La Superga (g.c. Arthur Blundell via Miguel Sehested Zambras e www.7seasvessels.com)
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Piroscafo cisterna da
6154 tsl, 3389 tsn e 9000 tpl, lungo 116-121,1 metri, largo 15,7-15,8 e
pescante 10,5, con velocità 10-11 nodi. Appartenente alla Società Anonima di
Navigazione Alta Italia avente sede a Genova, immatricolato al 1101 del Compartimento
Marittimo di Genova, nominativo di chiamata internazionale ICIP.
Breve e parziale cronologia.
1922
Impostata dalla
Società Esercizio Bacini di Riva Trigoso (numero di cantiere 85).
9 settembre 1922
Varata dalla Società
Esercizio Bacini di Riva Trigoso.
Due foto
del varo della Superga (utente
Commis, da www.naviearmatori.net)
Gennaio 1923
Completata per la
Società Anonima di Navigazione Alta Italia. Si tratta della prima petroliera
della flotta della S. A. Alta Italia. Caratteristiche originarie (fino al 1931)
6914 tsl e 4097 tsn.
2 giugno 1940
Requisita a La Spezia
dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
10 aprile 1941
Lascia Palermo alle
13.30 in convoglio con la nave cisterna Persiano
ed i piroscafi Bosforo ed Ogaden e la scorta delle torpediniere Perseo, Giuseppe Missori e Generale
Carlo Montanari.
11 aprile 1941
I cacciatorpediniere
britannici Jervis (CV Mack), Janus, Nubian e Mohawk lasciano
Malta per intercettare il convoglio italiano tra Lampione e le Kerkennah, ma
non ricevono un messaggio inviato dal sommergibile Unique che corregge la velocità del convoglio, la cui stima
iniziale è errata. Le unità britanniche non riescono così a trovare quelle
italiane, e devono rientrare a Malta.
Lo stesso giorno il
convoglio viene infruttuosamente attaccato dal sommergibile britannico Upholder al largo di Capo Bon.
12 aprile 1941
Alle 8.30 il
convoglio, con rotta 150° e velocità stimata 10 nodi, viene avvistato dal
sommergibile britannico Tetrarch (CC
Richard Micaiah Towgood Peacock) a 37 miglia per 340° (a nordovest) dal faro di
Tripoli. Alle 8.50 il Tetrarch lancia
quattro siluri da 4100 metri contro la Persiano,
che viene colpita, poi s’immerge più in profondità. La Montanari dà la caccia al Tetrarch
per tre ore dopo l’attacco, lanciando senza risultato nove bombe di profondità,
e poi di nuovo a partire dalle 16.10, mentre il battello si sta allontanando,
con 15 bombe di profondità e di nuovo infruttuosamente. La Persiano affonda dopo qualche ora nel punto 33°29’ N e 13°01’ E,
una trentina di miglia a nordovest di Tripoli.
Il resto del convoglio
giunge a Tripoli alle 15.
16 maggio 1941
Si aggrega a Palermo al «26. Seetransport
Konvoi», partito da Napoli alle 18.30 del 16 e composto dai mercantili tedeschi
Preussen e Sparta, dagli italiani Motia,
Capo Orso e Castelverde e dalla motonave cisterna Panuco scortati dai cacciatorpediniere Turbine, Euro, Folgore, Fulmine e Strale. La
forza di copertura è costituita dagli incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli
Abruzzi e Giuseppe Garibaldi con
i cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere, Fuciliere e Alpino.
19 maggio 1941
Alle 11.30, durante una manovra per
eludere un attacco subacqueo nemico, Preussen
e Panuco entrano in collisione, ma i
danni non sono gravi ed entrambe le navi possono proseguire.
20 maggio 1941
Tra le 9.32 e le 9.34, una quarantina di
miglia a nordovest di Lampedusa, il sommergibile britannico Urge (CC Tomkinson) avvista la forza di
copertura del convoglio, e poi, alle 9.47, il convoglio stesso, che procede a
dodici nodi con rotta 135° a nord di Tunisi. L’Urge passa quindi all’attacco (in posizione 35°44’ N e 11°59’ E, o
34°56’ N e 11°56’ E), lanciando quattro siluri alle 9.52 contro il Capo Orso e la Superga, poi scende a 85 metri di profondità, subendo il contrattacco
dell’Euro, con dieci bombe di
profondità nei dieci minuti successivi l’attacco. Tanto le rivendicazioni dell’Urge (di aver affondato una o due navi)
quanto quelle dell’Euro (di aver
affondato il sommergibile attaccante) risulteranno errate: nessuna unità
riporta in realtà alcun danno.
