venerdì 28 febbraio 2014

Città di Bastia


La Città di Bastia subito dopo il varo (Cinegiornale Luce).

Motonave passeggeri da 2499 tsl e 1468 tsn, lunga 92,4 metri, larga 12,2 e con un pescaggio di 5,8 metri, velocità 12 nodi. Appartenente alla Società Anonima di Navigazione Tirrenia di Napoli ed iscritta al Compartimento Marittimo di Palermo, con matricola 153.

Breve e parziale cronologia

Marzo 1930
Varata nei cantieri Franco Tosi di Taranto.
1930
Completata per la Florio Società Italiana di Navigazione. Fa parte di una serie di nove motonavi gemelle (le altre sono Città di Agrigento, Città di Alessandria, Città di Livorno, Città di Marsala, Città di Messina, Città di Savona, Città di La Spezia e Città di Trapani) costruite per le linee secondarie della compagnia, concepite per trasportare 111 passeggeri in prima, seconda e terza classe ed altri 450 in sistemazioni provvisorie.
1932
Con la fusione della Florio con la Compagnia Italiana Transatlantica (CITRA) nella Tirrenia Flotte Riunite Florio-CITRA, la Città di Bastia passa alla nuova compagnia.
1936
La compagnia armatrice assume il nome di Tirrenia Società Anonima di Navigazione.
1938
La Città di Bastia, insieme ad altre tre motonavi passeggeri della Tirrenia (la gemella Città di Savona, la più grossa Città di Napoli e l’Olbia), fa parte con altre navi mercantili di un convoglio che trasporta coloni in Libia.
18 ottobre 1940
Requisita a Genova dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
8 luglio 1941
Effettua un viaggio da Patrasso a Samo.
10 luglio 1941
Lascia Samos e raggiunge Istmia.
17 luglio 1941
Viaggio da Rodi a Samos ed Istmia.
14 agosto 1941
Viaggio da Patrasso ad Argostoli.
18 agosto 1941
Viaggio da Patrasso a Corfù.
20 agosto 1941
Viaggio da Corfù ad Argostoli e Zante.
24 agosto 1941
Viaggio da Argostoli a Brindisi.
28 agosto 1941
Viaggio da Prevesa ad Argostoli.
30 agosto 1941
Viaggio da Argostoli a Brindisi via Prevesa.

