Il Faà di Bruno appena varato (da “Gli squali dell’Adriatico.
Monfalcone e i suoi sommergibili nella storia navale italiana” di Alessandro
Turrini, Vittorelli Edizioni, 1999, via www.betasom.it)
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Sommergibile oceanico della classe Marcello migliorata (1059 tonnellate
di dislocamento in superficie, 1313 in immersione). Svolse due missioni in
Mediterraneo, percorrendo 656 miglia nautiche, e due in Atlantico.
Breve e parziale
cronologia.
28 aprile 1938
Impostazione nei cantieri Odero Terni Orlando del Muggiano (La Spezia).
18 giugno 1939
Varo nei cantieri Odero Terni Orlando del Muggiano.
29 luglio 1939
Quattro uomini fuoriescono dal Faà
di Bruno e risalgono in superficie da una profondità di 60 metri durante le
prove per un nuovo apparato di salvataggio collettivo da sommergibili
affondati, consistente in due “coni” metallici posizionati alle estremità del
sommergibile, che vengono rilasciati, portati in superficie dalla pressione e
poi – dopo che gli occupanti ne sono usciti – nuovamente tirati giù dagli
occupanti del battello per essere riutilizzati.
13 agosto 1939
Durante i collaudi nelle acque davanti a La Spezia, il Faà di Bruno raggiunge la profondità di
117 metri.
23 ottobre 1939
Entrata in servizio.
10 giugno 1940
All’entrata in guerra dell’Italia, il Comandante Faà di Bruno (capitano di corvetta Aldo Enrici) fa parte
della XII Squadriglia Sommergibili (1° Gruppo Sommergibili), di base a La
Spezia, che forma insieme ai gemelli Comandante
Cappellini, Mocenigo e Veniero ed ai meno recenti Glauco ed Otaria.
Lo stesso 10 giugno il battello prende il mare per la sua prima
missione di guerra, da svolgere in Mediterraneo al largo di Orano; viene
inviato 25 miglia a sudest di Capo Palos (Cartagena) insieme ai gemelli Dandolo, Morosini e Provana.
16 giugno 1940
Rientra alla base senza aver colto risultati.
15 luglio 1940
Prende nuovamente il mare per un’altra missione nelle acque di Orano,
ad est di Gibilterra (nelle stesse acque sono inviati in pattugliamento anche i
gemelli Morosini e Nani ed il più piccolo Berillo).
23 luglio 1940
Conclude la missione senza aver colpito navi nemiche.
Viene poi deciso di inviare il Faà
di Bruno in Atlantico, per operare alle dipendenze della neocostituita base
atlantica italiana di Betasom, a Bordeaux.
28 agosto 1940
Parte da La Spezia al comando del capitano di corvetta Aldo Enrici,
diretto in Atlantico. Il Faà di Bruno
ed i sommergibili oceanici Maggiore
Baracca, Emo, Luigi Torelli, Capitano Tarantini e Reginaldo
Giuliani dovranno pattugliare le acque tra il Portogallo, Madera e le
Azzorre, ad ovest di Nordafrica, stretto di Gibilterra e penisola iberica.
Sopra,
una cartolina scritta ai genitori da Venanzio Bulgherini, marinaio del Faà di Bruno, prima del trasferimento in
Atlantico. Sotto, il manuale da elettricista su cui studiò (g.c. Andrea Tonini)
2-3 settembre 1940
Attraversa lo stretto di Gibilterra durante la notte. In realtà, mentre
il Faà di Bruno e gli altri
sommergibili del gruppo stanno raggiungendo il Mediterraneo occidentale, viene
loro inviato un contrordine: dovranno interrompere il trasferimento e restare
in agguato per alcuni giorni per intercettare delle unità della Royal Navy, per
poi riprendere la navigazione verso l’Atlantico (il Faà di Bruno, in base a queste nuove disposizioni, dovrebbe passare
lo stretto il 6 settembre). Il Faà di
Bruno, tuttavia, non riceve tale ordine e prosegue in base alle
disposizioni precedenti.
