giovedì 12 novembre 2015

Fidelitas

La nave quando portava il nome di Bolton Castle, in Sudafrica, nel 1933 (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net

Piroscafo da carico di 5826 tsl, 3959 tsn e 9222 tpl (per altra fonte 5739 tsl, 3595 tsn e 9367 tpl), lungo 129,29-133,95 metri, largo 16,15 e pescante 8,01-9,11 m, con una velocità di 9-10  nodi. Appartenente alla Società Anonima Mare Nostrum con sede a Genova, matricola 2239 al Compartimento Marittimo di Genova, nominativo di chiamata ICEI.

Breve e parziale cronologia.

14 aprile 1914
Varato nei cantieri William Hamilton & Company Ltd. di Port Glasgow (Glen Yard) come Bolton Castle (numero di cantiere 296).
Maggio 1914
Completato per la Lancashire Shipping Company Ltd. (armatore J. Chambers & Co. di Liverpool) con sede a Liverpool. Il suo nominativo di chiamata originario è JDFO.
Impiegato sulla rotta Londra-Genova-Singapore-Manila-New York.
16 febbraio 1916
Il Bolton Castle si trova ormeggiato ad un molo del porto di New York (precisamente a Brooklyn, dov’è giunto il 6 febbraio da Singapore, via Port Natal e S. Lucia) insieme ai piroscafi Pacific e Bellagio, alcuni dei quali intenti a caricare munizioni dirette a Vladivostok, quando scoppia un violento incendio in alcuni edifici vicini: è proprio un uomo di guardia sul Bolton Castle a notarlo per primo, intorno all’una di notte. Le fiamme si estendono rapidamente anche alle navi e alle chiatte ormeggiate al molo, tanto da costringere i loro equipaggi a salvarsi saltando su altre chiatte e rimorchiatori giunti in soccorso, o direttamente nelle acque del porto: il comandante del Bolton Castle, capitano Benjamin Smith (che ha avuto un braccio rotto per uno scoppio avvenuto sulla nave), e sei membri del suo equipaggio devono calarsi lungo una cima fino ad una chiatta; la moglie del capitano Smith deve buttarsi in acqua per sfuggire alle fiamme, venendo poi soccorsa dal marito e da dei marinai.
Quando i mezzi dei pompieri giungono sul molo, le fiamme hanno già raggiunto un’intensità tale da renderlo inaccessibile; anche i battelli antincendio non possono fare nulla per il Pacific ed il Bolton Castle (si riesce invece ad allontanare il terzo piroscafo), anche perché quest’ultimo ha a bordo un carico di gasolio (destinato alla Russia) che alimenta l’incendio. Quando questo è alla sua massima intensità, le caldaie dei due piroscafi esplodono. Anche quindici chiatte, cariche di munizioni ed ormeggiate nei pressi, vanno distrutte.
Due lavoratori asiatici, uno del Bolton Castle ed uno del Pacific, risultano dispersi.
Il Bolton Castle sarà inizialmente valutato come irrecuperabile («practically a total loss»), ma successivamente, forse perché si tratta di una nave pressoché nuova e si è in piena guerra – dove ogni nave è utile – si cambierà idea, e la nave verrà riparata.
1937
Acquistato dalla Minerva Steam Ship Company Ltd. (in gestione a Fred Hunter Ltd.) di Londra.
1939
Acquistato dalla Società Anonima di Navigazione Mare Nostrum (armatore A. Ravano) di Genova, ribattezzato Fidelitas ed iscritto con matricola 2239 al Compartimento Marittimo di Genova.
Impiegato nella rotta tra il Mediterraneo e le Indie Occidentali.
17 gennaio 1940
Mentre è in navigazione in zavorra nell’Atlantico, il Fidelitas si trova in difficoltà – causa problemi alle strumentazioni del timone – durante una burrasca da ponente, al punto da dover chiedere aiuto via radio a tutte le navi nelle vicinanze (mentre si trova in posizione 35°25’ N e 71°35’ O, 180 miglia al largo di Capo Hatteras) richiedendo di restare nei suoi pressi per dare assistenza in caso di avaria al timone.
10 maggio 1940
Giunto a Flusching (Belgio) al comando del camogliese Aldo Martinero, durante un viaggio da Boston ad Anversa, il Fidelitas, benché l’Italia sia ancora neutrale, viene sorvolato da aerei tedeschi che, scambiatolo per un’unità nemica, lo bombardano: una bomba va a segno, provocando tra l’equipaggio una vittima e cinque feriti.
15 maggio 1940
Ad Anversa (porto dove ormai sono rimasti soltanto il Fidelitas ed altre quattro navi italiane: le altre sono fuggite, essendo in corso l’invasione tedesca del Belgio)  il Fidelitas viene accidentalmente mitragliato e bombardato nel corso di un’incursione di bombardieri Junkers Ju 88 del KG. 30 della Luftwaffe. I fuochisti Vincenzo Pergolesi e Francesco Piras rimangono uccisi e tre altri marittimi sono feriti. Lascia poi il porto senza aver potuto scaricare il proprio carico di grano.
Il giorno stesso, trovandosi in navigazione al largo della costa olandese durante l’invasione tedesca del Belgio, il Fidelitas viene accidentalmente attaccato, insieme ai piroscafi italiani Foscolo ed Antonio Locatelli, dapprima dall’artiglieria appostata sulla riva orientale della Schelda e poi (al largo di Zeebrugge) da bombardieri tedeschi Junkers Ju 87. Il Locatelli viene danneggiato ed il Foscolo affondato.
22 maggio 1940
Raggiunge Cork. Da lì proseguirà per Dublino, nella neutrale Irlanda.

