giovedì 25 maggio 2017

Lira

La Lira nel 1942 (Coll. Aldo Fraccaroli, via Carlo Di Nitto e www.naviearmatori.net)

Torpediniera della classe Spica tipo Alcione (dislocamento standard di 670 tonnellate, in carico normale 975 tonnellate, a pieno carico 1050 tonnellate).
La Lira e le gemelle Lupo, Lince e Libra (costruite a Fiume) si distinguevano rispetto alle altre unità della loro serie in quanto dotate di quattro tubi lanciasiluri singoli, anziché due binati.
Durante la guerra effettuò in tutto 100 missioni di scorta e 19 di trasporto personale, vigilanza antisommergibili e pattugliamento difensivo, principalmente in Mar Egeo ma anche (tra l’autunno 1942 e l’inizio del 1943) sulle rotte da e per l’Africa Settentrionale. Durante queste missioni abbatté quattro aerei nemici.

Breve e parziale cronologia.

7 dicembre 1936
Impostazione nei cantieri del Quarnaro di Fiume.
12 settembre 1937
Varo nei cantieri del Quarnaro di Fiume.
1° gennaio 1938
Entrata in servizio. Inizialmente è dislocata in Sicilia, inquadrata nell’VIII Squadriglia della flottiglia di Messina.
Successivamente trasferita alla Divisione Scuola Comando di Augusta.

1938: la Lira, in primo piano, ormeggiata a Genova accanto al cacciatorpediniere Grecale, alle torpediniere Circe, Clio, Calipso e Calliope ed al transatlantico Rex (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)

6-7 aprile 1939
La Lira partecipa all’Operazione "OMT" ("Oltre Mare Tirana"), l’invasione ed occupazione dell’Albania. La torpediniera fa parte del II Gruppo Navale (al comando dell’ammiraglio di divisione Ettore Sportiello), quello principale, incaricato dello sbarco a Durazzo: oltre alla Lira, lo compongono le gemelle LupoLince e Libra, gli incrociatori pesanti Zara, Pola, Fiume e Gorizia, i cacciatorpediniere Vittorio AlfieriAlfredo OrianiVincenzo Gioberti e Giosuè Carducci, la nave appoggio idrovolanti Giuseppe Miraglia – carica di carri armati –, la nave officina Quarnaro, le cisterne militari Tirso ed Adige ed i mercantili requisiti AdriaticoArgentarioBarlettaPalatino, Toscana e Valsavoia.
Il II Gruppo deve sbarcare il grosso delle forze, incaricate di conquistare Tirana; le truppe da sbarco sono al comando del generale Alfredo Guzzoni.
Le navi da guerra giungono a Durazzo già nel pomeriggio del 6 aprile (e la Lupo, prima di ricongiungersi alle altre unità, raggiunge il molo per recuperare il personale militare e diplomatico italiano), mentre quelle mercantili ed ausiliarie (ossia le navi con le truppe ed i materiali da sbarcare) solo alle 4.50 del 7, con mezz’ora di ritardo a causa della nebbia incontrata. Alle 5.25 ha inizio lo sbarco, che procede pur con qualche inconveniente (ordini di precedenza non rispettati per il ritardo di alcuni trasporti, impossibilità per alcuni di essi di entrare in porto a causa dell’eccessivo pescaggio).
Le prime truppe a prendere terra sono i distaccamenti da spiaggia e le compagnie da sbarco delle navi da guerra: a dispetto della calma apparente (la città è illuminata), non appena i militari italiani scendono sui moli divengono il bersaglio di violento tiro di fucili e mitragliatrici appostate tra i vicini edifici portuali.
La difesa albanese è comandata dal maggiore Abaz Kupi della gendarmeria e dal suo parigrado Alibali dell’esercito albanese; a contrastare lo sbarco vi sono un battaglione di guardia di frontiera, un battaglione dell’esercito albanese, un plotone di fanteria di Marina, una compagnia del Genio, una batteria da montagna (con due cannoni da 75/13 mm) e numerosi volontari, armati di fucili oltre a tre mitragliatrici Schwarzlose ed appoggiati dalla batteria costiera "Prandaj" (dotata di quattro cannoni Skoda da 75/27 mm, al comando del maggiore Gaqe Jorgo). Quest’ultima apre il fuoco sulle navi italiane, colpendo, secondo alcune fonti, la catapulta dell’idrovolante del Fiume; anche la Lupo viene colpita dal tiro proveniente da terra, senza riportare danni di rilievo ma subendo perdite tra l’equipaggio.

La forza attaccante, al comando del generale Giovanni Messe, consiste in due battaglioni del 3° Reggimento Granatieri di Sardegna, un battaglione del 47° Reggimento Fanteria, cinque battaglioni di Bersaglieri (due del 2° Reggimento Bersaglieri, uno del 3°, uno del 7° ed uno dell’11°), due battaglioni di carri leggeri L3/35, una batteria d’artiglieria da 65/17 mm ed una batteria contraerei da 20/65 mm.

Gli scontri a Durazzo sono piuttosto accesi e si protraggono per alcune ore, con perdite da entrambe le parti ed anche combattimenti corpo a corpo; l’intervento delle artiglierie delle navi (ed in particolare proprio della Lira), ordinato dal capitano di vascello Carlo Daviso di Charvensod, risolve la situazione in favore delle truppe italiane, che conquistano la città entro le nove del mattino (grazie anche allo sbarco dei carri armati ed alle incursioni dei bombardieri IMAM Ro. 37).
Quella vista a Durazzo è stata la più intensa resistenza opposta dalle truppe albanesi allo sbarco italiano. Contrastanti i dati sulle perdite: secondo le fonti italiane dell’epoca, vi sarebbero stati 25 morti e 97 feriti da parte italiana, e 160 morti e diverse centinaia di feriti da parte albanese; da parte albanese si parla di circa 400 italiani uccisi. Probabilmente entrambe le stime sono alterate; quella italiana al ribasso, quella albanese al rialzo.

La Lira in partenza da Taranto per l’invasione dell’Albania, nell’aprile 1939 (da “Le torpediniere italiane 1881-1964” di Paolo M. Pollina, USMM, 1974, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net)

Gennaio 1940
Dislocata a Lero (Dodecaneso) insieme alle gemelle Lupo (caposquadriglia), Lince e Libra, con le quali forma l’VIII Squadriglia Torpediniere, alle dipendenze del Comando Marina di Lero.
6 giugno-10 luglio 1940
La Lira, insieme a Lince e Libra, ai cacciatorpediniere Francesco Crispi e Quintino Sella ed al posamine ausiliario Lero, partecipa alla posa dei campi minati difensivi del Dodecaneso. In tutto, la Lira partecipa alla posa di dodici sbarramenti antinave (30 mine Elia ciascuno, 360 in tutto) ed uno antisommergibili (da 65 mine tipo Elia), tutti nelle acque di Lero.
10 giugno 1940
All’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, la Lira fa parte della VIII Squadriglia Torpediniere, di base a Rodi, insieme alle gemelle Lupo, Libra e Lince.
Successivamente passerà alle dipendenze del Comando Gruppo Navale italiano in Egeo, venendo adibita alla scorta al traffico mercantile ed ai trasporti di truppe e materiali fra le isole del Dodecaneso e la Grecia.
23 novembre 1940
Lira, Libra, Lupo e Lince bombardano al tramonto il porto dell’isola di Samo, in mano alle truppe greche, dove si trovano i posamine-cannoniere elleniche Paralos e Pleias ed una decina di motovelieri greci. Le torpediniere italiane ritengono di aver colpito Paralos e Pleias e (erroneamente) di aver anche affondato una piccola motosilurante. Il bombardamento di Samo da parte dell’VIII Squadriglia rientra in una serie di attacchi lanciati contro Samo nell’intento di scoraggiare altre azioni offensive da parte greca, dopo che un drappello ellenico, il 18 novembre, ha attaccato il piccolo presidio italiano dell’isolotto di Gaidaro, uccidendo un uomo e catturandone quattro. Effettivamente, dopo questi attacchi "deterrenti" non vi saranno altre sortite greche contro le isole in mano italiana.
4 maggio 1941
La Lira e la Lupo scortano a Lesbo i piroscafi tedeschi Norburg ed Ithaka, aventi a bordo il 440° Reggimento Fanteria della 164a Divisione Fanteria tedesca, il quale procede all’occupazione dell’isola, senza incontrare resistenza.

