martedì 27 dicembre 2022

Baradello

Il Baradello in navigazione mattutina nell’alto Lago di Como nei primi anni di servizio (da “I battelli del Lario” di Massimo Gozzi, via sito “Lariana”)

Piroscafo mezzo salone ad elica di 154 tsl, lungo 32 metri, largo 5,5 e pescante 1,26; propulso da una macchina a vapore a duplice espansione da 250 CV, poteva raggiungere una velocità di 19,48 km/h. Poteva trasportare 260 passeggeri. Di proprietà della Società Lariana di Navigazione a Vapore; in servizio sul lago di Como.
 
Breve e parziale cronologia.
 
1908
Costruito dai cantieri Escher & Wyss di Zurigo (il principale cantiere costruttore di piroscafi per i grandi laghi prealpini italiani) per la Società Lariana di Navigazione a Vapore ("Lariana" Società Anonima in Como per la Navigazione a Vapore nel Lago di Como). Ha un gemello, il Bisbino; i due gemelli fanno parte di una serie di piroscafi ad elica di medie dimensioni costruiti dalla Società Lariana nel primo decennio del XX secolo, per coprire le tratte secondarie ed i servizi invernali sul lago di Como.


Baradello
e Bisbino affiancati a Como (sopra: da www.simplonpc.co.uk; sotto: da www.navicomo.blogspot.com)


7 ottobre 1909
Il Baradello trasporta i membri della Società Archeologica Comense in gita sociale sul lago. Partito da Como, il piroscafo raggiunge l’Isola Comacina, dove i soci vengono accolti dal cavalier Augusto Giuseppe Caprani, proprietario dell’isola, che dopo aver offerto loro della frutta coltivata in loco li guida nella visita delle rovine medievali. Caprani fa assistere i soci allo sterro dell’abside di una basilica del XII secolo e dona loro un cippo romano del IV secolo dopo Cristo da esporre al Museo archeologico di Como.

La nave ad Abbadia Lariana (da www.navicomo.blogspot.com)

16 dicembre 1913
Tra Pescaù e l’Isola Comacina il Baradello entra in collisione con un barcone di ferro della società Lariana, con conseguente rottura del tagliamare e squarcio di una lamiera.


Sopra, il Baradello od il gemello Bisbino in partenza da Como per la Valtellina con alpini richiamati del Battaglione "Val d'Intelvi", nella primavera del 1915 (da www.alpinicomo.it); sotto, il Baradello in arrivo a Como nel 1917 (foto Osvaldo Marazzi, Coll. Fam. Marazzi via www.memorieinfoto.it)


12 febbraio 1927
Subito dopo il termine di un periodo di alaggio per controllo e rinnovo del fasciame, sul Baradello, ormeggiato alla diga di Como, si verifica un’infiltrazione d’acqua in sentina provocata dall’accidentale spostamento di una valvola di sicurezza; notata l’infiltrazione il mattino del 13 febbraio, la sentina viene prosciugata mediante le pompe.


Alcune immagini del Baradello in varie località lariane: a Bellano (sopra, da www.simplonpc.co.uk e sotto, da www.navicomo.blogspot.com)...


…a Cadenabbia (da www.navicomo.blogspot.com)...

…ed in partenza da Domaso (da www.navicomo.blogspot.com)

23 gennaio 1930
Si arena nella secca del Breggia a causa della nebbia, ma può essere disincagliato.
 
(g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)

Mitragliamento aereo
 
Anche il Baradello fu tra le vittime dei cacciabombardieri angloamericani che nel periodo 1944-1945 imperversavano nei cieli dell’Italia settentrionale alla ricerca di “targets of opportunity”, ossia in caccia libera contro qualsiasi mezzo di trasporto che potesse potenzialmente essere utilizzato dalle truppe tedesche e della RSI, fosse esso un treno, un autocarro, un autobus od un battello lacuale. Il primo attacco il Baradello lo subì il 12 gennaio 1945, mentre si trovava ormeggiato al pontile di Lecco: nel corso di un’incursione su quella città alcuni cacciabombardieri si abbassarono a mitragliarlo, ma in questa occasione i danni furono leggeri, e non si ebbero a lamentare perdite umane perché a bordo della nave, fortunatamente, non c’era nessuno.
Peggio andò qualche settimana dopo, nella tarda mattinata del 25 gennaio, quando il Baradello venne sorpreso dai cacciabombardieri mentre si trovava ormeggiato al pontile di Abbadia Lariana: pesantemente mitragliato, il piroscafo affondò verso le 23 dopo ore di sforzi da parte dei Vigili del Fuoco del Distaccamento di Lecco del 25° Corpo VV. FF., al comando del tenente Pizzi, che impiegarono ben tre motopompe nel vano tentativo di salvare la nave. Anche in questa occasione non si ebbero fortunatamente a lamentare vittime, perché il battello era vuoto al momento dell’attacco.
 

