La Castore nel 1942; sulla destra si nota la portaidrovolanti Giuseppe Miraglia (g.c. Giorgio Parodi
via www.naviearmatori.net)
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Torpediniera della
classe Spica tipo Climene (dislocamento standard 640 tonnellate, in carico
normale 970 tonnellate, a pieno carico 1010 tonnellate). In guerra fu attiva
dapprima nella scorta al traffico di cabotaggio nelle acque della Libia, poi ai
convogli sulle rotte tra l’Italia meridionale e l’Africa Settentrionale e
successivamente (dall’estate 1942) in Egeo, nelle acque della Grecia e sulle
rotte che univano Grecia, Cirenaica ed Italia meridionale. Si scontrò in
diverse occasioni con velivoli avversari, ed effettuò varie azioni
antisommergibile senza però cogliere risultati (nonostante impressioni positive
in due casi). Effettuò complessivamente 155 missioni di guerra, di cui oltre
cento di scorta convogli, percorrendo 63.000 miglia nautiche.
Breve e parziale cronologia.
25 gennaio 1936
Impostazione nei
Cantieri Navali Riuniti di Ancona.
27 settembre 1936
Varo nei Cantieri
Navali Riuniti di Ancona.
Il varo della Castore (g.c. Carlo Di Nitto)
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16 gennaio 1937
Entrata in servizio.
Dopo un breve periodo di collaudi ed addestramento in Alto Adriatico, viene
dislocata a Messina, ed opera nei mari della Sicilia.
5 maggio 1938
Partecipa alla
rivista navale “H” tenuta nel golfo di Napoli in occasione della visita in
Italia di Adolf Hitler.
La Castore (in primo piano) con alcune gemelle e (sulla sinistra) un
incrociatore leggero delle prime due classi del tipo Condottieri, durante la
rivista navale “H” (Coll. Erminio Bagnasco, via Maurizio Brescia e www.associazione-venus.it)
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Settembre 1938
Diventa
caposquadriglia della XVII Squadriglia Torpediniere e viene assegnata alla
Scuola Comando di Augusta, partecipando a tutte le crociere ed operazioni da
esse effettuate tra il 1938 ed il 1940.
28 settembre 1938
Riceve a Gela la
bandiera di combattimento, consegnata da un gruppo di giovani della G.I.L.
(Gioventù Italiana del Littorio).
7 aprile 1939
Partecipa, in sezione
con la gemella Centauro,
all’occupazione di Valona, sbarcando il primo scaglione da sbarco nonché un
plotone di uomini, al comando del guardiamarina Giuseppe Capeder, su una delle
banchine del porto (tenuta sotto tiro dai difensori albanesi). Il capitano di
corvetta Giuseppe Moschini, comandante la sezione Castore-Centauro, sarà
decorato con la Medaglia d’argento al Valor Militare; il suo parigrado Giuseppe
Lauricella, anch’egli distintosi nello sbarco, riceverà la Medaglia di bronzo
al Valor Militare, mentre il guardiamarina Capeder sarà insignito della Croce
di Guerra al Valor Militare per aver condotto l’occupazione della zona
assegnata.
La nave in partenza da
Taranto per partecipare all’occupazione dell’Albania (da “Le torpediniere
italiane 1881-1964” di Paolo Mario Pollina, USMM, Roma 1974, via Marcello
Risolo e www.naviearmatori.net)
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10 giugno 1940
All’atto dell’entrata
dell’Italia nella seconda guerra mondiale, la Castore forma con le gemelle Cigno,
Climene e Centauro la XI Squadriglia Torpediniere, di base a Tripoli ed alle
dipendenze del Comando Marina Libia.
5 settembre 1940
Lascia Bengasi alle
6.30 e scorta a Tripoli i piroscafi Zena
e Carnia e la motonave Città di Messina.
7 gennaio 1941
La Castore e la gemella Clio partono da Tobruk alle 18, scortando
i piroscafi Edda e Fianona e la motonave Assiria, dirette a Bengasi.
Alle 22.08 il
sommergibile britannico Rover
(capitano di corvetta Hubert Anthony Lucius Marsham), nel punto 32°13’ N e
23°40’ E o 32°15’ N e 23°36’ E (15 miglia a ovest-nord-ovest di Tobruk),
avvista il convoglio in navigazione verso ovest, ed alle 22.22, stando in
superficie, lancia quattro siluri contro il mercantile di testa, l’Edda. Intenzione di Marsham sarebbe di
lanciare sei siluri, ma prima di lanciare il quinto uno di quelli appena
lanciati esplode prematuramente, scuotendo tutto il sommergibile; al contempo –
subito prima, anzi, che inizi il lancio dei siluri – Castore e Clio avvistano
il Rover e dirigono verso di esso,
che si immerge. I siluri del Rover
vanno a vuoto; per mezz’ora le due torpediniere gli danno la caccia con dieci
bombe di profondità, ma senza riuscire a danneggiarlo (mentre la ‘cupola’ del
suo sonar rimarrà danneggiata quando, alle 22.29, il sommergibile toccherà il
basso fondale). Il battello britannico ha subito seri danni alle batterie a
causa dell’esplosione prematura del proprio siluro, e sarà costretto a
rientrare a Malta dove resterà in riparazione fino ad inizio febbraio.
9 gennaio 1941
Il convoglio arriva a
Bengasi alle 11.
23 febbraio 1941
Alle 19 la Castore lascia Napoli diretto a Tripoli,
scortando, insieme ai cacciatorpediniere Aviere,
Geniere e Antonio Da Noli, i
trasporti tedeschi Ankara, Reichenfels, Marburg e Kybfels
(convoglio «Marburg», avente una velocità di 14 nodi). In mare, a protezione di
questo e di altri cinque convogli in mare negli stessi giorni, viene fatta
uscire in mare la IV Divisione con gli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere ed Armando
Diaz ed i cacciatorpediniere Ascari
e Corazziere.
24 febbraio 1941
Alle 11.30 la IV
Divisione prende contatto con il convoglio «Marburg», ma nelle prime ore del
25, al largo delle secche di Kerkenah, viene attaccata dal sommergibile
britannico Upright, che silura il Diaz: l’incrociatore affonda in pochi minuti,
portando con sé 484 dei 631 uomini dell’equipaggio.
25 febbraio 1941
Il convoglio
raggiunge la propria destinazione indenne, alle 20.30.
3 marzo 1941
La Castore ed i cacciatorpediniere Freccia e Luca Tarigo salpano da Napoli scortando il convoglio «Sonnenblume
6», composto dai mercantili tedeschi Arta,
Adana e Aegina e dal piroscafo italiano Sabaudia
con truppe e rifornimenti per l’Afrika Korps.
6 marzo 1941
«Sonnenblume 6»
arriva indenne a Tripoli.
12 marzo 1941
Salpa da Tripoli alle
15 scortando un convoglietto costiero composto dal motoveliero Costanza e dal peschereccio d’altura e
piccola nave frigorifera Amba Alagi,
diretti a Buerat.
13 marzo 1941
Il convoglio arriva a
Buerat alle 9.45.
23 marzo 1941
La Castore, le gemelle Circe, Clio, Calliope e Centauro e la più moderna Pegaso
lasciano Napoli per scortare a Tripoli un convoglio composto dai piroscafi Amsterdam, Caffaro e Capo Orso e
dalle motonavi Giulia e Col di Lana.
27 marzo 1941
Il convoglio arriva a
Tripoli.
7 aprile 1941
Salpa da Tripoli
assieme alla Calliope ed alla più
anziana Generale Antonino Cascino per scortare a Napoli la Giulia e l’Amsterdam che
tornano scarichi in Italia.
24 aprile 1941
Lascia Napoli alle 23
insieme alla gemella Canopo, alle
torpediniere Orsa e Procione ed ai cacciatorpediniere Fulmine ed Euro, per scortare a Tripoli il convoglio denominato
«Seetransportstaffel .23» o «Birmania», composto dai mercantili italiani Birmania e Rialto e dai tedeschi Reichenfels,
Marburg e Kybfels.
(Per altra fonte,
probabilmente erronea, la scorta diretta sarebbe invece costituita dai
cacciatorpediniere Euro e Vincenzo Gioberti e dalle torpediniere Castore,
Procione e Orione). Il convoglio (che secondo una fonte includerebbe anche il
trasporto truppe Marco Polo), dopo
una sosta ad Augusta e Messina, prosegue verso la Libia con rifornimenti per
l’Afrika Korps.
1° maggio 1941
Il convoglio
«Birmania» subisce un attacco subacqueo nei pressi delle secche di Kerkennah.
Alle 12.44 il
sommergibile britannico Undaunted (tenente
di vascello James Lees Livesey) avvista il convoglio «Birmania», in navigazione
ad otto nodi con rotta 205°, in posizione 34°40’ N e 12°20’ E, e, dopo aver
lanciato il segnale di scoperta, passa all’attacco. Alle 12.51, un’ottantina di
miglia a nord di Tripoli, la Rialto viene
infatti mancata di poco da un siluro, che le passa a poppa.
Il convoglio subirà
anche attacchi aerei in giornata, uscendone però indenne, ed arrivando a
Tripoli alle 23 dello stesso 1° maggio.
3 giugno 1941
In mattinata, viene
inviata da Marina Tripoli al largo della città per emettere del fumo per
segnalare alle navi incaricate di posare le linee b, c, h, ha e hb dello
sbarramento di mine «T» il punto dove cominciare la posa; riceve poi ordine
(trasmesso con mezzo ottico) dall’ammiraglio Ferdinando Casardi, comandante
della formazione e della VII Divisione Navale (imbarcato sull’incrociatore
leggero Eugenio di Savoia) di
pilotare a Tripoli il cacciatorpediniere Alvise
Da Mosto, colto da un’avaria di macchina, ma le due navi non riescono a
trovarsi a causa della foschia.
Più tardi la Castore lascia nuovamente Tripoli e
scorta a Napoli, insieme ai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi ed Antonio
Da Noli, un convoglio composto dalle
motonavi Ankara (tedesca), Andrea Gritti, Rialto e Sebastiano Venier
che rientrano vuote in Italia.
26 giugno 1941
Viene inviata,
insieme al cacciasommergibili Albatros,
a dare la caccia al sommergibile britannico Utmost,
che a mezzogiorno, a quattro miglia da Capo Todaro (nel punto 38°07’ N e 14°37’
E), ha silurato e affondato il piroscafo Enrico
Costa in navigazione da Catania a Palermo con 3000 tonnellate di carbone.
Né la Castore né l’Albatros riusciranno però a localizzare
il battello nemico.
4-7 luglio 1941
Il 4 luglio la Castore, nell’ambito delle operazioni
preliminari alla posa della spezzata «S 3» dello sbarramento di mine «S» nel
Canale di Sicilia, raggiunge la zona indicata, dirige due dragamine inviati da
Trapani ad effettuare dragaggio preventivo e posa le boette n. 2 e n. 4, che
devono segnalare le estremità della linea di posa. Nel pomeriggio del 5,
conclusi sia il dragaggio che lo scandagliamento dei fondali (operazione
effettuata dalla nave idrografica Cariddi),
la Castore posa anche la boetta
numero 5. All’alba del 6 l’unità, insieme al cacciatorpediniere Antoniotto Usodimare, ritorna sul posto
e verifica accuratamente la posizione delle boette.
All’alba del 7,
giorno stabilito per la posa, la Castore
attende le navi designate per la posa delle mine (Duca d’Aosta, Attendolo, Bande Nere, Di Giussano, Pigafetta e Pessagno oltre a sei cacciatorpediniere
di scorta) presso la boetta n. 3. La posa avviene regolarmente.
1941
Viene sottoposta a
lavori di modifica dell’armamento, che portano alla sostituzione delle otto
inefficaci mitragliere da 13,2 mm con altrettante del più moderno modello da
20/65 mm; sono inoltre imbarcati due scaricabombe per bombe di profondità. Il
dislocamento viene portato a 1055 tonnellate.
23 novembre 1941
Bombarda con cariche
di profondità il sommergibile olandese O
21, dopo che questo ha attaccato senza successo il piroscafo Bolzaneto.
La Castore nel 1942 (foto USMM).
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3 gennaio 1942
La Castore salpa da Taranto alle 15.06
insieme alle gemelle Aretusa ed Antares ed all’Orsa scortando la motonave Monviso
e la petroliera Giulio Giordani, nell’ambito dell’operazione di
rifornimento «M. 43». Nell’ambito di questa operazione, Castore, Orsa, Monviso, Giordani, Aretusa ed Antares compongono il convoglio numero
2; la «M. 43» prevede in tutto l’invio in Libia di cinque grandi motonavi da
carico ed una petroliera, tutte veloci (almeno 14 nodi) e di recente
costruzione, con una scorta poderosa: oltre alle siluranti di scorta di ciascun
convoglio, vi sono una forza di “scorta diretta incorporata nel convoglio”
(ammiraglio di squadra Carlo Bergamini, con il compito di respingere eventuali
attacchi di formazioni leggere di superficie come la Forza K) composta dalla
corazzata Duilio con gli incrociatori
leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta,
Raimondo Montecuccoli, Muzio Attendolo e Giuseppe Garibaldi ed i cacciatorpediniere Maestrale, Scirocco, Alfredo Oriani e Vincenzo Gioberti, ed un gruppo d’appoggio a
distanza (ammiraglio di squadra Angelo Iachino, con l’incarico di proteggere il
convoglio da un eventuale attacco in forze della Mediterranean Fleet) formato
dalle corazzate Littorio, Giulio Cesare ed Andrea Doria, dagli incrociatori pesanti Trento e Gorizia e dai
cacciatorpediniere Aviere, Geniere, Carabiniere, Alpino, Camicia Nera, Ascari, Antonio Pigafetta ed Antonio Da Noli. Alla
scorta aerea concorrono la Regia Aeronautica (Armata Aerea e Ricognizione
Marittima) e la Luftwaffe (II Corpo Aereo Tedesco e X Corpo Aereo Tedesco, di
base l’uno in Sicilia e l’altro in Grecia) per effettuare ricognizione sul
porto della Valletta (Malta) e nelle acque di Alessandria, bombardamenti
preventivi sugli aeroporti maltesi e scorta di caccia, antiaerosilurante ed
antisommergibile sui cieli del convoglio nonché a protezione delle navi
impegnate nello scarico una volta giunte a Tripoli. Completa il dispositivo di
difesa la dislocazione di undici sommergibili sulle probabili rotte che una
ipotetica forza navale nemica dovrebbe percorrere per attaccare il convoglio.
4 gennaio 1942
Tra le 4 e le 11,
come previsto, il convoglio 2 si unisce ai convogli 1 (motonavi Monginevro, Lerici e Nino Bixio, cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, Nicoloso Da Recco, Antoniotto Usodimare, Bersagliere e Fuciliere) e 3 (motonave Gino
Allegri, cacciatorpediniere Freccia,
torpediniera Procione), partiti
rispettivamente da Messina e Brindisi; si forma così un unico grande convoglio,
il cui caposcorta è il contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone sul Vivaldi. La III Divisione Navale (Trento e Gorizia) del gruppo d’appoggio viene avvistata da un ricognitore
britannico; da Malta decolla una formazione aerea per attaccare, ma deve
rientrare senza essere riuscita a trovare il convoglio. Al tramonto il gruppo «Duilio»
s’incorpora nella formazione del convoglio, che durante la notte mette la prua
su Tripoli.
