La Barbarigo (Gruppo di Cultura Navale) |
Motonave da carico da 5293 tsl, 3061 tsn e 8005 tpl, lunga 128,01-134,1
metri, larga 17,07 e pescante 7, con velocità 14,5-17 nodi. Appartenente alla
Società Anonima di Navigazione Italia (con sede a Genova), matricola 417 al Compartimento
Marittimo di Trieste.
Formava una classe di «navi da carico celeri» propulse da motori diesel
FIAT da 6000 HP, insieme a Birmania, Volpi e Cortellazzo, che furono tra i primi «cargo liners» (cargo di
linea), impiegati sulle rotte per l’Estremo Oriente.
Breve e parziale
cronologia.
20 agosto 1929
Impostata nel Cantiere Navale Triestino di Monfalcone (numero di
costruzione 221).
1° aprile 1930
Varata nel Cantiere Navale Triestino di Monfalcone.
10 settembre 1930
Completata per la Società Veneziana di Navigazione a Vapore, con sede a
Venezia.
1936
Lo Stato Maggiore della Regia Marina redige un progetto per la
trasformazione della Barbarigo e
delle tre gemelle, in caso di guerra, in “navi corsare” armate con 5 cannoni da
120/45 mm (poi da 135/45 mm a seguito di una modifica del progetto apportata
nel 1937), due mitragliere da 13,2 mm, 2 tubi lanciasiluri da 450 mm e 50 mine
nonché un idroricognitore IMAM Ro. 43; tali unità dovrebbero essere impiegate in
Atlantico contro il naviglio mercantile nemico, grazie alla propria velocità di
14 nodi (ciò sarà poi effettivamente fatto, in guerra, da Germania e Giappone).
Il progetto non avrà tuttavia seguito.
1937
Trasferita alla Società Anonima di Navigazione Italia, con sede a
Genova.
1940
Data in gestione al Lloyd Triestino, insieme alla gemella Birmania, per le linee per il Sudafrica.
21 settembre 1940
Requisita a Napoli dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo
del naviglio ausiliario dello Stato.
13 novembre 1940
Lascia Durazzo alle 19 insieme alle motonavi Verdi e Puccini, con la
scorta delle vecchie torpediniere Generale
Marcello Prestinari e Giacomo Medici.
14 novembre 1940
Il convoglio giunge a Bari alle 13.30.
22 dicembre 1940
Parte scarica da Durazzo alle 14.45, scortata dall’incrociatore ausiliario
Capitano A. Cecchi, raggiungendo Bari
alle 00.50 del 23 dicembre.
11 febbraio 1941
Parte da Bari alle due di notte, diretta a Durazzo, in convoglio con i
piroscafi Laura C., Sant’Agata e Tagliamento nonché la scorta della torpediniera Giacomo Medici. Il convoglio, che
trasporta in tutto 139 uomini, 526 quadrupedi, 242 veicoli e 73 tonnellate di
materiali, arriva a destinazione alle 15.45.
8 marzo 1941
Parte da Durazzo alle 6.20 insieme alla motonave Rossini ed al piroscafo Milano
(tutti i mercantili sono scarichi), più la torpediniera Medici di scorta. Il convoglio arriva a Bari alle 17.15.
12 marzo 1941
Compie un viaggio da Bari a Durazzo in convoglio con la motonave Città di Bastia ed i piroscafi Città di Tripoli e Titania (le navi trasportano in tutto 1395 militari, 644
quadrupedi, 123 automezzi e 943 tonnellate di materiali) e la scorta del Capitano Cecchi e della torpediniera Solferino.
17 marzo 1941
Lascia scarico Durazzo scarica alle 7 del mattino, insieme alla
motonave Donizetti (avente
a bordo 236 feriti leggeri) ed al piroscafo Laura
C. e con la scorta della torpediniera Castelfidardo,
giungendo a Bari alle 22.45.
26 marzo 1941
Salpa scarica da Durazzo, alle 21.45, insieme ai piroscafi Italia e Quirinale e con la scorta della Medici.
27 marzo 1941
Il convoglio arriva a Bari alle nove del mattino.
9 aprile 1941
Parte da Napoli in convoglio con le motonavi Andrea Gritti, Sebastiano
Venier, Birmania e Rialto (convoglio «Birmania») e la
scorta del cacciatorpediniere Dardo e
delle torpediniere Clio, Enrico Cosenz e Generale Achille Papa.