Violatore di blocco

Il 6 giugno 1940 il Fidelitas, sempre al comando di Aldo Martinero, salpò da Dublino per un nuovo viaggio verso gli Stati Uniti. L’Italia stava per entrare nella seconda guerra mondiale, ma l’equipaggio del piroscafo non poteva saperlo, così come non ne erano a conoscenza gli uomini a bordo di più di duecento mercantili italiani che si trovavano in quel momento in navigazione in tutto il mondo. I più, lo avrebbero appreso troppo tardi.
Prima di iniziare la traversata dell’Atlantico, il Fidelitas fece scalo a Swansea, con l’intenzione di rifornirsi di cibo, acqua e carbone; nulla di tutto ciò, però, venne concesso dalle autorità locali – probabilmente con il preciso scopo di ritardare la partenza della nave e poterla poi catturare, dal momento che i britannici sospettavano dell’imminente entrata in guerra dell’Italia – e per due giorni il piroscafo rimase fermo nel porto gallese.
Alla fine, il console italiano di Cardiff suggerì al comandante Martinero di partire, e ciò fu fatto l’8 giugno. Il Fidelitas arrivò nel porto spagnolo di La Coruña a mezzogiorno del 10 giugno 1940: quel pomeriggio il comandante Martinero scese a terra, andò al consolato e sentì la dichiarazione di guerra dell’Italia. Il Fidelitas era rimasto bloccato fuori dal Mediterraneo, e sarebbe stato internato in Spagna.
Per qualche mese il piroscafo rimase inattivo a La Coruña, poi, a settembre 1940, venne trasferito ad El Ferrol; rimasero sulla nave soltanto il comandante Martinero, il direttore di macchina, un marinaio, un fuochista ed un giovanotto, mentre il resto dell’equipaggio fu rimpatriato.
Seguì un anno e mezzo di internamento nel porto di El Ferrol.
Ma non sarebbe durato per tutto il conflitto: nel marzo 1942 il Fidelitas venne noleggiato dalla compagnia tedesca Hansa di Brema e si decise di farlo partire per Bordeaux, nella Francia atlantica occupata, sede di una base di sommergibili italiani e già meta di numerosi violatori di blocco là giunti dalla Spagna, dalle Canarie, dal Brasile e dal Giappone (17 in tutto, mentre altri 6 erano andati perduti nel tentativo).
I trasferimenti erano stati pianificati da Supermarina: le navi, trasferite a Bordeaux dai porti di Paesi neutrali ma favorevoli o comunque benevoli all’Asse, venivano poi essere poste alle dipendenze della Germania, mentre i loro carichi potevano essere inviati in Italia.
Fidelitas e Drepanum (un altro piroscafo italiano che compì anch’esso la traversata nel marzo 1942) furono le ultime navi italiane a tentare di forzare il blocco per raggiungere la Francia, a diversi mesi di distanza dalle altre (che avevano raggiunto Bordeaux tra il febbraio e l’agosto del 1941).
Mentre il Fidelitas veniva sottoposto alle riparazioni ed alla manutenzione necessaria a rimetterlo in grado di navigare dopo un’immobilità tanto prolungata, dall’Italia venne inviato un nuovo equipaggio che si aggiunse ai cinque uomini rimasti a bordo fin dal 1940.
