Il varo della Procellaria (g.c. Marcello Risolo via www.naviearmatori.net)
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Corvetta della serie Gabbiano della classe Gabbiano (670 tonnellate di
dislocamento in carico normale, 740 a pieno carico). Portava la sigla C 12.
Breve e parziale
cronologia.
14 gennaio 1942
Impostazione nei cantieri Cerusa di Genova Voltri.
4 settembre 1942
Varo nei cantieri Cerusa di Genova Voltri.
Due
immagini della nave durante la costruzione (g.c. Nedo B. Gonzales, via www.naviearmatori.net)
29 novembre 1942
Entrata in servizio.
28 gennaio 1943
Lascia Messina alle due di notte per la sua prima missione di guerra,
scortando i piroscafi Parma, Vercelli, Sabbia e Lanusei insieme
alla torpediniera di scorta Animoso
ed ad altre unità. In mare le navi si riuniscono con altre provenienti da
Palermo (il piroscafo Stella e la
relativa scorta), andando a formare un unico grande convoglio formato dai
piroscafi Parma, Vercelli, Sabbia, Stella e Lanusei e scortato, oltre che dall’Animoso e dalla Procellaria,
da altre tre torpediniere ed una corvetta. Il convoglio si dovrà poi dividere:
alcuni dei mercantili raggiungeranno Tunisi, altri Biserta. Subito dopo la
partenza, tuttavia, il servizio di decrittazione britannico “ULTRA” rivela ai
comandi britannici che Parma e Lanusei dovrebbero giungere a Tunisi nel
pomeriggio del 29, permettendo così di organizzare una serie di attacchi aerei
e subacquei contro il convoglio.
29 gennaio 1943
Il sommergibile britannico Rorqual
attacca infruttuosamente con il siluro il Sabbia
e lo Stella, nel golfo di Squillace.
Nessuna nave viene colpita.
Alle 11.15, quando le navi, in navigazione con anche la scorta aerea di
caccia italiani e tedeschi, sono ad appena una trentina di miglia da Capo Bon,
il convoglio viene attaccato da un nutrito gruppo di bombardieri Alleati. Il Lanusei, colpito, riesce a spegnere gli
incendi e proseguire, ma il Vercelli,
a sua volta centrato, affonderà alle 4.15 del 30 gennaio nonostante i tentativi
di salvataggio da parte della torpediniera Generale
Marcello Prestinari e di due
rimorchiatori inviati da Biserta.
Il convoglio si divide poi come previsto: Sabbia e Stella verso Biserta, Parma e Lanusei verso
Tunisi, con le rispettive quote della scorta.
Alle 15.15 il Parma, mentre
imbocca il canale d’ingresso di La Goletta (Tunisi), urta una mina posata dal Rorqual, andando poco dopo ad affondare
su un bassofondale.
Alle 17.45 del 29 Procellaria,
Animoso, Sabbia e Stella giungono a
Biserta.
La
Procellaria nel 1942 (g.c. Marcello
Risolo via www.naviearmatori.net)
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L’affondamento
Dopo un servizio estremamente breve, la Procellaria divenne la prima delle sole tre corvette classe
Gabbiano ad andare perdute nel conflitto con gli Alleati, e l’ennesima vittima
dell’atroce guerra di mine nel Canale di Sicilia.
Alle 4.30 del 31 gennaio 1943 la Procellaria,
al comando del tenente di vascello Giorgio Volpe, salpò da Biserta insieme alla
gemella Persefone (tenente di
vascello Lucciardi) per scortare un convoglio abbastanza inusuale. Lo
componevano due navi da guerra: l’una, il cacciatorpediniere Maestrale (capitano di vascello Nicola
Bedeschi), priva della poppa, asportatagli proprio da una mina appena ventidue
giorni prima; l’altra, la torpediniera di scorta Animoso (tenente di vascello Cuzzi), intenta a rimorchiare il Maestrale, che, dopo le prime
riparazioni provvisorie effettuate a Biserta, doveva essere portato in Italia
per la ricostruzione della poppa (non effettuabile con i mezzi disponibili in
Tunisia). C’erano inoltre quattro piccole unità, due motosiluranti italiane (MS 16 e MS 35) e
due motozattere tedesche (la F 481 e la F 484), anch’esse in funzione di scorta.
Le due corvette trasportavano anche degli avieri che rientravano in Italia in
licenza; sulla Procellaria, oltre
agli 88 uomini che componevano l’equipaggio, si trovavano 31 militari di
passaggio.