La Lira (torpediniera più a destra) insieme alle gemelle Lupo (centro) e Libra (sinistra) ed al piroscafo tedesco Norburg, fotografate a Mitilene il 4 maggio 1941 (Byron Tesapsides, via Francesco De Domenico e regiamarinaitaliana.forumgratis.org)

21-22 maggio 1941
Durante la notte, la Lira partecipa al salvataggio dei naufraghi di un convoglio di caicchi carichi di truppe tedesche dirette a Creta durante l’invasione tedesca dell’isola (Operazione Merkur), scortato dalla Lupo, che è stato in gran parte distrutto (10 caicchi affondati su 16) da una soverchiante formazione navale britannica, la Forza D del contrammiraglio I. G. Glennie (incrociatori leggeri Orion, Ajax e Dido e cacciatorpediniere Hasty, Hereward, Janus e Kimberley).
Grazie all’opera congiunta della Lira, della Lupo (tornata sul posto, sebbene danneggiata) e di aerei di soccorso tedeschi del Seenotdienst ("Servizio di Soccorso Aereo Marittimo"), vengono salvati circa 1650 naufraghi, limitando le perdite a 297 uomini (l’intero convoglio, compresi i caicchi scampati alla strage, trasportava in tutto 2331 tra ufficiali e soldati tedeschi).
28 maggio 1941
Lira, LibraLince e Crispi vengono assegnate, insieme a sei MAS (MAS 520, MAS 523, MAS 536, MAS 540, MAS 542, MAS 546), alla scorta del convoglio incaricato di trasportare a Creta il corpo di spedizione italiano (2585 uomini della 50a Divisione Fanteria «Regina», 500 uomini della Regia Marina, 13 carri armati leggeri L3/35, 205-350 muli, 2 automobili, 2 autocarri, 9 motociclette, 6 cannoni da 65/17 mm, 6 cannoni da 47/32 mm, 46 mitragliatrici Fiat da 8 mm, 18 mortai da 45 mm, 6 mortai da 81 mm, equipaggiamenti, viveri e munizioni per cinque giorni) inviato sull’isola in un nuovo tentativo di mandare rinforzi alle truppe tedesche.
L’eterogeneo ed improvvisato convoglio, salpato da Rodi alle 17 del 27 maggio al comando del capitano di vascello Aldo Cocchia, è formato dai piroscafetti costieri o lagunari Giorgio OrsiniGiampaolo e Tarquinia, dai rimorchiatori Aguglia ed Impero, dal piroscafo fluviale Porto di Roma (trasformato in nave da sbarco carri armati), dalle piccole motonavi frigorifere Assab ed Addis Abeba, dai motopescherecci Sant’AntonioSan GiorgioPlutone e Navigatore, dalla piccola nave cisterna Nera e dai cisternini portuali CG 89 CG 167. La Libra, le gemelle ed il Crispi raggiungono il convoglio all’alba del 28, al largo di Saria (Scarpanto).
Il convoglio procede con grande lentezza, a soli 7-7,5 nodi di velocità media, e per omogeneizzare ed aumentare la velocità le unità più lente vengono prese a rimorchio da quelle più veloci (nel primo pomeriggio del 28, perciò, la Lince riceve l’ordine di prendere a rimorchio la nave più lenta del convoglio, onde ottenere un pur minimo incremento della bassissima velocità). Si intende portare la velocità ad otto nodi, per raggiungere Creta prima di incappare in una forza britannica di tre incrociatori e sei cacciatorpediniere – segnalata alle 13.10 dalla ricognizione aerea, diretta a tutta forza verso il Canale di Caso – che entro le 17 potrebbe raggiungere la formazione italiana davanti a Sitia). Per accorciare la rotta, essendo il convoglio in ritardo, il capitano di vascello Cocchia decide di tagliare rispetto a quella prevista, facendo rotta diretta da Saria a Sitia.
Alle 15.45 dello stesso 28, quando il convoglio è giunto in vista della baia di Sitia (Creta), luogo prescelto per lo sbarco, che sta per iniziare, Lira, Lince e Libra vengono richiamate per ordine superiore per essere destinate ad un nuovo incarico. Lo sbarco avviene comunque senza incidenti, tra le 16.50 e le 17.20.
30 giugno 1941
La Lira scorta la nave cisterna Torcello dallo stretto dei Dardanelli al Pireo.
10 luglio 1941
La Lira e l’incrociatore ausiliario Brioni scortano il piroscafo Casaregis e la motonave Città di Bastia, con personale e materiali vari delle forze armate, da Samos ad Istmia.
14 luglio 1941
Scorta il piroscafo Macedonia da Patrasso a Taranto.
29 luglio 1941
Scorta i piroscafi Fertilia e Dubac dal Pireo a Lero.
1941
Lavori di modifica dell’armamento: vengono rimosse tre delle quattro mitragliere binate da 13,2/76 mm, poco efficaci, e vengono installate tre mitragliere binate Breda 1935 da 20/65 mm e due ulteriori scaricabombe per bombe di profondità, portandone la capacità totale a 40 cariche di profondità.
3 novembre 1941
La Lira e la gemella Cassiopea vengono inviate a sostituire le torpediniere Castelfidardo e Monzambano, a corto di carburante, nella scorta alla pirocisterna Tampico, che alle 10.25 è stata silurata e danneggiata, a levante dell’isola di Andro (in posizione 37°53’ N e 24°30’ E), dal sommergibile britannico Proteus (capitano di corvetta Philip Stewart Francis). La Tampico è rimorchiata dal rimorchiatore Ardenza; a rinforzare la scorta, oltre a Lira e Cassiopea, giungono anche il MAS 538 e le vedette tedesche 11 V 1 e 11 V 4. Alla fine si riuscirà a rimorchiare la Tampico al Pireo.
20 novembre 1941
La Lira e la gemella Alcione scortano i piroscafi tedeschi Salzburg e Santa Fe e l’italiano Brundisium, carichi di personale e materiali italiani e tedeschi, dal Pireo a Suda.
4 dicembre 1941
Scorta il piroscafo tedesco Arcadia, con materiali per le forze tedesche, da Iraklion al Pireo.
17 dicembre 1941
Scorta la motonave Calino da Rodi al Pireo.