5 gennaio 1942
Il gruppo «Duilio»
lascia il convoglio, che giunge indenne a Tripoli alle 12.30 senza aver subito
alcun attacco.
13 gennaio 1942
La Castore (caposcorta) salpa da Tripoli
alle 16.30 unitamente alla torpediniera Procione,
scortando la Monviso ed un’altra
moderna motonave, la Monginevro, che
rientrano vuote in Italia (la Monginevro
lascia Tripoli alle 16.30, la Monviso
un’ora dopo). I cacciatorpediniere britannici Lance, Lively, Zulu e Jaguar sono inviati da Malta a cercare il convoglio, avvistato al
largo di Pantelleria, ma non lo trovano; dopo aver superato senza danni un
attacco da parte degli aerosiluranti dell’830th Squadron della Fleet
Air Arm, il convoglio fa scalo a Trapani, dove la Castore viene sostituita dal Maestrale,
e prosegue poi per Napoli, ove giungerà il 17.
15 gennaio 1942
Riporta lievi danni
per lo scoppio di una mina, posata dal sommergibile britannico Porpoise l’11 gennaio, al largo di Capo
Drepano (baia di Suda).
22 gennaio 1942
La Castore (capitano di corvetta Congedo)
salpa da Messina alle otto insieme al resto del gruppo «Vivaldi» (formato dai
cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, Antonio Da Noli e Lanzerotto Malocello della XIV
Squadriglia, dai cacciatorpediniere Aviere,
Geniere e Camicia Nera della XIV Squadriglia e dalla torpediniera Orsa) cui è stata assegnata, scortando
le motonavi da carico Monviso e Vettor Pisani dirette a Tripoli
nell’ambito dell’operazione di traffico «T. 18», consistente nell’invio in
Libia di 15.000 tonnellate di rifornimenti, 97 carri armati, 271 autoveicoli e
1467 uomini.
Nello stretto di
Messina si uniscono al convoglio altre due moderne motonavi, la Monginevro e la Ravello, provenienti da Napoli; il gruppo «Vivaldi» (al comando del
contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone) assume la scorta diretta delle quattro
navi. Da Taranto escono in mare anche la quinta nave del convoglio, il grande trasporto
truppe Victoria, ed i due gruppi di
scorta indiretta: l’«Aosta» (ammiraglio di divisione Raffaele De Courten,
partito alle 11) con gli incrociatori leggeri della VII Divisione (Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Raimondo
Montecuccoli, Muzio Attendolo)
e la XIII Squadriglia Cacciatorpediniere (Bersagliere,
Carabiniere, Fuciliere, Alpino) ed il
«Duilio» (ammiraglio di squadra Carlo Bergamini, partito alle 17 insieme alla Victoria) con la corazzata Duilio e la XV Squadriglia
Cacciatorpediniere (Antonio Pigafetta, Alfredo Oriani, Ascari, Scirocco).
A protezione
dell’operazione, nove sommergibili sono dislocati ad est di Malta e tra Creta e
l’Egitto; la Regia Aeronautica e la Luftwaffe danno il loro contributo con
aerei da caccia (sempre presenti, nelle ore diurne, sul cielo del convoglio),
da ricognizione ed antisommergibile.
Poco dopo la partenza
la Ravello, colta da avaria al
timone, è costretta a tornare in porto; il resto del convoglio prosegue e si
unisce al gruppo «Aosta» nel pomeriggio del 22.
23 gennaio 1942
Alle 15, con un certo
ritardo ma approssimativamente nel punto prestabilito, il convoglio si unisce
anche al gruppo «Duilio»; le motonavi si dispongono su due colonne e la Victoria, divenuta nave capo convoglio,
si pone in testa alla colonna sinistra, mentre il gruppo «Vivaldi» si posiziona
attorno ai mercantili ed i due gruppi «Duilio» e «Aosta» si dispongono sui
fianchi del convoglio.
Le navi seguono rotte
che passano a 190 miglia da Malta, distanza che dovrebbe essere maggiore del
raggio operativo degli aerosiluranti di base a Malta ed in Cirenaica, 180
miglia; la sera del 23 dovranno poi accostare verso Tripoli, mantenendo rotta
tangente al cerchio di 190 miglia di raggio con centro Malta. In realtà, 190
miglia sono divenute una distanza insufficiente, perché l’autonomia degli
aerosiluranti britannici è aumentata rispetto al passato e perché ora gli aerei
possono decollare da nuove basi cirenaiche, più avanzate di quanto ritenuto dai
comandi italiani, conquistate dai britannici con l’operazione «Crusader».
Già dal giorno
precedente, però, i comandi britannici sono a conoscenza dei movimenti
italiani: sommergibili in agguato nel golfo di Taranti hanno infatti segnalato
il passaggio del gruppo «Aosta», e nella serata e notte successive ricognitori
hanno individuato e pedinato il gruppo «Duilio».
Dopo la riunione, il
convoglio, che procede a 14 nodi sotto la protezione di nove Junkers Ju 88
della Luftwaffe, continua ad essere tallonato dai ricognitori: alle 15.50 uno
di essi viene avvistato 20.000 metri ad est della formazione. Ai ricognitori
seguono gli attacchi aerei: il primo si verifica alle 16.16, quando la Victoria viene mancata da alcune bombe
di piccolo calibro; poco dopo altre bombe di maggior calibro sono sganciate
contro il gruppo «Aosta» ma ancora senza risultato, grazie anche alla rabbiosa
reazione contraerea delle navi.
Su richiesta
dell’ammiraglio Bergamini, la scorta aerea viene rinforzata con altri tre Ju 88
del II Corpo Aereo Tedesco.
Alle 17.25 il
convoglio viene nuovamente attaccato da tre aerosiluranti, provenienti dalla
direzione del sole: le torpediniere (che si trovano su quel lato) aprono contro
di essi un intenso tiro, così che i velivoli, giunti a circa un chilometro
dalla scorta (e tre dalla Victoria),
scaricano in mare le loro armi, cabrano ed invertono la rotta (uno di essi sarà
poi abbattuto dagli Ju 88 della scorta aerea). Dapprima le navi italiane
pensano che i velivoli fossero bombardieri: solo quando il Vivaldi avvista le scie dei siluri ci si accorge della realtà. Alle
17.31 la Victoria viene colpita a
poppa da un siluro e rimane immobilizzata. Aviere,
Ascari e Camicia Nera si fermano per dare assistenza alla nave danneggiata,
mentre il resto del convoglio prosegue sulla sua rotta. Due nuovi attacchi di
aerosiluranti, alle 18.40 ed alle 18.45, daranno il colpo di grazia alla Victoria, che affonderà alle 19 con la
perdita di 391 dei 1455 uomini a bordo.
Il resto del
convoglio continua scortato dai gruppi «Vivaldi» ed «Aosta»; a notte fatta il
gruppo «Duilio» si sposta invece a nord del 36° parallelo ed ad est del 19°
meridiano per proteggere il convoglio da eventuali attacchi di navi di
superficie provenienti dal Mediterraneo Orientale. A partire dalle 21.44 si
scatena un crescendo di nuovi attacchi aerei sul convoglio: le navi vengono
illuminate con bengala e fuochi galleggianti al cloruro di calcio, bombardate,
fatte oggetto del lancio di siluri, ma la reazione del fuoco contraereo, le
manovre evasive e l’emissione di cortine nebbiogene permettono di evitare tutti
i siluri e sventare ogni attacco senza danni.
24 gennaio 1942
Alle 7.30 il
convoglio viene raggiunto dalle torpediniere Calliope e Perseo, venute
ad esso incontro da Tripoli; cinque minuti dopo il gruppo «Aosta» lascia la
scorta come previsto, e dopo altri cinque minuti sopraggiunge la scorta aerea
con caccia e ricognitori della Regia Aeronautica.
Alle 9 uno dei caccia
di scorta spara delle raffiche di mitragliera contro il mare, segnalando la
presenza di un sommergibile 4-5 km a dritta del convoglio: il contrammiraglio
Nomis di Pollone ordina un’accostata d’urgenza sulla sinistra, che permette
alla Monviso di evitare di pochissimo
un siluro. La Castore, insieme ai
cacciatorpediniere Geniere e Lanzerotto Malocello ed a ricognitori,
contrattacca con bombe di profondità; al termine della caccia si vedrà sulla
superficie una chiazza di nafta, ma nessun sommergibile è stato affondato.
Alle 14.15 il
convoglio entra a Tripoli; poco dopo il porto libico subisce un violento
bombardamento aereo, ma nessuna unità del convoglio viene danneggiata.
30 gennaio 1942
La Castore riparte da Tripoli alle 17.30
scortando la Monginevro che torna
scarica a Napoli.
31 gennaio 1942
Il maltempo costringe
la Castore a tornare in porto alle
cinque del mattino, lasciando proseguire da sola la Monginevro; la motonave arriverà indenne a Napoli il giorno
seguente.
5 febbraio 1942
Parte da Palermo alle
10.15 scortando, insieme al cacciatorpediniere Premuda (caposcorta), la nave cisterna Rondine diretta a Tripoli. (Per una fonte, fanno parte del convoglio
anche i piroscafi Mazara e Istria e le torpediniere Orsa ed Aretusa.)
Alle 12.27, presso il
punto 38°17’ N e 13°05’ E, il sommergibile britannico Upholder (tenente di vascello Compton Patrick Norman) avvista il
convoglio, ed alle 12.50 inizia la manovra d’attacco; alle 13, tuttavia, il
sommergibile viene localizzato da un velivolo della scorta aerea, costretto a
rinunciare all’attacco e scendere in profondità e poi, tra le 13.45 e le 13.55,
sottoposto al lancio di otto bombe di profondità (a dargli la caccia sono
inviate Orsa ed Aretusa, ed a lanciare le bombe è quest’ultima) mentre si ritira
verso nord.
È invece erronea la
versione secondo cui alle 13.45 l’Upholder
avrebbe infruttuosamente lanciato dei siluri contro la Rondine, nelle acque di Capo San Vito.
In seguito anche
degli aerosiluranti attaccano le navi italiane, ma vengono respinti e perdono
un aereo, abbattuto dalla scorta aerea. Alle 19 si unisce alla scorta anche la
torpediniera Polluce, proveniente da
Tripoli.
7 febbraio 1942
Il convoglio, dopo
aver superato illeso anche alcuni attacchi aerei, giunge a Tripoli alle 17.
7 marzo 1942
La Castore, insieme ai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi e Fuciliere, si
unisce alla scorta del convoglio numero 3 (motonave Monreale e torpediniera Circe,
partite da Napoli all’1.30) dell’operazione di traffico «V. 5».
8 marzo 1942
Alle 7.30 il
convoglio numero 3 si aggrega ai convogli 1 (motonavi Nino Bixio e Reginaldo Giuliani, cacciatorpediniere Antonio Pigafetta e Scirocco) e 2
(motonave Gino Allegri, cacciatorpediniere
Antonio Da Noli e Bersagliere),
partiti rispettivamente da Brindisi e Messina e riunitisi già il giorno
precedente.
Entro le 8.30, a 190
miglia da Leuca, si forma così un unico convoglio sotto il comando del capitano
di vascello Enrico Mirti della Valle, imbarcato sul Pigafetta. Poco dopo, alle 9.45, sopraggiunge anche il gruppo di
scorta, al comando dell’ammiraglio di divisione Raffaele De Courten, formato
dagli incrociatori Eugenio di Savoia,
Raimondo Montecuccoli e Giuseppe Garibaldi e dai
cacciatorpediniere Alfredo Oriani, Aviere, Ascari e Geniere; tale gruppo zigzaga a 16-18
nodi di velocità mantenendosi poco a poppavia del convoglio, che procede a 15
nodi verso sud passando a 190 miglia da Malta. La scorta aerea è fornita da due
bombardieri medi CANT Z. 1007 della Regia Aeronautica e da sei tra bombardieri
Junkers Ju 88 e caccia pesanti Messerschmitt Me 110 della Luftwaffe; comunque
non si concretizza alcuna minaccia da parte degli aerei di Malta, essendo
l’isola sottoposta a continui bombardamenti da più di due mesi (la cui
intensità viene peraltro aumentata quando vengono inviati grossi convogli). Al
tramonto il gruppo di scorta viene “incorporato” nel convoglio.
9 marzo 1942
Al largo di Ras Cara
(punto d’atterraggio), in mattinata, il gruppo di scorta lascia il convoglio e
si posiziona in modo da coprirlo da eventuali attacchi di navi britanniche, che
però non hanno luogo. Alle 7.30 Scirocco
e Pigafetta lasciano anch’essi il
convoglio per rinforzare la scorta di un altro partito da Tripoli per tornare
in Italia (e che ha in quel momento incrociato quello proveniente dall’Italia);
il convoglio entra nel porto di Tripoli tra le 17.30 e le 18.
La Castore riparte da Tripoli già alle 21
insieme al cacciatorpediniere Bersagliere,
scortando il piroscafo tedesco Wachtfels
ed il rimorchiatore Instancabile
(convoglio «Kappa»).
10 marzo 1942
Il convoglio sosta a
Lampedusa, dove l’Instancabile
rimane. Le altre tre navi proseguono e, nella notte tra il 10 e l’11, vengono
più volte attaccati da aerosiluranti, ma evitano ogni danno grazie alle manovre
evasive ed alle cortine fumogene.
11 marzo 1942
In mattinata il Bersagliere lascia la scorta del
convoglio e raggiunge Palermo. Castore
e Wachtfels proseguono per Napoli,
dove arrivano alle 17.30.
16 marzo 1942
Nell’ambito
dell’operazione di traffico «Sirio», la Castore
salpa da Trapani e si unisce al cacciatorpediniere Premuda nella scorta al piroscafo Assunta De Gregori, partito da Palermo alle 2.30 con un carico di
carbone.
19 marzo 1942
Il convoglio arriva a
Tripoli alle 7.30.
4 aprile 1942
La Castore ed il cacciatorpediniere Folgore salpano da Tripoli per Napoli
alle 18, scortando la nave cisterna Saturno.
6 aprile 1942
Il convoglio arriva a
Napoli alle 18.30.
12 aprile 1942
Parte da Napoli alle
otto del mattino scortando il piroscafo tedesco Wachtfels, diretto a Tripoli.
13 aprile 1942
Castore e Wachtfels sostano a
Trapani dalle 3.30 fino all’1.30 del 14.
14 aprile 1942
Alle 16 le due navi
subiscono reiterati attacchi di bombardieri, ma non subiscono alcun danno,
mentre i caccia della scorta aerea abbattono o danneggiano almeno quattro
velivoli avversari.