L’Animoso con a rimorchio il Maestrale era al centro della
formazione, mentre Procellaria e Persefone erano a 1700 metri
rispettivamente a dritta ed a sinistra. Le due motozattere e le due
motosiluranti erano a poppavia delle navi; una delle due
motosiluranti era unita con rimorchio alla poppa del Maestrale (l’Animoso lo
era invece a prua) per cooperare con l’Animoso
nel governo in rotta, sostituendo l’ormai inesistente timone del
cacciatorpediniere danneggiato. Il convoglio procedeva a 4-5 nodi – di più, con
una nave mutilata a rimorchio, non si poteva fare –, con tempo favorevole.
Intorno alle 8.30 l’ecogoniometro della Procellaria rilevò qualcosa che il comandante Volpe ritenne essere
un sommergibile, dunque la corvetta lasciò la formazione, eseguì un giro
lanciando di cariche di profondità e poi riassunse la sua posizione. Dato che
appena due giorni prima la Procellaria,
diretta a Biserta (dov’era giunta nel pomeriggio del 29 gennaio), era
transitata sulla medesima rotta in direzione opposta, Volpe riteneva che con
buona probabilità non vi dovessero essere mine.
Si sbagliava: proprio la notte successiva, il 30 gennaio, il posamine
britannico Welshman (capitano di
fregata William Howard Dennis Friedberger) aveva posato uno sbarramento di ben
158 mine proprio in quelle acque.
Alle 9.30 la Procellaria,
avendo rilevato nuovi echi all’ecogoniometro – il comandante Volpe credeva
ancora che fosse un sommergibile – uscì nuovamente di formazione, lanciò bombe
di profondità e domandò poi al Maestrale
(il cui comandante Bedeschi, essendo il più alto di grado, era comandante
superiore in mare) se dovesse continuare la caccia. Dal cacciatorpediniere fu
risposto di riprendere il suo posto nella formazione, e di fare attenzione, perché
la presenza di mine non andava esclusa: anche gli ecogoniometri delle altre
navi avevano iniziato a rilevare dei contatti.
Alle 10.30, infatti, la catena di rimorchio tesa tra Animoso e Maestrale s’impigliò in una mina, che esplose sollevando una grossa
colonna d’acqua e spezzando la catena: ora non c’erano più dubbi, il convoglio
era finito in un campo minato.
Sulla Procellaria la
situazione stava divenendo sempre più allarmante: l’ecogoniometro rilevava
ormai mine in tutte le direzioni, come fu comunicato al Maestrale. Il comandante Volpe valutò a fondo le indicazioni
fornite dall’ecogoniometro e ritenne che a poppa si trovasse una zona libera,
quindi ordinò macchine indietro nel tentativo di uscire, a marcia indietro, dal
campo minato. La speranza di poterne uscire fu spezzata dopo pochi attimi,
quando, alle 11.19, la Procellaria
urtò una mina a poppa estrema.
La situazione apparve subito seria, ma non tale da mettere la nave in
immediato pericolo di affondamento; l’equipaggio rimase ai propri posti, ma
dopo meno di mezzo minuto la corvetta urtò un’altra mina, che devastò la poppa.
Ora la situazione andò precipitando: il comandante Volpe dovette ordinare di
mettere a mare i mezzi di salvataggio e poi di abbandonare la nave.
Nella sventura, la Procellaria
ebbe una piccola fortuna che non toccò a molte altre navi rimaste vittime delle
mine: la presenza sul posto di due motozattere tedesche, le quali, grazie al
loro fondo piatto e bassissimo pescaggio, potevano muoversi senza grande
pericolo anche all’interno di un campo minato, permettendo così il salvataggio
dei naufraghi. Subito dopo l’esplosione delle mine, il comandante Bedeschi del Maestrale ordinò alle motozattere di
soccorrere l’equipaggio della corvetta. Al salvataggio dei naufraghi partecipò
anche un velivolo della scorta aerea, che segnalò alle infaticabili F 481 e F 484 la posizione dei naufraghi che avvistava di volta in volta. Durante
tale operazione, ci fu un allarme sommergibile e la Persefone lanciò parecchie bombe di profondità.
La Procellaria, intanto,
affondava lentamente di poppa. Il comandante Volpe abbandonò per ultimo la
nave, quando appariva chiaro che ormai nulla avrebbe salvato la corvetta
dall’affondamento: il relitto semisommerso della Procellaria, con la sola prua estrema affiorante, continuò a
galleggiare fino alle 14.30, quando s’inabissò nel punto 37°20’ N e 10°37’ E.
