giovedì 24 ottobre 2013

Alberto Fassio

L’Alberto Fassio quando, con il nome di Freeport Sulphur No. 1, apparteneva alla società statunitense Freeport Sulphur Company (g.c. Brazoria County Historical Museum)

Piroscafo cisterna da 2289 tsl e 1368 tsn, lungo 90,19 metri, largo 13,75, pescaggio 5,67 m. Appartenente alla Società Anonima di Navigazione Fassio, di Genova, ed iscritto con matricola 1490 al Compartimento Marittimo di Genova.
 
Breve e parziale cronologia.
 
1914
Costruita nei cantieri Harlan & Hollingsworth di Wilmington, nel Delaware (numero di scafo 433), come Francis Hanify per la compagnia J. R. Hanify Company di San Francisco. La nave è progettata come unità bivalente, nave cisterna ed inoltre adatta a trasportare legna, per il servizio da una costa all’altra degli Stati Uniti attraverso il canale di Panama.
Novembre 1914
Completata nei cantieri Harlan & Hollingsworth di Wilmington. La stazza originaria è di 2588 tsl.
1918
Acquistata dalla Freeport Sulphur Company di New York e ribattezzata Freeport Sulphur No. 1.
  
La Freeport Sulphur No. 1 vista di profilo (g.c. Brazoria County Historical Museum).

1927
Passata alla Società Armatrice Italiana (dal 1931 Unione Italiana Navigazione Società Anonima) di Genova, ribattezzata Riva Sarda.
1935
La Riva Sarda, insieme ad altri mercantili come le navi cisterna Riva Ligure e Luisiano ed i piroscafi Bainsizza, Provvidenza ed Ircania nonché alla portaidrovolanti Giuseppe Miraglia, viene impiegata nel trasporto di materiali per conto della Regia Aeronautica da Napoli a Massaua e Mogadiscio, nell’ambito delle operazioni di occupazione dell’Etiopia. Le navi formano il Reparto Tappa Africa Orientale.
1936
Acquistata dalla Villain & Fassio Società Anonina Italiana di Navigazione Mercantile (con sede a Genova) e ribattezzata Alberto Fassio.
11 maggio 1940
La Fassio, in navigazione da Costanza a Napoli con 3500 tonnellate di petrolio dell’AGIP, viene dirottata su Malta da navi britanniche nonostante l’AGIP abbia dato le garanzie previste alle autorità britanniche da più di venti giorni.
4 ottobre 1940
Il marinaio Pietro Ramondetti, da Trapani, muore per siluramento (?) a bordo dell'Alberto Fassio.
18 aprile 1941
Parte da Trapani scortata dalla torpediniera Climene e si aggrega ad un convoglio in navigazione da Palermo a Tripoli, formato dai piroscafi Isarco, Nicolò Odero e Maddalena Odero con la scorta delle torpediniere Calliope, Antonio Mosto e Giuseppe La Farina. Al convoglio si uniscono poi anche la pirocisterna Luisiano e la torpediniera Orione.
21 aprile 1941
Il convoglio raggiunge Tripoli dopo un viaggio tranquillo.
6 giugno 1941
La Fassio, insieme alle pirocisterne Urano ed Utilitas, compie un viaggio da Taranto a Patrasso con la scorta della torpediniera Aretusa e dell’incrociatore ausiliario Olbia.
17 giugno 1941
Parte dal Pireo e raggiunge Rodi unitamente al piroscafo Vesta, con la scorta della torpediniera Lince.
24 giugno 1941
Viaggia da Rodi a Corinto, da sola e senza scorta.
22 agosto 1941 
Alle 10.30 l'Alberto Fassio lascia Palermo diretta a Tripoli insieme al trasporto militare Lussin, avente a rimorchio la piccola cisterna Alcione, e con la scorta delle torpediniere Cigno e Pegaso. Alle 15.45 il convoglio viene avvistato dal sommergibile britannico Upholder un paio di miglia a nordovest di Capo San Vito Siculo. Alle 16.29 l'Upholder lancia quattro siluri contro la nave che procede in testa al convoglio: alle 16.32 la Lussin è colpita, ed affonda in due minuti. La Pegaso, insieme all’idrovolante CANT Z. 501 della scorta aerea, dà la caccia all'Upholder, che viene danneggiato lievemente, mentre la Cigno recupera i naufraghi della Lussin. Il resto del convoglio raggiunge poi Tripoli alle 22 del 23 agosto.