11 aprile 1941
Il convoglio arriva a Tripoli.
25 aprile 1941
Durante le operazioni di caricamento della Barbarigo nel porto di Napoli, si verifica in una stiva un'esplosione provocata da alcune casse di bombe a grappolo della Luftwaffe, i cui detonatori, estremamente sensibili, si sono attivati a causa dei bruschi movimenti delle casse, nelle quali le bombe non sono state assicurate abbastanza saldamente, durante il caricamento. I danni non sono gravi (l'esplosione apre una falla di ridotte dimensioni nella murata della motonave), ma tre membri dell'equipaggio rimangono uccisi ed altri due sono feriti. Le rimanenti casse con le bombe incriminate verranno scaricate con la massima cautela da specialisti, operazione che richiederà quattro giorni.
Pochi giorni dopo, la gemella Birmania esploderà nel porto di Tripoli a causa di un analogo incidente causato dallo stesso tipo di bombe.
4 maggio 1941
Lascia Napoli in convoglio con le motonavi passeggeri (adibite a
trasporti truppe) Victoria e Calitea e le motonavi da carico Andrea Gritti, Marco Foscarini, Sebastiano
Venier ed Ankara (quest’ultima
tedesca) diretta a Tripoli. Il convoglio, denominato «Victoria», è scortato dai
cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, Antonio Da Noli e Lanzerotto Malocello e
dalle torpediniere Pegaso, Orione e Cassiopea, fruendo inoltre di una scorta a distanza assicurata
dagli incrociatori leggeri Eugenio di
Savoia, Emanuele Filiberto Duca
d’Aosta e Muzio Attendolo con i
cacciatorpediniere Antonio Pigafetta,
Nicolò Zeno, Nicoloso Da Recco, Alvise Da
Mosto e Giovanni Da Verrazzano.
Durante la navigazione, Pigafetta e Zeno rilevano un contatto subacqueo e lo
attaccano.
5 maggio 1941
Il convoglio «Victoria» giunge a Tripoli in serata.
12
maggio 1941
Avendo finito di scaricare, lascia Tripoli dopo il tramonto, per
tornare vuota a Napoli, insieme alla motonave passeggeri Victoria, alla motonave da carico Andrea Gritti ed alla motonave tedesca Ankara (tutte unità che con la Barbarigo
avevano fatto parte del convoglio «Victoria»).
26
maggio 1941
Parte da Napoli in convoglio con le motonavi Andrea Gritti, Marco
Foscarini, Sebastiano Venier, Ankara e Rialto e con la scorta dei cacciatorpediniere Vivaldi e Da Noli e delle
torpediniere Cigno, Procione e Pegaso (più la scorta a distanza dell’incrociatore leggero Luigi Cadorna e dei cacciatorpediniere Maestrale e Grecale).
27
maggio 1941
Il convoglio viene attaccato da bombardieri britannici Bristol Blenheim:
si tratta del primo attacco aereo verificatosi su un convoglio italiano che
percorre la rotta di levante verso la Libia. L’incursione avviene mentre la
scorta aerea, a causa del ghibli che ostacola il decollo dalle basi libiche,
non è presente. Vengono colpite la Venier,
che subisce danni non gravi, e la Foscarini,
che viene invece incendiata e dovrà essere portata all’incaglio davanti a Tripoli,
arrivandovi il 30 maggio (non verrà mai più recuperata).
28
maggio 1941
Il convoglio giunge a Tripoli.
30 giugno 1941
Parte da Napoli per Tripoli in convoglio con le moderne motonavi Andrea Gritti, Sebastiano Venier, Francesco
Barbaro e Rialto e con la tedesca
Ankara. La scorta è fornita dai
cacciatorpediniere Freccia, Dardo, Turbine e Strale. Il
convoglio giunge a destinazione senza perdite.
Un’altra
immagine della motonave (g.c. Pietro Berti via www.naviearmatori.net)
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L’affondamento
Alle 16 del 14 luglio 1941, dopo aver trasportato altri rifornimenti in
Libia, la Barbarigo salpò da Tripoli
per rientrare a Napoli in convoglio con le motonavi da carico Andrea Gritti, Sebastiano Venier, Rialto
ed Ankara (quest’ultima tedesca) la
scorta dei cacciatorpediniere Lanzerotto
Malocello (caposcorta), Fuciliere ed Alpino e delle torpediniere di scorta Orsa, Procione e Pegaso. Il convoglio era denominato
proprio «Barbarigo».
