Oltre
alle decine di migliaia di militari e civili che persero la vita negli
affondamenti di navi italiane, un elevatissimo numero di militari e civili
italiani trovarono la morte, come prigionieri o internati, negli affondamenti
di navi del nemico – britanniche o tedesche, a seconda del momento – che li
trasportavano verso i campi d’internamento o di prigionia. In totale non furono
meno di 16.000, e probabilmente di più, gli italiani scomparsi in mare durante
la prigionia.
Almeno
3000 italiani, tra cui almeno 1700-2000 prigionieri di guerra e 1120 internati
civili, perirono, nel periodo 10 giugno 1940-8 settembre 1943, negli
affondamenti di cinque mercantili britannici, tutti affondati in Atlantico,
Mediterraneo ed Oceano Indiano da sommergibili dell’Asse.
Non
meno di 13.000 ‘internati militari italiani’ (questa la ‘classificazione’
assegnata dai comandi tedeschi ai prigionieri italiani per poter eludere, nei
loro confronti, le norme della Convenzione di Ginevra sui prigionieri di
guerra) trovarono la morte tra il settembre 1943 ed il giugno 1944 negli
affondamenti di almeno undici mercantili tedeschi (requisiti o catturati da
varie nazioni: Italia, Grecia, Francia, Norvegia, Spagna) colati a picco in Mar
Egeo per le più svariate cause, da naufragio per avverse condizioni
meteomarine, ad urto contro mine, ad attacchi aerei, navali e subacquei da
parte delle forze Alleate: una tragedia la cui entità sembra essere tuttora
sconosciuta ai più.
Quella
che segue è una breve ed essenziale cronologia di questi fatti.
Prigionieri degli inglesi
prima dell’armistizio
2 luglio 1940
Il
piroscafo passeggeri britannico Arandora
Star, in navigazione da Liverpool a St. Johns con a bordo 1673 persone tra
cui 734 internati civili italiani (italiani residenti in Gran Bretagna arrestati
e deportati in Canada per timore che potessero agire da spie e ‘quinte
colonne’; a bordo vi sono anche 479 internati civili tedeschi ed 86 prigionieri
di guerra pure tedeschi), viene silurato e affondato in posizione 55°20’ N e
10°33’ O (a nordovest dell’Irlanda) dal sommergibile tedesco U 47. Tra gli 805 morti vi sono 470
internati italiani.
23 dicembre 1941
Il
piroscafo britannico Shuntien, in
navigazione da Tobruk ad Alessandria d’Egitto con a bordo tra gli 850 e i 1100
prigionieri italiani e tedeschi, viene silurato e affondato dal sommergibile
tedesco U 559. La maggior parte dei
naufraghi vengono recuperati dalla corvetta HMS Salvia, che viene però affondata l’indomani dall’U 568, senza superstiti. Di tutti gli
uomini presenti sullo Shuntien si salvano
solo gli 11-19 naufraghi che erano stati raccolti in precedenza dal
cacciatorpediniere HMS Heythrop.
12 settembre 1942
Il
trasporto truppe britannico Laconia,
in navigazione da Suez al Canada via Aden, Mombasa, Durban e Capetown con a
bordo 2741 persone tra cui 1809 prigionieri di guerra italiani (catturati
durante la prima battaglia di El Alamein), viene silurato e affondato dal
sommergibile tedesco U 156 in
posizione 05°05’ S e 11°38’ O (360 miglia a nordest dell’Isola di Ascensione).
Muoiono, insieme ad altre 264 persone, 1394 prigionieri italiani, in massima
parte rinchiusi nelle stive (solo in una i prigionieri riescono a forzare le
aperture), altri respinti dalle scialuppe, armi alla mano, dai militari
britannici e polacchi. Altre vittime si avranno quando l’U 156, che ha intrapreso il soccorso dei superstiti, viene
attaccato da un aereo statunitense, con vittime tra i naufraghi, venendo
costretto a immergersi e abbandonare i superstiti.