Dettaglio della prua della Lira fotografata al Pireo nel dicembre 1941 (foto Aldo Fraccaroli, coll. Domenico Jacono, via www.associazione-venus.it)

21 dicembre 1941
La Lira, insieme alla Lupo, alla gemella Sirio ed al Brioni, salpa dal Pireo per scortare a Suda un convoglio con truppe e materiali, formato dalle motonavi Città di Agrigento, Città di Savona e Città di Alessandria. Alla scorta si unisce poi anche il cacciasommergibili tedesco Drache.
22 dicembre 1941
Tra le 6.55 e le 8.04 due delle torpediniere della scorta bombardano con cinque cariche di profondità il sommergibile britannico Thorn (capitano di corvetta Robert Galliano Norfolk), a 12 miglia per 114° da Capo Drepano. La prima esplode molto vicina al sommergibile.
23 dicembre 1941
Scorta la nave cisterna Arca dal Pireo a Lero.
8 gennaio 1942
Scorta dal Pireo a Lero la motonave Calino, con a bordo 630 militari e 890 tonnellate di materiali.
21 gennaio 1942
La Lira, la cannoniera Mario Sonzini e la nave scorta ausiliaria F 79 Morrhua scortano dal Pireo a Lero i piroscafi Pomezia e Pontinia, aventi a bordo 625 tonnellate di olii e benzina.
24 gennaio 1942
Lira e Morrhua scortano Pomezia e Pontinia da Lero a Rodi.
4 febbraio 1942
La Lira scorta la motonave Lero da Lero a Rodi.
23 febbraio 1942
La Lira ed il Crispi scortano dal Pireo ad Iraklion il piroscafo Milano ed il trasporto militare Cherso.
26 febbraio 1942
Lira e Crispi scortano la nave cisterna Cerere da Iraklion a Lero.
13 marzo 1942
Scorta dal Pireo a Patrasso i piroscafi Città di Bergamo e Giampaolo.
17 marzo 1942
Scorta da Rodi al Pireo, insieme al Crispi, i trasporti truppe Italia ed Aventino.
21 marzo 1942
Lira e Crispi scortano da Lero al Pireo il piroscafo Goggiam ed il trasporto militare Asmara.
26 marzo 1942
Scorta dal Pireo a Rodi i piroscafi Polcevera e Pomezia ed il piropeschereccio requisito Cefalo.
29 marzo 1942
Scorta dal Pireo a Lero, via Coo, la piccola nave frigorifera Assab.
12 aprile 1942
Scorta la motonave Lero da Lero al Pireo.



Una serie di foto della Lira scattate al Pireo il 21 aprile 1942 da Aldo Fraccaroli (Coll. Domenico Jacono, via www.associazione-venus.it)





23 aprile 1942
La Lira ed il Brioni scortano il piroscafo Sant’Agata da Corfù a Prevesa.
4 maggio 1942
La Lira scorta la nave cisterna Devoli da Samos a Patrasso.
11 maggio 1942
Scorta il piroscafo Pontinia dal Pireo a Suda.
21 maggio 1942
Lira e Libra scortano dal Pireo a Rodi, via Lero, la motonave Calino, avente a bordo 330 soldati e 1324 tonnellate di automezzi, rimorchi, materiali vari e merci per la popolazione.
24 maggio 1942
Lira e Libra scortano la Calino che ritorna da Rodi al Pireo.
20 giugno 1942
Lira e Morrhua scortano i piroscafi Motia ed Aprilia, con a bordo 1183 tonnellate di benzina ed olio in fusti, dal Pireo a Rodi.
26 giugno 1942
Scorta l’Aprilia ed il Motia che rientrano da Rodi al Pireo.
18 luglio 1942
Scorta i piroscafi Silva e Versilia dal Pireo ad Iraklion.
5 agosto 1942
Scorta il piroscafo Hermada dal Pireo a Rodi.
10 agosto 1942

Scorta da Lero al Pireo i piroscafi Arsia, Enrichetta e Fanny Brunner.

12 agosto 1942
Scorta la motonave Calino, con 683 militari del Regio Esercito più un carico di materiali vari, dal Pireo a Lero.
18 agosto 1942
Scorta la Calino di ritorno da Rodi al Pireo.
19 agosto 1942
Scorta il piroscafo Contarini dal Pireo a Lero.
1° settembre 1942
Scorta la motonave Lero da Samos al Pireo.
4 settembre 1942
Scorta la Lero dal Pireo a Rodi.
25 settembre 1942
Lascia Suda alle 9.10, insieme alla Libra, per scortare a Tobruk la nave cisterna Proserpina.
Nel canale di Cerigotto, alle 14.30, Lira, Libra e Proserpina  si uniscono ad un convoglio formato dai piroscafi Anna Maria Gualdi e Menes, provenienti dal Pireo con la scorta del cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta capitano di vascello Aldo Cocchia) e delle torpediniere LupoCastore e Sirio (quest’ultima costretta a rientrare in porto per avaria di macchina).
Qualche problema si verifica nella fase di riunione, quando una delle torpediniere provenienti da Suda non riesce ad assumere, per un po’ di tempo, la posizione assegnata, girando lungamente attorno al convoglio senza comprendere dove posizionarsi.
Il convoglio, che procede a circa 10 nodi con i tre mercantili in linea di fronte (Proserpina al centro) e la scorta tutt’intorno, gode anche, nelle ore diurne, di notevole scorta aerea.
Quale ulteriore protezione contro gli aerei nemici, la Proserpina è munita anche di un pallone frenato – uno dei primi impieghi di tale strumento per la difesa antiaerea di una nave in convoglio –, che si alza nel cielo sopra la nave ad una quota di circa 200 metri. Nella notte, però, il cavo che lo tiene legato alla nave si spezza, ed il pallone va così perduto.
26 settembre 1942
Alle 00.00 la Lira apre il fuoco con le mitragliere e con i cannoni da 100 mm, fortunatamente senza esito, contro un aereo che lancia poi il segnale di riconoscimento tedesco: è stato inviato per la scorta notturna, ma le navi non sono state informate del suo arrivo. Menes e Gualdi, però, scambiano i colpi di cannone della Lira per il segnale di allarme per sommergibile (questo sarebbe infatti il loro significato, ma di giorno, non di notte), accostano in fuori, così sparpagliando il convoglio; dato che i mercantili non hanno né radio ad onde ultracorte né radiosegnalatori a bassa portata, e dunque non è possibile comunicare con essi se non con segnale luminosi, il caposcorta Cocchia ordina alla Castore di portarsi sottobordo a Menes e Gualdi e farli tornare in rotta, mentre lo stesso Da Recco si porta sottobordo alla Proserpina (che è rimasta sulla sua rotta) e le ordina col megafono di seguirlo, per riavvicinarla alla zona dove ora i due piroscafi si sono spostati. Alle 00.50 il convoglio può dirsi ricostituito. All’1.06 ed all’1.30 si accendono dei bengala, il primo a prora a dritta ed il secondo a sinistra; le unità di scorta emettono cortine fumogene, smettendo subito dopo lo spegnimento dei bengala per evitare che le stesse cortine di nebbia, messe in risalto dalla luce lunare, agevolino l’individuazione del convoglio da parte di unità nemiche. All’1.38 delle bombe cadono in mare a proravia del convoglio, piuttosto lontane; ad intervalli tutte le navi della scorta sparano colpi di mitragliera contro gli aerei che riescono ad avvistare anche a notevole distanza, grazie all’eccezionale chiarezza della notte di luna piena. All’1.50 delle bombe esplodono a poppavia del Da Recco, all’1.54 tra le unità prodiere della scorta ed i mercantili, mentre le unità poppiere aprono il fuoco.
Alle 14.30 il convoglio arriva senza danni a Tobruk: la Proserpina sarà l’ultima petroliera dell’Asse a raggiungere Tobruk. 
1° ottobre 1942
La Lira, il cacciatorpediniere Sebenico (caposcorta, capitano di corvetta Luca Goretti de Flamini) e la torpediniera Castelfidardo (tenente di vascello di complemento Luigi Balduzzi) salpano da Tobruk alle 17.30 per scortare al Pireo la nave cisterna Rondine (capitano di lungo corso Luigi Lerici) ed il piroscafo tedesco Santa Fe.

