Il Montello in navigazione (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
Piroscafo da carico
da 6117 tsl e 3616 tsn, lungo 123 metri e largo 16,6, pescaggio 10,2 metri,
velocità 11 nodi. Appartenente alla Navigazione Alta Italia, iscritto con
matricola 1439 al Compartimento Marittimo di Genova.
Breve e parziale cronologia.
17 dicembre 1926
Varato nei Cantieri
del Tirreno di Riva Trigoso (numero di costruzione 95).
Gennaio 1927
Completato per la
Società Anonima di Navigazione Alta Italia, con sede a Genova (o Torino).
8 ottobre 1933
Nella notte il Montello, in navigazione in Atlantico,
trova una scialuppa 110 miglia a nordovest di Bermuda e soccorre i cinque
superstiti (il comandante, capitano George Couvielos, il nostromo Vassilis
Paddas, il cuoco Panaglo Diacatos ed i marinai Isadore Cheras e Johannus
Mathlsen) dei 26 uomini dell’equipaggio del piroscafo greco Annoula, naufragato in un uragano al
largo della costa del North Carolina (nel punto 34°30’ N e 64°40’ O, a 600
miglia da Capo Lookout in North Carolina ed a 60 dal punto dove è stata trovata
la scialuppa) all’1.30 del 7 ottobre. I sopravvissuti ricevono a bordo del Montello le prime cure: quattro, non
avendo riportato ferite ma avendo solo subito gli effetti di 36 ore trascorse
senza cibo in una scialuppa scoperta nel mare in tempesta, si riprendono in
breve tempo, mentre il capitano Couvielos dev’essere ‘ricoverato’ in una cabina
e successivamente, dopo l’arrivo in porto, trasferito in ospedale, pur non
avendo riportato ferite gravi. Il Montello
comunica l’accaduto via radio (il 10 ottobre), invitando qualsiasi altra nave
in zona a cercare i 21 dispersi (ma invano) e porta poi i naufraghi a
Philadelphia, dove giunge il 12 ottobre.
23 ottobre 1939
Alle 16 il Montello ed il transatlantico Rex passano a poca distanza dal
sommergibile tedesco U 37 in agguato
nello stretto di Gibilterra (la seconda guerra mondiale è iniziata da sette
settimane, l’Italia è ancora neutrale). L’U
37, avendo inizialmente scambiato i due mercantili italiani per navi da
guerra, si prepara ad attaccarli, ma poi li identifica correttamente.
31 maggio 1940
Requisito dalla Regia
Marina.
3 agosto 1940
Derequisito dalla
Regia Marina.
29 ottobre 1940
Nuovamente requisito
dalla Regia Marina (mai iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello
Stato).
6 gennaio 1941
Il Montello salpa da Napoli alle 14 insieme
alla motonave Giulia (per altra
fonte, Andrea Gritti) ed al piroscafo
Maddalena Odero, con la scorta
dell’incrociatore ausiliario Caralis.
9 gennaio 1941
Il convoglio giunge a
Tripoli alle 9.30 (o 10).
5 febbraio 1941
Il Montello, il piroscafo Capo Orso e la motonave Riv lasciano Tripoli alle 5.30 per
rientrare a Napoli, scortati dall’incrociatore ausiliario Francesco Morosini.
8 febbraio 1941
Il convoglio arriva a
Napoli alle 8.
(Sempre il volume
U.S.M.M. "La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dal 10 giugno
1940 al 30 settembre 1941" fornisce la notizia, contrastante con quanto
riportato dallo stesso libro nella cronologia, che il Montello avrebbe lasciato Tripoli già il 12 gennaio insieme a Gritti, Maddalena Odero e Caralis
il 12 gennaio, arrivando a Palermo alle 8.30. Sembra tuttavia probabile un
errore).
Il Montello in porto (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
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L'affondamento
Alle 19.30 del 1°
giugno 1941 il Montello lasciò Napoli
alla volta di Tripoli, facendo parte del convoglio «Aquitania»: componevano
tale convoglio, oltre al Montello, i
piroscafi Aquitania, Caffaro, Nirvo e Beatrice C. e la
moderna motonave cisterna Pozarica. Parte
del carico del convoglio era destinato alla 5a Squadra
dell’Aeronautica della Libia; il Montello
trasportava benzina in fusti e munizioni, in tutto 4500 tonnellate di carico,
rifornimenti di grande importanza ma anche pericolosissimi in caso di attacco. A bordo del piroscafo vi erano 30 membri dell'equipaggio
civile, 11 dell'equipaggio militare e due operai diretti in Libia, per un
totale di 43 uomini al comando del capitano di lungo corso Lazzaro Bertolotto,
camogliese.
