Il Colombo con la livrea della Navigazione Generale Italiana (da www.tynebuiltships.co.uk)
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Piroscafo passeggeri
da 11.760 o 12.087 tsl, lungo 157,88 metri (163,4 fuori tutto), largo 19,50 e
pescante 7,4-10,67, con velocità di crociera di 14 nodi e massima di 16,5 nodi
(apparato motore: due macchine a quadruplice espansione Palmers da 10.500 HP).
Appartenente alla Società Anonima di Navigazione Lloyd Triestino, con sede a
Trieste, ed iscritto con matricola 1581 al Compartimento Marittimo di Genova.
Breve e parziale cronologia.
21 ottobre 1915
Varato nei cantieri
Palmers Shipbuilding & Iron Company Ltd. di Hebburn, Jarrows-on-Tyne (numero
di costruzione 843) come San Gennaro,
per la Sicula Americana Società di Navigazione a Vapore, con sede a Messina
(dopo essere stato ordinato nel 1914 dalla Peirce Brothers, di Napoli).
Posto temporaneamente
in disarmo dopo il varo a causa della prima guerra mondiale, che ne ritarderà e
modificherà la costruzione.
Luglio 1917
Completato (per altre
fonti nell’ottobre 1917) come nave da carico da 10.917 tsl e 6882 tsn, senza
sistemazioni per passeggeri, per via delle esigenze belliche, e noleggiato
dallo Shipping Controller (governo britannico) che lo dà in gestione alla
Cunard Line per la durata del conflitto, benché teoricamente sia di proprietà
della Transoceanica Società Italiana di Navigazione, con sede a Napoli, nella
quale sono confluite la Sicula Americana ed un’altra compagnia, la Società
Italia di Navigazione a Vapore, sotto il controllo della Navigazione Generale
Italiana.
1917-1918
Impiegato per il
trasporto di rifornimenti per le forze dell’Intesa, specie cereali,
nell’Atlantico settentrionale, al comando del capitano Enrico Peirce. Grazie
alla sua notevole (per l’epoca) velocità, la nave può viaggiare isolata, invece
che procedere in convoglio con i mercantili più lenti.
Trasporta anche
consistenti quantitativi di merci, specie agrumi, negli Stati Uniti.
1919-1921
Rimandato nei
cantieri Palmers a guerra finita, e ritrasformato in nave trasporto emigranti
(143 passeggeri in prima classe, 214 in seconda e 296 in terza), con stazza
lorda e netta 12.003 tsl e 6058 tsn.
20 agosto 1921
Trasferito alla
Navigazione Generale Italiana (la Transoceanica, la cui flotta è stata
distrutta dagli U-Boote durante la prima guerra mondiale, è stata posta in
liquidazione) e ribattezzato Colombo.
Grazie al suo lusso ed alla sua velocità, la nave riscuote grande successo tra
la clientela; si tratta del più grande transatlantico battente bandiera
italiana nonché nave ammiraglia della flotta NGI, ma presto il primato gli sarà
presto strappato dai ben più grandi Giulio
Cesare (1922) e Duilio (1923),
anch’essi della NGI.
Il bastimento con i colori
della Navigazione Generale Italiana (g.c. Giuseppe Boato via www.naviearmatori.net)
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23 novembre 1921
Compie il viaggio
inaugurale sulla rotta Napoli-New York, al comando del capitano Vincenzo Romano.
All’arrivo a New York il cavalier Angelo Ruspini, rappresentante della Navigazione
Generale Italiana, invita a bordo agenti di navigazione della zona e
giornalisti italiani, fa loro visitare la nave ed offre loro un lauto
banchetto.
15 gennaio 1923
Entra in cantiere nei
Cantieri e Officine Meccaniche Meridionali di Baia, dove viene trasformato in
transatlantico di lusso. I posti in prima classe sono ridotti a 100, quelli in
seconda aumentati a 700 e quelli in terza portati a 2000; tra le nuove lussuose
sale ricavate vi sono una sala da musica in stile Luigi XVI, una sala per fumatori
in stile XIII secolo e due caffè veranda (di prima e di seconda classe). La
stazza lorda viene portata a 12.087 tsl.
