il carico va ad urtare violentemente contro il suo scafo, rimanendo danneggiata.
Ne scaturirà un contenzioso legale presso la corte d’appello di New York, tra il locatario della chiatta, la Atlantic Lighterage Company, e la Cunard Steamship Company, locataria dell’Anglo-Chilean. La responsabilità dell’incidente sarà attribuita in primo luogo agli scaricatori di porto, colpevoli di negligenza nell’aver accostato la chiatta al piroscafo con simili condizioni meteorologiche; tuttavia il giudice Hand stabilirà che anche la Cunard Line, in qualità di agente, sia da ritenere corresponsabile, avendo la responsabilità di assumere e pagare gli scaricatori e gestire tutti gli aspetti relativi allo scarico della nave.
1930
Venduto alla British & South American Steam Navigation Company Ltd. di Londra (o Liverpool; in gestione a R. P. Houston & Co. di Londra) e ribattezzato Heraclides.
Porto di registrazione Londra, stazza lorda e netta 7131 tsl e 4379 tsn, nominativo di chiamata JNMF.

Come Heraclides (da www.searlecanada.org)

1931
In gestione alla Houston Line (London) Ltd. In servizio sulla linea che collega il Regno Unito all’Africa meridionale.
Stazza lorda e netta diventano rispettivamente 6987 tsl e 4256 tsn.
Dicembre 1933
L’Heraclides parte dall’Australia per il Regno Unito con un carico da record: ben 10.450 tonnellate di zucchero (3600 caricate a Townsville, 2000 a Bowen ed il rimanente a Mackay).
1934
Il nominativo di chiamata diventa GPYK.
1939
Venduto alla Hermes Steamship Company Ltd. di Londra e ribattezzato Hermes. In gestione a Vergottis Ltd. di Londra.
17 settembre 1939
L’Hermes parte dalle Isole di Capo Verde diretto a Falmouth, navigando da solo e senza scorta.
1° ottobre 1939
Arriva a Falmouth.
4 ottobre 1939
Lascia Falmouth diretto a Brixham.
5 ottobre 1939
Arriva a Brixham.
27 ottobre 1939
Lascia Brixham alla volta di Anversa, sempre in navigazione isolata.
30 ottobre 1939
Giunge ad Anversa.
20 novembre 1939
Lascia Anversa.
24 novembre 1939
Salpa da Southend con il convoglio OA.40G (formato da venti mercantili, tutti britannici tranne i francesi Beauce e Touraine, scortati dai cacciatorpediniere Verity e Wolverine).
28 novembre 1939
Arriva a Cardiff.
24 dicembre 1939
Lascia Cardiff.
27 dicembre 1939
Carico di carbon fossile, l’Hermes salpa da Milford Haven con il convoglio OB. 60 (composto da 31 mercantili, tutti britannici tranne i polacchi Lechistan e Morska Wola ed il francese P.L.M. 15, scortati dai cacciatorpediniere Vanoc e Whirlwind). L’indomani il convoglio OB. 60 si unisce ad altre unità e forma il convoglio OG. 12 (40 mercantili, tutti britannici tranne i tre già menzionati ed i francesi De Grasse e Guyanne, scortati fino al 29 dai cacciatorpediniere britannici Vanoc, Whirlwind, Wivern e Whitehall e poi dal britannico Vidette e dai francesi Valmy e Chevalier Paul).
4 gennaio 1940
Entra in Mediterraneo con il convoglio OG. 12.
12 gennaio 1940
Lasciato il convoglio e proseguito da solo, arriva ad Alessandria d’Egitto, sua destinazione finale.
28 gennaio 1940
Lascia Alessandria per Port Said.
29 gennaio 1940
Giunge a Port Said.
30 gennaio 1940
Salpa da Suez diretto a Rangoon, in Birmania, un viaggio che compirà da solo e senza scorta.
20 febbraio 1940
Arriva a Rangoon.
4 marzo 1940
Lascia Rangoon diretto a Colombo, Ceylon.
10 marzo 1940
Arriva a Colombo.
11 marzo 1940
Lascia Colombo per fare ritorno in Mediterraneo, sempre in navigazione isolata.
27 marzo 1940
Arriva a Suez.
28 marzo 1940
Salpa da Port Said per Gibilterra.
5 aprile 1940
Arriva a Gibilterra.
10 aprile 1940
Carico di merci varie, l’Hermes lascia Gibilterra con il convoglio HG. 26F, diretto a Liverpool e formato da 17 mercantili (tutti britannici tranne il polacco Lida ed il norvegese Bosphorus) scortati dai cacciatorpediniere Lynx (francese) e Velox (britannico) e dal sommergibile francese Minerve.
Il 13 aprile il Velox lascia la scorta, mentre il 16 le due unità francesi sono rilevate dallo sloop britannico Deptford.
19 aprile 1940
Arriva ad Avonmouth.
2 maggio 1940
Lascia Avonmouth per Liverpool.
3 maggio 1940
Arriva a Liverpool.
10 maggio 1940
Lascia Liverpool.
12 maggio 1940
Giunge a Barry.
1° giugno 1940
Riparte da Barry.
4 giugno 1940
Carico di carbone, l’Hermes lascia Milford Haven con il convoglio OB. 161 (formato da 25 mercantili, di cui 19 britannici, due greci, uno francese, uno olandese, un belga ed uno svedese), che in mare aperto si unisce al convoglio OG. 32 (formato da 42 mercantili, di cui 36 britannici, due francesi, due greci, uno olandese, uno svedese, scortati inizialmente dagli sloops britannici Aberdeen e Folkestone, sostituiti il 10 giugno dai cacciatorpediniere britannici Douglas e Vidette).
11 giugno 1940
Arriva a Gibilterra con il convoglio OG. 32.
14 giugno 1940
Lascia Gibilterra alla volta di Orano, stavolta scortato.
15 giugno 1940
Giunge ad Orano.
16 giugno 1940
Lascia Orano per Algeri.
17 giugno 1940
Arriva ad Algeri, sua destinazione finale.
25 o 29 giugno 1940
L’Hermes, sorpreso ad Algeri dalla resa della Francia, viene posto sotto sequestro dalle autorità del neonato regime di Vichy in base al “diritto d’angheria”.
15 marzo 1941
Formalmente confiscato dalle autorità francesi ad Algeri, l’Hermes viene dato in gestione alla Compagnie des Bateaux à Vapeur du Nord e ribattezzato Saint Francois (per altra fonte il cambio di nome e di bandiera sarebbe avvenuto già nel giugno 1940).
Successivamente trasferito a Marsiglia.