Due immagini del recupero del Baradello nel 1947: della nave sono rimasti soltanto scafo e caldaie. Sulla sinistra è visibile il motoscafo Gardenia della società Lariana (da www.navicomo.blogspot.com)


Recuperato nel 1947, il relitto del Baradello venne rimorchiato nel cantiere di Tavernola, dove emerse che lo scafo era ancora in buone condizioni; si decise dunque di procedere alla sua ricostruzione, lavoro che si protrasse per tre anni e che partorì una nave dall’aspetto molto diverso: le sovrastrutture vennero completamente ricostruite, con una struttura a ponte unico, una saletta sottocoperta a prua ed una veranda vetrata sul ponte principale; l’alimentazione delle caldaie venne convertita dal carbone alla nafta. Anche la livrea venne cambiata, color alluminio in luogo del tradizionale bianco della Lariana: un unicum sul lago di Como. Il rinato Baradello tornò in servizio il 17 agosto 1950.
 
Il Baradello passa Punta Geno a Como dopo la ricostruzione (da www.navicomo.blogspot.com)

21 agosto 1952
Trasferito con il resto della flotta della Lariana alla Gestione Governativa, in seguito alla decisione del Ministero dei Trasporti di non rinnovare la concessione per la navigazione sul lago alla società Lariana, scaduta nel 1950, e di assumere direttamente la gestione del servizio di navigazione sul lago di Como mediante l’appositamente costituita Gestione Navigazione Laghi, come fatto sui laghi Maggiore e di Garda già nel 1948.

La nave al pontile 3 di Como negli anni Cinquanta (da “La navigazione sui laghi italiani – Lago di Como” di Francesco Ogliari, via sito Lariana)

8 giugno 1956
Il Baradello rimorchia la nuova motonave Alessandro Volta, appena varata, dal cantiere di Dervio a quello di Tavernola, dove avrà luogo l’allestimento; tra Tremezzo e Bellagio, tuttavia, scoppia una violenta bufera, che rischia di spingere lo scafo ancora inerte della Volta, e con essa anche il Baradello, contro la scogliera della Camoggia (o dei Grosgalli), davanti a Colonno. Il disastro è evitato dal pronto intervento del piroscafo Patria (capitano Romeo Galli), che con la sua nave mette sottovento Volta e Baradello, che raggiungono le più riparate acque di Campo Garibaldi, ove la Volta viene ormeggiata provvisoriamente in attesa che il lago si calmi.


Altre due immagini del Baradello negli anni ’50: sopra ad Argegno, e sotto, in arrivo a Cernobbio (da www.navicomo.blogspot.com)


1956-1959
Sottoposto nel cantiere di Tavernola a radicali lavori di trasformazione in motonave. La macchina a vapore a duplice espansione Escher & Wyss da 250 CV viene sostituita con due motori diesel Alfa Romeo 1627 da 240 CV, congiunti sull’asse dell’elica, con conseguente incremento della velocità a 22,30 km/h; le sovrastrutture vengono completamente ricostruite, al pari degli interni. La capienza massima passa da 260 passeggeri a 400. Della nave originaria rimane solo lo scafo, anch’esso modificato nella parte prodiera, con un aumento della lunghezza da 32 metri a 34,72.
Al termine dei lavori, la Baradello rientra in servizio il 21 giugno 1959; particolarmente adatta per le sue dimensioni al servizio turistico, viene adibita prevalentemente al servizio estivo nel medio ed alto Lario, per oltre trent’anni. Una delle sue linee è la Como-Colico-Como estiva con ristorante a bordo, sulla quale a fine anni ’80 verrà sostituita dalla motonave Innominato.

La Baradello dopo la trasformazione in motonave (foto Gabriele Gagliardo, da sito Lariana)

A Bellagio (da www.simplonpc.co.uk)

1990
Posta in disarmo alla diga di Como durante un periodo di crisi economica della Navigazione Lago di Como.
16 ottobre 1996
Quando già da qualche mese circola notizia della sua possibile vendita ad un privato che ne farebbe un bar-ristorante galleggiante, la Baradello affonda nel porto di Como, ad una profondità di quindici metri, in seguito all’apertura delle valvole del sistema di raffreddamento ad opera di ignoti.

La Baradello in partenza da Cadenabbia, probabilmente negli anni Sessanta (da www.simplonpc.co.uk)

La Baradello, in secondo piano, ormeggiata al pontile della funicolare di Como insieme alla Bisbino, anch’essa trasformata in motonave ma con linee differenti (da www.navicomo.blogspot.com)

Gennaio 1997
Recuperata con l’impiego di due pontoni attrezzati con gru e pompe, sollevandola ed al contempo svuotandola dell’acqua imbarcata. Il primo tentativo, il 20 gennaio, fallisce in seguito alla rottura di un cavo, che fa riadagiare sul fondale la nave già sollevatasi di alcuni metri; il secondo tentativo, due giorni più tardi, è invece coronato da successo, e la nave torna a galla nella tarda mattinata del 22 gennaio, per poi essere rimorchiata l’indomani al cantiere di Tavernola dalla motonave Innominato. Da Tavernola viene poi rimorchiata al cantiere di Dervio, dove languisce qualche anno in attesa che si decida della sua sorte.
Gennaio 2000
Demolita a Dervio.
 
