domenica 7 novembre 2021

Città di Napoli

La Città di Napoli negli anni Trenta (da www.naviearmatori.net – HORO2006)

Incrociatore ausiliario di 5800 tonnellate di dislocamento, già motonave passeggeri di 5418,12 tsl e 2922,25 tsn. Di proprietà della Società Anonima di Navigazione Tirrenia, con sede a Napoli, ed iscritto con matricola 151 al Compartimento Marittimo di Napoli; nominativo di chiamata IBWG.
Faceva parte di una serie di quattro motonavi passeggeri (ma in grado di trasportare anche merci), detta proprio “classe Città di Napoli”, sovvenzionate dal governo italiano e progettate per il servizio espresso Napoli-Palermo con scalo settimanale a Tripoli e Tunisi (per altra fonte, il prolungamento verso Tunisi aveva cadenza settimanale, quello verso Tripoli bisettimanale). La “classe”, progettata dall’ingegner Giuseppe Loiacono e costruita per la Florio Società Italiana di Navigazione, si componeva in realtà di due coppie di navi gemelle, contraddistinte da alcune differenze in quanto realizzate da due cantieri diversi: Città di Napoli e Città di Tunisi, costruite dai Cantieri del Tirreno di Riva Trigoso (completate rispettivamente nel gennaio e nel maggio 1930), e Città di Palermo e Città di Genova, costruite dai Cantieri Navali Riuniti di Palermo (completate rispettivamente nell’agosto e nel dicembre 1930).
Lunghe 125,16 metri (lunghezza massima; quella tra le perpendicolari era di 119,2 metri) e larghe 15,53, con un pescaggio di 5,8-6,67 metri, le motonavi della classe erano propulse da due motori diesel a due tempi Franco Tosi a 6 cilindri da 8500 CV (altra fonte parla di 1820 HP a motore), su due eliche quadripala a passo fisso, che garantivano 115 giri al minuto ed una velocità di crociera di 17 nodi ed una massima di 18,6 (dati relativi alla Città di Napoli; secondo una fonte, Città di Napoli e Città di Tunisi potevano raggiungere i 17 nodi, Città di Palermo e Città di Genova i 19). L’equipaggio era composto da 79 uomini e potevano trasportare 565 passeggeri, di cui 147 in 84 cabine di prima classe (compresi quattro appartamenti di lusso con servizi privati), 136 in 40 cabine di seconda classe, 32 in sei cabine di "terza classe distinta" e 234 in quattro dormitori di "terza classe comune" (uno dei quali per sole donne, con 34 letti). Nota curiosa, era presente anche una cella per eventuali detenuti, con una capienza di ben quattordici letti, e con relativa cabina per due carabinieri di scorta.
Gli spazi passeggeri erano distribuiti su quattro ponti; parte delle cabine di prima classe erano ubicate sul ponte B (Passeggiata), insieme a due vestiboli ed alla sala musica (riservata ai passeggeri di prima classe), un’altra parte era situata sul ponte C (Coperta) insieme alla sala da pranzo di prima classe (da 84 posti), a parte delle cabine di seconda classe ed alla sala soggiorno di seconda classe (da 29 posti). Sul ponte D (Principale) si trovavano la sala da pranzo di seconda classe (da 62 posti) e cabine di tutte e tre le classi, mentre sul ponte E erano situate le restanti cabine di seconda e terza classe e la mensa per la terza classe, da 88 posti. Gli arredi, in stile fine XVIII secolo, erano stati realizzati dalla rinomata casa Ducrot di Palermo.
Le stive, quattro (parte a prua e parte a poppa), avevano una capienza complessiva di 1816 metri cubi, ed ognuna di esse disponeva di due bighi per le operazioni di carico e scarico.
Lo scafo, in acciaio chiodato, era diviso da undici paratie stagne trasversali e da sei ponti, di cui tre continui, con tre ordini di bagli.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale le quattro motonavi vennero tutte requisite e trasformate in incrociatori ausiliari, impiegati sia in missioni di scorta convogli che di trasporto veloce di truppe e rifornimenti. Furono i più grandi incrociatori ausiliari posti in servizio dalla Regia Marina; solo uno dei quattro, il Città di Tunisi, sopravvisse al conflitto.
 
Breve e parziale cronologia.
 
8 o 12 giugno 1929
Varata presso i Cantieri Navali del Tirreno di Riva Trigoso (numero di cantiere 96).


Due immagini del varo (g.c. Nedo B. Gonzales, via www.naviearmatori.net)


21 gennaio 1930
Compie le prove in mare nel Golfo di Genova, durante le quali viene raggiunta una velocità massima di 18,925 nodi.
Gennaio 1930
Completata per la Florio Società Italiana di Navigazione, con sede a Palermo (o Roma). Suo primo comandante è il capitano Rallo.


La Città di Napoli durante le prove in mare nel Golfo di Genova nel 1930 (g.c. Mario Sannini, via www.naviearmatori.net) e, sotto, la stessa immagine riprodotta in un volantino della società Florio (da www.timetableimages.com)

16 febbraio 1930
Parte per il viaggio inaugurale; tra i passeggeri è anche il presidente dell’Istituto Luce, Alessandro Sardi.
Immessa sulla nuova linea celere Napoli-Palermo-Tunisi-Tripoli, sulla quale effettua anche servizio postale alternandosi con le tre gemelle, con cui forma un nucleo di motonavi moderne, veloci e confortevoli.

Alessandro Sardi ed il comandante della Città di Napoli durante il viaggio inaugurale (Archivio Istituto Luce)

22 marzo 1930
La Città di Napoli, ormeggiata al Molo Pisacane di Napoli, viene visitata dal gerarca fascista Costanzo Ciano, ministro delle Comunicazioni (nella cui giurisdizione rientra anche la Marina Mercantile, che non dispone ancora di un proprio specifico dicastero).
Al suo arrivo Ciano, che è accompagnato dal capo di gabinetto Marcello Minale e dall’amministratore delegato della Florio, commendator Carlo Linch, viene accolto sul barcarizzo della Città di Napoli dal presidente della Florio, ammiraglio Luigi Cito Filomarino, dal direttore generale della compagnia ingegner Giuseppe Loiacono, dal direttore della sede locale, cavalier Grita, e dal comandante Rallo. Salito a bordo il gruppo, la nave parte per una breve crociera nel Golfo di Napoli, costeggiando Castellammare di Stabia, Sorrento e Capri prima di rientrare a Napoli alle 14.30; durante il viaggio il ministro Ciano visita tutti gli ambienti della nave, soffermandosi a lungo in sala macchine, e si complimenta per le buone qualità nautiche e stabilità e per l’assenza di vibrazioni anche con i motori alla massima forza. Nel salone da pranzo viene poi organizzata una colazione in onore di Ciano.

Articolo della rivista “L’Italia marinara” sulla visita di Ciano (g.c. Pietro Berti, via www.naviearmatori.net)

5 maggio 1930
Il Città di Napoli, accompagnato dal Città di Tunisi, parte da Napoli per Tunisi trasportando il cardinale Alexis-Henri-Marie Lépicier, legato pontificio, diretto in Tunisia per partecipare al Congresso Eucaristico di Cartagine.
Marzo 1932
In seguito alla fusione della società Florio con la Compagnia Italiana Transatlantica (CITRA), la Città di Napoli e le gemelle passano nella flotta della nuova compagnia, battezzata Tirrenia Flotte Riunite Florio-Citra, con sede a Napoli.


