venerdì 1 marzo 2024

Capo Alga

Il Capo Alga sotto il precedente nome di Munbeaver (da www.shipscribe.com)


Piroscafo da carico di 4723 tsl e 2891 tsn, lungo 117,3 metri, largo 15,5 e pescante 8,44, con velocità di 10,5-11 nodi ed autonomia di 4100 miglia. Di proprietà della Società Anonima Compagnia Genovese di Navigazione a Vapore, con sede a Genova, ed iscritto con matricola 2213 al Compartimento Marittimo di Genova; nominativo di chiamata IBKZ.

La storia ufficiale dell’USMM lo descrive così: “Costruita nel 1918 e destinata a percorrere le rotte dell’Atlantico, era una nave da carico tozza e pacifica che le vicissitudini della guerra avevano ora designata a violare per prima il blocco britannico”.


Breve e parziale cronologia.


25 maggio 1916

Impostato nei cantieri della Merchant Shipbuilding Corporation (già Chester Shipbuilding Company) di Chester, Pennsylvania (numero di costruzione 340). È la prima di un gruppo di cinque navi ordinate dalla Shawmut per sostituire le unità della sua flotta d’altura, vendute in blocco al governo francese.

29 settembre 1917

Varato nei cantieri della Merchant Shipbuilding Corporation di Chester come Sudbury, per la Shawmut Steamship Company Inc. di Boston. Madrina del varo è la moglie del presidente della Shawmut Steamship Company, Harris Livermore, che presenzia al varo insieme ad altri alti funzionari della società, tra cui il vicepresidente Lester H. Monks ed il sovrintendente alle attività marittime Moore.

Durante la costruzione il piroscafo viene requisito dallo United States Shipping Board (ente governativo incaricato della gestione della flotta mercantile statunitense durante la prima guerra mondiale, e nella sua espansione per soddisfare le esigenze belliche americane ed alleate mediante acquisizioni, requisizioni e programmi di costruzione basati su progetti standardizzati) per conto della Marina statunitense.

4 o 5 marzo 1918

Completato come trasporto USS Sudbury (ID-2149) per il Naval Overseas Transportation Service della Marina statunitense (componente della Marina statunitense istituita nel gennaio 1918 per gestire il trasporto dei rifornimenti per le truppe statunitensi dispiegate in Europa: al suo apice giungerà ad avere una flotta di oltre 450 navi da carico), entrando in servizio il giorno stesso a Filadelfia. Stazza lorda originaria 5075 tsl, netta 3041 tsn, dislocamento 10.400 tonnellate, portata lorda 7200 o 7500 tpl, nominativo di chiamata LJQV, porto di registrazione Boston; è armato con un cannone da 127/51 mm ed un cannoncino Hotchkiss da 57 mm.

Ne è comandante il capitano di corvetta Charles F. Smith, della United States Naval Reserve Force; l’equipaggio è variamente indicato dalle fonti in 52 (di cui dieci ufficiali) o 104 uomini (in tempo di guerra; in tempo di pace, 38 uomini).

20 marzo 1918

Il Sudbury salpa da Filadelfia per il suo primo viaggio con un carico di rifornimenti per l’esercito statunitense, dirigendo inizialmente per New York.

24 marzo 1918

Si unisce a New York ad un convoglio in partenza per la Francia.

8 aprile 1918

Arriva a Brest, da dove poi prosegue per Bordeaux, ove scarica il carico.

5 maggio 1918

Lascia Bordeaux per fare ritorno a New York. Durante il viaggio di ritorno, qualche giorno dopo aver lasciato la Francia, si verifica un’avaria alla turbina, con la rottura dei denti del pignone di dritta, il che costringe ad usare solo la turbina a bassa pressione, con una velocità massima di nove nodi. Controlli effettuati all’arrivo a New York mostreranno che i denti del pignone si sono rotti a causa della cattiva qualità dell’acciaio con cui sono stati realizzati, probabilmente dovuta ad un errore nel trattamento termico del metallo; si scoprirà anche che anche alcuni denti del pignone di sinistra presentano delle fratture, pur non avendo dato problemi durante la navigazione.

Giugno-Dicembre 1918

Compie altri tre viaggi dagli Stati Uniti alla Francia.

29 settembre 1918

Il guardiamarina John Michael White, della United States Naval Reserve Force, muore per influenza spagnola a bordo del Sudbury.

10 gennaio 1919

Salpa da Filadelfia diretto a Trieste.

3 aprile 1919

Fa ritorno a Filadelfia.

11 aprile 1919

Radiato dai quadri della Marina statunitense, trasferito allo United States Shipping Board e subito restituito alla Shawmut Steamship Company.

1919-1923

Impiegato sulla tratta Amburgo-Plymouth-Rosario-New York.

7-9 dicembre 1920

Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre un incendio scoppia a bordo del Sudbury (capitano Walter O’Brien), in navigazione da New York a San Francisco, quando la nave si trova 150 miglia a sud di San Pedro, in California, ed a 70 miglia dalla costa. L’incendio ha origine in nella stiva numero 3, dove tra l’altro sono contenuti olii e vernici; a scatenarlo sono state probabilmente delle scintille generate dallo sfregamento del carico spostatosi all’interno della stiva. Il calore generato dall’incendio è tale che i piedi dei marinai rimangono scottati dal contatto col ponte arroventato, con formazione di vesciche, ed i gas tossici costringono più volte l’equipaggio a retrocedere. Il piroscafo chiede aiuto via radio e vengono preparate le scialuppe quando sembra che la battaglia contro l’incendio sia irrimediabilmente persa (si teme anche che le fiamme possano raggiungere l’olio motore e la formaldeide che fa parte del carico, con conseguenze disastrose), ma alla fine l’equipaggio riesce a domare le fiamme con i mezzi disponibili a bordo, a mezzogiorno dell’8 dicembre, ed a raggiungere San Diego nella notte sul 9 dicembre, con la nave fortemente sbandata a sinistra a causa della grande quantità d’acqua pompata nella stiva. Dopo l’arrivo in porto, il mattino del 9 dicembre, l’incendio scoppia nuovamente; stavolta intervengono i pompieri, che aprono un varco nello scafo con i cannelli acetilenici per domare le fiamme.

I danni causati dall’incendio vengono valutati dagli assicuratori in un milione di dollari; la nave viene riparata a San Francisco, dove giunge il 16 dicembre dopo aver fatto scalo intermedio a San Pedro.

Già a fine dicembre, il Sudbury è in grado di riprendere il servizio tra i porti delle due coste degli Stati Uniti per la American-Hawaiian Shipping Company, salpando da Tacoma con un carico di traversine ferroviarie.

Novembre 1924

Mentre è a bordo del Sudbury, ormeggiato nel porto di Portland, per ispezionare un carico di vetro destinato alla W. P. Fuller Company prima che venga scaricato, W. B. Miller, dipendente di tale società, inciampa in un’apertura non protetta nel ponte e rimane ferito. Miller farà causa per questo alla American Ship Commerce Navigation Corporation, ma il giudice respingerà la sua richiesta di risarcimento non essendosi potuto dimostrare, come Miller sostiene, che egli fosse salito a bordo su richiesta degli agenti dell’armatore anziché di sua iniziativa.

1925

Trasferito alla American Ship & Commerce Navigation Company di New York, che ha assorbito la Shawmut Steamship Company; in gestione alla United American Lines di New York.

1926

Mentre la chiatta Commandant sta caricando delle billette di acciaio sul Sudbury, ormeggiato nel porto di Baltimora, una billetta del peso di 17 tonnellate scivola fuori dall’imbragatura e cade dalla gru della Commandant nella stiva numero 1 del piroscafo, danneggiandone lo scafo. Ne seguirà una causa legale presso la Corte distrettuale del Maryland tra i proprietari del Sudbury e quelli della Commandant. Al processo, quattro testimoni chiamati dagli armatori del Sudbury affermeranno che la billetta è caduta dall’imbragatura dopo aver urtato la mastra del portellone della stiva numero 1, mentre un testimone chiamato dai proprietari della chiatta negherà che l’urto abbia avuto luogo. I proprietari del piroscafo attribuiscono la colpa dell’accaduto alla chiatta ed al suo equipaggio, mentre quelli della chiatta incolpano i quattro portuali ingaggiati dagli armatori della nave per assistere nelle operazioni di caricamento, che non avrebbero imbragato adeguatamente la billetta (che sarebbe caduta perché imbragata male e non per aver urtato la mastra per errata manovra della gru della Commandant, cosa quest’ultima che negano sia avvenuta); il giudice darà ragione agli armatori del Sudbury, sostenendo che gli stivatori, essendo passati di fatto agli ordini del personale della chiatta durante il caricamento, ricadessero sotto la responsabilità di quest’ultima (pur essendo stati ingaggiati dai proprietari del Sudbury) e che dunque alla chiatta ed ai suoi proprietari vada in ogni caso la responsabilità dell’accaduto. I proprietari del Commandant saranno pertanto condannati a risarcire i danni subiti dal Sudbury.

Nel marzo 1928 il marinaio Otto Wahrenberg, rappresentante del Sindacato Internationale dei Marinai (International Seamens’ Union), descriverà in questi termini le condizioni di lavoro a bordo del Sudbury nel luglio-agosto 1926, epoca in cui navigava per la United American Line, davanti al Comitato sulla Marina Mercantile e peschereccia della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti: “I salari su questa nave erano di 55 dollari per i marinai: il cibo era pessimo, ed il personale di coperta era composto in maggioranza da uomini che non sapevano fare il lavoro del marinaio. Gli alloggi erano sporchi e malsani, i gabinetti intasati ed allagati, ed il ponte sopra la mia cuccetta era affetto da infiltrazioni d’acqua. Ho dovuto farmi dare un pezzo di tela dall’ufficiale per tenere fuori l’acqua. Avevamo tre giovani dell’Università di Yale, che si pagavano il passaggio di ritorno da San Francisco, dov’erano giunti in automobile, alla costa atlantica lavorando. Non erano mai stati in mare prima, ed erano stati imbarcati con lo stipendio di un centesimo al mese. Io mi ero imbarcato come marinaio, ma dopo pochi giorni ero stato promosso a timoniere, ed ho poi fatto le funzioni del nostromo per il resto del viaggio, perché il nostromo titolare era rimasto ferito ad un braccio ed ha passato il resto del viaggio in infermeria. Durante tutto il tempo che ho passato a bordo, non è mai stato messo un telone sul ponte per riparare dal sole, nonostante il caldo fosse terribile, salvo che il giorno prima che raggiungessimo il Canale di Panama. Il telone è durato poche ore, ed è stato ridotto a brandelli nel cuore della notte quando uno scroscio di pioggia ha colpito la nave. Era così vecchio da risultare irreparabile. Un marinaio aveva la febbre, ed è stato ricoverato nell’ospedale di Savannah, dove sono sbarcati anche gli studenti di Yale, che hanno preso il biglietto per New York. Il personale di coperta su questa nave consisteva in un nostromo, quattro timonieri, due marinai e tre mozzi, per un totale di dieci uomini in coperta, di cui quattro potevano fare il lavoro dei marinai. Tre dei quattro timonieri facevano i turni di guardia; l’altro, cioè io, svolgeva i lavori giornalieri. Di notte c’era un mozzo di vedetta in coperta dalle quattro a mezzanotte ed un altro da mezzanotte alle otto. Nessuno dei due aveva esperienza di mare. Il mozzo di vedetta sostituiva il timoniere al timone alle dieci di sera ed alle due di notte per mezz’ora. In questo lasso di tempo non c’era nessuno di vedetta. Chiamava anche il personale di guardia alla prima campana, portava il caffè all’ufficiale in plancia, e lasciava il suo posto di vedetta ogni volta che gli veniva ordinato. Tutto il resto del personale – nostromo, due marinai, un mozzo ed io – svolgeva i lavori giornalieri. Noi marinai riteniamo che ciò sia contrario alla legge. (…) Durante tutto il viaggio risentii del caldo e della mancanza d’aria negli alloggi. Il carico di legname sul ponte era accatastato davanti agli oblò a ridottissima distanza, impedendo all’aria di circolare. Il ponte di poppa, dove si trovavano il cassero e la stanza del timoniere, era soggetto ad infiltrazioni d’acqua, e quando pioveva non c’era un posto asciutto dove dormire o tenere i vestiti”.

1927

Acquistato dalla Munson Steamship Line Inc. di New York e ribattezzato Munbeaver (inizialmente, dal 1927 al 1930, ne risulterà proprietaria la Sudbury Steamship Corporation di New York, una holding appositamente costituita dalla Munson Line). Porto di registrazione New York, nominativo di chiamata WKCO; posto in servizio nei collegamenti tra le due coste degli Stati Uniti. Stazza lorda e netta sono 4835 tsl e 2980 tsn, portata lorda 7200 tpl.

(Secondo un sito, il Sudbury avrebbe brevemente cambiato il nome in Munbeaver nel 1927, per poi tornare a chiamarsi ancora Sudbury dal 1927 al 1933, quando assunse definitivamente il nome di Munbeaver. Sembra probabile un errore).

1938

Acquistato, in seguito al fallimento della Munson Line, dalla Compagnia Genovese di Navigazione a Vapore, con sede a Genova, e ribattezzato Capo Alga; viene sottoposto a lavori di raddobbo ed adattamento per il servizio con la nuova compagnia.

Insieme ad esso, la Compagnia Genovese di Navigazione a Vapore acquista anche un altro piroscafo della Munson Line, il più piccolo Munsomo, ribattezzato Capo Orso.

La Compagnia Genovese di Navigazione a Vapore, nota internazionalmente come ‘Capo Line’ (dato che tutte le sue navi portano nomi di Capi), sta rapidamente espandendo la propria flotta: dai tre piroscafi del 1930, la compagnia è giunta a possederne dieci nel 1938. Sono tutte navi di seconda mano; tutte costruite in cantieri britannici, tranne Capo Alga e Capo Orso, che sono i primi piroscafi di costruzione statunitense ad essere acquistati dalla società (sono stati venduti nell’ambito di un piano per “svecchiare” la flotta mercantile statunitense).


Il varo del Sudbury (New York Commercial)


Forzare il blocco


Nel maggio del 1940 il Capo Alga compì un viaggio in Sudamerica, dove caricò 5100 tonnellate di merci di vario genere per conto di varie società italiane, svizzere e jugoslave. Completato il carico, il piroscafo lasciò Buenos Aires per tornare a Genova, ma il 6 giugno, mentre ancora era in pieno Atlantico, ricevette via radio l’ordine del Ministero delle Comunicazioni (che aveva competenza sulla Marina Mercantile), per tramite dell’armatore e della Capitaneria di porto, di rifugiarsi a Santa Cruz de Tenerife, nell’isola omonima dell’arcipelago delle Canarie. L’Italia stava per entrare nella seconda guerra mondiale, e per il Capo Alga, come per duecento altre navi mercantili italiane in navigazione in quel momento nei mari di tutto il mondo, non c’era più tempo per rientrare in Mediterraneo prima che la dichiarazione di guerra italiana portasse i britannici, padroni di entrambi i suoi accessi (Suez e Gibilterra), a sbarrarli a tutti i bastimenti del nuovo nemico. Non restava dunque che rifugiarsi in porti di nazioni che sarebbero rimaste neutrali, e se possibile favorevoli all’Italia, come appunto la Spagna franchista: ben 32 bastimenti italiani (20 navi da carico per complessive 106.608 tsl e 12 navi cisterna per totali 67.952 tsl) vi avrebbero infatti trovato rifugio a ridosso della dichiarazione di guerra, in parte nei porti della costa atlantica spagnola ed in parte in quelli delle Canarie. 

Il Capo Alga arrivò a Santa Cruz de Tenerife proprio il 10 giugno, il giorno dell’ingresso in guerra dell’Italia. In quel porto, oltre al Capo Alga, si rifugiarono i piroscafi da carico Madda, Andalusia e Teresa Schiaffino e le petroliere Recco, SangroTodaro, Taigete ed Arcola; altre sei navi da carico e due navi cisterna si rifugiarono a Las Palmas, nell’isola di Gran Canaria. Il 19 luglio la Compagnia Genovese di Navigazione a Vapore informò i proprietari delle merci trasportate dal Capo Alga che la nave si era rifugiata a Tenerife per ordine superiore, fornendo loro le istruzioni per ritirare le merci a Tenerife, qualora lo avessero voluto (consegna delle polizze originali firmate, sollevando la società armatrice da ogni responsabilità sul carico con la consegna a Tenerife anziché a Genova, e contribuzione in ragione del 10 % del valore delle merci). Nessuno ne fece richiesta.

Pur avendo evitato la cattura, il Capo Alga e le altre navi rifugiatesi nei porti spagnoli e di altri Paesi neutrali si trovavano ora bloccate in quei porti, con la prospettiva di passarvi tutta la guerra senza poter essere in alcun modo di aiuto allo sforzo bellico italiano. Non la pensavano così vertici della Marina italiana, che presero la decisione di cercare di trasferire almeno una parte di quelle navi in porti controllati dall’Asse, violando la sorveglianza aeronavale britannica: nella fattispecie, quali porti di destinazione per questi violatori di blocco vennero scelti quelli della costa atlantica francese, occupata dalle forze tedesche, e specialmente quello di Bordeaux, frattanto diventato la sede di una base atlantica di sommergibili italiani, «Betasom». In questo modo sarebbe stato almeno possibile recuperare i carichi di quei mercantili, consistenti in gran parte in materiali che sarebbero stati molto utili per l’industria bellica e le forze armate dell’Asse. Nella pianificazione del trasferimento dei mercantili italiani dai porti neutrali di mezzo mondo a quelli della Francia occupata, la scelta ricadde, per prima cosa, proprio sui bastimenti rifugiatisi in Spagna e nelle Canarie: decisione logica, in quanto i porti spagnoli e canari erano quelli più vicini alla Francia, dunque le navi provenienti da tali sorgitori avrebbero compiuto un percorso più breve, e risultavano dunque più facilmente “recuperabili”. Agli inizi del 1941, le navi mercantili italiane internate in Spagna ed alle Canarie erano ancora in soddisfacenti condizioni di efficienza, per quanto la forzata inerzia in porto, protrattasi per diversi mesi, avesse influito negativamente sia sugli scafi che sugli equipaggi. Le modalità ed i tempi per il trasferimento delle navi vennero decise in una serie di riunioni tenutesi a Roma nell’autunno del 1940 tra rappresentanti dei Ministeri della Marina, delle Comunicazioni, degli Esteri e degli Scambi e Valute, ed il 14 dicembre 1940 le relative disposizioni vennero comunicate agli addetti navali italiani in Spagna ed in Brasile (altro Paese dal quale sarebbero partiti molti “violatori di blocco” diretti in Francia). Primi a partire furono due bastimenti che si trovavano in porti della costa atlantica spagnola, la nave cisterna Clizia (a San Juan de Nieva) ed il piroscafo Capo Lena (a Vigo): il loro viaggio, compiuto nel febbraio 1941, procedette senza intoppi.