La nave dopo il cambio di nome in Saint François (da Jean-Yves Brouard, Guy Mercier, Marc Saibène, “La Marine Marchande Française 1940-1942”, Marines Editions, 1998, via forum AIDMEN)

Giugno 1941
Secondo una fonte francese, mentre si trova in un porto tunisino, l’Hermes sarebbe stato attaccato ed affondato da Henri Verdier, sabotatore appartenente ad una rete della Resistenza francese organizzata dall’avvocato André Mounier e dal maggiore Jean Breuillac. Questi avrebbe collocato una carica esplosiva sotto lo scafo del piroscafo, carico di minerale destinato all’Italia (la fonte menziona la nave come italiana), facendolo affondare spezzato in due. Si tratta però di un errore: in primo luogo, l’Hermes non si chiamava più Hermes, bensì Saint Francois; in secondo luogo, non era ancora italiano (non lo fu fino a fine 1942), bensì francese; in terzo luogo, lo stesso Verdier nel dopoguerra non rivendicò di aver partecipato agli attacchi contro il naviglio italiano organizzati dalla rete di Mounier (che riuscì invece ad affondare un altro piroscafo, l’Achille, successivamente recuperato e riparato); infine, non risulta che l’Hermes/Saint Francois sia mai stato oggetto di sabotaggio, e tanto meno affondato.
8 o 9 dicembre 1942
Confiscato dalle truppe tedesche a Marsiglia e trasferito all’Italia; ribattezzato Alcamo, viene iscritto al Compartimento Marittimo di Genova ed affidato in gestione alla Società Italia di Navigazione (per altra fonte, probabilmente erronea, alla Società Anonima di Navigazione Adriatica di Venezia), senza essere requisito dalla Regia Marina.
31 dicembre 1942
Il cameriere dell'Alcamo Giuseppe Scola, da Savona, muore per malattia.
9-10 febbraio 1943
L’Alcamo si trasferisce da Livorno a Palermo sotto la scorta del cacciatorpediniere tedesco Hermes e della torpediniera Libra.
Il mattino del 10 febbraio due cacciasommergibili, il VAS 213 ed il VAS 228, vengono inviati a condurre un rastrello antisom preventivo a nordovest di Palermo, in vista del suo arrivo; si rivela un’ottima idea, in quanto il sommergibile britannico P 54 (tenente di vascello Jack Whitton) è in agguato nei pressi. Questi viene sottoposto a caccia alle 5.40, senza subire danni, e due ore dopo avvista un “cacciatorpediniere” in navigazione verso nord: si tratta della torpediniera Sagittario, uscita da Palermo per rinforzare la scorta dell’Alcamo. Piroscafo e scorta giungeranno indenni a destinazione senza essere avvistati dal P 54.
15 febbraio 1943
L’Alcamo salpa da Palermo alle 11.20 insieme ai piroscafi Chieti e Frosinone ed alla piccola motocisterna Labor, diretto a Biserta, con la scorta della torpediniera Sirio (caposcorta, capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti), della moderna torpediniera di scorta Monsone (capitano di corvetta Emanuele Filiberto Perucca Orfei), dell’anziano cacciatorpediniere Augusto Riboty (tenente di vascello di complemento Nicola Ferrone) e delle nuovissime corvette Gabbiano (tenente di vascello Alberto Ceccacci) ed Antilope (capitano di corvetta Roberto Lucciardi).
Alle 19.25, davanti a Trapani, il Riboty deve lasciare il convoglio a causa di problemi alle macchine; per sostituirlo salpa da Trapani alle 21.50 la torpediniera Clio (capitano di corvetta Carlo Brambilla), che raggiungerà il convoglio alle 00.40 del 16.
Intanto alle 23.28, 26 miglia a sud di Marettimo, l’ecogoniometro della Monsone rileva il rumore generato da due motori a scoppio distanti circa 3000 metri, su rilevamento polare 300° (60° a proravia sinistra): sono le motosiluranti britanniche MTB 77 (caposquadriglia, tenente di vascello R. A. M. Hennessy) e MTB 82 e la motocannoniera MGB 61, che stanno per attaccare il convoglio. Subito dopo la torpediniera avvista anche visivamente le tre unità nemiche, ma non può comunicarlo al resto del convoglio perché la radio ad onde ultracorte si è guastata; comunque, quasi contemporaneamente anche la Gabbiano le avvista, constatando che hanno messo in moto e stanno dirigendo verso il convoglio.