La Città di Napoli ormeggiata nel porto omonimo in attesa di imbarcare il cardinale Lépicier  (g.c. Pietro Berti, via www.naviearmatori.net)


1933
Assume il comando della Città di Napoli il capitano G. Di Janni.
4 giugno 1933
Sbarca a Palermo dalla Città di Napoli lo scrittore surrealista francese Raymond Roussel, proveniente da Napoli: durante il suo soggiorno nel capoluogo siciliano, il successivo 14 luglio, lo scrittore si toglierà la vita.
1935
La Città di Napoli trasporta da Tunisi a Napoli trecento volontari italo-tunisini, recatisi in Italia per arruolarsi tra le truppe in partenza per l’Etiopia, in risposta ad un appello lanciato da Mussolini. All’arrivo a Napoli i volontari vengono accolti dalle autorità militari locali e da funzionari del Partito Nazionale Fascista, che consegnano loro le bandiere di combattimento dei loro reparti (formeranno le compagnie "Numidia" e "Zama", inquadrate nella 5ª Divisione Camicie Nere "1 febbraio").

La nave a Palermo negli anni Trenta (Edizioni G. Bucaro, via www.naviearmatori.net – utente Tetide)

Novembre 1936
Il Città di Napoli trasporta a Tripoli i partecipanti alla venticinquesima riunione dell’Associazione Italiana per il Progresso delle Scienze.

Un’altra immagine della Città di Napoli a Palermo (g.c. Dante Flore, via www.naviearmatori.net)

21 dicembre 1936
La Tirrenia Flotte Riunite Florio-Citra assume la nuova ragione sociale di Società Anonima di Navigazione Tirrenia, sempre con sede a Napoli.
27 maggio 1938
S’imbarca a Tunisi sulla Città di Napoli, per fare ritorno in Italia, il vecchio anarchico Sabatino Gambetti, già combattente nella guerra civile spagnola, minacciato di espulsione dalla Francia e stanco del lungo esilio e della persecuzione da parte delle stesse autorità francesi, che al rientro dalla Spagna l’hanno condannato ad un anno di carcere ed adesso l’hanno invitato a lasciare la Tunisia. Altri militanti anarchici, Giovanni Antonio Puggioni, Guglielmo Cantucci, Vincenzo Mazzone e Luigi Damiani, noleggiano una barca per raggiungere la nave in partenza, portandovisi sottobordo e tentando di convincere Gambetti a non partire, esortandolo a saltare in mare per tornare indietro con loro; questi, però, respinge l’offerta. Giunto a Palermo, sarà condannato a cinque anni di confino a Ventotene.

(g.c. Giuseppe Pastore, via www.naviearmatori.net)

30 ottobre 1938
La Città di Napoli parte da Napoli carica di coloni ("rurali") italiani diretti in Libia, insieme alle motonavi Olbia, Città di Savona e Città di Bastia ed al piroscafo Calabria; in tutto le navi hanno a bordo seimila coloni. Una volta al largo, le navi si uniscono ad un altro gruppo di bastimenti (piroscafi TembienSemienSannioLiguriaPiemonte e Sardegna, motonave Vulcania) provenienti da Genova con la scorta di due cacciatorpediniere (per altra fonte avrebbero atteso a Napoli l’arrivo del gruppo provenienti da Genova, per poi partire tutte insieme), e fanno rotta verso sud. Al largo di Siracusa, il giorno seguente, si unisce al convoglio anche il quindicesimo ed ultimo piroscafo, l’Umbria, con 129 famiglie di coloni dalla Sicilia.
I quindici mercantili trasportano in tutto 20.000 coloni italiani (1290 famiglie contadine del Nord Italia e 520 del Sud) inviati a colonizzare la Libia: questa “trasmigrazione” è stata organizzata dal governatore della Libia, Italo Balbo (che presenzia all’imbarco a Genova dei coloni); i coloni, costituiti da famiglie numerose di agricoltori, dovranno coltivare le regioni meno aride della Tripolitania settentrionale e del Gebel cirenaico, dove sono stati appositamente fondati 27 nuovi villaggi agricoli (12 in Cirenaica e 15 in Tripolitania, con rispettivamente 2035 e 1664 poderi).
I “Ventimila” dovrebbero essere i primi dei 100.000 coloni italiani che, secondo i piani di Balbo, dovrebbero trasferirsi dall’Italia in Libia nell’arco di cinque anni; Balbo intende portare la popolazione italiana della Libia a 500.000 unità (“colonizzazione demografica”) e raggiungere entro il 1950 l’autosufficienza alimentare, mediante la pratica dell’agricoltura intensiva. Lo scoppio della seconda guerra mondiale manderà in fumo questi piani (oltre ai 20.000 del 1938, soltanto altri 11.000 coloni giungeranno in Libia nel 1939, prima che la guerra fermi tutto).

(g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net)

31 ottobre 1938
Le navi procedono in linea di fila, con intervalli di mille metri tra l’una e l’altra; in mattinata, al largo di Ponza e Ventotene, il convoglio viene passato in rassegna da Benito Mussolini, imbarcato sull’incrociatore pesante Trieste, proveniente da Gaeta e scortato da quattro cacciatorpediniere; i cannoni delle navi da guerra sparano a salve per celebrare l’evento. I bastimenti con i coloni proseguono poi per Tripoli con la scorta di otto cacciatorpediniere.
Durante la traversata si verificano, a bordo delle navi del convoglio, diverse nascite.

(g.c. Rosario Sessa, via www.naviearmatori.net)

2 o 4 novembre 1938
All’alba le navi del convoglio giungono a Tripoli, dove sbarcano 12.000 coloni; alcune proseguiranno poi per Bengasi, dove sbarcheranno i restanti 8000. A Tripoli i coloni, dopo una solenne messa ed cerimonia alla presenza di Balbo e di altri gerarchi e del vescovo di Tripoli, che impartisce loro la benedizione, vengono caricati sugli autocarri che li portano ai villaggi loro assegnati.

La nave in un’immagine del 1939 (da www.naviearmatori.net, Coll. Giuseppe Basile)

