Sommergibile oceanico
della classe Balilla (dislocamento di 1427 tonnellate in superficie e 1874 in
immersione). Fu l’unico della sua classe ad avere un tubo lanciamine poppiero
per quattro mine, previsto nel progetto originale di classe, ma realizzato
soltanto sullo Sciesa.
Nel secondo conflitto
mondiale effettuò complessivamente 12 missioni di guerra (4 offensive, 2 di
trasferimento e 6 di trasporto, nelle quali recapitò in tutto 128,6 tonnellate
di benzina in latte, 189,3 tonnellate di munizioni, 32,6 di provviste e 9,8 di
altri materiali), percorrendo in tutto 7311 miglia in superficie e 922 in
immersione, e trascorrendo 57 giorni in mare.
Breve e parziale cronologia.
20 maggio 1925
Impostazione nei
cantieri Odero Terni Orlando di La Spezia.
18 agosto 1928
Varo nei cantieri
Odero Terni Orlando di La Spezia.
14 aprile 1929
Entrata in servizio.
Con i gemelli Balilla, Enrico Toti e Domenico Millelire va a formare la I Squadriglia Sommergibili, di
base a La Spezia.
Lo Sciesa, l’Humaytà (quinta
unità della classe, costruita per la Marina brasiliana) ed il Balilla in fase di allestimento (da
"I sommergibili italiani fra le due guerre mondiali" di Alessandro
Turrini, MariStat/UDAP, 1990, per g.c. Sergio Mariotti, via www.betasom.it)
|
30 ottobre 1929
Lo Sciesa, restando in superficie,
sperimenta una “comunicazione idrofonica” con il sommergibile Tito Speri, nella rada di La Spezia,
durante le prove d’immersione di quest’ultimo.
1929
I quattro
sommergibili della classe Balilla effettuano una crociera fino a Lisbona.
1930
Sciesa e Balilla vengono
inviati ad Anversa in occasione dell’esposizione universale in Belgio e delle
celebrazioni del centenario dell’indipendenza di tale Paese. Inizialmente c’è
un po’ di insoddisfazione perché l’Italia ha inviato solo due sommergibili
anziché (come Regno Unito, Francia e Paesi Bassi) una divisione navale, ma le
autorità italiane fanno notare la maggiore distanza dell’Italia dal Belgio, e
affermano che l’Italia ha mandato quanto di più progredito aveva nelle proprie
costruzioni navali.
14 settembre 1933
Lo Sciesa (capitano di fregata Carlo Savio,
capo sezione) salpa da La Spezia insieme al gemello Enrico Toti, per effettuare una crociera di circumnavigazione
dell’Africa, allo scopo di mettere alla prova i sommergibili della classe Balilla
in mari equatoriali (oltre che per compiti diplomatici e “di presenza” –
mostrare alle altre potenze ed alle comunità italiane all’estero le capacità
della Marina italiana –, nonché per raccolta di informazioni su Diego Suarez ed
altre basi navali francesi dell’Oceano Indiano).
Sciesa e Toti, salpati in
assetto di guerra (al completo di armi e munizioni) e senza accorgimenti per
adattarli ai climi caldi e umidi delle zone che attraverseranno (salvo una
miglior organizzazione per un ottimale funzionamento delle strumentazioni),
attraversano il Canale di Suez, entrano in Mar Rosso e fanno scalo a Port Said,
Massaua, Aden, Mogadiscio, Chisimaio, Mombasa, Zanzibar, Dar es Salaam, Diego
Suarez, Lourenço Marques, Durban (dove, non essendo mai approdato alcun
sommergibile, i due battelli vengono accolti da una folla di 20.000 curiosi),
Città del Capo (raggiunta navigando in immersione, dopo aver doppiato il Capo
di Buona Speranza; a Città del Capo il vescovo Hennemann celebra una messa a
bordo di uno dei sommergibili, ed il reverendo Mullen tiene una predica agli
equipaggi in italiano), Walvis Bay, Lobito, Sao Tomé, Takoradi, Dakar, Porto
Praia, Las Palmas e Gibilterra. Durante la navigazione vengono anche effettuate
esercitazioni in superficie ed in immersione, prove di tiro con le artiglierie
e di lancio di siluri (attacchi simulati) e di rimorchio reciproco.
