La
Persefone nell’ottobre 1942 (foto
Mioni, coll. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)
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Corvetta della serie Artemide della classe Gabbiano (643 tonnellate di
dislocamento in carico normale, 740 a pieno carico). Portava la sigla C 40.
Operò soprattutto in missioni di scorta convogli e caccia antisommergibile.
Breve e parziale
cronologia.
9 marzo 1942
Impostazione nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero
di costruzione 1326).
21 settembre 1942
Varo nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone.
28 novembre 1942
Entrata in servizio.
31 gennaio 1943
La Persefone, al comando del
tenente di vascello Lucciardi, parte da Biserta insieme alla gemella Procellaria (tenente di vascello Giorgio
Volpe) per scortare il cacciatorpediniere Maestrale
(capitano di vascello Nicola Bedeschi) che, privo della poppa – asportata da
una mina il 9 gennaio –, sta rientrando in Italia a rimorchio della
torpediniera di scorta Animoso
(tenente di vascello Cuzzi) e scortato dalle motosiluranti italiane MS 16 e MS 35 e e dalle
motozattere tedesche F 481 e F 484. Entrambe le
corvette trasportano anche degli avieri che rientrano in Italia in licenza.
L’Animoso con a rimorchio il Maestrale si trova al centro della
formazione, mentre Procellaria e Persefone sono a 1700 metri rispettivamente
a dritta ed a sinistra. Le due motozattere e le due motosiluranti sono a poppavia delle navi; una delle due motosiluranti è unita
con rimorchio alla poppa del Maestrale
(l’Animoso lo è invece a prua) per
cooperare con l’Animoso nel governo
in rotta, sostituendo l’ormai inesistente timone del cacciatorpediniere danneggiato.
Il convoglio procede a 4-5 nodi, massima velocità ottenibile in tali condizioni,
con tempo favorevole.
Alle 8.30 e poi di nuovo alle 9.30 la Procellaria getta delle bombe di profondità contro un contatto
subacqueo che ritiene essere un sommergibile, ma successivamente anche gli
ecogoniometri delle altre navi iniziano a rilevare contatti: la formazione è
capitata su uno sbarramento di 158 mine posato la notte precedente dal posamine
britannico Welshman. Alle 10.30 la catena di rimorchio tesa tra Animoso e Maestrale urta una mina, che esplode; la Procellaria si ritrova circondata dalle mine e, tentando di
uscirne, ne urta due in rapida successione alle 11.19, subendo danni gravissimi
a poppa.
Mentre le due motozattere tedesche, coadiuvate da un velivolo della
scorta aerea (che segnala loro la posizione dei naufraghi che avvistava di
volta in volta) recuperano i naufraghi, si verifica un allarme sommergibile, e
la Persefone lancia numerose bombe di
profondità. La Procellaria affonderà
infine alle 14.30, nel punto 37°20’ N e 10°37’ E, con 21 vittime tra i 119
uomini a bordo; salterà sulle mine, con 84 vittime, anche la torpediniera Generale Marcello Prestinari, inviata da
Biserta a portarle soccorso.
Il resto della formazione, tra mille difficoltà, riuscirà ad uscire dal
campo minato ed a giungere a destinazione.
9 marzo 1943
Esce da Trapani per dare la caccia al sommergibile britannico Safari (capitano di fregata Benjamin
Bryant), che alle 11.29 ha affondato a cannonate, al largo di Capo San Vito, il
piccolo motoveliero Stefano M. in
navigazione da Palermo a Trapani. La ricerca condotta dalla Persefone, cui poi si uniscono anche due
cacciasommergibili, risulta infruttuosa.
