La Fabio Filzi (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
|
Motonave da carico da
6836 tsl, 4020 tsn e 9172 tpl, lunga 138,68 metri, larga 18,92 e pescante
12,10, con velocità di 15,8 nodi. Appartenente alla Società Anonima di Navigazione
Lloyd Triestino, con sede a Trieste, ed iscritta con matricola 444 al
Compartimento Marittimo di Trieste.
Completata
nell’agosto del 1941, la Filzi fu la
prima ad entrare in servizio tra le nuove, grandi (6000-8000 tsl, 8000-9000
tpl) e veloci (14-16 nodi a pieno carico) motonavi da carico (il primo gruppo,
oltre che dalla Filzi, era costituito
da Monginevro, Napoli, Carlo Del Greco, Monviso, Nino Bixio, Lerici, Ravello e Gino Allegri, ultimate tra agosto e dicembre 1941) costruite
durante la guerra. Robuste e capienti, grazie alla loro elevata velocità queste
navi permisero di formare per la prima volta dei convogli veloci di navi da
carico (in precedenza ciò era possibile solo per i trasporti truppe), e
divennero presto la spina dorsale della flotta di trasporti impiegata nel
traffico con la Libia.
Sempre in prima
linea, al centro delle più importanti operazioni di rifornimento ed adibite al
trasporto dei carichi più preziosi, queste navi pagarono un elevatissimo
tributo, affondando quasi tutte sulle rotte dei convogli.
La Fabio Filzi, prima ad entrare in
servizio, fu anche la prima ad andare perduta.
Breve e parziale cronologia.
30 luglio 1939
Impostata nei
Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero di costruzione 1236). È
la prima unità della serie «Filzi», composta da cinque gemelle (Fabio Filzi, Carlo Del Greco, Gino Allegri,
Mario Roselli e Reginaldo Giuliani) ordinate ai CRDA dal Lloyd Triestino (Filzi, Del Greco, Allegri e Giuliani) e dalla società Italia (Roselli) per il servizio merci di linea.
Sono propulse da un motore diesel FIAT da 7500 HP ciascuna; andranno tutte
perdute in guerra.
21 aprile 1940
Varata nei Cantieri
Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone.
14 agosto 1941
Completata per il
Lloyd Triestino – Linee Triestine per l’Oriente e subito requisita a Trieste
dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
2 ottobre 1941
La Fabio Filzi parte da Napoli per Tripoli
alle 22.30, con un carico di 3032 tonnellate di munizioni ed altri materiali e
116 veicoli, oltre a 193 militari; è in convoglio con le motonavi Rialto, Vettor Pisani e Sebastiano
Venier, italiane, e le tedesche Ankara
e Reichenfels (in tutto le navi del
convoglio trasportano 828 veicoli, 12.110 tonnellate di materiali vari, provviste
e munizioni, 3162 tonnellate di carburante e 1060 uomini), scortate dai
cacciatorpediniere Antonio Da Noli
(caposcorta, capitano di fregata Luigi Cei Martini), Emanuele Pessagno, Antoniotto
Usodimare, Vincenzo Gioberti ed Euro. Si tratta, per la Filzi, della prima traversata verso la
Libia.
Il convoglio segue la
rotta di levante, per lo stretto di Messina ed ad est di Malta (a circa 90
miglia dall’isola, perché la recente introduzione dei bombardieri ed
aerosiluranti Vickers Wellington, dotati di maggiore autonomia dei Fairey Swordfish
ed Albacore sino ad ora impiegati, rende inutile viaggiare a distanza maggiore:
in tali condizioni, allora, tanto vale viaggiare più vicini a Malta, per ridurre
la durata della traversata e prolungare il tempo in cui la caccia proveniente
dalla Sicilia può tenere il convoglio sotto la propria protezione).