Alle 23.35 il convoglio inizia a sentire rumore di aerei.

2 ottobre 1942
Alle 00.53 si accende una linea di bengala, e poco dopo un primo aerosilurante sgancia infruttuosamente un siluro.
All’1.25, 45 miglia a nordovest di Tobruk, un secondo aerosilurante attraversa la cortina nebbiogena stesa dal Sebenico ed attacca a sua volta, stavolta con successo: la Rondine viene colpita da un siluro, e diviene subito preda di un furioso incendio. Il suo comandante, capitano Lerici, fa subito fermare le macchine e traversa abilmente la nave al vento, sfruttando l’abbrivio, per evitare un’ulteriore propagazione delle fiamme. 34 dei 51 uomini imbarcati sulla petroliera, contravvenendo gli ordini del comandante di restare a bordo, abbandonano la nave; li recupera la Lira, mentre i 17 uomini rimasti sulla Rondine riescono in due ore a domare le fiamme. Lira e Castelfidardo, durante tale fase, difendono la Rondine da ripetuti attacchi di bombardieri.
Verso le quattro la Rondine riesce a rimettere in moto e dirige per Tobruk, difesa dalle due torpediniere e dalla scorta aerea (per altra versione, è la Lira a rimorchiare a Tobruk la petroliera danneggiata, con l’assistenza della Castelfidardo). Le tre navi giungono a Tobruk alle 14.
3 ottobre 1942
Lira (caposcorta) e Castelfidardo lasciano Tobruk alle 16.45, scortando il piroscafo tedesco Menes, diretto a Taranto.
5 ottobre 1942
Il convoglietto giunge al Pireo alle 16; qui Lira e Castelfidardo vengono rilevate nella scorta dai cacciatorpediniere Turbine e Camicia Nera.
10 ottobre 1942
La Lira (tenente di vascello Agostino Caletti), insieme a Libra (capitano di corvetta Carlo Brancia di Apricena) e Perseo (tenente di vascello Saverio Marotta), salpa dal Pireo alle 18.30 per scortare a Tobruk il piroscafo Petrarca e la motonave Tergestea, che formano il convoglio «FF».
11 ottobre 1942
Alle 7.20 si unisce alla scorta, quale rinforzo, anche la torpediniera Climene (tenente di vascello Mario Colussi), proveniente da Suda. In mattinata il convoglio passa tra Cerigotto e Creta.
Alle 17.20 (mentre il convoglio è scortato anche da 3-4 aerei), a 40 miglia per 200° da Capo Krio, vengono avvistati verso nord-nord-est otto bombardieri statunitensi Consolidated B-24 "Liberator", che si avvicinano al convoglio in doppia losanga di quattro, a 4500 metri di quota; le navi aprono subito il fuoco, ma alle 17.25 vengono sganciate due salve di bombe, mentre compaiono altri nove "Liberators", in formazione a cuneo di tre gruppi, dalla stessa direzione. Le prime due salve colpiscono entrambi i mercantili; alle 17.27 il secondo gruppo sgancia altre tre salve: due cadono in mare, ma la terza colpisce il Petrarca. Alle 17.39 il Tergestea colpisce accidentalmente un velivolo tedesco della scorta aerea, che è costretto all’ammaraggio; i superstiti vengono recuperati dalla Perseo.
Mentre il Petrarca, nonostante i danni (è stato colpito sul castello di prua), è in grado di proseguire, la Tergestea, che ha una falla in sala macchine, deve tornare indietro, scortata da Lira e Perseo.
12 ottobre 1942
Lira e Perseo, giunte in prossimità di Suda, affidano la Tergestea al rimorchiatore Instancabile (che lo condurrà in porto alle otto) e vengono poi dirottate: la Perseo per assumere la scorta della motonave Col di Lana, la Lira per recarsi incontro al cacciatorpediniere Saetta, in navigazione da Tobruk a Navarino con a rimorchio il vecchio sommergibile Millelire, trasformato in bettolina per trasporto nafta.
Incontrati Saetta e Millelire, la Lira ne assume la scorta.
13 ottobre 1942
Lira, Saetta e Millelire giungono a Navarino alle 2.30.
22 ottobre 1942
Alle 3.08 la Lira (tenente di vascello Agostino Caletti) e la gemella Partenope (caposcorta, capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) salpano da Taranto per Tobruk di scorta alla nave cisterna Proserpina, carica di 4553 tonnellate di carburante destinato all’Armata corazzata italo-tedesca in Egitto (2500 tonnellate per la Panzerarmee, 1165 per le forze italiane e 888 per la Luftwaffe).
23 ottobre 1942
Il convoglietto attraversa il Canale di Corinto alle 17.30.
24 ottobre 1942
In mattinata, mentre il convoglio passa ad est della Morea, la Partenope rileva un sommergibile all’ecogoniometro e gli dà la caccia dalle 9 alle 10.15, in cooperazione con un aereo della scorta. Dopo la seconda scarica di bombe, il sommergibile inizia a perdere bolle d’aria, il che ne agevola l’individuazione; ma non emerge alcun segno di un suo grave danneggiamento.
Le navi arrivano al Pireo alle 4.45 e ripartono alle 5.35; ad esse si è unito il piccolo piroscafo tedesco Dora, giunto da Salonicco con la scorta delle anziane torpediniere Solferino e Monzambano. Quest’ultima (tenente di vascello di complemento Attilio Gamaleri) rinforza temporaneamente la scorta fino alle 17.45.
Alle 17.24 (o 17.30) il convoglio composto da ProserpinaDora e scorta si congiunge in mare aperto (precisamente nel punto 36°18’ N e 23°11’ E, a nord di Suda), con la motonave Tergestea, proveniente da Suda e scortata dalla vecchia torpediniera Calatafimi (tenente di vascello di complemento Giuseppe Brignole) e dalla moderna torpediniera di scorta Ciclone (capitano di corvetta Luigi Di Paola). Il convoglio così formato (ProserpinaDora e Tergestea) è denominato «TT» (Taranto-Tobruk), e scortato da Lira, CiclonePartenope (caposcorta) e Calatafimi (la Monzambano, che deve eseguire un’altra missione, viene lasciata libera dal caposcorta dopo la riunione), oltre che da numerosi caccia e bombardieri della Regia Aeronautica e della Luftwaffe: tra i tre ed i cinque aerei tedeschi costantemente in volo in tutte le ore diurne del 24 e 25, portati a dieci aerei (con il concorso della 5a Squadra Aerea della Regia Aeronautica) nella giornata del 26. L’arrivo a Tobruk è previsto per le 18.50 del 26 ottobre.