L’8 marzo 1942 la nave lasciò El Ferrol per Bilbao, dove subì ulteriori lavori di protezione della plancia, apprestamento di basamenti per mitragliere contraeree (da imbarcare in futuro) e realizzazione di alloggi per il personale tedesco che le avrebbe armate; conclusi anche questi lavori, il Fidelitas imbarcò un carico di minerale di ferro e salpò infime per Bordeaux.
Il viaggio fino al porto francese, effettuato senza scorta, filò liscio, e qui il piroscafo sbarcò una parte del proprio carico, riducendo il pescaggio a 5,18 metri.
Ma la carriera del Fidelitas quale violatore di blocco era giunta soltanto a metà strada: la parte più pericolosa doveva ancora venire. Dopo una sosta a Bordeaux durata alcuni mesi, il piroscafo ne ripartì nel luglio 1942, scortato da pescherecci armati tedeschi. Dopo uno scalo a Brest, ebbe inizio l’attraversamento del Canale della Manica, pericoloso tanto per i bassifondali e per le violente e capricciose correnti quanto per la stretta sorveglianza esercitata dalla Marina e dall’aviazione britanniche, che attaccavano ogni nave che tentasse l’attraversamento.
Il lungo attraversamento della Manica vide la nave fare tappa a Cherbourg, Les Hardreaux, Le Havre, Dunkerque e Dieppe, per poi giungere a Rotterdam; si navigava di notte, col favore del buio (in particolare le notti di novilunio, per i punti più pericolosi), mentre si passava il giorno all’ormeggio.
Nella notte tra il 18 ed il 19 agosto venne attraversato il punto più stretto del canale, davanti a Dover: la distanza tra le opposte sponde era tanto ridotta, in quel tratto, che le artiglierie appostate sulla costa britannica potevano raggiungere col loro tiro le navi in transito sulla sponda francese, e di conseguenza sparavano continuamente con tiro d’interdizione.
Le cannonate, i cui lampi potevano essere visti da bordo del Fidelitas, giungevano sulla sponda opposta dopo 23 secondi, spesso mancando di poco il piroscafo e levando grosse colonne d’acqua; nessun colpo, però, giunse mai a segno. L’attraversamento del punto più pericoloso, sotto il continuo tiro dell’artiglieria, durò quaranta esasperanti minuti, dopo di che la nave fu al “sicuro” dal fuoco nemico.
Durante un’altra notte del viaggio, il comandante Martinero vide le unità della scorta manovrare ed aprire il fuoco per respingere un attacco di siluranti; fece ridurre la velocità, poi fermare le macchine e quindi mettere macchine indietro, giusto in tempo per vedere dei siluri mancare il Fidelitas passandogli di prua.
Il resto del viaggio passò tra incursioni di bengalieri seguite da attacchi di bombardieri, ma ciononostante il piroscafo raggiunse Rotterdam senza un graffio, scaricandovi il restante carico di minerale di ferro ed imbarcando un nuovo carico da trasportare a Bergen, dove giunse passando per il canale di Kiel.