La velocità del
convoglio, denominato «Pisani», dovrebbe essere di 14 nodi, ma il Reichenfels ha problemi di macchina che
costringono a ridurla a 10 nodi, che più avanti è possibile portare a 13.
4 ottobre 1941
Alle 14 Rialto e Reichenfels si scambiano di posto nella formazione, per ordine del
caposcorta.
Nelle giornate del 3
e 4 ottobre, di giorno, il convoglio fruisce della scorta aerea di bombardieri
Savoia Marchetti SM. 79 “Sparviero” della Regia Aeronautica e di caccia
Messerschmitt della Luftwaffe, ma poco dopo le dieci del mattino del 4 ottobre
viene avvistato da ricognitori britannici provenienti da Malta, che informano
subito i propri comandi.
Supermarina intercetta
i segnali di scoperta lanciati dai ricognitori, e richiede a Superaereo di
sottoporre Malta, in serata, ad un violento bombardamento, così da impedire che
gli aerei destinati ad attaccare il convoglio nottetempo possano decollare; il
bombardamento avrà luogo, ma per “ragioni di forza maggiore” non sarà intenso
come richiesto da Supermarina, così gli aerei di Malta possono decollare
egualmente.
Dopo
l’intercettazione del segnale di scoperta, Supermarina ne mette al corrente anche
il caposcorta Cei Martini, che dopo il tramonto fa coprire tutto il convoglio
con cortine nebbiogene, così che i ricognitori nemici non lo vedano accostare,
poi modifica la rotta nel tentativo di ingannare gli aerei britannici.
Il provvedimento sembra
avere un temporaneo successo, ma tra l’una e le due di notte del 5 ottobre i
ricognitori nemici ritrovano il convoglio.
La motonave in navigazione (g.c.
Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
|
5 ottobre 1941
Alle 00.45, un
sommergibile attacca infruttuosamente il convoglio e l’Usodimare contrattacca, ritenendo di averlo danneggiato.
Poco dopo le 2.52 del
5 ottobre ha inizio un attacco aereo; viene dato l’allarme, ed i
cacciatorpediniere della scorta riescono ad occultare i mercantili con cortine
di nebbia. Non appena gli aerei si avvicinarono, tutte le navi del convoglio
aprono un violento fuoco di sbarramento, che costringe gli attaccanti a
ritirarsi. La navigazione prosegue, con vigilanza rafforzata.
Alle 3.52, una
settantina di miglia a nord di Misurata (per altra fonte, 80 miglia a
nord-nord-est di tale città), ha inizio un secondo attacco, da parte di quattro
aerosiluranti Fairey Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air
Arm decollati da Malta. Il caposcorta Cei Martini fa emettere nuovamente cortine
fumogene, ma si accorge che, con il vento che spira dai settori poppieri, la cortina
non è efficace; risale quindi il convoglio su rotta invertita ed emettendo
fumo, così riuscendo ad occultare tutto il lato sinistro. Il lato dritto, quello
opposto alla luna, resta però scoperto; e da quel lato attaccano gli
aerosiluranti, che alle 3.57 colpiscono la Rialto
con uno o due siluri. Uno degli aerei viene abbattuto, ma la motonave rimane
immobilizzata ed inizia a sbandare fortemente; Euro e Gioberti vengono
distaccati per recuperarne l’equipaggio. La Rialto
affonderà alle dieci del mattino, dopo che i due cacciatorpediniere avranno
recuperato 145 dei 165 uomini imbarcati.
Il resto del
convoglio (Filzi compresa),
proseguito dopo il siluramento, viene raggiunto dalle torpediniere Partenope (dopo rastrello
antisommergibile) e Calliope (per
pilotaggio e rinforzo alla scorta) inviate da Tripoli, ed arriva nel porto
libico alle 15 (o 15.30) dello stesso giorno.
12 ottobre 1941
Filzi,
Pisani, Venier, Ankara e Reichenfels ripartono da Tripoli alle
20.45, scortate dai cacciatorpediniere Granatiere
(caposcorta, capitano di vascello Capponi), Bersagliere,
Fuciliere ed Alpino.
