Piroscafo cisterna da
2289 tsl e 1368 tsn, lungo 90,19 metri, largo 13,75, pescaggio 5,67 m.
Appartenente alla Società Anonima di Navigazione Fassio, di Genova, ed iscritto
con matricola 1490 al Compartimento Marittimo di Genova.
Breve e parziale cronologia.
1914
Costruita nei
cantieri Harlan & Hollingsworth di Wilmington, nel Delaware (numero di
scafo 433), come Francis Hanify per
la compagnia J. R. Hanify Company di San Francisco. La nave è progettata come
unità bivalente, nave cisterna ed inoltre adatta a trasportare legna, per il
servizio da una costa all’altra degli Stati Uniti attraverso il canale di
Panama.
Novembre 1914
Completata nei
cantieri Harlan & Hollingsworth di Wilmington. La stazza originaria è di
2588 tsl.
1918
Acquistata dalla
Freeport Sulphur Company di New York e ribattezzata Freeport Sulphur No. 1.
La Freeport Sulphur No. 1 vista di profilo (g.c. Brazoria County Historical Museum).
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1927
Passata alla Società
Armatrice Italiana (dal 1931 Unione Italiana Navigazione Società Anonima) di
Genova, ribattezzata Riva Sarda.
1935
La Riva Sarda, insieme ad altri mercantili
come le navi cisterna Riva Ligure e Luisiano ed i piroscafi Bainsizza, Provvidenza ed Ircania
nonché alla portaidrovolanti Giuseppe
Miraglia, viene impiegata nel trasporto di materiali per conto della Regia
Aeronautica da Napoli a Massaua e Mogadiscio, nell’ambito delle operazioni di
occupazione dell’Etiopia. Le navi formano il Reparto Tappa Africa Orientale.
1936
Acquistata dalla
Villain & Fassio Società Anonina Italiana di Navigazione Mercantile (con
sede a Genova) e ribattezzata Alberto
Fassio.
11 maggio 1940
La Fassio, in navigazione da Costanza a
Napoli con 3500 tonnellate di petrolio dell’AGIP, viene dirottata su Malta da
navi britanniche nonostante l’AGIP abbia dato le garanzie previste alle
autorità britanniche da più di venti giorni.
4 ottobre 1940
Il marinaio Pietro Ramondetti, da Trapani, muore per siluramento (?) a bordo dell'Alberto Fassio.
18 aprile 1941
Parte da Trapani
scortata dalla torpediniera Climene e
si aggrega ad un convoglio in navigazione da Palermo a Tripoli, formato dai
piroscafi Isarco, Nicolò Odero e Maddalena Odero con la scorta delle torpediniere Calliope, Antonio Mosto e Giuseppe La
Farina. Al convoglio si uniscono poi anche la pirocisterna Luisiano e la torpediniera Orione.
21 aprile 1941
Il convoglio
raggiunge Tripoli dopo un viaggio tranquillo.
6 giugno 1941
La Fassio, insieme alle pirocisterne Urano ed Utilitas, compie un viaggio da Taranto a Patrasso con la scorta
della torpediniera Aretusa e
dell’incrociatore ausiliario Olbia.
17 giugno 1941
Parte dal Pireo e
raggiunge Rodi unitamente al piroscafo Vesta,
con la scorta della torpediniera Lince.
24 giugno 1941
Viaggia da Rodi a
Corinto, da sola e senza scorta.
22 agosto 1941
Alle 10.30 l'Alberto Fassio lascia Palermo diretta a
Tripoli insieme al trasporto militare Lussin,
avente a rimorchio la piccola cisterna Alcione,
e con la scorta delle torpediniere Cigno
e Pegaso. Alle 15.45 il convoglio
viene avvistato dal sommergibile britannico Upholder
un paio di miglia a nordovest di Capo San Vito Siculo. Alle 16.29 l'Upholder lancia quattro siluri contro la
nave che procede in testa al convoglio: alle 16.32 la Lussin è colpita, ed affonda in due minuti. La Pegaso, insieme all’idrovolante CANT Z. 501 della scorta aerea, dà
la caccia all'Upholder, che viene
danneggiato lievemente, mentre la Cigno
recupera i naufraghi della Lussin. Il
resto del convoglio raggiunge poi Tripoli alle 22 del 23 agosto.