21 maggio 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle undici.
24 maggio 1941
Lascia Tripoli in
convoglio con i piroscafi tedeschi Duisburg
e Preussen, gli italiani Bainsizza e Bosforo e la cisterna Panuco,
scortati dai cacciatorpediniere Folgore,
Fulmine e Turbine, nonché da una forza di copertura costituita
dall’incrociatore leggero Luigi Cadorna
e dai cacciatorpediniere Maestrale e Grecale. Il convoglio raggiunge Palermo
e poi Napoli senza danni.
16 giugno 1941
Compie un viaggio da
Taranto a Corinto in convoglio con altre due pirocisterne, la Berbera e la Sanandrea, e la scorta degli incrociatori ausiliari Egitto e Città di Napoli.
14 agosto 1941
La Superga è in navigazione da Burgas a
Varna (per poi proseguire verso il Bosforo) insieme ai piroscafi romeni Peles e Suceava e con la scorta delle torpediniere bulgare Derzki e Strogi, quando al crepuscolo – alle 19.50 – il convoglio viene
attaccato con due siluri, lanciati da 500 metri, dal sommergibile sovietico SHCH 211 (TV A. D. Devyatko) a nordest
di Capo Emine (Bulgaria), nel punto 42°46’ N e 27°59’ E. Mentre la Superga viene mancata dai siluri, il Peles viene colpito ed affonda in meno
di due ore. (Altra fonte colloca l’attacco alle 10.52 del 15 agosto, e
l’affondamento del Peles il 16).
16 agosto 1941
Secondo alcune fonti,
in questa data la Superga sarebbe
stata infruttuosamente attaccata in Mar Nero dal sommergibile sovietico SHCH 211, ma probabilmente l’attacco di
quest’unità fu in realtà diretta contro un convoglio composto dai mercantili Kavarna, romeno, e Tsar Ferdinand, bulgaro.
6 settembre 1941
La Superga ed un’altra cisterna
italiana, la Tampico, vengono
avvistate in Mar Nero dal sommergibile sovietico S-32. Il comandante del battello dà ordine di attaccare, ma, causa
l’errata interpretazione del suo ordine, il sommergibile si immerge. I quattro
uomini in torretta annegano, e l’attacco non ha più luogo.
9 settembre 1941
La Superga e la Tampico effettuano un viaggio da Varna (Bulgaria) a Costanza
(Romania), scortate, da Capo Sabla in poi, dal dragamine romeno Sublocotenant Ghiculescu. A Costanza le
due cisterne imbarcano il proprio carico di petrolio romeno, poi ripartono
scortate dal Ghiculescu, che
all’altezza di Capo Sabla viene rilevato da una scorta bulgara.
Un’altra immagine della
petroliera (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net)
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L’affondamento
Il 21 settembre 1941
la Superga, carica di 1800 tonnellate
di gasolio e 2350 di petrolio non raffinato, salpò da Costanza (Romania)
insieme alla Tampico per fare ritorno
in Mediterraneo. Come in altri viaggi precedenti, le cisterne italiane erano
state inviate in Mar Nero per imbarcare carburante romeno – la Romania possedeva
la principale riserva di petrolio dell’asse – per la Regia Marina, e tornavano
ora in Italia.
Durante la
navigazione il convoglio, scortato dalle torpediniere romene Smeul, Sborul e Naluca e dalle
cannoniere Ghiculescu e Dumitrescu, venne ripetutamente attaccato,
sebbene senza risultato, dai sommergibili sovietici M-34 e D-5 Spartakovets.
Alle otto l’M-34 (che imbarcava anche il
comandante della 4a Brigata Sommergibili sovietica ed un ufficiale
britannico, il capitano di vascello D. Fox, per supervisionare gli attacchi
alle petroliere italiane) lanciò un siluro contro la Superga, nel punto 43°59’ N e 28°44’ E al largo di Capo Tuzla (una
decina di miglia a sudest di Costanza), ritenendo a torto di averla affondata (impressione
condivisa anche dal capitano di vascello Fox, ma la cisterna fu invece
mancata), e subì poi il contrattacco della scorta, che lanciò 36 cariche di
profondità, due delle quali causano alcuni danni; alle 10.20 il D-5 Spartakovets lanciò infruttuosamente un siluro contro la Tampico al largo di Capo Shabla (a
nordest di Varna, in Bulgaria), poi subì anch’esso la caccia da parte della
torpediniera romena Naluca e
di alcuni idrovolanti, con quattro cariche di profondità, che non causarono
danni.