Un’altra immagine della Fassio come Freeport Sulphur No. 1 (g.c. Brazoria County Historical Museum)

10 ottobre 1941
Requisita dalla Regia Marina a Tripoli, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
Alle 16 dello stesso giorno la Fassio lascia Tripoli in convoglio con il piroscafo Priaruggia, carico di munizioni, con la scorta della torpediniera Partenope.
11 ottobre 1941
Alle 15.02, in posizione 31°53' N e 15°43' E il convoglio, che procede con la Partenope che zigzaga in testa e Fassio (a dritta) e Priaruggia (a sinistra, leggermente arretrato) in linea di fronte, viene attaccato a bassa quota da tre bombardieri britannici Bristol Blenheim del 107th Squadron, decollati da Malta. Gli aerei britannici (vi è anche un aereo dell’Asse di scorta, ma si trova lontano dal convoglio), avvistati alle 15.02, provengono da nordest, e vengono accolti dal tiro delle mitragliere della Partenope. I Blenheim bombardano e mitragliano le navi del convoglio, colpendo il Priaruggia con una bomba. Il tiro contraereo però colpisce due dei velivoli, uno dei quali si schianta in mare nel vano tentativo di ammarare, mentre il secondo precipita in mare in fiamme dopo aver compiuto mezza virata. Il terzo aereo si trattiene per qualche tempo nei pressi del convoglio, per poi allontanarsi. Non è del tutto chiaro a chi vada attribuito il merito dei due abbattimenti (uno dei quali era l’aereo caposquadriglia); il comandante della Partenope li attribuisce entrambi al tiro della sua nave, mentre i piloti britannici superstiti li attribuiscono entrambi, nel loro rapporto, al tiro di una “motonave” che in realtà è la Fassio (che tuttavia gli stessi piloti ritengono erroneamente essere stata colpita da due degli aerei ed incendiata, mentre in realtà la pirocisterna non ha riportato alcun danno).
La Partenope ordina alla Fassio di restare in zona navigando a zig zag, poi raggiunge il Priaruggia, che è stato prematuramente abbandonato dall’equipaggio, e fa tornare a bordo gli uomini rimasti illesi per tentarne il salvataggio ed il rimorchio, mentre imbarca i feriti del piroscafo ed anche un aviere britannico, unico superstite dei sei uomini componenti gli equipaggi dei due aerei abbattuti.
Tra le 16 e le 17.58 la Fassio, su ordine della Partenope, prende a rimorchio il danneggiato Priaruggia, ma durante la virata per dirigere su Ras Cara il cavo di rimorchio si spezza; ne viene teso un altro e le navi procedono verso Ras Cara, ma poi, durante la navigazione verso Misurata (dove Marilibia ha ordinato di portare sia i feriti che il Priaruggia), il cavo si rompe di nuovo. La Fassio allestisce nuovamente il rimorchio, ed a cinque miglia da Misurata la Partenope si separa dai due mercantili, per raggiungere più in fretta il porto e sbarcarvi i feriti (la torpediniera arriva a Misurata alle 23.16). Cinque miglia al largo di Misurata, però, il cavo di rimorchio si spezza ancora una volta: a questo punto né sulla Fassio né sul Priaruggia sono rimasti altri cavi per un nuovo tentativo di rimorchio, per cui la pirocisterna deve lasciare il piroscafo alla deriva e dirigere su Misurata, dove raggiunge la Partenope già all’ancora e ne informa il comandante circa l’accaduto. Alle 00.25, pertanto, la Partenope lascia Misurata e raggiunge il Priaruggia, che, con l’aiuto di un rimorchiatore, potrà finalmente essere portato in porto.
La Fassio proseguirà poi per Bengasi, dove arriverà il 13 ottobre.
2 novembre 1941
Compie un viaggio da Brindisi a Durazzo, in navigazione isolata e priva di scorta.
4 aprile 1942
La Fassio lascia Taranto e raggiunge Argostoli in convoglio con il piroscafo Reha ed il trasporto militare Pluto, con la scorta delle torpediniere Francesco Stocco ed Antares.
12 aprile 1942
Compie un viaggio dal Pireo a Lero scortata dai cacciatorpediniere Francesco Crispi e Quintino Sella.
17 aprile 1942
Lascia Lero e raggiunge Rodi, sempre scortata da Crispi e Sella.
18 aprile 1942
Rientra da Rodi al Pireo.