Mentre si compiva il trasferimento di Clizia e Capo Lena, nello stesso mese di febbraio 1941 i mercantili italiani presenti nei porti delle Canarie vennero concentrati in due soli porti – Santa Cruz de Tenerife e Las Palmas – in modo da porli al riparo da eventuali tentativi di colpi di mano di navi da guerra britanniche. A Santa Cruz de Tenerife era arrivata, già dal precedente novembre, la pirocisterna Burano, proveniente da Santa Cruz de la Palma; per il resto le navi presenti in quel porto erano le stesse del giugno 1940. Sette delle navi, insieme a due piroscafi tedeschi, erano ormeggiate affiancate in una lunga fila al centro della rada: tra di esse anche il Capo Alga, ormeggiato all’estremità meridionale della fila (da sud verso nord c’erano Capo Alga, Arcola, Burano, Madda, una nave tedesca, Taigete, Teresa Schiaffino, Todaro e l’altra nave tedesca). Le altre tre – Recco, Sangro e Andalusia – erano invece ormeggiate, anch’esse affiancate, accanto al molo-frangiflutti che delimitava il porto a levante. L’8 febbraio il capitano di vascello Aristotele Bona, addetto navale italiano a Madrid, ordinò con foglio riservato personale al capitano di fregata Eugenio Normand (dopo essersi messo d’accordo con il console italiano a Santa Cruz, Roberto Giardini) di recarsi nelle Canarie, ispezionare i mercantili italiani ivi internati per verificare le condizioni di efficienza di ciascuno di essi, ed iniziare ad organizzarne il trasferimento verso la Francia occupata. Il comandante Normand volò dunque alle Canarie e, con l’aiuto del console Giardini, provvide alla sua “ricognizione”, di cui riferì al capitano di vascello Bona il 5 marzo. Normand poté partire per le Canarie solo il 13 febbraio, con un aereo spagnolo; atterrò alle 19 di quel giorno a Las Palmas, nell’isola di Gran Canaria, dove il governatore spagnolo appose la sua autorizzazione sul passaporto diplomatico di Normand. Più difficile fu raggiungere Tenerife: il piccolo aereo che collegava quell’isola con Gran Canaria effettuò due false partenze, e infine raggiunse Santa Cruz de Tenerife soltanto il 17 febbraio. Nei quattro giorni intercorsi, pertanto, Normand raccolse informazioni utili per la sua missione, mantenendo al contempo il segreto sulle sue finalità. 

Giunto infine a Santa Cruz de Tenerife, l’ufficiale si mise all’opera: fin da subito rilevò che la sosta forzata di otto mesi nei porti canari – la cui popolazione mostrava quasi all’unanimità simpatie nei confronti dei britannici – aveva nociuto allo stato di conservazione e di approntamento degli scafi, anche perché alcuni armatori avevano ridotto al minimo le spese per la manutenzione delle loro navi ed anche soppresso diverse indennità senza nemmeno aspettare provvedimenti ufficiali delle corporazioni interessate. Normand prese contatto con i comandanti dei vari bastimenti italiani, iniziando col far notare loro che le lavi si trovavano in una situazione precaria, esposte a colpi di mano britannici così come a possibili mutamenti della situazione esterna della Spagna; poi li invitò a spiegare quali provvedimenti, secondo loro, avrebbero potuto essere adottati; infine giunse al nocciolo della questione: nel volgere di qualche giorno, li convinse che far partire le navi cariche per Bordeaux e Saint Nazaire fosse non solo possibile, ma addirittura necessario, dando ad intendere che le Marine italiana e tedesca e la Luftwaffe avrebbero “coperto” la loro traversata con adeguati appostamenti ed altri provvedimenti, anche se non la loro presenza non sarebbe risultata visibile. Come ulteriore incentivo, infine, annunciò che per gli equipaggi delle navi che fossero giunte in Francia ci sarebbe stato un premio. L’insieme di questi argomenti finì col convincere anche i più titubanti della necessità di partire; a questo punto, Normand consegnò ai comandanti le istruzioni segrete che aveva ricevuto, e che provvide a spiegare. Tutti i comandanti si dichiararono contrari ad una partenza simultanea, in massa, pur affermando che se questi fossero stati gli ordini, li avrebbero eseguiti. Parere contrario ad una partenza contemporanea venne anche espresso dal console italiano Giardini, dal console tedesco e dal funzionario consolare tedesco che doveva organizzare la partenza dei mercantili tedeschi (insieme ai bastimenti italiani, infatti, c’erano a Santa Cruz anche due navi tedesche, destinate anch’esse a partire per la Francia). 

Dai tedeschi, che avevano già maturato una certa esperienza in materia di violatori di blocco, Normand apprese che era pressoché impossibile tenere segreti i preparativi di partenza, mentre non altrettanto difficile era mantenere la segretezza sulla data in cui questa sarebbe avvenuta. Dunque la cosa migliore da farsi era di compiere simultaneamente i preparativi per la partenza di tutte le navi, cercando ad ogni modo di occultarli per quanto possibile; poi, far riprendere alle navi la normale quotidianità dei mercantili internati per qualche tempo, in modo da far pensare ad una falsa partenza ed indurre gli eventuali osservatori nemici a rilassare la vigilanza; indi, trascorso abbastanza tempo, far partire all’improvviso i mercantili. Era opportuno informare le autorità locali della partenza, per rispettare le formalità e non “offenderle”, ma soltanto all’ultimo momento, indicando una falsa destinazione, oppure il mattino seguente. Altra cosa che Normand notò era che i mercantili tedeschi a Tenerife erano stati completamente verniciati di grigio: informandosi a riguardo, apprese che le sovrastrutture bianche risultavano troppo visibili anche di notte, e che effettuare la verniciatura durante la navigazione era molto difficile, perché gran parte dell’equipaggio doveva vigilare contro eventuali avvistamenti di navi od aerei, lasciando ben pochi uomini a verniciare la nave (opera che così si protraeva per parecchi giorni), e per giunta i colpi di mare rimuovevano la vernice appena stesa, ancora fresca. Dunque, era più agevole verniciare i bastimenti mentre erano in porto, anche se questo significava tradirne le intenzioni. Come prima cosa, per evitare fughe di notizie, Normand troncò tutte le corrispondenze, sia postali che telegrafiche, tra gli equipaggi dei mercantili, le loro famiglie e gli armatori; giustificò questo provvedimento affermando che la precedente corrispondenza era stata tutta intercettata dal nemico, che ne aveva ricavato importanti informazioni. D’ora innanzi, spiegò Normand, i marittimi avrebbero dovuto consegnare tutta la loro posta alle autorità consolari, che l’avrebbero inviata in Italia per mezzo dell’ambasciata italiana, in un plico speciale diplomatico sigillato. Per non sollevare sospetti, ed avendo ogni mercantile un unico radiotelegrafista, venne ordinato che l’ascolto radio non avesse inizio fino a quando non fosse stato impartito un apposito ordine dalle autorità consolari, che avrebbero a loro volta saputo la data di inizio dall’ufficio di Normand, il quale l’avrebbe comunicata mediante un telegramma commerciale convenzionale.

Per quanto riguardava le dieci navi presenti a Santa Cruz de Tenerife, Normand trovò che Capo AlgaReccoSangroTodaroMadda e Burano erano cariche; TaigeteArcolaAndalusia e Teresa Schiaffino erano scariche, dunque il loro trasferimento non risultava di grande utilità. Nessuna di queste quattro navi, infatti, lasciò Tenerife; venne inoltre escluso dalla partenza il Madda, perché aveva le caldaie in pessime condizioni in seguito alla loro alimentazione d’emergenza con acqua di mare, avvenuta all’indomani della dichiarazione di guerra per sfuggire ad una nave francese. In definitiva, vennero scelte come “violatori di blocco” metà delle navi presenti nel porto: Capo Alga, ReccoSangroTodaroBurano. Per quanto concerneva le condizioni materiali delle navi, Normand trovò che alcune delle petroliere avevano le carene in pessime condizioni, a causa dei lunghi periodi trascorsi dall’ultimo carenaggio che avevano effettuato, mentre altre navi avevano le caldaie piuttosto malridotte; niente però che non fosse risolvibile in tempi ragionevolmente brevi con i mezzi disponibili sul posto. Terminata la sua “ricognizione”, Normand diede il via ai lavori per preparare le navi al viaggio. Le sovrastrutture di tutti i mercantili – anche quelli scarichi, presumibilmente per confondere le idee di eventuali osservatori circa quali navi sarebbero realmente partite –, da bianche che erano, vennero riverniciate di grigio; al contempo, su disposizione del Ministero, tutti i fumaioli vennero dipinti di nero. Si procedette inoltre alla pulizia degli scafi: nella zona del bagnasciuga, per circa un metro e mezzo, questo lavoro venne compiuto dagli equipaggi stessi; per le carene, si ricorse al palombaro di fiducia già impiegato dai tedeschi, dai quali Normand se ne fece fornire l’identità. L’ordine e le date di approntamento delle diverse navi vennero scelte proprio in base ai tempi di pulitura di eliche e carene.

Molti dei mercantili presenti alle Canarie vi erano giunti con un numero di ufficiali minore di quello previsto dalle tabelle d’imbarco, numero che si era ancora ridotto durante il periodo di internamento; Normand decise pertanto di spostare alcuni ufficiali da una nave all’altra, là dove più era necessaria la loro presenza, affinché su ciascun bastimento che aveva “carenza” di ufficiali il loro numero risultasse pari a quello che era al momento della dichiarazione di guerra. Si provvide poi a completare le scorte di provviste di ciascuna nave in vista di un viaggio che sarebbe durato alcune settimane: particolare importanza fu data alla farina, necessaria per poter preparare il pane e la pasta. Dato che il piroscafo Atlanta, presente a Las Palmas, aveva a bordo tra l’altro un carico di carne in conserva e di caffè, Normand fece prelevare da quella nave due tonnellate di carne e 250 chili di caffè, requisiti per mezzo del console di Tenerife, provvedendo poi a distribuire il tutto a tutte le navi, sia quelle destinate a partire che quelle che sarebbero rimaste. Inoltre, Normand dispose che ciascuna nave, senza cambiare le modalità giornaliere, provvedesse ad accumulare ogni giorno viveri freschi, frutta e verdura, accrescendo le provviste normali, per creare delle scorte. I mercantili che non sarebbero partiti avrebbero dovuto consegnare l’eccedenza a quelli scelti per la traversata. Per la navigazione, vennero acquistate ed inviate a Tenerife delle carte nautiche ed idrografiche per arrivare fino al Golfo di Biscaglia, fornendole a ciascuna nave. Altra questione da affrontare era quella del carburante, di cui non tutte le navi destinate a partire disponevano a sufficienza: una delle navi per le quali ciò rappresentava maggiormente un problema era proprio il Capo Alga; Normand ordinò che l’Arcola, che non doveva partire, gli cedesse 600 tonnellate di nafta. Infine vennero predisposte le disposizioni per l’autoaffondamento, nel caso le navi fossero state intercettate da unità da guerra nemiche. Era, questa, una prospettiva tutt’altro che remota: alle Canarie i britannici avevano creato un’efficiente e capillare rete di informatori, e le acque tra quell’arcipelago ed il Golfo di Biscaglia erano pattugliate da incrociatori ausiliari di base a Gibilterra ed a Freetown, da sommergibili e da aerei da ricognizione a lungo raggio. L’addetto navale italiano a Madrid e le autorità consolari italiane alle Canarie erano al corrente di questi rischi, di cui avevano avvisato i comandanti dei violatori di blocco.

A fine marzo 1941 i preparativi erano ormai terminati: si decise di dare il via alle partenze, anche se diversi comandanti italiani e tedeschi espressero parere contrario. Fu proprio il Capo Alga ad essere scelto per tentare per primo la sorte: avrebbe lasciato Santa Cruz de Tenerife il 1° aprile, insieme alla nave cisterna Burano. Le due navi avrebbero navigato separatamente; si riteneva che la partenza simultanea di due bastimenti avrebbe incrementato le loro probabilità di successo, ed anche in seguito i violatori di blocco sarebbero infatti partiti a coppie. I preparativi per la partenza non erano sfuggiti agli informatori britannici attivi a Tenerife, che il 29 marzo 1941 segnalarono che Capo Alga e Burano erano pronti a partire, così come una terza cisterna, la Todaro (come indicato nel "Weekly Intelligence Report" numero 56 del 4 aprile 1941; successivamente, la "Weekly Résumé of the Naval, Military and Air Situation" n. 83 del War Cabinet britannico, che copriva il periodo dal 27 marzo al 3 aprile 1941, riportò puntualmente la partenza del Capo Alga da Tenerife nella notte del 1° aprile, ma i britannici non furono comunque in grado di organizzarne l’intercettazione).

Alle otto di sera del 1° aprile 1941 il Capo Alga, al comando del capitano di lungo corso palermitano Gaspare Bozza, mollò dunque gli ormeggi ed uscì a lento moto dal porto di Santa Cruz de Tenerife. La rotta tracciata per raggiungere la Francia si snodava per oltre tremila miglia, quasi il triplo rispetto alla rotta diretta dalle Canarie alla Francia, in quanto doveva passare lontano dalla costa africana e dalle Azzorre, puntando verso il punto 45° N e 30° O – punto noto tra i violatori di blocco tedeschi come “l’angolo della strada” – nel quale volgeva ad est verso il Golfo di Biscaglia e la costa atlantica francese. (I violatori di blocco avrebbero sostanzialmente compiuto un largo giro, procedendo inizialmente verso ovest per oltre 850 miglia, allontanandosi dalle Canarie e dall’Africa, poi accostando verso nordovest e seguendo tale rotta per altre 250 miglia, indi verso nord per quasi ottocento miglia; solo a quel punto avrebbe avuto inizio l’avvicinamento alle coste europee, con rotta dapprima verso nordest per 450 miglia e poi verso ovest per oltre settecento, atterrando verso Capo Finisterre per poi seguire la costa settentrionale iberica e risalire il Golfo di Biscaglia fino all’arrivo a destinazione). Per confondere eventuali osservatori e per non essere avvistato dagli innumerevoli pescherecci che infestavano la zona, una volta fuori dal porto il comandante Bozza assunse inizialmente rotta verso est, quindi verso nord ed infine verso ovest, passando a nord di Tenerife, alla massima velocità consentita dalle sue macchine e dalle condizioni dello scafo (la storia ufficiale dell’USMM afferma che la sua velocità massima effettiva era compresa tra i 9 ed i 9,5 nodi, a fronte di una velocità massima “teorica” di 10,5, ma cita anche il rapporto del capitano di fregata Normand che stimava invece un massimo di 8-8,5 nodi). Dopo una settimana di navigazione in cui non era stata avvistata anima viva (di notte, l’avvistamento da parte di unità nemiche era reso particolarmente difficile dall’assenza di luna, che garantiva così una buona sicurezza alla nave), l’8 aprile il Capo Alga raggiunse il meridiano 37° O. L’equipaggio era di buon umore: tutto era filato secondo i piani, nessuna traccia della Royal Navy o della RAF ed anche il tempo era bello. Assunta rotta verso nord, il piroscafo la seguì fino all’11 aprile, quando puntò direttamente verso Belle Ile, sempre procedendo a tutta forza.

Alle 9.25 del 16 aprile, la quiete di una traversata senza storia venne turbata dall’avvistamento da parte delle vedette in coffa di un aereo sconosciuto verso poppa. Avvicinatosi il velivolo, tuttavia, i contrassegni sulle ali e sulla fusoliera vennero riconosciuti per quelli della Luftwaffe: era un amico; dopo aver effettuato qualche evoluzione, l’aereo si allontanò verso sud. Alle 10.05 il Capo Alga venne sorvolato da un altro ricognitore tedesco, che si allontanò poi verso sudest. (Dobrillo Dupuis, nel suo libro "Forzate il blocco!", parla anche di un grosso quadrimotore che avrebbe sorvolato la nave a più riprese la notte precedente, proprio mentre il fumaiolo aveva iniziato ad emettere una colonna di fumo insolitamente denso per via di un problema alle macchine; di questo episodio non si fa però menzione nel volume USMM "I violatori di blocco"). Nel primo pomeriggio dello stesso 16 aprile, in posizione 46°58' N e 05°25' O (a circa 120 miglia dalla costa francese), venne avvistato del fumo all’orizzonte. Il Capo Alga accostò subito a tutta forza verso nord-nord-ovest, per evitare l’incontro, ma dopo un’ora venne avvistato un veliero verso prua. Il fumo era frattanto scomparso, pertanto il comandante Bozza ordinò di virare verso est-nord-est, in direzione della costa francese ormai vicina. (Secondo Dobrillo Dupuis, una volta superato Capo Finisterre ed entrato nel Golfo di Biscaglia il Capo Alga seguì le rotte costiere). Nella notte vennero avvistati diversi fanali, attribuiti a pescherecci francesi. Oscurato alla perfezione, il piroscafo italiano non venne avvistato e superò indenne anche quella notte, per poi avvistare, alle otto del mattino del 17 aprile – al largo di Belle Isle –, due dragamine tedeschi (M-Boote), venutigli incontro per assumerne la scorta nel tratto finale della navigazione. Imboccata la rotta di sicurezza, nella scia dei dragamine, dopo uno scambio di saluti e di segnali di riconoscimento, il Capo Alga giunse a Saint Nazaire nel pomeriggio (secondo l’USMM; secondo Dobrillo Dupuis, nelle prime ore della notte); vi sostò però per meno di un giorno, perché l’indomani mattina, su ordine del Comando tedesco, proseguì per Nantes, più a monte lungo la Loira, dove entrò con le macchine al minimo alle 12.30 del 18 aprile, dandovi fondo e concludendo finalmente il suo viaggio. Tre giorni dopo, anche la Burano raggiungeva felicemente Saint Nazaire. Il primo tentativo di forzamento del blocco dalle Canarie era stato coronato da pieno successo; il comandante Bozza del Capo Alga venne decorato con la Croce di Guerra al Valor Militare, con motivazione “Comandante di piroscafo, riusciva senza scorta né armamento bellico a raggiungere un porto alleato, dopo aver compiuto la traversata dell’Oceano, percorrendo zone intensamente vigilate dal nemico”.

Sbarcato il carico, il Capo Alga venne privato anche dell’equipaggio, ormai non più necessario, che venne rimpatriato. Non avrebbe più lasciato Nantes: adibito a nave deposito della Kriegsmarine, rimase in quel porto e l’8 settembre 1943, in seguito all’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, vi venne catturato dalle forze tedesche. Danneggiato da un bombardamento britannico a Nantes nel marzo 1944 e mai riparato, il 18 agosto 1944 il Capo Alga venne autoaffondato dai tedeschi all’estuario della Loira, come ostruzione alla navigazione. (Sembra però esservi qualche incertezza su dove esattamente la nave venne autoaffondata: il volume USMM "Navi mercantili perdute" parla della foce della Loira, quindi nei pressi di Saint Nazaire, e qualche sito menziona esplicitamente tale porto come luogo dell’affondamento; ma altre fonti parlano invece di Nantes, compresa l’edizione dell’8 agosto 1946 della "Lloyd’s Lists and Shipping Gazette", che parla del recupero in corso del relitto del piroscafo, che giaceva nei pressi dello stabilimento Brulee. Nantes però era stata liberata dagli Alleati già il 12 agosto 1944, sei giorni prima della data in cui i tedeschi vi avrebbero affondato il Capo Alga). Il relitto venne recuperato e demolito dai francesi nel 1946.

Le vicende belliche del Capo Alga ebbero un curioso strascico giudiziario nel dopoguerra, presso la Corte d’Appello di Genova. Il Consorzio acquisto semi oleosi ed olii industriali di Milano, uno dei proprietari delle merci trasportate dal Capo Alga nel suo ultimo viaggio, fece causa alla Compagnia Genovese di Navigazione a Vapore perché questa aveva preteso, per il ritiro delle merci sbarcate a Nantes, un sovrapprezzo pari al 25 % del loro valore, a titolo di compenso per la “custodia e magazzinaggio” durante la permanenza a Tenerife, e per il loro successivo trasporto da Tenerife a Nantes, considerando il viaggio per cui i destinatari avevano pagato – quello iniziato a Buenos Aires nel maggio 1940 – come concluso con l’arrivo a Tenerife il 10 giugno 1940. La società armatrice adduceva a motivo di tale pagamento il fatto che le traversie che avevano interessato il Capo Alga dal 6 giugno 1940 in poi potessero essere equiparate ad un’«avaria comune» (art. 643 del Codice di commercio: “le spese straordinarie e i danni sofferti volontariamente per il bene e per la salvezza della nave e del carico”; ed articolo 649 del Codice della navigazione: “le spese e i danni direttamente prodotti dai provvedimenti ragionevolmente presi, a norma dell’art. 302, dal comandante o da altri in sua vece, per la salvezza della spedizione (…) sempre che il danno specifico volontariamente prodotto non sia quello stesso che si sarebbe necessariamente verificato secondo il corso naturale degli eventi”), e che pertanto i relativi costi supplementari non potessero essere addebitati all’armatore se non in minima misura. La corte d’appello di Genova, nella sentenza emessa il 15 aprile 1946, negò che le peripezie del Capo Alga tra il giugno 1940 e l’aprile 1941 potessero costituire un’«avaria comune», mancando per prima cosa la volontarietà del dirottamento a Tenerife e del successivo viaggio a Nantes, entrambi non decisi dal comandante o dall’armatore, ma disposti dal governo dell’epoca con ordine perentorio e inderogabile. Né questi cambiamenti di programma erano stati dettati dallo scopo di salvare il carico nell’interesse dell’armatore e dei proprietari delle merci, bensì per superiori ragioni di interesse militare (sottrarre nave e carico alla cattura da parte del nemico, con il dirottamento a Tenerife, e renderli utili allo sforzo bellico dell’Asse, con il trasferimento a Nantes).