L’affondamento

Il 26 settembre 1941 la Città di Bastia partì dal Pireo insieme alla similare motonave Città di Marsala ed ai piroscafi Trapani (tedesco) e Sant’Agata (italiano), con la scorta dell’incrociatore ausiliario Brioni (caposcorta al comando del CF Menini), dell’anziano cacciatorpediniere Quintino Sella e della torpediniera Libra. I due piroscafi trasportavano rifornimenti italiani e tedeschi, mentre Città di Bastia e Città di Marsala avevano a bordo truppe della Divisione «Siena», che avrebbero dovuto rinforzare la guarnigione di Creta. La Città di Bastia trasportava in tutto 582 uomini tra truppe ed equipaggio. Il convoglio, diretto a Candia, era diviso in due gruppi che procedevano a poca distanza l’uno dall’altro: davanti le due le due motonavi scortate da Libra e Brioni, più indietro i due piroscafi scortati dal Sella.
Secondo “La difesa del traffico con l’Albania, la Grecia e l’Egeo” dell’USMM, la sera del 26 il sommergibile britannico Tetrarch, in agguato nella zona, ricevette il segnale di scoperta del convoglio, ma si venne a trovare in posizione sfavorevole per attaccare. Il battello britannico approfittò allora della notte per superare il convoglio italiano e raggiungere una posizione adeguata all’attacco.
Dal giornale di bordo del Tetrarch stesso, riportato in estratti su Uboat.net, sembrerebbe però che in realtà il primo ed unico avvistamento da parte del Tetrarch sia in realtà avvenuto alle 5.53 del 27 settembre, appena mezz’ora prima dell’attacco: alle 6.20, infatti, il sommergibile britannico lanciò due siluri da 1370 metri contro la Città di Bastia, immergendosi subito dopo in profondità per sfuggire alla prevedibile reazione della scorta.
Alle 6.21 del 27 settembre le due motonavi, in navigazione a dieci nodi, stavano passando dalla linea di fila alla linea di fronte, mentre le unità di scorta zigzagavano ad elevata velocità sui fianchi del convoglio (non era ancora arrivato, invece, l’aereo assegnato per la scorta aerea), quando la Città di Bastia venne colpita da un siluro a poppa sinistra, tra le stive 3 e 4. 
Secondo il sopracitato volume dell'U.S.M.M., nessuno vide scie di siluri prima che la nave fosse colpita; ciò contrasta con il ricordo del timoniere della Città di Bastia, Alfredo Fanelli, che vide i siluri, ma quando era ormai troppo tardi per poterli evitare con la manovra.
Un altro siluro, quasi contemporaneamente, passò 60 metri a poppa del Brioni. La Città di Marsala proseguì per la sua rotta, mentre il Brioni, dopo aver eseguito le segnalazioni previste per simili casi, subito si avvicinò alla Città di Bastia per recuperarne i naufraghi. La Libra ed il Sella (avvicinatosi dopo l’attacco), frattanto, bombardarono il sommergibile attaccante con cariche di profondità, anche per evitare che questi potesse attaccare il Brioni impegnato nei soccorsi.
Dopo solo un quarto d’ora, alle 6.36, la Città di Bastia affondò in posizione 36°21’ N e 24°33’ E, una dozzina di miglia a sud di Milo (secondo i rapporti italiani, mentre il Tetrarch indicò la posizione dell’attacco come 36°21’ N e 24°23’ N, circa 18 miglia a sud di Milo), portando con sé un quarto degli uomini imbarcati. Solo due scialuppe poterono essere calate; la maggior parte dei superstiti – molti non sapevano neanche nuotare  si aggrappò alle zattere di salvataggio ed ai rottami che galleggiavano. Il Brioni mise a mare quattro lance di salvataggio e due di servizio per recuperare i superstiti, ma il mare agitato costituì un grave ostacolo, sbattendo le imbarcazioni del Brioni contro lo scafo e contro il barcarizzo dell’incrociatore ausiliario: dopo i primi colpi le lance, a fasciame sovrapposto, iniziarono ad imbarcare parecchia acqua. Ai soccorsi parteciparono anche le due stesse lance del Città di Bastia e, dalle dieci del mattino, anche una del Sella. Nel frattempo arrivò sul posto anche la torpediniera Cassiopea.
Alle undici del mattino le operazioni si salvataggio erano terminate: in tutto 432 uomini erano stati tratti in salvo. Mancarono all’appello 150 uomini.
Concluso il recupero dei superstiti, al comandante del Brioni non rimase che ordinare a Libra e Sella di scortare a Candia il Trapani ed il Sant’Agata ed alla Cassiopea di fare lo stesso con la Città di Marsala, poi, come ordinato da Marisudest (il Comando Gruppo Navale dell'Egeo Settentrionale), l’incrociatore ausiliario fece rotta a tutta forza per il Pireo ed Istmia.


L’affondamento della Città di Bastia nel giornale di bordo del Tetrarch (da Uboat.net):

“0553 hours - Sighted a convoy consisting of two 5000 tons merchant vessels [Città di Bastia e Città di Marsala] and the escorted by a large armed merchant cruiser [il Brioni] and what was thought to be the torpedo boat Libra. The remainder of the convoy was seen to be 5 miles astern and was seen to be made up of two merchant ships [Trapani e Sant’Agata] escorted by a destroyer [il Sella]. Started attack.
0620 hours - Fired two torpedoes at the second ship [il Città di Marsala] from 1500 yards. Went deep upon firing and took avoiding action. 1 Minute and 10 seconds after firing the first torpedo a loud explosion was heard.
0630 hours - The first depth charge exploded.
0642 hours - The target was heard to break up and sink.
0714 hours - The last depth charge, of 17, was heard to explode. None had been close.
0813 hours - Returned to periscope depth. The armed merchant cruiser was seen near the position where the ship was hit. The Libra and the Sella were hunting 3000 yards astern. Also there were two seaplanes patrolling the area. Passing to the Northward were the two rear ships of the convoy, these were merchant vessels of 7000 and 4000 tons [Trapani e Sant’Agata]. As they presented an unbroken line of target Lt.Cdr. Greenway put Tetrarch on a firing course and at .....
0826 hours - Fired two torpedoes from 5000 yards. No hits were obtained.
0834 hours - A depth charge was dropped. Four more were dropped over the next minutes but these were way off.
1230 hours - The last escort now left the area.”