12 marzo 1943
La Persefone lascia Trapani,
compie un rastrello antisommergibile (insieme alla gemella Antilope ed a cinque cacciasommergibili tedeschi) sulla rotta che
verrà a breve percorsa dal convoglio «D», partito da Napoli per Tunisi alle
00.30 e formato dai piroscafi ex francesi, in servizio tedesco, Esterel e Caraibe, e nel primo pomeriggio si unisce alla scorta (corvetta Cicogna e torpediniere Sirio – caposcorta –, Ardito e Pegaso) dello stesso convoglio. Poco dopo, alle 14.40, si uniscono
al convoglio anche la cisterna militare Sterope
e le torpediniere Cigno ed Orione, provenienti da Messina; si
aggrega provenendo da Messina, poco più tardi, anche la vecchia torpediniera Generale Antonino Cascino, mentre l’ultimo rinforzo alla scorta è la torpediniera Libra, partita da Palermo, che si unisce
alla scorta alle 16.10, al largo di Capo Cefalù.
L’Ardito deve lasciare la
scorta del convoglio a causa di problemi alle macchine.
Alle otto di sera il convoglio viene illuminato da proiettore «Leigh
Light» di un aereo britannico, la cui segnalazione provoca, alle 21, un attacco
di aerosiluranti a levante della Sicilia. La Persefone abbatte con il tiro delle proprie mitragliere un
aerosilurante britannico Bristol Beaufort del 39th Squadron della
Royal Air Force, del quale recupera poi i tre superstiti (il pilota
sottotenente Arnold M. Feast, il radiotelegrafista ed il mitragliere, mentre il
navigatore, sergente P. G. Exton, è rimasto ucciso), ma alle 21.35 la Sterope viene colpita da un siluro; la
cisterna deve essere rimorchiata a Palermo, scortata da Cascino e Pegaso,
appositamente distaccate. Alle 22.19 il convoglio viene nuovamente attaccato,
stavolta dal sommergibile britannico Thunderbolt
(capitano di corvetta Cecil Bernard Crouch), che silura e danneggia l’Esterel sei miglia ad est di Capo San
Vito siculo. Il convoglio viene raggiunto da due cacciasommergibili, il VAS 231 ed il VAS 232, che danno assistenza all’Esterel per qualche minuto prima di allontanarsi di nuovo. Su
ordine della Sirio, la Persefone e l’Orione danno assistenza all’Esterel.
Il piroscafo danneggiato viene anch’esso preso a rimorchio e portato a Trapani,
dove giungerà l’indomani alle 14.20 (ma non sarà mai riparato).
Dopo l’attacco, la Libra
(capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) riceve ordine dalla Sirio di attaccare il sommergibile, che
riesce a localizzare e bombardare con sette scariche di bombe di profondità tra
le 23.47 e l’1.38 del 15, forse danneggiando il battello nemico.
13 marzo 1943
Persefone e Cicogna (tenente di vascello Augusto
Migliorini) ripartono da Trapani per dare la caccia al sommergibile
precedentemente attaccato dalla Libra.
Le due navi s’incontrano alle 18.45.
14 marzo 1943
La ricerca prosegue: è la Cicogna,
alle 5.16, a localizzare per prima un’eco; la Persefone non può rilevare a sua volta il sommergibile, perché poco
dopo riceve l’ordine di lasciare la zona per assumere la scorta del piroscafo Pegli, in navigazione da Trapani a
Palermo. La Cicogna riuscirà ad
affondare il Thunderbolt, poi si
unirà alla Persefone nella scorta al Pegli.
Alle 9.01, nel punto 38°16’ N e 13°09’ E, il sommergibile britannico Sibyl (tenente di vascello Ernest John
Donaldson Turner) avvista il convoglio (scortato anche da due idrovolanti) a
6400 metri, ed alle 9.49 lancia quattro siluri da 1650 metri. Il Pegli viene colpito ed incendiato ed
inizia ad affondare; la Persefone
passa al contrattacco, lanciando alle 9.55 dieci bombe di profondità, che
esplodono piuttosto vicine al Sibyl,
e poco dopo altre dieci, ma più lontane. In tutto la Persefone lancia quattro scariche di bombe di profondità, poi torna
ad assistere la nave colpita. Dopo oltre un’ora di agonia, il Pegli affonda nel punto 38°14’ N e
13°13’ E (o 38°16’ N e 13°10’ E; a sei miglia per 270° da Capo Gallo), dopo di
che la corvetta ne recupera i naufraghi. Terminata tale operazione, la Persefone, alla cui ricerca si unisce
anche la gemella Antilope, torna a
dare la caccia al Sibyl, che
frattanto, avendo visto al periscopio che il mercantile è affondato, si è
ritirato verso nord a profondità elevata. In tutto Persefone ed Antilope
lanciano 95 bombe di profondità, ma il sommergibile non viene danneggiato.