14 ottobre 1941
Il convoglio giunge
indenne a Napoli alle 22.
22 novembre 1941
La Filzi, dopo aver raggiunto Trapani
(proveniente da Napoli) con la scorta dei cacciatorpediniere Saetta ed Antoniotto Usodimare, parte da Trapani
alla volta di Tripoli, nel periodo più difficile della “battaglia dei
convogli”, nell’ambito di un’operazione complessa di rifornimento della Libia.
Dopo la momentanea
stasi seguita alla distruzione, il 9 novembre, del convoglio «Duisburg» (sette
navi mercantili e due cacciatorpediniere affondati), il maresciallo Ugo
Cavallero ha ordinato che le navi già cariche presenti nei porti del Sud Italia
(tra di esse la Filzi, a Napoli)
vengano fatte proseguire per la Libia; allo scopo, è stata organizzata
un’operazione complessa.
Due convogli,
l’«Alfa» (motonavi Ankara e Venier) ed il «C» (motonavi Napoli, Monginevro, Vettor Pisani
e nave cisterna Iridio Mantovani),
dirigeranno per Tripoli lungo la rotta di levante, con una forte scorta diretta
(cacciatorpediniere Maestrale, Oriani e Gioberti per il convoglio «Alfa», cacciatorpediniere Turbine e Da Recco e torpediniere Perseo
e Cosenz per il convoglio «C»),
indiretta (III Divisione Navale con gli incrociatori pesanti Trento, Trieste e Gorizia, VIII
Divisione con gli incrociatori leggeri Duca
degli Abruzzi e Garibaldi, Squadriglie Cacciatorpediniere XI, XII e XIII con i
cacciatorpediniere Aviere, Geniere, Camicia Nera, Corazziere,
Granatiere, Bersagliere, Fuciliere ed
Alpino) ed aerea; al contempo, una
motonave veloce – proprio la Filzi,
in grado di raggiungere i 16 nodi – sarà inviata sempre a Tripoli ma sulla
rotta di ponente (per il Canale di Sicilia), con la scorta di un paio di
cacciatorpediniere (oltre che di aerei: sia sui due convogli che sulla Filzi la scorta aerea dovrà essere
continua, nelle ore diurne, dal 20 al 23 novembre), per non dare nell’occhio.
Contestualmente saranno inviati a Bengasi l’incrociatore leggero Luigi Cadorna in missione di trasporto
di carburante (da Brindisi) e le motonavi Città
di Palermo e Città di Tunisi
cariche di truppe (da Taranto), e verranno fatte rientrare in Italia le navi
rimaste bloccate a Tripoli dall’inizio di novembre. L’idea è che un tale numero
di navi in movimento contemporaneamente, divise in più convogli sparsi su una
vasta area, confonda e disorienti la ricognizione maltese; che i convogli
finiscano col coprirsi a vicenda; che la presenza in mare della III e VIII
Divisione scoraggi interventi da parte della Forza K britannica (autrice della
distruzione del convoglio «Duisburg»), notevolmente inferiore per numero e
potenza (incrociatori leggeri Aurora
e Penelope e cacciatorpediniere Lance e Lively). L’Aeronautica, oltre alla scorta antiaerea ed
antisommergibile dei convogli, effettuerà anche azioni di ricognizione e di
bombardamento degli aeroporti di Malta. Alcuni sommergibili vengono disposti in
agguato nelle acque circostanti l’isola.
Si ritiene – a
ragione – che la presenza, sulla rotta di levante, dei convogli «Alfa» e «C»
catalizzerà l’attenzione dei ricognitori di Malta, che non si accorgeranno così
della presenza della solitaria Filzi
in navigazione verso Tripoli lungo la rotta di ponente.