Il Colombo in un dipinto di Paolo Klodic (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
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25 maggio 1923
Torna in servizio
sulla rotta Genova-Napoli-Palermo-New York.
Nella sua prima
traversata dopo la trasformazione il Colombo
trasporta a New York (dove arriva con ventiquattr’ore di ritardo a causa di una
burrasca) 56 passeggeri di prima classe, 408 di seconda, 732 di terza e 30
clandestini.
Il Colombo, come altre navi passeggeri
italiane in servizio sulle linee per gli Stati Uniti, diviene in quest’anno
protagonista di una delle forme di immigrazione irregolare sviluppatesi dopo
l’introduzione di leggi più restrittive sull’immigrazione da parte delle
autorità statunitensi: gli aspiranti migranti si fanno assumere e s’imbarcano
come membri dell’equipaggio, lavorano durante la traversata e, all’arrivo della
nave in un porto statunitense, sbarcano clandestinamente e non tornano più a
bordo. In questo modo il Colombo
‘perde’ ben 200 membri dell’equipaggio in quattro viaggi.
Il Colombo in sosta nella rada di Sant’Antonio (Isole di Capo Verde) durante
una traversata verso il Sudamerica, a metà anni ’20 (g.c. Mauro Millefiorini
via www.naviearmatori.net)
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27 aprile 1927
Il Colombo, proveniente da New York,
s’incaglia presso Martetto Hole. A bordo vi sono inizialmente momenti di
panico, ma tutti i passeggeri possono essere evacuati mediante imbarcazioni
minori; la nave, che ha iniziato ad imbarcare acqua, viene presa a rimorchio e
portata in bacino per le riparazioni.
4 settembre 1928
Ultimo viaggio sulla
rotta Genova-Napoli-Palermo-New York, che sarà ora coperta dal nuovo
transatlantico della NGI Roma.
Un’altra foto del Colombo nei colori NGI (da www.genova.mentelocale.it)
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18 ottobre 1928
Compie il primo
viaggio sulla rotta Genova-Napoli-Rio de Janeiro-Santos-Montevideo-Buenos
Aires, la “rotta d’oro e d’argento”, al comando del capitano di lungo corso
Sturlese.
4 aprile 1929
Effettua la prima
traversata sulla rotta Genova-Marsiglia-Barcellona-Valparaiso (via canale di
Panama).
La nave in un dipinto, con i
colori della NGI (da www.ludovicomosca.com)
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12 giugno 1931
S’incaglia sugli
scogli nei pressi dell’isola Planier, otto miglia a sudest di Marsigla; 180
passeggeri vengono trasbordati su di un rimorchiatore, che li sbarca a
Marsiglia. Il Colombo, disincagliato
dopo poche ore, viene portato in bacino a Genova per le riparazioni.
27 luglio 1931
Torna in servizio
sulla rotta per Valparaiso.
2 gennaio 1932
Trasferito alla
Italia Flotte Riunite (poi Società Italia), nella quale è confluita, con altre
compagnie di navigazione, la Navigazione Generale Italiana.
Il Colombo nel 1932, con i colori della società Italia (g.c. Aldo
Cavallini via www.naviearmatori.net)
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9 gennaio 1932
Compie il primo
viaggio da Genova a Valparaiso per la Società Italia.
Il Colombo ormeggiato in porto (g.c. Francesco Anastasio/www.cartolinedigioiatauro.it)
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10 marzo 1935
Noleggiato dal Lloyd
Triestino per la rotta Genova-Napoli-Messina-Porto
Said-Suez-Massaua-Mogadiscio.