Una delle ultime immagini della Baradello, scattata a Dervio nell’estate del 1997 (foto Marcello Baldrati, da sito Lariana)

 
Pagina sul Baradello ante ricostruzione sul sito Lariana
Pagina sul Baradello post ricostruzione sul sito Lariana
Il Baradello sulla “Pagina non ufficiale della Navigazione Lago di Como”
L'eredità di Monneret de Villard a Milano. Atti del convegno
Filmato girato sul lago di Como nel 1968, visibile la Baradello
Simplon Postcards – Lago di Como

sabato 3 dicembre 2022

Moscardin

Il Moscardin sotto il precedente nome di Strathearn, in una foto datata 19 ottobre 1906 (Nick Chipchase, via www.clydeships.co.uk)

Piroscafo da carico di 4374 tsl e 2727 tsn, lungo 112,77-123 metri, largo 15,9-17,3 e pescante 5,33-7,8, con velocità di 9 nodi. Appartenente alla Società Anonima di Navigazione Polena, con sede a Genova, iscritto con matricola 2279 al Compartimento Marittimo di Genova, nominativo di chiamata IBIO.
 
Breve e parziale cronologia.
 
19 ottobre 1905
Varato nei cantieri di Cartsdyke della Grangemouth & Greenock Dockyard Company Ltd. di Greenock.
Gennaio 1906
Completato come Strathearn (numero di costruzione 271) per William Burrell & Son di Glasgow e più precisamente per la Strathearn Steamship Company Ltd., appositamente costituita, mentre William e George Burrell risultano i gestori. Stazza lorda 4419 tsl, netta 2845 tsn. Porto di registrazione Glasgow, dal 23 gennaio 1906; nominativo di chiamata HFGK.
Giugno 1909
Un viaggio dello Strathearn da Bunbury a Bombay, con un carico di legname, viene a più riprese interrotto dall’ammutinamento di cinque fuochisti, Benhardt Schlade, Francis McGuiness, James Flyn, Michael Buckley e Thomas Webb. I cinque, ingaggiati a New York con una paga di 4,5 sterline al mese, si rifiutano una prima volta di lavorare a Bunbury, venendo per questo messi in arresto per due settimane per insubordinazione; mentre la nave è ferma a Bunbury, il 10 giugno un altro fuochista, James McNamara, tenta il suicidio mentre è ubriaco, tagliandosi un’arteria del braccio sinistro con un coltello. Fermato, medicato e portato al Gordon’s Hotel, si strappa le bende; viene allora portato in ospedale e nuovamente bendato, per poi essere trasferito in una cella della locale stazione di polizia, dove nuovamente si strappa le bende.
I cinque fuochisti arrestati vengono rilasciati nel pomeriggio del 14 giugno e rimandati a bordo con l’ordine di tornare al lavoro, ma l’indomani mattina incrociano nuovamente le braccia, costringendo gli ufficiali di macchina a spalare il carbone nelle caldaie al posto loro. Con i macchinisti sfiniti ed i fuochisti che non vogliono sentir ragioni, il comandante dello Strathearn, capitano William Durbin, non può fare altro che dirigere verso la vicina Fremantle, dove giunge il giorno stesso; qui si rivolge alle autorità portuali, che dopo che i fuochisti hanno rifiutato ancora una volta, alla presenza del capitano di porto Smith, di lavorare – affermando di “preferire la galera”, dove verrebbero trattati meglio che sulla nave –, ne dispongono l’arresto.
Il mattino del 16 giugno Schlade, McGuiness, Flyn e Buckley (Webb è stato intanto ricoverato in ospedale) vengono condotti davanti ai giudici di pace Foxworthy, Prout e Key della Corte di Polizia di Fremantle, con l’accusa di aver rifiutato di eseguire gli ordini del comandante Durbin; procuratore è J. Dwyer, e R. D. Beresford avvocato difensore. Gli imputati si dichiarano colpevoli, motivando però il loro rifiuto di lavorare con la pessima qualità del vitto ed il mancato mantenimento da parte del comandante Durbin della promessa fatta loro, alla partenza da Bunbury, di fornire loro alcuni capi d’abbigliamento da essi richiesti se avessero accettato di svolgere il loro lavoro. Flyn, in particolare, asserisce che fin dalla partenza da New York a gennaio aveva chiesto a Durbin un paio di stivali, e che nonostante questi avesse promesso di fornirglieli al primo porto in cui avrebbero fatto scalo, a cinque mesi di distanza gli stivali non sono ancora stati procurati; McGuiness dichiara che alla partenza da New York non aveva vestiti oltre a quelli che indossava, e che Durbin gli aveva promesso di procuragliene a St. Vincent, ma qui non erano stati forniti perché Durbin non era riuscito a contattare il console britannico a Norfolk per chiedere di prepararli (a suo dire, perché due neri armati di rivoltelle avevano impedito all’equipaggio di mettere piede a terra). Per il resto del viaggio, i vestiti erano stati promessi ogni volta al porto successivo, promessa ogni volta disattesa. Inoltre, il primo mese di paga non era ancora stato corrisposto.
Al termine dell’udienza, i tre giudici condannano gli imputati a quattro settimane di lavori forzati.
Lo stesso giorno, però, altri tre fuochisti dello Strathearn si rifiutano a loro volta di lavorare: gli svedesi J. Withers e W. Dermit ed il finlandese Kabel Johnson. Processati a loro volta a Fremantle il 18 giugno, vengono condannati a sei settimane di prigione, più il pagamento delle spese processuali.
Dal momento che ogni giorno di sosta forzata costa agli armatori 50 sterline, il capitano Durbin è costretto ad ingaggiare dei nuovi fuochisti a Fremantle pagandoli otto sterline al mese, quasi il doppio della paga degli ammutinati.
29 dicembre 1911
Mentre si trova in porto ad Astoria, pronto a salpare non appena il tempo migliorerà, lo Strathearn riceve un ordine di fermo emesso dallo sceriffo Burns per conto del giudice Bean della corte distrettuale di Portland, che ha disposto di trattenere la nave in porto per un procedimento giudiziario intentato contro la American Trading Company, che ha noleggiato la nave, dallo scaricatore di porto Ralph Amoth, rimasto seriamente ferito in un incidente verificatosi sullo Strathearn a Portland durante lo scaricamento delle merci. L’indomani, alla nave viene concesso di salpare dietro pagamento di una cauzione.