Lo Sciesa a Capetown l’8 dicembre 1933 (g.c. Carlo Di Nitto)
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25 febbraio 1934
Sciesa e Toti, dopo aver
attraversato lo stretto di Gibilterra, aver affrontato una violenta tempesta in
Mediterraneo ed aver fatto un ultimo scalo a Barcellona, rientrano alla base e
concludono la crociera (con la quale hanno percorso in tutto 15.496 miglia). La
lunga navigazione ha permesso di evidenziare le eccellenti prestazioni della
classe (nel suo rapporto, il comandante Savio evidenzia come i sommergibili
possano trascorrere lunghi periodi in missione in mari caldi, purché abbiano
sufficienti pezzi di ricambio e possano essere riforniti di carburante e
lubrificante); è notevole anche perché effettuata senza assistenza di navi
appoggio, e perché gli equipaggi gli equipaggi hanno trascorso oltre cinque
mesi a bordo. Comandanti ed equipaggi di Sciesa
e Toti ricevono un elogio.
1934
Il cannone contraereo
Odero-Terni-Orlando da 120/27 mm mod. 1924, stante le sue prestazioni
insoddisfacenti, viene rimosso: l’arma, insieme a quelle prelevate da Balilla, Toti e Millelire, sarà
destinata alla difesa contraerea di Augusta e Messina. Al suo posto viene imbarcato
un cannone da 120/45 mm OTO mod. 1931, posizionato in coperta anziché, come in
precedenza, in torretta (ciò allo scopo di aumentare la stabilità). Al contempo
le due mitragliere contraeree singole da 13,2/76 mm vengono sostituite con
altrettante armi binate dello stesso tipo.
15 novembre-3 dicembre 1936
Lo Sciesa (facente parte del II Grupsom di
Napoli) è tra i primi sommergibili italiani a compiere missioni clandestine di
supporto delle forze nazionaliste nel corso della guerra civile spagnola. I
battelli vengono inviati in agguato nelle acque di Barcellona, Valencia e Cartagena,
principali porti repubblicani, con ordine di silurare le navi da guerra
repubblicane; le navi da carico riconosciute con certezza come repubblicane o
di nazioni extramediterranee che si sa essere rifornitrici della Repubblica
(specie l’Unione Sovietica), ma soltanto entro il raggio delle acque
territoriali (tre miglia); e le navi che passino a luci oscurate, di notte,
nell’area di agguato.
Per l’impiego in
acque spagnole, lo Sciesa viene
trasferito da Napoli a La Maddalena (insieme ai sommergibili Naiade, Topazio ed Evangelista
Torricelli), porto più isolato ed adatto dunque alla segretezza, ed imbarca
un ufficiale spagnolo (il tenente di vascello Diaz) con funzioni di ufficiale
di collegamento e l’incarico di aiutare nel riconoscimento dei bersagli (e
anche, in caso di cattura od incontro ravvicinato con nave neutrale, di
fingersi il comandante del battello: in questi casi, infatti, si dovrà fingere
di essere un sommergibile nazionalista spagnolo, ed allo scopo è imbarcata
anche una bandiera spagnola). Per evitare il riconoscimento (missioni del
genere, data la mancanza di un formale stato di guerra tra Italia e Spagna
repubblicana, sono illegali), nei giorni che precedono la partenza le lettere
dei nomi dei sommergibili, le sigle di riconoscimento sulle torrette ed i fasci
littori vengono occultati con una mano di vernice nera. Sempre a causa della
segretezza e clandestinità di tali missioni, è presente a bordo una doppia
serie di registri e documenti; a missione conclusa, il comandante dovrà procedere
alla distruzione dei brogliacci di plancia, riconsegnare cifrari e bandiera
spagnola e recarsi a Maricosom in abiti civili. In caso di lancio di siluri,
verrà steso un verbale che dichiarerà il siluro lanciato come perso durante
esercitazione di lancio («per cause non potute accertare è fuoriuscito dal tubo
affondando in fondali superiori ai 500 metri»).