Sin dal 21 ottobre, tuttavia, i decrittatori britannici di «ULTRA» hanno intercettato e decifrato numerosi messaggi radio riguardanti il convoglio «TT», apprendendone così la composizione, i porti e gli orari di partenza e di arrivo, la velocità ed alcune informazioni sulla condotta della navigazione.
Alle 18 del 24 un primo gruppo di quattro Wellington del 38th Squadron RAF, guidati dal tenente colonnello Pratt, decolla per cercare il convoglio, con l’ordine di incontrarsi con un Wellington del 221st Squadron; forti tempeste elettriche costringono però gli aerei al rientro. Alle 23.30 altri due Wellington del 38th Squadron, pilotati dal capitano Wiggins e dal sergente Taylor, decollano per cercare il convoglio; Wiggins deve rientrare a causa del maltempo e viene costretto ad un atterraggio d’emergenza, mentre Taylor riesce a superare il maltempo, ma non a trovare il convoglio.
25 ottobre 1942
Alcuni ricognitori britannici vengono inviati a cercare il convoglio a nordest di Bengasi, sia per avere informazioni aggiornate sulla sua posizione e situazione che per coprire il ruolo di «ULTRA», inducendo a credere che l’avvistamento sia casuale.
A mezzogiorno, Supermarina informa il convoglio che è stato avvistato da aerei nemici; alle 15.05 i velivoli della scorta aerea segnalano aerei nemici in avvicinamento, che tuttavia non appaiono alla vista delle navi.
Nella notte tra il 25 ed il 26 ottobre il convoglio viene ripetutamente ed intensamente attaccato da bombardieri britannici Vickers Wellington e statunitensi Consolidated B-24 Liberator, che sganciano numerose bombe e siluri, ma senza riuscire a colpire niente. Contro il convoglio vengono inviati numerosi Wellington Mk Ic decollati dall’Egitto, ciascuno dotato di due siluri Mk XII; nove aerosiluranti del 38th Squadron di base a Gianaclis (Egitto); un Wellington del 221st Squadron dotato di radar ASV (Air to Surface Vessel, per la rilevazione delle navi da bordo di un aereo) ed uno del 458th Squadron della Royal Australian Air Force, decollato da Shallufa.
26 ottobre 1942
Dalle 00.35 alle 2 di notte del 26 si sente continuo rumore di aerei nei pressi del convoglio; alle due di notte un aereo lancia un siluro contro la Proserpina, ma non riesce a colpirla. Alle 2.15 un secondo aerosilurante ripete l’attacco, di nuovo senza successo; alle 2.24 un altro aereo lancia due siluri contro la Calatafimi, mancandola, e sei minuti più tardi un bombardiere sgancia un gruppo di sette bombe a poppa della Lira, facendo anch’esso cilecca. Durante tutti gli attacchi le navi del convoglio manovrano per evitare i siluri e rispondono con violento fuoco contraereo.
Intanto, però, ricognitori Martin Baltimore seguitano a pedinare il convoglio nella sua navigazione verso est. Dalle 3.18 alle 4.02, le navi del convoglio sentono aerei che volano continuamente nel loro cielo, senza attaccare; alle 4.27 sopraggiungono finalmente i primi aerei italiani della scorta notturna.
Un nuovo attacco aereo si sviluppa tra le 12.10 e le 12.30 del 26 ottobre, quando 18 bombardieri statunitensi Consolidated B-24 "Liberator" (del 98th Bombardment Group, di stanza a Fayid, in Egitto), ripartiti in tre «flying boxes» di sei velivoli ciascuna, sganciano le loro bombe da 6000-7000 metri con l’ausilio del congegno di puntamento «Norden». Secondo la storia ufficiale dell’USMM, si verificano tre distinti attacchi di Liberators, tra le 11.10 e le 11.32 (la differenza di un’ora è data dal fuso orario, mentre il numero complessivo di aerei contati differisce un poco da quello effettivo): il primo, da parte di un gruppo di 10 Liberators, alle 11.10, a 50 miglia da Tobruk; vengono sganciate circa 60 bombe, tutte cadute vicinissime alle navi – specie alla Proserpina – ma nessuna a segno, così che non vi sono danni. La scorta aerea attacca i bombardieri mentre questi si allontanano. Il secondo attacco si verifica alle 11.25, quando altri cinque Liberators sganciano dalla medesima quota circa 30 bombe, perlopiù cadute attorno a Dora e Ciclone senza causare danni; il terzo ha luogo alle 11.32, con l’impiego di undici Liberators che sganciano una salva di bombe ben centrate, che però non colpiscono nulla.
Alle 13.30, quando il convoglio è ormai a sole 30 miglia da Tobruk, la Proserpina viene colta da un’avaria di macchina e rimane indietro, scortata dalla Calatafimi, mentre il resto del convoglio prosegue.
Frattanto, alle 11.30, otto aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th e 47th Squadron RAF, al comando del tenente colonnello Richard Sprague (che tuttavia, data la sua scarsa esperienza negli attacchi siluranti, ha delegato la conduzione della squadriglia al più esperto capitano Ronald Gee, un veterano) sono decollati dall’aeroporto egiziano di Gianaclis. Ai Beaufort si sono uniti in volo anche cinque bombardieri Bristol Blenheim V del 15th Squadron della South African Air Force (ognuno dei quali ha a bordo quattro bombe GP da 250 libbre; li guida il maggiore Douglas W. Pidsley), decollati da Gianaclis alle 11.35, e nove caccia Bristol Beaufighter, quattro del 252nd Squadron e cinque del 272nd Squadron (tutti questi Squadrons fanno parte del 201st Group, con compiti di cooperazione aeronavale). La Proserpina, obiettivo principale, è assegnata ai Beaufort; gli altri mercantili ai Blenheim; ed i Beaufighter dovranno neutralizzare la scorta aerea.
I Beaufort volano bassi sul mare (ad appena 30 metri di quota), mentre i Beaufighter di scorta volano più alti, sopra di loro, a varie quote. La formazione aerea vola verso ovest fino a circa 50 miglia dalla costa nemica, venendo presa sotto il tiro di batterie contraeree pesanti durante l’avvicinamento a Tobruk, e poi s’imbatte in un grosso gruppo di traghetti che a loro volta aprono il fuoco (secondo una versione, abbattendo un Blenheim).
Alle 14.25 i Beaufighter avvistano il grosso del convoglio e lo segnalano ai Beaufort (che, volando più bassi, non lo hanno ancora visto) scuotendo le ali.
