Il Nani (da www.warshipsww2.eu)
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Sommergibile di
grande crociera della classe Marcello (dislocamento di 1060 tonnellate in
superficie e 1313 in immersione). Svolse in guerra 6 missioni (3 in
Mediterraneo e 3 in Atlantico) percorrendo complessivamente 9958 miglia in
superficie (6162 in Atlantico e 3796 in Mediterraneo) e 1305 in immersione (378
in Atlantico e 927 in Mediterraneo), trascorrendo in mare 89 giorni ed
affondando due mercantili per totali 1939 tsl.
Breve e parziale cronologia.
15 gennaio 1936
Impostazione nei
Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero di costruzione 1193).
16 gennaio 1938
Varo nei Cantieri
Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone. È madrina Bianca Scala, moglie del
generale Scala.
Il Nani in allestimento a Monfalcone: sopra, insieme al gemello Veniero (da “Gli squali dell’Adriatico.
Monfalcone e i suoi sommergibili nella storia navale italiana” di Alessandro
Turrini, Vittorelli Edizioni, 1999, via www.betasom.it);
sotto, accanto ad un vecchio sommergibile della classe H in manutenzione (da “Sommergibili
italiani” di Alessandro Turrini ed Ottorino Ottone Miozzi, USMM, 1999, via www.betasom.it)
5 settembre 1938
Entrata in servizio.
Assegnato al II
Grupsom di Napoli, svolge intensa attività addestrativa dal 1938 al 1940.
6 giugno 1940
Quattro giorni prima
della dichiarazione di guerra, il Nani
(capitano di corvetta Gioacchino Polizzi) ed il gemello Barbarigo lasciano Napoli per il primo pattugliamento al largo di
Capo Bengut (Algeria) a 30 miglia dalla costa.
Il battello a Venezia nel
1939; s’intravede il campanile di Piazza San Marco (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net) |
10 giugno 1940
L’Italia entra nella
seconda guerra mondiale. Il Nani fa
parte della XXI Squadriglia Sommergibili (II Grupsom di Napoli) insieme ai
gemelli Marcello, Dandolo e Provana (oppure della XXII Squadriglia, assieme a Barbarigo, Emo, Morosini, Leonardo Da
Vinci e Guglielmo Marconi).
13 giugno 1940
Lascia il settore
d’agguato per rientrare alla base, senza aver avvistato nulla.
19 giugno 1940
Viene inviato a
pattugliare le acque al largo delle Baleari insieme ai sommergibili Ascianghi, Fratelli Bandiera e Santorre
Santarosa.
24 giugno 1940
Raggiunge il proprio
settore d’agguato, 15 miglia ad est di Porto Mahon (Minorca). Non avvisterà
nulla durante tutta la missione.
30 giugno 1940
Rientra alla base.
13 luglio 1940
Viene inviato in
pattugliamento ad est di Gibilterra insieme ai gemelli Comandante Faà di Bruno e Morosini
ed al più piccolo Berillo; al Nani viene assegnato il settore più
occidentale, tra Gibilterra e Capo Guillates (Marocco).
18-22 luglio 1940
Avvista più volte
unità leggere, ma non ha mai occasione di attaccare.
22 luglio 1940
Lancia due siluri,
alle tre di notte, contro un grosso cacciatorpediniere che ha avvistato nelle
acque del Marocco (dodici miglia a sudest di Punta Europa), ma le armi si
rivelano difettose (corsa irregolare) e mancano il bersaglio.
Ne viene poi deciso
l’invio in Atlantico; viene pertanto sottoposto a due mesi di lavori a Napoli
per adeguarlo ad affrontare l’oceano.
29 settembre 1940
Il Nani (capitano di corvetta Gioacchino
Polizzi) lascia Napoli diretto in Atlantico facendo parte del gruppo «Da Vinci»
(Nani, Leonardo Da Vinci, Glauco,
Otaria, Comandante Cappellini, Pietro Calvi, Enrico Tazzoli, Argo e Veniero), i cui battelli dovranno attraversare
lo Stretto di Gibilterra in coincidenza con il periodo della luna nuova e del
primo quarto, attaccare il naviglio mercantile nell’Atlantico centro-orientale
sino al limite dell’autonomia e poi raggiungere la base di Betasom a Bordeaux.
