La nave quando portava il
nome di Oberschlesien (da www.betasom.it)
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Motonave cisterna da
2069,51 tsl, 1297,98 tsn e 3020 tpl, lunga 87,59 metri , larga
12,35 e pescante 7,15, velocità 9 nodi. Appartenente alla Società Anonima
Nereide con sede a Genova ed iscritta con matricola 1508 al Compartimento
Marittimo di Genova; nominativo di chiamata IBEY.
Completata nel primo
dopoguerra nei cantieri tedeschi Krupp di Kiel, la nave ebbe la particolarità
di essere costruita riutilizzando i motori e gli scafi resistenti di alcuni
U-Boote della disciolta Kairserliche Marine, in demolizione sugli scali di
costruzione di quello stesso cantiere dopo la fine del primo conflitto mondiale, senza mai essere stati
ultimati. In particolare, gli scafi resistenti dei sommergibili U 183 e U 184 divennero delle controcarene incorporate nell’opera viva
della nave, mentre i motori diesel MAN dell’U
129 e dell’U 130 divennero i suoi
motori.
Curiosamente, alcune
fonti sostengono che la nave, al tempo della sua perdita, fosse stata
trasferita (per alcuni mediante requisizione, del tutto impossibile; per altre
mediante noleggio, nel luglio 1942) alla Marina tedesca ed avesse assunto il
nuovo nome di Languste (divenendo
nave cisterna per la 70. Minensuchflottille con sigla M 7023; peraltro, tale flottiglia fu creata solo nel 1943, cioè
dopo l’affondamento della Nautilus).
Tale informazione è del tutto erronea, come mostrano i volumi dell’Ufficio
Storico della Marina Militare ed i documenti custoditi all’USMM; la Nautilus affondò ancora con questo nome,
bandiera, armatore ed equipaggio italiano, mentre non è chiara l’origine
dell’erronea denominazione “Languste”.
Breve e parziale cronologia.
30 luglio 1921
Varata come Oberschlesien nei cantieri Krupp Aktien
Gesellschaft di Kiel (già Germaniawerft; numero di costruzione 413).
Settembre 1921
Completata come
motonave cisterna Oberschlesien, per
l’armatore tedesco Hugo Stinnes – Seeschifffahht und Handel di Amburgo.
Dimensioni originarie 84,17
metri di lunghezza per 12,30 di larghezza e 7,60 di
pescaggio.
28 ottobre 1922
L’Oberschlesien viene sequestrata a
Houston dalle autorità statunitensi, e tre membri del suo equipaggio (il
comandante H. Knickmann, il terzo ufficiale di macchina Karl Petersen ed il
nostromo Aemeling) posti in arresto, a seguito del rinvenimento a bordo di
alcune riserve nascoste di liquore, in contravvenzione alla legislazione
statunitense (è l’epoca del proibizionismo).
6 novembre 1922
Concluso il
procedimento giudiziario, l’Oberschlesien
viene “rilasciata”.
L’Oberschlesien a Rotterdam nel 1924 (foto agenzia
Underwood&Underwood, dal “Chicago Tribune” del 6 aprile 1924)
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30 gennaio 1927
L’Oberschlesien entra in collisione con il
piroscafo britannico City of Salisbury
al largo di Brunsbüttel, e dev’essere portata all’incaglio. Sarà poi
disincagliata e riparata.
1928
Acquistata dalla
Società Anonima Nereide di Genova e ribattezzata Nautilus.
Giugno 1938
Giunge a San Cataldo
con 2700 tonnellate di petrolio greggio dall’Albania, il primo carico giunto
alla nuova raffineria ANIC di Bari.
La Nautilus a San Cataldo nel 1938, con il primo carico per la
raffineria di Bari (da www.doc4.net)
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22 aprile 1940
Viene fermata e
sottoposta a visita di controllo da parte di un’unità britannica, mentre si
trova in navigazione da Karavassai a Valona.