La navigazione dei
convogli «Alfa» e «C», partiti tra il 19 ed il 21 novembre, ha esito fallimentare:
la sera del 21 il Trieste viene
silurato e gravemente danneggiato dal sommergibile HMS Utmost, e poche ore dopo anche il Duca degli Abruzzi subisce analoga sorte, per opera di
aerosiluranti; con la scorta indiretta così ridotta, e di fronte al crescendo
degli attacchi aerei ed al rischio di un intervento di forze di superficie, i
mercantili dei due convogli vengono fatti tornare in porto.
Ben diversa è la
navigazione della Filzi (che è alla
sua seconda traversata verso la Libia). Dopo aver caricato 3073 tonnellate di
materiale di commissariato ed altri materiali, 675 tonnellate di carburante in
fusti per la Regia Aeronautica, 123 tra automezzi e rimorchi, dieci carri
armati medi M13/40 e persino una maona, oltre a 115 militari del Regio Esercito
e 110 civili, la motonave lascia Trapani alle 18.40 (o 18.50) scortata ancora
da Saetta (capitano di corvetta
Antonio Biondo) ed Usodimare (caposcorta,
capitano di fregata Galleani).
Da tre quarti di prua (g.c.
Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
|
23 novembre 1941
In mattinata si
unisce alla scorta il cacciatorpediniere Sebenico
(capitano di corvetta Brancatelli), inviato da Tripoli. Dopo una navigazione
indisturbata lungo una rotta solitamente pericolosa, Filzi e scorta (raggiunte dalla torpediniera Centauro, inviata da Tripoli) giungono a Tripoli alle 14.
30 novembre 1941
La Filzi, scarica, lascia Tripoli alle 20 per
tornare in Italia.
A protezione di
questo e di altri convogli in mare da eventuali attacchi della Forza K
britannica, esce da Taranto una forza d’appoggio costituita dalla corazzata Duilio (comandante superiore in mare,
ammiraglio di divisione Porzio Giovanola) scortata dalla XIII Squadriglia
Cacciatorpediniere, dalla VII Divisione (incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta con
l’ammiraglio di divisione Raffaele De Courten, Raimondo Montecuccoli e Muzio
Attendolo e cacciatorpediniere Aviere,
Geniere e Camicia Nera della XI Squadriglia) e dalla VIII Divisione
(incrociatore leggero Giuseppe Garibaldi
e due cacciatorpediniere della XIII Squadriglia).
Data la presenza in
mare di una tale forza navale, la Filzi,
al pari dell’incrociatore ausiliario Città
di Tunisi (partito anch’esso da Tripoli per Napoli, mezz’ora prima), viene
fatta viaggiare senza scorta diretta.
Nel pomeriggio del
30, però, l’immobilizzazione del Garibaldi
(a causa di una grave avaria) e la minaccia di attacchi aerei e subacquei
contro le navi maggiori indurranno a ritirare la forza di copertura,
ordinandone prima il ripiegamento e poi il rientro.
2 novembre 1941
La Filzi giunge a Napoli alle 8.30,
contemporaneamente al Città di Tunisi.
Vista da poppa (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
Operazione «M. 41»
Dopo il rientro a
Napoli, la Filzi ricominciò subito ad
imbarcare un nuovo carico per la Libia, e per la prima decade del dicembre 1941
si trovò nuovamente pronta ad un altro viaggio verso l’Africa Settentrionale.
Era in preparazione
in quei giorni, dopo il parziale fallimento dell’operazione del 21 novembre e
la distruzione, da parte della Forza K, di altri convogli per la Libia
(piroscafi tedeschi Maritza e Procida il 24 novembre, incrociatore
ausiliario Adriatico, nave cisterna Iridio Mantovani e cacciatorpediniere Alvise Da Mosto il 1° dicembre; inoltre
il 30 novembre il piroscafo Capo Faro
era stato affondato da aerosiluranti), una nuova grande operazione di
rifornimento della Libia: la «M. 41».