Il varo della Città di Bastia (Cinegiornale Luce).



martedì 25 febbraio 2014

RD 37

L’RD 37 (foto tratta da “La pagina d’oro nella storia delle Fiamme Gialle del mare” del ten. col. Mario Pizzuti, dalla rivista “Il Finanziere” del 31 maggio 1972, via Armandino Savio)








Rimorchiatore-dragamine della classe RD 31 (196-207 tonnellate di dislocamento, 35,35 metri di lunghezza, 5,8 di larghezza e 1,54-2,2 di pescaggio, velocità 12-14 nodi). Appartenente alla Regia Marina ma passato alla Regia Guardia di Finanza.

Breve e parziale cronologia.

Maggio 1919
Impostazione nei cantieri Navalmeccanica di Castellammare di Stabia (numero di costruzione 139).
2 ottobre 1919
Varo nei cantieri Navalmeccanica di Castellammare di Stabia.
Febbraio 1920
Entrata in servizio per la Regia Marina.
1927
L’RD 37, insieme ad altri dieci rimorchiatori-dragamine (RD 4, RD 11, RD 12, RD 18, RD 21, RD 25, RD 28, RD 36, RD 42 e RD 43), viene temporaneamente concesso alla Regia Guardia di Finanza, venendo così armato da un equipaggio appartenente a tale corpo.
L’RD 37 e gli altri RD della Finanza vengono adibiti alla vigilanza in alto mare, ma al contempo seguiteranno a prendere parte ad esercitazioni e manovre militari, anche con la Squadra Navale (come nel 1932, quando due gruppi di dragamine partecipano alle manovre della Squadra Navale nel Mediterraneo centrale, fino a Tripoli, prendendo anche parte ad esercitazioni di cooperazione con le forze aeree). Questa collaborazione con la Marina – prevista dall’accordo per il passaggio dei dragamine alla Finanza – ha un impatto positivo sugli equipaggi, che sono così meglio addestrati.
L’RD 37 continuerà ad operare per la Guardia di Finanza, con equipaggio del suo “ramo mare”, sino alla perdita nel gennaio 1943. (Una fonte ne riporta la restituzione alla Regia Marina nel 1939, ma in realtà la nave operava ancora con equipaggio della Guardia di Finanza al momento della sua perdita).
10 giugno 1940
L’Italia entra nella seconda guerra mondiale.
L’RD 37, insieme al gemello RD 36, opera con base a Porto Empedocle.
1942
Sul finire dell’anno l’RD 37, al pari dell’RD 36, viene trasferito a Tripoli.


L’unità in navigazione (foto tratta da “Il “’36” imbarcava leoni”, di Daniele Lembo, sulla rivista “Storia del XX Secolo” del giugno 1998, che a sua volta ne cita la provenienza da “La scuola nautica della Guardia di Finanza” edito dal comando GdF, via Armandino Savio)