4 ottobre 1940
Attraversa lo stretto
di Gibilterra in immersione: lo imbocca nelle prime ore del mattino, e quando
ne è quasi uscito viene travolto da una forte corrente sottomarina, “precipitando”
fino a 140 metri di profondità ma senza subire alcun danno. Viene poi inviato a
pattugliare le acque tra Madera e le Azzorre insieme ai sommergibili Glauco, Otaria, Leonardo Da Vinci,
Comandante Cappellini e Veniero.
Lancia un siluro
contro un piroscafo scortato, senza colpirlo.
5 ottobre 1940
Alle 4.13, appena
giunto nel proprio settore operativo, il Nani (capitano di corvetta Gioacchino Polizzi) avvicina un piroscafo illuminato e si avvicina in superficie per identificarlo, ma nel corso dell'avvicinamento avvista una sagoma oscurata ad un migliaio di metri di distanza. Il sommergibile si avvicina fino a soli 400 metri, ma il comandante Polizzi si accorge di essere in una posizione sfavorevole per un lancio con i tubi di prua; vira allora a sinistra per rivolgere la poppa al bersaglio, ma mentre la manovra è in corso, alle 4.16, questi apre il fuoco sul Nani, sparando due colpi nell'arco di mezzo minuto.
La sagoma avvistata infatti non appartiene ad una semplice nave mercantile, bensì al piropeschereccio armato britannico Kingston Sapphire (tenente di vascello Louis Alan Sayers), un'unità di 356 tsl requisita dalla Royal Navy e convertita in unità antisommergibili, facente parte del dispositivo di vigilanza dello stretto di Gibilterra. A causa del buio e della pessima visibilità, Polizzi crede invece di avere a che fare con una ben più grande petroliera di 7000 tsl, dotata di armamento difensivo. I due colpi sparati cadono l'uno a 400 e l'altro a 600 metri di distanza, senza recar danno al Nani, che di lì a meno di un minuto lancia un siluro tipo W 200 da 450 mm da uno dei tubi poppieri, da una distanza di 600 metri (altre fonti, probabilmente erronee, parlano del lancio di due o quattro siluri). Dopo 36 secondi l'arma va a segno, e la nave inizia ad affondare. Il Nani si allontana, fino al limite della visibilità, poi torna indietro ed osserva delle scialuppe che recuperano uomini dal mare.
In breve il Kingston Sapphire affonda nel punto 36°02' N e 07°10' O (o 36°11'
N e 06°32' O), a ponente di Gibilterra, ad una cinquantina di miglia da Capo
Spartel e venti miglia a sudovest di Cadice. Tredici membri dell’equipaggio del Kingston Sapphire rimangono uccisi,
mentre gli altri 28 o 29, tra cui il comandante Sayers ed altri tre ufficiali, saranno soccorsi dal peschereccio spagnolo Nettuno e sbarcati a
Huelva.
11-27 ottobre 1940
Si trasferisce nella
zona d’operazioni a nordovest di Madera e vi staziona in agguato, ma non
avvista nessuna nave e, giunto al limite dell’autonomia, dirige quindi per la
base.
23 ottobre 1940
Ferma il piroscafo
greco Sulliotis, neutrale (l’Italia
attaccherà la Grecia giusto il 28 ottobre) ed in navigazione verso New York, lo ispeziona e poi lo lascia proseguire, non avendo riscontrato
irregolarità.