Con tale operazione
Supermarina intendeva inviare a Tripoli e Bengasi tutti i mercantili già
carichi presenti nei porti dell’Italia meridionale, mobilitando per la loro
protezione, diretta e indiretta, pressoché tutta la flotta in condizioni di
efficienza.
Tre sarebbero dovuti
essere i convogli che avrebbero preso il mare: l’«L», da Taranto per Tripoli, formato
dalle motonavi Monginevro, Napoli e Vettor Pisani scortate dai cacciatorpediniere Freccia ed Emanuele Pessagno
(con a bordo il contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone) e dalla torpediniera Pegaso; l’«N», da Navarino ed Argostoli
per Bengasi, costituito dalla motonave tedesca Ankara e dai piroscafi italiani Iseo
e Capo Orso scortati dai
cacciatorpediniere Saetta, Turbine e Strale e dalla torpediniera Procione;
ed infine l’«A», formato dalla Fabio
Filzi e dalla gemella Carlo Del Greco
scortate dai cacciatorpediniere Nicoloso
Da Recco ed Antoniotto Usodimare.
La Filzi, completato il carico a Napoli, si
trasferì a Messina con la scorta del cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco e della vecchia torpediniera Generale Achille Papa; qui trovò la Del Greco, che vi era frattanto giunta da Trapani.
Filzi
e Del Greco si sarebbero dovute
dapprima trasferire ad Argostoli, per poi partire per Tripoli nella notte fra
il 12 ed il 13 dicembre, scortate da Da
Recco ed Usodimare. Durante la
navigazione, si sarebbero dovute aggregare al convoglio «L».
Prima che
l’operazione prendesse avvio, tuttavia, i piani furono modificati, e si decise
di sopprimere il convoglio «A»; Filzi
e Del Greco sarebbero invece dovute
partire da Taranto insieme al convoglio «L», del quale avrebbero fatto parte
fin da subito.
Ogni convoglio avrebbe goduto della protezione di una forza
navale di sostegno, che di giorno si sarebbe tenuta in vista dei trasporti e di
notte a stretto contatto con essi. Il gruppo assegnato al convoglio «L», al
comando dell’ammiraglio di squadra Carlo Bergamini, sarebbe consistito nella
corazzata Duilio (nave ammiraglia di
Bergamini) e da un’eterogenea VIII Divisione composta per l’occasione dagli
incrociatori leggeri Giuseppe Garibaldi
(nave di bandiera dell’ammiraglio Giuseppe Lombardi, comandante della VIII
Divisione) e Raimondo Montecuccoli e
dall’incrociatore pesante Gorizia
(con a bordo l’ammiraglio di divisione Angelo Parona). Il convoglio «A» avrebbe
invece avuto la protezione della corazzata Andrea
Doria e della VII Divisione (ammiraglio di divisione Raffaele De Courten)
con gli incrociatori leggeri Muzio
Attendolo ed Emanuele Filiberto Duca
d’Aosta.
Infine, a tutela
dell’intera operazione contro un’eventuale uscita in mare delle corazzate della
Mediterranean Fleet, prese il mare la IX Divisione Navale (ammiraglio di
squadra Angelo Iachino, comandante superiore in mare) con le moderne corazzate Littorio e Vittorio Veneto, scortate dalla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere
(Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino). Queste navi si sarebbero dovute
posizionare nel Mediterraneo centrale.
A completamento dello
schieramento, un gruppo di sommergibili sarebbe stato dislocato nel
Mediterraneo centro-orientale con compiti esplorativi ed offensivi; era inoltre
previsto un imponente intervento della Regia Aeronautica.