Un’altra ancor più assurda diatriba legale si svolse nel 1957 in Francia, dove la Corte delle Prede (Conseil des prises) fu chiamata a stabilire quale fosse la nazionalità del Capo Alga per poterne ufficialmente dichiarare la cattura da parte delle autorità francesi, pur essendo la nave già stata recuperata e demolita da un decennio. La corte si rifece ad un vecchio principio della giurisprudenza francese, che stabiliva che una nave, per essere considerata come della nazionalità rappresentata dalla bandiera che batteva, doveva appartenere per più della metà a persona fisica o giuridica residente in tale Stato. Per determinare la nazionalità del Capo Alga la Corte delle Prede considerò il Paese dov’era stata costruita, quello in cui si trovava il porto di registrazione, la nazionalità dell’armatore e quella di chi “controllava” effettivamente la nave; furono presi in considerazione persino la provenienza dei fondi usati per pagare il cantiere costruttore, la nazionalità di chi l’aveva pagato e le finalità d’impiego della nave. Venne quindi deciso che era da considerarsi nave di Paese nemico, e quindi la cattura (…postuma…) poteva regolarmente avere luogo.


Versione colorizzata della fotografia del varo (da www.shipscribe.com)


Il Sudbury su Navsource

Il Sudbury su Shipscribe

La Munson Line su Theshipslist

Navi costruite dalla Chester Shipbuilding Company

Il Sudbury sul sito del Naval History and Heritage Command

L’USS Sudbury

Le navi della Munson Line su Histarmar

Lloyd’s List and Shipping Gazette

Weekly Intelligence Report Number 56 – April 4, 1941

War Cabinet – Weekly Résumé (No. 83) of the Naval, Military andAir Situation from 12 noon March 27th, to 12 noon April 3rd, 1941

Sentenza 15 aprile 1946; Pres. Perosio, Est. Costa; Consorzio acquisto semi oleosi (Avv. Bissaldi) c. Compagnia genovese navigaz. (Avv. Filippi), Reale mutua assicurazione (Avv. Casella) e Ministero finanze

The United States Merchant Marine in World War I

The New Navy, 1883-1922

Notizia sul “Riverside Daily Press” del 9 dicembre 1920

Journal of the American Society of Naval Engineers

New York-Old and New

Notizia sul “Morning Oregonian” del 16 dicembre 1920

martedì 20 febbraio 2024

Ambrogio G.

Disegno di Aldo Cherini ritraente un navicello ligure. Simile doveva essere l'aspetto dell'Ambrogio G. (g.c. Corrado Cherini, via www.cherini.eu)

L'Ambrogio G. era un piccolo veliero di 80,81 tsl e 50,58 tsn, un navicello costruito a Viareggio da Leonildo Galli nel 1906 e di proprietà degli armatori savonesi Camillo Bartoli ed Alfredo Cavalletti, che l'avevano iscritto con matricola 148 al Compartimento Marittimo di Savona. Lungo 22,98 metri e largo 6,70 con un pescaggio di 2,80 metri, aveva una portata di 150 tonnellate.

I navicelli, piccoli velieri tipici della Liguria e della Toscana, erano caratterizzati dall'inusuale armo velico con due alberi dei quali quello di trinchetto era posizionato all’estrema prua e sensibilmente inclinato in avanti; tra esso e l'albero maestro si trovava una grossa vela trapezoidale, sopra la quale ve n'era un'altra triangolare, mentre un fiocco era issato tra l'albero di trinchetto ed il bompresso. Sull’albero maestro si trovavano inoltre una randa ed una controranda. La lunghezza di questi velieri andava dai dieci ai 35 metri, la portata da meno di una decina tonnellate ad oltre un centinaio (l'Ambrogio G. era quindi tra i più grandi); trasportavano un po’ di tutto lungo le coste tirreniche e tra il continente e la Sardegna, marmo (una delle merci maggiormente trasportate dai navicelli, molti dei quali erano specializzati proprio nel suo trasporto), carbone, legname, pietre e sabbia da costruzione, olio, vini, formaggi, acciughe salate in barili, olio per lampade in latte.

L'Ambrogio G. fu a lungo di proprietà di armatori viareggini ed iscritto con matricola 163 al Compartimento Marittimo di quella città: dal 1916 al 1919 fu suo armatore Augusto Fabbricotti, mentre il suo comandante più famoso fu Alfredo Menconi di Marina di Carrara, detto “Pinz”, noto per la rapidità dei suoi viaggi. Frequentemente l'Ambrogio G. compiva viaggi verso l'Italia meridionale, anche con carico superiore alla sua portata; durante uno di questi viaggi, salpato di pomeriggio dalla spiaggia di Marina di Carrara, nonostante il vento contrario da levante riuscì a raggiungere Catania in poco più di tre giorni.

Acquistato dai fratelli Guglieri nel 1926, nel 1937 risultava armato da Giovanni e Giuseppe Dell'Amico di Carrara, mentre nel 1940 era passato alla società in accomandita semplice Figlia e Dell'Amico di Marina di Carrara (armatore era sempre Giuseppe Dell'Amico).

Probabilmente perché mancante di motore ausiliario, l'Ambrogio G. non venne requisito dalla Regia Marina allo scoppio della guerra: i velieri ‘puri’, essendo vincolati dall’incognita costituita dalla presenza e forza del vento, erano poco adatti alla conversione in unità militari, a differenza delle centinaia di motovelieri che furono trasformati in vedette foranee e dragamine ausiliari. Continuò dunque a dedicarsi al traffico di piccolo cabotaggio nel Mar Tirreno, come aveva fatto in tempo di pace; nel 1941 fu venduto dai Dell'Amico a Camillo Bartolo di Savona.

Alle sette del mattino del 4 novembre 1941 l'Ambrogio G. salpò da Palermo alla volta di Civitavecchia, al comando del padrone marittimo Ferdinando Menconi e con un equipaggio che oltre allo stesso Menconi comprendeva altri quattro uomini, tutti toscani. (Rimane un punto oscuro: secondo il verbale di presunta perdita compilato nel dicembre 1942 dalla Capitaneria di Porto di Savona, l'Ambrogio G. era partito da Palermo, ma il volume "Navi mercantili perdute" dell’Ufficio Storico della Marina Militare indica invece il porto di partenza come Salerno. Stante la somiglianza tra i due nomi, sembra evidente che in una delle due fonti è stato commesso un errore di trascrizione: ma in quale delle due?).

A Civitavecchia il piccolo navicello non arrivò mai: dopo la partenza non diede più notizia di sé, e le ricerche avviate in seguito al suo mancato arrivo non riuscirono a trovare alcuna traccia della nave o dell’equipaggio. Il Tirreno li aveva inghiottiti.

Passato il tempo stabilito dalla legge, il 28 dicembre 1942 il tenente colonnello di porto Enrico Roni, comandante del Compartimento Marittimo di Savona, dichiarò l'Ambrogio G. perduto in mare insieme al suo equipaggio.

Scomparvero con la nave:


Giovanni Aliboni, 37 anni, da Marina di Carrara

Francesco Bandoni, 46 anni, da Marina di Carrara

Andrea Bernardini, 52 anni, da Viareggio

Ferdinando Menconi, 28 anni, da Marina di Carrara (comandante)

Bruno Muzzi, 20 anni, da Carrara


L'atto di scomparsa in mare dell’equipaggio dell'Ambrogio G. (g.c. Michele Strazzeri)

Anche dopo la guerra, a differenza che per altre imbarcazioni grandi e piccole svanite con i loro equipaggi, dai documenti degli ex nemici non emerse niente che potesse attribuire la perdita dell'Ambrogio G. ad un attacco da parte di unità navali, aeree o subacquee avversarie. La perdita di questo piccolo motoveliero fu quindi probabilmente dovuta a cause accidentali, oppure all’urto contro una mina alla deriva, vera croce dei naviganti in tempo di guerra. Flavio Serafini nel libro "La flotta scomparsa" afferma che l'Ambrogio G. affondò “cannoneggiato nel Canale di Sicilia”, ma questa informazione non sembra suffragata da alcuna fonte italiana o britannica ed appare pertanto errata.

giovedì 1 febbraio 2024

Jalea

Lo Jalea (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)

Sommergibile di piccola crociera della classe Argonauta (650 tonnellate di dislocamento in superficie e 800 tonnellate di dislocamento in immersione). Insieme al gemello Jantina, si distingueva dalle altre unità della classe per il diverso apparato motore (motori diesel FIAT e motori elettrici CRDA, mentre Salpa e Serpente avevano motori diesel Tosi e motori elettrici Marelli, ed ArgonautaMedusa e Fisalia avevano motori sia diesel che elettrici CRDA).

In tempo di pace svolse intensa attività addestrativa nel Mediterraneo, e nel 1936-1937 partecipò clandestinamente alla guerra civile spagnola con tre missioni. Nella fase iniziale del conflitto venne impiegato in missioni offensive nel Mediterraneo orientale, senza incontrare unità nemiche; nel marzo 1941, insieme ai gemelli Serpente e Jalea, che come lui rappresentavano i più anziani e logorati sommergibili di piccola crociera della Regia Marina (eccezion fatta per gli obsoleti H della Grande Guerra), venne destinato a compiti addestrativi presso la Scuola Sommergibili di Pola, dove rimase fino all’agosto 1943, intervallando l’attività addestrativa con pattugliamenti antisommergibili in Alto Adriatico, specialmente dopo il tragico affondamento del suo gemello Medusa ad opera del sommergibile britannico Thorn. Tornò poi brevemente all’impiego “di prima linea”, presto interrotto dall’armistizio. Complessivamente, nel periodo 10 giugno 1940-8 settembre 1943 lo Jalea effettuò 22 missioni offensivo/esplorative ed undici di trasferimento, percorrendo 8437 miglia nautiche in superficie e 2822 in immersione e trascorrendo 114 giorni in mare, e 147 uscite addestrative per la Scuola Sommergibili di Pola, percorrendo 8316 miglia nautiche.

Durante la cobelligeranza venne inizialmente destinato, come altri sommergibili, all’impiego addestrativo alle Bermuda, cui però dovette rinunciare per avarie che lo colsero nel viaggio di trasferimento; venne invece impiegato nell’addestramento di navi ed aerei britannici a Gibilterra, partecipando a 48 esercitazioni tra il gennaio ed il maggio del 1945. Complessivamente, dall’8 settembre 1943 alla fine della guerra effettuò 18 missioni di trasferimento, 49 uscite addestrative e sette per prove in mare, e percorse 13.386,8 miglia nautiche.

Fu l’unica unità della sua classe a sopravvivere al conflitto. Il suo motto era "Aude et vinces" (osa e vincerai).


Breve e parziale cronologia.


20 gennaio 1930

Impostazione presso i cantieri Odero Terni Orlando del Muggiano (La Spezia).

15 giugno 1932

Varo presso i cantieri Odero Terni Orlando del Muggiano (La Spezia). Posto alle dipendenze del Comando in Capo del Dipartimento Militare Marittimo della Spezia per l’allestimento ed i collaudi.


Jalea e Jantina in allestimento al Muggiano (sopra: da www.grupsom.com; sotto: da “I sommergibili italiani tra le due guerre mondiali” di Alessandro Turrini, MariStat 1990, via www.betasom.it)


16 marzo 1933

Entrata in servizio. Viene inizialmente assegnato ad una squadriglia “mista” (formata, cioè, da sommergibili di classi diverse) con base a La Spezia.

1933

Compie una crociera in acque italiane.

1934

Partendo da La Spezia, suo porto di dislocazione, compie una crociera addestrativa che lo porta al Pireo, ad Alessandria, a Tobruk, a Bengasi ed a Tripoli.

28 agosto 1936

Imbarca sullo Jalea, come direttore di macchina, il tenente del Genio Navale Teseo Tesei, inventore del Siluro a Lenta Corsa e futura Medaglia d’Oro al Valor Militare. Tesei rimarrà sullo Jalea fino al 16 aprile 1937, lasciando un diario relativo alla seconda missione “spagnola” (riportato a fondo pagina).

Teseo Tesei (da www.movm.it)


9 dicembre 1936

Inquadrato nel I Gruppo Sommergibili di La Spezia, lo Jalea salpa La Maddalena (per altra fonte, da Cagliari) al comando del capitano di corvetta Silvio Garino per una missione clandestina in acque spagnole, al largo di Barcellona, in appoggio alla fazione nazionalista nella guerra civile in corso nel Paese iberico.

Già da alcune settimane alcuni sommergibili italiani hanno iniziato ad operare segretamente in appoggio alle forze di Francisco Franco, ma la svolta nel loro impiego è giunta il 6 dicembre, in seguito ad una riunione tenutasi a Palazzo Venezia con la partecipazione di Mussolini, del ministro degli Esteri Galeazzo Ciano, dei sottosegretari di Stato per la Guerra (generale Alberto Pariani), la Marina (ammiraglio Domenico Cavagnari) e l’Aeronautica (generale Giuseppe Valle), del capo del SIM (generale Mario Roatta, che è anche il comandante della missione militare italiana in Spagna) e di quello dell’Abwehr tedesco (ammiraglio Wilhelm Canaris, che partecipa alla riunione in rappresentanza delle forze armate tedesche).

Opportunamente imbeccato da Roatta, che nelle settimane precedenti ha scritto dalla Spagna che quand’anche i nazionalisti riuscissero a conquistare Madrid (dove stanno incontrando difficoltà per l’accanita resistenza dei repubblicani: la capitale infatti non cadrà fino al marzo 1939) la resistenza repubblicana proseguirebbe altrove, e che l’unica speranza per una rapida vittoria nazionalista – a meno di non inviare in Spagna grandi unità italo-tedesche – consiste nel Troncare l’afflusso di armi e rifornimenti sovietici ai repubblicani via mare, Mussolini ha affermato che “In questo momento noi dobbiamo effettuare una vera “corsa al mare”. È mia convinzione che la soluzione della situazione spagnola si potrà ottenere dal mare. Il giorno cioè in cui avremmo bloccato i porti rossi del Mediterraneo, il Governo di Valenza si renderà conto che la partita è perduta. Bisogna tener conto che, tanto in Italia che in Germania, occorrono due mesi per l’istruzione delle grandi unità. In questo periodo soprattutto bisognerà rendere impossibile ogni traffico nel Mediterraneo in direzione della Spagna, adoperando nella maniera più effettiva aviazione e sottomarini”. La visione di Roatta e Mussolini è condivisa anche dall’ammiraglio Canaris, e del resto lo stesso Hitler ritiene che piuttosto che iniziare una pericolosa “gara” con l’Unione Sovietica per l’invio di rinforzi alle fazioni contrapposte, che porterebbe a sguarnire il territorio tedesco ed aumenterebbe il rischio di un allargamento del conflitto (in un momento in cui il riarmo tedesco è ancora ben lungi dal raggiungere un livello soddisfacente), sia meglio arrestare il flusso di rifornimenti sovietici via mare ai repubblicani, anche se propende più per un’azione diplomatica per ottenere tale risultato. Anche Francisco Franco, capo della fazione nazionalista, ha chiesto insistentemente il blocco navale dei porti repubblicani. È stato quindi deciso di incrementare il numero dei sommergibili operanti nelle acque della Spagna da due ad otto, con l’obiettivo di silurare tutte le navi che navigano nelle acque territoriali spagnole per bloccare l’invio di armi verso i porti repubblicani; Ciano ha proposto che venga inviato almeno un sommergibile in agguato davanti ad ogni porto repubblicano.

Uniche obiezioni sono state quelle avanzate dall’ammiraglio Cavagnari, che ha fatto presente la difficoltà di identificare le navi avvistate come al servizio della Spagna repubblicana, ed il rischio di gravi incidenti internazionali in caso di errore. Per evitare siffatti incidenti, i comandanti dei sommergibili ricevono ordini tassativi di non condurre attacchi al di fuori dei limiti delle zone d’agguato assegnate, e di silurare soltanto le navi identificate con certezza come repubblicane o sovietiche, oltre a quelle che navigano a luci oscurate nei loro settori d’agguato. Essendo difficile stabilire con certezza la nazionalità delle navi avvistate (molte navi repubblicane fanno ricorso a bandiere false nel tentativo di violare il blocco), queste regole d’ingaggio comporteranno risultati molto modesti in termini di affondamenti.

A bordo dello Jalea è imbarcato anche un ufficiale della Marina spagnola nazionalista, il capitano di corvetta Gonzalo Diaz, che dovrebbe fingere di essere il comandante del sommergibile qualora il sommergibile fosse costretto ad emergere in presenza di navi neutrali, per evitare che venga riconosciuto come italiano (l’Italia, infatti, non ha dichiarato guerra alla repubblica spagnola, e l’impiego dei suoi sommergibili contro il naviglio repubblicano risulta dunque del tutto illegale). Diaz dovrebbe inoltre aiutare nel riconoscimento della costa e delle navi avvistate.

14 dicembre 1936

Lo Jalea deve rientrare a La Spezia a causa di un’avaria e del mare grosso, senza aver raggiunto la zona d’agguato. Ha trascorso 78 ore in superficie e 106 in immersione.

20 dicembre 1936

Riparata l’avaria, riparte da Cagliari per un’altra missione “spagnola” davanti a Barcellona, sempre al comando del capitano di corvetta Garino e con a bordo il tenente di vascello Diaz.

Sopra, il capitano di corvetta Silvio Garino, e sotto, a bordo dello Jalea (g.c. Giovanni Pinna)


22 dicembre 1936

Alle 7.13 viene avvistato un piroscafo, e lo Jalea s’immerge a venti metri di profondità, navigando a tre nodi e salendo ogni tanto a quota periscopica per dare un’occhiata. Nel tardo pomeriggio passa di prua al sommergibile, a 6-7 km di distanza, una grossa corvetta britannica, in navigazione verso la Francia. Alle 18 emersione per ricaricare le batterie; rotta 0°, viene superato Capo Crens. Poco dopo le 20 viene superato il confine franco-spagnolo.

Durante la notte vengono avvistati numerosi mercantili, ma non è possibile attaccare perché non si riesce a stabilirne con certezza la nazionalità.

23 dicembre 1936

Alle 6.30 lo Jalea torna ad immergersi a 24 metri di profondità; intorno incrociano diversi pescherecci. Quando due di essi si portano sui lati dello Jalea a poche centinaia di metri di distanza procedendo a bassa velocità, temendo che si tratti di unità requisite ed impiegate in un rastrello antisommergibili, il comandante Garino decide di scendere a 40 metri di profondità. Nel primo pomeriggio lo Jalea torna a quota periscopica ed è possibile osservare Barcellona. Alle 18.20 il battello torna ad emergere.

24 dicembre 1936

Alle 6.08 lo Jalea s’immerge. Alle 12.15 viene avvistato un cacciatorpediniere ed il sommergibile manovra per attaccare, ma l’attacco dev’essere abbandonato quando il cacciatorpediniere viene riconosciuto come britannico, con sigla H 31 (il Griffin). Più tardi esce da Barcellona un veliero; continua anche il traffico dei pescherecci. Alle 19 lo Jalea riemerge.