La scorta diretta era
costituita dai cacciatorpediniere Aviere (capitano
di vascello Luciano Bigi, caposcorta), Dardo,
Geniere e Camicia Nera e dalla vecchia torpediniera Giuseppe Missori. Per
l’occasione – l’«Aquitania» era uno dei più grandi convogli sino ad allora
inviati in Libia, ed in assoluto uno dei più grandi dell’intera battaglia dei
convogli nordafricani – era stata assegnata anche una consistente forza di
copertura a distanza, costituita dagli incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi e dai moderni
cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere, Fuciliere ed Alpino (la
VIII Divisione Navale, al comando dell’ammiraglio di divisione Antonio Legnani),
che partirono da Palermo. Infine, due caccia FIAT CR. 42 volavano sul cielo del
convoglio, costituendone la scorta aerea.
Il convoglio, che
procedeva sulla rotta del Canale di Sicilia ad una velocità non superiore agli
otto nodi (ben pochi: uno dei più lenti convogli del periodo), fu però
avvistato già il 2 giugno sia da un sommergibile britannico (la cui presenza fu
segnalata al convoglio, che eseguì una diversione dalla rotta proprio il 2
mattina, per evitarlo) che da un idroricognitore Short Sunderland (che lo trovò
il mattino del 2, a sud di Pantelleria), i quali comunicarono quanto visto: poco
dopo mezzogiorno decollarono da Malta, per attaccare le navi italiane, cinque
bombardieri Bristol Blenheim (per altra fonte, erronea, dei Martin Maryland)
del 139th Squadron della Royal Air Force.
Intorno alle 14 il
convoglio venne avvistato dagli aerei britannici, che però, avendo notato i due
CR. 42 della scorta aerea, si astennero dall’attaccare e si tennero invece a
distanza, volando bassi sul mare, pedinando il convoglio ed aspettando che si
presentassero condizioni favorevoli per l’attacco. Alle 14.15 anche alcune
delle navi italiane avvistarono i Blenheim, molto lontani sulla dritta e bassi
sul mare, con rotta quasi parallela a quella del convoglio e direzione verso la
Tripolitania; ma, dato che all’epoca gli attacchi aerei diurni non erano ancora
divenuti molto frequenti, ritennero che si trattasse di bombardieri tedeschi
Junkers Ju 88 (o aerei da trasporto, sempre Junkers). Subito dopo, comunque,
gli aerei vennero nuovamente persi di vista.
Alle 14.30 (16.30 per
altra fonte) si concretizzò l’evento che i Blenheim auspicavano: i due CR. 42,
dovendo tornare alla base, lasciarono il convoglio e vennero rilevati da un
idrovolante antisommergibile CANT Z. 501, un velivolo lento, superato, poco
armato: inadatto a contrastare un attacco aereo (e difatti era impiegato nella
scorta antisommergibile).
Il convoglio si
trovava in quel momento in posizione 35°25’30” N e 11°57’30’ E (tra le isole Pelagie
e la costa tunisina), circa venti miglia a nordest delle Isole Kerkennah e
dodici miglia a nordest della boa numero 1 delle secche di Kerkennah, al largo
della Tunisia.
Il CANT Z. 501 si
pose a proravia del convoglio in funzione di ricognizione antisommergibile, ed
alle 14.45 i Blenheim passarono all’attacco: volando a 500 metri di quota,
raggiunsero il convoglio provenendo da poppavia e lo risalirono dalla coda alla
testa sganciando le loro bombe.