Reperire tutte le
navi da guerra necessarie ad un’operazione tanto imponente fu il primo
problema. Non bastò concentrare a Taranto, Argostoli e Messina tutte le unità
sottili presenti nei porti del Sud Italia; né fu sufficiente accelerare il
completamento dei lavori in corso su alcuni cacciatorpediniere, perché fossero
pronti al più presto. La «M. 41» sarebbe dovuta cominciare il 12 dicembre, ma
quel giorno il numero di navi scorta disponibili era tanto basso, rispetto al
necessario (anche a causa del maltempo, che aveva ritardato il trasferimento di
varie siluranti nei porti di partenza dei convogli), che Supermarina decise di
posporre l’operazione di ventiquattr’ore. Anche così, le scorte risultarono
essere numericamente ridotte, eterogenee e poco affiatate, essendo costituite
con ciò che era disponibile.
A seguito della
decisione di Supermarina di cancellare il convoglio «A» e trasferire subito Filzi e Del Greco a Taranto perché si unissero al convoglio «L» prima che
questo partisse, le due motonavi lasciarono Messina alle 10.20 (o 10.30) del 12
dicembre 1941, scortate da Da Recco
(caposcorta, capitano di vascello Stanislao Esposito) ed Usodimare.
Sulla Filzi si trovavano in tutto 351 uomini,
tra equipaggio (compresi dei radiotelegrafisti della Regia Marina, imbarcati
appositamente per l’operazione) e truppe di passaggio (tra cui 110 soldati
tedeschi). Il carico comprendeva un consistente numero di carri armati; vi
erano anche 103 veicoli tedeschi (tra cui 22 carri armati Panzer II e Panzer
III) e 689 tonnellate di rifornimenti per l’Afrika Korps, oltre a materiale per
le forze italiane.
La parte più
rilevante del carico delle due motonavi era probabilmente costituita dai mezzi
corazzati: tra tutte e due, Filzi e Del Greco avevano a bordo 52 carri medi
M13/40 per la Divisione corazzata «Littorio» del Regio Esercito (l'intera dotazione di mezzi ed equipaggiamenti del XII Battaglione Carri) e 43 carri armati tedeschi (11 carri
leggeri Panzer II e 34 carri medi Panzer III) per la 3. e 7. Kompanie del 5.
Panzerregiment dell’Afrika Korps.
Durante
l’attraversamento della zona più pericolosa per il rischio di attacchi
subacquei, a sud dello stretto di Messina, si unì alla scorta per qualche ora,
quale temporaneo rinforzo, la vecchia torpediniera Giuseppe Dezza (proveniente da Messina). Lasciatasi alle spalle la
zona pericolosa, Filzi e Del Greco imboccarono le abituali rotte
del Mar Ionio, procedendo alla velocità di 16 nodi.
Delle intercettazioni
radio rivelarono che nel primo pomeriggio del 12 dicembre il convoglio era
stato localizzato da velivoli nemici, ma gli ordini non furono modificati; d’altra
parte, nel Golfo di Taranto era già operativo un notevole dispositivo
antisommergibili (anche e soprattutto per la prevista partenza del convoglio
«L», che sarebbe avvenuta il giorno seguente), con due MAS e due
motopescherecci requisiti che eseguivano vigilanza antisommergibili ed ascolto
idrofonico a sud di Messina, fino al meridiano di Spartivento, dalle 7 alle 16
del 12 dicembre, nonché esplorazione aerea pendolare con idrovolanti CANT Z.
501 a sud di Taranto, rastrello antisommergibile con i MAS 440 e 438 e la
motovedetta Marongiu (al largo di
Punta Alice e Punta Stallitti) e con il MAS
439 e la motovedetta Saba (tra
Gallipoli e Santa Maria di Leuca) ed una catena di vigilanza con quattro unità
della vigilanza antiaerea sulla congiungente Gallipoli-Crotone. Inoltre, le due
motonavi avrebbero fruito di scorta e vigilanza antisommergibile da parte di
aerei dalla partenza fino al tramonto.