25 dicembre 1936

Alle cinque del mattino lo Jalea attacca il piroscafo repubblicano Ciudad de Barcelona al largo di Capo San Antonio. La nave sta entrando in porto a luci oscurate, e le ha accese all’ultimo momento; alle 5.18 vengono lanciati due siluri, il primo da 533 mm ed il secondo da 450 mm, e due minuti dopo lo Jalea s’immerge. Vengono avvertite due esplosioni, ed a bordo si ritiene che il primo siluro abbia mancato il bersaglio e sia esploso in costa, mentre il secondo sarebbe andato a segno; in realtà nessuno dei due siluri ha colpito, e la nave riesce a raggiungere Alicante.

Alle 7.30 viene eseguita osservazione periscopica, ma c’è della nebbia; si vedono proiettori intenti nella ricerca. Un’ora dopo, altra osservazione, ma la visibilità è calata drasticamente.

Nel pomeriggio esce dal porto il Griffin, che si mette all’ancora. Alle 19.30 lo Jalea emerge.

26 dicembre 1936

Lo Jalea dirige verso Tarragona. Alle due di notte viene fermato il motore diesel di propulsione e, continuando la carica, si procede con la propulsione diesel-elettrica, a quattro nodi. Alle tre di notte, in vista di Tarragona, viene avvistato verso proravia un gran numero di pescherecci; dapprima lo Jalea inverte la rotta, poi si avvicina fino ad un miglio dalla costa, indi dirige nuovamente per Tarragona. Verso le quattro del mattino viene avvistato un mercantile oscurato alla fonda fuori da quel porto, e lo Jalea va all’attacco in affioramento; giunto però ad un migliaio di metri di distanza, avvista un peschereccio e deve immergersi. Alle 7.07, quando gli idrofoni non captano più il rumore del motore del peschereccio, lo Jalea torna in affioramento, con la torretta appena fuori dall’acqua, ed il comandante Garino sale in plancia. La nave salpa e cerca di entrare in porto. Alle 7.25 vengono lanciati due siluri da 533 mm dai tubi 3 e 4, ma entrambe le armi mancano il bersaglio, ed alle 7.30 lo Jalea torna ad immergersi.

La nave attaccata è la motonave passeggeri repubblicana Villa de Madrid, in navigazione da Marsiglia ad Alicante (varie fonti collocano erroneamente l’attacco al largo di Barcellona, all’ingresso del porto di quella città od al largo di Cullera). Uno dei siluri finisce, inesploso, sulla vicina spiaggia di Prat da Llobregat, nei pressi del faro: recuperato dai repubblicani ed esaminato a bordo dell’incrociatore Mendez Nuñez, verrà mostrato alla stampa straniera quale prova inequivocabile del coinvolgimento italiano del conflitto (si tratta infatti di un siluro Whitehad, prodotto a Fiume ed in uso nella Marina italiana), scatenando un’ondata d’indignazione sulla stampa internazionale. I diplomatici italiani all’estero ricevono da Palazzo Chigi l’ordine di reagire alle accuse mostrando “sempre l’ignoranza o la sorpresa più profonda”, ma ormai la nazionalità dei sommergibili “sconosciuti” che operano nelle acque spagnole è divenuta di dominio pubblico.

Nel tardo pomeriggio lo Jalea insegue infruttuosamente un piroscafo che, messo in allarme da un aereo mentre stava entrando in porto, si è dato alla fuga. Il sommergibile manifesta perdite d’aria e problemi di manovrabilità.

Alle 19 riemerge ed inizia la carica delle batterie. Avvistato nuovamente il mercantile di prima, alle 21.15 lo Jalea torna ad immergersi e si porta sotto Capo Salon, a mezzo miglio dalla riva, sperando che la nave passi tra la luna ed il sommergibile. Accortosi di essere inseguito dal sommergibile che procede ad undici nodi, però, il mercantile spegne tutte le luci e si allontana a bassa velocità, riuscendo così a far perdere le proprie tracce.

Alle 22.15 lo Jalea si allontana dalla costa in immersione, ed alle 23 emerge, mette in carica le batterie e dirige per Barcellona.

27 dicembre 1936

Alle 6.30 lo Jalea s’immerge. Alle otto, davanti a Barcellona, viene avvistata una boa con una Bandiera. Verso mezzogiorno viene avvistato un mercantile ed iniziata una manovra d’attacco, che dev’essere interrotta quando la Bandiera della nave viene riconosciuta come olandese. Calata la nebbia, lo Jalea si posa sul fondale a 65 metri di profondità, a quattro miglia dalla costa.

Alle 20.30 il sommergibile emerge. In tarda serata, rotta verso Porto Rosas.

28 dicembre 1936

All’una di notte viene compiuta un’accostata sulla dritta, per allontanarsi dalla costa; a poppavia viene avvistata una grossa nave da guerra – il dislocamento viene stimato in 800-10.000 tonnellate – che procede ad alta velocità, ma non si accorge della presenza del battello italiano. Alle 7.20 lo Jalea s’immerge, ma alle 8.40 un’avaria ai timoni lo obbliga a posarsi sul fondale, a 46 metri di profondità. Alle 11.50, riparata l’avaria, il sommergibile torna a quota periscopica. Alle 19.05, emersione e rotta verso Barcellona.

29 dicembre 1936

Alle 6.42 lo Jalea s’immerge presso il limite meridionale del suo settore d’agguato. Per qualche ora procede a quota periscopica eseguendo ascolto idrofonico, dopo di che alle undici fa rotta per Tarragona. Alle 12.10 emerge e passa alla propulsione diesel. Alle 13.05, avvistati due piroscafi, viene ordinata l’immersione rapida; il sommergibile prosegue a mezza forza, ed alle 17 giunge a quattro miglia dalla costa, circondato da pescherecci, alcuni dei quali distanti non più di 150 metri. Alle 18.50, emersione per ricaricare le batterie.

30 dicembre 1936

Poco dopo mezzanotte viene avvistata verso poppa una grossa massa nera a fanali spenti, e viene ordinata l’immersione rapida. Nella fretta, l’elettricista di guardia dimentica di chiudere il condotto di ventilazione, dal quale l’acqua si riversa all’interno dei locali; viene ordinata “aria per tutto” ed il sommergibile torna così in superficie. Viene così constatato che la massa nera appartiene ad un grosso veliero completamente oscurato. L’acqua entrata dal condotto di ventilazione entra in contatto con la batteria di poppa, provocando il rilascio di gas di cloro, il che costringe il personale ad indossare le maschere antigas e lavorare tutta la notte per riparare i danni. Inizialmente lo Jalea dirige verso La Spezia, ma dopo una decina di miglia il direttore di macchina Tesei assicura al comandante Garino che le avarie sono state riparate, ed il sommergibile inverte la rotta per tornare in zona d’agguato.

Alle 7.05 lo Jalea s’immerge, ma la pompa assetto va in avaria. Posato il sommergibile sul fondale a 45 metri, viene riparato il guasto.

Nel pomeriggio altra manovra d’attacco abortita contro un piroscafo sospetto, che non batte Bandiera e deve quindi essere lasciato passare nell’impossibilità di identificarlo con certezza. Si procede a 20 metri di profondità fino alle 18.50, quando viene ordinata l’emersione.

31 dicembre 1936

Alle 6.30 lo Jalea torna ad immergersi davanti a Barcellona, per poi passare la mattinata a setacciare quelle acque. Alle 12.20 il sommergibile si porta a quota periscopica, ed avvista verso sinistra un grosso cacciatorpediniere francese, per cui torna in profondità. Alle 13.03, nuovamente a quota periscopica: nella risalita, però, lo Jalea va a sbattere – a dodici metri di profondità – contro lo scafo del cacciatorpediniere, distruggendo il periscopio di esplorazione. Torna a 40 metri di profondità, poi scende sul fondale a 53 metri. Viene assunta rotta 80°, per La Spezia, ed alle 19 viene ordinata l’emersione. Alle 20 il motore di sinistra va in avaria.

1° gennaio 1937

Nel pomeriggio viene tagliato il “moncherino” del periscopio distrutto.

2 gennaio 1937

Alle 7.30 lo Jalea pone fine alla missione arrivando a La Spezia, dopo aver trascorso 164 ore in superficie e 127 in immersione. Ha complessivamente eseguito quattro manovre d’attacco, due delle quali interrotte, contro mercantili in transito nella zona, senza successo, ed ha incontrato mare agitato nel corso della missione.

L’equipaggio dello Jalea negli anni Trenta (da “Oltre la divisa”, di Antonio Dosio)


5 agosto 1937

Sempre inquadrato nel I Grupsom di La Spezia ed al comando del capitano di corvetta Silvio Garino, lo Jalea parte da Napoli, per un’altra missione a contrasto del traffico di rifornimenti verso i porti spagnoli repubblicani, nella zona di Cartagena. A bordo si trova nuovamente il capitano di corvetta Diaz; al fine di impedirne il riconoscimento, lo Jalea è stato verniciato in nero e le lettere del nome sullo scafo e sulla torretta sono state rimosse.

Nell’agosto 1937 Mussolini ha deciso di lanciare una seconda campagna subacquea a sostegno delle forze spagnole nazionaliste (dopo la prima, di portata molto minore, svolta nell’autunno-inverno del 1936-1937) su richiesta di Francisco Franco, in risposta all’incremento del flusso di rifornimenti dall’Unione Sovietica alla Spagna repubblicana, lungo la rotta Sebastopoli-Cartagena. I comandi spagnoli nazionalisti sostengono, esagerando di molto, che l’Unione Sovietica stia per rifornire le forze repubblicane spagnole con oltre 2500 carri armati, 3000 “mitragliatrici motorizzate” e 300 aerei. Il 3 agosto Francisco Franco ha chiesto urgentemente a Mussolini di usare la sua flotta per fermare un grosso “convoglio” sovietico appena partito da Odessa e diretto nei porti repubblicani; sulle prime era previsto il solo impiego di sommergibili, ma Franco è riuscito a convincere Mussolini ad impiegare anche le navi di superficie. Nel suo telegramma Franco affermava: «Tutte le informazioni degli ultimi giorni concordano nell’annunciare un aiuto possente della Russia ai rossi, consistente in carri armati, dei quali 10 pesanti, 500 medi e 2 000 leggeri (sic), 3 000 mitragliatrici motorizzate, 300 aerei e alcune decine di mitragliatrici leggere, il tutto accompagnato da personale e organi del comando rosso. L’informazione sembra esagerata, poiché le cifre devono superare la possibilità di aiuto di una sola nazione. Ma se l’informazione trovasse conferma, bisognerebbe agire d’urgenza e arrestare i trasporti al loro passaggio nello stretto a sud dell’Italia e sbarrare la rotta verso la Spagna. Per far ciò, bisogna, o che la Spagna sia provvista del numero necessario di navi o che la flotta italiana intervenga ella stessa. Un certo numero di cacciatorpediniere operanti davanti ai porti e alle coste dell’Italia potrebbe sbarrare la rotta del Mediterraneo ai rinforzi rossi: la cattura potrebbe essere effettuata da navi battenti apertamente Bandiera italiana, aventi a bordo un ufficiale e qualche soldato spagnolo, che isserebbero la Bandiera nazionalista spagnola al momento stesso della cattura. Invierò d’urgenza un rappresentante a Roma per negoziare questo importante affare. Nell’intervallo, e per impedire l’invio delle navi che saranno già in rotta per la Spagna, prego il governo italiano di sorvegliare e segnalare la posizione e la rotta delle navi russe e spagnole che lasciano Odessa. Queste navi devono essere sorvegliate e perquisite da cacciatorpediniere italiani che segnaleranno la loro posizione alla nostra flotta. Vogliate trasmettere in tutta urgenza al Duce e a Ciano l’informazione di cui sopra e la nostra richiesta, unita all’assicurazione dell’indefettibile amicizia e della riconoscenza del generalissimo alla nazione italiana».
Questa seconda campagna vede l’impiego di ben dieci sommergibili in Egeo, 17 nel Canale di Sicilia e 24 nel Mediterraneo occidentale, ed è accompagnata da un servizio di sorveglianza con aerei ed unità di superficie nel Canale di Sicilia. Il blocco navale, ordinato da Roma il 7 agosto, ha avuto inizio due giorni più tardi; il dispositivo di blocco è articolato in più fasi: informatori ad Istanbul segnalano all’Alto Comando Navale le navi sovietiche, o di altre nazionalità ma sospettate di operare al servizio dei repubblicani, che passano per il Bosforo; ad attenderle in agguato per primi vi sono i sommergibili appostati all’uscita dei Dardanelli. Se le navi superano indenni questo primo ostacolo, vengono segnalate alle navi di superficie ed ai sommergibili in crociera nel Canale di Sicilia e nello Stretto di Messina; qualora dovessero riuscire ad evitare anche questo nuovo pericolo (possibile soltanto appoggiandosi a porti neutrali) troverebbero ad aspettarle altre navi da guerra in crociera nelle acque della Tunisia e dell’Algeria. Infine, come ultima barriera per i bastimenti che riuscissero ad eludere anche tale minaccia, altri sommergibili sono in agguato lungo le coste della Spagna.
Il blocco si protrae dal 7 agosto al 12 settembre con intensità variabile; ordini tassativi sono emanati per evitare interferenze o incidenti con bastimenti neutrali (il che talvolta obbliga a seguire un mercantile “sospetto” per tutto il giorno al fine di identificarlo, dato che talvolta quelli diretti nei porti repubblicani usano bandiere false), e questo rende piuttosto complessa e delicata la missione delle unità che partecipano al blocco. Le navi da guerra della Spagna repubblicana possono essere attaccate solo di notte e solo se riconosciute con certezza; quanto ai mercantili, possono essere attaccati, sia di giorno che di notte quelli riconosciuti con certezza come repubblicani o sovietici, e quelli anche stranieri dirette nei porti spagnoli repubblicani, ma questi ultimi soltanto di notte ed entro i limiti delle acque territoriali spagnole. Inoltre, possono essere attaccati senza restrizione di tempo o di luogo i mercantili specificamente segnalati dal Comando centrale e quelli compresi in una lista speciale fornita ad ogni comandante.
Il blocco navale così organizzato si rivela un pieno successo: sebbene le navi effettivamente affondate o catturate siano numericamente poche, l’elevato rischio comportato dalla traversata a causa del blocco italiano porta in breve tempo alla totale interruzione del flusso di rifornimenti dall’Unione Sovietica alla Spagna repubblicana. Soltanto qualche mercantile battente Bandiera britannica o francese riesce a raggiungere i porti repubblicani, oltre a poche navi che salpano dalla costa francese del Mediterraneo e raggiungono Barcellona col favore della notte. Entro settembre, l’invio di mercantili con rifornimenti per i repubblicani dall’Unione Sovietica attraverso il Bosforo è praticamente cessato, tanto che i comandi italiani si possono ormai permettere di ridurre di molto il numero di navi in mare per la vigilanza, essendo quest’ultima sempre meno necessaria.
Oltre alla grave crisi nei rifornimenti di materiale militare, che si verifica proprio nel momento cruciale della conquista nazionalista dei Paesi Baschi (principale centro di produzione di armi tra le regioni in mano repubblicana), il blocco ha un impatto notevole anche sul morale dei repubblicani, tanto nella popolazione civile (il cui morale va deteriorandosi per la difficoltà di procurarsi beni di prima necessità) quanto nei vertici politico-militari, che si rendono conto di come, mentre i nazionalisti ricevono dall’Italia supporto incondizionato, persino sfacciato, con largo dispiegamento di mezzi, Francia e Regno Unito non sembrano disposte ad appoggiare la causa repubblicana se non a parole (in alcuni centri repubblicani si svolgono anche aperte manifestazioni contro queste due nazioni, da cui i repubblicani si sentono abbandonati).
Il blocco italiano impartisce dunque un durissimo colpo ai repubblicani, ma scatena anche gravi tensioni internazionali (specie col Regno Unito) e feroci proteste sulla stampa spagnola repubblicana ed internazionale, con accuse di pirateria – essendo, come detto, un’operazione in totale violazione di ogni legge internazionale – nei confronti della Marina italiana, ripetute anche da Winston Churchill. Il governo britannico, invece, evita di accusare apertamente l’Italia, dato che il primo ministro Neville Chamberlain intende condurre una politica di “riavvicinamento” verso l’Italia per allontanarla dalla Germania; anche questo fa infuriare i repubblicani, che hanno fornito ai britannici prove del coinvolgimento italiano (prove che i britannici peraltro possiedono già, dato che l’Operational Intelligence Center dell’Ammiragliato intercetta e decifra svariate comunicazioni italiane relative alle missioni “spagnole”), solo per vedere questi ultimi fingere di attribuire gli attacchi ai soli nazionalisti spagnoli.
Nel periodo 5 agosto-12 settembre, i sommergibili italiani effettuano complessivamente 59 missioni ed iniziano ben 444 attacchi, portandone però a termine soltanto 24 (a causa delle citate regole restrittive sulla necessità di identificare con assoluta certezza i bersagli prima di lanciare), con il lancio di 43 siluri ed il conseguente affondamento di quattro mercantili e danneggiamento di un cacciatorpediniere.

12 agosto 1937

Alle 9.25 lo Jalea avvista al periscopio i cacciatorpediniere Churruca ed Almirante Antequera (altra fonte parla dell’Alcalà Galiano), della Marina spagnola repubblicana, in uscita da Cartagena; le due unità devono assumere la scorta della nave cisterna Campillo, in navigazione da Alicante a Cartagena. Identificati correttamente i due cacciatorpediniere come unità classe Churruca, lo Jalea manovra rapidamente per portarsi in posizione di lancio e poi lancia due siluri, uno da 533 mm contro il primo cacciatorpediniere ed uno da 450 mm contro il secondo (per altra fonte entrambi i siluri sarebbero stati da 450 mm; per altra ancora entrambe le armi sarebbero state lanciate contro il cacciatorpediniere capofila): la prima delle armi va a segno, colpendo il Churruca (tenente di vascello Manuel Nuñez Rodriguez; a bordo è presente anche un “consulente” sovietico, S. D. Solouchin) a centro nave, in corrispondenza dei locali caldaie 2 e 3, uccidendo tre uomini e ferendone nove (uno dei quali poi deceduto); la seconda lo manca di stretta misura, passandogli a poppa. Dopo il lancio, lo Jalea viene accidentalmente in affioramento e viene così avvistato dal Churruca, il cui equipaggio ha così modo di notare che si tratta di un sommergibile straniero; non si verifica però alcuna reazione da parte dell’Almirante Antequera o di altre unità repubblicane. (Per altra fonte, l’attacco avrebbe avuto luogo al largo di Tarragona).

Il danneggiato Churruca, rimasto immobilizzato, viene preso a rimorchio dall’unità di pattuglia Rafael Arcangel, ma il cavo di rimorchio si spezza due volte; alla fine sarà rimorchiato a Cartagena dal rimorchiatore Gaditano (altra fonte afferma che il Churruca sarebbe stato rimorchiato in salvo dall’Alcalà Galiano), ma i danni subiti – uno squarcio di sette metri per due sul fianco sinistro e tre caldaie fuori uso – lo metteranno fuori combattimento per il resto della guerra. Per questo attacco il comandante Garino verrà insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare dalle autorità italiane (motivazione: "Comandante del sommergibile Jalea, in due missioni di guerra sulle coste spagnole dimostrava in varie occasioni di possedere un elevatissimo spirito aggressivo e perizia non comune. Dopo lungo e tenace agguato, attaccava risolutamente col siluro nelle acque di Cartagena il cacciatorpediniere rosso Churruca che rimaneva colpito e seriamente danneggiato") e della Medaglia Militare spagnola da quelle franchiste.

Il comandante Garino riceve la Medaglia d’Argento al Valor Militare da Vittorio Emanuele III a Roma (presso la tomba del Milite Ignoto) in occasione della Festa della Marina, il 10 giugno 1939; sulla sinistra il capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Domenico Cavagnari, legge la motivazione (da “La guerra civile spagnola e la Regia Marina italiana”, di Francesco Mattesini)

21 agosto 1937

Lo Jalea conclude la missione rientrando a Cagliari, dopo una missione nel corso della quale ha trascorso 222,35 ore in superficie e 127,54 in immersione ed incontrato mare buono, percorrendo 1781 miglia nautiche in superficie e 231 in immersione.