15 aprile 1942
Castore e Wachtfels arrivano a
Tripoli alle 15.45.
19 aprile 1942
La Castore (capitano di corvetta Tezel)
salpa da Tripoli all’alba ed assume la scorta del piroscafo Assunta De Gregori, partito da Sfax per
Napoli con un carico di fosfati. La torpediniera si pone in testa, seguita dal
mercantile.
Alle 15.50 il
sommergibile britannico Umbra
(tenente di vascello Stephen Lynch Conway Maydon) avvista il piroscafo e sette
minuti dopo anche la Castore e due
aerei di pattuglia. Il battello britannico manovra per intercettare le due
navi, ed alle 16.43, nel punto 35°23’ N e 11°23’ E (20 miglia ad est-sud-est di
Mahdia e al largo delle isole Kerkennah), lancia due siluri da 1000 metri
contro il mercantile, che, colpito, si spezza in due e affonda. La Castore – che, pur essendo dotata di
ecogoniometro, non ha rilevato nulla, né ha avvistato le scie dei siluri – lancia
solo due bombe di profondità a scopo intimidatorio, che non arrecano danni all’Umbra, poi recupera i 35 superstiti, ma
18 uomini mancheranno all’appello.
L’affondamento dell’Assunta De Gregori è stato causato dalle
decrittazioni operate dall’organizzazione britannica “ULTRA”: il 16, il 17, il
18 ed il 19 aprile, infatti, “ULTRA” ha intercettato e decifrato numerosi
messaggi italiani, permettendo ai comandi britannici di sapere della prevista
partenza del piroscafo da Sfax, programmata per le 5 del 19 aprile, del suo
carico di fosfati, della sua destinazione (Napoli) e della sua scorta (appunto
la Castore, proveniente da Tripoli).
27 aprile 1942
La Castore e le gemelle Lince e Cigno (caposcorta) salpano da Palermo alle 11 scortando il
convoglio «Genova», composto dalla nave cisterna Saturno e dal piroscafo San
Luigi.
Al largo di
Pantelleria il convoglio «Genova» s’incontra con il convoglio «Italia»
(motonavi Reginaldo Giuliani e Reichenfels, cacciatorpediniere Folgore, torpediniere Pallade e Centauro), partito da Tripoli e diretto a Napoli, col quale ha
luogo, come previsto prima della partenza, un parziale scambio della scorta: la
Castore rimane con il convoglio
«Genova», al quale si uniscono il cacciatorpediniere Folgore (che ne diviene caposcorta) e la torpediniera Centauro, mentre Lince e Cigno passano al
convoglio «Italia».
28 aprile 1942
Il maltempo costringe
il convoglio «Genova» a ridossarsi a Pantelleria, poi prosegue per Tripoli; la Castore recupera i superstiti di due
aerei, uno italiano ed uno tedesco, precipitati in mare.
30 aprile 1942
Il convoglio «Genova»
arriva a Tripoli a mezzogiorno, guidato dalla torpediniera Generale Carlo Montanari inviata da Tripoli per il pilotaggio.
2 maggio 1942
La Castore ed il cacciatorpediniere Strale (caposcorta) salpano da Tripoli
alle 20 per Napoli scortando la motonave cisterna Panuco.
3 maggio 1942
Il convoglio percorre
rotte costiere sino al congiungimento con la motonave Giulia, partita da Sfax.
5 maggio 1942
Il convoglio arriva a
Napoli alle 9.30.
10 maggio 1942
La Castore parte da Napoli alle 15.30
scortando la motonave Ravello, con la
quale costituisce il convoglio «H», uno dei tre in mare per l’operazione di
traffico «Mira», consistente nell’invio a Tripoli di sei grandi e moderne
motonavi suddivise in tre convogli (con un carico complessivo di 58 carri
armati, 713 automezzi, 3086 tonnellate di carburanti e lubrificanti, 17.505
tonnellate di munizioni ed altri materiali e 513 uomini). Per la prima volta,
per maggior protezione ed a titolo sperimentale, la scorta sarà interamente
costituita da siluranti dotate di ecogoniometro.
11 maggio 1942
All’alba il convoglio
«H» si congiunge con gli altri due convogli di «Mira», l’«X» (motonave Unione e torpediniera Climene, partite da Messina) ed il «G»
(motonavi Agostino Bertani, Gino Allegri e Reichenfels, cacciatorpediniere Nicoloso
Da Recco e torpediniere Pallade e Polluce, partite da Napoli), costituendo un unico convoglio sotto
il comando del capitano di vascello Aldo Cocchia sul Da Recco. Il convoglio imbocca la rotta di ponente per giungere a
Tripoli.
12 maggio 1942
Alle 00.05 il
convoglio viene raggiunto dalla torpediniera Generale Marcello Prestinari, inviata da Tripoli per pilotarlo
sulle rotte di sicurezza.
Tutte le navi,
nonostante attacchi aerei e subacquei nemici nel Canale di Sicilia, arrivano a
Tripoli in mattinata (tra le 6.40 e le 9.45) con uno dei più grandi carichi mai
portati in Libia da un singolo convoglio.
16 maggio 1942
La Castore ed il cacciatorpediniere Premuda (caposcorta) partono alle 21 da
Tripoli scortando le motonavi Unione
e Ravello, scariche, alla volta di
Napoli.
18 maggio 1942
Il convoglio giunge a
Napoli alle 9.50.
28 maggio 1942
La Castore e le gemelle Polluce e Climene (caposcorta) salpano da Napoli alle 10.45 per scortare a
Tripoli il convoglio «K», formato dalle motonavi Unione, Ravello e Reichenfels (quest’ultima tedesca).
30 maggio 1942
Il convoglio,
percorrendo la rotta di ponente e rinforzato nella scorta dall’arrivo della
torpediniera Generale Antonio Cantore
(inviata da Tripoli), giunge a destinazione alle otto.
7 giugno 1942
La Castore e la gemella Clio lasciano Palermo alle 7.45 (9.45
per altra versione) scortando il piroscafo Numidia,
carico di carbone, e la motonave cisterna Caucaso.
8 giugno 1942
Alle 17.25, al largo
di Ras Iddah, le navi incontrano il convoglio «K», dal quale si distacca la
torpediniera Polluce, che assume il
comando del convoglio «Numidia» come pianificato in precedenza. Il convoglio
«Numidia» giungerà infine regolarmente a Tripoli.
11 giugno 1942
Il convoglio arriva a
Tripoli all’una di notte.
22 giugno 1942
Parte da Palermo per
Bengasi alle 21.30 assieme al cacciatorpediniere Folgore ed alle torpediniere Orsa
e Partenope, scortando un convoglio
composto dalle moderne motonavi Nino Bixio e Mario Roselli.
23 giugno 1942
All’alba il Folgore, che deve raggiungere Messina,
viene rilevato dal cacciatorpediniere Turbine
(capitano di corvetta Granato), che diviene caposcorta. In mattinata il
convoglio viene attaccato da bombardieri ed aerosiluranti; alle 12.30, a 39
miglia per 134° da Capo Rizzuto, la Roselli
viene colpita a poppa da un siluro e rimane immobilizzata. Mentre il resto
della scorta dà assistenza alla nave danneggiata (che sarà infine rimorchiata a
Taranto dall’Orsa assistita dai
rimorchiatori Pluto, Gagliardo, Fauna e Portoferraio), la
Castore (capitano di corvetta Tezel)
verrà dirottata per scortare la Bixio
dapprima a Crotone e successivamente a Taranto, dove arriverà alle 00.30 del
24.
2 luglio 1942
Parte da Taranto alle
13 insieme alle gemelle Antares e Polluce, alla torpediniera di scorta Pegaso, alla vecchia torpediniera San Martino ed ai cacciatorpediniere Giovanni Da Verrazzano (caposcorta), Euro
e Turbine, per scortare a Bengasi le
moderne motonavi Monviso, Ankara (tedesca) e Nino Bixio. Durante la
navigazione il convoglio subirà reiterati attacchi da parte di bombardieri ed
aerosiluranti, senza mai riportare danni.
4 luglio 1942
Alle 11.10 il
sommergibile britannico Turbulent
(capitano di fregata John Wallace Linton) avvista alberature verso nord,
trovandosi nel punto 33°30’ N e 20°30’ E (circa 80 miglia a nord di Bengasi);
manovra per avvicinarsi, e alle 11.25 avvista il convoglio, che è scortato
anche da almeno tre aerei. Alle 11.41 la scorta localizza il Turbulent, costringendolo ad abortire
l’attacco, e sette minuti dopo, nel punto 33°28’ N e 20°28’ E, ha inizio il
bombardamento con cariche di profondità: il primo “pacchetto” di sei bombe
esplode molto vicino, ma causa solo danni lievi, poi ne vengono gettate molte
altre, che però scoppiano più distanti.
Alle 14.15 l’Ankara viene mancata da siluri al largo
di Bengasi.
Le navi arrivano
indenni a Bengasi alle 18.45, e subito la Castore
riparte insieme a Da Verrazzano, Pegaso ed Antares per assumere la scorta della motonave Rosolino Pilo (convoglio «M») diretta a Brindisi.
Alle 19 il convoglio
«M» si unisce ad un altro, provenente da Tripoli e diretto anch’esso a
Brindisi, formato dalle motonavi Sestriere
e Vettor Pisani scortate dal
cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco e dalle torpediniere Lince e Calatafimi. Il Da Recco diviene
caposcorta dell’intero convoglio.
5 luglio 1942
Alle 11.30 Castore, Pegaso, Antares e Da Verrazzano lasciano il convoglio.
21 luglio 1942
Parte da Brindisi
alle sei del mattino scortando le motozattere MZ 701, MZ 702, MZ 704, MZ 708, MZ 714, MZ 720, MZ 752 e MZ 754 in
trasferimento a Tobruk con 397 tonnellate di rifornimenti a bordo (54
tonnellate di materiali vari, 30,7 di munizioni, 4,3 di pezzi di ricambio per
automezzi, venti carri armati ed un trattore).
30 luglio 1942
Dopo varie soste
lungo il percorso, la Castore ed il
convoglio delle motozattere giungono a Tobruk alle 14.
La torpediniera
riparte da Tobruk alle 19 insieme all’incrociatore ausiliario Lero, scortando la motonave Città di Alessandria diretta al Pireo.
1° agosto 1942
Il convoglio giunge
al Pireo alle 16.40.
La Castore ne riparte per assumere la
scorta di un altro gruppo di motozattere, le MZ 732, 733, 735, 736,
737, 738, 740 e 741, salpate da Brindisi per Tobruk il
31 con 367 tonnellate di rifornimenti (25 t di materiali vari, 30 di munizioni,
16 carri armati del peso complessivo di 240 t, due autoblindo per totali 14
tonnellate e nove automezzi per complessive 58 t) e 30 militari del Regio
Esercito. Fanno parte della scorta delle motozattere anche il
cacciatorpediniere Lubiana e le navi
ausiliarie Audax ed Instancabile; il convoglio fa varie
soste.
4 agosto 1942
Dopo una sosta a Suda,
la Castore riparte alle 20 scortando
da sola le motozattere, cui si è aggiunto il piroscafo Scillin.
6 agosto 1942
Il convoglio arriva a
Tobruk alle nove del mattino.
Alle 19.45 la Castore ne riparte insieme al
cacciatorpediniere Folgore
(caposcorta) per scortare la motonave Apuania,
diretta a Brindisi.
8 agosto 1942
Dopo aver sostato a
Patrasso, il convoglio, cui si sono uniti il cacciatorpediniere Sebenico e la piccola motonave Abbazia, riparte alle 6.30 per poi
arrivare a Brindisi alle 19.30.
14 agosto 1942
La Castore (tenente di vascello Tezel) e la
Calliope (capitano di corvetta
Cocchi) partono da Brindisi alle 4.30 scortando la motonave Lerici, diretta a Bengasi. Alle 10.30,
al largo di Leuca, le navi si congiungono con un secondo convoglio, proveniente
da Taranto, composto dalla motonave Ravello
scortata dal cacciatorpediniere Nicoloso
Da Recco (capitano di vascello
Cocchia, che assume il ruolo di caposcorta) e dalla torpediniera Polluce (tenente di vascello Burattini).
L’unico convoglio così formato segue le coste della Grecia occidentale.
15 agosto 1942
Intorno alle 16 il
convoglio viene avvistato da ricognitori Alleati, che indirizzano sul posto il
sommergibile britannico Porpoise
(tenente di vascello Leslie William Abel Bennington): questi, alle 18.54,
avvista un “oggetto” dritto di prua, ed alle 19.50, dopo essersi immerso ed
avvicinato, avvista il convoglio, con rotta stimata 210° e velocità 11 nodi,
scortato anche da due aerei. I mercantili sono in linea di fronte, distanziati
tra loro di circa 915 metri, mentre le unità di scorta sono disposte intorno a
loro “a mezzaluna”. Alle 19.28, dopo aver accostato dapprima (19.18) per 120° e
poi (19.24) per 100° in modo da portarsi tra le due motonavi per attaccare
quella di sinistra, il Porpoise
lancia due siluri contro quest’ultima – la Lerici
– nel punto 34°45’ N e 21°32’ E o 34°50’ N e 21°30’ E (120 miglia a nord di Ras
Amir in Libia), per poi scendere a 24 metri e ritirarsi su rotta 230° alla
massima velocità. La Lerici (alle
18.30 secondo l’orario italiano, indietro di un’ora rispetto a quello del Porpoise) viene colpita da un siluro a
poppa, e rimane immobilizzata.
Castore e Da Recco proseguono
per Bengasi scortando l’illesa Ravello,
mentre la Polluce dà la caccia al
sommergibile (gettando in tutto una sessantina di bombe di profondità, ma senza
risultato) e la Calliope tenta il
rimorchio della motonave danneggiata. La Lerici
dovrà infine essere finita l’indomani da una delle unità inviate in aiuto da
Navarino (il cacciatorpediniere Mitragliere,
arrivato con il gemello Bersagliere),
non essendo più possibile salvarla.
16 agosto 1942
Ravello, Castore e Da Recco arrivano a Bengasi alle 8.30; alle
15 Castore e Da Recco ne ripartono per scortare, insieme al cacciatorpediniere Saetta ed alla torpediniera Orione, le motonavi Nino Bixio e Sestriere che rientrano in Italia con
2800 prigionieri di guerra ciascuna.
17 agosto 1942
Alle 16 il
sommergibile britannico Turbulent (capitano
di fregata John Wallace Linton) avvista a 12.800 metri per 160° il convoglio,
scortato anche da diversi aerei, ed alle 16.33 lancia quattro siluri da 3300
metri. Una delle armi, con giroscopio difettoso, torna indietro e compie due
giri passando sopra il Turbulent, ma
altre due centrano la Nino Bixio nel punto 36°36’ N e 21°30’ E o
36°35’ N e 21°34’ E (al largo di Sapienza e dodici miglia a sudovest di
Navarino; le fonti italiane, indietro di un’ora rispetto all’orario del Turbulent, indicano il siluramento come
avvenuto alle 15.30).