Il Dora procede primo in linea di fila, seguito dalla TergesteaPartenope e Ciclone proteggono il lato che dava verso il mare aperto, mentre la Lira procede in coda al convoglio. Sul cielo del convoglio vola la scorta aerea formata da due bombardieri tedeschi Junkers Ju 88, due caccia italiani Macchi C. 202 ed un caccia tedesco Messerschmitt Bf 109. I Beaufighter si dirigono contro la scorta aerea, per attaccarla, mentre la maggior parte dei bombardieri punta sui mercantili.
I primi tre Blenheim, avendo scambiato il Dora, in quanto nave di testa, per la nave cisterna che cercano (la Proserpina), lo attaccano, ma le bombe mancarono il bersaglio ed uno dei bombardieri viene abbattuto, mentre gli altri due si allontanarono danneggiati (uno dei due precipiterà per i danni durante il volo di rientro, entrando in collisione con un Beaufort e causando anche la sua perdita).
Cinque Beaufort lanciano i loro siluri contro il Dora, mentre il sesto lancia contro la Tergestea. Un Blenheim ed un Beaufort vengono abbattuti, mentre altri due Blenheim ed un Beaufort sono danneggiati; uno dei Blenheim, come detto, precipiterà per i danni durante il volo di rientro, travolgendo nella sua fine un Beaufort.
I restanti due Beaufort (pilotati dal sottotenente Ralph V. Manning, canadese, e dal tenente Norman Hearn-Phillips), tuttavia, si rendono conto che la nave cisterna non c’è, quindi non attaccano e si mettono alla sua ricerca lungo la costa, insieme ai due Blenheim rimasti (quello del maggiore Pidsley e quello del tenente E. G. Dustow). Dopo qualche minuto la loro ricerca è premiata, ed avvistarono Proserpina e Calatafimi (riparata l’avaria, la petroliera sta per ricongiungersi al resto del convoglio; la Calatafimi la scorta sul lato mare): queste li accolgono con un muro di fuoco contraereo, cui si unisce anche la Lira. Il Beaufort di Hear-Phillips attacca per primo, ma viene danneggiato da un proiettile contraereo (che mette fuori uso l’impianto elettrico) e perde il proprio siluro (che si sgancia e cade in mare a causa di tali danni) prima di poterlo sganciare; rimane comunque sul posto per attirare su di sé il fuoco contraereo delle navi. Subito dopo l’aerosilurante di Manning, rimasto così l’unico Beaufort ancora dotato del suo siluro, attacca la Proserpina insieme ai due Blenheim. La petroliera vira a sinistra, verso il Beaufort di Manning, presentandogli la prua e così rovinandogli la mira, costringendolo a girare in cerchio sopra la terraferma, continuamente bersagliato dal tiro contraereo, per cercare un migliore angolo per l’attacco. A questo punto la Proserpina compie un’altra accostata per dare la prua al Beaufort; stavolta, però, l’accostata è verso dritta, e l’effetto contrario di questa e della precedente accostata a sinistra è che, per alcuni brevi momenti, la nave si trova pressoché immobile: abbastanza per dare a Manning l’opportunità di attaccare. Da una quota di 24 metri, volando a 140 nodi, il Beaufort si avvicina sino a circa 550-640 metri prima di sganciare il siluro, con un angolo di 45°; al tempo stesso, i due Blenheim aggirano le navi (che procedono con rotta parallela alla costa) per attaccarle dal lato della costa, mentre un Beaufighter si avventa sulla Calatafimi; l’aereo del tenente Dustow, attaccando per primo, sgancia le sue bombe, che cadono ai lati della prua della Proserpina, mancandola di poco. Subito dopo l’aereo di Dustow viene colpito dal fuoco contraereo della petroliera, urta con un’ala l’albero di trinchetto della Proserpina e precipita in mare, capovolgendosi più volte, con la perdita di tutto l’equipaggio. Pochi secondi più tardi, tre delle quattro bombe da 250 libbre (113 kg) sganciate dall’aereo di Pidsley (anch’esso crivellato di colpi dal tiro delle navi), che ha attaccato volando ad appena sei metri di quota (evita di stretta misura albero e fumaiolo della nave italiana), colpiscono la petroliera in prossimità della plancia; subito dopo la Proserpina viene colpita a prua sinistra anche dal siluro del rimanente Beaufort, e s’incendia immediatamente, a 20 miglia per 320° da Tobruk.
Durante il volo di ritorno alla base, la formazione aerea britannica verrà attaccata da dei Macchi C. 202, che danneggeranno un Beaufort (proprio quello di Manning, che però riuscirà a rientrare alla base). Durante l’attacco, inoltre, un Beaufighter è stato abbattuto ed un altro danneggiato da un Messerschmitt Bf 109, mentre uno Ju 88 è stato a sua volta danneggiato da un Beaufighter.
La Lira (alla quale fonti italiane accreditano erroneamente l’abbattimento di tre aerosiluranti, durante l’ultimo attacco contro la Proserpina), insieme alla Calatafimi, non può far altro che procedere al salvataggio dei naufraghi della Proserpina: in tutto vengono recuperati 62 dei 77 uomini che componevano l’equipaggio della petroliera. Questa, divorata dalle fiamme, colerà infine a picco solo alle 6.45 del 27 ottobre.
Ulteriori attacchi aerei affonderanno alle 18.16 anche la Tergestea, quando – insieme a Dora, Ciclone e Calatafimi – ormai è giunta in vista del porto di Tobruk. La motonave, colpita da un siluro, esplode; con essa si perdono 1000 tonnellate di benzina e 1000 di munizioni, e l’intero equipaggio di 87 uomini.
Subito dopo essere arrivata a Tobruk, la Lira ne riparte alle 18.30 insieme alle gemelle Partenope (caposcorta, capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) e Perseo, per scortare al Pireo la motocisterna Rondine ed il piroscafo tedesco Trapani.
Alle 23 il convoglio viene attaccato da aerosiluranti una trentina di miglia a nordovest di Tobruk, ma nessuna nave viene colpita, mentre uno degli aerei nemici viene abbattuto dal fuoco delle torpediniere.
28 ottobre 1942
Alle 18 il convoglio viene attaccato infruttuosamente da bombardieri 15 miglia a nordest di Capo Malea e 50 miglia a nord di Cerigotto.
29 ottobre 1942
Il convoglio giunge al Pireo alle sei (per altra fonte, le nove).