Da parte italiana non lo si poteva sapere, ma proprio da qualche
settimana il celebre servizio di intercettazione e decifrazione dei messaggi
nemici approntato dai servizi britannici, noto come “ULTRA”, aveva iniziato a
decrittare efficacemente i primi messaggi in codice riguardanti i convogli
italiani in navigazione tra Italia e Libia. Già l’11 luglio 1941, tre giorni
prima che il convoglio lasciasse Tripoli, Londra aveva comunicato a Malta ed
Alessandria che un convoglio di sei mercantili di 5000 tsl, scortato da
cacciatorpediniere, avrebbe lasciato Tripoli («di Siria», con grossolano
errore, ma corretto da un nuovo dispaccio, il giorno stesso, in «di Libia»)
alle 16 del 14 luglio, procedendo a 14 nodi, passando a sudovest di Lampedusa
(corretto il giorno stesso in «a est delle Kerkennah») alle cinque del mattino
del 15 luglio e poi ad ovest di Pantelleria alle 14 del 15 luglio,
probabilmente diretto a Napoli.
In seguito a quest’informazione, i comandi britannici schierarono uno
sbarramento di sommergibili (tra cui l’Union
ed il nuovo P 33, alla sua prima
missione di guerra) attorno a Pantelleria, dove sapevano che il convoglio
sarebbe dovuto passare nel primo pomeriggio del 15. Furono anche lanciati
diversi attacchi aerei tra il 14 ed il 15 luglio, ma i velivoli – Fairey
Swordfish decollati da Malta – non riuscirono a localizzare il convoglio da
attaccare.
Il mattino del 15 luglio il convoglio venne localizzato da un
ricognitore britannico, cui seguirono, nel pomeriggio dello stesso giorno,
ripetuti attacchi da parte di sommergibili.
Alle 11.20 del 15 luglio Pantelleria comparve alla vista, su
rilevamento 24°, e le navi italiane accostarono verso l’isola, procedendo a zig
zag. Oltre ai cacciatorpediniere ed alle torpediniere, era in quel momento
presente anche una scorta aerea, con due caccia e due idrovolanti CANT Z. 501.
Il P 33, però, al comando del
tenente di vascello Reginald Denis Whiteway-Wilkinson, era in attesa, ed alle
14.07 avvistò il convoglio italiano nel punto 36°27’ N e 11°54’ E. Alle 14.16
il comandante britannico poté constatare che il convoglio era formato da cinque
mercantili, apparentemente carichi a metà, suddivisi in due colonne di due
unità ciascuna in linea di fila, mentre il quinto trasporto era in testa, a
metà tra le due colonne. Le navi della scorta – che Whiteway-Wilkinson pensò
essere tutte torpediniere classe Spica – erano disposte due a proravia del
convoglio e le altre quattro in due coppie su ciascun lato del convoglio; erano
tutte continuamente in manovra. Nel cielo c’era un aereo che sorvolava il
convoglio.
Il P 33, che si trovava
10.000 metri di distanza, si avvicinò per attaccare la nave di testa della
colonna di dritta, la cui stazza valutava in 7000 tsl.
Alle 14.39, da 2300 metri, il P
33 lanciò quattro siluri.
Alle 14.41 il convoglio si trovava a 21 miglia per 209° da Punta
Sciaccazza (Pantelleria) quando l’Alpino
riferì per radiosegnalatore «Scie di siluro a dritta», mentre uno dei velivoli
della scorta aerea (l’idrovolante CANT Z. 501/6 della 144a
Squadriglia della Regia Aeronautica) si gettava in picchiata sul punto dove si
presumeva essere il sommergibile nemico, sganciando due bombe per poi inseguire
e mitragliare le scie dei siluri.
La Barbarigo, nella
confusione, scambiò il caccia lanciatosi in picchiata per un velivolo nemico,
ed aprì il fuoco contro di esso con le sue mitragliere contraeree. L’Alpino, che era al traverso della Venier, avvistò a 2000 metri per 110°
una bolla d’aria e la scia di un siluro appena lanciato, ed evitò di stretta
misura di essere colpito con un’accostata sulla dritta. Il cacciatorpediniere
si portò poi nel punto in cui era comparsa la bolla di lancio e gettò in mare
prima un segnale e poi 28 bombe di profondità, assistito da uno dei CANT Z. 501
che, oltre a seguitare a segnalare la posizione del sommergibile, lanciò a sua
volta due cariche di profondità.