17 marzo 1943
Persefone, Antilope e Cicogna salpano da Palermo in mattinata per scortare a Trapani le
cisterne militari Devoli e Velino. Alle 10.57 il sommergibile
britannico Splendid (tenente di
vascello Ian Lachlan Mackay McGeogh) lancia quattro siluri contro la Devoli: colpita da due delle armi, la
nave cisterna affonda a sei miglia per 245° da Capo San Vito, portando con sé
18 dei 32 membri dell’equipaggio. La Persefone
risale subito le scie dei siluri e contrattacca violentemente, presto
rinforzata dall’Antilope, mentre la Cicogna recupera i naufraghi; poi Persefone ed Antilope scortano la Velino
a Trapani, lasciando la Cicogna a
proseguire la caccia. Lo Splendid si
ritira indenne verso nord, a 91 metri di profondità.
20 marzo 1943
Intorno alle 22, durante una missione al largo di Trapani, la Persefone avvista un ricognitore che
lancia bengala, e lo abbatte con il tiro delle proprie mitragliere. La corvetta
arriverà poi a Trapani il 22 marzo.
5 aprile 1943
Prende il mare insieme alla gemella Antilope,
facendo rotta su Biserta.
6 aprile 1943
Nelle prime ore della notte le due corvette, nel buio più totale
(essendo la notte senza luna), incrociano le torpediniere Orione e Pegaso
provenienti da Biserta, con rotta opposta. A causa dell’oscurità, la Pegaso sperona a poppa l’Antilope, che verso le 2.30 chiede
aiuto, via radio, alla Persefone;
quest’ultima, che non aveva notato quanto accaduto, raggiunge rapidamente il
luogo del sinistro e recupera una decina di uomini caduti in mare, che vengono
rifocillati e ricevono indumenti asciutti. La Persefone prende poi a rimorchio l’Antilope danneggiata e la porta a Trapani, dove le due corvette,
scortate da Orione e Pegaso, arrivano intorno alle 18.
7-8 aprile 1943
Riparte nottetempo per una missione di caccia antisommergibile nel
Canale di Sicilia. Avvistata da ricognitori nemici, che lanciano bengala, la Persefone viene fatta oggetto del lancio
di bombe, che evita procedendo a zig zag e reagendo con intenso tiro
contraereo. Dopo un’ora, concluso lo scontro, vengono avvistati circa 5 miglia
a proravia dei razzi di soccorso Very: portatasi sul posto, la Persefone cala una motolancia con il
comandante in seconda e sei marinai, tutti armati, che traggono in salvo due
ufficiali maltesi, piloti di due dei velivoli attaccanti, abbattuti dalla
corvetta durante il combattimento.
12 aprile 1943
Rientra a Trapani, dove sbarca i due prigionieri. Nel pomeriggio, tra
le 15.30 e le 15.50, la città viene bombardata da bombardieri statunitensi
della 12th USAAF, aventi come obiettivo il porto. I bombardieri,
sganciando da 14.000 metri di quota, colpiscono sia il centro abitato che
l’area portuale, arrecando gravi distruzioni. Anche la Persefone – il cui equipaggio parteciperà, da subito dopo la
conclusione dell’attacco fino all’alba del 13, ai soccorsi, cercando e
recuperando morti e feriti tra le macerie ed aiutando i militari dell’Esercito
a ripristinare le strade – subisce alcuni danni allo scafo ed alle
sovrastruttura, per i quali riceve ordine di partire a velocità e raggiungere
Genova Sampierdarena, dove avranno luogo le riparazioni.