Per tutta la giornata
del 12 Filzi e Del Greco procedettero senza inconvenienti a 16 nodi, in linea di
fronte (Filzi a sinistra, Del Greco a dritta), con i due
cacciatorpediniere in formazione di scorta laterale (Usodimare a dritta, Da Recco
a sinistra).
Quando il convoglio
giunse nel punto di atterraggio su Taranto, il mare ed il vento erano quasi
calmi, la luna era all’ultimo quarto.
Nel Golfo di Taranto,
però, erano in agguato diversi sommergibili britannici.
Uno di questi era l’Utmost, del capitano di corvetta Richard
Douglas Cayley: dopo aver rilevato rumore di motori su rilevamento 135°, alle
00.50, il battello britannico avvistò all’1.10 (in posizione 39°47’ N e 17°22’
E) il convoglio italiano, a 6 miglia per 130°, con rotta 330° e velocità 15
nodi.
All’1.32 l’Utmost lanciò quattro siluri, due contro
ciascuna motonave (la più vicina distava 4570 metri), per poi immergersi e
ritirarsi verso sud. Sebbene Cayley ritenesse di aver sentito un siluro andare
a segno, seguito dall’1.50 da caccia con una quarantina di bombe di profondità,
nessuna nave fu colpita.
Arrivati a 15 miglia
dal faro di San Vito, poco prima che cominciasse la rotta di sicurezza per
Taranto, i cacciatorpediniere cessarono lo zigzagamento; alle 2.10 del 13
dicembre il caposcorta ordinò di disporsi in linea di fila. Filzi e Del Greco iniziarono la manovra per passare dalla linea di fronte
alla linea di fila, ma l’avevano appena cominciata – in questo modo, ad un
attaccante posizionato sulla sinistra la Filzi,
in posizione leggermente più avanzata, si “sovrapponeva” parzialmente alla Del Greco, facilitando un lancio che
colpisse entrambe – quando il sommergibile britannico Upright, che si trovava in affioramento, lanciò contro di esse una
salva di quattro siluri.
Nessuno vide l’Upright, né le scie dei siluri,
provenienti da sinistra: il sommergibile (al comando del tenente di vascello
John Somerton Wraith) aveva rilevato per la prima volta all’1.50, con l’ASDIC
(in posizione 40°08’ N e 17°00’ E, mentre si trovava fermo in ascolto), il
rumore di navi in avvicinamento da sud con rotta stimata 000°, ed aveva virato
di conseguenza in quella direzione (assumendo rotta 80°). Poco dopo, la luna
era sorta su rilevamento 100° rispetto all’Upright.
All’1.55, sentendo il rumore di motori diventare più forte e spostarsi verso
sinistra, Wraith aveva virato di nuovo per portarsi in una posizione d’attacco
favorevole; alle 2.03 aveva avvistato le navi italiane e manovrato ancora una
volta (assumendo rotta 110°, così che la luna si trovasse a 10° a dritta del
mercantile di testa al momento del lancio). Alle 2.04 l’operatore dell’ASDIC,
rilevando 130 rivoluzioni, aveva stimato che i bersagli avessero una velocità
di 14 nodi, ed alle 2.07 uno dei cacciatorpediniere, dopo aver superato il
mercantile di testa, era passato “davanti” alla luna, permettendo a Wraith, che
col suo battello si trovava su rotta 70° e pronto al lancio, di stimare la
distanza come compresa tra i 3660 e 4570 metri.
Alle 2.12 l’Upright aveva lanciato quattro siluri (da
4115 metri) contro le due motonavi, cogliendo proprio il momento in cui si
“sovrapponevano” ed al contempo si stagliavano contro la luna. Come punto di
mira fu scelta la prua della nave di testa, la Filzi.
Tutte le armi fecero
centro: due raggiunsero la Filzi, e
le altre due centrarono la Del Greco.