Successivamente la Lira lascia il Pireo scortando, insieme alle anziane torpediniere Calatafimi e Solferino, un convoglio composto dai piroscafi Galiola (italiano) ed Ardena (tedesco) e dalla pirocisterna italiana Cerere.
31 ottobre 1942
Alle 9.40 il sommergibile britannico Taku (tenente di vascello Arthur John Wright Pitt) avvista su rilevamento 335° il fumo del convoglio, poi due aerei e quindi, alle 10.11, le alberature del convoglio, del cui arrivo è stato preavvisato. Alle 10.56 il Taku lancia tre siluri (l’intenzione sarebbe di lanciarne quattro, ma il battello perde l’assetto e sprofonda prima di poter lanciare il quarto) da una distanza di 5950 metri, in posizione 37°30’ N e 24°03’ E (una decina di miglia a sud di Capo Sunio).
Nessuna nave viene colpita; la scorta reagisce all’attacco con il lancio di cinque bombe di profondità, che scoppiano lontane, ma il comandante del Taku decide comunque di scendere a 45 metri, sentendo dai rumori che le navi italiane sono piuttosto vicine.
Tornato a quota periscopica alle 11.55, il Taku avvista nuovamente il convoglio alle 12.05 e si pone a tutta forza al suo inseguimento per una decina di minuti, ricaricando un tubo lanciasiluri; alle 12.37 il sommergibile lancia altri due siluri (Pitt ha ordinato di lanciarne tre, ma c’è un disguido nella trasmissione dell’ordine), che non vanno nemmeno essi a segno. La scorta reagisce con il lancio di cinque pacchetti di due bombe di profondità ciascuno; il terzo esplode piuttosto vicino al Taku, scuotendolo violentemente, ma senza arrecare danni. Il sommergibile si sottrae alla caccia allontanandosi a bassa velocità.
2 novembre 1942
Lira, Calatafimi e Solferino scortano da Suda al Pireo un convoglio formato dai piroscafi Artemis Pitta, Ardena e Pugliola e dalla nave cisterna Cerere.
5 novembre 1942
La Lira salpa da Suda per Bengasi alle 10, scortando il piroscafo Galiola.
7 novembre 1942
Lira e Galiola giungono a Bengasi alle 10.
Alle 17.30 la Lira lascia Bengasi per scortare a Taranto il piroscafo Anna Maria Gualdi.
11 novembre 1942
Lira e Galiola arrivano a Patrasso alle 13, sostandovi fino al giorno seguente.
12 novembre 1942
A mezzogiorno le due navi, cui si è unito anche l’incrociatore ausiliario Barletta (ma caposcorta rimane la Lira), lasciano Patrasso per Taranto.
(Per altra fonte, anch’essa ufficiale, Lira e Barletta scortano in questo giorno i piroscafi Aventino ed Anna Maria Gualdi da Patrasso a Taranto.)
13 novembre 1942
Lira, Barletta e Galiola arrivano a Taranto alle 14.40.
5 dicembre 1942
Lira e Libra scortano la motocisterna tedesca Ossag dal Pireo ai Dardanelli.
5 gennaio 1943
Scorta il piroscafo Pugliola dal Pireo ad Iraklion.
19 gennaio 1943
Alle 14 la Libra (tenente di vascello Agostino Caletti), insieme al cacciatorpediniere Lampo (caposcorta) ed alla moderna torpediniera di scorta Monsone, salpa da Palermo scortando un convoglio formato dai piroscafi Chieti, Silvano e Campobasso.
20 gennaio 1943
Alle 8 il convoglio si divide in due gruppi: Lira e Chieti dirigono per Biserta, dove arrivano alle 17.15; le altre navi fanno rotta per Tunisi, dove giungono alle 15.20.
Alle 20.15 la Lira, ripartita da Biserta, si unisce alla scorta (torpediniere Ardito ed Animoso, la prima caposcorta) delle pirocisterne Saturno (italiana) e Sudest (tedesca), in navigazione da Biserta (da dove sono partite alle 10) a Napoli.
Prima dell’arrivo della Lira, il convoglio è stato attaccato da aerei, che hanno colpito con bombe la Saturno; la petroliera, immobilizzata e gravemente danneggiata, procede ora a rimorchio dell’Ardito, alla velocità di cinque nodi.
Poco dopo le 22 un attacco di aerosiluranti costringe l’Ardito a lasciare il rimorchio.
21 gennaio 1943
All’1.45, mentre l’Ardito si appresta a riprendere il rimorchio, viene avvistato un periscopio, così che il rimorchio viene abbandonato di nuovo; alle 2.13 ha inizio un nuovo attacco aereo ed alle 2.24 la Saturno, colpita ancora, si rovescia e affonda in posizione 37°38’ N e 10°46’ E.
Tra le 2.30 e le 4.45 si susseguono altre tre ondate di aerosiluranti, che attaccano le torpediniere; ma ogni volta i siluri mancano i bersagli, e la Lira abbatte uno degli attaccanti, che precipita in fiamme.
In mattinata la scorta del convoglio, sul quale non cessano gli attacchi aerei, viene rinforzata dall’arrivo delle corvette Antilope, Gabbiano ed Artemide, inviate da Marina Trapani.
22 gennaio 1943
Alle 10.45 la Lira e le altre navi giungono a Napoli.
7 febbraio 1943
La Lira si trova a Napoli quando la città viene bombardata da venti bombardieri dell’USAAF (sono decollati in ventuno; uno viene abbattuto), aventi come obiettivo proprio il porto. Le bombe colpiscono sia l’obiettivo che l’abitato, provocando un centinaio di vittime civili.
Durante il bombardamento, la Lira viene leggermente danneggiata da schegge, che uccidono sei membri dell’equipaggio.
1943
Viene eliminata anche l’ultima mitragliera binata da 13,2/76 mm, mentre vengono installate quattro mitragliere singole Scotti-Isotta Fraschini 1939 da 20/70 mm.
Primavera 1943
Secondo una fonte, la Lira evacua truppe italo-tedesche da Biserta prima della caduta della Tunisia.
6 giugno 1943
La Lira salpa da La Spezia per scortare a La Maddalena un convoglio formato dal piroscafo Ferrara, dalla nave cisterna Scrivia e dal piccolo piroscafo passeggeri Buccari.
7 giugno 1943
Alle 4.30 la Lira, in posizione 41°48’ N e 09°31’ E, avvista un sommergibile in superficie: si tratta del britannico Safari (tenente di vascello Richard Barklie Lakin), che alle 4.40 avvista a sua volta dapprima del fumo e poi la sagoma di una nave. La Lira gli dirige incontro a tutta velocità, aprendo il fuoco col cannone prodiero da una distanza di circa 5000 metri. Alle 4.42 il Safari s’immerge precipitosamente a 61 metri di profondità; la Lira getta subito dieci bombe di profondità (divise in due pacchetti di cinque bombe ciascuno), nessuna delle quali, tuttavia, esplode particolarmente vicina al sommergibile, che non riporta danni.
 