26 aprile 1943
Sosta a Napoli durante il trasferimento da Trapani a Genova.
Successivamente raggiunge Genova, dove i lavori di riparazione
dureranno una quarantina di giorni.
Metà giugno 1943
Lascia Genova, sosta a Napoli per rifornirsi di provviste e munizioni,
poi riparte e si porta al largo di Capo Spartivento, dove assume la scorta di
un convoglio in navigazione da Trieste a Siracusa, rilevando l’unità
precedentemente assegnata a tale compito, e scortandolo nell’ultimo tratto;
all’imboccatura del porto vengono avvistate scie di quattro siluri, che il
bersaglio (un mercantile) riesce ad evitare. Le armi esplodono contro una
banchina, mentre la Persefone passa
al contrattacco, proseguendo la caccia per diverse ore con lancio di numerose
bombe di profondità; infine, dopo la cessazione di ogni eco all’ecogoniometro,
affiorano in superficie chiazze di nafta o olio, che viene prelevato per
l’analisi. Si riterrà che vi sia l’80 % di probabilità che il sommergibile sia
stato affondato; in realtà, ciò non è accaduto. L’indomani la corvetta giunge a
Messina.
16 giugno 1943
Alle 5.18 la Persefone e la
gemella Driade raggiungono in mare un
convoglio composto dal piroscafo Terni,
in navigazione da Napoli a Siracusa, e dalla torpediniera Orione, la cui scorta dovranno rinforzare. L’Orione (caposcorta) ordina alle corvette di disporsi in scorta laterale;
alle 6.36 sopraggiungono i velivoli della scorta aerea. Alle 13.45 il convoglio
imbocca lo stretto di Messina. Alle 19.04 l’Orione
comunica alla Persefone di aver
rilevato due eco sospette nei punti 37°19’30” N e 15°14’39” E e 34°20’ N e
15°15’10” E. Si tratta del sommergibile britannico Unison (tenente di vascello Anthony Robert Daniell), che ha
avvistato il convoglio alle 18.22 (nel punto 37°26’ N e 15°15’ E, su
rilevamento 349°) ed ha manovrato per attaccare alle 18.40. Alle 19.05 l’Unison, nel punto 37°29’ N e 15°13’ E,
lancia quattro siluri da 915 metri; un minuto dopo il Terni viene colpito da uno o due siluri, e poco dopo esplode nel
punto 37°21’20” N e 15°13’ E, a sette miglia per 170° da Capo Molino (vicino a
Catania). Alle 19.14 l’Orione ordina
a Driade e Persefone di dare la caccia al sommergibile e recuperare i
naufraghi, se ve ne sono, poi si allontana diretta ad Augusta. Le corvette
gettano trenta bombe di profondità, nessuna delle quali, però, esplode
particolarmente vicina al sommergibile. I sopravvissuti del Terni sono solo dieci (uno dei quali poi
deceduto), recuperati dalla Driade.
20 luglio 1943
La Persefone (capitano di
corvetta Oreste Tazzari) riceve via radio l’ordine urgente di arrivare a Gaeta
entro il 25 ed ormeggiarsi al pontile Ciano per poi aspettare ordini da
Supermarina. L’ordine viene eseguito, e la corvetta, navigando sottocosta,
giunge a Gaeta in anticipo sul previsto.
28 luglio 1943
Alle due di notte la Persefone
imbarca Benito Mussolini, destituito due giorni prima dall’incarico di capo del
governo ed ora agli arresti: la corvetta dovrà portare l’ex dittatore
nell’iniziale confino nelle Isole Ponziane. Accompagnano e scortano Mussolini
il generale della polizia Saverio Polito, l’ammiraglio Franco Maugeri (capo del
Servizio Informazioni della Marina) ed una trentina di carabinieri armati (al
comando del colonnello Pelaghi), che salgono a bordo prima degli “ospiti” per
presidiare la nave.