Lo Strathearn scarica legname in una foto del 1915 (The History Trust of South Australia)

1916
Lo Strathearn è al centro di una causa intentata dal carpentiere John Dillon, il 2 agosto 1916 a Pensacola, contro la Strathearn Steamship Company, per il rifiuto del comandante di pagare lo stipendio arretrato degli ultimi due mesi. Dillon, che cita a supporto della sua richiesta il Seamens’ Act del 1915, perde la causa presso la corte distrettuale di Pensacola ed anche in appello, fino a quando il caso finisce davanti alla Corte Suprema, che invece gli dà ragione.
3 marzo 1917
Lo Strathearn s’incaglia presso Metomkin Inlet, sulla costa della Virginia, a causa della nebbia, durante un viaggio con un carico di nitrati. Riesce successivamente a disincagliarsi senza bisogno di assistenza.
1918
Acquistato dalla Shankland & Co. Ltd. di R. R. Shankland, con sede a Glasgow (o Londra), senza cambiare nome.
1919
Acquistato dalla General Maritime Trust Ltd. di Londra, in gestione a Robert R. Shankland di Londra.
1920
Venduto alla Anglo-American Oil Company Ltd. di Londra.
25 agosto 1920
Mentre è ormeggiato di prua al lato occidentale del molo numero 1 dello stabilimento Standard Oil di Bayonne, lo Strathearn viene investito dalla chiatta No. 5 della Marina statunitense, che si sta allontanando a marcia indietro dal lato orientale del molo numero 5.
La Anglo-American Oil Company farà causa alla Marina statunitense chiedendo il pagamento dei danni, quantificati in 1093,24 dollari; il giudice ordinerà il pagamento ma ridimensionandone l’importo, a 720,7 dollari.

Lo Strathearn in una foto del 1920 circa (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net)

20 giugno 1921
Lo Strathearn, in navigazione nel Nordatlantico, avvista alle quattro del mattino un iceberg in posizione 43°03’ N e 49°14’ O, e quattro ore più tardi ne avvista un altro in posizione 42°57’ N e 49°05’ O. Alle nove del mattino intercetta un SOS lanciato dal piroscafo Senweid dello Shipping Board, che richiede assistenza ad altre navi dello Shipping Board perché ha le macchine fuori uso; subito dopo, il Senweid contatta direttamente lo Strathearn chiedendogli di ritrasmettere il suo messaggio ad altre navi dello Shipping Board che si trovassero nei pressi, chiedendo ad una di esse di intervenire. Lo Strathearn provvede subito, informandone anche la sede di Washington dello Shipping Board; risponde alla chiamata il piroscafo Bethelridge dello Shipping Board, che si dirige verso il Senweid per prenderlo a rimorchio.
1924
Venduto all’armatore greco Panaghos C. Lemos e ribattezzato Constantinos. Porto di registrazione il Pireo.
1925
Ribattezzato Kostantis Lemos, senza cambiare proprietario. Porto di registrazione il Pireo, stazza lorda e netta 4419 tsl e 2845 tsn, nominativo di chiamata JFWK (SVOI dal 1933).
8 dicembre 1929
Il Kostantis Lemos s’incaglia presso Garding, nello Schleswig-Holstein. Viene successivamente disincagliato.
1931
Ribattezzato Danaos, mentre gli armatori cambiano ragione sociale in Panaghos C. & Geo. C. Lemos (per altra fonte, Constantine & Lemos). (Altra fonte afferma che il cambio di nome sarebbe avvenuto già nel 1928).
1935
Il porto di registrazione viene cambiato dal Pireo a Chio.
1939
Acquistato dalla Società di Navigazione "Polena" di Genova e ribattezzato Moscardin. Impiegato nel trasporto di carbone britannico, che carica a Newcastle, in Italia.
Sotto la bandiera di sua maestà
 