Lo Sciesa salpa da La Maddalena, al comando
del capitano di corvetta Marino Iannucci, il 15 novembre, e rimane in agguato
tra Alicante e Barcellona fino al 2 dicembre, ma non effettua alcun attacco.
6 agosto 1937
Lo Sciesa (capitano di corvetta Candido
Corvetti) salpa da La Spezia per svolgere una nuova missione clandestina
nell’ambito della guerra di Spagna, nelle acque di Alicante.
9 agosto 1937
Lancia un siluro da
533 mm contro un piroscafo stimato in 2000 tsl e battente bandiera governativa,
nelle acque antistanti Alicante. Il siluro, forse per forte deviazione, manca
il bersaglio.
Lo Sciesa visto
da poppa dopo le modifiche, si nota il tubo lanciamine poppiero (da
"I sommergibili italiani" di Paolo M. Pollina, USMM, 1963, per g.c.
Sergio Mariotti, via www.betasom.it)
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15 agosto 1937
A nord della zona
d’attacco, lo Sciesa lancia due siluri
(uno da 450 mm ed uno da 533 mm) contro un piroscafo, probabilmente il Cabo
Roche; il comandante Corvetti sente uno scoppio e, dato che dopo venti minuti
il piroscafo non è più visibile, ritiene di averlo affondato, ma in realtà non
lo ha colpito. Un cacciatorpediniere repubblicano si avvicina allo Sciesa, ma non lancia bombe di
profondità.
20 agosto 1937
Lo Sciesa rientra a La Spezia dopo aver
percorso 1376 miglia in superficie e 296 in immersione in condizioni
meteorologiche ottimali, e dopo aver iniziato sei manovre di attacco contro
piroscafi sospetti, delle quali solo due (quelle del 9 e del 15 agosto)
conclusesi con il lancio di siluri.
1938
Assegnato alla XV
Squadriglia Sommergibili (I Gruppo Sommergibili, di base a La Spezia), composta
dai più grandi sommergibili della Regia Marina (lo Sciesa ed i suoi tre gemelli, le tre unità della classe Calvi
– Pietro Calvi, Giuseppe Finzi ed Enrico Tazzoli – e l’Ettore Fieramosca).
È comandante dello Sciesa il capitano
di corvetta Adriano Foscari, futura MOVM.
1939
Ha base a La Spezia,
insieme ai gemelli Toti e Balilla.
10 giugno 1940
All’entrata
dell’Italia nella seconda guerra mondiale, lo Sciesa (al comando del capitano di corvetta di complemento Mario Resio, 35 anni, da Genova) ed i tre gemelli (Balilla,
Domenico Millelire ed Enrico Toti) formano la XL Squadriglia
Sommergibili (IV Grupsom di Taranto), di base a Brindisi.
Lo stesso giorno, lo Sciesa prende il mare per la prima
missione di guerra, un agguato nelle acque di Cattaro.
21 giugno 1940
Rientra alla base
dopo aver completato la missione.
9 luglio 1940
Viene inviato a
formare uno sbarramento a nord di Capo Passero.
11 luglio 1940
Ritorna alla base.
Lo Sciesa in navigazione a lento moto nei primi anni di servizio (da
"I sommergibili italiani fra le due guerre mondiali" di Alessandro
Turrini, MariStat/UDAP, 1990, per g.c. Sergio Mariotti, via www.betasom.it)
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14 agosto 1940
Salpa da Augusta per
una missione al largo dell’Africa Settentrionale.
16 agosto 1940
Deve raggiungere
Brindisi a seguito di un’avaria, interrompendo la missione.