A bordo a Mussolini vengono offerti caffè e colazione, ma questi li
rifiuta e si lamenta anzi del trattamento (“Come uomo politico sono finito, il
trattamento che mi è stato riservato è ignobile e misero”).
La Persefone doppia Punta
dello Stendardo, procede nel mare calmo e raggiunge dapprima (alle cinque del
mattino) Ventotene, ma qui il commissario di polizia Marcello Guida, direttore
della colonia penale, rifiuta lo sbarco di Mussolini per motivi di sicurezza,
data la presenza sull’isola di oltre 800 confinati politici (per lo più
comunisti) che potrebbero aggredirlo, dunque, dopo discussioni tra Guida, Pelaghi,
Polito e Maugeri ed un’attesa di circa tre ore, la corvetta riparte per Ponza,
dove arriva alle 13. Mussolini (che per due volte dice al comandante Tazzari di
non voler scendere, forse sperando in una sua complicità), Polito, Maugeri,
Pelaghi ed i carabinieri scendono a terra. La nave rimane in rada (al largo di
Santa Maria, senza entrare nel porto) fino al tramonto, poi rientra a Gaeta,
dove si ormeggia al pontile Ciano e dove il comandante Tazzari, disposta
l’assemblea generale, spiega l’accaduto e conclude “Abbiamo portato in esilio
S.E. il Cav. Benito Mussolini”.
Dopo qualche giorno la nave rientra a Messina.
21 agosto 1943
La Persefone e la gemella Ibis scortano il cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi ed i posamine tedeschi Pommern e Brandenburg impegnati nella posa di due sbarramenti antisbarco per
totali 350 mine a sudest di Gaeta.
Il
varo della Persefone (foto Aldo
Fraccaroli, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net)
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La fine
Con il procedere dell’estate e della guerra, la situazione per l’Italia
si fece sempre più precaria. Già il 9 luglio gli Alleati erano sbarcati in
Sicilia; a Messina, dove la Persefone
aveva base, gli allarmi aerei ed i bombardamenti si susseguivano senza sosta,
fino all’abbandono della base navale prima della sua caduta, il 17 agosto.
Verso la fine dell’agosto 1943 la corvetta, sorpresa da aerei nello
Stretto di Messina, fu bombardata e seriamente danneggiata, dovendo così
rifugiarsi nella rada di Villa San Giovanni. Da qui, per ordine di Supermarina,
giunse l’ordine di trasferirsi all’Arsenale di La Spezia per le riparazioni. La
Persefone – riassegnata sulla carta,
con le gemelle Ibis, Antilope, Artemide, Gru, Camoscio, Gabbiano e Pellicano alla
I Squadriglia Corvette (III Gruppo Antisom con base a Napoli) – risalì il lato
occidentale della penisola italiana navigando sottocosta, per quello che si
sarebbe rivelato il suo ultimo viaggio.
Il mattino del 2 settembre la corvetta, giunta a La Spezia, fu
immediatamente portata in bacino di carenaggio, per via delle infiltrazioni
d’acqua causate dai danni allo scafo. I lavori di riparazione cominciarono
subito, ma avrebbero presto subito una brusca interruzione.
L’8 settembre 1943, alle 16, il radiotelegrafista scelto Giovanni
Borriello iniziò il suo turno di servizio (della durata di quattro ore) nella
sala radio della corvetta, ascoltando sulle onde medie (950 KHz). Alle 19.45
Borriello ricevette un proclama inviato a tutti gli italiani dal maresciallo e
capo del governo Pietro Badoglio: era l’annuncio dell’armistizio firmato tra
l’Italia e le potenze Alleate. Il comandante Tazzari ne fu subito messo al
corrente.
Per la Persefone, ciò
significava la fine: i tedeschi sarebbero ora divenuti nemici; tutte le navi
italiane in grado di muovere avrebbero dovuto prendere il mare dirette verso
sud per raggiungere i territori sotto controllo alleato, mentre quelle non in
grado di farlo, per lavori o per altre cause, si sarebbero dovute autoaffondare
per scampare alla cattura. La Persefone,
immobilizzata ai lavori, rientrava in questa seconda categoria.