Durante la guerra
d’Etiopia verrà requisito dal Ministero della Guerra, adattato per poter
trasportare 2400 soldati e grandi quantità di rifornimenti (nei locali interni
vengono ricavati grandi cameroni con letti a castello con tavolacci) e quindi
impiegato per trasportare truppe e rifornimenti in Africa Orientale.
Il piroscafo attraversa il
canale di Suez con truppe a bordo nel marzo 1936 (da www.naviearmatori.net – utente Commis)
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1936
Venduto al Lloyd
Triestino; dopo modifiche agli alloggi passeggeri per adeguarli ai climi
tropicali, viene adibito al servizio per l’Africa Orientale Italiana. Il Colombo è la più grande nave in servizio
coloniale tra i porti del Tirreno e quelli dell’Africa Orientale Italiana, dove
porterà innumerevoli famiglie di coloni in cerca di una nuova vita.
3 gennaio 1937
Il Colombo imbarca a Massaua Ras Immirù,
uno dei principali capi della resistenza etiope, da poco catturato, ed il suo
attendente Degiac Taie Guelatiè, condannati al confino in Italia.
13 gennaio 1937
Dopo aver
attraversato il Canale di Suez, la nave arriva a Napoli. Ras Immirù ed il
Degiac Gulatiè vengono sbarcati ed avviati al confino a Ponza.
Il Colombo con la livrea del Lloyd Triestino (g.c. Rosario Sessa via www.naviearmatori.net)
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1937
Conclusa la guerra
d’Etiopia, il Colombo viene assegnato
alla linea celere n. 153 Tirreno-Africa Orientale Italiana, con partenza da
Genova ogni 4 settimane e scalo Napoli (il 2° giorno), a Port Said (il 5°
giorno), a Suez (il 6° giorno), a Massaua (il 9° giorno), ad Assab (il 12°
giorno) e a Gibuti (il 13° giorno).
24 gennaio 1939
Compie un viaggio da
Genova a Valparaiso a noleggio della Società Italia.
Aprile 1939
Torna al Lloyd
Triestino e sulla rotta per l’Africa Orientale Italiana.
La nave fotografata nel
canale di Suez a fine anni ’30 (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net)
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21 gennaio 1940
Il Colombo (insieme ai piroscafi italiani Conte Biancamano, Edera, Recca e Cellina, a due cacciatorpediniere
francesi ed ad un rimorchiatore pure francese, quest’ultimo costretto al
rientro dal mare mosso) è tra le navi accorse in aiuto della motonave Orazio, che nel punto 42°36’ N e 05°28’
E, a circa 35 miglia da Tolone, ha preso fuoco durante una burrasca, a seguito
di un un’esplosione verificatasi in sala macchine alle 5.30, mentre viaggiava da
Genova a Barcellona (con destinazione finale Valparaiso) a bordo 423 passeggeri
e 210 membri dell’equipaggio. Il Colombo,
giunto sul posto, mette a mare le proprie lance e trae in salvo 173 (per altre
fonti 163 o 195) naufraghi, mentre altri 316 (o 318) e 46 (o 48) vengono
recuperati rispettivamente dal transatlantico Conte Biancamano e dal piroscafo francese Ville d’Ajaccio; le vittime saranno alla fine 108, 48 passeggeri e
60 membri dell’equipaggio, in gran parte morte d’ipotermia sulle lance o
annegate nel mare mosso.
L’equipaggio del Colombo riceverà un premio di 200.000
lire per il proprio operato nei soccorsi.
Il Colombo con i colori della società Italia (g.c. Francesco
Anastasio/www.cartolinedigioiatauro.it)
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La fine
La sera del 4 giugno
1940, pochi giorni prima dell’entrata dell’Italia nella seconda guerra
mondiale, il Colombo lasciò Napoli
per il suo ultimo viaggio: non avrebbe mai più rivisto l’Italia. Dopo aver
attraversato il canale di Suez, la nave discese il Mar Rosso fino a Massaua, in
Eritrea (A.O.I.).