Castore e Da Recco
(caposcorta) proseguono con l’indenne Sestriere
(mancata dai siluri); il Saetta,
assistito dall’Orione ed anche dalla Polluce uscita da Navarino, rimorchia la
Bixio a Navarino, ma si lamenteranno
434 vittime, tra cui 336 prigionieri. (Per altra fonte la Castore partecipa anche alla ricerca degli uomini della Bixio gettatisi in mare).
18 agosto 1942
Castore, Da Recco e Sestriere giugono a Brindisi alle 17.
2 settembre 1942
Salpa dal Pireo per
Tobruk alle otto, insieme alle gemelle Lupo
(caposcorta, capitano di corvetta Zanchi), Polluce
e Calliope, scortando i piroscafi Sportivo, Padenna e Davide Bianchi,
carichi di carburante, che costituiscono il convoglio «Sportivo».
3 settembre 1942
Intorno alle 16
la Lupo recupera i
superstiti di un ricognitore nemico abbattuto dalla scorta aerea.
Alle 18.45 il
convoglio viene attaccato da bombardieri statunitensi Consolidated B-24
“Liberator”, nonostante la presenza di una consistente scorta aerea; la
reazione della scorta riesce però a disperdere la formazione dei velivoli
nemici, che si ritira.
Alle 22, come
ordinato prima della partenza, il convoglio si divide, in modo da consentire
maggiore manovrabilità: il Padenna
forma il primo gruppo con Lupo e Castore, le altre navi il secondo
gruppo, con velocità di cinque nodi. Ambedue i gruppi, nella notte successiva,
sono pesantemente attaccati da bombardieri e soprattutto aerosiluranti.
4 settembre 1942
Nel corso delle prime
ore gli attacchi aerei sul secondo gruppo affondano prima il Davide Bianchi e poi anche la Polluce. Il primo gruppo, invece, supera
indenne gli attacchi aerei, ma cade nell’agguato teso dal sommergibile
britannico Thrasher (tenente di
vascello Hugh Stirling Mackenzie), guidato sul posto dai bengala lanciati dagli
aerei: alle 2.15, nel punto 33°00’ N e 24°04’ E, il Thrasher avvista le tre navi, dirette verso sud, a 6 miglia per
105° (una delle torpediniere è a proravia del Padenna, l’altra a poppavia) e vira per avvicinarsi. Immersosi alle
3.18, alle 3.55 (orario di bordo) il sommergibile lancia tre siluri da 4570
metri, contro il Padenna: due minuti
dopo (le 2.57, per l’orario italiano) il Padenna
viene colpito da due siluri, e, nonostante l’assistenza data da Castore e Lupo, affonda in fiamme dopo mezz’ora nel punto 32°44’ N e 24°11’ E
o 32°50’ N e 24°10’ E, ad una cinquantina di miglia da Tobruk. A Castore e Lupo, dopo aver recuperato i naufraghi (la Castore ne trae in salvo nove e la Lupo cinque, mentre venti uomini saranno dispersi) e vanamente
cercato per un’ora il sommergibile attaccante (ritiratosi intanto verso nord:
una delle torpediniere vi passa sopra, ma non se ne accorge), non rimane che
riunirsi alla Calliope nella scorta
all’unico piroscafo rimasto indenne, lo Sportivo,
che arriverà a Tobruk alle undici.
6 settembre 1942
La Castore (caposcorta) e la vecchia
torpediniera Generale Carlo Montanari lasciano Tobruk alle 19
scortando i piroscafi Sportivo e Pertusola, diretti a Bengasi.
8 settembre 1942
Il convoglio
raggiunge Bengasi a mezzogiorno.
Sette ore dopo la Castore (ancora caposcorta) ed un’altra
anziana torpediniera, la Generale
Antonino Cascino, ripartono da Bengasi di scorta ai piroscafi Siculo e Kreta (quest’ultimo tedesco), dirette nuovamente a Tobruk.
10 settembre 1942
Il convoglio arriva a
Tobruk alle 18.40.
14 settembre 1942
La Castore (tenente di vascello Gaspare
Tezel) si trova a Tobruk quando la città libica viene attaccata a sorpresa, via
mare e via terra, da commandos britannici che tentano, con un colpo di mano, di
occupare temporaneamente Tobruk per distruggerne le installazioni militari: è
l’operazione «Daffodil», parte della più ampia operazione «Agreement».
Il piano britannico
prevede che Tobruk sia attaccata contemporaneamente da commandos sbarcati dal
mare e da una colonna di camionette provenienti dal deserto, quindi occupata
per 24 ore, durante le quali distruggere le infrastrutture portuali, i mezzi
navali presenti in rada (tranne dieci motozattere delle migliori, da
catturare), i depositi di carburante dell’Afrika Korps, le officine per la
riparazione dei carri armati ed ogni altro deposito.
La forza navale
d’attacco britannica è suddivisa in due gruppi: la Forza A, con i
cacciatorpediniere Sikh e Zulu, che dovranno sbarcare 380 uomini
(mediante 30 barconi a fondo piatto) a nord del porto, poi entrare nel porto
per distruggere le navi italiane lì presenti e quindi reimbarcare i commandos e
prendere nuovamente il largo; e la Forza C, con le motosiluranti MTB 260, 261, 262, 265, 266,
267, 268, 307, 308, 309,
310, 311, 312, 314, 315
e 316 e le motolance ML 349, 352 e 353, che dovranno
sbarcare in tutto 200 uomini a sud del porto per agire in coordinazione con la
colonna di camionette giunta via terra (e, dopo lo sbarco, entrare nella rada e
silurare e affondare tutte le navi presenti). Quest’ultima, denominata Forza B,
è composta da 18 camionette e da 83 uomini; proveniente dall’oasi di Cufra,
dovrà infiltrarsi nel perimetro difensivo di Tobruk camuffando i suoi uomini in
parte da soldati tedeschi ed in parte da prigionieri di guerra, quindi
attaccare le forze italo-tedesche e creare una testa di sbarco per la Forza C.
Lo sbarco sarà appoggiato da un’altra formazione navale, la Forza D, con
l’incrociatore antiaereo Coventry ed
i cacciatorpediniere Belvoir, Beaufort, Aldenham, Exmoor, Dulverton, Hursley, Hurtworth e Croome.
Il gruppo navale
britannico lascia Alessandria d’Egitto tra il 12 ed il 13 settembre. La sera
del 13 settembre gli uomini della Forza B attaccano le posizioni loro assegnate
tra Tobruk e Marsa Sciausc (una località sulla sponda meridionale della baia di
Tobruk), sopraffacendo i capisaldi italiani e segnalando il “via libera” alle
unità della Forza C. I comandi italiani, però, insospettiti dalla maggiore
intensità, rispetto al solito, delle incursioni aeree su Tobruk (iniziate alle
21.30 del 13 e proseguite sino alle 3.15 con l’impiego di bombardieri B-24
Liberator – che sganciano oltre 70 tonnellate di bombe –, Handley Page Halifax
e Vickers Wellington per un totale di 91 velivoli, che eseguono azioni di
bombardamento e mitragliamento) hanno intensificato la sorveglianza lungo la
costa; l’intercettazione, da parte italiana, del messaggio di uno dei
cacciatorpediniere, e la telefonata al comando di un ufficiale italiano
sfuggito alla cattura da una delle batterie d’artiglieria attaccate (alle
23.40), mettono in allarme la piazzaforte. La Castore, le vecchie torpediniere Generale Antonino Cascino e Generale
Carlo Montanari e 17 motozattere,
su ordine del comandante di Marina Tobruk (capitano di vascello D’Aloya)
d’accordo con il comandante interinale del settore (colonnello Battaglia del
Regio Esercito) e con il comandante di Marina Libia (ammiraglio di divisione
Giuseppe Lombardi, avente anch’egli sede a Tobruk), vengono schierate lungo le
ostruzioni retali, e saranno queste unità, con il loro fuoco, a respingere i
tentativi della Forza C di entrare nella rada di Tobruk.
I presidi dei
capisaldi italiani, gli uomini del Reggimento «San Marco» ed una compagnia
appositamente costituita con marinai della Regia Marina passano al contrattacco
e riescono a respingere la Forza B, costringendone i pochi superstiti alla
fuga; l’intervento delle motozattere italiane, che aprono il fuoco con il loro
armamento, vanifica il primo tentativo di sbarco da parte delle motosiluranti
della Forza C: solo pochi soldati possono essere sbarcati, perdendo la MTB 314, che s’incaglia e sarà poi
catturata.
La Castore viene coinvolta nel
combattimento verso le 3.30 del 14: sei motosiluranti britanniche della Forza
C, infatti, a quell’ora arrivano sottocosta a bassa velocità per tentare di
sbarcare i commandos a Marsa Sciausc senza essere individuate, ma vengono
avvistate e fatte oggetto del tiro dapprima della motozattera MZ 756 e subito dopo anche della Castore, della Cascino, della Montanari e
delle batterie costiere. Tre delle motosiluranti lanciano i propri siluri
contro i bersagli che riescono ad intravedere nella baia, ma non ne mettono
nessuno a segno; tutte e sei sono poi costrette a ritirarsi ed alcune colpite, una
delle quali con incendio a bordo. Alle 5.45 altre tre motosiluranti tentano di
avvicinarsi a Marsa Sciausc, ma sono a loro volta messe in fuga dall’intenso
tiro di sbarramento delle unità italiane.
Intanto, la Forza A
riesce a sbarcare solo un quarto dei suoi uomini, ma nel punto sbagliato della
costa, così che vengono tutti uccisi o catturati dai difensori; gli altri non
possono essere sbarcati causa il mare mosso e l’inadeguatezza dei mezzi da
sbarco, e le batterie costiere e contraeree italiane e tedesche aprono poi il
fuoco sui cacciatorpediniere, mettendo fuori uso il Sikh, che dovrà poi essere finito dal Croome dopo essere stato ulteriormente danneggiato da un attacco
aereo italiano, e danneggiando lo Zulu,
che sarà costretto a ritirarsi.
Poco dopo le otto del
mattino la Castore e la Montanari vengono fatte uscire in mare
su ordine dell’ammiraglio Lombardi, per inseguire le navi britanniche in
ritirata e setacciare le acque davanti al porto libico in cerca di mezzi
nemici. Le due torpediniere non riescono però a raggiungere le navi nemiche,
ormai già lontane e sotto attacco da parte di velivoli italo-tedeschi.
I caccia italiani
Macchi Mc 200, al solo costo del danneggiamento di un aereo (su 21),
riusciranno ad affondare, in una serie di attacchi, la motosilurante MTB 312 e le motolance ML 352 e ML 353; la MTB 310 sarà
immobilizzata da aerei italiani e finita da aerei tedeschi. I velivoli
tedeschi, 73 bombardieri Junkers Ju 87, 105 bombardieri Ju 88 e tredici caccia
Messerschmitt Bf 109, affonderanno invece il Coventry, lo Zulu e la MTB 308 (già danneggiata da aerei
italiani, e distrutta da uno Ju 88 che, da essa abbattuto, vi precipita sopra),
oltre alla già citata MTB 310,
subendo la perdita di cinque velivoli (due Ju 87 e tre Ju 88).
Alla fine la Castore, assieme a diverse altre unità
(la Montanari, tre motodragamine
tedeschi della 6a Flottiglia, quattro motozattere tedesche ed una
motozattera italiana), si ritroverà a raccogliere i molti naufraghi abbandonati
in mare dai britannici in ritirata: in particolare, trarrà in salvo (e farà
prigioniero) l’equipaggio della motolancia ML
352, incendiata ed affondata dagli Mc 200. In tutto le unità italiane e
tedesche recuperano dal mare 476 uomini (tra cui parte dell’equipaggio del Sikh). Sulla Castore, i naufraghi britannici vengono avvolti in coperte asciutte
(intanto i loro indumenti vengono asciugati, per poi essere loro restituiti) e
curati dal medico di bordo; vengono dati loro caffè e sigarette, qualche
marinaio dà pure loro le proprie scarpe.
Alla fine l’operazione
«Daffodil» si conclude con un completo fallimento per le forze britanniche, le
cui perdite ammontano a 779 morti (tra cui il tenente colonnello John Edward
Haselden, comandante delle forze di terra britanniche) e 576 prigionieri,
nonché alla perdita di un incrociatore (il Coventry),
due cacciatorpediniere (Sikh e Zulu), quattro motosiluranti (MTB 308, 310, 312 e 314) e due motolance (ML 352 e 353), oltre ai vari improvvisati barconi della Forza A, tutti
distrutti o catturati. Le perdite dell’Asse assommano invece a cinque aerei
tedeschi, 70 morti (69 italiani e 1 tedesco) e 79 feriti (72 italiani e 7
tedeschi).
15 settembre 1942
La Castore salpa da Tobruk alle 18.15
scortando a Suda il piroscafo Iseo.
17 settembre 1942
Castore ed Iseo giungono a
destinazione alle 6.10.
20 settembre 1942
Scorta il piroscafo Petrarca dal Pireo a Salonicco.
23 settembre 1942
Scorta il piroscafo Anna Maria Gualdi da Salonicco al Pireo.
24 settembre 1942
Parte dal Pireo alle
22.30 insieme alle gemelle Lupo e Sirio ed al cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta capitano di vascello Aldo Cocchia), scortando
i piroscafi Anna Maria Gualdi e Menes.
25 settembre 1942
Nel canale di
Cerigotto, alle 14.30, si uniscono al convoglio la nave cisterna Proserpina e le torpediniere Libra e Lira, provenienti da Suda, mentre la Sirio deve rientrare in porto per avaria di macchina. Il convoglio,
che procede a circa 10 nodi con i tre mercantili in linea di fronte (Proserpina al centro) e la scorta
tutt’intorno, gode anche, nelle ore diurne, di notevole scorta aerea.
26 settembre 1942
Alle 00.00 la Lira spara alcuni colpi di cannone e
mitragliera, fortunatamente senza esito, contro un aereo che si rivela poi
essere un velivolo tedesco per la scorta notturna, del cui arrivo le navi non
erano state informate. Menes e Gualdi, che scambiano i colpi di cannone
della torpediniera per il segnale di allarme e sommergibile (questo sarebbe
infatti il loro significato, ma di giorno, non di notte), accostano in fuori,
così sparpagliando il convoglio; dato che i mercantili non hanno né radio ad
onde ultracorte né radiosegnalatori a bassa portata, e dunque non è possibile
comunicare con essi se non con segnale luminosi, il caposcorta Cocchia ordina
alla Castore di portarsi sottobordo a
Menes e Gualdi e farli tornare in rotta, mentre lo stesso Da Recco fa riavvicinare la Proserpina (che era rimasta sulla sua
rotta) alla zona dove ora i due piroscafi si sono spostati. Alle 00.50 il
convoglio può dirsi ricostituito. All’1.06 ed all’1.30 si accendono dei
bengala, il primo a prora a dritta ed il secondo a sinistra; le unità di scorta
emettono cortine fumogene, smettendo subito dopo lo spegnimento dei bengala per
evitare che le stesse cortine di nebbia, messe in risalto dalla luce lunare,
agevolino l’individuazione del convoglio da parte di unità nemiche. All’1.38
delle bombe cadono in mare a proravia del convoglio, piuttosto lontane; ad
intervalli tutte le navi della scorta sparano colpi di mitragliera contro gli
aerei che riescono ad avvistare anche a notevole distanza, grazie
all’eccezionale chiarezza della notte di luna piena. All’1.50 delle bombe
esplodono a poppavia del Da Recco,
all’1.54 tra le unità prodiere della scorta ed i mercantili, mentre le unità
poppiere aprono il fuoco.