27 ottobre 1940
Alle 13.35 (altra fonte parla di mezzanotte), durante la
navigazione verso Bordeaux, il Nani avvista una nave all'orizzonte: si tratta del piroscafo svedese Meggie
(capitano F. B. Johansson) di 1583 tsl, anch'esso neutrale ed in navigazione –
isolato e senza bandiera – da Dunston a Madera. Ordinato alla nave di fermarsi alle 14.12, il Nani manda a bordo un picchetto d'ispezione, che esaminando i documenti di bordo scopre che il carico di 4000 tonnellate di carbone proviene dal Regno Unito e che il Meggie ha navigato nella parte iniziale della traversata con il convoglio britannico OB. 228, in violazione
delle regole di neutralità. Il comandante Polizzi ordina pertanto ai ventuno uomini dell'equipaggio di abbandonare la nave, cosa che fanno prendendo posto nelle due scialuppe, e poi affonda a cannonate il mercantile nel punto 37°20' N e 34°15' O (70 miglia a
sudest di Santa Maria nelle Azzorre, o 60 miglia ad est delle Azzorre): otto colpi di cannone alla linea di galleggiamento sono sufficienti alla bisogna, il Meggie si capovolge sul lato sinistro ed affonda nel giro di qualche minuto.
Polizzi decide poi di prendere a rimorchio le lance con i naufraghi per avvicinarle alla terra più vicina, l'isola di San Miguel: dal Nani viene passato alle due imbarcazioni un cavo di manila lungo circa cento metri, ed alle 15 il rimorchio ha inizio ad una velocità di otto nodi. A questa velocità e con il mare mosso, tuttavia, le scialuppe imbarcano acqua e rischiano il rovesciamento, pertanto segnalano il problema al Nani, che riduce allora la velocità a tre nodi. Dopo circa dodici ore di rimorchio, il cavo si spezza nel cuore della notte, quando il sommergibile e le scialuppe si trovano a 25 miglia da San
Miguel: il mare è mosso, la visibilità prossima allo zero, e le lance accendono le luci di posizione; ritenendo che ciò determini una situazione di insicurezza per il Nani, Polizzi decide di andarsene per non esporre il sommergibile a rischi ulteriori.
Le lance del Meggie mettono a mare due ancore galleggianti, e manovrano con i remi per evitare di traversarsi alle onde; verso le cinque del mattino le due imbarcazioni si perdono di vista, nonostante la lancia di dritta lanci dei razzi di segnalazione per cercare di ristabilire il contatto e quella sinistra li veda e ne lanci a sua volta. Le due lance proseguono quindi ciascuna per conto proprio verso San Miguel: quella di dritta (al comando del capitano Johansson) giungerà in vista dell'isola il 4 novembre, venendo soccorsa da un peschereccio del posto il giorno stesso (i naufraghi verranno sbarcati a Porto Formoso); quella di sinistra (al comando del primo ufficiale), vanamente cercata per due giorni da un cacciatorpediniere portoghese uscito in mare in seguito al salvataggio dei naufraghi della prima scialuppa, alzerà la vela e dirigerà il 29 ottobre direttamente verso la costa portoghese (avendo incontrato vento sfavorevole alla navigazione verso le Azzorre), dove approderà il 9 novembre. Non vi sono vittime.
Il Meggie, incendiato a cannonate dal Nani, è in procinto di affondare (da “Costituzione e attività operativa di Betasom nel 1939-1940” di Francesco Mattesini, su www.academia.edu) |
4 novembre 1940
Il Nani giunge a Bordeaux,
dov’è stata creata la base atlantica italiana di Betasom.
13 dicembre 1940
Lascia Bordeaux per
la seconda missione atlantica, facendo parte del gruppo «Calvi» (Calvi, Emo, Bagnolini, Veniero, Nani e Tazzoli), le cui
unità dovranno operare in zone confinanti ad ovest delle Isole Britanniche sino
ai limiti dell’autonomia. Il sommergibile incontra condizioni meteomarine
eccezionalmente avverse.
17 dicembre 1940
Il grave ferimento
del comandante in seconda e di un artigliere, causato da un’enorme onda che
investe la torretta, costringe il battello a tornare alla base, dove vengono
sbarcati i feriti.