Nell’attraversare lo stretto, come ordinato, il sommergibile controlla
la navigazione in immersione misurando la profondità con lo scandaglio
ultrasonoro, ma mentre il battello sta passando dalla quota periscopica a
quella di profondità le forti correnti sottomarine avverse dello Stretto ed
avarie all’ecoscandaglio gli impediscono di governare sia in rotta che in
profondità e lo portano a sprofondare rapidamente per due volte, la prima sino
a toccare il fondale sabbioso mezzo miglio a sud di Capo Tarifa e la seconda sino
a 140 metri di profondità. Nonostante tutto il Faà di Bruno non riporta danni, e può proseguire nella navigazione
in immersione.
8 settembre 1940
Raggiunge il proprio settore d’agguato a sud delle Azzorre, dove
permarrà sino al 24 avvistando in cinque occasioni dei mercantili isolati (tre
dei quali attaccati). Alle 00.30 dello stesso 8 settembre lancia un siluro
contro un piroscafo di stazza valutata in 4300 tsl nel punto 37°15’ N e 20°43’
O, senza risultato (pur ritenendo di averlo danneggiato); la nave si allontana
e riesce a sfuggire, essendo più veloce.
La mancata ricezione dell’ordine di restare in Mediterraneo per qualche
giorno, comunque, ha fatto sì che il settore assegnato in Mediterraneo al Faà di Bruno sia rimasto vuoto, ed altererà
la contemporaneità della presenza dei sommergibili nei settori d’operazione
atlantici. Per evitare siffatti inconvenienti, per il futuro il Comando Flotta
Sommergibili (Maricosom) ordinerà a tutti i battelli di lanciare all’aria un
messaggio convenzionale non appena giunti in Atlantico, per comunicare
l’avvenuto ingresso nell’oceano.
9 settembre 1940
Alle 10.40 (ora di bordo; 11.50 per l’orario dell’Auris) il Faà di Bruno
attacca con il cannone la nave cisterna britannica Auris, da 8030 tsl, nel punto 36°13’ N e 22°05’ O (750 miglia ad
ovest di Gibilterra). La petroliera viene danneggiata, ma riesce a sfuggire per
via della sua maggiore velocità.
19 settembre 1940
Alle 17.20 lancia due siluri contro un piroscafo di 5000 tsl stimate
nel punto 35°50’ N e 22°15’ O (700 miglia ad ovest di Gibilterra), senza
successo (sul Faà di Bruno si ritiene
di aver danneggiato la nave attaccata). Anche questa nave riesce a scappare in
quanto più veloce del Faà di Bruno.
In uno degli attacchi, a bordo del sommergibile si riterrà di aver
sentito la detonazione di uno dei siluri lanciati, ma il battello non inseguirà
la nave (che si presume danneggiata) per finirla onde rispettare gli ordini
d’operazione, che impongono di non uscire dalla zona assegnata.
24 settembre 1940
Lascia la propria zona d’agguato per raggiungere Bordeaux.
5 ottobre 1940
Arriva a Bordeaux.
L’arrivo
del Faà di Bruno (in primo piano) e
del Luigi Torelli (a sinistra) a
Bordeaux, il 5 ottobre 1940 (da www.uboat.net)
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La scomparsa
Il 31 ottobre (per altre fonti il 3 novembre) 1940 il Faà di Bruno, al comando del capitano di
corvetta Aldo Enrici, salpò da Bordeaux per raggiungere il proprio settore
operativo, fissato tra i paralleli 57°20' e 58°20' N ed a ovest del meridiano
20° O (a nord-ovest della Scozia), per andare a rinforzare i battelli già
operanti nel settore d’operazioni nordorientale.
Dopo la partenza, tuttavia, il sommergibile non diede più notizia di sé:
ufficialmente fu dato come perduto tra il 31 ottobre 1940 ed il 5 gennaio 1941,
data del suo previsto rientro. Fu la prima perdita tra i sommergibili atlantici
italiani, oltre che uno dei soli quattro sommergibili di Betasom ad andare
perduti senza aver affondato alcuna unità nemica.
Una delle voci, infondate, che circolò all’epoca sulla sua scomparsa fu
che il Faà di Bruno fosse stato
affondato da una scialuppa di falsi naufraghi, attrezzata per lanciare siluri
contro unità dell’Asse che si fossero avvicinate per soccorrere gli occupanti
della lancia. Da parte tedesca si dette credito a siffatte voci, ma non risulta
in realtà che simili finte scialuppe “antisommergibili” siano mai esistite.