Ancora la Freeport Sulphur No. 1 (g.c. Brazoria County Historical Museum)

28 aprile 1942
Parte da Prevesa e raggiunte Taranto insieme alla motonave cisterna Rondine e con la scorta della torpediniera San Martino.
28 giugno 1942
Effettua un viaggio da Taranto a Patrasso scortata dalla torpediniera Aretusa.
9 luglio 1942
La Fassio, insieme ai piroscafi Re Alessandro, Monstella e Pierluigi e con la scorta della torpediniera Monzambano e dell’incrociatore ausiliario Barletta, lascia Suda e Raggiunge il Pireo.
Successivamente la Fassio si unisce ad un convoglio composto dalle motonavi italiane Città di Alessandria, Città di Agrigento e Città di Savona e dai piroscafi tedeschi Delos e Santa Fè, partito da Suda per Tobruk alle 21.40 dell’8 luglio e scortato da tre unità italiane e tre tedesche. L’organizzazione britannica “ULTRA” intercetta e decifra alle 17.56 del 7 un messaggio contenente l’orario della partenza e la rotta del convoglio. Nella giornata del 9 luglio il convoglio non subisce attacchi, grazie ai caccia della Luftwaffe che intercettano i cinque bombardieri B 24 Liberator inviati ad attaccare le navi dell’Asse. Il Servizio Informazioni Speciali della Regia Marina, poi, alle 17.15 ed alle 18.15 intercetta a sua volta il messaggio inviato da un ricognitore britannico che ha avvistato il convoglio, lanciando di conseguenza un’allerta (con messaggio PAPA, Precedenza Assoluta sulla Precedenza Assoluta) per informare il convoglio. Sedici Vickers Wellington, dieci siluranti e sei bombardieri, decollano dalle basi egiziane per attaccare il convoglio, ma solo due degli aerosiluranti riescono a trovarlo, senza riuscire a colpire alcuna nave grazie alle cortine fumogene, mentre i bombardieri sganciano il loro carico sulle navi ma nessuna bomba va a segno.
Nella notte il convoglio viene attaccato da quattro aerosiluranti Fairey Albacore (altri quattro non riescono a trovarlo), senza riportare danni, mentre su nove bombardieri Hudson uno solo rintraccia le navi italiane; gli altri le trovano dopo l’alba, ma vengono respinti dal violento tiro contraereo. Anche sei aerosiluranti Bristol Beaufort vengono inviati all’attacco, ma non riescono a trovare le navi da attaccare, ed infine il convoglio raggiunge indenne Tobruk alle 13.50 del 10 luglio.
21 agosto 1942
La nave viene attaccata da 16 bombardieri Consolidated B-24 Liberator, dieci dei quali dell’USAAF, ma non riporta alcun danno. L’attacco è stato determinato da intercettazioni di “ULTRA”, che il 19 hanno permesso ai comandi britannici di apprendere della prevista partenza della nave, il 21 dell’avvenuta partenza ed il 22 della scorta aerea assegnata alla cisterna.
23 agosto 1942
Dopo una sosta a Derna, l'Alberto Fassio arriva a Tobruk con 2749 tonnellate di carburante, che vengono pompate nei depositi a terra il giorno stesso.
31 luglio 1942
Compie un viaggio da Patrasso a Taranto insieme ad un’altra pirocisterna, la Sanandrea, e con la scorta della torpediniera Antares e dell’incrociatore ausiliario Barletta.
28 agosto 1942
Raggiunge Tobruk con 2040 (per altra fonte 2635) tonnellate di carburante.
14 settembre 1942
All’una del 14 la nave lascia Suda diretta a Tobruk.
15 settembre 1942
Dopo aver eluso un attacco da parte di un sommergibile ed uno da parte di aerei nelle acque di Derna, l'Alberto Fassio raggiunge in serata Tobruk con 2265 tonnellate di preziosa benzina, indenne, nonostante l’offensiva aeronavale britannica si concentri proprio sulle navi cisterna, e sui loro fondamentali carichi di carburante, per indebolire le forze dell’Asse in previsione dell’offensiva di El Alamein.
21 settembre 1942
Effettua un viaggio da Suda al Pireo scortata dalle torpediniere Lupo e Sirio.
24 settembre 1942
Parte da Patrasso e raggiunge Valona con la scorta della torpediniera Orione.