In quel momento i mercantili sono disposti su due colonne, con Alcamo seguito dalla Labor a dritta e Frosinone seguito dal Chieti a sinistra; la Monsone precede l’Alcamo, l’Antilope naviga sul lato dritto del convoglio e Gabbiano e Sirio su quello sinistro. La rotta seguita è 205°.
Tutte le unità della scorta, ed anche i mercantili, aprono il fuoco, cui le piccole unità britanniche, che procedono velocissime, rispondono brevemente con il tiro delle proprie mitragliere, i cui proiettili hanno codette luminose azzurre e rosse poco luminose. Le due motosiluranti, pur venendo colpite più volte (da bordo delle navi italiane si vede un’esplosione a prua di una di esse), serrano le distanze, penetrano nel perimetro del convoglio e compiono diversi giri, quasi su sé stesse, attaccando i mercantili; intanto la MGB 61, essendo sprovvista di siluri, aggira il convoglio e spara a volontà con le proprie mitragliere per attirare su di sé l’attenzione della scorta, in modo da agevolare l’attacco delle motosiluranti. La MTB 77 lancia un siluro da 400 metri contro l’Alcamo, mancandolo, poi accosta per lanciare contro il Chieti ma viene colpita, ed il siluro non parte (si tenta anche di danneggiare il piroscafo gettando due bombe di profondità mentre gli si passa a proravia, ma l’ufficiale che sta per lanciarle viene colpito a morte prima di poterlo fare); la motosilurante mitraglia il Chieti mentre gli passa davanti prima di allontanarsi inseguita dal tiro delle unità italiane, che la colpiscono più volte, mettendo fuori uso il nebbiogeno ed impedendole così di coprire la propria ritirata con una cortina fumogena. La MTB 82 lancia a sua volta un siluro contro l’Alcamo, poi deve ritirarsi a causa dell’intenso fuoco italiano, seguendo la MTB 77, alla quale si ricongiunge, e venendo colpita da un proiettile a poppa.
L’Antilope vede passare a poppavia, lontane, le scie di uno o forse due siluri. Le due motosiluranti (la motocannoniera si è dileguata) si ritirano verso sudest lanciando in mare due piccoli segnali luminosi, vanamente inseguite dalla Sirio, cui si unisce in seguito anche la Monsone.
16 febbraio 1943
Alle 00.40 le due motosiluranti tornano alla carica, venendo avvistate dalla Sirio su rilevamento polare 205° (25° a poppavia sinistra), ma la reazione della scorta (preciso fuoco di mitragliere) le respinge nuovamente senza che si abbiano a lamentare danni al convoglio. All’1.30 una singola motosilurante attacca per la terza volta, ma di nuovo deve invertire la rotta ed andarsene dopo essere stata bersagliata dal preciso tiro delle mitragliere (quest’ultimo attacco potrebbe però essere stato frutto soltanto dell’erronea impressione del caposcorta, non risultando dalle fonti britanniche). Nello scontro le navi italiane non hanno subito danni (a dispetto degli apprezzamenti britannici, che si accreditano il siluramento e probabile affondamento di un mercantile ad opera della MTB 77, il danneggiamento di un altro mercantile dal tiro delle stesse unità di scorta ed il probabile danneggiamento di alcuni MAS di scorta – in realtà inesistenti – per effetto del tiro delle proprie mitragliere), mentre la MTB 77 è stata colpita più volte (anche da schegge) e la MTB 82 una volta.
Dopo aver superato senza danni anche due attacchi di bombardieri (all’1.57 ed alle 3.25), il convoglio raggiunge Biserta, senza danni, alle 23.45.
 