8-9 giugno 1940
Subito prima dell’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale, la Città di Napoli trasporta da Brindisi a Bengasi, dove giunge il mattino del 9 giugno, il personale (specialisti e piloti non incaricati del trasferimento in volo dei velivoli) ed il materiale del X Gruppo da Caccia della Regia Aeronautica, in corso di trasferimento dal Friuli alla Cirenaica.
10 luglio 1940
Requisita a Napoli dalla Regia Marina ed iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato come incrociatore ausiliario (ufficialmente "nave scorta", con sigla D 1 dal 29 dicembre 1941); armato con quattro cannoni da 120/45 mm, due mitragliere da 20/65 mm ed altrettante da 13,2 mm, viene adibito al servizio di scorta ai convogli.
29 luglio 1940
Città di Napoli, Città di Palermo ed il trasporto truppe Marco Polo salpano da Napoli alle 00.30 diretti a Tripoli, nell’ambito dell’operazione di rifornimento «Trasporto Veloce Lento» (T.V.L.). Si tratta della prima grande operazione di traffico per il trasporto in Libia di truppe e materiali del Regio Esercito e della Regia Aeronautica; sono previsti tre convogli, due da Napoli a Tripoli (n. 1, lento, e n. 2, veloce) ed uno da Trapani a Tripoli (n. 3, piroscafi Caffaro e Bosoforo, scortati dalle torpediniere Vega, Perseo, Generale Antonino Cascino e Generale Achille Papa).
Città di NapoliCittà di Palermo e Marco Polo, scortate inizialmente dalla XIII Squadriglia Torpediniere (CirceClioClimene e Centauro), formano il convoglio veloce, avente velocità di 16 nodi. Nel caso di inconvenienti, è prevista la possibilità di dirottamento su Bengasi.
A protezione di questo e di un secondo convoglio diretto a Tripoli (quello lento, che procede a 7,5 nodi: piroscafi Maria EugeniaGloria Stella e Caffaro, motonavi MaulyCol di Lana e Città di Bari, torpediniere ProcioneOrsaOrione e Pegaso) saranno in mare, dal 30 luglio al 1° agosto, gli incrociatori pesanti Pola (comandante superiore in mare, ammiraglio di squadra Riccardo Paladini), TrentoZaraFiume e Gorizia (questi ultimi tre formano la I Divisione), gli incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano ed Alberto Di Giussano della IV Divisione e Luigi di Savoia Duca degli AbruzziEugenio di SavoiaRaimondo Montecuccoli e Muzio Attendolo della VII Divisione, e le Squadriglie Cacciatorpediniere IX (AlfieriOrianiGiobertiCarducci), XII (LanciereCorazziereCarabiniereAlpino), XIII (GranatiereBersagliereFuciliereAscari) e XV (PigafettaMalocelloZeno).
Vengono inoltre inviati in agguato 23 sommergibili, tra Mediterraneo Orientale e Mediterraneo Occidentale, e sono disposte frequenti e specifiche ricognizioni con velivoli della ricognizione marittima e dell’Armata Aerea.
Poche ore dopo, a seguito dell’avvistamento di notevoli forze navali britanniche uscite in mare sia da Alessandria (il grosso della Mediterranean Fleet) che da Gibilterra (l’incrociatore da battaglia Hood, le corazzate Valiant e Resolution e le portaerei Argus ed Ark Royal), i due convogli dell’operazione T.V.L. ricevono ordine da Supermarina di rifugiarsi immediatamente nei porti della Sicilia.
Il convoglio veloce giunge a Messina alle 13.30, e vi sosta per due giorni.
31 luglio 1940
Passata la minaccia, il convoglio riparte in mattinata da Messina, ma alle 2.30 riceve ordine di dirigere a Bengasi, anziché a Tripoli. La scorta è ora costituita dalla I Squadriglia Torpediniere (AlcioneAironeAretusa ed Ariel), che ha sostituito la XIII. Nel primo tratto di navigazione tra la Sicilia e la Libia la scorta viene rinforzata con la XII Squadriglia Cacciatorpediniere, che poi torna a far parte della forza di scorta indiretta; la porzione di scorta indiretta assegnata alla difesa del convoglio veloce (PolaTrento, I e VII Divisione), portatasi in posizione tale da proteggerlo da navi nemiche provenienti da est, invertirà la rotta in serata per tornare alle basi, essendo ormai cessato ogni rischio.
Il convoglio giunge indenne a Bengasi alle 24.

Il Città di Napoli dopo la conversione in incrociatore ausiliario (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net)