28 novembre 1942
Il
trasporto truppe britannico Nova Scotia,
in navigazione da Port Tewfik a Durban via Aden con a bordo 1052 persone tra
cui 780 internati civili italiani (in parte civili residenti in Etiopia ed
Eritrea, in parte marittimi dei mercantili autoaffondatisi a Massaua e nelle
Isole Dahlak nell’aprile 1941, alla caduta della colonia), viene silurato e
affondato in posizione 28°30’ S e 33°00’ E (a sudest di Lourenço Marques) dal
sommergibile tedesco U 177. Muoiono
650 internati italiani, in larga parte nell’affondamento, molti altri uccisi in
mare dagli squali.
14 marzo 1943
Il
trasporto truppe britannico Empress of
Canada, in navigazione da Durban al Regno Unito, via Takoradi, con a bordo
1892 persone tra cui 499 prigionieri italiani, viene silurato e affondato dal
sommergibile italiano Leonardo Da Vinci
circa 330 miglia a sudovest di Capo Palmas (in Liberia). Tra i 392 morti vi
sono 250 prigionieri italiani, in gran parte rimasti intrappolati in una stiva
lasciata chiusa da un ufficiale britannico (che verrà per questo gettato agli
squali dai prigionieri superstiti).
Prigionieri dei tedeschi,
dopo l’armistizio
23 settembre 1943
Il
trasporto truppe italiano Donizetti,
catturato dai tedeschi, partito la sera precedente da Rodi alla volta del Pireo
(assieme al piroscafo Ditmarischen ed
alla torpediniera TA 10, che verranno
a loro volta affondati) e con a bordo, a seconda delle fonti, 1584 o 1835
prigionieri italiani della guarnigione di Rodi (1110 della Marina, 600
dell’Aeronautica, 11 ufficiali e 114 sottufficiali, secondo la stima di 1835
uomini) oltre a 220 tedeschi d’equipaggio e di guardia, viene attaccato intorno
all’una di notte dai cacciatorpediniere britannici Fury ed Eclipse a
sudovest di Rodi; colpita dal tiro d’artiglieria, la Donizetti si capovolge ed
affonda in pochi minuti al largo di Prassonissi, senza superstiti.
20-26 settembre 1943
Il
20 settembre 1943 il piroscafo greco (sotto controllo tedesco) Ellinico Horio, mentre è all’ormeggio a
Scarpanto con 550 prigionieri italiani da trasportare ad Agios Nikolaos
(Creta), viene danneggiato da un attacco aereo: il comandante greco viene
gravemente ferito e parecchi prigionieri italiani rimangono uccisi, alcuni
nell’attacco, altri annegati dopo essersi gettati in mare. Sulla motozattera
tedesca F 308, anch’essa avente a
bordo prigionieri, rimangono uccisi 7 italiani.
Le
riparazioni si protraggono per cinque giorni, e nella serata del 25 settembre i
lavori sono da poco terminati quando parte dell’equipaggio greco ed i
prigionieri italiani (il loro numero non è noto) prendono il sopravvento e
s’impadroniscono della nave, che lascia Scarpanto tentando di raggiungere un
porto amico o neutrale, a Cipro od in Palestina.
Il
mattino successivo, tuttavia, l’Ellinico
Horio viene avvistato da aerei della Luftwaffe al largo di Scarpanto,
mentre procede con rotta sudest: il piroscafo non risponde ai loro
avvertimenti, ed i velivoli passano all’attacco, incendiandolo. Poco dopo la
nave affonda: non risulta vi siano stati sopravvissuti.
28 settembre 1943
Il
piccolo e vecchio piroscafo passeggeri greco Ardena, poco dopo essere partito da Argostoli alla volta del Pireo
con a bordo 840 prigionieri italiani (molti di più di quanto non sarebbe stato
ragionevole imbarcare) catturati a Cefalonia (uomini della Divisione Acqui
reduci dalle famigerate fucilazioni di massa perpetrate sull’isola dopo la
resa) da avviare ai campi di concentramento in Grecia, sorvegliati da 120
tedeschi, urta una mina (appartenente ad uno sbarramento difensivo posato
dall’incrociatore ausiliario Barletta nel giugno 1943; per altra fonte posata
da aerei britannici) ed affonda mezzo miglio a sud di Argostoli (a soli 800
metri dalla riva), portando con sé 779 uomini. 720 di essi sono prigionieri
italiani.