Alle 14.30 il
convoglio arriverà senza danni a Tobruk: si tratterà dell’ultimo convoglio con
una petroliera a riuscire a raggiungere Tobruk.
Alle 18 Castore e Lupo, insieme alla gemella Libra,
ripartono da Tobruk scortando i piroscafi scarichi Fougier, Nerucci e Dora (quest’ultimo tedesco), diretti al
Pireo. La Libra lascia la scorta alle
19.10.
27 settembre 1942
Nella notte il
convoglio viene ripetutamente attaccato da aerei, ma nessuna nave è colpita e
la Lupo abbatte uno dei velivoli
attaccanti.
28 settembre 1942
Il convoglio giunge
al Pireo alle 18.30.
8 ottobre 1942
Alle 7.10 il
sommergibile Turbulent (capitano di
fregata James W. Linton) avvista il piroscafo tedesco Kreta, scortato dalla Castore,
una decina di miglia a nord di Ras al Hilal. Alle 7.34 il sommergibile, nel
punto 33°03’ N e 22°13’ E, lancia due siluri da 915 metri contro il Kreta: la piccola nave tedesca, colpita,
affonda, e la Castore ne raccoglie
l’equipaggio (risulta disperso un uomo) e raggiunge Tobruk.
Più tardi, alle
14.50, la Castore e la torpediniera
di scorta Ciclone partono da Tobruk
per scortare a Taranto, via Pireo, la nave cisterna Proserpina.
9 ottobre 1942
A ponente di Creta, alle
14.50, il sommergibile britannico Traveller
(tenente di vascello Michael Beauchamp St. John) avvista su rilevamento 160°
due aerei dai cui movimenti il comandante britannico intuisce correttamente che
stanno scortando un convoglio in procinto di entrare nel canale di Antikythera.
Il Traveller scende pertanto in
profondità e si dirige verso sudest; alle 15.21 torna a quota periscopica ed
avvista in posizione 35°45’ N e 23°13’ E il convoglio italiano, su rilevamento
195°, aventi rotta 327° verso Kythera. Il sommergibile lancia allora quattro
siluri da 1830 metri (contro la Proserpina)
e scende in profondità. Nessuna nave viene colpita; la Castore avvista la scia di un siluro e lancia tre pacchetti di
profondità, poi riceve ordine dalla Ciclone
di restare sul posto fino al crepuscolo. In tutto vengono lanciate 29 bombe di
profondità, che però causano solo danni minori al Traveller.
10 ottobre 1942
Il convoglio arriva
al Pireo alle 6.30.
12 ottobre 1942
Il convoglio giunge a
Taranto alle 21.35.
15 ottobre 1942
Scorta la nave
cisterna Alfredo da Prevesa a
Taranto.
18 ottobre 1942
Scorta l’Alfredo da Taranto al Pireo e quindi a
Suda.
6 novembre 1942
Parte da Taranto alle
11.23 per una missione di scorta a Capri.
7 novembre 1942
Lascia Capri alle
16.07 per scortare a Suda, insieme alle vecchie torpediniere Angelo Bassini ed Antonio Mosto, il piroscafo cisterna Giorgio. Bassini e Mosto si fermano a Patrasso, mentre la Castore prosegue da sola scortando la Giorgio a Suda.
10 novembre 1942
Salpa da Suda
all’1.50, giunge ad Iraklion e ne riparte alle 19.05 per raggiungere il Pireo, scortando
la pirocisterna Alfredo.
14 novembre 1942
Parte dal Pireo alle
12.30 in missione di scorta e raggiunge Rodi.
16 novembre 1942
Lascia Rodi alle
17.39 e torna al Pireo scortando la motonave Calino.
18 novembre 1942
Riparte dal Pireo
alle 5.35 diretta a Lero, scortando, insieme al cacciatorpediniere Francesco Crispi, un convoglio composto
dai piroscafi Polcevera (con 1800
tonnellate di rifornimenti militari e merci per la popolazione civile), Mameli e Goggiam.
20 novembre 1942
Lascia Lero alle
17.27, compie una missione di scorta e ritorna nell’isola.
26 novembre 1942
Riparte da Lero alle
16.08 e scorta navi a Rodi.
2 dicembre 1942
Lascia Rodi alle
17.45 scortando a Lero il piroscafo Dubac.
4 dicembre 1942
Parte da Lero alle 19
per trasferirsi al Pireo.
8 dicembre 1942
Alle 3.39 salpa dal
Pireo per scortare a Lero, insieme al cacciatorpediniere Euro ed alla torpediniera Libra,
le motonavi Argentina e Donizetti.
11 dicembre 1942
Riparte da Lero alle
5.37 e torna al Pireo scortando i piroscafi Arsia,
Dubac e Mameli insieme alla cannoniera Mario
Sonzini.
16 dicembre 1942
Salpa da Lero
all’1.30 per scortare a Rodi i piroscafi Argentina,
Ardena ed Hermada e la motonave Donizetti,
insieme a Libra ed Euro (tutti provenienti dal Pireo).
17 dicembre 1942
Lascia Rodi alle
14.05 e torna al Pireo scortando Donizetti,
Argentina ed Ardena insieme alla Libra
ed al cacciatorpediniere Turbine.
20 dicembre 1942
Parte dal Pireo alle
9.01 insieme a Turbine e Libra, scortando Argentina, Donizetti e Ardena diretti a Rodi.
21 dicembre 1942
Salpa da Rodi alle
14.02 e rientra al Pireo scortando le stesse navi dell’andata, sempre insieme a
Turbine e Libra.
26 dicembre 1942
Riparte dal Pireo
alle 7.34 per scortare a Lero i piroscafi Lauretta,
Ginetto e Costante C. insieme al cacciatorpediniere Quintino Sella.
29 dicembre 1942
Lascia Lero alle 15.37
e raggiunge Rodi scortando i tre piroscafi.
31 dicembre 1942
Lascia Rodi alle
15.26 e torna al Pireo, via Sira, scortando le stesse navi dell’andata ancora
insieme al Sella.
Gennaio 1943
Assume il comando
della Castore il capitano di corvetta
Marino Fasan, suo ultimo comandante.
3 gennaio 1943
Salpa dal Pireo alle
8.45 e si trasferisce a Patrasso, da dove riparte alle 19.41 per trasferirsi ad
Argostoli.
5 gennaio 1943
Lascia Argostoli alle
14.55 e si trasferisce a Messina.
11 gennaio 1943
Riparte da Messina
alle 21.15 e si trasferisce a Palermo.
12 gennaio 1943
Parte da Palermo alle
10.46 per una missione di scorta a Favignana.
13 gennaio 1943
Salpa da Favignana
alle 18.50 e torna a Palermo scortando delle navi.
14 gennaio 1943
Lascia Palermo alle
9, compie una missione di scorta e rientra a Palermo.
17 gennaio 1943
Riparte da Palermo
all’1.13 (od alle 2.30) insieme alla gemella Libra ed alla Montanari,
di scorta ai piroscafi tedeschi Campania,
Jacques Schiaffino e Gerda Toft diretti a Tunisi. Alle 20 (al
largo delle Egadi) ha inizio un attacco di aerosiluranti, concluso senza danni
all’1.56 del 18; alle 20.30 il convoglio elude anche il lancio di siluri da
parte di un sommergibile, a nordovest di Marettimo.
18 gennaio 1943
Il convoglio arriva a
Tunisi alle 7.
La Castore riparte da Tunisi alle 10.10 e
torna a Palermo sempre scortando navi. Alle 20.05 comincia un attacco di
aerosiluranti, che ha termine alle 3.12 del 19.
21 gennaio 1943
Salpa da Palermo alle
16.47 insieme alle gemelle Libra e Climene, scortando il piroscafo italiano
Chisone e la motonave tedesca Ruhr, dirette a Biserta.
22 gennaio 1943
Alle 11.10 una
squadriglia di bombardieri attacca il convoglio a 42 miglia da Biserta,
nonostante la presenza di una scorta aerea con otto velivoli da caccia della
Regia Aeronautica e della Luftwaffe. Ambedue i mercantili vengono colpiti:
mentre il Chisone potrà essere
rimorchiato in porto, la Ruhr affonda
alle 11.30 con quattro vittime tra l’equipaggio.
24 gennaio 1943
Lascia Biserta alle
6.16 e torna a Palermo con un’altra missione di scorta.
28 gennaio 1943
Parte da Palermo alle
13.25, effettua una missione di scorta, quindi rientra nel capoluogo siciliano.
29 gennaio 1943
Riparte da Palermo
alle 13.34 e si trasferisce a Napoli.
10 febbraio 1943
Lascia Napoli alle
12.40 e torna a Palermo con una missione di scorta.
11 febbraio 1943
Parte da Palermo alle
10.40 insieme alle gemelle Libra e Calliope ed al cacciatorpediniere Lampo, scortando sette mercantili
diretti a Biserta. Nel corso della serata le condizioni meteomarine peggiorano
sino a scatenare una violenta bufera, che disperde il convoglio, mettendo
seriamente a rischio la sicurezza delle navi stesse e facendo perdere il
contatto tra di esse, a causa della foschia. La Castore rientra successivamente a Palermo.
22 febbraio 1943
Salpa da Palermo alle
7.45 e scorta delle navi a Napoli.
25 febbraio 1943
Parte da Napoli alle
14.55 e scorta delle navi a Palermo. Alle 21.14 ha inizio un attacco di
aerosiluranti, terminato alle 4.05 del 26; alle 14.26 le navi saranno attaccate
da dodici bombardieri.
8 marzo 1943
Lascia Palermo alle
18.10 per una missione di scorta a Messina.
13 marzo 1943
Riparte da Messina
alle 14.48 insieme alla gemella Calliope,
per scortare a Taranto una terza torpediniera, la Partenope, che è a rimorchio di un rimorchiatore, essendo in avaria.
15 marzo 1943
Castore, Calliope e Partenope arrivano a Taranto verso le
17.
17 marzo-17 aprile 1943
Ferma a Taranto per
lavori.
Secondo alcune fonti,
nella primavera 1943 la Castore
partecipa alle operazioni per l’evacuazione della Tunisia ormai prossima alla
caduta.
28 aprile-1° maggio 1943
Prende parte ad
esercitazioni di tiro notturno ed attacchi navali simulati nel Golfo di
Taranto, insieme alle torpediniere Tifone
(con a bordo l’ammiraglio Luigi Bianchieri), Calliope, Giuseppe Dezza e
Generale Antonino Cascino, al
cacciatorpediniere Augusto Riboty ed
ad un traghetto.
3 maggio 1943
Parte da Taranto alle
21.15 e scorta navi a Messina.
20 maggio 1943
Parte da Taranto alle
20.55 e si trasferisce a Crotone.
21 maggio 1943
Lascia Crotone alle
3.15 per una missione di scorta a Messina.
22 maggio 1943
Riparte da Messina
alle 21 per scortare navi a Taranto.
26 maggio 1943
Salpa da Taranto alle
8.05 e scorta delle unità a Siracusa.
28 maggio 1943
Lascia Siracusa alle
16 e torna a Taranto con missione di scorta.
La nave in bacino di carenaggio, nel 1942 (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
L’ultima battaglia
Alle nove di sera del
31 maggio 1943 la Castore, al comando
del capitano di corvetta polesano Marino Fasan, salpò da Taranto per scortare a
Messina i due piccoli piroscafi Postumia
e Vragnizza, carichi di provviste e munizioni.
Dopo aver mollato gli ormeggi in Mar Piccolo, la torpediniera imboccò il canale
navigabile che conduceva in Mar Grande, provocando l’apertura del ponte
girevole; tra quanti guardavano la nave passare, aspettando che il ponte
tornasse al suo posto, c’era anche il cannoniere Igino Sampaolo, di Potenza
Picena, appena sbarcato in licenza. L’equipaggio della Castore, a causa delle perdite subite nelle missioni precedenti,
era sottonumero, dunque il comandante Fasan aveva concesso controvoglia la
licenza a Sampaolo, decidendosi infine a farlo su richiesta dell’ufficiale
medico, tenente Felice Costa: questi intendeva trasferire moglie e figlio dalla
Calabria, ormai devastata dai bombardamenti Alleati, ad Ancona, e Sampaolo, che
viveva non lontano dal capoluogo marchigiano, avrebbe dovuto trovar loro
un’abitazione in quella zona ancora – per poco – lontana dalla guerra. Mentre
la Castore attraversava il canale
navigabile di Taranto per l’ultima volta, qualcuno da bordò gridò “Beato te
Sampaolo che vai in licenza!”.
Poco prima della partenza, invece, era salito a bordo un gruppo di militari di passaggio (cioè imbarcati sulla nave per il solo trasferimento), il cui numero è indicato in dieci (tra cui due ufficiali, gli aspiranti guardiamarina Carlo Bongiasca e Giovanni Fantin) dai documenti conservati presso l'Ufficio Storico della Marina Militare (mentre un superstite della Castore affermò in seguito che a bordo vi erano circa 180 uomini, il che farebbe presupporre un maggior numero di militari di passaggio). Non essendovi alloggi sufficienti per tutti, molti dei nuovi arrivati, come ricordò l'elettricista Angelo Serafini, si dovettero sistemare in coperta a dormire per la notte.
La sorte beffarda
volle come sempre scambiare i destini degli uomini: un ufficiale di rotta della
Castore, ammalatosi, era rimasto a
terra, ed al suo posto si era spontaneamente offerto d’imbarcarsi il
sottotenente di vascello Bruno Fea, che avrebbe pagato con la vita la sua
disponibilità. Nel primo giorno di navigazione, poi, il comandante di uno dei
due piroscafi fu colto da un malore e dovette pertanto essere trasbordato sulla
Castore, mentre a prendere il comando
del mercantile in sua vece andò un altro ufficiale di rotta della torpediniera,
il guardiamarina Vincenzo Falcone. Falcone avrebbe così avuto salva la vita,
mentre il comandante del piroscafo avrebbe seguito la Castore in fondo al mare.