Mentre la Del Greco inizialmente resistette (ma
affondò dopo circa un’ora, nonostante un tentativo del Da Recco di prenderla a rimorchio), la sorte della Filzi fu segnata dal suo carico di carri
armati: lo spostamento di tale carico provocò il capovolgimento della motonave,
che colò a picco in soli sette minuti nel punto 40°09’ N e 17°04’ E, ad una
decina di miglia da Taranto.
Mentre l’Usodimare passava subito al
contrattacco, con un sistematico ma infruttuoso lancio di bombe di profondità
(l’Upright, che si era immerso subito
dopo il lancio, contò 48 esplosioni tra le 2.12 e le 7.37, ed aveva anche
avvertito i rumori prodotti da Filzi
e Del Greco in affondamento, alle
2.28 ed alle 3.41), il Da Recco tentò
dapprima di rimorchiare la Del Greco
e poi, dopo che fu affondata, iniziò a recuperare i suoi naufraghi e quelli
della Filzi. Allo stesso scopo
uscirono da Taranto una torpediniera, due dragamine, tre rimorchiatori e
quattro unità d’uso locale.
In tutto furono
recuperati dal mare 331 superstiti italiani e 101 tedeschi, e le salme di 133
uomini (99 italiani e 34 tedeschi). Mentre il personale della Del Greco venne salvato quasi per
intero, il bilancio della Filzi fu
molto più pesante: su 351 uomini imbarcati, soltanto 143 furono recuperati
ancora in vita. I morti della Filzi
furono 208, 150 italiani e 58 tedeschi.
La perdita dei 95
carri armati trasportati dalle due motonavi ebbe un impatto rilevante e
negativo sull’andamento delle operazioni terrestri in Africa Settentrionale,
che in quel momento vedevano le forze dell’Asse indietreggiare di fronte
all’operazione britannica «Crusader».
L’affondamento della Fabio Filzi nel giornale di bordo dell’Upright (da Uboat.net):
“0150 hours - In approximate
position 40°08' N, 17°00' E HE was heard approaching from the South. Turned
towards.
0155 hours - HE
became louder and was passing down the Port side. Changed course to obtain a
favourable attack position.
0203 hours - Sighted
a large ship followed by a smaller one. Shortly afterwards sighted another
large ship following the other ones. Started attack.
0212 hours - Fired
four torpedoes at the two big ships when they overlapped. Shortly after firing Upright dived. All four torpedoes hit
the targets. It was thought the first three torpedoes hit the first target and
the last torpedo hit the second target. Depth charging started.
0228 hours - A ship
was heard breaking up.
0341 hours - A second
ship was heard breaking up.
0737 hours - The last
depth charge was dropped. In all 48 had been dropped.”
Un’altra immagine della Filzi (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
"52 carri medi M13/40 per la Divisione corazzata «Littorio» del Regio Esercito (un’intera compagnia del XII Battaglione Carri) "
RispondiElimina52 tanks is the whole batalion.
Thank you; you are right, as confirmed by a "Storia Militare" article on the "Littorio" Division. Now corrected; I do not have much knowledge about the number of tanks that make a company or battalion, as my interest lies mainly in naval matters.
EliminaComplimenti per l'esauriente articolo!
RispondiEliminaLa cronaca di quella notte l'ho sempre sentita raccontata da mio nonno, Ugo, uno dei marinai a bordo della Fabio Filzi, che si salvò dal naufragio dopo ore terribili passate in mare. La nave si ribaltò e si impennò, lui ebbe l'accortezza di tuffarsi dalla parte più alta, evitando di venirne risucchiato e resistette fino all'arrivo dei soccorsi.
La memoria di quella tragedia, degli amici e compagni persi, gli è rimasta impressa fino agli ultimi giorni della sua vita. E' scomparso a 97 anni, l'ottobre scorso.
Grazie ancora
Lorenzo Brisotto
Mio padre era su quella nave
EliminaSi è salvato dopo ore passate in acqua. Era del 1920