L’evacuazione di Tripoli e la fine
 
Nel gennaio 1943, quando la guerra in Libia ormai volgeva al termine per le forze dell’Asse, l’RD 37 era una delle unità facenti parte della 40a Flottiglia Dragamine (XL Flottiglia), di base a Tripoli. A partire dalla metà del mese tutte le navi italiane rimaste a Tripoli, che di lì a pochi giorni sarebbe caduta in mano Alleata, vennero fatte partire per la Tunisia e per l’Italia nel tentativo di sottrarle alla perdita, ma le forze aeronavali britanniche, la cui efficienza ed imponenza era andata rapidamente crescendo, vennero concentrate sulle poche prevedibili rotte rimaste per l’evacuazione di Tripoli. Non ci fu nemmeno bisogno di decrittare i messaggi italiani come spesso era invece stato fatto in precedenza e fu ancora fatto successivamente: il continuo invio di forze navali leggere nelle acque intorno a Tripoli, pressoché ogni notte, fu sufficiente perché quasi tutte le navi che lasciarono Tripoli venissero intercettate e distrutte.
Il comando di Marina Libia aveva ordinato, insieme all’evacuazione di Tripoli, la partenza delle ultime unità minori ancora in efficienza ancor ivi presenti, ossia la 40a Flottiglia Dragamine ed alcune minuscole navicelle requisite ed assegnate al Gruppo Navi Uso Locale, il 19 gennaio 1943. Undici, in totale, le unità che sarebbero dovute partire: l’RD 37, i gemelli RD 31, RD 36 (l’unica altra unità della Guardia di Finanza insieme all’RD 37) e RD 39, il piropeschereccio/nave scorta ausiliaria F 113 Scorfano, la piccola cisterna Q 6 Irma, i dragamine ausiliari DM 12 Guglielmo Marconi, R 26 Angelo Musco e R 224 Cinzia, il motoveliero cisterna/vedetta foranea V 66 Astrea e la barca pompa S. Barbara (talvolta si parla di convoglio, composto dalle citate piccole unità, di cui i rimorchiatori-dragamine sarebbero stati la scorta, ma in realtà, essendo tutte unità militari, sebbene molte di provenienza mercantile, sarebbe probabilmente più corretto parlare di flottiglia, di cui gli RD facevano semplicemente parte, pur essendo quelle relativamente meglio armate).
L’evacuazione dei dragamine era stata fino ad allora ritardata a causa della carenza di personale. Sull’RD 37, per completare l’equipaggio insufficiente (era necessaria la presenza di un torpediniere), venne fatto imbarcare all’ultimo momento (nel pomeriggio del 19) l’allievo torpediniere Mario Chianale della Regia Marina. A bordo vi erano, oltre a 16 uomini della Guardia di Finanza, anche alcuni altri militari della Regia Marina: tra di essi il marinaio Michele Mancanello.
Due ore prima d’imbarcarsi sull’RD 37, nell’intervallo tra due attacchi aerei, Mario Chianale incontrò nel porto di Tripoli il compaesano Giovanni Pezzetti, anch’egli marinaio e da poco scampato all’affondamento del rimorchiatore Tremiti. Parlando, i due arrivarono a scoprire di essere non solo compaesani, ma anche fidanzati con la stessa ragazza. Chianale salutò Pezzetti dicendogli che sarebbe tornato in Italia imbarcandosi su una nave della Guardia di Finanza che abbisognava di un torpediniere; non si sarebbero più rivisti. Solo nel 1967 ne sarebbe stata dichiarata la morte presunta, ed in mancanza della “formale” certezza della sua morte, i suoi genitori avrebbero vanamente conservato una fievole speranza del suo ritorno per anni dopo la fine della guerra, domandando di lui a tutti i reduci della Marina che vivevano nei dintorni (compreso Giovanni Pezzetti, che preferì evitare di farsi trovare per non togliere loro ogni speranza).
Faceva invece normalmente parte dell’equipaggio dell’RD 37 il finanziere Michele Silanos, che poco prima di partire per l’ultimo viaggio incontrò la sorella Eleonora, che viveva a Tripoli, e la salutò per l’ultima volta; quest’ultima gli propose di nasconderlo prima della caduta della città, ma Silanos decise di seguire il suo dovere ed imbarcarsi sul dragamine.
Il diciassettesimo membro “titolare” dell’equipaggio dell’RD 37, il sottobrigadiere della Regia Guardia di Finanza ramo mare Antonino Barone, era scomparso in mare nella notte tra il 2 ed il 3 dicembre 1942 mentre, a bordo – come “passeggero” – della torpediniera Lupo, rientrava da Napoli a Tripoli per tornare alla sua destinazione (cioè l’RD 37).
Tra le navi che affondarono la Lupo, con quasi tutto il suo equipaggio ed il personale militare di passaggio per la Libia, vi erano i cacciatorpediniere britannici Kelvin e Javelin: per tragica ironia della sorte, gli stessi che, un mese e mezzo più tardi, avrebbero affondato anche l’RD 37, provocando la morte anche dei compagni di Barone.
Sottoposte a continui attacchi aerei durante le operazioni di partenza, le unità della flottiglia italiana salparono separatamente, a gruppi di due o tre, tra le 14 e le 19 del 19 gennaio 1943, per aumentare la possibilità di non essere intercettate dalle forze britanniche. Secondo le motivazioni delle Croci di Guerra al Valor Militare conferite alla memoria dei membri dell’equipaggio, prima di partire l’RD 37, nonostante fosse sotto intenso attacco aereo, imbarcò un imprecisato importante carico (considerata quale fu la sua probabile fine, è possibile che si trattasse di munizioni).
L’RD 37, al comando del brigadiere della Guardia di Finanza Alfredo Avallone, lasciò Tripoli alle sei di sera (per altra fonte all’una del pomeriggio), insieme al piropeschereccio Scorfano, impiegato come nave scorta ausiliaria, la nave più grossa tra le minuscole unità che partirono da Tripoli quel giorno. Successivamente lo Scorfano prese a rimorchio la S. Barbara, che era partita alle 14 insieme a Marconi, Cinzia e Musco.
Le navi fecero rotta verso nordovest, per costeggiare la Tunisia e transitare lontano da Malta, dopo di che avrebbero poi cercato di raggiungere l’Italia, dirette forse a Marsala.
Causa la modesta velocità delle navi che la componevano, la flottiglia procedeva molto lentamente.
Nel pomeriggio del 19 gennaio erano però partiti da Malta anche i cacciatorpediniere britannici Kelvin e Javelin, appartenenti alla Forza K, diretti nelle acque della Tripolitania per compiervi una delle numerose missioni di ricerca del naviglio italiano in fuga da Tripoli prossima alla caduta che furono effettuate dalle forze britanniche in quei giorni.