10 ottobre 1943
La
grande e moderna motonave italiana Mario
Roselli, catturata dai tedeschi, viene attaccata e colpita con bombe da
cacciabombardieri britannici mentre sta imbarcando 5500 prigionieri italiani
(appartenenti al presidio di Corfù, e da trasportare a Patrasso) nella rada di
Corfù. Muoiono 1302 prigionieri italiani, uccisi dagli scoppi delle bombe od
annegati. La Roselli affonda il
giorno seguente, rimanendo parzialmente emergente.
13 ottobre 1943
Il
piroscafo tedesco Marguerite (ex
spagnolo Maria Amalia), in
navigazione da Argostoli a Patrasso con a bordo 900 prigionieri italiani
catturati a Cefalonia (e da avviare alla prigionia in Grecia), stipati e
sorvegliati da 25 militari tedeschi, urta una mina (per altra fonte viene
silurato da un sommergibile britannico, il Trooper
o l’Unruly) quando ormai ha raggiunto
Patrasso, ed affonda portando con sé 544 prigionieri (nonché 5 tedeschi). Si
salvano solo 356 prigionieri italiani, e 20 soldati tedeschi.
19 ottobre 1943
Nella
notte tra il 19 ed il 20 ottobre la motonave da carico ex francese Sinfra, in navigazione da Creta
(Iraklion) al Pireo con 2389 prigionieri italiani, 71 partigiani greci e 204
militari tedeschi, viene ripetutamente colpita ed incendiata da bombardieri
statunitensi ed aerosiluranti britannici, esplodendo ed affondando dopo alcune
ore a 7 miglia dalla costa nordoccidentale di Creta, al largo di Capo Spatha.
Muoiono almeno 1850 prigionieri italiani (le vittime sono 2098 in tutto,
compresi anche greci e tedeschi), in parte nel bombardamento o
nell’affondamento, in parte scomparsi in mare dopo l’abbandono della nave, in
parte uccisi da alcuni soldati tedeschi che sparano nelle stive per impedire ai
prigionieri di uscire; solo 539 vengono salvati insieme a 182 tedeschi e 13
greci. Per altra fonte i morti tra gli italiani sono 1998, vengono tratti in
salvo solo 391 prigionieri italiani, 12 partigiani greci (questi ultimi
verranno poi fucilati) e 163 tedeschi (cui è stata data la precedenza nel
salvataggio).
Altre
fonti parlano di 5000 prigionieri italiani a bordo (fermo restando il numero
dei sopravvissuti), ma si tratta probabilmente di un’esagerazione.
19 novembre 1943
Il
caicco greco Aghios Antonios Kal 89,
in servizio per conto delle forze tedesche ed in navigazione da Scarpanto (da
dov’è partito il 14) a Creta con 208 prigionieri italiani, viene cannoneggiato
e poi affondato con due siluri dal sommergibile polacco Sokol nel golfo di Mirabella, baia di Sitia (Creta), al largo di
Capo Sidero. Tra i prigionieri italiani, 110 (per altra versione 80) rimangono
uccisi ed altri 60 sono feriti gravemente, a causa dell’esplosione di un siluro
contro gli scogli, vicino ai naufraghi (tra l’equipaggio, composto da 7 greci e
4 tedeschi, vi sono diversi feriti ma nessuna vittima).
8 febbraio 1944
Il
piroscafo tedesco Petrella (ex
italiano Capo Pino, ex francese Aveyron) viene silurato dal sommergibile
britannico Sportsman durante la
navigazione da Suda (Creta) al Pireo con 3173 prigionieri italiani e, dopo
alcune ore, si spezza in due tronconi, che affondano più tardi in posizione
35°32’ N e 24°18’ E o 35°34’ N e 24°09’ E (al largo di Suda). I militari
tedeschi sparano sui prigionieri per impedire loro di uscire dalle stive.
Muoiono 2646 o 2670 prigionieri italiani, mentre i sopravvissuti sono 527 o
503.
Altre
fonti parlano di 6500 italiani presenti a bordo e 1500 salvati, ma sono
probabilmente cifre approssimate ed errate.