2 agosto 1940
Città di NapoliCittà di Palermo, scortati della XII Squadriglia Torpediniere (Airone, caposcorta, AlcioneAltair ed Aretusa), lasciano Bengasi per Tripoli alle 20.30.
3 agosto 1940
Il convoglietto giunge a Tripoli alle 21.30.
4 agosto 1940
Città di NapoliCittà di Palermo e Marco Polo, scortate ancora da Airone (caposcorta), AlcioneAltair ed Aretusa, lasciano Tripoli alle 20 per tornare a Bengasi.
6 agosto 1940
Le navi giungono a Bengasi alle 7.
7 agosto 1940
Città di NapoliCittà di Palermo e Marco Polo, ancora con la scorta di Airone (caposcorta), AlcioneAltair ed Aretusa, ripartono da Bengasi alle otto per trasferirsi nuovamente a Tripoli.
8 agosto 1940
Le navi arrivano a Tripoli alle 7.
16 agosto 1940
Città di NapoliCittà di Palermo e Marco Polo lasciano Tripoli alle 18.30 per rientrare in Italia, scortate dalle torpediniere ProcioneOrsaOrione e Pegaso.
Nella notte si uniscono alla scorta la X Squadriglia Cacciatorpediniere (MaestraleGrecaleLibeccio e Scirocco) e la I Squadriglia Torpediniere (AlcioneAironeAriel ed Aretusa).
18 agosto 1940
Il convoglio arriva a Palermo alle tre.
19 agosto 1940
Il convoglio giunge a Napoli alle 19.
1° giugno 1941
Il Città di Napoli salpa da Gallipoli per scortare a Patrasso il piroscafo italiano Fertilia ed il tedesco Achaia, ma il Fertilia, risultando troppo lento, è costretto a separarsi dal convoglio ed entrare ad Argostoli.
13 giugno 1941
Il Città di Napoli, l’incrociatore ausiliario Zara e la torpediniera Aldebaran scortano da Patrasso a Brindisi il piroscafo Argentina e le motonavi Calitea e Viminale, con a bordo truppe e materiali.
16 giugno 1941
Il Città di Napoli e l’incrociatore ausiliario Egitto scortano da Taranto a Corinto le navi cisterna Berbera, Superga e Sanandrea, con a bordo personale militare diretto a varie destinazioni.
7 luglio 1941
Il Città di Napoli scorta da Patrasso a Crotone i piroscafi tedeschi Spezia, Savona e Livorno, con a bordo personale e materiale tedeschi.
9 luglio 1941
Durante il mattino il Città di Napoli s’incaglia presso Roccella Ionica, ma può essere disincagliato senza subire danni gravi.
14 luglio 1941
Il Città di Napoli ed il cacciasommergibili Albatros scortano da Patrasso a Taranto i piroscafi Savona, Livorno e Castellon, con a bordo personale e materiale tedeschi.
29 agosto 1941
Il Città di Napoli ed il cacciatorpediniere Augusto Riboty scortano da Brindisi a Patrasso la motonave Viminale ed i piroscafi Francesco Crispi e Galilea, con a bordo personale militare.
1° settembre 1941
Città di Napoli e Riboty scortano i piroscafi Perla e Casaregis da Patrasso a Taranto.
4 settembre 1941
Città di Napoli e Riboty scortano i piroscafi Crispi, Aventino ed Argentina, con a bordo 1720 militari rimpatrianti, da Patrasso a Brindisi.
7 settembre 1941
Il Città di Napoli scorta i piroscafi Vesta e Maddalena G., carichi di materiali vari, da Brindisi a Patrasso, da dove poi il Vesta proseguirà per Rodi.
9 settembre 1941
Il Città di Napoli scorta da Patrasso a Brindisi la cisterna militare Devoli ed il piroscafo tedesco Macedonia, con a bordo personale militare rimpatriante.
11 settembre 1941
Città di Napoli ed Egitto scortano Devoli, Macedonia e la piccola nave frigorifera Genepesca II, con a bordo truppe rimpatrianti, da Patrasso a Brindisi.
21 settembre 1941
Il Città di Napoli scorta la nave cisterna Dora C. da Brindisi a Patrasso.
25 settembre 1941
Il Città di Napoli e la torpediniera Altair scortano il piroscafo Cherso e la motonave Viminale, carichi di truppe e materiali, da Taranto a Navarino.
3 ottobre 1941
Il Città di Napoli scorta le motonavi Calino e Calitea da Patrasso a Brindisi.
Novembre 1941
Il Città di Napoli ed il Città di Genova vengono scelti, in virtù delle loro caratteristiche di velocità ed armamento, per una missione di trasporto rapido di truppe e provviste a Bengasi, nella fase più critica della battaglia dei convogli (il 9 novembre un intero convoglio di sette mercantili, noto come "Duisburg", è stato distrutto da un attacco notturno da parte delle navi della Forza K britannica, mentre altre perdite sono causate da attacchi di aerei e sommergibili). Allo scopo i loro scafi vengono carenati, così da ottenere la massima velocità possibile, gli interni vengono adattati al trasporto di truppe e l’armamento contraereo viene potenziato con l’imbarco su ciascuna unità di quattro mitragliere contraeree da 20 mm, armate da personale del Regio Esercito.
La decisione di impiegare queste navi è scaturita durante una riunione tenuta presso il Comando Supremo nel pomeriggio dell’11 novembre, cui hanno partecipato i sottocapi di Stato Maggiore di Marina (ammiraglio Luigi Sansonetti) ed Aeronautica (generale Giuseppe Santoro), il generale Giovanni Magli addetto al Comando Supremo, ed alti ufficiali di Esercito e Marina responsabili del rifornimento delle truppe in Nordafrica e della protezione dei traffici via mare. L’ammiraglio Sansonetti, dopo aver spiegato che il porto di Tripoli è sostanzialmente sottoposto dai britannici a blocco navale, mentre quello di Bengasi è ancora raggiungibile con margini di rischio accettabili, ha menzionato tra le unità da impiegare per il traffico su tale rotta “…le motonavi del tipo Città di Napoli, che sono quattro per il traffico di truppe: 700 uomini ciascuna. Sono pronte; le prime due dovevano partire domani. Ho fatto contromandare la partenza perché volevo sentire se era il caso, in quanto queste motonavi sono adatte al trasporto di truppe e non di materiale, perché hanno pochissima capienza nelle stive e i mezzi di carico e scarico sono scarsissimi; inoltre sono navi di poca stabilità. Quindi per il trasporto di 700 uomini ed i loro bagagli queste navi possono andare, per il trasporto di merci, no… E’ da tenere presente che se una di queste navi fosse colpita in porto, Bengasi resterebbe chiusa. Quindi si era stabilito che si facesse la navigazione in modo da arrivare di giorno, scaricare rapidamente le truppe e ripartire immediatamente. Bengasi ha un attacco aereo tutte le notti ed adesso anche di giorno (…) Noi potremmo anche programmare un viaggio a settimana per ogni motonave, ma per la scorta mancano i cacciatorpediniere (…) In conclusione, il viaggio di quattro motonavi (per Bengasi) la settimana sarebbe possibile dal punto di vista delle motonavi, ma non lo è dal punto di vista delle scorte. Credo però che possiamo assicurare la programmazione di due viaggi la settimana. Sarebbero quindi 8500 uomini che potremmo portare noi e 3500 l’aviazione”. Sansonetti afferma anche che il traffico diretto a Bengasi dovrebbe partire sempre da Brindisi o Taranto, appoggiandosi se del caso a Navarino, e che la rotta per Bengasi è tale che in caso di uscita delle forze di superficie britanniche, una vigilanza aerea molto attiva sarebbe in grado di avvistarle e segnalarle tempestivamente, in modo da dirottare i convogli in un porto sicuro fino a quando la minaccia non sarà passata.
Alla fine si è deciso di intensificare il traffico verso Bengasi, meno contrastato di quello verso Tripoli, impiegando per il trasporto di truppe i cacciatorpediniere e le motonavi veloci della classe “Città”, tra cui appunto la Città di Napoli.
14 novembre 1941
Alle 16.30 (18.30 per altra versione) Città di Napoli (capitano di vascello Domenico Arcidiacono) e Città di Genova (capitano di corvetta Giorgio La Scala) salpano da Taranto per Bengasi scortati dai cacciatorpediniere Antonio Pigafetta (caposcorta, capitano di vascello Enrico Mirti della Valle) e Giovanni Da Verrazzano (capitano di fregata Ugo Avelardi) nonché, nelle ore diurne, da velivoli del II Corpo Aereo Tedesco. Il Città di Napoli ha a bordo 657 militari e 130 tonnellate di provviste e materiali.
Il convoglio procede verso Bengasi a 15 nodi, senza incontrare difficoltà e senza incontrare alcun contrasto da parte nemica.
16 novembre 1941
Il convoglio giunge a Bengasi alle 16.
Più che la traversata stessa, a porre problemi sono l’ormeggio e lo sbarco di uomini e rifornimenti nel porto di Bengasi, pieno di relitti e spazzato dal mare per via degli squarci aperti nelle dighe di protezione; ma la perizia marinaresca dei comandanti – ambedue esperti capitani di lungo corso richiamati – e l’impegno degli equipaggi permettono di ormeggiare senza riportare danni e di scaricare in tempi rapidi.
17 novembre 1941
Città di Napoli e Città di Genova lasciano Bengasi alle 20 scortati dal solo Pigafetta (il Da Verrazzano è stato inviato a soccorrere il sommergibile Atropo, che è in difficoltà) e di giorno anche da aerei tedeschi.
Si verifica un unico, improvviso attacco aereo, nel quale un singolo velivolo britannico mitraglia e bombarda il Città di Genova: la nave non riporta però alcun danno, né vittime.
19 novembre 1941
Il convoglio arriva a Taranto alle 14.50.
5 dicembre 1941
Scorta la Calino, carica di materiali, da Brindisi a Patrasso.
6 dicembre 1941
Scorta la Calino da Patrasso a Rodi, con scalo intermedio al Pireo. Al contempo lo stesso Città di Napoli è carico di rifornimenti diretti nell’isola; in totale le due navi hanno a bordo 1389 militari, 144 tonnellate di materiale militare e 1600 tonnellate di viveri per la popolazione civile.
18 dicembre 1941
Scorta la Calino di ritorno da Patrasso a Bari.
20 dicembre 1941
Scorta nuovamente la Calino da Patrasso a Bari.
14 gennaio 1942
Scorta il piroscafo Città di Catania da Durazzo a Bari.
15 gennaio 1942
Il Città di Napoli e la torpediniera Aretusa scortano il Città di Catania da Bari a Durazzo, via Brindisi.
17 gennaio 1942
Il Città di Napoli scorta il Città di Catania da Durazzo a Bari.
19 gennaio 1942
Il Città di Napoli e la torpediniera Angelo Bassini scortano il Città di Catania, carico di truppe e materiali, da Bari a Durazzo.
21 gennaio 1942
Il Città di Napoli scorta il Città di Catania da Durazzo a Bari.
22 gennaio 1942
Città di Napoli e Bassini scortano il Città di Catania da Bari a Durazzo.
24 gennaio 1942
Le stesse tre navi fanno ritorno da Durazzo a Bari.