Un’altra immagine della Fassio come Freeport Sulphur No. 1 (g.c. Brazoria County Historical Museum) |
10 ottobre 1941
Requisita dalla Regia
Marina a Tripoli, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello
Stato.
Alle 16 dello stesso
giorno la Fassio lascia Tripoli in
convoglio con il piroscafo Priaruggia,
carico di munizioni, con la scorta della torpediniera Partenope.
11 ottobre 1941
Alle 15.02, in
posizione 31°53' N e 15°43' E il convoglio, che procede con la Partenope che zigzaga in testa e Fassio (a dritta) e Priaruggia (a sinistra, leggermente arretrato) in linea di fronte,
viene attaccato a bassa quota da tre bombardieri britannici Bristol Blenheim
del 107th Squadron, decollati da Malta. Gli aerei britannici (vi è
anche un aereo dell’Asse di scorta, ma si trova lontano dal convoglio),
avvistati alle 15.02, provengono da nordest, e vengono accolti dal tiro delle
mitragliere della Partenope. I
Blenheim bombardano e mitragliano le navi del convoglio, colpendo il Priaruggia con una bomba. Il tiro
contraereo però colpisce due dei velivoli, uno dei quali si schianta in mare
nel vano tentativo di ammarare, mentre il secondo precipita in mare in fiamme
dopo aver compiuto mezza virata. Il terzo aereo si trattiene per qualche tempo
nei pressi del convoglio, per poi allontanarsi. Non è del tutto chiaro a chi
vada attribuito il merito dei due abbattimenti (uno dei quali era l’aereo
caposquadriglia); il comandante della Partenope
li attribuisce entrambi al tiro della sua nave, mentre i piloti britannici superstiti
li attribuiscono entrambi, nel loro rapporto, al tiro di una “motonave” che in
realtà è la Fassio (che tuttavia gli
stessi piloti ritengono erroneamente essere stata colpita da due degli aerei ed
incendiata, mentre in realtà la pirocisterna non ha riportato alcun danno).
La Partenope ordina alla Fassio di restare in zona navigando a
zig zag, poi raggiunge il Priaruggia,
che è stato prematuramente abbandonato dall’equipaggio, e fa tornare a bordo
gli uomini rimasti illesi per tentarne il salvataggio ed il rimorchio, mentre
imbarca i feriti del piroscafo ed anche un aviere britannico, unico superstite
dei sei uomini componenti gli equipaggi dei due aerei abbattuti.
Tra le 16 e le 17.58
la Fassio, su ordine della Partenope, prende a rimorchio il danneggiato
Priaruggia, ma durante la virata per
dirigere su Ras Cara il cavo di rimorchio si spezza; ne viene teso un altro e
le navi procedono verso Ras Cara, ma poi, durante la navigazione verso Misurata
(dove Marilibia ha ordinato di portare sia i feriti che il Priaruggia), il cavo si rompe di nuovo. La Fassio allestisce nuovamente il rimorchio, ed a cinque miglia da
Misurata la Partenope si separa dai
due mercantili, per raggiungere più in fretta il porto e sbarcarvi i feriti (la
torpediniera arriva a Misurata alle 23.16). Cinque miglia al largo di Misurata,
però, il cavo di rimorchio si spezza ancora una volta: a questo punto né sulla Fassio né sul Priaruggia sono rimasti altri cavi per un nuovo tentativo di
rimorchio, per cui la pirocisterna deve lasciare il piroscafo alla deriva e
dirigere su Misurata, dove raggiunge la Partenope
già all’ancora e ne informa il comandante circa l’accaduto. Alle 00.25,
pertanto, la Partenope lascia
Misurata e raggiunge il Priaruggia,
che, con l’aiuto di un rimorchiatore, potrà finalmente essere portato in porto.