Durante la
navigazione, il 1° giugno, il convoglio venne localizzato al largo di Capo
Rizzuto da ricognitori britannici, che comunicarono l’avvistamento: a
mezzogiorno, così, i cacciatorpediniere Jervis,
britannico, e Vasilissa Olga, greco,
salparono da Malta per intercettarlo. Comandava la formazione il capitano di
vascello Anthony Follett Pugsley, del Jervis;
al comando del Vasilissa Olga era il
capitano di corvetta Georgios Blessas. Le due navi, raggiunta la posizione più
lontana possibile tra quelle stimate per il convoglio, ne risalirono poi la
rotta fino ad incontrarlo.
Nelle prime ore del 2
giugno il piccolo convoglio, procedendo ad un paio di miglio dalla Costa dei
Gelsomini, giunse tra Capo Spartivento e Punta Palizzi, all’estremità
meridionale della Calabria. La notte, molto buia e afosa, appariva calma.
Sulla Castore il cannoniere sardo Umberto
Sara, nel montare di guardia sul ponte, si portò dietro un materassino sul
quale avrebbe potuto riposare all’aperto, anziché negli angusti locali interni
– dove l’afa si faceva sentire di più – una volta che avesse finito il turno.
Era una tranquillità
illusoria: all’1.34 del 2 giugno Jervis
e Vasilissa Olga avvistarono, senza
essere a loro volta avvistati, il convoglio italiano, e si prepararono ad
attaccare. Nessuno, sulle navi italiane, sospettava niente. Il comandante
Pugsley richiese ad un ricognitore Vickers Wellington dotato di radar ASV (Air
to Surface Vessel), che sorvolava il convoglio, di sganciare dei bengala per
illuminargli meglio i bersagli.
All’1.45,
improvvisamente, il convoglio venne illuminato da bengala gettati dal
Wellington, e subito dopo Jervis e Vasilissa Olga, senza essere stati prima
avvistati dalle navi italiane, aprirono il fuoco da 1830 metri. Il Vasilissa Olga sparò inizialmente dei
proiettili illuminanti, mentre il Jervis
illuminò coi suoi proiettori il Vragnizza,
nave di coda del convoglio. Quest’ultimo fu la prima nave ad essere bersagliata
dal tiro avversario: fu presto colpita ed incendiata, poi, dopo otto salve,
toccò al Postumia. A quel punto
intervenne la Castore, che si trovava
in testa al convoglio.
Mentre i due
mercantili, danneggiati (gravemente il Vragnizza,
meno il Postumia, grazie
all’intervento della Castore che
distolse da esso l’attenzione dei cacciatorpediniere), facevano perdere le
proprie tracce nel buio (il Vragnizza
sarebbe riuscito a trascinarsi fino a Messina, mentre il Postumia, portato all’incaglio dal suo comandante per evitarne la
perdita, sarebbe stato disincagliato l’indomani da rimorchiatori inviati da
Messina), la Castore si lanciò da
sola in un disperato contrattacco, attirando su di sé il fuoco nemico.
La superiore potenza
di fuoco dei due cacciatorpediniere – 6 cannoni da 120 mm e 4 da 127 mm contro
tre da 100 mm; un cannoncino da 76 mm, 4 mitragliere da 40 mm, sei da 20 mm e
otto da 12,7 mm contro otto da 20/65 mm – e la loro maggiore precisione, grazie
anche all’uso del radar, non potevano però lasciare speranze sull’esito
dell’impari combattimento. Le prime salve della Castore furono troppo lunghe, passando sopra le navi nemiche e
cadendo più lontane; il Jervis fu il
primo a notare il contrattacco ed a reagire, colpendo subito la torpediniera,
che dovette ripiegare coprendosi con una cortina fumogena, e poco dopo anche il
Vasilissa Olga aprì il fuoco sulla
torpediniera italiana.
I due
cacciatorpediniere inseguirono la Castore
fino ad un miglio dalla costa, ma persero il contatto con essa; il Wellington,
però, gettò altri bengala, che rivelarono agli occhi di Pugsley la posizione
della torpediniera, che stava virando per tornare verso le sue navi,
preparandosi a lanciare i siluri.
La Castore si lanciò verso il Vasilissa Olga, sparando con le sue
artiglierie ma senza riuscire a colpirlo; il cacciatorpediniere greco evitò con
la manovra una possibile collisione con la torpediniera, poi riversò su di essa
tutta la sua potenza di fuoco, spazzandone il ponte con tutte le artiglierie.
Uno dei primi
proiettili a segno centrò la plancia, ferendo a morte il comandante Fasan, che
fu rimpiazzato dal comandante in seconda, sottotenente di vascello Mario
Carletti; subito dopo un secondo colpo mancò di poco il cannone sopraelevato
poppiero da 100 mm e colpì la sala dinamo, facendo mancare la corrente a tutta
la nave. A pochi minuti dall’inizio dallo scontro, la torpediniera si ritrovò
così impossibilitata a contromanovrare ed a dirigere il proprio tiro. Presto i
colpi caduti a poppa la immobilizzarono, oltre a renderla ingovernabile.
Diversi altri colpi la raggiunsero a centro nave; altri scatenarono incendi
ovunque.
Il personale di
macchina, guidato dal direttore di macchina, tenente del CREM Federico
Iannacci, fece il possibile per riparare i danni subiti da caldaie ed apparato
motore: il capo meccanico di prima classe Sergio Zanetti tentò di porre rimedio
ai danni fino a trovare la morte nell’affondamento; il capo elettricista di
prima classe Michele Guastamacchia, il secondo capo motorista Carmelo
Marchettini ed il capo meccanico di terza classe Giuseppe Predonzan, benché
feriti, rimasero ai propri posti per tentare di ovviare ai danni ed
abbandonarono la nave solo all’ultimo momento. Purtroppo, non era rimasto molto
da fare per rimediare alla gravità dei danni.
Il sottocapo
meccanico Daniele Unfer, capo guardia in caldaia, rimase al suo posto e cercò
in ogni modo di assicurare il funzionamento della caldaia, già colpita e
seriamente danneggiata; lasciò il locale per ultimo e solo quando fu evidente
che ogni ulteriore sforzo era inutile.
Al tenente Iannacci,
morto mentre cercava di arginare i danni riportati da motrici, caldaie e
timone, sarebbe poi stata conferita la Medaglia d’argento al Valor Militare
alla memoria, così come al capo macchinista Zanetti, mentre i capi
Guastamacchia, Marchettini e Predonzan ed il sottocapo Unfer, tutti sopravvissuti,
avrebbero ricevuto la Medaglia di bronzo al Valor Militare.
La Castore continuò a combattere
caparbiamente con tutte le armi ancora funzionanti; vennero lanciati anche due
siluri, che però mancarono, di poco, le navi nemiche. Il sottotenente di vascello
Bruno Fea, ferito al fianco, si tamponò la ferita con i vestiti e continuò a
combattere, finché non fu ucciso da altre raffiche di mitragliera e dalle
esplosioni che si susseguivano sulla nave. Il sottocapo radiotelegrafista Leo
Zingaro lasciò la radio, distrutta dal fuoco, e rimpiazzò il servente di una
mitragliera, ucciso nel combattimento, aiutando a caricarla; quando anche lui
fu ferito a morte, esortò i commilitoni a continuare a combattere, finché
spirò. Arturo Ferroni, sottocapo cannoniere puntatore scelto, fu falciato da
una raffica di mitraglia dopo aver lungamente risposto al fuoco avversario e si
accasciò morto sulla mitragliera di cui era capo arma. Il sottotenente di
vascello Fea ed i sottocapi Zingaro e Ferroni avrebbero tutti ricevuto, alla
memoria, la Medaglia d’Argento al Valor Militare.
L’aspirante
guardiamarina Carlo Bongiasca, che non faceva parte dell’equipaggio ma si
trovava a bordo di passaggio, cadde anche lui combattendo al suo posto. Anche
per lui fu decretata la Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Le luci degli incendi
ed il rumore della battaglia furono viste le prime, e sentito il secondo, anche
sulla costa non lontana: destati dal sonno, gli abitanti non poterono far altro
che stare a guardare mentre la Castore,
incendiata e immobilizzata, veniva sopraffatta dalle due unità avversarie; il Jervis accese un proiettore ed illuminò
la nave italiana per poterla meglio finire a cannonate, insieme al Vasilissa Olga. La torpediniera si batté
fino alla fine.
Intorno alle tre di
notte, dopo un’ora e mezzo di furioso combattimento, vista la sua nave ridotta
ad un relitto in fiamme e crivellato di colpi, ormai prossimo all’affondamento,
il sottotenente di vascello Carletti dovette dare l’ordine di abbandonare la
nave.
Alle 3.15 la Castore si rovesciò, si spezzò in due ed
affondò nel punto 37°55’ N e 16°04’ E, al largo di Capo Spartivento ed ad un
miglio da Punta Palizzi, con la bandiera ancora al vento.
Nello scontro il Jervis aveva sparato in tutto 142 colpi
da 120 mm, 138 da 40 mm (tra traccianti ed esplosivi) e 90 da 20 mm, e lanciato
un siluro. Il sottocapo (leading seaman) cannoniere C. D. Jacobs del Jervis, per la sua condotta nell’azione
contro il convoglio italiano, avrebbe poi ricevuto la Distinguished Service
Medal.
Sulla Castore il cannoniere stereotelemetrista
Ettore De Blasio ed il sottocapo cannoniere puntatore scelto Salvatore Gaias,
nonostante l’ordine di abbandonare la nave, rimasero a bordo per cercare di
aiutare il comandante Fasan, ferito a morte; si tuffarono in acqua soltanto
quando si resero conto che non c’era più nulla da fare. Il loro generoso
tentativo sarebbe stato premiato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare.
Prima di allontanarsi
le unità nemiche, secondo il racconto di alcuni superstiti, spararono con le
mitragliere sui naufraghi in mare.
Il guardiamarina
Giovanni Salce, direttore del tiro, controllò che quattro cannonieri che erano
con lui, Mario Furlani, Carlo Greganin, Dario Ghersi e Luigi Villa (l’identità
di quest’ultimo è però incerta), indossassero i salvagente, poi tutti e cinque
si tuffarono in acqua. Il guardiamarina Salce fu il primo a soccombere: era
senza salvagente, perché non ne erano rimasti altri. Prima di annegare esausto,
chiese a Furlani di salutargli i genitori (la sua salma sarebbe stata
recuperata il giorno seguente, e alla sua memoria, per la pronta reazione al
fuoco nemico, che aveva continuato sino all’affondamento, sarebbe stata
conferita la Medaglia d’argento al Valor Militare). Poi scomparve anche Ghersi;
Furlan sentì anche il fuochista Osvaldo Tirelli, che non sapeva nuotare,
gridare per chiedere aiuto, poi anche questi venne inghiottito dal buio della
notte. Intorpidito dal freddo dell’acqua, Furlan non poté fare nulla per
aiutare Ghersi e Tirelli, poté a stento salvare sé stesso. Ghersi, nella sua
ultima lettera, aveva scritto di voler ottenere lo sbarco per tornare dalla
famiglia.
Sopra, marinai della Castore: tra di essi Dario Ghersi, con l’asciugamano sulle spalle; accanto a lui, con i baffi, è Sebastiano Zappulla, anche lui disperso nell’affondamento. Sotto, la prima pagina dell’ultima lettera scritta a casa da Dario Ghersi, il giorno prima dell’affondamento della Castore (Coll. Paola Ghersi, via Antonio Salce)
Greganin, ferito, cercò di sorreggere per un po’ Villa, il cui salvagente
era stato però forato nel combattimento; alla fine Villa si abbandonò e
scomparve, dopo aver dedicato le sue ultime parole alla moglie ed alla figlia
piccola. Greganin sarebbe infine stato salvato dai pescatori accorsi sul posto
nelle prime ore del mattino.
Angelo Serafini,
elettricista di La Spezia, riuscì a procurarsi un altro salvagente oltre a
quello che aveva già indosso; nuotando nell’oscurità, fu salvato dal fischio di
una locomotiva che passava sulla ferrovia costiera, che gli permise di orientarsi
e capire dove fosse la riva. Anche lui fu recuperato dai pescatori; giungendo a
terra, vide un commilitone arrivare a riva illeso ed asciutto su
un’imbarcazione della Castore, forse
l’unico a riuscirci tra l’intero equipaggio. Il macchinista spezzino Mario
Pelagalli, invece, riuscì a raggiungere la riva a nuoto.
Il secondo capo
macchinista Carmelo Marchettini, ferito, si sostenne ad una trave fino a
giungere sulla riva. Marco Capuccini, cannoniere, ferito gravemente, dovette
respingere un altro naufrago che tentava di avvinghiarsi a lui, trascinando
entrambi sott’acqua. Il cannoniere Umberto Stara, seriamente ustionato, si era
buttato in mare con indosso il salvagente, a differenza dei compagni, che
sentiva chiedere aiuto tutt’intorno a lui: quando giunse in soccorso una barca,
Stara disse loro di dirigersi prima dai compagni, che erano in peggiori
condizioni. Anche lui, alla fine, venne recuperato dopo essere rimasto in acqua
per un tempo che valutò essere stato non inferiore alle otto ore. Il marinaio
Giuseppe Fiorentino, uno degli addetti al deposito munizioni, fu recuperato da
pescatori di Francavilla intorno alle dieci del mattino; giunto a terra, spostò
alcuni dei lenzuoli che i pescatori avevano pietosamente deposto sulle salme
che avevano recuperato, per vedere se tra di essi vi fossero due suoi
compaesani che facevano parte dell’equipaggio della Castore, ma scoprì che molti erano sfigurati. Furono i pescatori a
dargli cibo e vestiti asciutti.
Tra i superstiti vi
fu anche il sottotenente di vascello Carletti, che aveva assunto il comando
della Castore dopo la morte del
comandante Fasan; per la sua condotta nell’azione, fu decorato con la Medaglia
di bronzo al Valor Militare. Anche il tenente medico Costa riuscì a salvarsi;
ricevette la medesima decorazione, per essersi prodigato nell’aiutare i feriti
in mezzo al fuoco nemico che spazzava la nave, sino all’affondamento.
Sopravvissero, tra gli altri, anche il sottocapo Gaias ed il cannoniere De
Blasio, che avevano cercato di aiutare il comandante Fasan nei momenti finali
dell’affondamento.
Secondo i documenti dell'USMM, a bordo della Castore nell'ultima missione si trovavano in tutto 153 uomini, di cui 143 di equipaggio e dieci di passaggio: morirono in 82, ossia cinque ufficiali, dieci sottufficiali e 67 tra sottocapi e marinai. 34 salme vennero recuperate dal mare, altri 48 uomini risultarono dispersi.
Complessivamente 70 uomini, tredici dei quali feriti (il secondo capo S.D.T.