Il Città di Napoli fotografato mentre supera la nave idrografica Ammiraglio Magnaghi (da “Navi mercantili perdute” di Rolando Notarangelo e Gian Paolo Pagano, USMM, Roma 1997)

30 gennaio 1942
Il Città di Napoli e la torpediniera Francesco Stocco scortano l’Aventino ed il Città di Catania da Bari a Durazzo.
5 febbraio 1942
Città di Napoli e Stocco scortano Donizetti, Aventino e Città di Catania, carichi di truppe rimpatrianti, da Durazzo a Bari.
8 febbraio 1942
Città di NapoliEgittoStocco e le torpediniere Antares e Generale Carlo Montanari scortano da Corfù a Patrasso il piroscafo passeggeri Città di Bergamo ed i piroscafi da carico PotestasVoloddaVestaMameliHermadaRosario e Salvatore.
14 febbraio 1942
Città di Napoli e Stocco scortano la nave cisterna Balcik da Patrasso a Brindisi.
19 febbraio 1942
Il Città di Napoli e l’incrociatore ausiliario Arborea scortano i piroscafi Aventino, Italia e Città di Catania, carichi di truppe e materiali, da Bari a Durazzo.
21 febbraio 1942
Città di Napoli, Stocco ed Arborea scortano Aventino, Italia e Città di Catania, con a bordo truppe rimpatrianti, da Durazzo a Bari.
4 marzo 1942
Il Città di Napoli ed il cacciatorpediniere Sebenico scortano da Brindisi a Patrasso il piroscafo Re Alessandro e la motonave Calino.
15 marzo 1942
Città di Napoli e Bassini scortano il piroscafo Polcevera e la nave cisterna Celeno da Brindisi a Patrasso.
28 marzo 1942
Alle 13 il Città di Napoli (capitano di fregata Luigi Ciani, caposcorta), insieme alle torpediniere Castelfidardo, Angelo Bassini ed Antonio Mosto, salpa da Patrasso per scortare a Bari, via Brindisi, un convoglio formato dai trasporti truppe Piemonte (capoconvoglio), Francesco CrispiGalileaViminaleItalia ed Aventino, aventi a bordo in tutto 8300 uomini. Italia ed Aventino trasportano uomini delle guarnigioni del Dodecanso che rientrano in Italia per licenza, mentre le altre navi trasportano truppe della 3a Divisione Alpina «Julia» in trasferimento dalla Grecia all’Italia, dove entrerà a far parte del Corpo d’Armata Alpino destinato al fronte orientale.
La formazione procede in linea di fila, con il Città di Napoli in testa, seguito nell’ordine da MostoCastelfidardoViminalePiemonteAventinoGalileaCrispiItalia e per ultima la Bassini, che chiude la fila; la velocità è di dieci nodi.
Alle 14, oltrepassato Capo Papas, Mosto e Castelfidardo si portano in posizione protettiva a dritta (Mosto) e sinistra (Castelfidardo) del convoglio.
Alle 17.15 il cacciatorpediniere Sebenico, salpato da Brindisi, si aggrega alla scorta in mare aperto, dopo il traverso di San Nicolò d’Itaca (insieme ad esso giungono anche alcuni dragamine che devono accompagnare il convoglio fin oltre Capo Dukato), posizionandosi sulla sinistra del convoglio. Un ricognitore sorvola intanto la zona.
La torpediniera San Martino, dotata di ecogoniometro e proveniente da Argostoli, passa il pomeriggio effettuando perlustrazione antisommergibile da Capo Dukato per le prime 20 miglia della rotta che il convoglio dovrà percorrere, senza rilevare nulla (la ricerca ha però dovuto essere alquanto sommaria, perché la nave, fatta ripartire in tutta fretta, senza potersi rifornire, poco dopo essere giunta ad Argostoli al termine di una missione di scorta, ha i serbatoi quasi vuoti e deve centellinare il carburante rimasto); alle 19 si unisce anch’essa al convoglio, portandosi in testa e riprendendo la ricerca antisom, sempre con risultato negativo.
Nemmeno la ricognizione aerea (è prevista copertura aerea dalle 15 al tramonto, assicurata da una squadriglia di base a Prevesa) avvista sommergibili. Sempre quale misura antisom, Marimorea ha fatto salpare da Guiscardo (vicino ad Argostoli) la motovedetta Caron della Guardia di Finanza ed il motoveliero Regina Vincitrice affinché effettuino ascolto idrofonico; ma le due minuscole navi, a causa delle pessime condizioni del mare (che peraltro impediscono di usare efficacemente gli idrofoni), devono tornare in porto poco dopo la partenza, senza poter espletare il loro compito.
Per il primo tratto della navigazione il convoglio si trova in una zona di mare relativamente sicura, in quanto racchiusa dalle isole di Zacinto, Argostoli e Santa Maura (Lefkàda); dopo le 20 (per altra fonte, alle 22), doppiato Capo Ducato (all’estremità meridionale di Santa Maura), uscirà invece in mare aperto, dirigerà per il punto 39°11’ N e 20°00’ E, raggiungerà le isole di Paxo ed Antipaxo e da lì dirigerà verso l’Italia, passando per la posizione 39°58’ N e 18°47’30” E, facendo il punto dinanzi a Gagliano del Capo, doppiando Capo d’Otranto verso le otto del mattino del 29 marzo, e seguendo poi la costa fino a Bari.
Verso le 18.30 il convoglio entra nella zona di pericolo per attacchi subacquei, e le unità della scorta iniziano ad eseguire lanci di bombe di profondità a scopo intimidatorio, dato che non si ottiene alcun reale contatto.
Il tempo, già instabile per tutta la giornata (calma di mare e di vento, ma con cielo coperto, e le previsioni parlano di un peggioramento in arrivo dal secondo quadrante), va via via peggiorando durante la serata: raffiche di vento e di pioggia prendono a sferzare le navi, che procedono tra la foschia a tratti più o meno spessa.
Il convoglio esce dal passo di Capo Dukato senza che si verifichino inconvenienti; alle 19.12, lasciato Capo Dukato di poppa al traverso, si cambia formazione dalla linea di fila a quella su quattro colonne, due interne di trasporti truppe e due esterne di navi scorta. Il Città di Napoli rimane in testa alla formazione, procedendo a proravia rispetto alle due colonne centrali (a distanza più o meno uguale da entrambe), mentre la Bassini la chiude.
La colonna interna di dritta è guidata dal Galilea, seguito dal Crispi al centro e dall’Italia in coda; la colonna interna di sinistra è formata da Viminale (in testa, a circa 600-700 metri di distanza dal Galilea), Piemonte (al centro) ed Aventino (in coda); la colonna esterna di dritta è costituita da Mosto (in testa, sulla dritta del Galilea) e Sebenico (dietro alla Mosto, all’altezza del Crispi), quella di sinistra da San Martino (all’altezza della Viminale) e Castelfidardo (all’altezza del Piemonte). Viene assunta rotta 330°, mantenendo una velocità di 10 nodi. (Per altra fonte, Città di Napoli e Mosto si sarebbero invece posizionati in coda al convoglio, rispettivamente a dritta ed a sinistra, con Sebenico e Castelfidardo in testa e Bassini e San Martino sui lati, quest’ultima a dritta e l’altra a sinistra. Dopo la partenza della San Martino, la Bassini sarebbe passata in coda insieme alla Mosto, mentre il Città di Napoli si sarebbe spostato sul fianco destro del convoglio).
Le navi della scorta procedono a zig zag; sul cielo del convoglio volano aerei da caccia ed antisommergibili, che rimangono in volo fino all’imbrunire. Gli ultimi due velivoli di scorta aerea, due caccia, se ne vanno al tramonto.
Alle 21 la San Martino è costretta a rientrare ad Argostoli, perché ha quasi finito il carburante; ciò comporta alcune modifiche nella formazione del convoglio. Il Città di Napoli torna ad essere la nave di testa; mentre i trasporti non variarono le loro posizioni, la Bassini si porta sul fianco di dritta del convoglio, all’altezza dell’Italia, e la Castelfidardo indietreggia di una posizione, portandosi all’altezza dell’Aventino. Il Sebenico passa dal lato di dritta a quello di sinistra, posizionandosi all’altezza della Viminale. Solo la Mosto mantiene la sua posizione originaria sulla dritta del Galilea.
Durante la serata, Crispi e Piemonte segnalano di essere stati sfiorati da due siluri, determinando un’intensificazione nei lanci “dissuasivi” di bombe di profondità da parte della scorta; probabilmente si è trattato di un falso allarme.