11 settembre 1940
Compie un viaggio da
Valona a Brindisi ed a Bari insieme al piroscafo Pontinia, con la scorta della torpediniera Castelfidardo e dell’incrociatore ausiliario Capitano A. Cecchi. Ambedue le navi sono scariche.
16 settembre 1940
Salpa da Brindisi e
raggiunge Valona, in convoglio con i piroscafi Luisa e Poseidone (con
1500 uomini e 80 tonnellate di materiali a bordo) e la scorta della
torpediniera Monzambano.
21 settembre 1940
Lascia Valona insieme
ai piroscafi scarichi Procione e Polcevera, giungendo a Bari con la
scorta della torpediniera Solferino.
2 ottobre 1940
Compie un viaggio,
senza scorta, da Valona a Brindisi.
4 novembre 1940
Salpa da Brindisi alle
00.45, insieme al piroscafo Acilia,
con la scorta della vecchia torpediniera Francesco
Stocco, giungendo a Valona alle 10.
5 novembre 1940
Riparte da Valona
alle 23.30, in convoglio con i piroscafi scarichi Caterina e Tagliamento e
la motonave Città di Bastia, scortate
dalla torpediniera Monzambano e dal
posamine Azio.
6 novembre 1940
Il convoglio arriva a
Brindisi alle 14.45.
15 novembre 1940
Salpa da Bari alle
00.20 insieme al Poseidone e con la
scorta delle torpediniere Francesco
Stocco e Giacomo Medici,
giungendo a Valona alle 19.
24 novembre 1940
La Nautilus parte da Valona alle sette del
mattino, in convoglio con i piroscafi Poseidone
e Bottiglieri e la scorta della
torpediniera Stocco, arrivando a
Brindisi alle 19.50.
18 dicembre 1940
Requisita a Napoli
dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello
Stato.
La Nautilus nel 1941 (g.c. Danilo Pellegrini via www.betasom.it)
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L’affondamento
Alle 12.15 del 13
ottobre 1942 la Nautilus, al comando
del capitano di lungo corso Carlo Reydet (affiancato dal capitano del Genio
Navale Giuseppe Olivari in qualità di Regio Commissario), salpò da La Maddalena
per Civitavecchia (per altra fonte, Olbia), dopo aver scaricato nel porto sardo
tutto il proprio carico di nafta (1990 tonnellate, di cui 802 aventi densità
1,100 e 1188 aventi densità 0,910) destinato a Maricost La Maddalena. Una volta
che fosse giunta nel continente, avrebbe dovuto caricare dell’altro carburante,
dopo di che sarebbe proseguita per la Libia, nelle cui acque era in corso,
proprio in quel periodo, una grave falcidia di navi cisterna.
A bordo della
motocisterna vigeva il normale servizio di vedetta, ed i cannonieri erano al
pezzo pronti a reagire ad eventuali attacchi. L’equipaggio era composto da 22
civili (dei quali uno, il nostromo Gaetano Amoruso, era però in licenza) e 11
militari.
Scortava la Nautilus il minuscolo incrociatore
ausiliario Ipparco Baccich (tenente
di vascello Alfredo Foresi). La navigazione procedette tranquilla, in un mare
dove nell’autunno 1942 era ancora assente l’offesa aerea e quasi inconsistente
quella subacquea (le cose sarebbero cambiate di molto nel giro di pochi mesi).
Nel primo pomeriggio,
il comandante Reydet lasciò in plancia l’ufficiale di guardia e scese in cabina
per scrivere alcuni appunti. Lo aveva appena fatto quando, alle 14.55, la Nautilus – ancora sulla rotta di
sicurezza, con rilevamento di circa 200° dal semaforo di Capo Figari – venne
colpita a poppa sinistra da un siluro lanciato dal sommergibile britannico Utmost (tenente di vascello John Walter
David Coombe).