Intorno a mezzanotte (ora italiana), dopo aver incrociato per qualche tempo – forse un paio d’ore – non lontano da Tripoli, i due cacciatorpediniere britannici rilevarono mediante il radar Type 271 dello Javelin (od il radiogoniometro) una delle piccole unità italiane in allontanamento da Tripoli, 15-20 miglia ad est di Zuara, e si avvicinarono, scoprendo di essere davanti non ad una nave, ma ad un piccolo convoglio composto da parecchie unità, illuminate dalla luce lunare. I due cacciatorpediniere passarono subito all’attacco, aprendo il fuoco da una distanza di un paio di miglia. Ai 6 cannoni da 120 mm e 10 tubi lanciasiluri da 533 mm (oltre a 4 mitragliere pesanti da 40 mm ed 8 leggere da 12,7 mm) di ciascuna delle due unità britanniche, gli RD avrebbero potuto opporre solo un vetusto cannone da 76/40 mm e due inutili mitragliere Colt da 6,5 mm, le altre unità della flottiglia anche meno.
Dopo aver attaccato, inseguito ed affondato una prima unità, lo Javelin inseguì a 30 nodi due navi che, nel buio della notte, vennero erroneamente identificate come una nave mercantile di 2000-4000 tsl (in realtà nessuna unità tra quelle presenti superava le 300 tsl) ed una torpediniera di scorta.
Sebbene non vi possa essere la certezza assoluta, è probabile che l’RD 37 e lo Scorfano fossero proprio queste due unità che, da bordo delle navi britanniche, furono scambiate per una torpediniera ed il mercantile da questa scortato, sopravvalutandone le dimensioni nell’oscurità. Ad aprire il fuoco contro di esse, da due miglia di distanza, fu lo Javelin, mentre il Kelvin attaccava un’altra nave. Lo Scorfano (se di esso si trattava), colto di sorpresa, esplose subito dopo essere stato colpito dai primi proiettili (per altra fonte invece esplose solo in seguito), ed insieme a lui saltò in aria anche l’RD 37. Non è noto il punto preciso dell’affondamento, se non che avvenne a 15-20 miglia ad est di Zuara: d’altra parte, ufficialmente, dell’RD 37 non si ebbero più notizie dopo la partenza da Tripoli, sebbene sia ovvio che sia stato affondato insieme al resto della flottiglia.
Anche il resto della piccola flottiglia italiana non ebbe miglior sorte: l’RD 36 (capo flottiglia), dopo aver ordinato alle altre navi di portarsi sottocosta e proseguire, venne affondato con tutto l’equipaggio nel tentativo di creare un diversivo per permettere alle altre unità di sfuggire, ma infine tutte le piccole navi italiane – sprovviste tanto di armamento adeguato a difendersi quanto di velocità abbastanza elevata da consentire la fuga – vennero raggiunte, illuminate con proiettili illuminanti e distrutte, anche se parte degli equipaggi riuscì a raggiungere la vicina costa ed a salvarsi. Solo un paio ebbero modo di rispondere al fuoco, senza comunque poter arrecare nessun danno con il loro modesto armamento.
È anche possibile, sebbene forse meno probabile, che l’RD 37 fosse invece la “corvetta” cui lo Javelin, nel pieno dello scontro, passò a meno di una decina di metri dalla prua per poi lanciare contro di essa due cariche di profondità (una su ogni lato) che, regolate per scoppiare alla minima quota, esplosero ai suoi lati con tale violenza da proiettarla fuori dall’acqua: tra tutte le piccole unità affondate nello scontro, gli RD erano gli unici la cui forma avrebbe potuto essere scambiata per quella di una corvetta, e non sembra esservi notizia dell’affondamento dell’RD 31 o dell’RD 39 con tali modalità (sebbene in generale sembrino esservi poche notizie sull’affondamento di queste due navi): se pertanto tale sorte fosse toccata ad una delle unità affondate senza superstiti (e ciò spiegherebbe l’apparente mancanza di notizie, da parte italiana, su un’azione tanto insolita), resterebbero solo l’RD 36 e l’RD 37. Il primo dei due, a quanto risulta, fu la prima unità ad essere affondata, mentre prima della “corvetta” erano già state affondate otto o nove navi; d’altra parte, da parte britannica si disse che la “corvetta” in questione fu l’unica a rispondere al fuoco tra le navi attaccate (e l’RD 36 fu l’unica nave che, a quanto si sa, aprì il fuoco sulle unità britanniche, mentre nulla si sa dell’RD 37; secondo il ricordo di Robert Nicklin dello Javelin, in realtà, le navi italiane che risposero al fuoco furono un paio). La verità sulla fine dell’RD 37, in ogni caso, difficilmente potrà essere scoperta.
Terminata la loro opera di distruzione (per una fonte all’1.15 del 20 gennaio, ma l’orario non è compatibile con le circa tre ore complessive indicate per l’azione: forse la discrepanza è dovuta a differenze di fuso orario tra le unità italiane e quelle britanniche), il Kelvin e lo Javelin, avendo consumato gran parte delle loro munizioni, si avviarono frettolosamente sulla rotta di ritorno a Malta (era ormai tardi, e le due navi dovevano tornare a Malta prima del sorgere del sole) senza fermarsi a raccogliere naufraghi. Da parte inglese si erano sparati 800 proiettili da 120 mm; lo scontro, o per meglio dire il tiro a segno – non diversamente lo si potrebbe definire, considerata la disparità delle forze –, era durato tre ore.
Le due navi britanniche non si erano accorte della presenza, non lontano dalla flottiglia dei dragamine, di alcuni pescherecci di Favignana, che stavano rientrando in Italia insieme a questi ultimi. Quando raggiunsero l’Italia, i pescatori raccontarono che il mattino successivo, dopo il sorgere del sole, ripassarono delle unità britanniche (forse il Nubian ed il Jervis, che erano partiti il 20 per un pattugliamento tra Zuara, Ras Turgheness e le Kerkennah e non vi avevano trovato nessuna unità; certo non il Kelvin ed il Javelin, che erano già rientrati a Malta), che mitragliarono i rottami galleggianti ed anche i naufraghi in mare.
Già all’indomani dello scontro fu inviato a Tripoli un fonogramma con il quale si riferiva che si escludeva che dell’RD 37 vi fossero stati superstiti.
Era, purtroppo, corretto.