Verso le tre di notte del 9 settembre, pertanto, il comandante Tazzari
ordinò a tutto l’equipaggio di scendere a terra, poi il direttore di macchina,
gli ufficiali, i motoristi, i meccanici della corvetta ed il personale
dell’Arsenale aprirono tutte le valvole, allagarono il bacino ed
autoaffondarono la Persefone per
evitare che fosse catturata. La corvetta affondò lentamente sotto lo sguardo
affranto del suo equipaggio.
Gli uomini della Persefone
furono poi radunati e fatti salire su due autobus militari, che li condussero
alle scuole CREM del Varignano, dove i cuochi prepararono per mezzogiorno del 9
un pranzo con le provviste a disposizione nella scuola. Finito il pranzo, il
comandante Tazzari ordinò l’assemblea generale, espose la confusa situazione in
cui versavano il Paese e le forze armate, fece distribuire 250 lire ad ogni
membro dell’equipaggio, e, dopo il saluto alla bandiera, lasciò liberi i suoi
uomini di andare. I più – tranne siciliani e calabresi, trattenuti dal
comandante perché le loro regioni erano già al di là della linea del fronte –
si diressero alla stazione ferroviaria di La Spezia per trovare dei treni che
li riportassero a casa.
La Persefone fu riportata a
galla dagli occupanti tedeschi entro la fine del 1943, trasferita a Genova il
14 giugno 1944 e riparata; entrò in servizio sotto bandiera tedesca il 15
ottobre 1944, come cacciasommergibili UJ
2227, assegnato alla 22. U-Bootsjagdflottille. Divenuta effettivamente
operativa solo il 2 dicembre di quell’anno, la nave vide poca o nessuna
attività sotto bandiera tedesca e rimase per lo più ferma in porto, perché la
supremazia aeronavale alleata nel Tirreno, e l’andamento della guerra, che
ormai si avviava alla sua evidente conclusione, aveva ormai reso inutile e
pressoché impossibile qualsiasi operazione navale della Kriegsmarine anche in
Mar Ligure.
Il 24 (o 25) aprile 1945, prima della resa tedesca, l’UJ 2227 si autoaffondò nel porto di
Genova. Ultimo comandante dell’unità fu il tenente di vascello Günter Werner
Helmut Schmidt, che lasciò la nave alle 7.15 del 24 aprile; Schmidt si rifugiò
con il suo equipaggio nelle fortificazioni ancora in mano ai tedeschi, non
volendo essere catturato dai partigiani, e si arrese alla 92a
Divisione statunitense il 27 aprile.
Il relitto fu recuperato nel 1946 dalla ditta Parodi-Delfino, che pagò
3.800.000 lire per aggiudicarsi l’appalto, e demolito.
Caduti tra l'equipaggio della Persefone:
Giovanni
Gabbianelli, secondo capo silurista, deceduto nel Mediterraneo centrale il
6.4.1943
Giovanni Idini,
sergente elettricista, deceduto in Jugoslavia il 23.12.1943
Ermenegildo Salvi,
marinaio motorista, deceduto in territorio metropolitano il 20.4.1944
Guerrino Spada,
marinaio, deceduto in territorio metropolitano il 14.4.1943
Pietro Tavola,
marinaio elettricista, deceduto nel Mediterraneo centrale il 6.4.1943
La
nave nel 1943 (Coll. E. Bagnasco, via Marcello Risolo)
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La Persefone sul Museo della Cantieristica
Mio.padre ai tempi della Reggio Marina e stato.a bordo sia del Persefone e del Antilope e con tutto quello che ha passato in quel periodo pur essendo stato ricoverato negli ospedali. Militari per ununa grave situazione pluricampione non gli è stata data nessuna pensione di Guerra e una vera Vergogna
RispondiEliminaDragogna luciano
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