Oltre al siluramento del Churruca, ha iniziato quattro manovre d’attacco contro navi mercantili sospette in transito nella sua zona, ma le ha sempre interrotte prima del lancio per impossibilità di identificarle con certezza.

1938

Assegnato al Gruppo Sommergibili di Lero. Sia lo Jalea che il gemello Jantina passano la maggior parte del periodo immediatamente precedente la seconda guerra mondiale nel Dodecaneso.

1939-1940

Sono comandanti dello Jalea dapprima il capitano di corvetta Primo Longobardo e poi il tenente di vascello Salvatore Todaro, entrambi destinati a farsi un nome in Atlantico di lì a poco, e ad essere decorati – alla memoria – con la Medaglia d’Oro al Valor Militare.

25 aprile 1940

Assume il comando dello Jalea il tenente di vascello Sandro Cetti, 32 anni, da Como.

10 maggio 1940

Lo Jalea, insieme ai sommergibili AmetistaJantinaDelfino e Zaffiro, lascia Messina per trasferirsi nell’isola di Lero, la principale base navale del Dodecaneso. Il trasferimento dei cinque sommergibili è stato disposto per rinforzare le forze subacquee dislocate nel Dodecanso (sommergibili TrichecoSqualo e Narvalo), in preparazione della guerra ormai imminente. Pochi giorni dopo i cinque battelli, attraversato l’Egeo, raggiungono la loro destinazione.

Jalea, Jantina, Ametista e Zeffiro vanno a formare la LII Squadriglia Sommergibili (V Grupsom), avente base a Lero.

9 giugno 1940

Alle 7.45 lo Jalea (tenente di vascello Sandro Cetti) salpa da Portolago (Lero) per un pattugliamento in posizione 35°08’ N e 26°58’ E, nel Canale di Caso ed a sud di Caso; deve formare uno sbarramento insieme al gemello Jantina ed al più grande Delfino.

10 giugno 1940

L’Italia entra nella seconda guerra mondiale.

11 giugno 1940

Alle 8.10 un mezzo antisommergibili attacca lo Jalea nel Canale di Caso con il lancio di tre bombe di profondità; il sommergibile si ritira verso sudest, ed alle 10.30 avverte l’esplosione di una quarta bomba di profondità. Non risulterebbe però che fossero presenti in zona unità antisommergibili Alleate.

14 giugno 1940

Lo Jalea rientra a Portolago alle 16.15, dopo aver percorso 579 miglia.

29 giugno 1940

Al comando del tenente di vascello Sandro Cetti, salpa da Portolago alle 9.30 per un pattugliamento nel Canale di Caso, in posizione 35°10' N e 26°40' E.

9 luglio 1940

Rientra a Portolago alle 9.55, dopo aver percorso 811 miglia.

5 agosto 1940

Salpa da Portolago alle 7.30, al comando del tenente di vascello Sandro Cetti, per un pattugliamento nel Canale di Scarpanto, a nord del Canale tra Rodi e Scarpanto (per altra fonte, probabilmente erronea, a nord di Creta).

17 agosto 1940

Rientra a Portolago alle 6.52 dopo aver percorso 1116,5 miglia senza eventi di rilievo.

7 settembre 1940

Lascia Portolago alle 18 per trasferirsi a Taranto, al comando del tenente di vascello Sandro Cetti.

12 settembre 1940

Arriva a Taranto alle 16.25, dopo aver percorso 640 miglia.

22 ottobre 1940

Uscita da Taranto per esercitazione dalle 8.40 alle 18.15, al comando del tenente di vascello Sandro Cetti. Percorse 61 miglia.

Altre due immagini dello Jalea tratte da “Oltre la divisa” di Antonio Dosio


10 novembre 1940

Salpa da Taranto alle 21.30, al comando del tenente di vascello Sandro Cetti, per effettuare vigilanza idrofonica nel Golfo di Taranto.

11 novembre 1940

Rientra a Taranto alle 9.30, dopo aver percorso 181 miglia.

12 novembre 1940

Parte da Taranto alle quattro, al comando del tenente di vascello Sandro Cetti, per effettuare vigilanza idrofonica in posizione 39°39' N e 18°53' E, a quindici miglia per 118° da Torre Scanzano.

13 novembre 1940

Rientra a Taranto alle 13.30, dopo aver percorso 181 miglia senza rilevare niente.

14 novembre 1940

Parte da Taranto alle sette, al comando del tenente di vascello Sandro Cetti, per un pattugliamento ad ovest di Corfù, in un raggio di cinque miglia dal punto 39°39' N e 18°53' E, a protezione dei convogli con rifornimenti in navigazione verso l’Albania.

22 novembre 1940

Rientra a Taranto alle 15.30, dopo aver percorso 519,5 miglia.

1° dicembre 1940

Parte da Taranto alle nove, al comando del tenente di vascello Sandro Cetti, per un altro pattugliamento a sud del Canale d'Otranto, in posizione 39°40' N e 19°10' E (a sudovest di Corfù), a protezione dei convogli per l’Albania, insieme al Giovanni Da Procida.

11 dicembre 1940

Rientra a Taranto alle 14.35, dopo aver percorso 638 miglia.

26 dicembre 1940

Parte da Taranto alle 21.09, al comando del tenente di vascello Sandro Cetti, per un nuovo pattugliamento a sud del Canale d’Otranto a tutela del traffico con l’Albania, partendo dal punto 38°40' N e 20°00' E e spingendosi fino a dieci miglia verso est.

5 gennaio 1941

Fa ritorno a Taranto alle 13.30, dopo aver percorso 1006,5 miglia senza eventi di rilievo.

19 gennaio 1941

Uscita da Taranto per esercitazione dalle 14.35 alle 15.40, al comando del tenente di vascello Sandro Cetti. Percorse tre miglia.

21 gennaio 1941

Parte da Taranto alle 8.05, al comando del tenente di vascello Sandro Cetti, per un pattugliamento a sud del Canale d’Otranto, in posizione 38°40' N e 19°40' E, sempre a salvaguardia dei convogli con l’Albania. Forma uno sbarramento nel Basso Adriatico e nell Ionio settentrionale insieme ai sommergibili AmbraTurcheseTito SperiFilippo CorridoniDomenico Millelire, Ciro Menotti e Dessiè.

31 gennaio 1941

Rientra a Taranto alle 16.30 dopo aver percorso 663 miglia senza aver rilevato niente, all’infuori di rumore di macchine ed esplosioni in lontananza.

1° febbraio 1941

Uscita da Taranto per esercitazione dalle 14.30 alle 16.50, al comando del tenente di vascello Sandro Cetti. Percorse quattro miglia.

26 febbraio 1941

Uscita da Taranto per esercitazione dalle 8.30 alle 16.40, al comando del tenente di vascello Sandro Cetti e con la scorta del dragamine RD 16. Percorse 36 miglia.

27 febbraio 1941

Uscita da Taranto per esercitazione dalle 9.10 alle 10.34, al comando del tenente di vascello Sandro Cetti. Percorse due miglia.

28 febbraio 1941

Il tenente di vascello Cetti lascia il comando dello Jalea, venendo rilevato dal capitano di corvetta Gustavo Miniero, 34 anni, da Gragnano.

6 marzo 1941

Uscita da Taranto per esercitazione dalle 8.40 alle 17.10, al comando del capitano di corvetta Gustavo Miniero e con la scorta del dragamine RD 30. Percorse 44 miglia.

Jalea (al centro), Onice (a sinistra) ed Ametista (a destra) ormeggiati a Civitavecchia (da “Oltre la divisa” di Antonio Dosio)

10 marzo 1941

Parte da Taranto alle 21.25, al comando del capitano di corvetta Gustavo Miniero, per un pattugliamento difensivo nel Golfo.

11 marzo 1941

Rientra a Taranto alle 10.45, dopo aver percorso 87 miglia senza avvistare niente.

15 marzo 1941

Uscita da Taranto per esercitazione dalle 15.10 alle 16.40, al comando del capitano di corvetta Gustavo Miniero. Percorse quattro miglia.

16 marzo 1941

Lascia Taranto alle 9.10, al comando del capitano di corvetta Gustavo Miniero, per trasferirsi a Pola, dove sarà adibito all’addestramento: è ormai logorato nei motori ed in altri apparati, e non più adatto al servizio di “prima linea”. Durante la navigazione incontra un convoglio italiano.

18 marzo 1941

Arriva a Pola alle 10.48, dopo aver percorso 534 miglia. Passa quindi alle dipendenze del XII Gruppo Sommergibili, composto dalle unità impiegate nell’addestramento degli allievi della Scuola Sommergibili di Pola.

25 marzo 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.10 alle 15.50, al comando del capitano di corvetta Gustavo Miniero. Percorse 50 miglia.

27 marzo 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.17 alle 19.29, al comando del capitano di corvetta Gustavo Miniero ed insieme ai sommergibili Medusa, Des Geneys e Marcantonio Bragadin, con la scorta delle navi scorta ausiliarie F 88 Jadera e F 95 San Giorgio. Percorse 71 miglia.

28 marzo 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 9.51 alle 16.50, al comando del capitano di corvetta Gustavo Miniero. Percorse 29 miglia.

31 marzo-1° aprile 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 13.28 del 31 marzo alle 00.15 del 1° aprile, al comando del capitano di corvetta Gustavo Miniero. Percorse 71 miglia.

4 aprile 1941

Salpa da Pola alle 16.10, al comando del capitano di corvetta Gustavo Miniero, per un pattugliamento al largo di Punta Planca e Sebenico, lungo una linea orientata nordovest-sudest sul punto 43°24' N e 15°48' E (o 41°50' N e 18°25' E) in sostituzione del Medusa, rientrato per avaria. Finalità della missione è la protezione del traffico con l’Albania.

13 aprile 1941

Rientra a Pola alle 13.25, dopo aver percorso 827 miglia.

15 aprile 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.50 alle 9.15, al comando del capitano di corvetta Gustavo Miniero. Percorse due miglia.

4 maggio 1941

Entra in bacino a Pola per un periodo di lavori.

17 maggio 1941

Cambio al comando durante i lavori: il capitano di corvetta Miniero viene sostituito dal parigrado Vincenzo D’Amato, 31 anni, da Bari.

Il tenente di vascello Vincenzo D’Amato (da www.sommergibilemillo.it)

28 maggio 1941

Lascia il bacino al termine dei lavori. Il comandante è cambiato: adesso comanda il capitano di corvetta Vincenzo D’Amato.

14 giugno 1941

Uscita da Pola per prove in mare dalle 8.40 alle 18.30, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 72 miglia.

16 giugno 1941

Entra nuovamente in bacino a Pola.

19 giugno 1941

Lascia il bacino.

23 giugno 1941

Uscita da Pola dalle 8.35 alle 19, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, per esercitazioni e prove della girobussola. Percorse 25,5 miglia.

24 giugno 1941

Uscita da Pola dalle 6.51 alle 20.30, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, per prove in mare. Percorse 95 miglia.

26 giugno 1941

Uscita da Pola per prove in mare dalle 8.15 alle 16.12, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato e con la scorta della nave scorta ausiliaria F 107 Grado. Percorse 25 miglia; al rientro entra in bacino.

27 giugno 1941

Lascia il bacino.

30 giugno 1941

Uscita da Pola dalle otto alle 18.48 per prove di velocità, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 65 miglia.

1° luglio 1941

Uscita da Pola per prove in mare dalle otto alle 18.48, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 54 miglia.

3 luglio 1941

Uscita da Pola per esercitazioni di tiro con il cannone dalle 12.30 alle 18.45, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme ai sommergibili Tito Speri e Vettor Pisani ed alla nave scorta ausiliaria F 54 Principessa Mafalda. Percorse 57 miglia.

4 luglio 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 12.12 alle 18.26, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 57 miglia.

5 luglio 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.56 alle 18.17, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 72 miglia.

8 luglio 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.26 alle 17.02, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato e con la scorta della torpediniera Audace e della San Giorgio. Percorse 56 miglia.

9-10 luglio 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 19.09 del 9 alle 3.04 del 10, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 75 miglia.

12 luglio 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.54 alle 17.30, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato e con la scorta della Jadera. Percorse 76 miglia.

13 luglio 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.47 alle 17.43, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 71 miglia.

16 luglio 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.45 alle 19.40, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato e con la scorta delle torpediniere Audace ed Insidioso, della Jadera e del rimorchiatore Grado. Percorse 72 miglia.

17 luglio 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.40 alle 18.59, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 68 miglia.

18 luglio 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 14.50 alle 18.59, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 68 miglia.

26-27 luglio 1941

Uscita da Pola per prove in mare dalle 7.45 del 26 alle 3.31 del 27, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, dopo alcuni giorni ai lavori. Percorse 128 miglia.

29-30 luglio 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 18.48 del 29 alle 3.24 del 30, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 65 miglia.

31 luglio 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.35 alle 18.20, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 64 miglia.

1° agosto 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.36 alle 18.32, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 65 miglia.

(da “L’intervento navale italiano nella guerra civile spagnola” di Franco Bargoni, su “Rivista Italiana di Difesa” numero 3 del marzo 1985, via www.betasom.it)

2 agosto 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 5.41 alle 17.47, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 62 miglia.

4 agosto 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.40 alle 17.43, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 59 miglia.

8 agosto 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.36 alle 17.04, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 60 miglia.

12 agosto 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.38 alle 16.35, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 60 miglia.

Alle 21.15 salpa per un’altra uscita addestrativa, in cui parteciperà ad un’esercitazione insieme a Des Geneys, Pisani, Jadera, Audace e l’incrociatore leggero Alberico Da Barbiano.

13 agosto 1941

Rientra a Pola alle 6.10, dopo aver percorso 65 miglia.

15 agosto 1941

Uscita da Pola per esercitazioni di lancio siluri dalle 7.40 alle 17.46, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme al sommergibile Giovanni Bausan ed all’Audace, con la scorta della Jadera. Percorse 72 miglia.

19 agosto 1941

Uscita da Pola per esercitazione di lancio siluri dalle 7.35 alle 19.35, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme ai sommergibili Enrico Toti e Tito Speri ed all’Insidioso, con la scorta della San Giorgio e del cacciasommergibili ausiliario AS 134 Salvore. Percorse 84 miglia.

25 agosto 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.41 alle 19.25, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 73 miglia.

29-30 agosto 1941

Uscita da Pola per esercitazione di lancio siluri (in cui funge da bersaglio l’Insidioso, mentre la scorta è assicurata dalla Jadera) dalle 19.12 del 29 all’1.15 del 30, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 48 miglia.

2-3 settembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 10.45 del 2 all’1.30 del 3, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 81,3 miglia.

3-4 settembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 22.05 del 3 alle 6.57 del 4, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme ad Audace e Da Barbiano. Percorse 74,8 miglia.

5 settembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.05 alle 17.35, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 53,7 miglia.

Lo Jalea effettua un’immersione di prova nella rada di Pola (g.c. STORIA militare)

8 settembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.32 alle 18.13, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme ai sommergibili Ammiraglio Cagni, Tito Speri e Des Geneys e con la scorta di Jadera, Salvore e della nave scorta ausiliaria F 79 Morrhua. Percorse 60,5 miglia.

11 settembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.40 alle 18.24, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme al Toti e con la scorta del Salvore. Percorse 59,2 miglia.

13 settembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.35 alle 17.31, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme a Pisani, Medusa e Bausan e con la scorta di Insidioso, Morrhua e Jadera. Percorse 69,6 miglia.

15 settembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.40 alle 18.25, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme al Medusa e con la scorta di Audace e San Giorgio. Percorse 73,5 miglia.

16 settembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.40 alle 17.45, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 51,5 miglia.

18-19 settembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 10.10 del 18 all’1.55 del 19, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme allo Speri e con la scorta del Morrhua. Percorse 97,5 miglia.

23 settembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle otto alle 16.02, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme ai sommergibili Goffredo Mameli, Des Geneys e Giovanni Bausan, con la scorta di Audace, Salvore e Jadera. Percorse 55,1 miglia.

25 settembre 1941

Salpa da Pola alle 17.53, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, per un pattugliamento ad ovest di Cherso ed al largo del Golfo del Quarnaro, a nord del meridiano 44°46’ N.

28 settembre 1941

Rientra a Pola alle 8.25 dopo aver percorso 257,5 miglia senza eventi degni di nota.

1° ottobre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 13.02 alle 00.20 del 2, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme al Medusa e con la scorta della Jadera. Percorse 85 miglia.

4 ottobre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 9.54 alle 17.12, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 59 miglia.

6-7 ottobre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 10.59 del 6 all’1.40 del 7, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme al Mameli e con la scorta della vedetta foranea V 157 Salvatore. Percorse 89 miglia.

9 ottobre 1941

Salpa da Pola alle 16.34, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, per un pattugliamento difensivo.

12 ottobre 1941

Rientra a Pola alle 2.40 dopo aver percorso 416 miglia.

30 ottobre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 11.03 alle 17.18, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 58,2 miglia.

1° novembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.56 alle 17.19, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme ai sommergibili Des Geneys e Francesco Rismondo e con la scorta del Morrhua. Percorse 80,5 miglia.

5 novembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.03 alle 17.40, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, con la scorta di Grado e San Giorgio. Percorse 63,5 miglia.

7 novembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle otto alle 18.19, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme al Des Geneys e con la scorta del Grado. Percorse 76,5 miglia.

10 novembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle otto alle 18.46, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, con la scorta di Audace e Jadera. Percorse 83,5 miglia.

12 novembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle otto alle 17.07, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 73 miglia.

18 novembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle otto alle 16.47, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme a Toti e Des Geneys e con la scorta di San Giorgio e Jadera. Percorse 65 miglia.

22 novembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle otto alle 17.10, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 74,5 miglia.

25 novembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.03 alle 17.10, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 64,5 miglia.

26 novembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.01 alle 17.10, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 71,5 miglia.

28 novembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle otto alle 16.25, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme a Pisani, Speri e Mameli e con la scorta della Jadera e della nave ausiliaria Tron. Percorse 73,5 miglia.

1° dicembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.10 alle 16.50, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, con la scorta di Jadera e San Giorgio. Percorse 72,78 miglia.

2 dicembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 16.35 alle 00.35 del 3, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 62,72 miglia.

9 dicembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 16.20 a mezzanotte, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme al Medusa e con la scorta dell’Insidioso. Percorse 70,14 miglia.

11 dicembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.45 alle 18.30, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 67,56 miglia.

12 dicembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.10 alle 17.15, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme a Speri e Pisani e con la scorta di Insidioso, San Giorgio e della nave scorta ausiliaria F 148 Traù. Percorse 58,49 miglia.

13 dicembre 1941

Salpa da Pola alle 14.21, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, per rilevare il Des Geneys (rientrato alla base per avarie) in un pattugliamento difensivo con pattugliamento idrofonico tra Trieste e Venezia, insieme al Mameli, a copertura del passaggio di un importante convoglio.

14 dicembre 1941

Rientra a Pola alle 12.49, dopo aver percorso 121,5 miglia.

24 dicembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 7.58 alle 16.30, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme al Des Geneys e con la scorta del Traù; effettuano simulazioni di attacco col siluro con bersaglio l’Audace. Percorse 58,13 miglia.

27 dicembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.10 alle 17.40, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme allo Speri e con la scorta della San Giorgio. Percorse 69,44 miglia.

29 dicembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione di lancio siluri dalle 16.10 alle 2.10 del 30, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato e con la scorta della San Giorgio. Percorse 88,85 miglia.

31 dicembre 1941

Uscita da Pola per esercitazione di tiro con il cannone dalle 8.35 alle 14.25, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme al Des Geneys e con la scorta della Jadera. Percorse 49,5 miglia.