12 dicembre 1940
Viene inviato in
missione a nord della foce del Nilo (per altra fonte, in agguato protettivo nel
canale d’Otranto, a sudovest di Corfù, a difesa del traffico convogliato tra
l’Italia e l’Albania).
18 dicembre 1940
Rileva all’idrofono
rumori prodotti da delle navi, che però non riesce ad avvistare.
21 dicembre 1940
Conclude la missione.
Marzo 1941
Viene messo in
disarmo: vi resterà per più di un anno, fino al maggio 1942.
1° giugno 1942
A seguito di
insistenti richieste da parte dei Comandi tedeschi, che premono per l’impiego
dei sommergibili in missioni di trasporto per far giungere rifornimenti in
prossimità delle prime linee, durante l’avanzata delle forze di Rommel – benché
il normale traffico di navi mercantili si stia svolgendo senza problemi, con
perdite limitatissime (e dunque non vi sia alcun bisogno di impiegare i
sommergibili), e nonostante un sommergibile non possa trasportare nemmeno un
decimo di ciò che può caricare una piccola nave mercantile –, il Grupsom
Taranto riceve ordine di adibire alcune delle proprie unità al trasporto di
benzina avio per la Luftwaffe. Altri enti e comandi tedeschi fanno analoga
richiesta, ma l’ordine rimane tassativamente limitato alla sola benzina per
aerei.
Lo Sciesa, in virtù delle sue grosse
dimensioni (che consentono di stivare diverse decine di tonnellate di carico) e
della sua vetustà (che lo rende ormai inadatto all’impiego offensivo), è tra i
sommergibili scelti per questo servizio, insieme al gemello Toti, agli altrettanto anziani Narvalo e
Santarosa ed ai posamine Atropo, Micca, Bragadin, Corridoni e Zoea: viene pertanto “rispolverato” e
torna in servizio attivo, al comando del tenente di vascello Raul Galletti.
Sarà il suo ultimo comandante.
29 giugno 1942
Parte da Taranto alle
11.30, in missione di trasporto di 64 tonnellate di benzina in latte e 4 di
provviste.
3 luglio 1942
Giunge a Ras Hilal
alle 4.15, dopo aver riportato alcune avarie nel corso della navigazione.
Durante la sosta per lo scarico della benzina, viene visitato da Benito
Mussolini, che si trova in quel momento in Libia.
Mussolini posa insieme all’equipaggio
dello Sciesa a bordo del sommergibile,
4 luglio 1942 (Coll. privata Domenico Iacono, via www.betasom.it)
|
6 luglio 1942
Scaricato il carico,
lascia Ras Hilal alle 20.30, per tornare a Taranto.
9 luglio 1942
Arriva a Taranto alle
16.
24 luglio 1942
Salpa da Taranto per
Tobruk alle 16, con un carico di 64,6 tonnellate di benzina in latte e 7
tonnellate di viveri.
28 luglio 1942
Giunge a Tobruk alle
7.15.
29 luglio 1942
Lascia Tobruk alle 19
per tornare a Taranto.
3 agosto 1942
Giunge a Taranto alle
13.45.
Uomini dello Sciesa sul loro battello, fine
luglio-inizio agosto 1942 (Coll. privata Domenico Iacono, via www.betasom.it)
|
19 agosto 1942
Parte da Taranto alle
15.20, per trasportare a Bengasi 63 tonnellate di munizioni e dieci di
provviste.
22 agosto 1942
Raggiunge Bengasi
alle 9.30. Messo a terra il carico, riparte alle 19 per rientrare a Taranto.
26 agosto 1942
Arriva a Taranto alle
12.10.
1° ottobre 1942
Salpa da Taranto alle
15.25 (sempre al comando del tenente di vascello Galletti) per trasportare a
Bengasi 51,6 tonnellate di munizioni, 11,7 di provviste e 8,8 di valuta della
Banca d’Italia.