A seguito di tali
attacchi, il convoglio dovette dirigere su Varna, in Bulgaria, perché la sua
scorta fosse rinforzata. Qui le navi giunsero il 21 settembre, rimanendovi poi
per una settimana.
Il 29 settembre 1941 Superga e Tampico ripartirono da Varna alla volta di Burgas insieme ad un piroscafo
romeno, il Sulina, e scortate da un
cacciatorpediniere e due torpediniere bulgare. L’aggregazione al convoglio da
parte di una quarta nave, la cisterna italiana Albaro, fu rifiutata dal comando navale tedesco di Varna (Marineverbindungsstabes
Bulgarien) perché la scorta era ritenuta insufficiente. La partenza fu
ritardata da un’ora da un inconveniente occorso alla Tampico, che non riuscì a salpare l’ancora se non dopo molti sforzi,
costringendo Superga e Sulina e la scorta ad attendere fuori
dal porto. Una volta che tutte le navi furono partite, il convoglio si dispose
con i mercantili in linea di fila: la Tampico
in testa, la Superga al centro ed il Sulina in coda. Anche un aereo raggiunse
il convoglio e si unì alla scorta.
Il mattino dello
stesso il convoglio si trovava al largo della foce del Kamchiya, nel Mar Nero, quando
il convoglio, alle 8.48 (9.48 ora sovietica), venne avvistato a 5,3 miglia di
distanza dal sommergibile sovietico SHCH
211, al comando del tenente di vascello A. D. Devyatko.
Questi valutò la
rotta del convoglio in 180° e la velocità in dieci nodi, ma dopo un minuto e
mezzo si accorse di un’altra nave, distante appena 180-280 metri, che dirigeva
verso di lui. Il battello sovietico dovette abbassare il periscopio ed
immergersi in profondità, ma Devyatko non si diede per vinto e tornò a quota
periscopica, trovando che l’angolo con il convoglio si era ridotto a 5,5 gradi.
Dopo aver attraversato la rotta del convoglio, l’SHCH 211 si avvicinò sino a soli 300 metri prima di lanciare un
siluro dai tubi di poppa (un siluro tipo 53-58, lanciato dal tubo V) contro la
seconda nave mercantile, quella al centro: la Superga. La petroliera italiana avvistò l’arma, tentò di virare a
dritta per evitarla e lanciò diversi corti squilli per dare l’allarme, ma alle
9.15 (10.16 per l’orario sovietico) fu colpita dal siluro e fu scossa da
un’esplosione, affondando rapidamente nel punto 43°00’ N e 27°58’ E (o
43°01'5" N e 27°53' E). Vi furono due vittime.
L’esplosione –
avvistata anche a terra (l’orario riportato dai diari del comando tedesco è
pero, stranamente, le 9.30), essendo il convoglio partito da poco ed ancora
prossimo alla costa – fu tanto vicina che anche l’SHCH 211 fu scosso con violenza. Secondo fonti sovietiche, le unità
bulgare della scorta credettero che la Superga
avesse urtato una mina, e di conseguenza non iniziarono alcuna ricerca e caccia
antisommergibile. Il diario del comando tedesco riporta però che il periscopio
del sommergibile venne avvistato poco prima del lancio del siluro, tra il
convoglio e la costa. In ogni caso, non vi fu nessun contrattacco, tanto che mezz’ora
dopo il siluramento, alle 10.45 (ora sovietica), l’SHCH 211 poté tornare a quota periscopica e fotografò il relitto
affiorante della propria vittima, unico caso del genere nella guerra
sottomarina sovietica.
Una delle
torpediniere bulgare rimase accanto al relitto semisommerso della nave
italiana, mentre le altre proseguirono nella scorta al convoglio verso Burgas.
Secondo quanto
riportato dal diario del comando navale tedesco (che lamentò il mancato invio
di rimorchiatori, che avrebbero forse potuto portare la nave in acque più basse
così evitandone la perdita, da parte degli ufficiali di Marina di collegamento),
la Superga affondò rapidamente di
poppa toccando il fondale, ma l’acqua era tanto bassa – 21 metri – che la parte
prodiera del relitto rimase emergente. Per altra versione (riportata da fonti
italiane e sovietiche), invece, la nave si spezzò in due ed il troncone
prodiero rimase affiorante perché continuò a galleggiare semisommerso, senza
affondare del tutto (oppure toccò anch’esso il fondale, ma rimase emergente a
causa dell’acqua bassa).