Ovidio Bertoni, i cannonieri Mario Capuccini, Carlo Greganin, Melchiorre Ruvolo, Tullio Lisciarelli ed Umberto Stara,
l’elettricista Mario De Camillo, il secondo capo elettricista Michele
Guastamacchia, il secondo capo motorista Carmelo Marchettini, il sottocapo
cannoniere Francesco Mastalia, il sergente nocchiero Pietro Parisi, il
meccanico Giuseppe Predonzan ed il marinaio Pietro Scarpa), sopravvissero al
combattimento, all’affondamento ed alla permanenza in mare. Tre di essi erano ufficiali (il comandante in seconda Carletti, l'ufficiale medico Costa e l'aspirante guardiamarina Giovanni Fantin), quattro sottufficiali e 63 sottocapi e marinai. Un settantunesimo uomo, il guardiamarina Falcone, si salvò grazie al trasbordo su uno dei piroscafi prima del combattimento.
Tra l'equipaggio della torpediniera i superstiti furono poco meno della metà; dei dieci militari di passaggio, viceversa, si salvarono soltanto l'aspirante guardiamarina Fantin ed il cannoniere Giuseppe Lussignoli.
Al comandante Fasan,
sacrificatosi con la sua nave per permettere ai due piroscafi di salvarsi, fu
conferita alla memoria la Medaglia d’oro al Valor Militare.
Il Postumia ed il Vragnizza, salvati dal sacrificio della Castore, raggiunsero fortunosamente Messina alle 16.30 del 3 giugno.
Il relitto della Castore, “alleggerito” nel dopoguerra
dai palombari che ne recuperarono grandi quantità di metallo giungendo a far
saltare il ponte con la dinamite, giace capovolto su fondali sabbiosi a
profondità compresa tra i 24 e i 30 metri, a circa un miglio da Punta Palizzi
(a 1,27 miglia dalla costa), tra Capo Spartivento e Palizzi Marina. Ambedue i
tronconi, capovolti, presentano comunque una certa inclinazione sulla dritta
(che, per via della posizione capovolta del relitto, è diventata il suo lato
sinistro), specie quello poppiero. Il fondale tra i due tronconi, e quello
attorno al troncone poppiero, è cosparso di rottami e frammenti delle
esplosioni di quella notte di giugno 1943. La nave è molto malridotta, sia per
le circostanze della sua perdita, sia per il lavoro dei recuperanti
postbellici, sia per la spoliazione attuata da più di un subacqueo anche ai
giorni nostri (quasi tutti gli oblò, ad esempio, sono stati asportati, così
come molti altri particolari amovibili). A poppa sono riconoscibili un’elica ed
il timone; a centro nave si nota un ampio squarcio e sono visibili mucchi di
munizioni da 100 mm ammonticchiate. Una seconda falla è visibile a prua dritta
ed una terza, molto grande, a poppa; sulla prua risalta ancor oggi la stella d’Italia.
Le artigliere non sono visibili, sepolte nella sabbia del fondale; numerose
reti da pesca sono impigliate nel relitto.
Caduti sulla Castore:
Renato Abbrugiati, elettricista (volontario),
21 anni, da Ostro (disperso)
Angelo Anemone, nocchiero (volontario), 21
anni, da La Maddalena (deceduto)
Rosario Azzarelli, radiotelegrafista
(volontario), 20 anni, da Modica (deceduto)
Mario Bambieri, cannoniere ordinario (di
leva), 22 anni, da Russi (deceduto)
Antonino Bianco, marinaio (di leva), 22 anni,
da Sorrento (deceduto)
Savoia Blandin, marinaio fuochista, 21 anni, da Altare (deceduto)
Ermanno Boffi, cannoniere puntatore
mitragliere (di leva), 22 anni, da Lodi (disperso)
Carlo Bongiasca, aspirante guardiamarina, 23
anni, da Dongo (disperso) (*)
Silvestro Bruno, specialista direzione del
tiro (di leva), 21 anni, da Napoli (deceduto)
Innocenzo Calì, segnalatore (volontario), 22
anni, da San Fratello (deceduto)
Alessandro Caporuscio, meccanico (volontario),
21 anni, da Pontecorvo (deceduto)
Enzo Carducci, marinaio cannoniere, 22 anni, da San Gemini (disperso)
Luigi Carminati, silurista (richiamato), 26
anni, da Monza (disperso)
Giovanni Caruso, segnalatore (volontario), 19
anni, da Avola (disperso)
Alfonso Casagrande, primo capo furiere
(volontario), 29 anni, da Bagolino (disperso)
Raffaele Castellano, torpediniere (di leva),
21 anni, da Castellammare di Stabia (disperso)
Elvos Castellis, marinaio (di leva), 22 anni,
da Portoferraio (disperso)
Aurelio Catozzi, cannoniere armaiolo
(richiamato), 24 anni, da Milano (deceduto)
Dino Chelucci, cannoniere armaiolo
(volontario), 21 anni, da Livorno (deceduto)
Secondo Chiappino, elettricista (volontario),
20 anni, da Asti (deceduto)
Giuseppe Collura, cannoniere ordinario (di
leva), 20 anni, da Pachino (disperso)
Agostino Cucina, sottocapo meccanico, 19 anni, da Tuoro sul Trasimeno (disperso)
Salvatore D’Aleo, cannoniere ordinario (di
leva), 21 anni, da Gela (disperso)
Armando Del Giudice, capo segnalatore (in
servizio permanente effettivo), 30 anni, da La Maddalena (deceduto)
Lorenzo De Luca, cannoniere puntatore
mitragliere (di leva), 21 anni, da Tropea (deceduto)
Ottavio De Muro, furiere (volontario), 22
anni, da La Maddalena (disperso)
Antonio De Santis, torpediniere (di leva), 22
anni, da Campobasso (disperso)
Mario De Simone, capo nocchiero (richiamato),
31 anni, da Vico Equense (deceduto) (*)
Gesuino Diana, marinaio (di leva), 21 anni, da
Tercabba (disperso) (*)
Francesco Di Costanzo, cannoniere puntatore
mitragliere (di leva), 22 anni, da Ischia (deceduto)
Antonio Di Nicola, marinaio fuochista, 22 anni, da Pescara (disperso)
Antonio Di Nicola, marinaio fuochista, 22 anni, da Pescara (disperso)
Antonio Di Paolo, fuochista ordinario (di
leva), 21 anni, di Fossacesia (disperso)
Vincenzo D'Onofrio, marinaio cannoniere, 23 anni, da Terracina (deceduto) (*)
Duilio Errede, cannoniere artificiere (di leva), 22
anni, da Fano (deceduto)
Marino Fasan, capitano di corvetta (in
servizio permanente effettivo), 37 anni, da Trieste (disperso)
Bruno Fea, sottotenente di vascello
(volontario), 23 anni, da Roma (disperso)
Arturo Ferroni, cannoniere puntatore
mitragliere (richiamato), 24 anni, da Comacchio (disperso)
Renato Filabozzi, secondo capo meccanico
(richiamato), 32 anni, da Roma (deceduto)
Rino Franzoni, torpediniere (richiamato), 23
anni, da Pallanza (deceduto) (*)
Nicola Friggione, fuochista artefice (di
leva), 22 anni, da Brindisi (disperso)
Marino Gaviano, marinaio elettricista, 20 anni, da Sassari (deceduto) (*)
Dario Ghersi, cannoniere ordinario
(richiamato), 25 anni, da Rivarolo (deceduto)
Albino Giovio, cannoniere ordinario
(richiamato), 25 anni, da Isola Comacina (deceduto) (*)
Gavino Graziano, marinaio elettricista, 19 anni, da Sassari (deceduto)
Gavino Graziano, marinaio elettricista, 19 anni, da Sassari (deceduto)
Andrea Gualtieri, marinaio (di leva), 22 anni,
da Otranto (disperso)
Nicola Iaffaldano, segnalatore (volontario),
20 anni, da Butigliano (disperso)
Federico Iannacci, tenente CREM, 44 anni, da
Terracina (deceduto)
Mario Lodetti, fuochista artefice (di leva),
21 anni, da Sforzatica (disperso)
Oronzo Loprieno, marinaio (richiamato), 32
anni, da Bari (disperso)
Francesco Maioli, fuochista (richiamato), 24
anni, da Monza (deceduto)
Giuseppe Malpignano, fuochista ordinario (di
leva), 21 anni, da Ostuni (disperso)
Filippo Mancusi, marinaio (di leva), 20 anni,
da Ischia (disperso)
Gennaro Masnada, cannoniere ordinario
(richiamato), 23 anni, da Palermo (disperso)
Sebastiano Migliore, secondo capo furiere
(volontario), 26 anni, da Avola (deceduto)
Giuseppe Milano, silurista (di leva), 21 anni,
da Netro (disperso)
Antonio Morosini, silurista (volontario), 21 anni,
da Canfanaro (disperso)
Giovanni Nigro, torpediniere (volontario), 18
anni, da Campomaggiore (disperso)
Valerio Nizzica, radiotelegrafista
(volontario), 28 anni, da Roma (deceduto)
Emanuele Orlandin, fuochista artefice (di
leva), 21 anni, da Altare (deceduto)
Carlo Panico, fuochista ordinario
(richiamato), 24 anni, da Barra (disperso)
Mario Paschetta, silurista (di leva), 21 anni,
da Milano (disperso)
Antonio Piana, cannoniere armaiolo
(richiamato), 23 anni, da Campo Ligure (disperso)
Costante Pizzamiglio, cannoniere artificiere
(richiamato), 23 anni, da Collebeato (disperso)
Alfredo Polimene, capo meccanico (in servizio
permanente effettivo), 35 anni, da San Giovanni a Teduccio (disperso)
Guerrino Pratici, marinaio cannoniere, 24 anni, da Mulazzo (disperso)
Guerrino Quintigliani, fuochista ordinario
(richiamato), 25 anni, da Francavilla (disperso)
Aldo Rianda, fuochista artefice (di leva), 20
anni, da Roma (deceduto)
Antonio Righini, fuochista ordinario
(richiamato), 23 anni, da Argenta (disperso)
Otello Rigo, secondo capo meccanico (in
servizio permanente effettivo), 28 anni, da Padova (deceduto)
Paris Rossetti, cannoniere armaiolo (di leva),
21 anni, da Pistoia (deceduto)
Melchionne Ruvolo, cannoniere ordinario (di
leva), 22 anni, da Torregrotta (deceduto)
Giovanni Salce, guardiamarina (volontario), 24
anni, da Padova (deceduto)
Giuseppe Salmeri, sottonocchiero (volontario),
20 anni, da S. G. Marea (disperso) (*)
Osvaldo Sensini, marinaio (di leva), 20 anni,
da Macerata (deceduto)
Vito Sgobba, fuochista ordinario (di leva), 20
anni, da Monopoli (disperso)
Michele Spalloni, fuochista ordinario (di
leva), 22 anni, da San Bartolomeo in Galdo (disperso)
Lorenzo Succio, secondo capo silurista
(richiamato), 27 anni, da Ovada (disperso)
Osvaldo Tirelli, fuochista ordinario (di
leva), 21 anni, da Reggio Emilia (deceduto)
Viscardo Tombolesi, fuochista artefice
(richiamato), 24 anni, da Montermarciano (disperso)
Giancarlo Trussardi, radiotelegrafista (di
leva), 22 anni, da Bologna (deceduto)
Luigi Villa, cannoniere ordinario (di leva),
21 anni, da Monza (deceduto)
Sergio Zaneti, capo meccanico (in servizio
permanente effettivo), 37 anni, da Pola (disperso)
Pietro Zanza, cannoniere puntatore mitragliere
(richiamato), 25 anni, da Bosa (disperso)
Sebastiano Zappulla, secondo capo cannoniere
puntatore scelto (volontario), 26 anni, da Sortino (disperso)
Leo Zingaro, radiotelegrafista (volontario),
25 anni, da Andria (disperso)
L'asterisco (*) indica personale che non faceva parte dell'equipaggio della Castore, ma che si trovava a bordo di passaggio.
L’equipaggio della Castore in una foto scattata a Trapani nel 1939-1940 (Coll. Fam. Ghersi, via Antonio Salce) |
La motivazione della
Medaglia d’oro al Valor Militare conferita alla memoria del capitano di
corvetta Marino Fasan, nato a Cherso il 28 luglio 1906:
“Comandante di silurante
di scorta isolata a convoglio attaccato da forza navale, con ardita e decisa
manovra dirigeva sulle navi avversarie contrattaccandole con tutte le armi di
bordo e attirando su di sé il violento e soverchiante fuoco. Con azione
ispirata ad altissimo senso del dovere e guidata da elevato spirito aggressivo,
col sacrificio della sua nave che, crivellata di colpi, affondava poco dopo e
della sua giovane vita stroncata dal piombo avversario, adempiva appieno il
compito di proteggere le unità mercantili a lui affidate che, nel
disorientamento del nemico tanto vigorosamente impegnato, riuscivano a sfuggire
a sicura distruzione.”
La motivazione della
Medaglia d’argento al Valor Militare conferita alla memoria dell’aspirante
guardiamarina Carlo Bongiasca, nato a Dongo il 3 luglio 1920:
“Imbarcato di
passaggio su silurante di scorta a convoglio, attaccata in ore notturne da
soverchiante formazione navale appoggiata da aerei, contrattaccava e reagiva
con tutte le armi riuscendo a salvare i piroscafi scortati, sprezzante del
pericolo per l’infuriare del tiro di ogni calibro assolveva serenamente ai suoi
compiti sulla nave crivellata dai colpi ed immobilizzata e cadeva da valoroso,
al proprio posto, esempio di alte virtù militari.”
La motivazione della
Medaglia d’argento al Valor Militare conferita alla memoria dell’aspirante del
sottotenente di vascello Bruno Fea, nato a Roma il 7 settembre 1920:
“Imbarcato
volontariamente alla partenza della torpediniera in sostituzione di ufficiale
ammalato, prendeva parte in qualità di ufficiale di rotta a missione di scorta
a convoglio che in ore notturne veniva attaccato da forze soverchianti
appoggiate da aerei. Sprezzante del pericolo mentre la nave era investita da
tiri di ogni calibro, disimpegnava sereno i propri compiti contribuendo
all’azione di contrattacco che valse a salvare i due piroscafi. Colpito al
fianco tamponava la ferita coi suoi stessi indumenti rimanendo al proprio
posto; investito da nuove esplosioni e da raffiche di mitragliere che lo
abbattevano, cadeva valoroso al posto che aveva tenacemente tenuto fino al
limite delle possibilità umane e si inabissava con la nave distrutta nell’epico
impari combattimento.”
La motivazione della
Medaglia d’argento al Valor Militare conferita alla memoria del sottocapo
cannoniere puntatore scelto Arturo Ferroni, nato a Comacchio il 10 aprile 1919:
“Capo arma e
puntatore di mitragliera di torpediniera di scorta a convoglio attaccato in ore
notturne da soverchiante forza navale appoggiata da aerei, reagiva prontamente
e con efficacia agli attacchi aerei anche quando la silurante, duramente
colpita dal tiro nemico ed immobilizzata con i cannoni colpiti, non poteva più
reagire all’intenso fuoco avversario. Mortalmente colpito da raffica di
mitraglia, cadeva sull’arma e si inabissava con la silurante che nell’impari
lotta aveva salvato, con il proprio sacrificio, i piroscafi scortati. Esempio
di alte virtù militari e di spirito aggressivo.”