Scomparvero con l’RD 37:

Alfredo Avallone, brigadiere della Regia Guardia di Finanza ramo mare (comandante), 33 anni, da Salerno
Giuseppe Barreca, finanziere di mare, 25 anni, da Reggio Calabria
Angelo Calabrese, appuntato della Regia Guardia di Finanza ramo mare, 31 anni, da Villa San Giovanni (RC)
Mario Chianale, allievo torpediniere della Regia Marina, 21 anni, da Cuorgnè (TO)
Cosimo Ciraulo, finanziere di mare, 30 anni, da Trabia (PA)
Letterio D’Agostino, finanziere di mare, 23 anni, da Villafranca Tirrena (ME)
Gaetano Fiore, finanziere di mare (macchinista), 35 anni, da Reggio Calabria
Mario Ignesti, appuntato della Regia Guardia di Finanza ramo mare, 42 anni, da Firenze
Felice La Spina, brigadiere della Regia Guardia di Finanza ramo mare, 26 anni, da Catania
Michele Mancanello, marinaio della Regia Marina, 20 anni, da Molfetta (BA)
Antonino Mazzeo, finanziere di mare, 36 anni, da Trapani
Giovanni Patalano, finanziere di mare, 23 anni, da Casamicciola (NA)
Vincenzo Preite, finanziere di mare, 20 anni, da Taurisano (LE)
Antonino Previti, finanziere di mare, 35 anni, da Messina
Michele Silanos, finanziere di mare, 34 anni, da Favignana (TP)
Onorio Tavano, finanziere di mare, 36 anni, da Lestizza (UD)
Rosario Urso, appuntato della Regia Guardia di Finanza ramo mare, 33 anni, da Acireale (CT)
Luigi Vitali, brigadiere della Regia Guardia di Finanza ramo mare, 39 anni, da Cagliano del Capo (LE)