17-18 dicembre 1940
Il Nani, in trasferimento da La Pallice a
Bordeaux lungo la Gironda (oppure mentre sosta alla fonda a Pauillac), viene
attaccato nottetempo da aerei britannici ma ne abbatte uno con il tiro delle
mitragliere, dopo un intenso scambio di colpi.
Un’altra immagine del
sommergibile (da “Le navi del re. Immagini di una flotta che fu” di Achille
Rastelli, SugarCo Edizioni, 1988, via Marcello Risolo)
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La perdita
La sosta a Bordeaux
durò solo il tempo necessario a rimpiazzare i feriti: il 20 dicembre 1940 il Nani, al comando del capitano di
corvetta Gioacchino Polizzi, partì da Bordeaux per riprendere la missione interrotta
nelle acque a ponente dell’Irlanda. A causa del ritardo causato dal precedente
contrattempo, il sommergibile ricevette l’ordine di seguire la rotta più breve
per l’avvicinamento all’area operativa.
Il 1° gennaio 1941 il
battello andò a formare una linea d’attacco ad ovest del Canale del Nord (da
mantenere fino al 18 gennaio) insieme ai sommergibili italiani Glauco e Leonardo Da Vinci (i tre battelli italiani formavano un gruppo
denominato proprio «Nani») ed ai tedeschi U
38 e U 124, ma non diede più
notizia di sé dopo il 3 gennaio 1941, data del suo ultimo segnale ricevuto a
Bordeaux.
Alle 15.06 del 7
gennaio Betasom chiamò tre dei suoi sommergibili in missione, e solo il Nani («64 W») non rispose; così come rimase
silente alle nuove chiamate, tre giorni dopo, alle 15.09 del 10 gennaio.
Qualche ora dopo fu ripetuto lo stesso segnale, ma di nuovo senza risposta, al
pari dei successivi.
Il Nani fu dichiarato perduto per
circostanze ignote – forse anche il maltempo – ed in data imprecisata tra il 3
gennaio, data del suo ultimo contatto radio con la base, ed il 20 febbraio 1941,
ultima data possibile per il suo ritorno alla base. Scomparvero con l’unità il
comandante Polizzi, altri 6 ufficiali e 48 tra sottufficiali, sottocapi e
marinai.
Fonti britanniche ne
attribuiscono l’affondamento ad un attacco con bombe di profondità da parte
della corvetta britannica Anemone
(capitano di corvetta Humphry Gilbert Boys-Smith) il 7 gennaio 1941, nel punto
60°15’ N e 15°27’ E (al largo delle isole Faer Oer, 200 miglia a sud
dell’Islanda o 339 miglia a sudest di Reykjavik, a nordovest dell’Irlanda ed a
ponente del Canale del Nord).
Il mattino del 7
gennaio 1941 l’Anemone stava
procedendo a quattro nodi su rotta 290° per andare incontro al convoglio HX.99,
in arrivo sulla medesima rotta ma con direzione opposta. Alle 10.45, da bordo
della corvetta, venne avvistata un’unità non identificata circa cinque miglia a
poppavia sinistra, che stava superando l’Anemone
ad alta velocità. Non essendoci ancora la piena luce del giorno, da bordo della
nave britannica lo sconosciuto fu dapprima ritenuto essere un peschereccio
antisommergibile, perciò fu tenuto d’occhio ma, dato che si stava avvicinando
rapidamente, non fu modificata la rotta; la rifrazione dell’alba ostacolava il
riconoscimento.