Un’altra immagine del Saint François (da Jean-Yves Brouard, Guy Mercier, Marc Saibèbe, “La Marine Marchande Française 1939-1945”, JYB, 2009, via forum AIDMEN)

L’affondamento
 
La fortuna che aveva accompagnato l’Alcamo nella sua prima traversata verso la Tunisia lo abbandonò, disgraziatamente, nel viaggio di ritorno. Alle 00.30 del 24 febbraio 1943, infatti, la nave lasciò Biserta per fare ritorno a Napoli: in convoglio con essa c’erano ancora il Chieti ed un piroscafo tedesco, lo Stella, mentre la scorta era composta dalla Monsone e dalle sue gemelle Animoso e Fortunale (caposcorta, capitano di corvetta Mario Castelli della Vinca).
Per tutta la giornata la navigazione procedette senza incidenti, ma alle 19.57 il convoglio iniziò ad essere pedinato da aerei avversari. Il mare era calmissimo; la luna sorse alle 23.30, offrendo una buona illuminazione.
Le navi della scorta iniziarono l’emissione di cortine nebbiogene alle 20.45, ed alle 22.06 iniziarono ad accendersi ogni venti minuti gruppi di bengala, che illuminavano il convoglio a beneficio di aerei attaccanti. Alle 22.15 la Monsone evitò due siluri con la manovra; alle 00.48 (secondo il volume USMM “La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dal 1° ottobre 1942 alla caduta della Tunisia”; secondo “Navi mercantili perdute”, anch’esso dell’USMM, il siluramento sarebbe invece avvenuto all’1.30), quando la luna era abbastanza alta, si verificò un nuovo attacco aereo da parte di tre aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th Squadron della Royal Air Force, guidati dal maggiore Richard S. O. (“Moose”) Marshall. I velivoli britannici commisero un grossolano errore nell’identificazione delle unità del convoglio, stimando di avere davanti a sé un (inesistente) incrociatore, due cacciatorpediniere ed una quarta unità non identificata, con rotta nord; il primo ad attaccare fu il maggiore Marshall, che sganciò il proprio siluro contro l’“incrociatore” ma non vide nessuna esplosione. Seguì l’aereo del tenente John Cartwright, che lanciò contro l’Alcamo: dopo una breve corsa, il siluro colpì il piroscafo a poppa, immobilizzandolo in posizione 39°14’ N e 12°30’ E, 45 miglia a nordovest di Ustica, 62 miglia a nord/nordest di Marettimo e 73 miglia a nord di Trapani.
Il terzo aereo, pilotato dal sottufficiale canadese Richard J. S. Dawson, scomparve senza lasciare traccia: gli altri due Beaufort non lo videro precipitare, né le fonti italiane rivendicano l’abbattimento di un aereo in questo momento.
 