Alle 21.20 il sommergibile britannico Proteus (capitano di corvetta Philip Stewart Francis) avvista numerose sagome scure in posizione 38°55’ N e 20°21’ E, a cinque miglia di distanza, su rilevamento 200°; virando per avvicinarsi e vedere di che cosa si tratta, Francis vede che le sagome appartengono alle navi di un convoglio di sette navi mercantili, scortate da due o più cacciatorpediniere. C’è troppa luce lunare per poter attaccare in superficie, così alle 22.25 il Proteus s’immerge per continuare l’avvicinamento; alle 22.32 Francis vede cinque navi attraverso il periscopio. Alle 22.42 il Proteus lancia due siluri contro un mercantile distante circa 1830 metri; un minuto dopo il sommergibile lancia altri quattro siluri contro due mercantili distanti rispettivamente 915 e 1830 metri, che appaiono “sovrapposti” nel periscopio. Subito dopo, il battello britannico scende in profondità. In quel momento il convoglio sta passando al largo delle isolette di Paxo ed Antipaxo (a sud di Corfù).
La notte è buia, piove ed il mare è agitato: le navi della scorta non avvistano le scie dei siluri né tanto meno il sommergibile. Verso le 22.45, in posizione 39°03’ N e 20°06’ E (o 39°04’ N e 20°05’ E, nove miglia a sudovest di Antipaxo), il Galilea viene colpito da un siluro a prua ed inizia a rallentare e sbandare sulla sinistra; si arresterà del tutto nel giro di una decina di minuti. Il Proteus rileva alle 22.53 le esplosioni di tre bombe di profondità, nessuna delle quali è vicina, ed i rumori di una nave in affondamento.
Dopo il siluramento, tutte le navi del convoglio (per altra fonte, probabilmente erronea, solo quelle della scorta) accostano di 90° a sinistra, verso il lato esterno, ad alta velocità, allontanandosi a tutta forza dal luogo dell’attacco. Alle 23.10 il convoglio, riordinata la formazione, riprende la navigazione verso Capo d’Otranto.
In base agli ordini diramati dal comandante Ciani del Città di Napoli prima della partenza, MostoCastelfidardo avrebbero l’incarico di restare sul posto per dare assistenza al Galilea, mentre il resto del convoglio proseguirà: ma alle 23.55 il Città di Napoli ripete tale ordine, via radiosegnalatore (per altra fonte, con i segnali), soltanto alla Mosto (perché il suo comandante è il più anziano tra i due, ergo destinato alla direzione delle operazioni di soccorso), così che il comandante della Castelfidardo, che l’ha intercettato e lo ritiene specificamente diretto alla sola Mosto, crede che le istruzioni impartite alla partenza siano da considerarsi annullate e di non doversi fermare anch’esso, ma di dover proseguire invece con il convoglio, senza chiedere conferma di tale interpretazione al caposcorta.
La Castelfidardo, dopo essersi trattenuta sul luogo del siluramento per pochissimo tempo, si riunisce dunque al convoglio già verso mezzanotte (il Città di Napoli si accorgerà della sua presenza in formazione soltanto alle 6.50, quando ormai il convoglio si è allontanato di ottanta miglia dal luogo dell’attacco), e soltanto la Mosto (capitano di corvetta Gerolamo Delfino) rimane ad assistere il Galilea. Il Città di Napoli informa il Comando Marina di Brindisi dell’accaduto alle 23.55, dando anche la posizione del piroscafo silurato; Marina Brindisi ritrasmetterà la notizia a Supermarina alle 00.14.
Il Galilea s’inabisserà, dopo una lunghissima agonia, alle 3.50 del 29 marzo. Alla fine, i morti saranno 1050, su 1329 presenti a bordo del piroscafo.
Le altre navi giungeranno a Bari il giorno seguente.
L’inchiesta sulla perdita del Galilea, condotta dall’ammiraglio di squadra Antonio Pasetti e conclusa dopo due mesi, considererà l’equivoco relativo ai compiti della Castelfidardo conseguenza di una serie di fraintendimenti tra i diversi soggetti che hanno scambiato messaggi dopo l’attacco (ad esempio, alle 22.57 la Mosto aveva informato il Sebenico per radiosegnalatore che il Galilea era fortemente sbandato e bisognoso di soccorso, mentre avrebbe dovuto comunicarlo al caposcorta sul Città di Napoli), e di problemi tecnici verificatisi nelle comunicazioni (ad esempio il Sebenico, alle 23.30, aveva cercato di contattare il Città di Napoli, che però non era stato raggiunto dal segnale rds: si era dovuto ricorrere alla segnalazione ottica, e solo alle 23.50 il caposcorta Ciani era stato reso edotto della situazione). Il comandante Ciani presenterà durante l’inchiesta uno scritto a difesa dell’operato del comandante della Castelfidardo, affermando che “se la presenza del Castelfidardo presso il Galilea poteva essere utile per il recupero di eventuali naufraghi, altrettanto è stata utile per la scorta dei 5 piroscafi del convoglio specie nelle considerazioni che il bollettino movimenti nemici portava [per] il giorno 27 corrente alle ore 11:00 sommergibile nemico davanti a Barletta”.
Altro grave problema messo in luce dall’inchiesta, insieme alla mancata effettuazione di alcune comunicazioni, è che le unità di scorta non sapessero chi fosse il caposcorta, confusione alimentata dal comandante del Sebenico che ha adottato iniziative non di sua competenza, come contattare via radio altre unità della scorta per ordinare il lancio di bombe di profondità, inducendo diversi comandanti a ritenere erroneamente che il caposcorta fosse lui. L’ammiraglio Pasetti sottolineerà anche che Ciani avrebbe dovuto valutare la possibilità di fermarsi egli stesso a prestare soccorso con il Città di Napoli, più grande e meglio attrezzato per recuperare naufraghi, al posto della Castelfidardo (critica avanzata anche dal primo ufficiale del Galilea Licinio Schivitz, il sopravvissuto più alto in grado dell’equipaggio del piroscafo, che nella deposizione depositata presso la società Adriatica farà presente che se sul posto si fosse trovata una nave che avesse calato le sue scialuppe, avrebbe potuto effettuare un servizio di spola tra essa ed il Galilea, permettendo il recupero di un migliaio di persone). Il 2 luglio 1942 l’ammiraglio Arturo Riccardi, capo di Stato Maggiore della Marina, ridimensionando le responsabilità dei vari comandanti coinvolti, firmerà un provvedimento disciplinare di rimprovero per il comandante Ciani, che presenterà ricorso.
1° maggio 1942
Il Città di Napoli, il cacciatorpediniere Euro e la torpediniera Antonio Mosto scortano i piroscafi Rosandra e Città di Catania, carichi di truppe e materiali, da Bari a Durazzo.
3 maggio 1942
Città di Napoli e Mosto scortano i piroscafi Italia e Quirinale, carichi di munizioni e materiali vari, da Durazzo a Bari.
11 maggio 1942
Radiato dal ruolo del naviglio ausiliario dello Stato, senza però essere derequisito.
17 maggio 1942
Città di Napoli e Città di Tunisi salpano da Napoli per Bengasi alle 9.30, scortati dai cacciatorpediniere Emanuele Pessagno e Lanzerotto Malocello. Le due motonavi trasportano complessivamente 1300 tra ufficiali e soldati.
Alle 16 si unisce alla scorta la torpediniera Circe, inviata da Messina, ed alle 23.45 sopraggiunge da Messina anche il cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, che diviene caposcorta.
19 maggio 1942
Il convoglio raggiunge Bengasi alle 7.45. Lo stesso giorno, dopo aver sbarcato il loro carico, Città di Napoli e Città di Tunisi ripartono per Napoli (formando il convoglio «B») con la scorta di Vivaldi (caposcorta) e Malocello.
20 maggio 1942
Alle 7.40 si unisce alla scorta la torpediniera Circe, proveniente da Messina. Alle 9.15 un sommergibile attacca infruttuosamente il convoglio con lancio di siluri.
21 maggio 1942
Il convoglio arriva a Napoli alle 6.
26 maggio 1942
Città di Napoli, Città di GenovaCittà di Tunisi partono da Napoli per Bengasi alle 9.30, scortati dai cacciatorpediniere Vivaldi (caposcorta), Malocello ed Antoniotto Usodimare e dalla torpediniera Lince, formando il convoglio «F».
27 maggio 1942
A Messina, alle due di notte, la Lince viene sostituita dal cacciatorpediniere Turbine.
Il convoglio subisce due attacchi di sommergibili, alle 18.40 ed alle 19, ma nessuna nave viene colpita.
28 maggio 1942