Per lungo tempo fonti britanniche ritennero che il Faà di Bruno fosse rimasto vittima, l’8 novembre 1940, di un
attacco con bombe di profondità da parte del cacciatorpediniere HMS Havelock (una delle unità di scorta al
convoglio HX 84), nel punto 56°01' N e 17°50' O (un centinaio di miglia fuori
rotta rispetto alla rotte che il Faà di
Bruno avrebbe dovuto seguire), a seguito del quale l’unità britannica aveva
visto emergere rottami, bolle d’aria e chiazze di carburante. Successivi
confronti rivelarono tuttavia che il sommergibile attaccato dall’Havelock era un altro, il Guglielmo Marconi, che era sfuggito alla
caccia senza subire danni gravi ed espellendo rottami, aria e carburante con il
preciso scopo di trarre in inganno il cacciatorpediniere e portarlo così a
cessare la caccia.
La scomparsa del Faà di Bruno
sembrò quindi dover restare avvolta nel mistero, tanto da far ipotizzare che il
sommergibile potesse anche essere affondato non per azione nemica ma per cause
connesse allo stato del mare, particolarmente avverso in quei giorni, magari
per un cedimento strutturale causato dalla disavventura occorsa durante
l’attraversamento dello stretto di Gibilterra ad inizio settembre 1940.
Nuove ricerche permisero però, nel 1982, di gettare nuova luce sulla
sorte del Faà di Bruno.
Il 6 novembre 1940, alle 19.45, i cacciatorpediniere Harvester (capitano di corvetta Mark
Thornton), britannico, ed Ottawa (capitano
di fregata Edmond Rollo Mainguy), canadese, appartenenti alla scorta del
convoglio WS 4 (in partenza da Liverpool), avevano ricevuto l’ordine di
accorrere in aiuto del piroscafo britannico Melrose
Abbey di 2473 tsl, che, mentre navigava isolato 200 miglia a nordovest
dell’Irlanda, era stato inseguito ed attaccato con il cannone da un
sommergibile, ed aveva lanciato una richiesta d’aiuto. Le due unità si erano
lanciate a 34 nodi verso la posizione indicata nella richiesta di soccorso del
mercantile, che distava da loro 150 miglia. Prima che il piroscafo potesse
subire danni seri, i due cacciatorpediniere erano giunti sul posto ed avevano avvistato
l’unità attaccante, poi l’Ottawa
aveva aperto il fuoco (diretto dal tenente di vascello “Mook” Madgwick) contro
il sommergibile, che si era immerso dopo la quinta salva sparata dall’unità
canadese, frattanto imitata dall’Harvester.
Ottawa ed Harvester, servendosi dell’asdic, avevano poi iniziato una pesante caccia
antisommergibile che si era protratta per ben cinque ore: l’Ottawa aveva eseguito quattro attacchi
con bombe di profondità, l’Harvester
cinque. In tutto erano state lanciate ben 83 cariche di profondità, 21 dall’Ottawa e 62 dall’Harvester. Dopo l’ultimo attacco dell’Harvester, le unità anglo-canadesi avevano avvertito due esplosioni
subacquee secondarie, poi avevano perso il contatto con il sommergibile. Le
prime luci dell’alba, il mattino del 7 novembre, avevano rivelato la presenza
di una grossa chiazza di carburante nel punto 51°05’ N e 17°32’ O (proprio
sulla rotta che il Faà di Bruno
avrebbe dovuto verosimilmente seguire per raggiungere il proprio settore
d’operazioni), ma nessun rottame (e, essendo necessaria la loro presenza
altrove, le due unità non si erano potute trattenere sul posto più a lungo per
meglio verificare il risultato). Tanto i comandanti dei cacciatorpediniere
quanto l’Ammiragliato britannico erano certi che il sommergibile fosse stato
affondato, ma l’U-Boat Assessment Committee aveva ritenuto che non vi fossero
sufficienti prove, ed aveva invece assegnato l’affondamento all’Havelock (accreditando ad Ottawa ed Harvester un “probabile danneggiamento”).