Anche il Moscardin fu tra le decine di mercantili italiani che l’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il 10 giugno 1940, sorprese fuori dal Mediterraneo e, per di più, in acque controllate dai nuovi nemici.
Più precisamente, nel momento della dichiarazione di guerra il Moscardin si trovava a Newcastle, nell’estuario del Tyne: salpato in fretta e furia insieme ad altri tre piroscafi italiani, Mugnone, Pamia e Barbana G., venne rapidamente raggiunto in mare aperto da unità della Royal Navy, catturato e condotto in porto a Methil, dove giunse l’11 giugno. Analoga sorte ebbero le altre tre navi, mentre altri tre mercantili italiani, Pellice, Andrea ed Elios, vennero catturati in porto a Newcastle. (Il volume USMM "I violatori di blocco" afferma invece che il Moscardin sarebbe stato catturato a Duston; il volum "Navi mercantili perdute", pure dell’USMM, colloca la cattura a Scapa Flow nell’improbabile data del 23 luglio 1940, ma si tratta evidentemente di un errore).
 
I marinai del Moscardin si ritrovarono ad essere tra i 4500 cittadini italiani di tutte le età ed occupazioni (c’erano commercianti, professionisti, artigiani, cuochi, camerieri, autisti, barbieri, religiosi ed altro ancora) che nel giugno 1940, in seguito alla dichiarazione di guerra, furono arrestati in tutta la Gran Bretagna nel timore che potessero diventare spie, sabotatori od in altro modo “quinte colonne” in territorio britannico. Era stato Churchill in persona, il giorno seguente alla dichiarazione di guerra, a disporre l’arresto di tutti i cittadini italiani di sesso maschile e di età compresa tra i 16 ed i 70 anni: gli arresti furono effettuati dall’Home Office (l’equivalente britannico del Ministero dell’Interno, dal quale dipendevano le forze di polizia), mentre il War Office provvedeva all’allestimento dei campi d’internamento. Nel giro di tre giorni, un terzo dei cittadini italiani residenti nel Regno Unito erano in stato di arresto. Imprigionati inizialmente presso le stazioni di polizia dei paesi e città in cui si trovavano, gli italiani vennero successivamente concentrati in un grande campo allestito a Warth Mills, un ex cotonificio di Bury, nel Lancashire, da dove vennero poi smistati verso altri campi in tutto il Regno Unito.
I marittimi formavano un gruppo piuttosto numeroso tra questi internati: oltre al Moscardin, infatti, erano ben quattordici i mercantili italiani che la dichiarazione di guerra sorprese nei porti o nelle acque del Regno Unito, con conseguente immediata cattura di navi ed equipaggi: AndreaAmelia LauroAngelina LauroGioacchino LauroBarbana G.EliosEricaGabbianoMincio, MarzoccoMugnone, PamiaPellice e Procida. In tutto, quasi cinquecento tra ufficiali e marinai della Marina Mercantile italiana erano stati così catturati.
La maggior parte degli italiani vennero internati nel Regno Unito (e specialmente in campi allestiti nell’Isola di Man), ma diverse centinaia vennero invece trasferiti via mare in Canada; durante uno di questi viaggi, il 2 luglio 1940, si verificò la tragedia del piroscafo Arandora Star, affondato in Atlantico da un U-Boot con la morte di 470 dei 734 internati civili italiani a bordo.
Nel 1942 lo status dei marittimi italiani internati – a differenza degli altri civili italiani internati, e pur essendo gli uomini della Marina Mercantile dei civili – venne modificato da quello di internati civili a quello di prigionieri di guerra di classe 1, così parificandolo a quello dei militari catturati, ed impedendone il rilascio fino alla fine delle ostilità.
Il cuoco di bordo del Moscardin, Federico Vaccari, morì in prigionia in Inghilterra l’8 dicembre 1944.
 
Sbarcato il proprio equipaggio, il Moscardin venne formalmente confiscato il 27 giugno 1940; l’indomani lasciò Methil per tornare a Newcastle, insieme a Mugnone e Barbana G., mentre Pamia e Pellice vennero mandati a Leith. Trasferito sotto l’autorità del Ministry of War Transport, il Moscardin venne dato in gestione all’armatore J. Morrison & Sons di Londra e ribattezzato Empire Gunner, ricevendo il nuovo nominativo di chiamata di GLYY. Nei registri britannici la sua stazza lorda venne registrata come 4492 tsl.
 