4 gennaio 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.40 alle 16.40, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme a Toti, Medusa e Des Geneys e con la scorta di Audace, Jadera e San Giorgio. Percorse 43,2 miglia.

5 gennaio 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.30 alle 17.05, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme ai sommergibili Speri, Ondina, Medusa e Des Geneys e con la scorta di Audace, Jadera, San Giorgio e Traù. Percorse 62 miglia.

7 gennaio 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.35 alle 16.38, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 57,5 miglia.

12 gennaio 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 10.53 alle 00.28 del 13, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato. Percorse 87,8 miglia.

15 gennaio 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.32 alle 18.05, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme all’Ondina e con la scorta della Jadera. Percorse 58,5 miglia.

19 gennaio 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 15.05 alle 00.57 del 20, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme al Toti e con la scorta del Grado. I due sommergibili effettuano dapprima prove di tiro notturno col cannone contro la Jadera, poi prove di lancio dei siluri, sempre notturne, contro la torpediniera Giuseppe Missori. Percorse 80,2 miglia.

28 gennaio 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 16.03 alle 19.07, al comando del capitano di corvetta Vincenzo D’Amato, insieme al Medusa e con la scorta della San Giorgio. Percorse 26 miglia.

1-14 febbraio 1942

In lavori a Pola. Durante questo periodo ne è interinalmente comandante il capitano di fregata Riccardo Boris, 35 anni, da Borgo San Martino; al termine dei lavori, il 14 febbraio, il comando viene assunto dal capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, 31 anni, da Roma, salvo che per il viaggio di trasferimento da Pola a Porto Baross, nel quale sarà comandato dal tenente di vascello Teucle Meneghini, 34 anni, da Pitelli.

Giuseppe Roselli Lorenzini in una foto del dopoguerra (USMM)

25 febbraio 1942

Lascia Pola alle 7.40, al comando del tenente di vascello Teucle Meneghini, per trasferirsi a Porto Baross insieme ai sommergibili Velella e Vettor Pisani, all’Audace ed alla nave appoggio sommergibili Quarnerolo. Il piccolo convoglio giunge a Porto Baross alle 14.50, dopo un viaggio di 60 miglia.

7 marzo 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle otto alle 13.57, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini. Percorse 26,5 miglia.

9 marzo 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 12.35 alle 18.26, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme al Pisani e con la scorta del Traù. Percorse 32,6 miglia.

10 marzo 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 8.02 alle 14, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme al Pisani e con la scorta di Jadera e Traù. Percorse 28,2 miglia.

14 marzo 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 8.25 alle 14, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini. Percorse 26,5 miglia.

16 marzo 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 13.30 alle 17.45, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini. Percorse 19,9 miglia.

17 marzo 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 8.35 alle 14.02, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini. Percorse 23,6 miglia.

18 marzo 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 9.13 alle 16.15, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme ai sommergibili Asteria e Luciano Manara e con la scorta della Jadera e della motonave requisita Abbazia. Percorse 38,4 miglia.

1° aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 9.20 alle 17.40, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme ad Asteria e Manara e con la scorta di Audace, Jadera e due motoscafi. Percorse 38,5 miglia.

2 aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 20.18 del 2 alle 00.55 del 3, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, con la scorta di Audace, San Giorgio e del motoscafo 6 F. Percorse 31 miglia.

4 aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 8.30 alle 13.30, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini. Percorse 25,3 miglia.

6 aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 10.26 alle 13.01, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme al Pisani e con la scorta dell’Audace. Percorse 8,5 miglia.

8 aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle nove dell’8 alle 2.05 del 9, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini e con la scorta di Traù ed Abbazia. Percorse 83,5 miglia.

9 aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 10.04 del 9 alle 2.16 del 10, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini. Percorse 64 miglia.

11 aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 9.15 alle 14.42, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme ai sommergibili Diaspro, Asteria e Manara e con la scorta di Jadera ed Insidioso. Percorse 23,2 miglia.



Alcune immagini scattate sullo Jalea dal sottotenente di vascello Vittorio Villa durante un’uscita nelle acque di Fiume nell’aprile del 1942 (per g.c. del figlio Alberto Villa)

16 aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 12.25 del 16 all’1.16 del 17, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme al Manara e con la scorta di Jadera ed Insidioso. Percorse 48 miglia.

18 aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 9.20 alle 13.40, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini e con la scorta della Jadera. Percorse 37,3 miglia.

21 aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 12.40 alle 21.56, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini e con la scorta della Jadera. Percorse 43,1 miglia.

23 aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 12.20 del 23 alle 00.42 del 24, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini e con la scorta della torpediniera T 3. Percorse 61,9 miglia.

25 aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 9.20 alle 14.53, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme al Manara e con la scorta della T 3. Percorse 38,8 miglia.

28 aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 12.52 del 28 alle 00.29 del 29, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme ai sommergibili Giada e Manara e con la scorta dell’Audace. Percorse 3,3 miglia.

30 aprile 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 8.22 a mezzanotte, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme a Giada e Manara e con la scorta dell’Audace. Percorse 58 miglia.

Altre immagini scattate da Vittorio Villa durante le uscite dello Jalea nelle acque di Fiume dell’aprile 1942: il capo cannoniere Rosselli con il tenente di vascello Esposito...


...il sottotenente di vascello Lando Caimmi...

...il tenente guastatore Bernardini del Reggimento "San Marco" (g.c. Vittorio Villa).

2 maggio 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 10.01 alle 14.32, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini e con la scorta dell’Audace. Percorse 12,3 miglia.

5 maggio 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 12.32 del 5 alle 00.43 del 6, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme al sommergibile Fratelli Bandiera e con la scorta dell’Audace. Percorse 50,4 miglia.

7 maggio 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 9.32 alle 12.13, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme al Bandiera e con la scorta dell’Audace. Percorse 24,7 miglia.

9 maggio 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 10.51 alle 14.55, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme al Bandiera e con la scorta della T 3. Percorse 15,7 miglia.

11 maggio 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 13.25 alle 23.10, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme a Giada e Manara e con la scorta della T 3. Percorse 37,5 miglia.

13 maggio 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 13.15 alle 16.48, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini. Percorse 24,7 miglia.

15 maggio 1942

Uscita da Porto Baross per esercitazione dalle 11 alle 21.15, al comando del capitano di corvetta Giuseppe Roselli Lorenzini, insieme al Manara e con la scorta dell’Insidioso. Percorse 38,9 miglia.

16 maggio 1942

Sempre al comando del capitano di corvetta Roselli Lorenzini, lascia Porto Baross alle 13.30 per trasferirsi a Pola, dove arriva alle 19, dopo aver percorso 58,9 miglia.

17 maggio 1942

Il comandante Roselli Lorenzini sbarca, avvicendato dal capitano di corvetta Guido D’Alterio, 33 anni, a Napoli.

19 maggio 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.30 alle 11.30, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 3,9 miglia.

Jalea (in primo piano a destra), Topazio (a sinistra) e Giada (sullo sfondo, in manovra) in una foto scattata a Fiume il 19 maggio 1942, quando tutti e tre erano adibiti all’addestramento presso la Scuola Sommergibili (g.c. STORIA militare)

5 giugno 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.45 alle 14.10, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 26,5 miglia.

8 giugno 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.25 alle 14.40, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 20,2 miglia.

11 giugno 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 13.20 alle 19.40, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 24,7 miglia.

15 giugno 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.25 alle 14.27, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 20,8 miglia.

16 giugno 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 13.28 alle 19.15, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 26 miglia.

18 giugno 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.40 alle 15.50, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 23,1 miglia.

19 giugno 1942

Salpa da Pola alle 19.10, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio, per un pattugliamento in Alto Adriatico.

20 giugno 1942

Rientra a Pola alle 10.35, dopo aver percorso 38 miglia senza rilevare altro che rumore di motrici. Alle 18.35 riparte da Pola per un altro pattugliamento in Alto Adriatico.

21 giugno 1942

Fa ritorno a Pola alle 10.50, dopo aver percorso 72,3 miglia; di nuovo, ha rilevato soltanto rumore di macchine.

22 giugno 1942

Parte da Pola alle 18.30, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio, per un pattugliamento in Alto Adriatico con esercitazione idrofonica insieme al dragamine ausiliario G 67 Roma.

23 giugno 1942

Fa ritorno a Pola alle 10.20, dopo aver percorso 65,8 miglia senza eventi di rilievo.

24 giugno 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 9.35 alle 16, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 23,3 miglia.

26 giugno 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.36 alle 14.37, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 21,5 miglia.

30 giugno 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 13.10 alle 19.14, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 21,4 miglia.

3 luglio 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 13.16 alle 18.46, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 18,5 miglia.

Alle 19.30 riparte da Pola, sempre al comando del capitano di corvetta D’Alterio, per un pattugliamento difensivo con vigilanza idrofonica.

4 luglio 1942

Rientra a Pola alle 10.50, dopo aver percorso 93,5 miglia senza eventi di rilievo.

7 luglio 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 8.15 alle 12.40 e poi di nuovo dalle 18.35 del 7 all’1.10 dell’8, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 26,7 miglia il mattino, 15,5 la sera.

9 luglio 1942

Uscita da Pola per esercitazione dalle 13.15 alle 19.55, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 27,3 miglia.

12 luglio 1942

Salpa da Pola alle 18.19, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio, per un pattugliamento idrofonico nell’Alto Adriatico.

13 luglio 1942

Rientra a Pola alle 10.22, dopo aver percorso 113,7 miglia senza rilevare niente di anomalo.

Riparte alle 18.27 per un altro pattugliamento idrofonico.

14 luglio 1942

Rientra a Pola alle 10.42, dopo aver percorso 104,3 miglia senza niente da segnalare.

Luglio-Settembre 1942

In lavori.

21 settembre 1942

Uscita da Pola per prove in mare dalle 13.25 alle 17.45, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 14,6 miglia.

23 settembre 1942

Uscita da Pola per prove in mare dalle 5.25 alle 19.39, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio. Percorse 130 miglia.

28 settembre 1942

Lascia Pola alle 8.20, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio, per trasferirsi a Venezia, dove giunge alle 18.17, dopo aver percorso ottanta miglia.

1° ottobre 1942

Uscita da Venezia dalle 8.50 alle 11.57, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio, per prove con i siluri G7e. Percorse 15 miglia.

3 ottobre 1942

Lascia Venezia alle 00.05, al comando del capitano di corvetta Guido D’Alterio, per trasferirsi a Pola, dove arriva alle 7.48, dopo aver percorso 76 miglia.

11 ottobre 1942

Il capitano di corvetta D’Alterio viene avvicendato al comando dello Jalea dal parigrado Alberto Torri, 35 anni, da Gallarate.

17 ottobre 1942

Lascia Pola alle 10.05, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri, per trasferirsi a Fiume, dove arriva alle 16.15, dopo aver percorso 61 miglia.

19 ottobre 1942

Uscita da Fiume per esercitazione dalle 8.25 alle 18.20, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri, insieme ai sommergibili Delfino e Manara e con la scorta dell’Insidioso. Percorse 30 miglia.

21 ottobre 1942

Uscita da Fiume per esercitazione dalle 8.40 alle 18.10, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 29 miglia.

Il sottotenente del Genio Navale Francesco Del Rio a bordo dello Jalea nel 1942 (da www.ilpuntosulmistero.it)

23 ottobre 1942

Uscita da Fiume per esercitazione dalle 8.45 alle 18.23, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 40 miglia.

26 ottobre 1942

Uscita da Fiume per esercitazione dalle 8.15 alle 22.10, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 89,5 miglia.

28 ottobre 1942

Uscita da Fiume per esercitazione dalle 7.25 alle 18.25, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 29,9 miglia.

29 ottobre 1942

Uscita da Fiume per esercitazione da mezzogiorno alle 16.47, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 25,4 miglia.

31 ottobre 1942

Uscita da Fiume per esercitazione dalle otto del 31 alle 00.32 del 1° novembre, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 61,8 miglia.

2 novembre 1942

Lascia Porto Sauro alle 12.25, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri, e si sposta a Bergondi, dove entra in bacino alle 14.55.

10 novembre 1942

Esce dal bacino alle 9.19, lascia Bergondi, compie un’esercitazione e poi raggiunge Porto Sauro alle 21.55, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 33,2 miglia.

12 novembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 7.12 alle 21.22, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 62,6 miglia.

13 novembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 7.20 alle 14.51, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 48,4 miglia.

16 novembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 11.41 alle 21.35, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 51,6 miglia.

17 novembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 8.55 alle 19.57, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 63,1 miglia.

19 novembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 8.30 alle 22.25, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 85,9 miglia.

20 novembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 8.30 alle 17.05, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 33,7 miglia.

21 novembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 8.25 alle 17.30, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 20,1 miglia.

23 novembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 7.40 alle 20.28, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 40,5 miglia.

24 novembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 8.58 alle 12.51, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 24,4 miglia.

25 novembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 8.55 alle 14.23, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 22,6 miglia.

26 novembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 10.35 alle 20.27, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 47,1 miglia.

27 novembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 11.44 alle 17.50, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 28,8 miglia.

30 novembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 8.20 alle 20.30, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 35,9 miglia.

1° dicembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 12.15 alle 20.33, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 24,7 miglia.

2 dicembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 13.10 alle 19.55, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 36,2 miglia.

5 dicembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 16.50 alle 20.30, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 27 miglia.

7 dicembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 8.30 alle 15.20, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 27,2 miglia.

8 dicembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 8.15 alle 11.30, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 18,2 miglia.

9 dicembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 8.46 alle 16.32, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 43,6 miglia.

11 dicembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 8.20 alle 12.22 e poi di nuovo alle 16.40 alle 19.16, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 20,3 miglia il mattino, 17,5 la sera.

12 dicembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 8.15 alle 12.15, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 20 miglia.

15 dicembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 8.22 alle 11.48, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 19 miglia.

17 dicembre 1942

Uscita da Porto Sauro per esercitazione dalle 13.35 alle 16.05, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 14,6 miglia.

18 dicembre 1942

Uscita da Porto Sauro per prove dalle 13.20 alle 15.50, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 9,4 miglia.

21 dicembre 1942

Uscita da Porto Sauro per prove dalle 11.15 alle 14.50, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 13,4 miglia.

22 dicembre 1942

Uscita da Porto Sauro per prove dalle undici alle 12.05, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 6,8 miglia.

28 dicembre 1942

Salpa da Porto Sauro alle 9.05, al comando del tenente di vascello Teucle Meneghini, per un pattugliamento in Alto Adriatico, in posizione 43°50' N e 14°30' E.

31 dicembre 1942

Rientra a Pola alle sei del mattino, dopo aver percorso 423,7 miglia senza notare niente di strano.

1° gennaio 1943

Lascia Pola alle 5.30, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri, per trasferirsi a Fiume, dove arriva alle 11.05, dopo aver percorso 39 miglia.


Lo Jalea con colorazione mimetica, fotografia datata variabilmente al 1942 od al 1943 (sopra: g.c. STORIA militare; sotto: Coll. Erminio Bagnasco, via www.associazione-venus.it)


2 gennaio 1943

Lascia Porto Sauro alle 9, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri, per trasferirsi a Bergondi, dove arriva tre quarti d’ora più tardi, dopo aver percorso due miglia e mezzo.

15 gennaio 1943

Lascia Bergondi alle 7.45, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri, per trasferirsi a Porto Sauro, dove arriva alle 9.30, dopo aver percorso due miglia e mezzo.

19 gennaio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.40 alle 20.50, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 61 miglia.

20 gennaio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 13.02 alle 20.45, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 38 miglia.

23 gennaio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.24 alle 15.05, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 24,7 miglia.

26 gennaio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.40 alle 21.20, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 69 miglia.

28 gennaio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.26 alle 23.45, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 129,4 miglia.

29 gennaio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 11.06 alle 21.20, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 60,5 miglia.

2 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.50 alle 15.19, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 16,4 miglia.

3 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.20 alle 21.12, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 43 miglia.

4 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.35 alle 22.20, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 54 miglia.

6 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.21 alle 22.56, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 60 miglia.

8 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.34 alle 20.47, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 51 miglia.

10 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.36 alle 21.58, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 53 miglia.

11 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.30 alle 22.10, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 99 miglia.

13 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.11 alle 22.17, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 56 miglia.

16 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.12 alle 16.05, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 33,5 miglia.

18 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle undici alle 13.56, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 24,5 miglia.

19 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.40 alle 20.52, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 47 miglia.

20 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.17 alle 21.35, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 28 miglia.

22 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 9.12 alle 22.05, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 25 miglia.

23 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 9.50 alle 14.17, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 67 miglia.

25 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.07 alle 22.30, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 65,5 miglia.

27 febbraio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.40 alle 22.08, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 55 miglia.

1° marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 11.50 alle 23.20, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 68,3 miglia.

2 marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 9.22 alle 22.45, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 92 miglia.

5 marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 8.50 alle 23.01, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 74 miglia.

9 marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.20 a mezzanotte, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 67 miglia.

11 marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 9.30 alle 21.30, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 58 miglia.

13 marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.05 alle 21.52, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 62,3 miglia.

16 marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.30 alle 23.12, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 89,4 miglia.

18 marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 10.50 alle 22.50, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 77 miglia.

20 marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 11.35 alle 21.30, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 62,3 miglia.

23 marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.28 alle 22.32, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 52,1 miglia.

24 marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 9.30 alle 13.53, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 56 miglia.

27 marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per prove in mare, dalle 9.23 alle 9.53, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 0,2 miglia.

30 marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.40 alle 23.35, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 68,6 miglia.

Lo Jalea ed un altro sommergibile durante un’uscita per esercitazione in Alto Adriatico, nel marzo 1943 (foto tratta da Axis History Forum, utente Oliviero)

31 marzo 1943

Uscita da Porto Sauro per prove in mare, dalle 11.05 alle 13.45, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 8,4 miglia.

1° aprile 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 14.30 alle 23.35, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 51,43 miglia.

3 aprile 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.05 alle 22.57, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 60,2 miglia.

6 aprile 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.02 alle 23.19, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 70,5 miglia.

8 aprile 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 13.59 alle 22.41, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 45 miglia.

10 aprile 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 14 alle 23.47, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 47,9 miglia.

13 aprile 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 9.44 alle 23.18, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 94,95 miglia.

15 aprile 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.12 alle 23.07, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 75,2 miglia.

17 aprile 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 14.30 alle 19.20, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 39,26 miglia.

20 aprile 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 11.33 del 20 alle 00.02 del 21, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 67,4 miglia.

22 aprile 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 13.05 alle 15.40, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse undici miglia.

8 maggio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 13.40 alle 23.25, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 56,7 miglia.

11 maggio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 13.25 dell’11 alle 00.15 del 12, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 57,8 miglia.

13 maggio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 13.11 del 13 alle 00.35 del 14, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 62 miglia.

15 maggio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 13.43 del 15 alle 00.46 del 16, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 74,6 miglia.

18 maggio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.23 del 18 alle 2.45 del 19, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 82 miglia.

20 maggio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.12 del 20 alle 2.40 del 21, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 72 miglia.

22 maggio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 13.10 del 22 alle 00.45 del 23, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 29,5 miglia.

25 maggio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.15 del 25 alle 2.56 del 26, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 73,5 miglia.

27 maggio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.36 del 27 all’1.08 del 28, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 71,7 miglia.

29 maggio 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.11 del 29 all’1.18 del 30, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 74,3 miglia.

1° giugno 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 9.07 del 1° giugno all’1.55 del 2, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 92,8 miglia.

5 giugno 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 11.40 del 5 all’1.15 del 6, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 70,9 miglia.

8 giugno 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 16.43 dell’8 all’1.15 del 9, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 59 miglia.

11 giugno 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 16.46 alle 21.30, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 29,5 miglia.

12 giugno 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 15.19 del 12 alle 2.30 del 13, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 77,7 miglia.