L’Utmost aveva avvistato per primo l’Ipparco Baccich, alle 14.05, in
posizione 41°03’ N e 09°43’ E (su rilevamento 310°; la nave aveva doppiato Capo
Figari e poi assunto rotta 142°), ma alle 14.18, mentre manovrava per
attaccarlo, aveva avvistato gli alberi ed il fumaiolo della Nautilus, che seguiva il Baccich ad un miglio di distanza e stava
ora doppiando a sua volta Capo Figari. Subito Coombe aveva cambiato bersaglio,
ed alle 13.49 aveva lanciato quattro siluri da 1830 metri di distanza,
per poi immergersi subito dopo (uno dei siluri lanciati, dal giroscopio
difettoso, passò per due volte sopra l’Utmost
dopo il lancio).
Nessuno, a bordo
della Nautilus, aveva visto il
sommergibile o le scie dei siluri; alcuni videro più tardi una colonna d’acqua
sollevarsi verso terra, forse un altro siluro esploso in costa.
L’esplosione ribaltò
la sedia su cui era seduto il capitano Reydet, lanciando in aria e rompendo
tutti gli oggetti che erano sullo scrittoio o nei pressi.
Ad avere la peggio
furono però i quattro serventi del cannone di poppa, situato proprio nei pressi
del punto d’impatto del siluro: il secondo capo cannoniere Antonio Riccardi, il
sottocapo cannoniere Giuseppe Polli ed i cannonieri Andrea D’Urso e Camillo
Saltori. Lo scoppio del siluro li investì in pieno, gettandoli in mare; tre di
loro scomparvero.
Dopo il siluramento,
il comandante Reydet si precipitò immediatamente in coperta, dove capì che la
nave era stata colpita da un siluro a poppa sinistra; assieme al Regio
Commissario Olivari, invitò l’equipaggio alla calma.
Dopo qualche minuto,
però, la Nautilus iniziò a sbandare
sempre più sensibilmente a sinistra, minacciando di capovolgersi, così a Reydet
e Olivari non rimase che ordinare di tagliare le rizze delle due zattere
presenti a bordo, metterle in mare ed ammainare la barca di servizio ed una
lancia di salvataggio.
Non essendo possibile
porre in salvo tutti i documenti segreti, Reyded ed Olivari decisero di comune
accordo di affondare la cassa di ferro che ne conteneva la maggior parte; fu
possibile invece recuperare due pubblicazioni segrete in possesso dei
radiotelegrafisti (vennero poi consegnate al Comando Marina di Olbia), mentre
le istruzioni per il viaggio e la pubblicazione D.T.1/S, chiusi in un tiretto
della sala nautica rimasto bloccato a seguito della scossa, affondarono con la
nave.
Fu fatto l’appello,
al quale risultarono mancanti i cannonieri del pezzo di poppa; poi l’equipaggio
prese posto nelle imbarcazioni, ed abbandonò così la nave.
Le imbarcazioni con i
naufraghi si erano appena discostate dalla Nautilus,
quando questa di capovolse completamente, immergendo la poppa e sollevando la
prua fuor d’acqua per 5-6
metri , sino ad impennarla verticalmente per 6-7 metri .
Intanto, già alle
13.56, l’Ipparco Baccich era passato
al contrattacco, lanciando in tutto 19 bombe di profondità sull’Utmost; alcune scoppiarono piuttosto
vicine, ma nessuna arrecò danni al sommergibile. La nave venne poi rilevata
nella caccia dai MAS 501 e 502, inviati da La Maddalena.
Le imbarcazioni
rimasero vicino al relitto capovolto della petroliera finché questa rimase a
galla, cercando invano i dispersi; il comandante Reydet ordinò che la barca di
servizio si avvicinasse quanto più possibile al relitto capovolto per cercare
gli scomparsi, ma questa riuscì a salvarne solo uno, il cannoniere Andrea
D’Urso, ferito in modo non grave (inizialmente era rimasto in mare privo di sensi).