L’RD 37 in una foto dell’Almanacco Navale del 1942 (via Giuseppe Garufi e www.xmasgrupsom.com)

L’equipaggio dell’RD 37 (cartolina postale Tonelle, per g.c. di Luciana Cossu, nipote di Gaetano Fiore)



La motivazione della Croce di Guerra al Valor Militare conferita alla memoria dell’allievo torpediniere Mario Chianale, nato a Cuorgnè l’11 ottobre 1921:

"Imbarcato su unità in partenza verso altra zona, per evacuazione di importante base navale oltremare, si prodigava, sotto violenta azione aerea avversaria, per l'imbarco di importante carico. Successivamente, attaccata l'unità da soverchianti forze navali che ne provocavano l'affondamento, partecipava all’impari lotta fino all'estremo sacrificio della vita.
Esempio di sereno ardimento e sentimento del dovere.
Mare Mediterraneo, 20.1.1943"


Mario Chianale (g.c. Armandino Savio)

La motivazione della Croce di Guerra al Valor Militare conferita alla memoria del finanziere Michele Silanos, nato a Favignana il 1° aprile 1908:

"Imbarcato con funzioni di marinaio su dragamine in partenza verso altra zona, per evacuazione di importante base navale oltremare, si prodigava, sotto violenta azione aerea avversaria, per l'imbarco di importante carico. Successivamente, attaccata l'unità da soverchianti forze navali che ne provocavano l'affondamento, partecipava alla impari lotta fino all'estremo sacrificio della vita.
Esempio di sereno ardimento e sentimento del dovere."


Membri dell’equipaggio radunati in coperta a prua, davanti al pezzo da 76 mm. Gaetano Fiore è seduto sul cannone (in alto, al centro della foto), a sinistra (g.c. Luciana Cossu).
Gaetano Fiore (al centro) insieme agli amici, conterranei (di Reggio Calabria) e commilitoni Rosario Lamberto e Salvatore Frisoni: sia Lamberto che Frisoni, pur appartenendo all’equipaggio dell’RD 37, non erano a Tripoli nel gennaio 1943, e scamparono così all’affondamento dell’unità (g.c. Luciana Cossu)
Gaetano Fiore (g.c. Luciana Cossu)
Il brigadiere della G.d.F. Alfredo Avallone, comandante dell’RD 37, Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria (per g.c. del nipote Giancarmine Mauro)
Il marinaio Michele Mancanello (per g.c. del nipote Calogero Larzio)

Alla memoria dei propri uomini caduti sull’RD 37, la Guardia di Finanza ha dedicato loro quindici sue piccole unità navali: il G 4 Avallone, il G 43 Preite, il G 44 Mazzeo, il G 45 Previti, il G 46 Silanos, il G 47 Ignesti, il G 48 Barreca, il G 49 Ciraulo, il G 50 D’Agostino, il G 51 Fiore, il G 53 Tavano, il G 62 Calabrese, il G 77 Vitali, il G 121 Urso ed il G 122 La Spina.
Così Robert Nicklin, marinaio dello Javelin, ricordò l’azione che portò alla distruzione della flottiglia dragamine di Tripoli (estratto da ‘WW2 People's War’, archivio online di memorie di guerra raccolto dalla BBC, all’indirizzo bbc.co.uk/ww2peopleswar):