12 febbraio 1944
Alle
18.45 del 12 febbraio il piroscafo norvegese (sotto controllo tedesco) Oria, in navigazione da Rodi (da dov’è
partito alle 17.40 del’11 febbraio) al Pireo con 4116 prigionieri italiani
stipati a bordo (nonché 30 militari tedeschi di guardia, altri 60 di passaggio
ed un equipaggio misto norvegese e greco) e scortato dalle torpediniere TA 16, TA 17 e TA 19, urta lo
scoglio di Modina, sull’isolotto di Patroclos (presso Capo Sounion, 25 miglia a
sudest del Pireo), durante una violenta burrasca, spezzandosi in due ed
affondando in posizione 37°39’ N e 23°59’ E. Vengono tratti in salvo soltanto
21-49 prigionieri italiani, 6 tedeschi, un greco e 5-7 norvegesi
dell’equipaggio.
Il
numero dei morti e dei superstiti tra i prigionieri italiani non è del tutto
certo: a seconda delle fonti, 4062 morti e 11 sopravvissuti; 4025 morti e 21
sopravvissuti; 4184 morti e 49 sopravvissuti; 4087 morti e 28 sopravvissuti;
4079 morti e 37 sopravvissuti (quest’ultima versione è avvalorata dal
ritrovamento della lista dei prigionieri imbarcati).
In
ogni caso, rimane la più grande perdita di vite umane in mare che abbia mai
colpito cittadini italiani nella storia, il peggior disastro navale mai
verificatosi in Mediterraneo ed il decimo peggior disastro navale, per numero
di vittime, nella storia dell’umanità.
4 marzo 1944
Il
piroscafetto greco Sifnos, in
navigazione da Suda (Creta) a Milo, viene affondato da aerosiluranti alleati
all’uscita della baia di Suda, presso Capo Malekas, trenta miglia a nord di
Creta. Muoiono 59 dei 90 prigionieri italiani a bordo.
9 giugno 1944
Il
piroscafo greco Tanais, requisito
dalle forze tedesche e partito da Iraklion l’8 giugno, alle 3.14 del 9 viene
silurato ed affondato dal sommergibile britannico Vivid in posizione 35°35’ N e 25°11’ N, a nord di Dia (Creta) ed al
largo di Santorini. Sul numero di prigionieri italiani a bordo vi sono notizie
discordanti: 600 prigionieri italiani e greci, oltre all’intera comunità
ebraica cretese (che stava venendo deportata a Treblinka sul Tanais); 112 prigionieri italiani, oltre
agli ebrei di Creta ed a partigiani greci; 300 prigionieri italiani, oltre a
400 ostaggi greci e 265 ebrei cretesi; 800 prigionieri italiani e 400 ostaggi
greci più gli ebrei di Creta; 492 tra ebrei cretesi e prigionieri italiani
(essendo i primi solitamente indicati in 265, i secondi sarebbero dovuti essere
227) e 14 di altre nazionalità. Quest’ultimo dovrebbe essere il dato più
veritiero, dal momento che le fonti ufficiali tedesche (comandi locali)
indicano in 492 il numero totale di prigionieri e deportati imbarcati. In ogni
caso, solo 14 dei prigionieri si salvano (mentre vengono salvati 37 tedeschi ed
un greco, su un equipaggio di 12 uomini e 14 artiglieri oltre a 40 guardie): la
quasi totalità di essi, rinchiusi nelle stive, affonda con la nave.
(Il
disastro, oltre all’ennesima, e cronologicamente ultima, strage di prigionieri
italiani, comporta anche l’annientamento della comunità ebraica di Creta.
Difficile credere, comunque, che la loro sorte sarebbe potuta essere
differente, se avessero raggiunto Treblinka come pianificato).
Alcune note.
Su
Internet capita di trovare menzione di altri due presunte stragi, quella del
piroscafo tedesco Palma (ex italiano Polcevera), affondato dal sommergibile HMS
Torbay il 27 novembre 1943 con 1100
uomini a bordo, e quella della motonave tedesca Leda (ex italiana Leopardi),
affondata da un attacco aereo britannico il 2 febbraio 1944 con – viene detto –
780 morti. In realtà, almeno in questi due casi non si verificarono stragi di
prigionieri.
Il
Palma, infatti, non aveva a bordo
prigionieri, bensì 255 tra membri dell’equipaggio e soldati tedeschi, 84 dei
quali rimasero uccisi. Del resto, quando fu affondata la nave era in
navigazione dal Pireo (Grecia continentale) a Lero via Samo (isole), mente le
navi cariche di prigionieri navigavano sempre in direzione opposta,
trasportando i prigionieri catturati nelle isole verso i campi di prigionia del
continente.