5 ottobre 1942
Giunge a Bengasi alle
8.30. Dopo aver scaricato, riparte alle 17.30 per tornare in Italia.
6 ottobre 1942
Durante la
navigazione di rientro, a circa 150 miglia dalla costa (posizione precisa:
34°41’ N e 19°21’ E, a nord di Bengasi), avvista in superficie un grosso sommergibile
sospetto, apparentemente fermo. Alle 21.09 lo Sciesa gli lancia un siluro da 800 metri di distanza: dopo 59
secondi viene sentita una violenta detonazione, e ciò porta l’equipaggio
italiano a ritenere di aver colpito il battello nemico mentre si stava
immergendo, affondandolo. Lo Sciesa
si mette anche a cercare eventuali naufraghi dell’unità nemica, ma non trova
nulla: in realtà, ha mancato il bersaglio.
8 ottobre 1942
Arriva a Taranto alle
14.40.
30 ottobre 1942
Riparte da Taranto
con munizioni e materiali destinati a Tobruk.
31 ottobre 1942
A seguito di
un’avaria, deve fare ritorno a Taranto.
Marinai sulla poppa dello Sciesa (foto Gaspare Salerno, via www.grupsom.com) |
L’affondamento
Il 3 novembre 1942 lo
Sciesa, sempre al comando del tenente
di vascello Raul Galletti, salpò di nuovo da Taranto per un’altra missione di
trasporto: questa volta il carico assommava a 84,2 tonnellate di munizioni e materiale
sanitario, da trasportare a Tobruk. La piazzaforte libica, di fronte
all’avanzata delle forze britanniche, sarebbe caduta di lì a dieci giorni, e su
di essa si intensificavano gli attacchi aerei (il 2 novembre era saltato in
aria, colpito da bombe mentre scaricava munizioni, l’incrociatore ausiliario Brioni).
Dopo tre giorni di
navigazione, il sommergibile giunse a Tobruk alle otto del mattino del 6
novembre, e cominciò quindi a sbarcare il proprio carico con la massima
celerità possibile.
Mentre l’operazione
era in corso, però, Tobruk subì un’altra incursione aerea da parte di
bombardieri Boeing B-17 “Flying Fortress” della Middle East Air Force
dell’USAAF (precisamente, il 513rd Bombing Squadron del 376th
Bombing Group). Nel corso dell’attacco, che si protrasse dalle 15.20 alle 16.15
(per altra fonte, però, il sommergibile fu colpito a mezzogiorno), lo Sciesa venne centrato da tre bombe, una
delle quali in torretta: le esplosioni uccisero 23 dei 55 uomini presenti a
bordo (5 ufficiali, 5 sottufficiali e 13 tra sottocapi e marinai), ne ferirono
altri 14, e scatenarono un furioso incendio che l’equipaggio superstite riuscì
a stento a domare.
A causa dei
gravissimi danni subiti, lo Sciesa si
posò sul fondale, in posizione 32°05’ N e 23°59’ E (per altra versione, fu portato all’incaglio dal
comandante Galletti, per evitare che affondasse). Nello stesso bombardamento fu
affondato anche il piroscafo Etiopia,
mentre venne danneggiato il pontone semovente tedesco L 69.
