Lo Sparide subito dopo il varo (da www.grupsom.com) |
Sommergibile di media crociera della classe Tritone (dislocamento di 866 tonnellate in superficie e 1058 in immersione).
Breve e parziale cronologia
25 aprile 1942
Impostazione nei
cantieri Odero Terni Orlando di La Spezia.
21 febbraio 1943
Varo nei cantieri
Odero Terni Orlando di La Spezia.
7 agosto 1943
Entrata in servizio.
Armistizio
Modificato mentre
ancora era in costruzione per poter trasportare mezzi d’assalto (furono
sistemati in coperta, ai lati del ponte, quattro contenitori cilindrici che
avrebbero potuto alloggiare altrettanti siluri a lenta corsa – del nuovo tipo
Siluro San Bartolomeo (SSB), in previsione di nuovi attacchi anche a porti al di
fuori del Mediterraneo, grazie alla maggiore autonomia dei “Tritone” rispetto
ai classe “600” impiegati in precedenza come avvicinatori nelle incursioni
contro Alessandria, Algeri e Gibilterra – od anche barchini esplosivi tipo Motoscafo
da Turismo Ridotto: due si trovavano in corrispondenza della torretta, gli
altri due poco più a proravia), lo Sparide
morì appena nato, senza aver mai potuto operare.
Entrato ufficialmente
in servizio il 7 agosto 1943, un mese ed un giorno prima dell’annuncio
dell’armistizio tra Italia ed Alleati, il battello era in realtà ancora in
allestimento – ormai quasi concluso – ed addestramento nel cantiere del
Muggiano quando l’armistizio fu proclamato l’8 settembre. Non essendo in grado
di muovere, il 9 settembre 1943 lo Sparide,
al pari dei gemelli Grongo e Murena anch’essi in via di completamento
(sovrintendeva all’allestimento dei tre battelli il capitano di corvetta Luigi
Longanesi Cattani, comandante del Murena),
si autoaffondò a La Spezia per evitare la cattura da parte delle forze
tedesche.
Il sommergibile sarebbe
poi stato dai tedeschi recuperato ed incorporato nella Kriegsmarine come UIT 5, venendo trasferito da La Spezia a
Genova, ma finendo solo con l’esservi nuovamente affondato da un violento bombardamento
aereo il 4 (quando aerei della 15th USAAF bombardarono Genova
affondandovi numerose unità e causando centinaia di vittime tra la popolazione)
o 6 settembre 1944, senza mai essere divenuto operativo. Stessa fine ebbero Grongo e Murena; il relitto dell’ex Sparide
fu recuperato nel febbraio 1947 solo per essere demolito (la demolizione ebbe
inizio il 27 marzo 1947).
L’equipaggio dello Sparide, catturato dai tedeschi,
condivise la sorte degli oltre 600.000 militari italiani caduti in mano tedesca
a seguito dell’armistizio ed internati in campi di prigionia in Germania ed
Europa orientale (soprattutto Austria e Polonia) sotto la denominazione di «internati
militari italiani», per non godere dei diritti garantiti dalla Convenzione di
Ginevra per i prigionieri di guerra.
Dopo anni di durezze,
sfruttamento e malnutrizione, tornarono tutti alle loro case, tranne uno.
Alcuni prigionieri
dello Sparide erano stati internati
nei campi di lavoro (arbeitslager) di Treuenbrietzen, località del comune di
Nichel, una cinquantina di chilometri a sudovest di Berlino. I 3000 tra
lavoratori coatti e prigionieri di guerra italiani, belgi, francesi, olandesi,
polacchi e sovietici qui internati venivano fatti lavorare nei tre stabilimenti
della Kopp & Co., che producevano munizioni per fanteria e proiettili
traccianti, ed in quello della Dr. Kroeber und Sohn, che produceva strumenti di
precisione.
La sera del 21 aprile
1945 le avanguardie sovietiche occuparon Treuenbrietzen, ma non vi si
fermarono, proseguendo nella loro avanzata. Le guardie dei campi di prigionia della
zona si erano date alla fuga, lasciando liberi i prigionieri, ma il 23 aprile
sopraggiunse un altro reparto militare tedesco, non è chiaro se della Wehrmacht
o delle SS: i prigionieri vennero ricatturati e divisi per nazionalità. Quelli
italiani, ritenuti prigionieri fuggitivi, vennero costretti a caricare sulle
loro spalle delle cassette di munizioni e poi messi in marcia incolonnati. Nei
pressi di un sottopassaggio della ferrovia Wittenberg-Potsdam la colonna
s’imbatté in altri reparti tedeschi, ed il capitano che comandava il reparto
che stava scortando i prigionieri disse ad un altro ufficiale che stava
trasferendo 150 prigionieri italiani. La colonna proseguì per un altro
chilometro e mezzo, poi, giunti nella cava di Weinbergen, i militari tedeschi
aprirono il fuoco a sorpresa sui prigionieri italiani, da cinque o sei metri di
distanza; il massacro si protrasse per due ore. Solo in quattro, che si
buttarono a terra e furono riparati dai cadaveri caduti su di loro, riuscirono
a salvarsi: vennero contati 127 morti, dei quali 16 non poterono essere
identificati.
Tra le vittime di
questa strage vi fu anche un membro dell’equipaggio dello Sparide, il marinaio silurista Silvio Asoli.
Due settimane dopo la
guerra in Europa era finita.
Lo Sparide durante l’allestimento (da www.anaim.it)
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