L’unico sommergibile che poteva trovarsi in quella zona in quel momento
era il Faà di Bruno: questa fu,
verosimilmente, la sua fine. L’affondamento del Faà di Bruno da parte dell’Ottawa
fu – oltre che il primo incontro, da parte di una nave da guerra canadese, di
un’unità nemica sin dal 1918 – il primo affondamento di un’unità nemica nella
storia della Marina canadese, ma il suo autore, il capitano di fregata Edward
Mainguy, promosso nel dopoguerra a viceammiraglio, morì prima di poter
apprendere del suo successo. Sia l’Ottawa
che l’Harvester erano andati perduti
in guerra con la maggior parte dei propri equipaggi, senza che fosse loro
riconosciuto il merito dell’affondamento.
Scomparvero con il Faà di Bruno
il comandante Enrici, altri 6 ufficiali e 48 tra sottufficiali, sottocapi e
marinai.
I
loro nomi:
Pasquale Agosto,
sottocapo radiotelegrafista, da Portici
Amilcare Anelli, marinaio silurista, da La Spezia
Vittorio Arnone, sottotenente di vascello, da Napoli
Alfredo Avigliano,
sergente cannoniere, da Napoli
Libero Bagarini,
sottocapo meccanico, da Torino
Romeo Bicchieri,
capo meccanico di seconda classe, da Corinaldo
Corrado Bisà,
tenente di vascello (comandante in seconda), da Livorno
Enrico Borioli, marinaio fuochista, da Legnano
Venanzio
Bulgherini, marinaio elettricista, da Torrita di Siena
Lilio Ceccanti,
capo silurista di terza classe, da Pontedera
Carlo Chiarugi,
sergente elettricista, da Ponsacco
Valentino Chiesa,
sergente furiere, da Bassano del Grappa
Battista Corsetti, marinaio, da Pietrasanta
Giuseppe
Cozzolino, marinaio fuochista, da Ercolano
Edmondo De
Barbieri, sottocapo elettricista, nato in Argentina
Mario De Simone, marinaio silurista, da Napoli
Aristide Di
Marcello, secondo capo nocchiere, da Roma
Giovanni Donato,
sottocapo silurista, da Villafranca Tirrena
Aldo Enrici,
capitano di corvetta (comandante), da Roma
Antonio Filippin, marinaio, da Castello di Godego
Vincenzo Forlenza, marinaio silurista, da Napoli
Carlo Giovanni Frumento, tenente
del Genio Navale, da Piacenza
Eligio Frusta,
secondo capo meccanico, da Orte
Pasquale Gambone, marinaio silurista, da Montella
Armando Geri,
sottocapo segnalatore, da San Marino
Angelo Giasti, marinaio fuochista, da Castiglione d'Adda
Alessandro Giusso, marinaio cannoniere, da Biella
Michele La
Francesca, marinaio fuochista, da Trapani
Teodoro Lanzillo,
capo meccanico di terza classe, da Torre del Greco
Carmelo La Placa, marinaio radiotelegrafista, da Catania
Francesco
Leonardi, marinaio, da Gabicce Mare
Andrea Loffredo, marinaio fuochista, da Monte Argentario
Corrado Lorenzini, marinaio silurista, da Castel Maggiore
Romeo Mamini, marinaio elettricista, da Ravenna
Giuseppe Mottini,
sottocapo cannoniere, da Fusine
Antonino Nicolosi, marinaio motorista, da Palermo
Mario Novelli,
secondo capo silurista, da Pontremoli
Gregorio Pagnotta, marinaio fuochista, da Genova
Giovanni Paini, marinaio cannoniere, da Civitella San Paolo
Giuseppe Palazzo, marinaio elettricista, da Taranto
Riccardo
Passeroni, capo radiotelegrafista di seconda classe, da Calasetta
Osvaldo Patrucco,
secondo capo elettricista, da Casale Monferato
Piergiorgio Pina (o Pinna), sottotenente del Genio Navale, da Alessandria
Cesare Pozzi, marinaio, da Busto Arsizio
Giacinto Pratola, marinaio motorista, da Margherita di Savoia
Francesco Raffa,
sergente silurista, da Palermo
Michele Ricevuto, marinaio, da Torre del Greco
Loris Santon,
sottotenente di vascello, da Trieste
Salvatore
Trapanese, marinaio, da Napoli
Angelo Troian, marinaio, da Isola d'Istria
Francesco Vellan,
sottocapo nocchiere, da Pisino
Vincenzo Vendola, marinaio radiotelegrafista, da Terlizzi
Antonio Villa, marinaio, da Sciacca
Teodoro
Zandonella, marinaio silurista, da Verona
Sergio Zigrossi, capitano
del Genio Navale (direttore di macchina), da Borgorose
Il Faà di Bruno in navigazione (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
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vorrei conoscere eventuali parenti dei caduti
RispondiEliminaBsera Lorenzo. Potrei sapere, se possibile, di dov'era il com.te Aldi Enrici? Non sono mai riuscito a saperlo... e sul Onorcaduti e' uno dei pochi comandante di smg Caduti ad esser assente. Grazie
RispondiEliminaBuonasera, era nato a Roma il 19 aprile 1904 e si chiamava EURICI, non Enrici: per questo non riuscivo a trovarlo neanche io.