La Fassio proseguirà poi per Bengasi, dove
arriverà il 13 ottobre.
2 novembre 1941
Compie un viaggio da
Brindisi a Durazzo, in navigazione isolata e priva di scorta.
4 aprile 1942
La Fassio lascia Taranto e raggiunge Argostoli
in convoglio con il piroscafo Reha ed
il trasporto militare Pluto, con la
scorta delle torpediniere Francesco
Stocco ed Antares.
12 aprile 1942
Compie un viaggio dal
Pireo a Lero scortata dai cacciatorpediniere Francesco Crispi e Quintino
Sella.
17 aprile 1942
Lascia Lero e
raggiunge Rodi, sempre scortata da Crispi
e Sella.
18 aprile 1942
Rientra da Rodi al
Pireo.
Ancora la Freeport Sulphur No. 1 (g.c. Brazoria County Historical Museum) |
28 aprile 1942
Parte da Prevesa e
raggiunte Taranto insieme alla motonave cisterna Rondine e con la scorta della torpediniera San Martino.
28 giugno 1942
Effettua un viaggio
da Taranto a Patrasso scortata dalla torpediniera Aretusa.
9 luglio 1942
La Fassio, insieme ai piroscafi Re Alessandro, Monstella e Pierluigi e
con la scorta della torpediniera Monzambano
e dell’incrociatore ausiliario Barletta,
lascia Suda e Raggiunge il Pireo.
Successivamente la Fassio si unisce ad un convoglio
composto dalle motonavi italiane Città di
Alessandria, Città di Agrigento e
Città di Savona e dai piroscafi
tedeschi Delos e Santa Fè, partito da Suda per Tobruk alle 21.40 dell’8 luglio e
scortato da tre unità italiane e tre tedesche. L’organizzazione britannica
“ULTRA” intercetta e decifra alle 17.56 del 7 un messaggio contenente l’orario
della partenza e la rotta del convoglio. Nella giornata del 9 luglio il
convoglio non subisce attacchi, grazie ai caccia della Luftwaffe che
intercettano i cinque bombardieri B 24 Liberator inviati ad attaccare le navi
dell’Asse. Il Servizio Informazioni Speciali della Regia Marina, poi, alle
17.15 ed alle 18.15 intercetta a sua volta il messaggio inviato da un
ricognitore britannico che ha avvistato il convoglio, lanciando di conseguenza
un’allerta (con messaggio PAPA, Precedenza Assoluta sulla Precedenza Assoluta)
per informare il convoglio. Sedici Vickers Wellington, dieci siluranti e sei
bombardieri, decollano dalle basi egiziane per attaccare il convoglio, ma solo
due degli aerosiluranti riescono a trovarlo, senza riuscire a colpire alcuna
nave grazie alle cortine fumogene, mentre i bombardieri sganciano il loro
carico sulle navi ma nessuna bomba va a segno.
Nella notte il
convoglio viene attaccato da quattro aerosiluranti Fairey Albacore (altri
quattro non riescono a trovarlo), senza riportare danni, mentre su nove
bombardieri Hudson uno solo rintraccia le navi italiane; gli altri le trovano
dopo l’alba, ma vengono respinti dal violento tiro contraereo. Anche sei
aerosiluranti Bristol Beaufort vengono inviati all’attacco, ma non riescono a
trovare le navi da attaccare, ed infine il convoglio raggiunge indenne Tobruk
alle 13.50 del 10 luglio.
21 agosto 1942
La nave viene
attaccata da 16 bombardieri Consolidated B-24 Liberator, dieci dei quali
dell’USAAF, ma non riporta alcun danno. L’attacco è stato determinato da
intercettazioni di “ULTRA”, che il 19 hanno permesso ai comandi britannici di
apprendere della prevista partenza della nave, il 21 dell’avvenuta partenza ed
il 22 della scorta aerea assegnata alla cisterna.