Alle 11.07, tuttavia,
gli uomini dell’Anemone si resero
conto che il nuovo arrivato era un grosso sommergibile – che, in base alle sue
“eccessive” dimensioni, ritennero essere più probabilmente italiano che tedesco,
e quasi certamente delle classi Calvi, Foca od Archimede – che stava venendo
dritto verso di loro a tutta forza. La corvetta segnalò via radio
l’avvistamento, ma seguitò a restare sulla sua rotta, perché appariva evidente
che il sommergibile non avesse ancora riconosciuto la sagoma della nave
britannica; il comandante dell’Anemone,
che il giorno prima aveva fermato il piropeschereccio svedese San-Tooy, che riteneva “sospetto”,
pensava forse (a torto) che il San-Tooy
fornisse appoggio agli U-Boote e che il sommergibile avesse scambiato l’Anemone per la nave svedese, e per
questo gli si stesse avvicinando con tanta imprudenza. Sapendo che quanto più a
lungo il battello nemico avesse ignorato la sua identità, tanto più si sarebbe
avvicinato, l’Anemone proseguì sulla
sua rotta fino alle 11.15, quando, essendosi le distanze ridotte a 2900 metri,
la corvetta gettò la maschera, virò verso il sommergibile a tutta forza ed aprì
il fuoco. Il sommergibile virò subito di 180° e tentò di fuggire; benché l’Anemone stesse procedendo alla massima
velocità, la distanza tra inseguitore ed inseguito andò aumentando rapidamente,
ma la sesta salva del cannone da 100 mm della corvetta centrò il battello a
poppa sinistra. Tre secondi più tardi, il sommergibile iniziò ad immergersi
dopo aver emesso un forte sbuffo di acqua nebulizzata o fumo bianco dalla
poppa; la settima salva dell’Anemone,
sparata da 3660 metri, lo mancò di poco mentre s’immergeva.
Una piccola chiazza
d’olio, e l’acqua perturbata, indicava il punto in cui il battello si era
immerso, e nel sopraggiungervi l’Anemone,
pur senza aver ottenuto alcun contatto (a causa delle vibrazioni della nave), lanciò
un pacchetto di sei bombe di profondità regolate per scoppiare a 46, 76 e 106
metri; subito dopo, alle 11.32, la corvetta gettò un secondo pacchetto di
cariche di profondità (regolate per scoppiare alle medesime quote) poco
distante dal punto dell’immersione, nella supposizione che dopo essersi immerso
il sommergibile avrebbe virato di 180° (in realtà aveva virato di 90° a dritta).
Quasi subito dopo, l’Anemone ottenne
un contatto molto chiaro al traverso a sinistra, a 2100 metri di distanza; il
sommergibile procedeva a zig zag, ma la sua velocità era piuttosto scarsa, e la
corvetta, procedendo a 9 nodi, lo sorpassò rapidamente prima di lanciare, alle
11.40, altre sei bombe di profondità regolate per le stesse profondità delle
precedenti.
Non ritrovando subito
il contatto, l’Anemone eseguì una
ricerca su un percorso a “L”, e alle 11.48 riottenne nuovamente un contatto
marcato, ma meno di prima. Il sommergibile continuò a zigzagare, ed un
tentativo, da parte della corvetta, di eseguire un attacco al suo traverso
fallì proprio per una delle continue virate del bersaglio. Solo alle 13 l’Anemone poté lanciare il quarto pacchetto
di sei cariche di profondità, sempre regolate per le stesse quote. Il contatto
fu ritrovato alle 13.10: ora non c’era più effetto doppler e nemmeno rumore di
motori (a differenza di prima), ma il sommergibile sembrava stare lentamente
virando verso sinistra. Alle 13.25 la corvetta lanciò il quinto pacchetto di
bombe di profondità, ritrovando subito il contatto ma subendo in quel momento
un’avaria del registratore, che costrinse ad usare trasmissioni manuali. Il
registratore venne riparato alle 13.45; per tutto questo lasso di tempo il
sommergibile non si era apparentemente mosso. Alle 13.55 l’Anemone, ormai a corto di bombe di profondità, ne lanciò altre tre
sopra il bersaglio sempre regolate per 46, 76 e 106 metri.