Le navi della scorta
stavano navigando sui lati del convoglio a difesa dei mercantili, il sole era
quasi sceso sull’orizzonte, quando il rombo di motori preannunciò l’arrivo
degli aerei nemici, che si avvicinarono bassi sul mare (ad appena 50 metri di
quota), provenendo quasi esattamente dalla direzione del sole; l’attacco fu
fulmineo, a sorpresa. I Blenheim vennero avvistati a circa quattro chilometri
di distanza, verso dritta; si avvicinarono al convoglio volando in formazione a
triangolo. Prima ancora che fosse possibile riconoscerne la nazionalità, divenne
evidente avevano intenzione di attaccare. Il caposcorta diede subito
l’avvistamento e richiese l’invio di aerei da caccia, dopo di che tutte le
navi, mercantili ed unità di scorta, aprirono il fuoco con le mitragliere. Le
navi scorta sul lato sinistro, tuttavia, avevano il campo di tiro ostruito proprio
dai bastimenti mercantili: dato che gli aerei volavano molto bassi, erano quasi
coperti dai piroscafi. Una volta arrivati in prossimità del convoglio, gli
aerei accostarono leggermente alla loro sinistra, come per evitare le unità di
scorta; arrivarono sopra i piroscafi di coda, risalirono la formazione e
sganciarono le bombe sul convoglio, senza neanche tentare una minima cabrata.
Secondo una versione,
uno dei Blenheim venne abbattuto durante l’avvicinamento (a seconda delle
fonti, dal tiro contraereo delle navi del convoglio, o dai CR. 42 dei tenenti
Marco Marinone ed Antonio Bizio, ambedue appartenenti alla 70a
Squadriglia del 23° Gruppo Caccia Terrestre) e precipitò in mare in fiamme, ma
gli altri sganciarono con precisione le loro bombe, che andarono a segno. Dopo
aver sganciato, si allontanarono verso est, sempre volando bassi, vanamente
inseguiti dal tiro contraereo delle navi.
Il
Beatrice C. fu incendiato e dovette
essere abbandonato dall’equipaggio (fu più tardi affondato dal Camicia Nera), ma molto peggio andò al Montello, il quale, dopo essere stato
colpito da almeno una bomba, e probabilmente di più (a sganciarle fu il
Blenheim pilotato dal capitano Sydney Bill Smith, con osservatore il sergente Norman
Henry Shepherd, poi decorati rispettivamente con la Distinguished Flying Cross
e la Distinguished Flying Medal), eruppe in una colossale esplosione: un’immane
palla di fuoco avvolse la nave e si levò dal mare in una fiammata, mentre
un’imponente colonna di fumo si levava nel cielo. Una pioggia di schegge di
tutte le forme e dimensioni fu proiettata in tutte le direzioni, irraggiando
tutte le altre navi del convoglio; l’esplosione fu tanto tremenda da lanciare
rottami fino a trecento metri di altezza e travolgere anche uno dei bombardieri
attaccanti, che fu investito dal vortice e cadde in mare (secondo fonti
britanniche questo, contrassegnato V5860, fu l’unico aereo perduto nell’attacco: morì sul colpo il
pilota, colonnello Neville Ester Wetherell Pepper, che aveva guidato la seconda sezione all'attacco, mentre vennero recuperati dalle navi italiane i
sergenti Thomas Eric Hyde e L. Pickford, il primo dei quali morì per le ferite nell’ospedale
di Tripoli. Un altro aereo, il V5460 pilotato dal maggiore J. Thompson, venne invece gravemente danneggiato, ma riuscì a rientrare a Malta). Trascorsa meno di una decina di secondi, era tutto finito. Sul
mare, là dove pochi istanti prima era stato un piroscafo di seimila tonnellate,
galleggiavano solo una chiazza oleosa e qualche piccolissimo rottame.
Così
sintetizzò la fine del Montello, nel
suo rapporto, il caposcorta Luciano Bigi: «Un’enorme fiammata, un’altissima
colonna di fumo e dopo pochissimi secondi non rimaneva sul mare che una macchia
oleosa e qualche minutissimo rottame». Un guardiamarina imbarcato sulla Missori ne diede questa descrizione, più
dettagliata ma non diversa nella sostanza: «... si navigava ai due lati del
convoglio per dare protezione; il sole era prossimo all'orizzonte, quando
all'improvviso un rombo di motori ci segnalò l'arrivo di aerei bassi sul mare e
controsole: pochi istanti e poi uno scoppio terribile; il Montello era scomparso in un
pallone di fuoco; l'esplosione improvvisa delle munizioni di cui era carica
la nave fu così violenta che provocò la caduta di uno degli aerei
assalitori rimasto prigioniero del vortice e la caduta di una miriade di
schegge di ogni forma e dimensione che seppellirono colpendo tutte le navi del
convoglio sparse in tutto l'orizzonte. Tutti rimanemmo attoniti e sconvolti
dall'incredibile avvenimento: in meno di dieci secondi la nave era sparita,
letteralmente dissolta in aria e con la nave tutto il povero equipaggio».