Il caposcorta distaccò la Monsone per fornire assistenza all’Alcamo, ma i britannici non avevano ancora finito con questa nave: dopo l’attacco, il maggiore Marshall aveva lanciato il segnale di scoperta via radio, ed un paio d’ore più tardi altri tre Beaufort piombarono sul piroscafo immobilizzato e sulla sua solitaria unità di scorta. Il tenente Stanley Muller-Rowland avvistò sia la sezione Alcamo-Monsone che il resto del convoglio, frattanto proseguito, ma distante ancora poche miglia; effettuò due corse “di prova” prima di decidere di essere giunto in posizione favorevole per il lancio del siluro, scegliendo come bersaglio la nave di poppa, che sembrava bassa sull’acqua: era, ovviamente, l’Alcamo. Colpito a centro nave anche da questo siluro (e, secondo le fonti italiane, anche da due bombe), che sollevò una fiammata arancione, il piroscafo colò a picco in soli cinque minuti, scomparendo sotto la superficie alle 3.15.
 
Persero la vita quattro uomini dell’Alcamo, mentre 54 superstiti furono recuperati dalla Monsone ed altri undici naufraghi vennero tratti in salvo dopo l’alba da un aereo di soccorso.

Le vittime:

Giovanni Bruno, fuochista, da La Spezia
Sergio Ebraico, carbonaio
Gino Retali, carbonaio, da Portoferraio
Francesco Sacco, fuochista, da Maida
 
Degli altri due Beaufort di questo secondo gruppo, uno non riuscì a rintracciare il convoglio; il terzo, pilotato dal sottotenente rhodesiano James Cecil William Hewetson, venne abbattuto mentre tentava di attaccare il resto del convoglio. Hewetson ed il sergente William B. Richards rimasero uccisi nell’ammaraggio, mentre gli altri tre uomini dell’equipaggio (sergenti A. J. Coles, R. Bradford e A. L. Brice) riuscirono a mettersi in salvo su un battellino gonfiabile (che era però danneggiato e perdeva rapidamente aria) e furono recuperati dalla Monsone, che li incontrò per caso mentre setacciava il mare in cerca di naufraghi dell’Alcamo: secondo il sergente radiotelegrafista A. John Coles, la torpediniera procedeva a lento moto per fare meno rumore possibile, onde poter sentire eventuali richiami di naufraghi. Coles e compagni ne richiamarono infatti l’attenzione con i loro fischietti; dal racconto del sergente emerge un particolare interessante: gli uomini della Monsone, credendo di aver trovato altri superstiti del piroscafo, si rivolsero loro in francese, chiedendo “Combien êtes-vous?”, in quanto gli uomini dell’Alcamo che stavano cercando erano in maggioranza francesi. Ciò appare alquanto strano: l’Alcamo era infatti una nave ex francese, ma di norma queste, dopo la cessione all’Italia, erano armate da equipaggi interamente italiani, in quanto da una parte i marittimi francesi non desideravano navigare su navi al servizio dell’Asse, e dall’altra gli italiani ed i tedeschi non si fidavano dei marittimi francesi, in massima parte favorevoli alla causa Alleata. Le fonti italiane non fanno parola di marinai francesi tra l’equipaggio dell’Alcamo (o di qualsiasi altro mercantile ex francese).
Dopo un breve interrogatorio del più alto in grado tra i tre prigionieri (il sergente Brice), la Monsone diresse a tutta velocità verso Napoli, per sbarcarvi sia questi che i naufraghi dell’Alcamo.
 
Il resto del convoglio raggiunse indenne Napoli alle 18.40.