EliminaBuonasera,
RispondiEliminaVenanzio Bulgherini elettricista sul Faa di Bruno era originario di Montefollonico (SI) dove, al cimitero locale esiste la sua tomba, ovviamente vuota che i suoi genitori avevano comunque voluta per piangere il figlio disperso. Abbiamo ritrovato quella che probabilmente è l'ultima cartolina postale scritta da Venanzio dal Gruppo Sommergibili (credo a La Spezia) ai genitori prima di partire in missione per l'Atlantico. Per contattarmi toninian@libero.it
sono figlio di uno dei caduti su quel battello.Riccardo Passeroni, anche io vorrei conoscere eventuali parenti
RispondiEliminaPasseroni Giancarlo
Sono il nipote di Armando Geri, Sottocapo segnalatore del Faa di Bruno dalla Rep. di San Marino. Conservo gelosamente il "Manuale del segnalatore" ed i pochi oggetti dello zio Armando fra cui qualche sua foto di fianco al cannone del sommergibile con la scritta sul retro "Gli aerei ci stanno bombardando e noi rispondiamo con le nostre mitarlgiatrici".
RispondiEliminaNel cimitero di Chiesanuova (San Marino) una lapide lo ricorda.
Il mio pensiero a tutti i caduti.
ageri@studioaldogeri.sm
Sono la nipote di Corrado Bisà, ho sempre voluto sapere qualcosa di più su mio nonno
RispondiEliminaCapo radiotelegrafista Riccardo passeroni era mio nonno materno
RispondiEliminasono una nipote di riccardo passeroni, lui era mio nonno, mai conosciuto perche morto da telegrafista sul faa di bruno. sono nipote di giancarlo passeroni, suo figlio.e sono figlia di carla passeroni.
RispondiEliminaLa sorella di mia madre fu la fidanzata di Aristide Di Marcello, di Tivoli non Roma come riportato erroneamente. L'ultima licenza di questo mio mancato zio fu segnata da un episodio che merita indignazione. Invitati ad un ricevimento, l'ufficiale fu affrontato da un funzionario del locale partito fascista, il quale pretendeva di essere salutato come condizione prioritaria per accedere alla festa. A questa pretesa l'ufficiale oppose il suo rifiuto, girò le spalle e se ne andò insieme alla fidanzata. La sua licenza finiva lì. Zia Clara non lo avrebbe più rivisto. Forse qualche parente del signor Aristide può confermare l'episodio. Grazie
RispondiEliminaLa ringrazio per l'interessante, per quanto amaro, aneddoto. Aristide Di Marcello era, presumo, residente a Tivoli, ma era nato a Roma l'8 marzo 1912.
EliminaSalve sono il nipote del marinaio Villa Antonio mio padre è morto dieci anni fa' con il dispiacere di non sapere cosa fosse successo al fratello al quale era molto legato vorrei tanto poter trovare qualcosa che apparteneva a mio zio per portarla sulla tomba di mio padre mi può aiutare?
EliminaBuongiorno, sinceramente non saprei come fare, mi spiace...
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