L’Alberto Fassio (a destra) fotografata a Tobruk il 30 ottobre 1942 (da Forum Marinearchiv, provenienza non nota – qualora il detentore dei crediti ne facesse richiesta la fonte verrà prontamente aggiunta)


4 giugno 1943
Viaggio da Bari a Patrasso, con la scorta delle torpediniere Giuseppe Missori ed Enrico Cosenz.
17 giugno 1943
Salpa dal Pireo, fa scalo a Sira ed a Lero e raggiunge infine Rodi, scortata dalla torpediniera Calatafimi.
21 giugno 1943
Lascia Rodi, raggiunge Lero ed infine arriva al Pireo sempre scortata dalla Calatafimi, ma ora in convoglio anche con il piroscafo Bucintoro.
23 luglio 1943
Lascia Bari e raggiunge Valona insieme al piroscafo Palermo, e con la scorta della torpediniera Missori.
 
L'affondamento
 
Alle quattro del mattino del 25 luglio 1943 l'Alberto Fassio, carica di benzina per aerei, partì da Valona, diretta a Patrasso con la scorta della torpediniera Giuseppe Missori. A bordo, oltre all'equipaggio italiano, c'erano 46 militari tedeschi.
Marina Valona aveva fissato l’ora della partenza del convoglio in modo che le due navi transitassero nel Canale di Santa Maura (Isole Ionie) prima di notte, dato che la navigazione nei pressi di Capo Dukato (nell'Isola di Santa Maura) era vietata di notte. La Fassio, tuttavia, sebbene richiamata dalla Missori perché non la stava seguendo correttamente sulla rotta prestabilita, alle 17.30 s'incagliò sulle secche di Capo Mitikas, a cinque miglia dall’entrata del porto di Prevesa.
Il comandante della Missori, capitano di corvetta Wolfango Mandini, riuscì a comunicare l'accaduto al Comando Militare Marittimo della Grecia Occidentale (Marimorea, avente sede a Patrasso) solo dopo aver chiamato più volte, per via di ininterrotti disturbi atmosferici che ostacolavano le trasmissioni radio: il risultato fu che solo intorno alle 20.00 vennero fatte partire delle unità per assistere la petroliera, ma alle 21.40 la Fassio riuscì a disincagliarsi da sola, usando le sue macchine.