Pochi secondi dopo
che l’acqua smossa dalle detonazioni di queste ultime bombe di profondità si fu
completamente calmata, si verificarono due improvvise eruzioni di bolle d’aria,
che causarono una strana schiuma di colore bianco come la nave e poi si
trasformarono in una grossa chiazza circolare di eruzioni di bolle, a fianco
della quale, dopo un secondo, ne apparve un’altra più piccola. Sull’Anemone si pensò che il sommergibile
fosse stato colpito e squarciato, dunque non ci si aspettava più di ritrovare
il contatto; invece, alle 14.20 la corvetta ottenne nuovamente il contatto ed
alle 14.25 lanciò una singola bomba di profondità, regolata per 106 metri,
sulla sua verticale.
Alle 15.07 la nave
britannica ritrovò ancora una volta il contatto, ed alle 15.14 lanciò
un’ennesima carica di profondità, sempre regolata per esplodere a 106 metri; il
contatto fu mantenuto anche dopo l’attacco, così l’Anemone virò e alle 15.22 gettò un’ultima bomba di profondità,
regolata per 76 metri. Anche dopo questo attacco fu mantenuto il contatto, che
però, lentamente e gradualmente, andò scomparendo. L’Anemone setacciò minuziosamente la zona, ma non trovò più alcun
contatto, dunque ritenne di aver affondato il sommergibile.
Alle 16 la nave
avvistò il convoglio HX 99 in avvicinamento ed alle 18.20 ne assunse la scorta,
venendo rimpiazzata dalla similare corvetta La
Malouine, della Francia Libera, nella ricerca del sommergibile. Ma ormai
non c’era più nulla da trovare.
Il giorno precedente,
il 6 gennaio, aerei britannici avevano anch’essi attaccato un sommergibile dell’Asse,
forse danneggiandolo od affondandolo.
Il caposcorta del
convoglio HX 99 approvò la condotta dell’Anemone
e ritenne che gli elementi a disposizione portavano a ritenere che il
sommergibile fosse stato distrutto; il Comando in Capo dell’Atlantico Occidentale
elogiò la condotta del comandante e dell’equipaggio dell’Anemone, e ritenne che il sommergibile attaccato fosse stato
"indubbiamente affondato"; la "Submarine Tracking Room" ritenne che un
sommergibile, probabilmente italiano, fosse stato probabilmente affondato da
aerei il 6 gennaio o dall’Anemone il
7. Il 3 febbraio 1941 l’U-Boat Assessment Commitee classificò il risultato
dell’azione della corvetta come “probabilmente affondato”.
Il comandante dell’Anemone ritenne che i successivi
attacchi della sua nave avessero provocato una progressiva perdita di galleggiabilità,
e che l’ultimo avesse dato il colpo di grazia; l’U-Boat Assessment Committee
ipotizzò che dopo gli ultimi attacchi il battello si fosse andato sempre più
appesantendo e che il suo comandante avesse fatto un ultimo tentativo di
mantenerlo sotto controllo aumentando la velocità, ma che l’ultima bomba di
profondità ne avesse messo fuori uso i motori o compromesso definitivamente la
galleggiabilità, causandone la definitiva perdita di controllo ed un
progressivo sprofondamento verso il fondo, profondo in quel punto quasi 1500
metri.
La posizione
dell’azione dell’Anemone si trova a
330 miglia a nord di quella che era la zona operativa assegnata al Nani: ragion per cui le fonti italiane
ritengono dubbia l’attribuzione a tale azione della perdita del battello, anche
perché, nell’ipotesi che il Nani
avesse lasciato il proprio settore d’operazioni per inseguire un convoglio,
sarebbe apparso strano che tale convoglio non fosse stato avvistato dai
sommergibili tedeschi (U 38, U 95, U 105, U 124) che
operavano appena più a sud. D’altra parte, nessun altro sommergibile dell’Asse
risulta perduto in circostanze compatibili con l’attacco della corvetta, e non
esistono altre spiegazioni per la perdita del Nani.