“This was a night when (ELEVEN) enemy ships were sunk by two British destroyer's in action the night before the fall of Tripoli, the ships H.M.S. Javelin and H.M.S. Kelvin'we had sailed out of Malta harbour on our usual nightly patrol and headed for the coast in search of enemy shipping and just after 10pm the first ship was sighted and both destroyers open'ed fire and the enemy was hit with Kelvins second and Javelins first salvo she was badly damaged and headed for the shore trying to beach herself but being chased by Javelin she blew up in shallow water. The next two ship's sighted were chased at over
thirty knots before being engaged and sunk' a Merchant vessel of about 4'000 tons [forse lo Scorfano] taken by surprise was hit at over two mile's range and later blown up with her Torpedo-boat escort [forse l’RD 37] by the Javelin,while Kelvin engaged and destroyed a third ship.
By this time the enemy convoy was scattered all over the place and we were in the middle of them unable to miss our targets'our guns swinging round and round on to different targets and the cheering every time a new one was indicated could be heard all over the ship and in the brilliant moonlight night other ships could be seen trying to escape Kelvin sighting one and Javelin one which had been attacked previously but had apparently escaped'that oversight was made good.
It was now after midnight and we were beginning to wonder whether targets or ammunition would run out first'the Kelvin sank another with one salvo and then Javelin performed what was derscribed by the Sunday Dispatch as one of the most spectacular close range sinkings of the war in the Mediterranean, dashing across a Corvette's bow we threw two depth charges one on each side of her and blew her clean out of the water [è possibile, come detto, che anche questa “corvetta” fosse uno dei rimorchiatori-dragamine, il cui profilo, con l’aiuto del buio, sarebbe potuto anche apparire vagamente somigliante a quello di una corvetta], and finally two more small ships were sunk leaving just one ship to escape believed to be a destroyer. The action started just after 10pm and was broken off about 1,30am when it was getting too late for the Destroyers to engage any more ships if we had met any and as the ammunition supply was very low we would not have been able to defend the ship if we were to meet any enemy war ships, both ships were officially congratulated on an excellent nights work.”


Articolo del Sunday Times del 18 luglio 1943, sull’azione del Kelvin e dello Javelin che portò all’affondamento dell’RD 37 e delle altre dieci piccole unità (g.c. Harry Amey/www.hms-javelin.co.uk)

Ancora il ricordo di Robert Nicklin, in una lettera scritta in risposta ad Armandino Savio (nipote di Mario Chianale) nel 2009:

“I kept a diary of my two years in the Medditerranian. Javelin and H.M.S. Kelvin sailed out of Malta on normal nightly patrols at 20'00 hrs and we sail straight for the Tripolitanian coast this time as reports have been coming in that Monty ( Marshal Montgomery) is now only fourty miles from Tripoli  and the enemy will be trying to send re'inforcements through or supplies,and so here we are sweeping for any enemy shipping and we are only a few miles off the port of Tripoli and just sailing up and down the coast' the night is pretty clear moonlit.
Well we had been sailing up and down this coast for just over two hours and it was now just after 10,15pm and a ship was picked up on the R.D.F heading away from Tripoli and on closing we found that this was a small convoy and we went straight into action now it being night not a lot could be seen and the number of ships not known or who we were up against but as we closed on  the first ship a small merchant ship and opened fire and very soon the ship was on fire' and from then on it was just action with no time to think about any'thing as we found ship after ship and with hardly any opposition from the small escort who I believe where more or less trying to leave these merchant ships to there own fate as one of them got away at speed instead of having a go although a couple of the ships did open fire on us and by the time this action was over which actualy had taken three hours and it was now 1,15am and we found that we where now only about thirty miles east of Zuara and in the action must have cover'ed an area of at least 20miles.
The Merchant ship [che si presume essere lo Scorfano] and its escort a Torpedo boat you mentioned [forse l’RD 37] blew up in an explosion' after the ship was hit by our gun fire so I can only assume that she had some sort of explosives on board to cause such' as normaly a ship would take a lot of sinking just by gun fire alone, but why as you say these ships were escaping from Tripoli would they be wanting to carry anything like that and they were definately heading for central Med and so home when we intercepted them, Javelin and Kelvin did not pick up any survivors I'm  sorry to say as it was getting late and we had to get back to Malta by day light' but in our previous actions we did pick up lots of men from the sea' it was'nt the Royal navy's way to leave men in the water and our lads would have expected the same treatment.”


Si ringraziano Armandino Savio, nipote di Mario Chianale, disperso sull’RD 37, per le informazioni trasmesse, ed il Museo Storico della Guardia di Finanza per aver fornito l'elenco dell'equipaggio.