Il 26 agosto 1940 l’Empire Gunner si trasferì da Methil al Tyne con il convoglio MT. 151 (composto, oltre che da esso, dai mercantili britannici Redhall, Shoal Fisher, Kerry Coast, Widestone, Spray e Svava e dal danese Fylla, con la scorta del piropeschereccio armato britannico William H. Hastie), mentre il 1° settembre fece parte del convoglio FN. 267 (che comprendeva oltre ad esso i mercantili Ashby, Baron Douglas, Birtley, British Sincerity, Barrington Court, Campus, Daldorch, City of Paris, Stanwell, Pacific Star ed il panamense Boka) da Southend a Methil.
 
Il 2 settembre 1940 l’Empire Gunner salpò da Methil insieme al convoglio OB. 288, che comprendeva i mercantili britannici Algarve, Ashby (tornato in porto danneggiato), Baron Douglas, Barrington Court, Beaumanoir, Circe II, Creekirk, City of Paris (nave di bandiera del capoconvoglio, capitano di vascello H. J. Anchor), Daldorch, Daphnella, Empire Adventure (tornato in porto a causa di un’avaria di macchina), Empire Crocus, Flowergate, Glen, Lagosian, Norman Monarch, Paul M., Shoal Fisher, Saxon Queen e Sava, i norvegesi Inger Lise, Tarifa, Temeraire e Victo, gli olandesi Soesterberg e Delftdjik ed il panamese Boka, scortati dal cacciatorpediniere canadese Skeena, dallo sloop britannico Lowestoft e dai pescherecci armati antisommergibili Drangey, Fandango e Northern Gem. Il convoglio si disperse il 6 settembre.
 
Il 21 settembre 1940 l’Empire Gunner lasciò il Clyde in navigazione isolata, raggiungendo Swansea il 17 ottobre; lo stesso giorno partì nuovamente da Cardiff. Tornato a Swansea, ne salpò il 10 novembre, da solo e senza scorta, diretto a Milford Haven, dove giunse tre giorni più tardi.
 
Il 16 novembre 1940 l’Empire Gunner salpò in zavorra da Milford Haven e l’indomani si unì nel Canale di Bristol al convoglio OB. 244, salpato da Liverpool e composto da 46 mercantili (oltre all’Empire Gunner, i britannici Carperby, City of Norwich, Daydawn, San Delfino, Manchester Spinner, Landlaf, Blairey, Putney Hill, PLM 22, Karabag, King Idwal, Flaminian, Embassage, Merchant Royal, Baron Ruthven, Oakcrest, Tymeric, Gypsum Queen, Egret, Tenax, Helena Margareta, Kingsbury ed Elisabeth Lensen, i norvegesi Dageid, Heina, Bonde, Ledaal, Lysaker V, Inga I, Loke, Vestland, Vigsnes, Ingertre, Thyra e Havtor, i greci Virginia, Victoria, Mount Athos, Leonidas N. Condylis, Zeus e Leonidas, i belgi Brabo e Sanso, gli svedesi Anten e Gdynia, il canadese R. J. Cullen, lo jugoslavo Sud, il polacco Zagloba, l’olandese Parklaan). Solo nove erano partiti effettivamente da Liverpool; altri dodici, tra cui l’Empire Gunner (gli altri erano PLM 22, Carperby, Victoria, Daydawn, Virginia S., Leonidas N. Condylis, Sud, Mount Athos, Brabo, R. J. Cullen, Gypsum Queen) si unirono al convoglio nel canale di Bristol, altri otto da Glasgow (Flaminian, Tymeric, Llandaff, Merchant Royal, Zagloba, Zeus, Egret, Putney Hill) e 17 da Oban (Vigsnes, Embassage, Blairesk, Loke, Sanso, Ledaal, Parklaan, Kingsbury, Inga I, Lysaker V, Ingertre, Elisabeth Lensen, Helena Margarita, Havtor, Tenax, Bonde, Vestland). Dopo aver subito la perdita del Daydawn e del Victoria ad opera degli U-Boote, il convoglio si disperse il 22 novembre (altri quattro mercantili, Oakcrest, Anten, Tymeric e King Idwal, vennero affondati il giorno seguente), dopo di che l’Empire Gunner proseguì per St. John’s, in Canada, dove giunse il 7 dicembre.
 