Dispersi con il Nani:
Gino Agnelli, secondo capo radiotelegrafista, da Fermo
Ugo Alvisi, secondo capo radiotelegrafista, da Sant'Agostino
Giuseppe Ambrosino, marinaio, da Procida
Federico Antonucci, capo silurista di terza classe, da Firenze
Arturo Barbieri, sottocapo silurista, da Modena
Antonio Battaglia, marinaio silurista, da San Giorgio a Cremano
Silvio Bertelli, sottocapo segnalatore, 23
anni, da Gaeta
Ciro Berton, sergente elettricista, da Dignano
Aldo Borgognoni, marinaio fuochista, da Cisterna di Latina
Filippo Calogero, marinaio, da Catania
Carlo Cappiello, marinaio motorista, 21 anni, da
Marina di Cassano (Piano di Sorrento)
Ernesto Cassinari, marinaio silurista, da Comazzo
Mario Cattaruzza, tenente del Genio Navale, da Venezia
Ornelio Cornacchini, marinaio silurista, da Trevenzuolo
Orlando Crispino, marinaio radiotelegrafista, da Rieti
Pietro Dal Pezzo, marinaio silurista, da Casola Vasenio
Mario De Angelis, sottocapo cannoniere, da Napoli
Ubaldo De Luca, marinaio radiotelegrafista, da Roma
Salvatore De Simone, marinaio fuochista, da Palermo
Pasquale De Vita, marinaio fuochista, da Napoli
Giuseppe Deserio, marinaio, da Mola di Bari
Antonio Di Meo, capo meccanico di terza classe, da Pratella
Vincenzo Diminico, marinaio elettricista, da Melito Irpino
Montroso Facioni, secondo capo cannoniere, da Roccagiovine
Gennaro Gagliano, secondo capo meccanico, da Praiano
Giuseppe Gualco, sottotenente di vascello, da Loano
Giovanni Lauretani, marinaio elettricista, da Pescara
Giuseppe Lavatelli, secondo capo elettricista, da Cerano
Paolo Manuguerra, marinaio, da Favignana
Valentino Marigliani, marinaio, da Terracina
Paolo Emilio Marinelli, sottotenente di
vascello, da Caserta
Francesco Mattiuzzi, secondo capo nocchiere, da Oderzo
Giovanni Mirano, sottocapo, da Napoli
Luigi Monticone, sottocapo motorista, da Settimo Torinese
Vito My, marinaio cannoniere, da Nardò
Giovanni Nicoletti, sottocapo silurista, da Taranto
Renato Pagani, marinaio silurista, da Momo
Vincenzo Palmieri, sergente silurista, da Mola di Bari
Giovanni Palmisano, marinaio, da Lampedusa
Vittorio Pappalardo, sergente motorista, da Maiori
Antonio Pedroni, capo meccanico di seconda classe, da Arzachena
Riccardo Petrali, tenente del Genio Navale
(direttore di macchina), da Mantova
Gioacchino Polizzi, capitano di corvetta
(comandante), 36 anni, da Partinico
Ernesto Porzio, tenente di vascello
(comandante in seconda), da Napoli
Nicolò Principato, marinaio, da Santa Flavia
Mario Raimoldi, sottocapo cannoniere, da Legnano
Omero Ricchi, secondo capo elettricista, da Carsoli
Basilio Romano, marinaio silurista, da Bronte
Mario Saladini, sergente elettricista, da Civitavecchia
Fortunato Stefanoni, secondo capo silurista, da Scandolara Ravara
Giuseppe Tuccari, sottotenente del Genio
Navale, da Castiglione di Sicilia
Luigi Vatellini, marinaio fuochista, da Gorizia
Ugo Vergottini, marinaio elettricista, da Dervio
Giobatta Virgilio, marinaio fuochista, da Imperia
Salvatore Zerillo, sottocapo furiere, da Cinisi
Il comune natale del comandante Polizzi, Partinico, gli ha dedicato nel 1947 una via ed una scuola elementare.
Il Nani in navigazione (da www.grupsom.com)
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Marinaio motorista Carlo Cappiello e il Regio Sommergibile Nani
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