Le motozattere recuperarono in tutto 5 ufficiali, 5 sottufficiali e 57
tra sottocapi e marinai appartenenti all’equipaggio della corvetta, nonché i 31
militari imbarcati di passaggio; quattro erano feriti gravemente.
Un ufficiale, due sottufficiali e 18 tra sottocapi e marinai
risultarono morti o dispersi. Altri due o tre dei sopravvissuti morirono
probabilmente per le ferite nei giorni successivi, aggravando il bilancio.
Il comandante Volpe, trentenne, piacentino, venne decorato con la
Medaglia di bronzo al Valor Militare per essersi prodigato nel mettere in salvo
i suoi uomini.
Morti nell’affondamento:
Giuseppe Bocci,
marinaio fuochista, disperso
Andrea Bollea,
marinaio torpediniere, disperso
Lorenzo Bottino,
marinaio, disperso
Enzo Casini,
marinaio torpediniere, deceduto
Martino Colombo,
marinaio torpediniere, disperso
Aroldo Cupello,
sergente furiere, disperso
Spartaco Della
Pelle, marinaio torpediniere, disperso
Valdemaro
Feruglio, marinaio, disperso
Giannetto
Gasparone, marinaio torpediniere, disperso
Salvatore Guida,
marinaio, disperso
Gaetano Manitto,
marinaio, disperso
Carlo Massarola,
marinaio elettricista, deceduto
Leonardo
Mazzolini, marinaio torpediniere, disperso
Giuseppe Mirabito,
secondo capo nocchiere, disperso
Pasqualino
Pascucci, sottocapo torpediniere, disperso
Giovanni Pietraricola,
marinaio cannoniere, disperso
Elio Porcile,
aspirante (Genio Navale), disperso
Pierino Sartirano,
secondo capo elettricista, disperso
Domenico Savino,
marinaio, disperso
Araldo Verri,
sottocapo cannoniere, disperso
Amedeo Zannoni,
sottocapo torpediniere, disperso
La Procellaria in lento affondamento il 31 gennaio 1943, mentre sono in corso le operazioni per il recupero del suo equipaggio (nell’ordine: Coll. E. Bagnasco via M. Brescia e www.associazione-venus.it; g.c. Stefano Cioglia via www.naviearmatori.net; g.c. Marcello Risolo via www.naviearmatori.net). La motozattera visibile nella terza foto è la tedesca F 481.
La guerra di mine dava sovente veridicità al detto secondo il quale le
disgrazie non vengono mai sole, e ciò accadde anche in questa occasione.
L’ammiraglio Bianchieri, comandante di Marina Biserta, fu informato
dell’accaduto poco dopo mezzogiorno, e, essendogli stato riferito che la Procellaria era ancora a galla, pensò
che fosse possibile inviare da Biserta qualche mezzo per raggiungere la nave
sinistrata e rimorchiarla in salvo, come era stato fatto tre settimane prima
proprio con il Maestrale. Stante
l’insufficiente velocità dei rimorchiatori (che non avrebbero raggiunto la
corvetta prima del tramonto, con il rischio che lo scarroccio la facesse finire
sugli sbarramenti difensivi italiani «X 2» e «X 3» causandone la definitiva
perdita), Bianchieri inviò allo scopo la vecchia torpediniera Generale Marcello Prestinari, che doveva in ogni caso partire per Palermo. Se la
torpediniera non fosse riuscita a trovare il relitto galleggiante della Procellaria, sarebbe semplicemente
proseguita verso Palermo.
La Prestinari lasciò Biserta
alle 15.30: a quell’ora la Procellaria
era già affondata da un’ora, ma la notizia non era ancora arrivata. Alle 17.31,
giunta nei pressi del punto d’affondamento della corvetta, la Prestinari urtò a sua volta una mina ed
affondò con la perdita di 84 uomini.
Il Maestrale e le altre navi
riuscirono ad uscire dal campo minato e raggiunsero Trapani dopo mille
peripezie.
Il Welshman non sopravvisse
al proprio duplice successo: il 1° febbraio 1943, proprio mentre tornava ad
Alessandria, via Malta, dopo aver posato le mine sulle quali erano frattanto
affondate Procellaria e Prestinari, venne silurato dal
sommergibile tedesco U 617 ed affondò
con la maggior parte del proprio equipaggio.
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