14 giugno 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.25 del 14 all’1.30 del 15, al comando del capitano di corvetta Alberto Torri. Percorse 70,9 miglia.

15 giugno 1943

Il capitano di corvetta Torri lascia il comando dello Jalea, venendo sostituito dal tenente di vascello Pasquale Gigli, 30 anni, da Taranto.

Pasquale Gigli in una foto del dopoguerra (USMM)

16 giugno 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.40 del 16 alle 00.40 del 17, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 74,5 miglia.

18 giugno 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 15.04 del 18 all’1.25 del 19, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 66,7 miglia.

21 giugno 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 11.55 del 21 alle 00.10 del 22, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 69,5 miglia.

23 giugno 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.30 del 23 all’1.45 del 24, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 65 miglia.

25 giugno 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.10 del 25 alle 00.55 del 26, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 67,5 miglia.

28 giugno 1943

Uscita da Porto Sauro per esercitazione, dalle 12.05 del 28 alle 4.48 del 29, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 77,5 miglia.

1° luglio 1943

Uscita da Fiume per esercitazione, dalle 12.20 dell’1 alle 2.02 del 2, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 69,5 miglia.

2 luglio 1943

Uscita da Fiume per esercitazione, dalle 13.10 del 2 alle 3.45 del 3, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 78,5 miglia.

5 luglio 1943

Uscita da Fiume per esercitazione, dalle 12.10 del 5 alle 00.30 del 6, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 71,5 miglia.

7 luglio 1943

Uscita da Fiume per esercitazione, dalle 12.14 del 7 all’1.30 dell’8, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 79,5 miglia.

9 luglio 1943

Uscita da Fiume per esercitazione, dalle 15.13 del 9 all’1.10 del 10, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 58 miglia.

10 luglio 1943

Uscita da Fiume per esercitazione, dalle 11.50 alle 15.15, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 18 miglia.

12 luglio 1943

Uscita da Fiume per esercitazione, dalle 12.15 del 12 alle 00.35 del 13, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 71,5 miglia.

13 luglio 1943

Lascia Fiume alle 22.40, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per trasferirsi a Pola.

14 luglio 1943

Arriva a Pola alle 6.20, dopo aver percorso 63,8 miglia.

16 luglio 1943

Lascia Pola alle 00.13, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per trasferirsi a Brindisi, dove entrerà a far parte del IX Gruppo Sommergibili, ivi avente base, insieme a Squalo, Fratelli Bandiera e Luciano Manara.

18 luglio 1943

Arriva a Brindisi alle 19.10, dopo aver percorso 385 miglia.

5 agosto 1943

Uscita da Brindisi per prove in mare dalle 14.20 alle 17.54, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli. Percorse 22,2 miglia.

9 agosto 1943

Lascia Brindisi alle 20.40 per trasferirsi a Taranto, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli.

12 agosto 1943

Arriva a Taranto alle 7.17, dopo aver percorso 328 miglia.

15 agosto 1943

Salpa da Taranto alle 5.13, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per un pattugliamento al largo di Capo Spartivento, tra il punto 37°44' N e 16°00' E, il punto 37°44' N e 16°36' E e la costa della Calabria.

22 agosto 1943

Alle tre di notte viene osservato intenso tiro contraereo nella direzione di Crotone, e quasi contemporaneamente giunge la notizia dell’avvistamento di una forza navale nemica al largo di Capo Rizzuto, con rotta 45°. Il comandante Gigli decide di tentarne l’intercettazione.

Alle 4.33, in posizione 38°48' N e 17°11' E, vengono avvistate ad un migliaio di metri di distanza due unità veloci (forse motosiluranti) dirette a tutta forza verso lo Jalea, che s’immerge per sottrarsi ad un attacco.

Alle 6.12, in posizione 38°53' N e 17°28' E, vengono avvistate tre motosiluranti in navigazione verso Crotone.

23 agosto 1943

Lo Jalea rientra a Taranto alle 6.40, dopo aver percorso 688,2 miglia.

7 settembre 1943

Parte da Taranto alle 13.15 (per altra fonte, 14.37), al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per un pattugliamento al largo di Crotone.

Maricosom (il Comando Squadra Sommergibili), ricevuta notizia dell’avvistamento della flotta d’invasione angloamericana diretta verso le coste dell’Italia meridionale (si tratta delle navi destinate all’operazione "Avalanche", lo sbarco a Salerno), ha dato il via al Piano "Zeta" (elaborato fin dal 23 marzo 1943 per la protezione delle coste del Sud Italia, della Sicilia e della Sardegna con l’impiego su larga scala delle residue forze subacquee, modificato più volte e diramato il 2 luglio): lo schieramento in massa dei sommergibili in quelle acque, per contrastare lo sbarco Alleato.

Nell’ambito del Piano "Zeta", lo Jalea viene inviato a formare uno sbarramento in Mar Ionio (tra le coste orientali della Sicilia e della Calabria e capo Santa Maria di Leuca in Puglia) insieme ad altri sette sommergibili (SqualoMarcantonio BragadinFratelli BandieraZoeaLuigi SettembriniOnice e Vortice): OniceVorticeSettembrini e Zoea vi sono già stati schierati in precedenza, mentre Jalea, Squalo, BandieraBragadin vanno ad estendere tale sbarramento preesistente fino al Golfo di Taranto. Altri otto battelli (BrinDiasproTopazioAlagiMareaGalateaVelellaPlatino e Nichelio) vengono dispiegati nel Basso Tirreno a copertura della costa compresa tra i golfi di Paola e di Gaeta, mentre altri due (Giada e Turchese) sono inviati ad ovest della Sardegna.

In realtà, mentre questo avviene l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati è già stato firmato da quattro giorni; ma rimane coperto da massimo segreto, tutti ne sono tenuti all’oscuro all’infuori una ristretta cerchia facente capo a Pietro Badoglio ed a Vittorio Emanuele III. Il comandante di Maricosom ha partecipato alla riunione organizzata dall’ammiraglio Raffaele De Courten, capo di Stato Maggiore della Marina, per spiegare ai comandanti superiori le disposizioni previste dal Promemoria numero 1, inviatogli il 6 settembre dal Comando Supremo, e nel quale si impartiscono ordini per un imminente rovesciamento delle alleanze. Il dispiegamento dei sommergibili nelle acque del Sud Italia è stato concordato con i comandi Alleati al fine di non insospettire i tedeschi; gli equipaggi non ne sono ovviamente a conoscenza, e quello del Velella pagherà con la vita quest’assurda situazione, venendo silurato lo stesso 7 settembre dal sommergibile britannico Shakespeare.

8 settembre 1943

L’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati sorprende lo Jalea nel Mar Ionio.

Alle 19.50, otto minuti dopo che l’EIAR ha annunciato la notizia alla nazione (gli Alleati ne hanno dato notizia già alle 18.30, tramite Radio Algeri), Maricosom dirama a tutti i sommergibili in mare il messaggio «Alla ricezione del presente ordine assumere un compito esclusivamente ripeto esclusivamente esplorativo», seguito alle 21.10 da «Alla ricezione del presente messaggio cessare ogni ostilità alt Accusate ricevuta». Alle 21.50 Maricosom ordina a tutti i sommergibili: «Immergetevi subito a quota 80 metri alt Alle 8 del giorno 9 emergete rimanendo in superficie con bandiera nazionale a riva e pennello nero al periscopio di prora alt Riceverete ulteriori ordini alt Accusate ricevuta».

9 settembre 1943

Alle 8.20 lo Jalea incontra il sommergibile Ciro Menotti (tenente di vascello Giovanni Manunta); i due comandanti discutono sul da farsi, dopo di che il Menotti decide di dirigere per Siracusa (ma strada facendo verrà intercettato dal sommergibile HMS Unshaken e dirottato a Malta), mentre il comandante Gigli opta per il ritorno a Taranto. Successivamente viene dirottato su Gallipoli.

10 settembre 1943

Arriva a Gallipoli alle 21.35, dopo aver percorso 297 miglia.

11 settembre 1943

Lascia Gallipoli alle 3.55, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per trasferirsi a Taranto, dove arriva alle 10.03, dopo aver percorso 56,6 miglia.

12 settembre 1943

Lascia Taranto alle 9.46, al comando del tenente di vascello Pasquale Gigli, per trasferirsi a Malta, insieme ai sommergibili Atropo e Fratelli Bandiera e con la scorta del cacciatorpediniere italiano Augusto Riboty e del britannico Troubridge (per altra versione, quest’ultimo avrebbe incontrato le unità italiane alle 13.20 del 13, guidandole poi fino a Malta).

14 settembre 1943

Arriva a Malta alle 17.40, dopo aver percorso 310,2 miglia. Jalea, Atropo e Bandiera sono i primi sommergibili italiani ad arrivare a Malta, con l’eccezione del Menotti, che li ha preceduti il 12 settembre. Molti altri seguiranno nei giorni successivi.

21 settembre 1943

Lo Jalea viene temporaneamente dislocato nell’ormeggio di San Paolo (Malta), insieme ad altri dieci sommergibili (AlagiBrinGalateaH 1H 2H 4, OniceCiro Menotti, Squalo e Zoea), alle “dipendenze” della nave appoggio idrovolanti Giuseppe Miraglia (si tratta del "Gruppo San Paolo", uno dei due gruppi in cui sono stati suddivisi i sommergibili italiani giunti a Malta: l’altro, denominato "Gruppo Marsa Scirocco", è ubicato in tale località alle dipendenze della corazzata Giulio Cesare).

5 ottobre 1943

Durante l’internamento a Malta, il tenente di vascello Gigli lascia il comando dello Jalea, che viene temporaneamente assunto dal guardiamarina Emilio Catalano.

21 novembre 1943

Lascia Malta alle 16.55, al comando del guardiamarina Emilio Catalano, per tornare in Italia. (Per altra fonte, probabilmente erronea, lo Jalea avrebbe lasciato Malta già il 13 ottobre, insieme ai sommergibili Alagi, Atropo, Fratelli Bandiera, Marcantonio Bragadin, Brin, Filippo Corridoni, Galatea, H 1, H 2, H 4, Ciro Menotti, Luigi Settembrini, Squalo e Zoea).

22 novembre 1943

Arriva ad Augusta alle 11.20, dopo aver percorso 108 miglia. Lo stesso giorno guardiamarina Catalano lascia il comando, che viene assunto, per il periodo dei successivi lavori, dal capitano del Genio Navale Nireo Bassetti, 30 anni, da Sarsina.

23 novembre 1943-19 gennaio 1944

Lavori di raddobbo ad Augusta.

19 gennaio 1944

Al termine dei lavori, assume per pochi giorni il comando dello Jalea il sottotenente di vascello Arturo Spina, che il 23 gennaio lo cederà al tenente di vascello Eugenio Parodi, 27 anni, da La Spezia.

27 gennaio 1944

Lascia Augusta alle 7.30, al comando del tenente di vascello Eugenio Parodi, per trasferirsi a Taranto, insieme al cacciatorpediniere Grecale, alle torpediniere Sirio e Cassiopea ed alle corvette Urania e Sibilla.

29 gennaio 1944

Il convoglio arriva a Taranto alle 8.45, dopo aver percorso 263 miglia.

Lo Jalea viene poi sottoposto ad un periodo di lavori di manutenzione a Taranto.

3 maggio 1944

Il capo cannoniere di prima classe Raffaele Zazzetta dello Jalea, 58 anni, da Grottammare, muore in territorio metropolitano. Si tratta dell’unico membro dell’equipaggio dello Jalea ad essere deceduto durante la seconda guerra mondiale.

7 maggio 1944

Il tenente di vascello Parodi cede il comando dello Jalea al parigrado Giuseppe Ridella, 25 anni, da Ferrara, che lo manterrà fino all’agosto 1945.

8 maggio 1944

Uscita da Taranto per prove in mare, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, dalle 6.12 alle 17.34. Percorse 68,5 miglia.

11 maggio 1944

Uscita da Taranto per prove in mare, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, dalle 6.30 alle 18.50. Percorse 81 miglia.

19 maggio 1944

Uscita da Taranto per prove in mare, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, dalle 6.20 alle 17.40. Percorse 57 miglia.

30 maggio 1944

Uscita da Taranto per esercitazione, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, dalle 6.15 alle 14. Percorse 42 miglia.

10 giugno 1944

Lascia Taranto alle 17.11 per trasferirsi ad Augusta, insieme al sommergibile Onice e con la scorta delle torpediniere Calliope, Fortunale e Monzambano e delle corvette Folaga e Danaide.

12 giugno 1944

Il convoglio giunge ad Augusta alle 11.30, dopo aver percorso 259 miglia.

13 giugno 1944

Jalea (tenente di vascello Giuseppe Ridella) ed Onice lasciano Augusta alle 17.52 alla volta di Gibilterra.

19 giugno 1944

I due sommergibili giungono a Gibilterra alle 20.32, dopo aver percorso 1084 miglia.

25 giugno 1944

Lo Jalea (tenente di vascello Giuseppe Ridella) compie un’uscita da Gibilterra dalle 9.23 alle 11.26 per prove d’immersione. Percorse 14 miglia.

30 giugno 1944

Jalea (tenente di vascello Giuseppe Ridella) ed Onice (capitano di corvetta Ferdinando Boggetti) salpano da Gibilterra alle 10.10 diretti a Bermuda, dove dovranno essere impiegati nell’addestramento delle unità antisommergibili Alleate; li scorta il cacciatorpediniere statunitense Fessenden.

(g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net)

3 luglio 1944

Lo Jalea è costretto ad invertire la rotta a causa di avarie ai motori, scortato dal cacciatorpediniere britannico Antelope (per altra versione sarebbe stato scortato dal Fessenden, che sarebbe poi tornato ad assumere la scorta dell’Onice).

4 luglio 1944

Arriva a Gibilterra alle 12.18, dopo aver percorso 699 miglia.

10 settembre 1944

Uscita da Gibilterra dalle 9.10 alle 17.12 per prove in mare, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella.

15 settembre 1944

Lascia Gibilterra alle 8.52, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per trasferirsi ad Algeri, scortato dal cacciatorpediniere Legionario.

17 settembre 1944

Arriva ad Algeri alle 11.51, dopo aver percorso 452 miglia; già alle 19.15 riparte alla volta di Taranto, sempre scortato dal Legionario.

21 settembre 1944

Arriva a Taranto alle 21.20, dopo aver percorso 884 miglia.

16 ottobre 1944

Uscita da Taranto dalle 6.51 alle 14.27 per prove in mare, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella. Percorse 63 miglia.

29 ottobre 1944

Salpa da Taranto alle 7.30, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per trasferirsi ad Augusta, insieme al sommergibile Fratelli Bandiera e con la scorta della torpediniera Animoso.

30 ottobre 1944

Arriva ad Augusta alle 13.24, dopo aver percorso 246 miglia.

3 novembre 1944

Lascia Augusta alle 6.24, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per trasferirsi a La Valletta, insieme al Bandiera e con la scorta del peschereccio armato britannico Stroma.

4 novembre 1944

Arriva alla Valletta alle 14.25, dopo aver percorso 218 miglia.

7 novembre 1944

Lascia La Valletta alle 6.19, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per trasferirsi a Port Said. Insieme allo Jalea salpa per la stessa destinazione anche il Bandiera, che però deve tornare indietro per via di un’avaria.

12 novembre 1944

Arriva a Port Said alle 10.40, dopo aver percorso 1019 miglia.

14 novembre 1944

Lascia Port Said alle 6.01, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, diretto al Grande Lago Amaro, dove arriva alle 12.12 dello stesso giorno, dopo aver percorso 52 miglia.

Nel lago sono internate da mesi le corazzate Italia e Vittorio Veneto, in base a quanto deciso dagli Alleati dopo l’armistizio. Il capo elettricista Ivano Leonardi, imbarcato sull’Italia, ricorda così nel suo diario l’arrivo dello Jalea: "Si profila all’orizzonte un sommergibile, a mano a mano si avvicina sempre più per poi compiere la manovra ed attraccarsi sotto il nostro bordo sul fianco sinistro della nave. Una voce corre per i corridoi che avverte essere il sommergibile Jalea; raccolgo anch’io questa frase ed allora mi reco immediatamente in coperta per assicurarmi, con i miei occhi, se è proprio il mio vecchio e caro Jalea. Salito sopra, mi avvicino infatti e scorgo il battello di prora; immediatamente riconosco essere un battello da piccola crociera e del tipo Jalea, ma, avendo notato le modificazioni anche se relative delle sovrastrutture, non sono ancora ben convinto che sia proprio lui, quel vecchio scafo che mi aveva visto partecipe di tante battaglie. Chiedo a qualcuno di bordo e mi si risponde ancora con la stessa precisazione ed allora che cosa faccio io? Il mio sguardo si rivolge verso la poppa del sommergibile e cerco di scorgere qualche lettera; da quel momento non avevo più dubbi: vi erano segnate le due lettere tanto conosciute: JA. Mentre provavo una grande emozione, riguardavo punto per punto tutta la coperta del battello per ritrovare in ogni cosa l’espressione della mia soddisfazione nel rivedere l’JA dopo così lungo tempo. Ed ecco che la mente ritornava al passato, ritornava a quegli anni della mia giovinezza quando, ormeggiati in una banchina del grande porto militare a me tanto caro (l’arsenale di La Spezia), lo Jalea faceva parte della mia vita, quando, quasi ogni giorno, si usciva in mare in quei paraggi noti a tutta la grande famiglia di marinai, e poi a tutte le vicissitudini passate con le mille e una immersioni compiute nell’azzurro mare della nostra penisola. Tutto questo mi ha fatto ricordare il mio caro sommergibile che mi ha tenuto con sé per oltre 7 anni della mia vita militare, ininterrottamente dal 1932 al 1940".

1° dicembre 1944

Lascia il Grande Lago Amaro alle 7.44, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per tornare a Port Said, dove arriva alle 15.12, dopo aver percorso 52 miglia.

3 dicembre 1944

Lascia Port Said alle 14.12, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per trasferirsi a La Valletta.

8 dicembre 1944

Arriva alla Valletta alle 14.22, dopo aver percorso 1021 miglia.

21 dicembre 1944

Lascia La Valletta alle 16.20, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per trasferirsi a Gibilterra, scortato dal peschereccio armato britannico Pirouette.

26 dicembre 1944

Arriva a Gibilterra alle 8.10, dopo aver percorso 1033 miglia. Inizia a svolgervi attività addestrativa a beneficio di unità antisommergibili britanniche, imbarcando anche un’aliquota di personale della Royal Navy.

3 gennaio 1945

Uscita da Gibilterra per prove in mare, dalle 9.20 alle 12.55, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella. Percorse 27,5 miglia.

8 gennaio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 12.04 alle 18.25, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della Royal Air Force. Percorse 43 miglia.

9 gennaio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 12.11 alle 17.10, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 43 miglia.

12 gennaio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.05 alle 16.20, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 40,5 miglia.

13 gennaio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 11.57 alle 17.40, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 36,5 miglia.

20 gennaio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.24 alle 15, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 32 miglia.

21 gennaio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.09 alle 15.15, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 39,5 miglia.

25 gennaio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.11 alle 17.10, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 61 miglia.

27 gennaio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.07 alle 15.22, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 53 miglia.

28 gennaio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.03 alle 14.47, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 50 miglia.

29 gennaio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.10 alle 17.55, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy ed aerei della RAF. Percorse 57 miglia.

1° febbraio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.05 alle 14.45, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 52 miglia.

2 febbraio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 7.55 alle 20.15, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 59 miglia.

3 febbraio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.03 alle 15.07, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 57 miglia.

5 febbraio 1945

Uscita da Gibilterra dalle otto alle 14.50, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 40 miglia.

6 febbraio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.43 alle 17.27, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 49 miglia.

12-13 febbraio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 12.47 del 12 alle 18.10 del 13, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy ed aerei della RAF. Percorse 187 miglia.

15-16 febbraio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 17.30 del 15 alle 10.22 del 16, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 139 miglia.

22 febbraio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.07 alle 15.30, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 41 miglia.