1942-1943
Il Fidelitas, sempre mantenendo il proprio equipaggio italiano, viene impiegato a noleggio delle forze tedesche nel Mare del Nord.
10 aprile 1943
Il Fidelitas si trova a far parte di un convoglio tedesco (mercantili Stadt Emden, Liselotte Essberger, Klaus Howaldt, Hanau, Willy, Bera e Maurita, scortati dai motodragamine R 89 e R 152, dai cacciasommergibili UJ 1101, UJ 1102 e UJ 1106 e dalle motovedette V 5902, V 5903, V 6102, V 6103, V 6109 e V 6110) che alle 15.11 viene attaccato con due siluri dal sommergibile sovietico S 56, nelle acque di Sletnes (Tanafjord, Finnmark, in Norvegia); le armi non colpiscono alcuna nave, e la scorta contrattacca con cariche di profondità. Il convoglio subisce poi un bombardamento da parte di velivoli sovietici, ma di nuovo non vi sono danni.
30 luglio 1943
Nei turbolenti eventi che seguono la caduta di Mussolini, un rapporto dei servizi segreti tedeschi a Wilhelmshaven riferisce al reparto operazioni della Kriegsmarine di sospetti che il Fidelitas intenda “disertare” durante il prossimo viaggio da Amburgo a Tarvik. Il reparto operazioni ordina al comando navale del Baltico di prendere tutte le precauzioni per impedirlo, ma senza mostrare sfiducia verso gli italiani.
8 settembre 1943
Catturato dalle forze tedesche in seguito all’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati. Secondo alcune fonti ciò sarebbe avvenuto a Bordeaux – il che significa che la nave era stata nuovamente trasferita in tale porto attraverso il canale della Manica – dopo di che la nave sarebbe stata di nuovo trasferita nel Mare del Nord, ma ciò sembra avere poco senso; è più probabile che il Fidelitas fosse rimasto nel Mare del Nord e che la cattura sia avvenuta in un porto dell’Europa settentrionale.
In ogni caso, dopo la cattura il Fidelitas viene trasferito al Reichsverkehrsministerium (Ministero dei Trasporti) di Berlino e dato in gestione alla Dampfschifffahrts-Gesellschaft Hansa di Brema, ricevendo il nuovo nominativo di chiamata DYAY ma mantenendo il proprio nome di Fidelitas.
L’equipaggio verrà integrato da marittimi ucraini, russi, tedeschi e norvegesi, pur restando a maggioranza italiana (non è chiaro in che situazione: alcune fonti sembrano considerare il Fidelitas come parte della “marineria civile della Repubblica Sociale Italiana”); verrà inoltre imbarcato un gruppo di militari tedeschi addetti alla gestione delle armi di bordo, ed al comandante italiano Giacomo Piana (Martinero non fa più parte dell’equipaggio) sarà affiancato il tedesco Janssen.
Il Fidelitas sarà poi impiegato sulle rotte tra Norvegia e Danimarca.

L’affondamento

Il 27 novembre 1944, alle 13.30, il Fidelitas salpò da Aalesund, nel Sulafjord, insieme al piroscafo tedesco Jersbek e con la scorta di quattro unità della Kriegsmarine. Il multinazionale equipaggio del Fidelitas ammontava a 22 italiani, 16 tedeschi (4 marittimi civili e 12 militari addetti alle armi contraeree), 7 ucraini e due russi; c’era inoltre a bordo un pilota norvegese.
La tranquillità del viaggio durò però meno di mezz’ora: prima delle 14 le navi furono attaccate da dieci velivoli britannici Bristol Beaufighter, sei del 404th Squadron e quattro – modello Mk. X, detti “Torbeau” – del 489th Squadron (“Dallachy Wing”, equipaggi neozelandesi) della Royal Air Force, guidati dal capitano (Flight Lieutenant) S. S. Shulemson sull’aereo “Z” NV177. Alle 13.56 proprio questo aereo, insieme al velivolo “F” del 404th Squadron, attaccarono la nave scorta che era in testa al convoglio – era la vedetta V 5311 Seeotter – ed il Fidelitas con razzi da 11 kg di testata, mentre alle 14.09 gli altri aerei attaccarono a loro volta con razzi e siluri. Tre Beaufigthers vennero colpiti, ma nessuno fu abbattuto; mentre il Jersbek venne danneggiato da razzi, il Fidelitas ebbe la peggio e fu dapprima mitragliato e poi centrato da due siluri, affondando immediatamente a causa del pesante carico di minerale. Dato che la profondità del mare (107 metri) era minore della lunghezza della nave (134 metri), quando la prua toccò il fondo la poppa si trovava ancora al di sopra della superficie, ma poi la prua cedette e la poppa si “adagiò” sino ad affondare e posarsi sul fondale. Poco dopo l’affondamento si verificò anche una violenta esplosione subacquea, provocata dallo scoppio delle caldaie, che uccise altri naufraghi.
Dei 48 uomini imbarcati sul Fidelitas, soltanto cinque italiani (Aldo Merlo, Felice Montano, Vittorio Marmorato, Luigi Tanghette e Giorgio Discala), i due russi (Gregori Halken e Michael Kostjik) e due tedeschi (il radiotelegrafista Herbert Hartmann, che altra fonte elenca però tra le vittime, ed il primo ufficiale di macchina Anton Niederbacher) riuscirono a salvarsi, a nuoto od a bordo di zatterini e battellini gonfiabili; morirono 17 italiani, tutti e sette i marittimi ucraini, 14 tedeschi (compresi tutti i 12 militari) ed il pilota norvegese. Soltanto quattro salme poterono essere recuperate.