Le vittime:
Gennaro Aquino, sottocapo radiotelegrafista, da Pozzuoli
Giovanni Avallone, marinaio cannoniere, da Napoli
Luciano Cattani, tenente del Genio Navale, da Bologna
Dino Colvara, sottotenente del Genio Navale, da La Spezia
Cosimo D'Addario, marinaio, da Brindisi
Antonio D'Alba, secondo capo furiere, da Bari
Giorgio Daziano, capo meccanico di seconda classe, da Clavesana
Roberto De Gregorio, marinaio, da Massa Lubrense
Rocco Donatucci, marinaio nocchiere, da Ortona
Martino Iannone, sottocapo elettricista, da Lauro
Francesco La Motta, capitano del Genio Navale
(direttore di macchina), da Barcellona Pozzo di Gotto
Angelo Melucci, marinaio, da Taranto
Mario Montesoro, secondo capo meccanico, da Genova
Mario Mor, sottocapo motorista, da Montichiari
Emanuele Pelosi, marinaio cannoniere, da Verolanuova
Dante Pilloli, secondo capo silurista, da Pescara
Giorgio Punzo, sergente silurista, da San Giorgio a Cremano
Angelo Sava, guardiamarina, da Catania
Nunzio Sbergo, sottocapo segnalatore, da Canosa di Puglia
Alfonso Scerra, marinaio elettricista, da Crotone
Sebastiano Squadrito, sottocapo furiere, da Catania
Attilio Terrenzio, marinaio, da Francavilla al Mare
Benvenuto Ugaglia, aspirante (Genio Navale), da Borgonovo Val Tidone
Una foto dell’equipaggio dello Sciesa, fine luglio-inizio agosto 1942 (Coll. privata Domenico Iacono, via www.betasom.it) |
Il 7 novembre il
comandante Galletti tornò a bordo del relitto dello Sciesa, insieme ad un prete ed ad una squadra incaricata del
recupero dei corpi delle vittime. Si provvide anche a distruggere i documenti
segreti, ed a danneggiare ulteriormente il battello, per renderlo
inutilizzabile. Pochi giorni dopo, il 12 novembre, il relitto dello Sciesa venne minato e fatto saltare in
aria per impedire che i britannici, che avrebbero occupato Tobruk il giorno
seguente, potessero recuperarlo. Quando infatti questi conquistarono la città
libica, il 13 novembre, giudicarono il sommergibile come troppo danneggiato, e
lo abbandonarono dov’era.
Diversi superstiti
dello Sciesa (tra cui il nocchiere di
terza classe Umberto Biondi, il secondo capo radiotelegrafista Enzo Rizzato, il
sottocapo silurista Giovanni Aurilia, il sottocapo motorista Raffaele Cuben, il
sottocapo radiotelegrafista Luigi Macculli ed il sottocapo elettricista Renzo
Mazzi, tutti decorati con Medaglia di Bronzo al Valor Militare per il loro
operato durante l’affondamento dello Sciesa)
vennero assegnati al nuovo sommergibile da trasporto Romolo, allora in costruzione, e persero la vita nel suo
affondamento, avvenuto per cause ignote nell’agosto del 1943.
Il battello in tempi migliori (da www.grupsom.com) |
Nel 1949 una società
genovese, di proprietà dell’ingegner Bruzzo, inviò a Tobruk un gruppo di
tecnici italiani con il compito di recuperare il relitto dello Sciesa. Gli esperti palombari Ilvo
Borghini e Giuseppe Guglielmo ripararono lo scafo del sommergibile (che,
inizialmente ritenuto non recuperabile, fu da loro valutato come
“tranquillamente” recuperabile, dopo la loro immersione d’ispezione, anche per
spavalderia nei confronti dello scorbutico direttore dei lavori), in modo da
permetterne il galleggiamento, dopo di che questi fu riportato a galla (dopo
soli 43 giorni dall’inizio dei lavori) e sottoposto a lavori di riparazione nel
porto di Tobruk.
Terminati i lavori,
che richiesero circa un anno, si valutò la possibilità di riportare lo Sciesa in Italia con i propri mezzi;
alla fine, però, non essendo il sommergibile in condizioni adatte a navigare in
alto mare, vennero inviati due rimorchiatori che lo trainarono fino a Taranto,
dove venne demolito.
Bgiorno Lorenzo. Nel novembre 1936 il comandante dello Sciesa era il CC Iurino (Marino) Iannucci, fu Giovanni e di Barile Laura, nato a Castro dei Volsci (FR) il 15.4.1900, non Jannuzzi (errre del Mattesini).
RispondiEliminaLo Sciesa nel giugno 1940 fu al comando del CC compl. Mario Resio, nato a Genova il 13.6.1905.
RispondiEliminaGrazie, aggiungo.
EliminaVery interesting, thank you for this. Benvenuto Ugaglia was the adopted brother of my grandfather.
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