All’atto della
dichiarazione di guerra italiana, il 10 giugno 1940, il Colombo si trovava a Massaua, e là rimase bloccato per i successivi
dieci mesi, mentre il destino delle forze italiane in Africa Orientale si
compiva. Circondate da colonie britanniche ed impossibilitate a rifornirsi, le
truppe italiane, dopo le prime vittorie del giugno 1940, dovettero passare
sulla difensiva e poi progressivamente ritirarsi: nel febbraio 1941 le truppe del
Commonwealth occuparono la Somalia, ed in aprile giunsero in Eritrea.
Tra fine febbraio e
marzo 1941 le poche navi che avevano scafi e macchine in buone condizioni,
velocità non troppo bassa ed autonomia sufficiente, ossia le motonavi India ed Himalaya, la nave coloniale Eritrea,
i sommergibili Perla, Guglielmotti, Ferraris ed Archimede, il
piroscafo Piave e gli incrociatori
ausiliari RAMB I e RAMB II (tutti giunti a destinazione
tranne India e Piave, costretti al rientro, e RAMB
I, affondato nell’Oceano Indiano) lasciarono Massaua per tentare di
raggiungere porti amici o benevolmente neutrali in Francia (per i sommergibili)
ed in Giappone (per le navi di superficie).
Per le altre navi,
impossibilitate a lasciare l’Eritrea, non rimase che impedire che cadessero
intatte in mano nemica. I sei cacciatorpediniere ancora efficienti partirono
per una missione senza ritorno contro Porto Sudan, mentre per il naviglio
mercantile ed ausiliario, parte a Massaua e parte nelle poco distanti Isole
Dahlak, venne deciso l’autoaffondamento in massa, sia per evitare la cattura
che per bloccare e rendere inutilizzabile per lungo tempo il porto di Massaua.
Il comandante delle
forze navali italiane in A.O.I., contrammiraglio Mario Bonetti, prevedeva che
l’imboccatura del porto militare venisse ostruita da una fila di cinque navi (i
mercantili Moncalieri, XXIII Marzo, Oliva ed Impero e la
torpediniera Giovanni Acerbi) oltre a
due bacini galleggianti da affondare più internamente; altre quattro navi (i
mercantili Crefeld, Ostia, Gera ed Adua) ed un
pontone gru si sarebbero autoaffondate in ordine sparso lungo il più ristretto
accesso al porto commerciale, mentre l’imboccatura del porto meridionale,
quella più grande, sarebbe stata bloccata da una fila di sette mercantili (Alberto Treves, Niobe, Vesuvio, Frauenfels, Brenta, Colombo e Liebenfels).
L’8 aprile 1941 (per
altre fonti il 3 od il 4 aprile), pertanto, il Colombo venne autoaffondato con cariche esplosive nella posizione
ad esso assegnata, tra il piroscafo italiano Brenta (a prua) ed il tedesco Liebenfels
(a poppa). La nave si abbatté sul fianco sinistro e si posò sul fondale,
lasciando emergere solo parte della murata di dritta.
(Una seconda
versione, secondo cui la nave sarebbe stata attaccata da aerosiluranti della
Royal Air Force al largo della costa eritrea, mentre trasportava “rifornimenti
militari” a Massaua, venendo colpita da diverse bombe e siluri ed affondando in
acque basse – davanti al porto – che ne permisero poi il recupero e la
demolizione, è invece erronea).
Quello stesso giorno
le forze britanniche occuparono Massaua e vi trovarono i relitti di 18
mercantili e navi ausiliarie tra italiane e tedesche, una torpediniera, un
posamine e 13 unità di minori dimensioni, insieme a due grossi bacini
galleggianti ed ad un pontone gru, tutti autoaffondati come prestabilito dal
contrammiraglio Bonetti. Il Colombo
fu la più grande tra le navi autoaffondate a Massaua.