Il 21 dicembre lasciò da solo St. John’s per Halifax, dove giunse due giorni dopo; ne ripartì il 9 febbraio 1941 con il convoglio HX. 108, formato dai mercantili britannici Dalemore, Dalmore, Danae II, Empire Bronze, Empire Eland, Empire Hawk, Empire Simba, Forest, G. S. Walden, Gitano, Holmpark, James J. Maguire, Llanover, Loch Don, Manchester Exporter, Markhor, Queen Maud, Redgate, Rookley, Saint Bertrand, San Gerardo, Silverelm e Standella, i norvegesi Bonde e Brant Country, i greci Nicolau Virginia e Mount Taurus, l’olandese Willemsplein ed il polacco Lechistan. La scorta era inizialmente composta dall’incrociatore ausiliario britannico Maloja e dalle corvette canadesi Mayflower e Snowberry.
Il 12 febbraio si unirono al convoglio le navi del convoglio BHX 108, salpato da Bermuda il 7 febbraio: i mercantili britannici Adula, Aircrest, British Progress, Cape Clear, Comedian, Director, Donacilla, Losada, Luminetta, Misoa, Putney Hill, Rapana, Saintonge, San Casimiro, Sepia, Twickenham e Yngaren, ed i norvegesi Bianca, Emma Bakke e Leikanger. Bonde e Dalemore invertirono la rotta e tornarono ad Halifax, mentre il 18 febbraio si unì alla scorta la corazzata Rodney; l’indomani se ne separò invece il Maloja. Il 20 febbraio se ne andò anche la Rodney, mentre il 24 si unirono alla scorta i cacciatorpediniere britannici Wanderer, Witch e Montgomery ed il peschereccio armato antisommergibili York City, pure britannico. Il 25 si aggregò temporaneamente alla scorta la corvetta britannica Periwinkle, che però se ne separò l’indomani. Il convoglio raggiunse il Regno Unito il 27 febbraio. (Altra fonte afferma invece che l’Empire Gunner avrebbe lasciato Halifax il 2 gennaio con il convoglio SC. 18, arrivando a Newport il 21 gennaio e ripartendone il 15 febbraio per il Clyde, dove giunse il 18).
 
L’8 marzo 1941 la nave lasciò il Clyde con il convoglio OG. 55 (composto dai mercantili britannici Alresford, Baron Graham, Baron Tweedmouth, Cland Macindoe, City of Lancaster, Cydonia, El Ciervo, Empire Bay, Empire Stream, Empire Hartebeeste, Erato, Janeta, Orfor, Pelayo, River Lugar, Shuna, Tewkesbury e Wallsend, dai norvegesi Arosa, Atle Jarl, Bello, Corvus, Frontenac, Thyra e Trolla, dai turchi Erdek, Gemlik, Kilye, Sarkoy, Lapseki, Mundanya e Murefti, dagli svedesi Disa e Trolleholm, dai greci Orion e Marika Protopapa e dall’olandese Kapwijk, scortati dai cacciatorpediniere Achates, Borea e Ramsey, dalle corvette Azalea, Coreopsis, Heather, Fleur de Lys, Picotee e Snowdrop, dagli sloop Egret e Weston, dai pescherecci armati Arab, Ayrshire, Kingston Crhysolite e Lady Madeleine e dal sommergibile Pandora, tutti britannici), raggiungendo Freetown il 1° aprile. Imbarcatovi un carico di minerale, la nave lasciò Freetown il 27 aprile con il convoglio SL. 73, che comprendeva i mercantili britannici Alcyone, British Chemist, Brynymor, City of Florence, Celtic Star, Clan Skeene, Daronia, Defoe, Elg, Guelma, Harpalion, Hartington, Hartismere, Hopecrown, Laplace, Llancarvan, Lysaker V, Novasli, Penolver, Robert L. Holt, Rupert de Larrinaga, Sabor, Sagaing, Solon II, Starcross, Suva, Svend Foyn e Thomas Holt, i norvegesi Fana, Hardanger e Tanafjord, il greco Agios Georgios, lo svedese Atlant, il belga Katanga, l’egiziano Rod-el-Farag e l’olandese Titus. La scorta era composta iniziamente dall’incrociatore ausiliario Esperance Bay e dalle corvette Crocus, Clematis, Marguerite e Cyclamen, tutte britanniche; il 29 aprile si unì ad essa anche il cacciatorpediniere britannico Duncan, che però se ne separò nuovamente il 1° maggio. Il 3 maggio si aggiunse momentaneamente alla scorta l’incrociatore leggero britannico Dragon, che se ne andò il giorno seguente; il 19 maggio l’Esperance Bay lasciò la scorta, che venne invece rinforzata dai cacciatorpediniere canadesi Columbia e St. Francis, dal cacciatorpediniere britannico Boadicea e dall’incrociatore ausiliario britannico Hilary. L’indomani la scorta venne ulteriormente rafforzata dal cacciatorpediniere canadese St. Clair, dallo sloop britannico Egret e dalle corvette canadesi Hepatica, Snowberry, Spikenard ed Arrowhead; si unì al convoglio anche la nave soccorso Zamalek. Il 21 maggio il St. Francis ed il St. Clair lasciarono il convoglio, che arrivò a Liverpool il 25 maggio; il giorno seguente l’Empire Gunner raggiunse Port Talbot, da dove poi proseguì da solo per Barry, arrivandovi il 31.
 