Un’altra immagine della Lira al Pireo il 21 aprile 1942 (foto Aldo Fraccaroli, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net)

La fine

Alla data dell’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, l’8 settembre 1943, la Lira si trovava ai lavori nella base di La Spezia.
A seguito della definitiva perdita dell’Africa Settentrionale e della Sicilia e dei violenti bombardamenti che martellavano continuamente le basi dell’Italia meridionale, La Spezia era diventata la base principale della Regia Marina: vi aveva base la Squadra da Battaglia al comando dell’ammiraglio Carlo Bergamini, formata dalle tre corazzate della IX Divisione (Roma, Italia e Vittorio Veneto), dagli incrociatori leggeri della VII Divisione (Eugenio di Savoia, Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Raimondo Montecuccoli) e dai cacciatorpediniere delle Squadriglie XII (Mitragliere, Fuciliere, Carabiniere e Velite) e XIV (Legionario, Artigliere, Grecale ed Alfredo Oriani).
Nel grande Arsenale, inoltre, si trovavano ai lavori per riparazioni o manutenzione innumerevoli unità di ogni tipo: tra di esse il vecchio incrociatore leggero Taranto, tre cacciatorpediniere, cinque torpediniere (tra cui la Lira), due corvette e due posamine, nonché numeroso naviglio minore ed ausiliario.
La Squadra da Battaglia dell’ammiraglio Bergamini prese il mare verso le tre di notte del 9 settembre, diretta inizialmente verso La Maddalena, come da ordini ricevuti.
Il comandante in capo del Dipartimento di La Spezia, ammiraglio Giotto Maraghini, provvide a dare esecuzione alle disposizioni impartite da Supermarina circa il resto del naviglio e le installazioni a terra: le navi minori in grado di muovere vennero fatte partire per porti saldamente sotto controllo italiano od Alleato, quelle impossibilitate a partire si autoaffondarono; lo stessero fecero le navi mercantili (partenza od inutilizzazione, ma in alcuni casi gli armamenti tedeschi delle mitragliere imbarcate impedirono di attuare tali provvedimenti). Gli impianti, i bacini e le attrezzature dell’Arsenale furono resi inutilizzabili, ma solo per 15 giorni, nell’ottimistica – ed irrealistica – speranza che gli Alleati avrebbero cacciato le forze tedesche dall’Italia nel giro di qualche settimana.
Nel retroterra di La Spezia erano dislocate quattro divisioni tedesche, presenti in teoria per partecipare al contrasto di un eventuale sbarco Alleato nella zona di La Spezia; esse si mossero per occupare la piazzaforte prima ancora che venisse annunciato l’armistizio. A difendere la piazza di La Spezia ed il territorio circostante c’erano solo due divisioni italiane, la «Rovigo» e la «Alpi Graie», che formavano il XVI Corpo d’Armata del generale Carlo Rossi; i comandi delle due Divisioni e del Corpo d’Armata si trovavano tutti nel perimetro della piazza, quindi già la sera dell’8 settembre l’ammiraglio Maraghini – tornato da Roma ove si era tenuta la riunione dei vertici della Marina con cui i principali ammiragli comandanti di Dipartimento, oltre ai comandanti delle forze da battaglia, di quelle di protezione del traffico e dei sommergibili, avevano ricevuto istruzioni sul da farsi in caso di cessazione di ostilità contro gli Alleati e reazione tedesca, pur senza essere esplicitamente informati dell’armistizio – aveva potuto conferire col generale Rossi per discutere come difendere La Spezia da un attacco tedesco. Rossi, a differenza di Maraghini, non aveva ricevuto disposizioni precise su come comportarsi; per giunta, l’armistizio coglieva la piazza di La Spezia nel pieno di uno sconvolgimento giurisdizionale: in seguito a decisioni prese in agosto, la Piazza marittima di La Spezia doveva essere abolita e sostituita da un Comando Militare Marittimo subordinato al locale Comando di Grandi Unità dell’Esercito; la responsabilità della difesa della ex piazza sarebbe stata trasferita dalla Marina all’Esercito. Il passaggio di consegne sarebbe divenuto effettivo alle 00.00 del 10 settembre; il generale Rossi ritenne che la situazione non potesse precipitare a tal punto da richiedere provvedimenti eccezionali, quindi non ritenne necessario anticipare di un giorno l’assunzione del comando, come prescriveva invece l’"Istruzione per la difesa delle coste" vigente ancora per il solo giorno 9 settembre.
Il colloquio tra Rossi e Maraghini, pertanto, si limitò a decidere di dislocare alcuni reparti di marinai in determinati punti e di inviare un reggimento atteso da Torino per il 9 settembre (per completare la Divisione «Rovigo») a presidiare alcuni capisaldi (ma il reggimento, per gli eventi dell’armistizio, non arrivò mai a La Spezia).
Gli alpini della Divisione «Alpi Graie» resistettero per due giorni, ma le truppe tedesche, incuneandosi tra i reparti delle due Divisioni italiane del XVI Corpo d’Armata, occuparono La Spezia entro il 10 settembre, senza particolari difficoltà. Le due Divisioni italiane furono sciolte e l’ammiraglio Maraghini lasciò La Spezia il 10 settembre, dopo aver dato esecuzione agli ordini di Supermarina.
In esecuzione degli ordini ricevuti, la Lira si autoaffondò nel porto di La Spezia il 9 settembre 1943, essendo impossibilitata a muovere.
Quel giorno, a La Spezia, si svolse il più grande autoaffondamento in massa di navi militari italiane, allo scopo di impedirne la cattura da parte tedesca: si autoaffondarono nel porto il vecchio incrociatore Taranto, i cacciatorpediniere Nicolò Zeno, FR 21 e FR 22, le torpediniere Generale Antonino Cascino, Generale Carlo Montanari, Ghibli, Lira e Procione, i sommergibili Antonio Bajamonti, Ambra, Sirena, Sparide, Volframio e Murena, le corvette Euterpe, Persefone e FR 51, il posamine Buccari, il trasporto munizioni Vallelunga, le cisterne militari Scrivia e Pagano, le motozattere MZ 736 e MZ 748, i rimorchiatori militari Mesco, Capri, Capodistria, Robusto e Porto Sdobba, il MAS 525, la motosilurante MS 36.
Caddero invece in mano tedesca gli incrociatori pesanti Bolzano e Gorizia, ambedue inutilizzabili per i gravi danni mai riparati (e difatti non entrarono mai in servizio per la Kriegsmarine), il posamine Crotone, il trasporto munizioni Panigaglia, la nave bersaglio San Marco, la nave idrografica Ammiraglio Magnaghi, la nave salvataggio sommergibili Anteo, la cannoniera Rimini, le cisterne militari Bormida, Dalmazia, Leno, Sprugola, Volturno, Stura e Timavo, il piccolo trasporto Monte Cengio, il dragamine RD 49, il MAS 556, le Bette N. 5 e N. 16, i rimorchiatori Atlante, Brava, Carbonara, Linaro, Santo Stefano, Senigallia, Taormina, Torre Annunziata, N 9, N 10, N 37, N 53 e N 55. Gran parte di tali unità furono sabotate dagli equipaggi; il Gorizia aveva anche iniziato ad autoaffondarsi, ma tale provvedimento era stato poi sospeso.

Le sorti dell’equipaggio della Lira si divisero: alcuni uomini furono catturati dai tedeschi e deportati in Germania come "Internati Militari Italiani" (qui morì, il 5 dicembre 1944, il marinaio elettricista Mario Defraia, cagliaritano); altri riuscirono a raggiungere l’Italia meridionale rimasta sotto il controllo italiano od Alleato, come il radiotelegrafista barlettano Ruggiero Orofino (futuro tenore), che riprese servizio nella Regia Marina in Puglia.

Il relitto della Lira venne recuperato dagli occupanti tedeschi il 15 marzo (o maggio) 1944. La nave venne formalmente incorporata nella Kriegsmarine con il nome di TA 49, ed ebbero inizio i lavori di riparazione e modifica, che prevedevano l’eliminazione di uno dei tre cannoni da 100/47 mm, la rimozione di tutto l’armamento contraereo preesistente e la sua sostituzione con uno nuovo composto da un cannone singolo Flak 28 da 40/56 mm, una mitragliera quadrinata C/38 da 20/65 mm, cinque mitragliere singole C/38 da 20/65 mm; anche i quattro tubi lanciasiluri singoli da 450 mm sarebbero stati sostituiti con uno binato da 533 mm, e la nave sarebbe stata dotata di radar (un modello FuMO 28).
Ma la TA 49 non entrò mai effettivamente in servizio sotto bandiera tedesca: il 4 novembre 1944, mentre erano ancora in corso i lavori di riparazione e modifica, l’ormai ex Lira venne affondata a La Spezia da un bombardamento aereo Alleato.
La carcassa della torpediniera venne nuovamente recuperata il 17 dicembre 1948 (per altra fonte, nel 1947), soltanto per essere demolita.


Caduti in guerra tra l’equipaggio della Lira:

Alagna Antonio, da Trapani, 21 anni, operaio militarizzato, morto nel Mediterraneo Centrale il 13/7/1943
Antonio Carinola, da Brindisi, 23 anni, sottocapo cannoniere, morto nel Mediterraneo Centrale il 7/2/1943
Coloni Giuseppe, da Trieste, 20 anni, marinaio fuochista, morto in Jugoslavia il 25/3/1944
D’Isernia Gennaro, da Napoli, 31 anni, capo meccanico di terza classe, morto nel Mediterraneo Centrale il 23/2/1943
Defraia Mario, da Cagliari, 21 anni, marinaio elettricista, morto in prigionia in Germania il 5/12/1944
Fagnani Ercole, da Gessate, 23 anni, sottocapo cannoniere, morto in territorio metropolitano il 12/11/1942
Iurlano Vincenzo, da Massacra, 26 anni, secondo capo cannoniere, morto in territorio metropolitano il 27/7/1942
Mazza Arturo, da S. Maria Rezzonico, 21 anni, marinaio fuochista, morto nel Mediterraneo Centrale il 7/2/1943
Minetti Giuseppe, da Mallare, 19 anni, marinaio fuochista, morto nel Mediterraneo Centrale il 7/2/1943
Nicola Moschitta, da Spadafora, 21 anni, marinaio cannoniere, morto nel Mediterraneo Centrale il 7/2/1943
Pastore Cesare, da Squinzano, 21 anni, morto in territorio metropolitano il 23/5/1941
Rota Luigi, da Ornago, 20 anni, marinaio cannoniere, morto nel Mediterraneo Centrale il 12/7/1943
Valenta Mario, da Buie d’Istria, 22 anni, marinaio fuochista, morto nel Mediterraneo Centrale il 7/2/1943
Venturelli Dario, da Pavullo nel Frignano, 19 anni, marinaio elettricista, morto nel Mediterraneo Centrale il 7/2/1943


Un’altra foto della Lira (da “Le torpediniere italiane 1881-1964” di Paolo M. Pollina, USMM, 1974, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net)