La
Missori, dopo che il suo equipaggio
si ebbe riavuto, poté soltanto salvare i due avieri britannici dell’aereo
precipitato. Nessuno del Montello si
era salvato.
L’equipaggio civile del Montello, perito al completo:
Maurizio Aicardi, secondo ufficiale, 46 anni,
da Imperia
Antonio Alfonso, allievo ufficiale, 20 anni,
da Alghero
Lazzaro Bertolotto, comandante, 48 anni, da
Camogli
Luciano Bertolucci, primo ufficiale, 26 anni,
da Viareggio
Francesco Bracco, carpentiere, 56 anni, da
Lerici
Italo Cadeddu, allievo macchinista, 18 anni,
da Cagliari
Lorenzo Carniglia, marinaio, 33 anni, da Riva
Trigoso
Guido Casabruna, fuochista, 37 anni, da
Marciana Marina
Ernesto Cavalli, fuochista, 34 anni, da
Monterosso
Edoardo Conti, cameriere, 38 anni, da La
Maddalena
Salvatore Coscia, marinaio, 40 anni, da Torre
del Greco
Luigi Costa, marinaio, 28 anni, da Camogli
Giovanni Fabrizio, marinaio, 28 anni, da
Termoli
Giacomo Ferrari, fuochista, 40 anni, da Genova
Nervi
Ferdinando Ferraro, nostromo, 46 anni, da
Giglio
Andrea Incandela, capo fuochista, 43 anni, da
Trapani
Michelangelo Laudani, direttore di macchina, 50
anni, da Catania
Costantino Lelli, fuochista, 45 anni, da
Civitavecchia
Guglielmo Lorenzini, operaio fuochista, 47
anni, da Riomaggiore
Aniello Marasco, marinaio, 26 anni, da Torre
del Greco
Vincenzo Motta, secondo macchinista, 39 anni,
da Gavi
Francesco Onorato, carbonaio, 50 anni, da
Torre del Greco
Francesco Pino, cambusiere, 52 anni, da
Imperia
Vincenzo Pulitano, mozzo, 17 anni, da Bianco
Nuovo
Nunzio Scaduto, primo macchinista, 39 anni, da
Palermo
Nando Sommovigo, cuoco, 29 anni, da La Spezia
Rinaldo Tonelli, mozzo, 18 anni, da Genova
Giuseppe Zichicchi, marconista, 30 anni, da
Trapani
Giovanni Zolezzi, fuochista, 35 anni, da
Zoagli
Gino Zolla, giovanotto, 19 anni, da Ameglia
L'equipaggio militare ed i due operai diretti in Libia:
Cartago Bertuccelli, marinaio cannoniere puntatore mitragliere, da Viareggio
Ernesto Bianco, sottocapo segnalatore, da Milano
Vincenzo Caccamo, sergente cannoniere, da Palermo
Edoardo Calari, secondo capo meccanico, da Monzano
Giovanni Finocchiaro, tenente del Genio Navale, da Giarre
Federico Morvillo, operaio militarizzato, da Castellammare di Stabia
Beniamino Pes, marinaio segnalatore, da Sassari
Umberto Rolla, marinaio servizi vari, da Livorno
Enrico Savi, marinaio cannoniere armaiolo, da Napoli
Vincenzo Spagnuolo, operaio militarizzato, da Castellammare di Stabia
Filippo Ventimiglia, marinaio cannoniere puntatore mitragliere, da Terrasina
Vincenzo Verardi, marinaio servizi vari, da Napoli
Si ringrazia Stefano Lorenzini, nipote del
fuochista Guglielmo Lorenzini.
Il vostro ricordo è sempre nei nostri cuori
RispondiEliminaCiao nonno Guido, ti vogliamo bene
Ciao anche mio nonno era imbarcato sul Montello.
EliminaSono Fausto il figlio del fuochista FERRARI GIACOMO di Genova Nervi perito sul Montello, non ho mai conosciuto mio padre avevo 9 mesi quando è morto, nonostante ciò lo tengo sempre nel cuore. Ringrazio per le preziose notizie trovate sul sito.
RispondiEliminagrazie mille delle notizie
RispondiEliminasono il nipote di Francesco Bracco di Lerici fratello di mio nonno
ho sempre sentito parlare in casa di questa tragedia grazie per avere dato tante notizie