Lasciata anche Barry, dopo aver fatto nuovamente scalo a Port Talbot, giunse a Milford Haven il 12 giugno, trasferendosi a Barry quello stesso giorno e facendo poi ritorno a Milford Haven, da dove ripartì il 13 giugno con il convoglio OG. 65 (mercantili britannici Alva, Almenara, Beaconstreet, Baron Cochrane, Dalcroy, Empire Magpie, Empire Moat, Empire Swan, Errington Court, Fendris, Fidra, Harborough, Kirsten Maersk, Laurel Wood, Lyminge, Margareta, Marklyn, Mariposa, Meta, Myrtlebank, Ousel, Penrose, Pinzon, Rembrandt, Sevilla, Spero, Southern Pride, Switzerland, Tisa, Twickenham e Vanellus, mercantili greci Anna Bulgaris, Agia Marina, Chelatros, Ellenico, Icarion, Michalis, Nicholas Pateras e Mount Kitheron, mercantili norvegesi Brasil, Kos I, Lysaker V, Selbo, Trolla e Titanian, mercantili svedesi Bifrost e Mauritz, mercantile olandese Breedijk, scortati dal cacciatorpediniere britannico Westcott, dallo sloop britannico Deptford, dalle corvette britanniche Auricula, Ibiscus, Geranium, Freesia, Jonquil, Marigold, Periwinkle e Spiraea, dal dragamine britannico Holly, dai pescherecci armati britannici Rumba e Syringa e dal sommergibile britannico Olympus), arrivando a Freetown il 4 luglio.
 
Il 15 agosto 1941 l’Empire Gunner salpò da Pepel (Freetown) per Middlesborough (per altra fonte, per Liverpool) con il convoglio SL. 84, che comprendeva i mercantili britannici Anadyr, Aldington Court, Barrdale, Bereby, Beckenham, Bothnia, Derrymore, Hamla, Harberton, Holmpark, Kerma, Macgregor Laird (nave di bandiera del capoconvoglio, capitano di vascello A. J. Baxter), Matadian (il cui comandante era il vice capoconvoglio), Oporto, Reaveley, Peribonka, il greco Chelatros, il norvegese Para ed il francese Ville de Tamatave, oltre alla nave soccorso britannica Copeland. La scorta era costituita inizialmente dal cacciatorpediniere britannico Brilliant, dalle corvette britanniche Amaranthus, Armeria, Mignonette e Woodruff e dai pescherecci armati antisommergibili Sarabande e St. Wistan, pure britannici.
L’Empire Gunner, carico di 6300 tonnellate di minerale di ferro, occupava nel convoglio la posizione 32.
Il 18 agosto il convoglio venne raggiunto dagli sloop britannici Folkestone e Londonderry, inviati a rilevare la scorta originaria, che infatti lo lasciò il giorno seguente. Il 20 agosto la scorta venne rinforzata da un terzo sloop, il Weston, ed il 2 settembre dal vecchio cacciatorpediniere St. Albans, ma quello stesso giorno l’Empire Gunner, rimasto indietro, perse il contatto con il resto del convoglio, cui non riuscì più a ricongiungersi. Il St. Albans venne distaccato per assumerne la scorta, ma poté fare poco quando il 6 settembre, all’estremità meridionale del Canale di San Giorgio, le due navi vennero attaccate da aerei tedeschi in posizione 52°08’ N e 05°18’ O: entrambe furono danneggiate, ma mentre i danni riportati dal St. Albans furono piuttosto lievi, l’Empire Gunner venne colpito in modo irreparabile. Abbandonato dall’equipaggio, senza alcuna perdita umana, colò a picco alle quattro del mattino del 7 settembre nel punto 52°09’ N e 05°16’ O, al largo di Milford Haven e dodici miglia a nordovest di Strumble Head.
 
Nel luglio del 1945 un oggetto sommerso, ritenuto inizialmente essere una sporgenza rocciosa lunga 110 metri ed alta 18, venne individuato nel punto in cui era affondato l’Empire Gunner, e nuove rilevazioni ne confermarono la presenza nel dicembre di quell’anno. Soltanto nel maggio 1980 la nave idrografica Beagle della Royal Navy accertò che in realtà la “sporgenza rocciosa” era il relitto di una nave.
Il relitto dell’Empire Gunner giace oggi a profondità compresa tra i 68 ed i 72 metri; lo scafo, orientato per 45°/225°, si eleva dal fondale marino per circa nove metri.
 
 
Lo Strathearn sul Clydeships
Lo Strathearn su Auke Visser
Coflein – Empire Gunner
L’Empire Gunner su Wrecksite
Empire Ships – Empire G
La Burrell & Son su Theshipslist
Notizia sull’“Argus” del 18 giugno 1909