24-25 febbraio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 12.25 del 24 alle 9.50 del 25, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 145 miglia.

26-27 febbraio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 12.20 del 26 alle 8.55 del 27, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 129 miglia.

28 febbraio-1° marzo 1945

Uscita da Gibilterra dalle 12.25 del 28 alle 9.50 del 1° marzo, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy ed aerei della RAF. Percorse 127 miglia.

2 marzo 1945

Uscita da Gibilterra dalle 7.57 alle 18.57, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 48 miglia.

3 marzo 1945

Uscita da Gibilterra dalle otto alle 14, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 28 miglia.

6-7 marzo 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.14 del 6 alle 10.20 del 7, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy ed aerei della RAF. Percorse 108 miglia.

7-8 marzo 1945

Uscita da Gibilterra dalle 17.04 del 7 alle 11.05 dell’8, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 80 miglia.

8-9 marzo 1945

Uscita da Gibilterra dalle 17.10 dell’8 alle 10.55 del 9, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 97 miglia.

10 marzo 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.04 alle 19.05, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy ed aerei della RAF. Percorse 40 miglia.

14 marzo 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.02 alle 19.32, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy ed aerei della RAF. Percorse 45 miglia.

16 marzo 1945

Uscita da Gibilterra dalle 7.55 alle 15.05, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 34,5 miglia.

19 marzo 1945

Uscita da Gibilterra dalle 7.57 alle 19.05, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF e navi scorta della Royal Navy. Percorse 52 miglia.

21 marzo 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.02 alle 18.25, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF e navi scorta della Royal Navy. Percorse 50 miglia.

24 marzo 1945

Uscita da Gibilterra dalle 7.15 alle 13.55, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF e navi scorta della Royal Navy. Percorse 35 miglia.

16 aprile 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.55 alle 14.55, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 36 miglia.

19 aprile 1945

Uscita da Gibilterra dalle otto alle 14.25, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 35 miglia.

20 aprile 1945

Uscita da Gibilterra dalle otto alle 18.40, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 50 miglia.

21 aprile 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.05 a mezzogiorno, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 32 miglia.

23 aprile 1945

Uscita da Gibilterra dalle 8.03 alle 14.30, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 34 miglia.

24 aprile 1945

Uscita da Gibilterra dalle 7.48 alle 19, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 43 miglia.

25-26 aprile 1945

Uscita da Gibilterra dalle 20.15 del 25 alle 8.35 del 26, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 75 miglia.

27 aprile 1945

Uscita da Gibilterra dalle 7.48 alle 14.02, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 36 miglia.

28 aprile 1945

Uscita da Gibilterra dalle otto alle 18.40, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 60 miglia.

30 aprile 1945

Uscita da Gibilterra dalle 7.46 alle 14.10, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme a navi scorta della Royal Navy. Percorse 37 miglia.

In serata riparte alle 20.32 per un’altra esercitazione, stavolta con aerei della RAF.

1° maggio 1945

Rientra a Gibilterra alle 14.20, dopo aver percorso 130 miglia.

2 maggio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 7.55 alle 18.55, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 71 miglia.

3 maggio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 11.45 alle 20.40, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad unità navali britanniche. Percorse 60 miglia.

4 maggio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 7.55 alle 14.20, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 48 miglia.

6 maggio 1945

Uscita da Gibilterra dalle 7.50 alle 14, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per esercitazione insieme ad aerei della RAF. Percorse 35 miglia.

In serata, alle 20.20, salpa per un’altra esercitazione, con navi scorta della Royal Navy ed aerei della RAF.

7 maggio 1945

Rientra a Gibilterra alle 14.25, dopo aver percorso 125 miglia.

4 giugno 1945

Lascia Gibilterra alle 14.45, al comando del tenente di vascello Giuseppe Ridella, per tornare in Italia. Navigherà insieme al sommergibile Nichelio e con la scorta della corvetta Cormorano.

10 giugno 1945

Arriva a Taranto alle 8.45, dopo aver percorso 1325 miglia. La guerra è finita anche per lo Jalea, che viene posto in disarmo.

1° febbraio 1948

Radiato dai quadri del naviglio militare in base alle disposizioni del trattato di pace. Successivamente demolito.


Lo Jalea (secondo da sinistra) in disarmo a Taranto nel 1947 insieme ad Onice, Diaspro e H 2 (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)


Il diario di Teseo Tesei relativo alla seconda missione “spagnola” dello Jalea (dall’Archivio Teseo Tesei di Marina di Campo – Giorgio Giusti, via Roberta Bais e www.betasom.it):

"22-XII-36

Alle 7,13 si vede un piroscafo. Immersione. Assetto. Navigazione a 20 m. Colazione: caffè e latte. A tavolo l’06 studia la carta. C’è un po’ di mare. Si va a 3 mg. Ogni tanto si sale a vedere. A mezzogiorno prosciutto e olive poi tonno patate e fagiolini, mela. Dopopranzo whisky. Lettura coll’06 della “guerra sottomarina”. Alle 16 guardia in imm. Sul tardi ci passa di prua una grossa corvetta diretta verso la Francia. Distanza 6-7000 m. Niente da fare, sembra batta bandiera Inglese. Verso le 18 emergiamo, è ancora un po’ chiaro. L’ultima ora di immersione, l’undicesima è stata un po’ pesante. Sopra si sta bene, soffia un vento freddo di N.N.E. Navighiamo per 0°, passiamo il confine, Capo Crens, lentamente. Carichiamo aspettando la mezzanotte, ora in cui entreremo nella zona di agguato. Alle 20, poco prima di passare il traverso del confine Francese, smonto di guardia e vado a mangiare. Pastasciutta con cipolle, carne in scatola con patate, una mela. Dopo cena si decifrano i cifrati. Prima di andare a letto vado un po’ su, c’è una bellissima luna e mare abbastanza calmo. Guardo la stellina di Cassiopea. Alle 23 sento il giornale radio. Poi me ne vado a letto. Anche stanotte sono franco perché c’è stato un cambiamento nel servizio di guardia. Così mi infilo sotto le coperte tutto contento.

23-XII-36

Alle 6,30 in vista di molte luci tutto intorno.Ci immergiamo. L’06 mi racconta che stanotte si sono visti molti piroscafi. Peccato aver le mani tanto legate e non poter proclamare il blocco! Anche questo lo dobbiamo all’Inghilterra. Alle 8 monto di guardia. Intorno a noi ronzano diversi pescherecci. Devono essere unità di vigilanza. Navighiamo a quota 24 m. Abbiamo un peschereccio a dritta ed uno a sinistra, distanti tra loro 5 o 600 metri. Non si capisce bene se pescano pesci oppure sommergibili nostrani. Mettiamo avanti mezza e ci sfiliamo scendendo a 40 m. Il rilevamento idrofonico scade rapidamente. Dalla loro bassissima velocità è presumibile che rastrellino. Smonto di guardia a mezzogiorno. Prosciutto con sottaceti, dentice in scatola con fagiolini, pera. Il pane riscaldato è ancora buonissimo. Dopo pranzo il Com.te mi fa vedere al periscopio Barcellona. Eran cinque anni che non la vedevo. Alle 17,30 monto di guardia per tutela al Guardiamarina. Siamo all’undicesima ora d’immersione, anche nel cielo dello scafo il fiammifero si spenge. Per cena: minestra, carne in scatola con patate, pera. Alle 18,20 veniamo a galla. Dodici ore di immersione. Resistenza ottima. Molto meglio di ieri. Forse perché ho riposato. O perché è tutta questione di abitudine. La sera dopo cena lavoro ad aiutare l’ufficiale di rotta: grafici, cifrati, tabelle. Penso che Dunsi stasera parte.

24-XII-36

A mezzanotte monto di guardia. Freddo cane. Barcellona li davanti. Dalla collina del Montjuik i proiettori perlustrano in cielo e in mare. Ce ne infischiamo. C’è una luna a giorno, anche troppa per noi. Facciamo la carica. Alle 4 monto. Andiamo molto sottocosta. Alle 6,08 immersione. Il giorno passa col solito ritmo. A pranzo sardine sott’olio, alici piccanti, olive e sott’aceti. Poi tonno in scatola con fagiolini e mela. Verso le 12,15 attenti. Apri cappello. Si va all’attacco. Purtroppo niente da fare. E’ un CT inglese, l’H31. Poi esce un veliero. Pescherecci sempre in giro. Alle 14 si fa un po’ di assorbimento di CO2. Alle 16 monto di guardia. Alle 17 cena di Vigilia! Noi siamo di guardia e andiamo a mangiare alle 17,30: minesTrone, carne in scatola con patate, una mela. Purtroppo il pane è finito. Si mangia gallette. Alle 19 emergiamo. Luna e nuvolo. Passeggio un po’ in coperta dalle 20 alle 24. Lavoro solito: grafici e cifrati. Mi faccio la barba mi metto una camicia e il pullover fatto da Dunsi. A mezzanotte vado in coperta a pregare. Poi uno spuntino con un po’ di tonno, gallette prestate da un R.T. e ½ mandarino e un po’ di vino.

25-XII-36

Alle 5 mi sento svegliare: Attenzione, pronti al Lancio. Alle 5,18 Fuori 1, Fuori 2. Alle 5,20 immersione. E’ un piroscafo che entrava a luci oscurate e che ha acceso all’ultimo momento. Da prua sentono i due scoppi. Si presume che il 533(1°) abbia fallito e sia scoppiato a terra e che il 450(2°) abbia colpito. Alle 7,30 mettiamo un po’ di periscopio fuori. C’è un po’ di nebbia. Si vedono i proiettori che cercano. Speriamo. Verso le 8,30 cacciamo fuori il naso ma non si vede assolutamente niente. Un po’ di scoraggiamento a bordo. Alle 10 preghiera del marinaio in Camera di Manovra. Alle 11 si mangia. Antipasto misto, tonno e fagiolini, panettone e panforte. Frutta. Alle 12 smette la mia guardia. Riposo pomeridiano. Nel pomeriggio l’H31 esce e si mette all’ancoraggio di sicurezza. Buon segno. Si fa un po’ di circolazione con assorbimento di Co2. La cena alle 17 passa un po’ triste. Antipasto poi carne con patate e una banana. alle 19,30 emergiamo. 14 ore di immersione. Buon Natale. La sera passa col solito lavoro. Si ascolta la radio pieni di speranza. Dio voglia. A mezzanotte vado a montar di guardia.

26-XII-36

C’è un tempo magnifico. Mare calmissimo e una luna splendida. Noi navighiamo verso Tarragona. Alle 2 si ferma il termico di propulsione e continuando la carica si procede con andatura Diesel Elettrico a 4 mg. Alle 3 in vista di Tarragona il mare di prua a noi si riempie di pescherecci. Dapprima invertiamo la rotta, poi ci buttiamo sotto costa, dove arriviamo a circa 1 Mg. di distanza. Dirigiamo di nuovo per Tarragona, invertiamo,viriamo di nuovo. Alle 4 finita la guardia resto alzato per aiutare. Siamo ormai vicinissimi a Tarragona. Si vede un piroscafo alla fonda, fuori del porto, a luci oscurate. Si va all’attacco. Ci portiamo a un migliaio di metri,ci mettiamo in affioramento. In quel momento esce un peschereccio. Ci immergiamo. Ore 7,07. Riaffioriamo appena gli idrofoni danno sparito il peschereccio. Mettiamo appena la torretta fuori d’acqua. Il comandante esce. Attacchiamo di poppa, poi di prua. Il piroscafo salpa e si butta dentro il porto. Tubo 3. Tubo 4. Attenti. Fuori 3. Fuori 4. Ore 7,25. Mancato! Mi sembra che la fortuna non sia con noi. Alle 7,30 ci immergiamo. Me ne vado a dormire. Dormo tutto il giorno fino alle 15. Alle 16 monto di guardia. Inseguiamo un piroscafo che messo sull’avviso da un aeroplano è scappato via mentre stava entrando in porto. Il battello governa male. Perdite di aria. Alle 19 emergiamo. Attacchiamo la carica. Il piroscafo sospetto compare di nuovo. Ci immergiamo (21,15) e ci buttiamo sotto Capo Salon nella speranza che il piroscafo passi tra noi e la luna. Siamo a ½ miglio dalla costa. Il dannato deve aver visto qualche cosa quando lo inseguivamo a 11 mg., infatti spenge tutte le luci e si allontana al minimo. Non si sente né si vede più niente. Alle 22,15 ci allontaniamo da terra in immersione. Alle 23 emergiamo, attacchiamo la carica e dirigiamo su Barcellona.

27-XII-36

Lavoro fino alle 2 di notte. Cifra. Alle 6,30 immersione. Dormo fino alle 8 ora in cui monto di guardia. Siamo davanti a B. Si avvista una boa con bandiera sopra. Dio volesse che fosse il segnale dell’appuntamento! Verso mezzogiorno andiamo all’attacco di un piroscafo. Rinunziamo, batte bandiera Olandese. Ci posiamo sul fondo. Nebbia. Giochiamo a bridge a 65m. di profondità, a 4 mg dalla costa nemica. Alle 20,30 emergiamo. E’ già passato il bollettino radio. Sentiamo quello delle 23. C’è molta nebbia stasera. Lasciamo B. diretti a Porto Rosas. Nessuna notizia. Radio Barcellona ci copre di insulti in lingua Italiana.

28-XII-36

A mezzanotte monto di guardia . Mare calmo, cielo coperto. Alle 1 accostiamo sulla dritta per allontanarci dalla costa. C’è una nave da guerra dietro di noi che avanza velocissima. Ci allontaniamo non visti. Dalla rotta si direbbe che è un Francese. 8 o 10000 T. Alle 7,20 immersione. Alle 8,40 un avaria ai timoni ci costringe a posarci sul fondo a 46 m. Si ripara e dopopranzo, ore 11,50 risaliamo a quota per. Esploriamo Golfo Rosso. Non c’è anima viva. Tutto il giorno lavoro solito, grafici etc. Dalle 16 guardia. Ce ne andiamo. Cena. Solita roba. Alle 19,05 veniamo su. Navighiamo larghi verso Barcellona. Solito lavoro. Alle 21,45 un urgentissimo. Buona caccia fuori B. Alle 22,15 mettiamo a 400 giri e fino alle 6,30 dell’indomani i bravi motori tirano. Quello di dritta ha delle temperature molto elevate.(400°-405°)

29-XII-36

Resto in piedi per sorvegliarmi i motori fino alle 3. Poi a dormire. Alle 6,30 ferma i motori. Alle 6,42 immersione. Siamo al limite Sud della zona. Aspettiamo. Dalle 8 alle 12 guardia. Navighiamo a quota perisc. Ascolto idrofonico. Alle 11 perdiamo ogni speranza. Dirigiamo per Tarragona. Alle 12,10 emergiamo e mettiamo in moto i termici, siamo a 30 mg dalla terra. Alle 13,05 in vista di due piroscafi ci immergiamo rapidamente. Continuiamo a ½ forza e alle 17 siamo a 4 mg da costa. Il mare è pieno di pescherecci. Qualcuno a 150 metri. Dio li mandi a farsi benedire! Alle 18,50 emergiamo. Mettiamo in moto per la carica. Solito lavoro serale. Alle 23,30 scoppia un tubo della sirena di allarme. Restiamo privi di quota.

30-XII-36

Alle ore 0 monto di guardia. Mentre ci stiamo passando le consegne la vedetta di poppa grida: ”una grossa massa nera a fanali spenti”. Rapida immersione. Impossibile dare il segnale d’allarme. Si arriva giù che tutti ancora dormono. I timoni orizzontali non si muovono. L’elettricista di guardia corre a prua. Ad un tratto colonne d’acqua cadono dal soffitto in tutte le direzioni! Aria per tutto. Veniamo a galla. L’elettricista ha lasciato aperto il condotto di ventilazione. Il nemico è un grosso veliero tutto oscurato! E le nostre istruzioni non ci permettono di attaccarlo! Temo fortemente che le batterie siano allagate. Invece solo in quella poppiera vi è entrata un po’ d’acqua. Si sviluppano gas di cloro. Faccio mettere le maschere antigas al personale. Tutta la notte al lavoro. Alle 6 tutto è pronto. Ho visto per un momento terribilmente vicino lo spettro di un simile inglorioso ritorno. Per 10 mg camminiamo a tutta forza verso Spezia. Poi, garantito al Comandante che si può restare, invertiamo. Alle 7,05 ci immergiamo. Avaria alla pompa assetto. Si ripara. Ci posiamo sul fondo a 45 m. Si verifica tutto,si mangia. A mezzogiorno e ½ dopo una notte intera e una mattinata di lavoro vado a dormire. Dormo fino alle 17, poi mangio e monto di guardia. Durante il mio sonno attacco a un piroscafo. Molto sospetto. Non batte bandiera. Maledette istruzioni. Ci tocca lasciarlo passare. Navighiamo a 20 m. Alle 18,50 emergiamo. Si esaurisce: E’ scurissimo. non si vede a un metro di distanza. Piove. Alle 20 smonto di guardia. Sono franco. Mi farò una bella dormita.

31-XII-36

Alle 6,1/2 immersione. Siamo a Barcellona. Ho dormito dieci ore. Mi ci voleva proprio. Tutta la mattina rastrelliamo davanti a Barcellona. Guardia dalle 8 alle 12. Alle 12,20 veniamo a quota periscopica. Troppo abbrivo, veniamo molto fuori. A sinistra B120 un 3000 francese. Ci immergiamo. Alle 1,03 veniamo a quota periscopica. Mentre saliamo e siamo a 12 m. si sente un urto. Il francese ci ha speronato. Ci buttiamo sul fondo. Quel porco ci ha fregato il periscopio di esplorazione, se eravamo più su ci fregava per le feste. Siamo a 40 metri. Ci trasciniamo un po’ fuori fino a 53 m. Poi dopo molte manovre d’acqua riusciamo a staccarci dal fondo. Prora 80. Dirigiamo su Spezia. Alle 19 emergiamo. Giri 400. Alle 20 sospetto di avaria al motore di Sn. Niente da fare. Lo faremo a Spezia. Si rimette in moto. Sono un po’ triste. A mezzanotte monto di guardia.

1-I-37

O.00.Prego. Per te soprattutto liebster. Notte scura. A tratti piove. Colpi di mare ci bagnano tutti. Siamo ancora in zona d’agguato. Visibilità pessima. Ogni tanto la luna buca le nuvole e fa una breve esplorazione. Pericolosa. Verso le 2 il tempo migliora. Alle 4 è decisamente meglio. Dormo fino a mezzogiorno. Pranzetto solito. Nel pomeriggio tagliamo il moncone del periscopio. Dalle 16 alle 20 guardia. Tempo discreto; alle 17 preghiera. Nella serata devo essere di guardia dalle 16 alle 20, invece lavoro ai grafici. Dopocena dalle 21 alle 22,30 faccio la guardia per il guardiamarina. Dopo lavoro ai grafici assiduamente. Gli altri dormono. Si è messo un po’ di mare e fa abbastanza freddo. Lavoro fitto fitto per cercare di far presto.

2-I-37

(…) [parte illeggibile] (…)

Alle 7,30 siamo dentro (…) ormeggiamo alla banchina. Come al solito non c’è un cane ad aspettarci".


Il cofanetto portabandiera dello Jalea (a sinistra) esposto insieme a quelli di Iride ed Onice in una teca a Palazzo Marina a Roma (da Wikimedia Commons)


Lo Jalea su Uboat.net

I sommergibili classe Argonauta su Betasom

Lo Jalea su Grupsom

Lo Jalea su U-Historia

Il blocco navale italiano nella Guerra di Spagna, ottobre 1936-marzo 1939

Destructor Churruca

Spanish Republican Navy during the Civil War)

La guerra civile spagnola e la Regia Marina italiana

Viva la muerte! Mito e realtà della guerra civile spagnola

L’impegno navale italiano durante la guerra civile spagnola

I Laghi Amari

I sommergibili italiani dal settembre 1943 al dicembre 1945

8 settembre, il dramma della flotta italiana

Oltre la divisa