I
morti dell’affondamento della Leda
furono, in realtà, tre.
Un
altro caso oscuro è quello dell’Alma.
Un motoveliero con questo nome, secondo quanto asserito da più parti ma senza
citare la precisa fonte di tali asserzioni, sarebbe affondato per urto contro
mina in posizione 38°01’ N e 20°49’ E, al largo di Capo Munta, il 6 gennaio
1944, con a bordo prigionieri italiani di Cefalonia (o di Corfù). Le varie
versioni danno numeri discordanti sul numero di prigionieri imbarcati e
deceduti: secondo alcune fonti ve ne erano a bordo 200 e ne morì un centinaio,
per altre fonti morirono 300 prigionieri, per altre ancora la nave trasportava
102 prigionieri e non è noto il numero dei morti.
In
realtà, tuttavia, dai documenti dei comandi tedeschi
risulta che l’Alma, quando affondò,
non aveva a bordo prigionieri, bensì solo il suo equipaggio, italiano, nonché
un carico di dieci tonnellate di carburante e 15 tonnellate di carbone. L’affondamento,
in posizione 38°01’ N e 20°49’ E alle 11.30 del 6 gennaio 1944, fu immediato e
non lasciò nessun sopravvissuto, nonostante i soccorsi immediatamente inviati
da Argostoli e Katelios.
Affondò
in Egeo anche un’altra nave a nome Alma:
un piccolo piroscafo ex spagnolo, che saltò su una mina al largo di Naxos il 23
novembre 1943. Questa nave aveva effettivamente trasportato 170 prigionieri
italiani al Pireo il precedente 12 novembre, ma non risulta che ve ne fossero a
bordo il 23, quando affondò. Inoltre, secondo i documenti dei comandi tedeschi,
non vi furono vittime sull’Alma
affondato al largo di Naxos.
Altre
due piccole unità che compaiono nelle liste di navi affondate con prigionieri
italiani in Egeo, con poco o punto dettaglio, sono solitamente indicate come
“C.SA 38” e “A.A. Kal 89”. L’“A.A. Kal 89” era il caicco Aghios Antonios Kal 89, affondato dal Sokol il 19 novembre 1943 con 110 vittime tra i prigionieri
italiani, la cui perdita è descritta più sopra.
Il
“C.SA 38”, invece, era un altro caicco greco requisito dalle forze tedesche, il
Costantinos SA 38, che venne
anch’esso affondato dal Sokol il 19
novembre 1943, lo stesso giorno dell’Aghios
Antonios Kal 89, durante la navigazione da Scarpanto a Creta con 286
uomini, tra equipaggio e prigionieri italiani, a bordo. Nel caso del Costantinos SA 38, a differenza
dell’altro caicco, nell’affondamento non vi furono vittime.
Link utili
Mio nonno materno, Sorrentino Michele, mi raccontava che la nave ospedale su cui era fuochista, fu affondata dagli inglesi che, durante la battaglia, mitragliavano i marinai caduti in mare. Si salvarono in pochi, finendo trasportati dalla corrente in Algeria o Tunisia. Ne sa qualcosa in più?
RispondiEliminaBuonasera, le navi ospedale italiane affondate in acque nordafricane furono cinque: l'Arno (il 10 settembre 1942, da aerosiluranti, con 27 vittime), la Città di Trapani (il 1° dicembre 1942, da mina, con 5 vittime), la Tevere (il 17 febbraio 1941, da mina, con 4 vittime) e le piccole navi soccorso San Giusto (il 15 maggio 1941, per mina, con 16 vittime) e Giuseppe Orlando (il 3 maggio 1941, per mina, con 8 o 10 vittime). In nessuno di questi casi, però, ho notizia di mitragliamento di naufraghi; conosco invece diversi casi in cui navi ospedale furono bombardate e mitragliate in acque e porti nordafricani, con danni e vittime (es. Virgilio il 9 luglio 1941 ed il 4 maggio 1943, Toscana il 29 aprile 1943, Principessa Giovanna il 4 maggio 1943 - caso particolarmente grave, con 54 vittime), ma non affondate.