La motivazione della
Medaglia d’argento al Valor Militare conferita alla memoria del tenente CREM
Federico Iannacci, nato a Terracina il 10 novembre 1899:
“Direttore di
macchina di torpediniera di scorta a convoglio, che attaccata in ore notturne
da soverchiante formazione navale appoggiata da aerei, contrattaccava e reagiva
con tutte le armi riuscendo a salvare i piroscafi scortati, otteneva da
personale e servizi dipendenti perfetta immediata rispondenza alle manovre di
combattimento ordinate. Colpita la silurante anche alle motrici, caldaie,
timone e immobilizzata, tentava noncurante del violento tiro di armi di ogni
calibro di porre rimedio alle avarie e nell’adempimento del dovere cadeva da
valoroso. Esempio di alte virtù militari.”
La motivazione della
Medaglia d’argento al Valor Militare conferita alla memoria del guardiamarina
Giovanni Salce, nato a Padova il 3 aprile 1919:
“Direttore del tiro
di torpediniera di scorta a convoglio, attaccata in ore notturne da
soverchiante formazione navale appoggiata da aerei, reagiva immediatamente con
i cannoni e le mitragliere proseguendo il tiro sotto l’infuriare del fuoco di
armi di ogni calibro finché, divisa la sorte degli armamenti decimati e delle
armi inutilizzate, cadeva da valoroso e si inabissava con la nave che
nell’impari lotta aveva salvato col proprio sacrificio i piroscafi scortati.
Esempio di alte virtù militari.”
Nel 1947 l’Università
di Padova, presso la quale studiava giurisprudenza prima di arruolarsi
volontario, concesse alla sua memoria la laurea ad honorem in giurisprudenza;
nel 1954 l’ANMI di Padova gli intitolò la propria sezione, ed in seguito la sua
città natale gli dedicò una via.
Sopra, il guardiamarina
Giovanni Salce, e sotto, una sua lettera al cognato Ervino Slavich, scritta il
13 aprile 1943 (g.c. Giannaugusto Slavich, via Antonio Salce)
La motivazione della
Medaglia d’argento al Valor Militare conferita alla memoria del capo meccanico
di prima classe Sergio Zanetti, nato a Pola il 3 marzo 1906:
“Contabile meccanico di torpediniera di scorta
a convoglio, che attaccata in ore notturne da soverchiante formazione navale
appoggiata da aerei, contrattaccava e reagiva con tutte le armi riuscendo a
salvare i piroscafi scortati, assicurava coi servizi dipendenti perfetta
immediata rispondenza alle manovre di combattimento ordinate. Colpita la
silurante anche alle motrici, caldaie, timone e immobilizzata, tentava
noncurante del violento tiro di armi di ogni calibro di porre rimedio alle
avarie. Cadeva da valoroso, scomparendo con la nave, esempio di alte virtù
militari.”
La motivazione della
Medaglia d’argento al Valor Militare conferita alla memoria del sottocapo
radiotelegrafista Leo Zingaro, nato ad Andria il 18 luglio 1918:
“Operatore
Radiotelegrafista di torpediniera di scorta a convoglio attaccata in ore
notturne da soverchiante forza navale appoggiata da aerei, avuto distrutto
l’apparecchio Rt. dal tiro di ogni calibro che aveva investito la silurante
immobilizzandola, sostituiva volontariamente un servente di mitragliera caduto
contribuendo in qualità di caricatore alla continuazione del tiro. Mortalmente
ferito da raffica di mitragliera cadeva incitando i compagni a continuare il
combattimento e si inabissava con la silurante che nell’impari lotta aveva
salvato con il proprio sacrificio i piroscafi scortati. Esempio di alte virtù
militari.”
La motivazione della
Medaglia di bronzo al Valor Militare conferita sul campo al sottotenente di
vascello Mario Carletti, nato a Rio d’Elba il 26 agosto 1916:
“Ufficiale in 2a di
torpediniera di scorta a convoglio, durante attacco aereo notturno da parte di
soverchianti forze aereo- navali, si prodigava con slancio ammirevole perché
l’unità, che era stata portata all’attacco, reagiva con le armi malgrado i
gravi danni subiti. Caduto il comandante, assumeva il comando della nave e
disponeva per l’abbandono di essa quando ormai era in procinto di affondare e
l’avversario si era allontanato, rinunciando a distruggere il convoglio.
Dimostrava nella circostanza, elevate qualità di combattente.”
La motivazione della
Medaglia di bronzo al Valor Militare conferita sul campo al tenente medico
Felice Costa, nato nel 1910:
“Imbarcato su
silurante di scorta a convoglio che, attaccata in ore notturne da soverchiante
formazione navale appoggiata da aerei, contrattaccava e reagiva con tutte le
armi riuscendo a salvare tutti i piroscafi scortati, sprezzante del pericolo
per l’infuriare del tiro di ogni calibro sulla nave crivellata di colpi ed
immobilizzata, recava ogni possibile assistenza al personale ferito.”
La motivazione della
Medaglia di bronzo al Valor Militare conferita sul campo al sottocapo
cannoniere puntatore scelto Salvatore Gaias, nato a Sassari l’8 dicembre 1919,
ed al cannoniere stereotelemetrista Ettore De Blasio:
“Imbarcato su
torpediniera colpita irreparabilmente ed immobilizzata da tiri di ogni calibro
di soverchiante formazione navale che aveva contrattaccato per salvare i
piroscafi scortati, malgrado l’ordine di abbandonare la nave cercava di
assistere il comandante ferito e si gettava a mare solo dopo aver constatato
l’inutilità del generoso intento e nell’imminenza dell’affondamento.”
La motivazione della
Medaglia di bronzo al Valor Militare conferita sul campo al capo elettricista
di prima classe Michele Guastamacchia (nato a Terlizzi il 9 luglio 1911), al
secondo capo motorista Carmelo Marchettini (nato a Brancaleone il 7 marzo 1918)
ed al capo meccanico di terza classe Giuseppe Predonzan (nato a Venezia il 5
marzo 1913):
“Imbarcato su
torpediniera di scorta a convoglio, attaccata in ore notturne da soverchiante
formazione navale appoggiata da aerei, disimpegnava con serena fermezza i
propri incarichi al posto di combattimento mentre la silurante, investita da
tiri di ogni calibro, si era lanciata al contrattacco. Ferito, restava al
proprio posto nell’intento di porre rimedio ai danni verificatisi e lasciava la
gloriosa nave solo nell’imminenza della sua scomparsa.”
La motivazione della
Medaglia di bronzo al Valor Militare conferita sul campo al sottocapo meccanico
Daniele Unfer:
“Imbarcato su
torpediniera, quale capo guardia in caldaia, durante una scorta, attaccata
l’unità da soverchiante formazione navale avversaria appoggiata da aerei,
cercava con ogni mezzo di tenere efficiente la caldaia che aveva già subito
numerose avarie, mentre la nave si era lanciata al contrattacco affrontando
tiri di ogni calibro che la colpivano in più parti. Restava al proprio posto
finché, resosi impossibile l’ulteriore funzionamento dei macchinari, lasciava
per ultimo il locale dando prova di alte virtù militari e profondo senso del
dovere.”
Ultimi mesi di pace: la nave
in una foto scattata a metà del 1939 (Coll. Erminio Bagnasco via Maurizio
Brescia e www.associazione-venus.it)
|
Si ringrazia Antonio Salce,
autore, con Irene Salce e Simone Norbiato, di una monografia sul parente Gianni
Salce, guardiamarina caduto nell’affondamento della Castore, dalla quale sono tratti
l’elenco delle vittime, le motivazioni delle decorazioni e molte delle
informazioni sull’affondamento.
Buongiorno, sulla Castore era imbarcato anche lo zio di mia madre, il fuochista Di Nicola Antonio del 1921 di Pescara disperso in mare.
RispondiEliminaLa ringrazio, provvedo subito a correggere.
EliminaBuonasera, le rispondo per e-mail.
RispondiEliminaLorenzo Colombo
Buonasera mio nonno ha perso la vita sulla nave Castore la figlia è nata nel luglio del 43 e quindi non ha mai conosciuto suo padre che non ha mai neanche potuto pregare sulla sua tomba. Sarebbe bello poter avere notizie in merito...
RispondiEliminalei può darci una mano?
Buonasera,
Eliminapotrebbe dirmi come si chiamava?
Buongiorno anche mio zio Liscirelli tullio era sulla Castore al momento dell'affondamento.... Benché ferito, si salvò. Avete la lista dell'equipaggio per la conferma?
RispondiEliminaBuongiorno, purtroppo non ho la lista completa dell'equipaggio, solo quella delle vittime. Forse è possibile trovare l'elenco completo all'archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare...
EliminaBuongiorno,sono Antonio Salce, parente di un ufficiale imbarcato e scomparso con la Castore. Ho fatto ampie ricerche sul mio parente e sulla stessa castore e sono in gradi di forniLe l'elenco completo di caduti e sopravvissuti nell'affondamento dell'unità. Se vuole può contattarmi alla mail antonio_salce@libero.it
EliminaBuona sera, io sono il nipote di Igino Sampaolo, il marinaio di Potenza Picena sbarcato un attimo prima che il CT Castore lasciasse il porto di Taranto per l'ultima missine, mio zio mi ripeteva sempre che tutto l'equipaggio del Castore (dopo molti anni di navigazione insieme) era diventata una famiglia, perciò quando gli comunicarono che la nave era affondata e che molti marinai erano morti, pianse molto amaramente, era come se un pezzo della sua famiglia fosse scomparsa.
RispondiEliminaBuongiorno mio nonno Caldari Giovanni di Rimini era a bordo e mi raccontava che non sapeva nuotare perse i sensi e di risveglió sulla spiaggia
RispondiEliminaBuongiorno, sono un parente di uno dei caduti della Castore e ho fatto varie ricerche sulla storia della nave. Il nome di Caldari (ma Giuseppe, non Giovanni), senza altri dati anagrafici, compare nell'elenco dei sopravvissuti all'affondamento del 2/6/43, ma in nessun altro documento relativo al personale della torpediniera. Era forse 'in transito' sulla nave durante quella sfortunata navigazione da Taranto a Messina? Lei ha qualche notizia in proposito?
EliminaBuona Sera: il guardiamarina Giovanni Fantin, mio padre, non e caduto sul Castore. Fu raccolto da una barca di pescatori. Costanza Fantin
RispondiEliminaBuonasera,
Eliminami scuso per l'errore: era indicato come disperso in un elenco dell'equipaggio compilato dopo l'affondamento. Provvedo a correggere.
Buongiorno, sono un parente di uno dei caduti della Castore e ho fatto varie ricerche su quella nave. Nel confermarLe che il nome dell'Aspirante G.M. Giovanni Fantin è tra le MAVM consegnate a personale della Castore per l'azione del 2/6/43(G.U. n.39 del 17/2/47 dove però non compare la relativa motivazione), mi piacerebbe contattarLa per saperne di più sul suo parente: in particolare se facesse effettivamente parte dell'equipaggio della Castore o fosse 'in transito' su di essa, e se si potesse conoscere la motivazione della medaglia.
EliminaBuona sera ai presenti, ho letto tutti i nomi dei caduti del Cacciatorpediniere "CASTORE" affondato nel mar Ionio il 2 giugno 1943 e non ho riscontrato quello di mio Zio, Gavino GRAZIANO (mio omonimo), sepolto da allora nel Cimitero di Palizzi Marina, senza Onore Né Gloria. Si sono dimenticati di lui ?
RispondiEliminaBuonasera,
Eliminastranamente il suo nome non figurava nei documenti che avevo usato all'epoca come fonti. Ho controllato però sull'albo dei caduti e dispersi della Marina Militare che conferma che morì sulla Castore; aggiungo subito il suo nome.
Buongiorno, sono il parente di uno dei caduti della Castore su cui ho fatto varie ricerche. Mi piacerebbe contattarla in merito a Gavino Graziano, che compare in diversi documenti relativi alla torpediniera ma non tra i marinai "in ruolo" sulla stessa. Forse era 'in transito' sulla stessa durante quella navigazione?
EliminaBuon Pomeriggio, come posso accedere all'albo dei caduti e dei dispersi?. Grazie.
RispondiEliminaBungiorno, una copia digitalizzata si può trovare qui:
Eliminahttp://www.associazionedecimaflottigliamas.it/pdf/Caduti%20e%20Dispersi%20MM%20vol%201.pdf
http://www.associazionedecimaflottigliamas.it/pdf/Caduti%20e%20Dispersi%20MM%20vol%202.pdf
http://www.associazionedecimaflottigliamas.it/pdf/Caduti%20e%20Dispersi%20MM%20vol%203.pdf
Buongiorno Sig. Colombo, come vedrà ho scritto tre risposte ad altrettanti quesiti posti da parenti di marinai caduti o sopravvissuti nell'affondamento della Castore. Può autorizzarne la pubblicazione? E, se non ci sono problemi di privacy, potrebbe fornirmi, ove li abbia, i loro indirizzi mail così da poterli contattare personalmente, visto il tempo trascorso dai loro commenti?
RispondiEliminaSe poi le interessa, Le farò avere il risultato sulle mie ultimissime ricerche sui nomi di caduti, feriti e sopravvissuti a quella tragica notte.
Buonasera,
Eliminai commenti li ho pubblicati, purtroppo non conosco gli indirizzi email degli utenti in questione.
Buonasera, come scrissi in precedenza, anche mio zio Gavino GRAZIANO, marinaio elettricista sulla CASTORE, cadde in combattimento ma il suo nome non appariva in elenco, cosa che mi permisi di far notare all'autore del documento storico che lo aggiunse. Mi sovviene un dubbio, ora, circa la corretta identificazione, infatti, in elenco, appare altresì il nome di tal Marino GAVIANO, sempre ventenne ed elettricista, da Sassari. Temo in un qualche errore, in occasione dell'identificazione delle salme, anche perché Onoranze Funebri Caduti in Guerra ha determinato che non è stato possibile individuare il sito di sepoltura.
RispondiEliminaGAVIANO e GRAZIANO sono contrassegnati da asterisco in elenco dei Caduti, perché?
Grazie a chi potrà rispondermi su gavinograziano@gmail.com
Maggiore CC (r) Gavino GRAZIANO
Buongiorno, come ho scritto in fondo all'elenco dei caduti, l'asterisco indica personale che non faceva parte dell'equipaggio della Castore, ma che si trovava a bordo di passaggio. Gli elenchi dei caduti della Marina Militare confermano che Gavino Graziano morì nell'affondamento della Castore, mentre non vi figura Marino Gaviano, nominativo che avevo desunto da altro documento dell'epoca che invece non riportava il nome di Gavino Graziano. Mi ha fatto sorgere il dubbio che "Marino Gaviano" non fosse altro che Gavino Graziano, il cui nome potrebbe essere stato erroneamente trascritto in tale documento, ma non ho modo di verificarlo...
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