Il relitto del
transatlantico, recuperato nel 1948, fu demolito sul posto tra il 1949 ed il
1951.
L’equipaggio del Colombo, dopo la caduta di Massaua,
venne internato in campi d’internamento stabiliti sul territorio eritreo, come
i marittimi degli altri mercantili autoaffondati e numerosi civili italiani (si
trattava di quegli stessi coloni che proprio il Colombo, come altre navi, aveva trasportato negli anni Trenta in
A.O.I.) sospettati di poter compiere atti di sabotaggio (come in alcuni casi
effettivamente avvenne) ai danni delle forze occupanti britanniche. Qui i
marittimi italiani rimasero per oltre un anno e mezzo, finché, il 15 novembre
1942, molti di essi furono imbarcati a Massaua sul piroscafo britannico Nova Scotia, per essere trasferiti in
Sudafrica, ove erano situati campi di prigionia più grandi ed organizzati (tra
cui quello di Zonderwater, che già “ospitava” 60.000 italiani).
Nel periodo trascorso
prima di quella data, già alcuni membri dell’equipaggio del Colombo erano morti prigionia: il 4
aprile 1942 era deceduto a Massaua l’operaio meccanico Ercole Galano, il 7
agosto 1942 era morto l’ingrassatore Giovanni Dodero. In precedenza erano morti
anche il fuochista Luigi Dalmi (ad Asmara), il cuoco Attilio Gelso ed il
garzone di camera Pietro Porcile (ad Embatkalla, in Eritrea).
Il relitto rovesciato del Colombo, con in primo piano quello del
Brenta (g.c. Ted Pollard)
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Il 16 novembre 1942 il Nova Scotia lasciò Massaua diretto a Durban e Port Elizabeth (Sudafrica) con a bordo 769 o 780 tra internati civili (in massima parte, marittimi compresi) e prigionieri di guerra italiani, 130 guardie sudafricane, 114 uomini di equipaggio civile, 11 artiglieri della Royal Navy addetti alle armi di bordo e 15 passeggeri (9 militari e 6 civili).
Alle 7.07 del 28
novembre 1942 il Nova Scotia, mentre
navigava isolato a sudest di Lourenço Marques, fu colpito da tre siluri
lanciati dal sommergibile tedesco U 177
(tenente di vascello Robert Gysae) ed affondò in fiamme nel giro di dieci
minuti, lasciando il tempo di mettere a mare soltanto quattro zattere
sovraccariche, e nessuna lancia. Dopo l’affondamento l’U 177 si avvicinò per interrogare i naufraghi ma, sentite delle
voci in italiano, recuperò due uomini che si rivelarono essere due marittimi
italiani: Gysae lasciò allora la zona e chiese ordini al comando (poche
settimane prima un altro sommergibile venutosi a trovare in una situazione
simile, l’U 156, affondatore del
piroscafo Laconia carico di
prigionieri italiani, era stato attaccato da aerei mentre soccorreva i
naufraghi, il che aveva spinto il comandante della flotta subacquea tedesca,
Karl Dönitz, a vietare ai suoi sommergibilisti ogni altro tentativo di soccorso
a superstiti di navi da loro affondate), ma gli fu ordinato, proprio per
evitare il ripetersi di un caso Laconia,
di proseguire nella missione; il comando della flotta subacquea tedesca avvertì
le autorità portoghesi (Lourenço Marques, la terra più vicina, era una colonia
portoghese), che inviò l’avviso Alfonso
De Albuquerque da Lourenço Marques. La nave portoghese, giunta sul posto il
30 novembre, riuscì però a salvare solo 181 o 194 superstiti, tra cui 117 o 130
internati italiani: molti di quelli che non erano affondati con la nave,
infatti, erano scomparsi in mare, annegati dopo aver esaurito le forze o
mangiati dagli squali. I naufraghi furono sbarcati in Mozambico, dove alcuni di
essi si stabilirono e rimasero, mentre altri riuscirono a tornare in Italia.