In ogni caso, il
comando tedesco richiese l’invio di due rimorchiatori romeni, il Brüsterort e l’Istria, a Varna per tentare il recupero della petroliera. Le due
unità, dopo aver imbarcato le attrezzature necessarie ed il tenente di vascello
tedesco Wefels, responsabile dell’operazione, giunsero sul punto dell’affondamento
il 30 settembre per iniziare il recupero. Non era possibile prendere a
rimorchio il relitto semisommerso della Superga,
quindi si pensava di pompare il petrolio dalla cisterna n. 4 alla cisterna n. 3
per appesantire la prua ed alleggerire la poppa, per poi tentare il rimorchio.
Mentre questo
accadeva, lo stesso 30 settembre l’SHCH
211 tornò sul luogo dell’attacco e vi trovò un cacciatorpediniere, quattro
cacciasommergibili, un’altra piccola unità e due aerei. Un rimorchiatore si
trovava nei pressi della prua emergente della Superga. Devyatko decise di finire la nave italiana, ma a causa
della forte sorveglianza esercitata dalle unità avversarie non riuscì ad
avvicinarsi a sufficienza, ed alle 12.28 venne attaccato con bombe di
profondità, tre delle quali esplosero 30-50 metri a poppa, danneggiando il
cannone poppiero, mentre altre due detonarono più lontane. Avendo deciso di
distruggere il relitto della Superga
con il favore del buio, Devyatko fece posare l’SHCH 211 sul fondale ed ordinò di cessare ogni rumore, poi rimase
in attesa ed in ascolto idrofonico. Fino alle 18.55 si sentirono rumori di
pompe ed eliche di navi, poi cessarono; alle 19.21 il sommergibile sovietico si
portò a quota periscopica ed alle 19.35 lanciò due siluri tipo 45-36, dai tubi
II e III, da una distanza di 1110 metri. Le armi andarono a segno,
semidistrussero la plancia, danneggiarono ulteriormente la prua e fecero
sprofondare ancora di più il relitto, del quale continuarono però a restare
emergenti plancia e castello di prua.
Da parte
romeno-tedesca, tuttavia, non ci si avvide dell’attacco: quando i lavori
ripresero l’indomani, si notò che nella notte tra il 30 settembre ed il 1°
ottobre la Superga era affondata
ulteriormente, rendendo impossibile raggiungere le cisterne per l’operazione di
pompaggio, e vanificando ogni tentativo di rimorchio, ma non si capì che ciò
fosse dovuto ad un altro siluramento. A mezzogiorno il Brüsterort e l’Istria
lasciarono Varna per tornare a Costanza.
L’SHCH 211 tornò sul posto per verificare
i risultati dell’attacco della sera prima (che non aveva potuto constatare a
causa del buio), poi si allontanò definitivamente dall’area.
Il 2 ottobre un
rimorchiatore, inviato sul posto per prelevare quanto ancora recuperabile dalla
plancia e dalla prua della Superga,
scoprì che la nave presentava uno squarcio nel lato sinistro. Non era più
possibile recuperare alcunché. Il comando tedesco ritenne, a torto, improbabile
che un sommergibile sovietico avesse silurato la nave di nuovo la notte
precedente. Successivamente il relitto scivolò completamente sotto la
superficie.
La Superga, insieme ad un’altra nave
cisterna italiana affondata in Mar Nero, la Torcello,
fu una delle uniche due navi mercantili italiane affondate da unità sovietiche
durante la seconda guerra mondiale.
Per l’affondamento
della Superga e quello, precedente,
del Peles (due dei pochi successi
colti dall’arma subacquea sovietica in Mar Nero durante il conflitto), il
comandante Devyatko dell’SHCH 211 fu
decorato con l’Ordine della Bandiera Rossa.
La Superga in affondamento nella foto scattata attraverso il
periscopio dell’SHCH 211 (g.c. Eugen
Chirva via www.town.ural.ru)
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Il relitto della Superga è oggi meta di immersioni. Il
troncone prodiero, quasi completamente distrutto, giace a 25 metri di
profondità nel punto 43°10.936' N e 27°56.187' E, nella baia di Varna, a circa
un chilometro dalla foce del Kamchiya.
Le coincidenze della
storia hanno voluto che non molto lontano dal relitto della nave italiana
giaccia anche quello del suo affondatore, l’SHCH
211: nella missione successiva (novembre 1941) a quella dell’affondamento
della Superga, infatti, il
sommergibile sovietico saltò su una mina romena al largo di Varna ed affondò
con il comandante Devyatko e l’intero equipaggio.
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