Il convoglio «F» arriva a Bengasi alle 10.30 e riparte subito dopo aver sbarcato le truppe (dalla cronologia dell’USMM l’orario indicato sono le 10.40, ma sembra probabile un errore), scortato da Vivaldi (caposcorta), Malocello, Turbine ed Usodimare.
29 maggio 1942
Alle 10 il Turbine lascia il convoglio.
30 maggio 1942
Il convoglio «F» raggiunge Napoli alle 13.30.
11 novembre 1942
Il Città di Napoli e la motonave Caterina Costa, carichi di truppe (340 uomini) e materiali (17 carri armati, quattro cannoni, 55 autocarri, 40 tonnellate di munizioni e 101 di carburante), salpano da Napoli alle 16 diretti a Biserta, con la scorta dei cacciatorpediniere Maestrale (caposcorta), Grecale, Alfredo Oriani e Vincenzo Gioberti e della torpediniera Clio.
12 novembre 1942
Il convoglio giunge a Biserta alle 16.
Si tratta del primo convoglio inviato dall’Italia in Tunisia (fino ad allora sotto il controllo della Francia di Vichy), che i comandi dell’Asse hanno deciso di occupare, in seguito agli sbarchi angloamericani in Marocco ed Algeria ed al cambiamento di campo delle truppe di Vichy ivi stanziate (che, dopo un’iniziale resistenza, sono passate dalla parte degli Alleati), onde impedire agli Alleati di sorprendere alle spalle l’Armata Corazzata Italo-Tedesca (ACIT) del maresciallo Rommel, che si sta ritirando verso ovest dopo la sconfitta di El Alamein. Le prime truppe dell’Asse (paracadutisti tedeschi) giungono per via aerea il 9 novembre, con una cinquantina di Junkers Ju 52 atterrati nell’aeroporto di El Aouina a Tunisi; i Comandi francesi in Tunisia, incerti su chi appoggiare (tra l’8 ed il 10 novembre hanno ricevuto una serie di ordini contrastanti da parte delle autorità filo-Alleate di Algeri e di quelle filotedesche di Vichy: dapprima di respingere attacchi da qualsiasi provenienza, poi di non ostacolare lo sbarco di truppe dell’Asse, poi di non ostacolare neanche gli Alleati, poi di contrastare l’Asse ma non gli Alleati, poi di nuovo di restare passivamente “neutrali” verso le truppe di entrambi gli schieramenti) non oppongono alcuna resistenza, facendo ritirare le loro truppe sulle montagne al centro del Paese, dove attenderanno l’arrivo degli Alleati da ovest.
L’impiego del porto di Biserta è inizialmente complicato dalla presenza dei relitti di alcuni mercantili fatti affondare dall’ammiraglio Edmond Derrien, comandante della piazzaforte di Biserta, al fine di ostruirne l’accesso; tuttavia genieri italiani appositamente inviati sul posto hanno provveduto a sbloccarlo entro il 12 novembre, prima dell’arrivo del primo convoglio di navi italiane.
Con la Libia ormai indifendibile dinanzi all’avanzata dell’VIII Armata britannica, la Tunisia diverrà l’ultimo bastione di resistenza dell’Asse in Nordafrica; la rotta percorsa dai convogli incaricati di rifornire le truppe trinceratesi in terra tunisina diverrà nota, nei mesi a venire, come la “rotta della morte”.
13 novembre 1942
La Città di Napoli lascia Biserta per Palermo alle 10.23, scortata dalla Clio.
Alle 11.25 le due navi vengono avvistate dal sommergibile britannico P 48 (tenente di vascello Michael Elliot Faber), su rilevamento 197°. Alle 10.50 Faber, che ha identificato la Città di Napoli come un mercantile di circa 7000 tsl e la Clio come un cacciatorpediniere, lancia tre siluri contro la Città di Napoli da poco meno di 5000 metri di distanza, in posizione 37°23’ N e 10°00’ E (una decina di miglia a nordest di Biserta); nessuna delle armi va a segno, e le navi italiane non si accorgono neanche di essere state attaccate.
Le due navi giungono a destinazione (per altra fonte, quasi certamente erronea, a Napoli) alle 23.06.
14 novembre 1942
La Città di Napoli riparte da Palermo per Biserta alle 16.40, scortata dalle torpediniere Cigno e Climene (caposcorta).
15 novembre 1942
Giunge a Biserta alle 8.30.
16 novembre 1942
Lascia Biserta alle 20 per fare ritorno a Palermo, scortata dalla Clio.
Complessivamente, tra il 12 ed il 16 novembre Città di Napoli, Città di Tunisi, Caterina Costa, tre piroscafi (Sivigliano, Menes e Labor) ed i cacciatorpediniere della X Squadriglia «Maestrale» hanno trasportato in Tunisia 3682 soldati, 2827 tonnellate di materiali e carburanti e 450 veicoli, mentre alcune altre migliaia di uomini sono inviati in Tunisia per via aerea. Il 15 novembre il capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Arturo Riccardi, potrà scrivere al capo di Stato Maggiore generale, maresciallo Ugo Cavallero, che “il traffico con la Tunisia è avviato. Può essere intensificato e mantenuto nella misura necessaria a portare e ad alimentare le forze di occupazione, purché tutti i nostri mezzi facciano massa per esso”.
Altri ottomila uomini saranno trasportati in Tunisia da unità mercantili e militari tra l’11 ed il 26 novembre; entro fine mese saranno portati in Tunisia anche 159 carri armati, 127 cannoni, 1097 automezzi e 12.549 tonnellate di materiali.
17 novembre 1942
Alle 7.30, a nord di Capo San Vito siculo, la Città di Napoli viene attaccata da un sommergibile che le lancia quattro siluri; evitate le armi con la manovra, raggiunge indenne Palermo tre ore più tardi.
Il sommergibile attaccante è il britannico P 37 (tenente di vascello Edward Talbot Stanley), che ha avvistato la Città di Napoli (identificata come un trasporto di 10.000 tsl) e la Clio (stavolta identificata correttamente come una torpediniera) alle 6.40, in posizione 38°27’ N e 12°43’ E. Secondo il giornale di bordo del P 37, i quattro siluri sarebbero stati lanciati alle 7.01, da 1370 metri di distanza; Stanley attribuirà il fallimento dell’attacco allo zigzagamento da parte del Città di Napoli, che avrebbe accostato cambiando rotta dopo il lancio dei siluri.
18 novembre 1942
Salpa ancora una volta da Palermo per Biserta, alle 19; stavolta la scorta è costituita dai cacciatorpediniere Freccia (caposcorta) e Velite. A bordo ha un battaglione della 1a Divisione Fanteria "Superga".
19 novembre 1942
Raggiunge Biserta alle 22.
21 novembre 1942
Lascia Biserta alle tre di notte, scortata dalla torpediniera Climene.
22 novembre 1942
Arriva a Palermo alle 13.15.
26 novembre 1942
Città di Napoli e Città di Tunisi partono da Palermo per Biserta alle 22.15 (o 22.20) con la scorta dei cacciatorpediniere Mitragliere (caposcorta, capitano di vascello Giuseppe Marini), Corazziere (capitano di fregata Antonio Monaco di Longano) e Folgore (capitano di corvetta Renato D’Elia). Il convoglio è denominato «G».
27 novembre 1942
Nelle prime ore della notte, tra Capo Gallo e Capo San Vito, il convoglio «G» (che procede a 15 nodi con le due motonavi in linea di fronte, il Corazziere in posizione avanzata a proravia, il Folgore a dritta ed il Mitragliere a sinistra) incontra il convoglio «LL», in navigazione da Tripoli a Palermo con i piroscafi Zenobia Martini e Giuseppe Leva e la torpediniera Circe (con i piroscafi in linea di fila e la torpediniera in scorta avanzata a proravia). Le condizioni di visibilità, grazie alla luce lunare, sono eccellenti; i due convogli – che sanno del previsto incontro – si avvistano già da grande distanza e seguono le rispettive rotte senza incertezze. Il convoglio «G», dato che tra le navi c’è una distanza più che adeguata a fargli passare in mezzo il convoglio «LL» (che ha rotta opposta e velocità 7 nodi), prosegue senza mutare rotta né formazione, ma all’1.13 – nel punto 38°14’ N e 12°27’ E – la Circe, per una sua manovra errata, taglia la rotta alla Città di Tunisi, che la sperona. La torpediniera affonda rapidamente spezzata in due; il Folgore, su ordine del caposcorta, può soltanto salvare i superstiti, 99 su un equipaggio di 165 uomini, che porta a Palermo. La Città di Tunisi, danneggiata, ripara a Trapani con la Climene, mentre la Città di Napoli prosegue per Biserta, dove giunge alle 14.55 dello stesso giorno, e Mitragliere e Corazziere fanno ritorno a Palermo.
 