23 agosto 1942
Dopo una sosta a
Derna, l'Alberto Fassio arriva a
Tobruk con 2749 tonnellate di carburante, che vengono pompate nei depositi a
terra il giorno stesso.
31 luglio 1942
Compie un viaggio da
Patrasso a Taranto insieme ad un’altra pirocisterna, la Sanandrea, e con la scorta della torpediniera Antares e dell’incrociatore ausiliario Barletta.
28 agosto 1942
Raggiunge Tobruk con
2040 (per altra fonte 2635) tonnellate di carburante.
14 settembre 1942
All’una del 14 la
nave lascia Suda diretta a Tobruk.
15 settembre 1942
Dopo aver eluso un
attacco da parte di un sommergibile ed uno da parte di aerei nelle acque di
Derna, l'Alberto Fassio raggiunge in
serata Tobruk con 2265 tonnellate di preziosa benzina, indenne, nonostante
l’offensiva aeronavale britannica si concentri proprio sulle navi cisterna, e
sui loro fondamentali carichi di carburante, per indebolire le forze dell’Asse
in previsione dell’offensiva di El Alamein.
21 settembre 1942
Effettua un viaggio
da Suda al Pireo scortata dalle torpediniere Lupo e Sirio.
24 settembre 1942
Parte da Patrasso e
raggiunge Valona con la scorta della torpediniera Orione.
L’Alberto Fassio (a destra) fotografata a Tobruk il 30 ottobre 1942 (da Forum Marinearchiv, provenienza non nota – qualora il detentore dei crediti ne facesse richiesta la fonte verrà prontamente aggiunta) |
4 giugno 1943
Viaggio da Bari a
Patrasso, con la scorta delle torpediniere Giuseppe
Missori ed Enrico Cosenz.
17 giugno 1943
Salpa dal Pireo, fa
scalo a Sira ed a Lero e raggiunge infine Rodi, scortata dalla torpediniera Calatafimi.
21 giugno 1943
Lascia Rodi,
raggiunge Lero ed infine arriva al Pireo sempre scortata dalla Calatafimi, ma ora in convoglio anche
con il piroscafo Bucintoro.
23 luglio 1943
Lascia Bari e
raggiunge Valona insieme al piroscafo Palermo,
e con la scorta della torpediniera Missori.
L'affondamento
Alle quattro del
mattino del 25 luglio 1943 l'Alberto
Fassio, carica di benzina per aerei, partì
da Valona, diretta a Patrasso con la scorta della torpediniera Giuseppe Missori. A bordo, oltre
all'equipaggio italiano, c'erano 46 militari tedeschi.
Marina Valona aveva
fissato l’ora della partenza del convoglio in modo che le due navi
transitassero nel Canale di Santa Maura (Isole Ionie) prima di notte, dato che
la navigazione nei pressi di Capo Dukato (nell'Isola di Santa Maura) era
vietata di notte. La Fassio,
tuttavia, sebbene richiamata dalla Missori
perché non la stava seguendo correttamente sulla rotta prestabilita, alle 17.30
s'incagliò sulle secche di Capo Mitikas, a cinque miglia dall’entrata del porto
di Prevesa.
Il comandante della Missori, capitano di corvetta Wolfango Mandini,
riuscì a comunicare l'accaduto al Comando Militare Marittimo della Grecia
Occidentale (Marimorea, avente sede a Patrasso) solo dopo aver chiamato più
volte, per via di ininterrotti disturbi atmosferici che ostacolavano le
trasmissioni radio: il risultato fu che solo intorno alle 20.00 vennero fatte
partire delle unità per assistere la petroliera, ma alle 21.40 la Fassio riuscì a disincagliarsi da sola,
usando le sue macchine.