EliminaSalve sono il figlio di Marcello Mori marinaio del SMG Uebi Scebeli. Vorrei avere qualche notizia in merito a mio padre. Grazie
RispondiEliminaBuongiorno, dell'affondamento dell'Uebi Scebeli ho parlato qui: http://conlapelleappesaaunchiodo.blogspot.com/2014/04/uebi-scebeli.html
EliminaSu suo padre purtroppo non ho notizie specifiche.
salve da bambina ascoltavo di un disperso in mare ,il fratello di mio nonno,atteso il ritorno da una vita.mai piu avuto notizie.non so come e possibile sapere di lui ho una vecchia foto si chiamava Savarese Mario citta di castellammare di stabia napoli a chi posso rivolgermi GRAZIE
RispondiEliminaBuongiorno,
Eliminarisultano due caduti con questo nome:
Mario Savarese, marinaio fuochista, nato in Francia il 27 gennaio 1912, di stanza a Massaua, deceduto in Eritrea il 4 marzo 1941;
Mario Savarese, militare non della Marina, nato a Vico Equense il 1° gennaio 1913. Di lui conosco solo la data di morte, 21 luglio 1944.
Per avere maggiori notizie sarebbe utile chiedere all'Archivio di Stato della sua provincia di nascita (in questo caso, Napoli) il foglio matricolare.
io sono il figlio del marinaio cannoniere nell incrociatore zara poi fatto prigioniero dagli inglesi e affidato a una famiglia inglese a coltivare la terra e per lunghi 5 anni era dato x disperso fidanzato con la buonanima di mia madre 5 anni dopo gli e arrivato un telegramma che diceva che vivo poi lui racconto dopo avere affondato la zara anno buttato una porta a mare cosi si e salvato vorrei sapere x favore se ce qualche foto di lui da qualche parte cordiali saluti giuseppe zito
RispondiEliminaIl mio nonno Giuseppe era sottoufficiale sull'Aldebaran e raccontò di essersi salvato, all'affondamento della nave, trascorrendo però ore in acqua. Credevo fosse accaduto di notte.
RispondiEliminaSalve sono Gaspare Bilardello, il nipote del secondo capo raditelegrafista del sommergibile Dessiè Giuseppe Bilardello, affondato il 28/novembre dle 1942. Come faccio ad avere notizie più approfondite sull'affondamento del Dessiè e in generale sulla storia di guerra del sommergibile. A chi chiedo per avere un certficato matricolare di mio Zio Giuseppe?
RispondiEliminaBuongiorno,
Eliminaquesta pagina: https://uboat.net/italian_submarines/boats/104 (purtroppo in inglese) contiene una cronologia estremamente dettagliata dell'attività bellica del Dessiè.
Circa il foglio matricolare, andrebbe richiesto all'Archivio di Stato della provincia di nascita di suo zio, quindi quello di Enna.
Buonasera,
RispondiEliminamio zio, Spartaco Nunziati nato in provincia di Firenze, Sottufficiale (sergente) di Marina della Regia Marina Italiana Sommergibile "GONDAR" (La Spezia). Fu in missione ad Alessandria, Egitto. come Lei sa dopo l'autoaffondamento fu bombardato da un cacciatorpediniere australiano e mio zio e tutto l'equipaggio furono fatti prigionieri. Trascorse la prigionia a Bombay in India dal 1940 al 1946. Vorrei avere più notizie per esempio: perché Bombay? - Posso richiedere notizie più dettagliate alla Marina lo stato di servizio/ matricolare di Spartaco Nunziati, se si quale è il percorso da seguire.
Spero in una Sua risposta e Le porgo distinti saluti.
Buonasera,
Eliminala maggior parte dei prigionieri catturati sul fronte africano/mediterraneo nella prima fase del conflitto, dopo un'iniziale prigionia in campi temporanei in Egitto, venne mandata in India; credo che il criterio fosse di trasferirli dall'Africa verso territori dell'impero britannico non a rischio, all'epoca, di essere conquistati dalle forze dell'Asse. Per ottenere lo stato di servizio di suo zio la soluzione migliore sarebbe di richiedere il suo foglio matricolare all'Archivio di Stato della provincia di Firenze.
Buonasera, mi è stato di aiuto. Grazie.
RispondiEliminaAnche mio zio Vincenzo Solano ha perso la vita sulla Petrella. Questo affondamemento resterà per sempre come simbolo di infamia per tedeschi ed inglesi.
RispondiElimina