Tutto ciò non bastò però a salvare la Barbarigo: alle 14.43 la motonave, che si trovava a dritta nella
prima fila, venne colpita a poppa da un siluro, la cui esplosione fece levare
una grossa colonna di fumo e proiettò numerosi minuti rottami in tutte le
direzioni.
Immediatamente dopo, anche il Fuciliere
avvistò in rapida successione a prora dritta due siluri che gli avrebbero
tagliato la rotta, e che evitò accostando con tutta la barra a sinistra.
Le due armi attraversarono il convoglio senza colpire alcuna nave, ma
orma il danno era fatto: la Barbarigo
era immobilizzata con la poppa già interamente sott’acqua, ed in continuo lento
affondamento.
Il Malocello ordinò alla Pegaso di prestare soccorso alla
motonave colpita, mentre Orsa e Procione ricevettero ordine di cercare e
colpire il sommergibile attaccante. (Alla caccia si unì poi anche l’idrovolante
CANT Z. 501/2 della 144a Squadriglia; da subito dopo l’attacco alle
16.05 il P 33 fu bombardato con il
lancio in tutto di 116 cariche di profondità, ma di queste solo un pacchetto
cadde piuttosto vicino al sommergibile, facendo spegnere alcune luci. Dopo il
siluramento, tuttavia, il P 33 scese
a 21 metri, ma durante la manovra perse l’assetto e riuscì a riprenderne il
controllo solo a 95 metri – mai, prima di allora, un sommergibile della classe
“U”, cui il P 33 apparteneva, era
sceso tanto in profondità –, subendo, a causa della pressione, diverse vie
d’acqua e deformazioni dello scafo resistente, tanto da dover interrompere la
missione e rientrare a Malta il 16 luglio per le riparazioni). All’Alpino, dopo la precedente caccia,
appena conclusa, erano rimaste due sole cariche di profondità, pertanto mise le
macchine avanti tutta per ricongiungersi al convoglio e riassumere la propria
posizione nella scorta.
Alle 15.10 la Barbarigo
s’inabissò di poppa nel punto 36°27’ N e 11°54’ E, 20 km (per altra fonte otto
miglia) a sud di Pantelleria (precisamente, a sud di Punta Sciaccazza).
Il convoglio, che era proseguito nella navigazione, fu di nuovo
attaccato da sommergibili alle 15.26, senza però che nessuno dei siluri
lanciati andasse a segno (tutte le altre navi avrebbero raggiunto indenni
Napoli il 16 luglio alle 14.30).
Alle 15.40 la Pegaso poté
comunicare che aveva tratto in salvo tutti i superstiti della Barbarigo: erano tutti illesi.
Non vi fu alcuna perdita tra l’equipaggio della motonave.
L’affondamento della Barbarigo
rappresentò il primo successo colto da “ULTRA” nella battaglia dei convogli in
Mediterraneo; e sarebbe rimasto l’unico sino all’ottobre 1941, quando
l’affondamento dei piroscafi Zena e Casaregis avrebbe aperto una lunga serie
di perdite causate dai decrittatori britannici.
L’attacco alla Barbarigo nel
giornale di bordo del P 33 (da
Uboat.net):
“1407 hours - The convoy P 33
was warned about was sighted in position 36°27'N, 11°54'E.
1416 hours - It was noticed that the convoy was made up of 5 half laden
merchants. These were in two columns of two ships each in line ahead with one
more ship leading in the middle of the two columns. The escort was identified
as six Spica class torpedo boats in pairs of two, one pair ahead and one pair
on each quarter of the convoy. The escorts were under constant wheel. Also an
aircraft was overhead. P 33 was at
11000 yards and closed to attack the leading ship of the starboard column. The
size of this ship was estimated at 7000 tons.
1439 hours - Four torpedoes were fired at the intended target from 2500
yards. 2 hits were heard about 2 minutes after firing. Almost immediately a
heavy counter attack began that lasted until 1605 hours, in all 116 depth
charges were dropped but only one pattern fell close knocking out some lights.
After the attack on the merchant Lt. Whiteway-Wilkinson took P 33 to 70 feet but she lost her trim
and control was only regained at 310 feet. Due to this extreme depth several
leaks occurred and the pressure hull was distorted. This forced Lt.
Whiteway-Wilkinson to abandon the patrol and head to Malta for repairs. This
damage was not due to the depth charging but due to the great depth that P 33 ended up after losing her trim.”
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