Gli altri tre non furono mai più ritrovati; furono le uniche vittime
dell’affondamento della Nautilus. Tra
l’equipaggio civile, l’ingrassatore Fortunato Rossini ed il secondo ufficiale
Silverio Onorato riportarono ferite lievi.
Intorno alle 17 i naufraghi
vennero presi a bordo dal dragamine ausiliario S. Vincenzo, che compì un ultimo giro attorno alla nave capovolta,
ancora cercando i dispersi, e poi diresse per Olbia, dove sbarcò i superstiti.
La Nautilus affondò infine a 4 miglia per 198° da Capo
Figari in Sardegna (il volume “Navi mercantili perdute” dell’USMM indica
l’orario di affondamento nelle 15.30, ma ciò contrasta con i rapporti di Reydet
ed Olivari, che indicano concordemente la nave come ancora galleggiante –
sebbene capovolta e semisommersa – ancora alle 17).
Tra i 32 membri
dell’equipaggio vi furono tre dispersi e due feriti.
I dispersi:
Giuseppe Polli, sottocapo cannoniere puntatore
scelto
Antonio Riccardi, secondo capo cannoniere
puntatore scelto
Camillo Saltori, cannoniere armaiolo
L’affondamento della Nautilus nel giornale di bordo dell’Utmost (da Uboat.net):
“1305 hours - In
position 41°03'N, 09°43'E sighted the masts and funnel of a small steamer
bearing 310°. She was rounding Cape Ferro and when clear she proceeded on a
course of 142°. Started attack.
1318 hours - Sighted
masts and funnel of a tanker rounding Cape Ferro. She was following one mile
astern of the first ship. Immediately shifted target to this vessel.
1349 hours - Fired
four torpedoes from 2000
yards and went deep upon firing the last torpedo. The
third torpedo had a gyro failure and passed twice overhead shortly after it had
been fired, a lucky escape for Utmost.
1351 hours - Heard a
large explosion thought to be the second torpedo hitting the target. HE of the
target stopped and was not heard again.
1356 hours - Returned
to periscope depth but immediately heard fast HE approaching so went deep again
and took avoiding action. A counter attack now followed in which 19 depth
charges were dropped. Some were quite close but no damage was done.
1515 hours - Returned
to periscope depth. No sign of the tanker. The ship that was sighted first was
still in sight and was most likely the escort for the tanker. An aircraft was
also patrolling the area. Went deep again.”
Il relitto della Nautilus è stato localizzato il 27
agosto 2013 dai subacquei Stefano Cellini, Massimiliano Sabatini, Christian
Solitario, Noemi Toninelli e Giovanni Escuriali, su fondali sabbiosi a 83 metri di profondità – mentre
la profondità minima è di 68
metri – ed a 2,90 miglia dalla riva (nonché ad un centinaio
di metri da una secca). La nave è i buono stato di conservazione, rovesciata
sul lato sinistro (inclinazione di 100°, tranne l’estrema poppa che, quasi
staccata dal relitto, è sbandata di 45°-60°); conserva ancora campana,
telegrafi di macchina, bussole e altri strumenti di navigazione, una
cassaforte, piatti ed altro. Le sovrastrutture, in legno, sono parzialmente
crollate.
A poppa, in
corrispondenza del punto d’impatto del siluro, si trova un ampio squarcio che
quasi taglia lo scafo. L’albero maestro giace sul fondale con ancora la
lanterna e le luci di via; anche il fumaiolo è relativamente intatto, sebbene
percorso da crepe e parzialmente consumato. La vita sottomarina ha ampiamente
colonizzato il relitto della Nautilus;
lo scafo è ricoperto di gorgonie.
Un’altra immagine della Nautilus (da www.betasom.it)
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Si ringrazia Mario Arena.
Su questa nave il giorno del affondamento c'é era Sanzio Bocchetti del Santo nato a Pietrasanta. Luí é morto il 19 Agosto 2008 a Cartagena de Indias, Colombia.
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