La fine
 
Alle 14.15 del 28 novembre 1942 la Città di Napoli lasciò Biserta per fare ritorno a Palermo, scortata dal cacciatorpediniere Maestrale (capitano di vascello Riccardo Pontremoli, caposcorta) e dalla moderna torpediniera di scorta Animoso (tenente di vascello Camillo Cuzzi). Durante un attacco aereo svoltosi poco prima della partenza, la Città di Napoli era stata colpita da una bomba nella stiva prodiera, con conseguente incendio che però era stato domato prima di salpare; sebbene fosse in condizioni di ridotta efficienza a causa di questi danni, si ritenne comunque che la nave fosse in condizione di compiere la traversata di ritorno del Canale di Sicilia. I decrittatori britannici di “ULTRA” intercettarono e decifrarono diversi messaggi inerenti ai preparativi per la partenza del Città di Napoli, ma quest’attività di decrittazione non portò, in questa occasione, a nessun attacco.
La navigazione del piccolo convoglio procedette dunque senza inconvenienti per otto ore; alle otto di quella sera la scorta venne rinforzata dall’arrivo del cacciatorpediniere Folgore (capitano di corvetta Ener Bettica), ma alle 22.40 la Città di Napoli fu scossa da un’esplosione a prua, a nord di Capo San Vito.
Si pensò ad un siluro di sommergibile: le unità della scorta perlustrarono le acque circostanti eseguendo ricerca ecogoniometrica (effettuata del resto anche prima dell’esplosione), ma non trovarono traccia di battelli nemici, pertanto venne concluso che l’esplosione dovesse essere stata causata da una mina, probabilmente alla deriva. (Così afferma il volume "La difesa del traffico dal 1° ottobre 1942 alla caduta della Tunisia", dell’Ufficio Storico della Marina Militare: “dai risultati dell’esplorazione ecogoniometrica, eseguita prima e dopo il sinistro dalle unità di scorta, si dedusse che causa del grave evento era stata una mina”; tuttavia, nel diario del Comando Supremo è invece asserito che la perdita della Città di Napoli era avvenuta “probabilmente per siluramento da parte nemico”, spingendosi persino ad affermare che “Il sommergibile attaccante sarebbe stato danneggiato da unità di scorta”).
Per la motonave non ci fu niente da fare: dopo che i cacciatorpediniere ne ebbero preso a bordo tutto l’equipaggio, meno un uomo che risultò disperso, la Città di Napoli colò a picco alle 23.20, nel punto 38°13’ N e 12°20’ (o 12°29’) E, ad ovest delle Eolie. Erano passati circa quaranta minuti dall’esplosione (per altra fonte, la nave ci mise una cinquantina di minuti ad affondare).
La Città di Napoli fu la prima delle oltre cento navi dell’Asse affondate sulla rotta per la Tunisia, in un periodo in cui la navigazione su quella rotta era ancora relativamente indisturbata: nel novembre 1942 venticinque convogli trasportarono in Tunisia 13.300 uomini e 34.339 tonnellate di rifornimenti, subendo la sola perdita del Città di Napoli. Gli Alleati stavano infatti concentrando tutti i loro sforzi nel definitivo strangolamento della rotta per la Tripolitania: raggiunto questo obiettivo, di lì a poche settimane, avrebbero rivolto le loro attenzioni alla rotta tunisina, che doveva presto guadagnarsi il soprannome di “rotta della morte”.