Il mare gettò sulle
spiagge di Zinkwazi (Natal, Sudafrica) le salme di oltre 120 vittime, che
furono sepolte in tre fosse comuni presso Hillary, vicino a Durban.
Almeno 14 marittimi
del Colombo perirono sul Nova Scotia.
Altri rimasero in
Eritrea e vi morirono in prigionia durante la guerra: oltre a quelli già
nominati, il 5 gennaio 1943 il cameriere Giulio Mazzoli morì ad Asmara per
insolazione, e ultimo, il 27 maggio 1945, morì in Africa Orientale il cuoco
Giovanni Giacopello.
In tutto, furono
almeno 21 i membri dell’equipaggio del Colombo
che non fecero mai ritorno in Italia.
Marittimi del Colombo deceduti in prigionia:
Agostino Berta, cuoco, da Savona, morto sul Nova Scotia
Agostino Caffarena, carbonaio, da Recco, morto
sul Nova Scotia
Eugenio Colangelo, da Genova, morto sul Nova Scotia
Aristide Collatino (o Colantino), carbonaio,
da Tropea, morto sul Nova Scotia
Luigi Dalmi, fuochista, da La Spezia, deceduto
in prigionia ad Asmara il 5.1.1941 (*)
Giovanni Dodero, ingrassatore, da Genova,
deceduto in prigionia il 7.8.1942
Ercole Galano, operaio meccanico, da Arona,
deceduto in prigionia a Massaua il 4.4.1942
Attilio Gelso, cuoco, da Savona, deceduto in
prigionia il 5.8.1940 (*)
Giovanni Giacopello, cuoco, da Lerici,
deceduto in prigionia in Africa Orientale il 27.5.1945
Vincenzo Iannetti, ingrassatore, da Civitavecchia,
morto sul Nova Scotia
Annunziato Loiacono, marinaio, da Parghelia,
morto sul Nova Scotia
Ignazio Marsimino, nostromo, da Pace, morto
sul Nova Scotia
Giulio Mazzoli, cameriere, da Firenze, morto
in prigionia ad Asmara (per insolazione) il 5.1.1943
Felice Moraldo, cameriere, da Triora, morto
sul Nova Scotia
Giovanni Morielli, ingrassatore, da Acqui,
morto sul Nova Scotia
Attilio Olcese, ingrassatore, da Apparizione
(Genova), morto sul Nova Scotia
Salvatore Piranio (o Pisano), ingrassatore, da
Agrigento, morto sul Nova Scotia
Pietro Porcile, garzone di camera, da Genova,
morto in prigionia ad Embatkalla (Eritrea) il 17.8.1940 (*)
Raffaele Scognamilio (o Scognamillo, o
Scognamiglio), ingrassatore, da Alghero, morto sul Nova Scotia
Romolo Spalata (o Spalatra, o Spaletrà), operaio
meccanico, da Cornigliano (od Ancona), morto sul Nova Scotia
Vincenzo Tassara, da Nervi (Genova), morto sul
Nova Scotia
(*) Parte dei nominativi proviene dall’Albo d’Oro
della Marina Mercantile, che talvolta riporta date di morte “incongruenti” con
la presunta data di cattura; sono probabilmente frutto di errore.
Un’altra immagine del Colombo
(da www.naviearmatori.net – utente Commis)
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F.F. Agente Marittimo Lloyd Triestino , circa anno 1960, arrivò a Massawa tale giornalista STORICO Badini o Baldini insieme ad un fotografo . Li accompagnai sia a visitare e fotografare la CHIGLIA della Colombo tra Massawa ed Archico e la collina di Dogali per creare un album storico di tracce rimaste sulla collina- bossoli, bombe a mano inesplose e il famoso ponte CUSTA LON CA CUSTA.........sono passato 62 anni, ne hò 88 ................andiamo avanti !!!!saluti a tutti da Luigi Schneider-+39 3299052712
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