Il comandante Mandini
chiese allora disposizioni a Marimorea, e nel mentre, scartata la possibilità
di atterrare su Prevesa (l’ingresso sarebbe stato difficoltoso, e per giunta
era stato riportato che nella zona vi era una mina magnetica) e quella di
tornare indietro ed attendere le luci dell’alba, decise di pendolare sulla
rotta aspettando ordini. Il pendolo durò tuttavia parecchio, perché, per i soliti
disturbi atmosferici, la Missori non
riusciva a comunicare né con Marimorea né con il comando di Brindisi. Per
giunta la Fassio, di nuovo, non
seguiva con precisione la Missori
nelle sue inversioni di rotta.
Alle 3.27 (o 3.25) del 26 luglio, infine, l'Alberto Fassio urtò una mina
appartenente ad uno sbarramento italiano e fu scossa da due esplosioni di
grande violenza: avvolta dalle fiamme, la cisterna affondò a 13 km da Prevesa portando con
sé trenta uomini.
I sopravvissuti, un imprecisato numero di italiani e 27 tedeschi, in parte gravemente ustionati, vennero raccolti da mezzi inviati da Prevesa e Santa Maura.
Le vittime tra l'equipaggio civile:
(si ringraziano Carlo Di Nitto e Giancarlo Covolo)
Virgilio Abbagnale, capitano di lungo corso, da Gragnano
Giovanni Abrusci, ufficiale radiotelegrafista, da Acquaviva
Salvatore Ammatuna, secondo ufficiale, da Pozzallo
Giuseppe Bibolini, cuoco, da Lerici
Andrea Carabellese, nostromo, da Molfetta
Giovanni De Serio, fuochista, da Asola
Nicola Di Tullio, ufficiale di macchina, da Bari
Giuseppe Donato, marinaio, da Messina
Luigi Ercolini, marittimo, da Lerici
Matteo Francolla, fuochista, da Fianona
Corrado Gadaleta, giovanotto, da Molfetta
Giuseppe Giagnetich, fuochista, da Laurana
Gerbaz Gobbo, fuochista, da Fiume
Giuseppe Loiacono, ufficiale di macchina, da Bari
Giovanni Machitella, tanchista, da Genova
Francesco Malelba, marinaio, da Pizzo Calabro
Gino Marchi, cuoco, da Ameglia
Amedeo Paita, cuoco, da Arcola
Vincenzo Petti, capo fuochista, da Napoli
Angelo Rabuazzo, capitano di lungo corso, da Catania
Raffaele Raguseo, giovanotto, da Molfetta
Giovanni Sacranone, fuochista, da Ortona a Mare
Cornelio Tamberi, cameriere, da Piombino
Cosimo Todisco, marinaio, da Monopoli
Sembra in verità esservi qualche incertezza sul numero complessivo di vittime, in quanto il volume "La difesa del traffico con l'Albania, la Grecia e l'Egeo" dell'Ufficio Storico della Marina Militare parla di trenta vittime, ma il diario del Comando navale tedesco dell'Egeo afferma che morirono nell'affondamento 19 soldati tedeschi, il che per differenza dal numero totale di 30 morti comporterebbe che le vittime fra l'equipaggio italiano furono undici; tuttavia, un documento presente negli archivi dell'Ufficio Storico della Marina Militare elenca 24 marittimi periti nell'affondamento dell'Alberto Fassio, che sommati ai 19 tedeschi darebbero un totale di almeno 43 vittime.
La discrepanza potrebbe essere spiegata ipotizzando che 30 sia stato il numero di morti subitanei nell'affondamento, ma che alcuni dei superstiti potrebbero essere successivamente deceduti per le ustioni riportate.
L’affondamento dell’Alberto Fassio nel diario del comando navale tedesco dell’Egeo (g.c. Dimitris Galon/Historisches Marinearchiv)
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Gentile signor Colombo, mi piacerebbe - se non fosse di troppo disturbo per lei - poterle accennare riguardo il suo articolo sulla nave "Alberto Fassio".
RispondiEliminaGrazie,
Giovanni Fassio (figlio di Alberto)
email: info@fiorinaedizioni.com - cell. 3496347418