Il comandante Mandini chiese allora disposizioni a Marimorea, e nel mentre, scartata la possibilità di atterrare su Prevesa (l’ingresso sarebbe stato difficoltoso, e per giunta era stato riportato che nella zona vi era una mina magnetica) e quella di tornare indietro ed attendere le luci dell’alba, decise di pendolare sulla rotta aspettando ordini. Il pendolo durò tuttavia parecchio, perché, per i soliti disturbi atmosferici, la Missori non riusciva a comunicare né con Marimorea né con il comando di Brindisi. Per giunta la Fassio, di nuovo, non seguiva con precisione la Missori nelle sue inversioni di rotta. 
Alle 3.27 (o 3.25) del 26 luglio, infine, l'Alberto Fassio urtò una mina appartenente ad uno sbarramento italiano e fu scossa da due esplosioni di grande violenza: avvolta dalle fiamme, la cisterna affondò a 13 km da Prevesa portando con sé trenta uomini.
I sopravvissuti, un imprecisato numero di italiani e 27 tedeschi, in parte gravemente ustionati, vennero raccolti da mezzi inviati da Prevesa e Santa Maura.

Le vittime tra l'equipaggio civile:
(si ringraziano Carlo Di Nitto e Giancarlo Covolo)

Virgilio Abbagnale, capitano di lungo corso, da Gragnano
Giovanni Abrusci, ufficiale radiotelegrafista, da Acquaviva
Salvatore Ammatuna, secondo ufficiale, da Pozzallo
Giuseppe Bibolini, cuoco, da Lerici
Andrea Carabellese, nostromo, da Molfetta
Giovanni De Serio, fuochista, da Asola
Nicola Di Tullio, ufficiale di macchina, da Bari
Giuseppe Donato, marinaio, da Messina
Luigi Ercolini, marittimo, da Lerici
Matteo Francolla, fuochista, da Fianona
Corrado Gadaleta, giovanotto, da Molfetta
Giuseppe Giagnetich, fuochista, da Laurana
Gerbaz Gobbo, fuochista, da Fiume
Giuseppe Loiacono, ufficiale di macchina, da Bari
Giovanni Machitella, tanchista, da Genova
Francesco Malelba, marinaio, da Pizzo Calabro
Gino Marchi, cuoco, da Ameglia
Amedeo Paita, cuoco, da Arcola
Vincenzo Petti, capo fuochista, da Napoli
Angelo Rabuazzo, capitano di lungo corso, da Catania
Raffaele Raguseo, giovanotto, da Molfetta
Giovanni Sacranone, fuochista, da Ortona a Mare
Cornelio Tamberi, cameriere, da Piombino
Cosimo Todisco, marinaio, da Monopoli

Sembra in verità esservi qualche incertezza sul numero complessivo di vittime, in quanto il volume "La difesa del traffico con l'Albania, la Grecia e l'Egeo" dell'Ufficio Storico della Marina Militare parla di trenta vittime, ma il diario del Comando navale tedesco dell'Egeo afferma che morirono nell'affondamento 19 soldati tedeschi, il che per differenza dal numero totale di 30 morti comporterebbe che le vittime fra l'equipaggio italiano furono undici; tuttavia, un documento presente negli archivi dell'Ufficio Storico della Marina Militare elenca 24 marittimi periti nell'affondamento dell'Alberto Fassio, che sommati ai 19 tedeschi darebbero un totale di almeno 43 vittime.
La discrepanza potrebbe essere spiegata ipotizzando che 30 sia stato il numero di morti subitanei nell'affondamento, ma che alcuni dei superstiti potrebbero essere successivamente deceduti per le ustioni riportate.

L’affondamento dell’Alberto Fassio nel diario del comando navale tedesco dell’Egeo (g.c. Dimitris Galon/Historisches Marinearchiv)


1 commento:

  1. Gentile signor Colombo, mi piacerebbe - se non fosse di troppo disturbo per lei - poterle accennare riguardo il suo articolo sulla nave "Alberto Fassio".
    Grazie,
    Giovanni Fassio (figlio di Alberto)
    email: info@fiorinaedizioni.com - cell. 3496347418

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