Perirono nell’affondamento:

Omar Abis (o Abib), capo fuochista, da Genova, disperso
Ivan Aftanjok, marinaio, ucraino, disperso
Vittorio Airoldi, primo ufficiale di macchina, da Genova, disperso
Alberto Arena, marinaio, da Genova, disperso
... Becker, marinaio infermiere (Kriegsmarine), disperso
Carlo Bock, secondo ufficiale di macchina, da Amburgo, disperso
Stefano Carletti, fuochista, da Genova, disperso
Giuseppe Chiesa, terzo ufficiale di macchina, da Genova, disperso
Dublas Colli, marinaio, da Genova, deceduto
Mario Corsinovi, steward, da Genova, deceduto
Giuseppe Fieri, scrivano, da Genova, disperso
Antonio Forlani, marinaio, da Genova, deceduto
Alessandro Giordanella, marinaio, da Genova, disperso
Donato Giordano, capo fuochista, da Genova, disperso
Vincenzo Guglielmi, primo ufficiale, da Bordighera, disperso
... Jansen, comandante, da Brema, disperso
Ole Johannsen, pilota, da Bergen, disperso
... Johannsen, marinaio segnalatore (Kriegsmarine), disperso
Ivan Katschenko, marinaio, ucraino, disperso
... Killat, sergente maggiore (Kriegsmarine), disperso
Musej Korschewsky, marinaio, ucraino, disperso
Pedro Kosucher, marinaio, ucraino, deceduto
... Krügel, marinaio di prima classe (Kriegsmarine), disperso
... Lange, marinaio di prima classe (Kriegsmarine), disperso
... Liehr, marinaio segnalatore (Kriegsmarine), disperso
Prodislav Lukaschewic, marinaio, ucraino, disperso
... Mittendorf, sergente (Kriegsmarine), disperso
Giobatta Moraglia, marinaio, da Genova, disperso
Giacomo Piana, comandante, da Bordighera, disperso
Michele Pintus, marinaio, da Genova, disperso
... Radkowski, marinaio di prima classe (Kriegsmarine), disperso
Mario Riva, secondo ufficiale, da Genova, disperso
... Rose, sottocapo segnalatore (Kriegsmarine), disperso
Attilio Sarti, fuochista, da Genova, disperso
Pedro Stenzenko, marinaio, ucraino, disperso
Edoardo Vanni, scrivano, da Genova, disperso
... Voss, marinaio di prima classe (Kriegsmarine), disperso
... Wagner, marinaio di prima classe (Kriegsmarine), disperso
Wisch Vucase, marinaio (Kriegsmarine?), disperso

Il relitto del Fidelitas, localizzato nel 1988, giace sul fondale sabbioso tra i 95 ed i 106 metri di profondità. Nel 1997 il cacciamine norvegese Tyr, autore del ritrovamento di numerosi relitti storici in acque norvegesi, ha filmato i resti della nave e recuperato la campana di bordo. Diverse reti da pesca sono impigliate nel relitto.
Oltre ai 39 uomini scomparsi nel suo affondamento, il Fidelitas ha da allora reclamato altre vite: due subacquei sono deceduti nel corso di immersioni sul suo relitto.

Il Fidelitas poco prima di essere affondato (da www.dykkepedia.com





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