La Maggiore Macchi (dal sito della Guardia di Finanza)
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Cannoniera della
Regia Guardia di Finanza di 214 tonnellate di dislocamento (e 171 tonnellate di
stazza lorda), lunga 41,15-43,70 m, larga 5,56-5,74 e pescante 2,30-3,17 m, con
velocità di 11-12 nodi. Armata con un cannone da 76/40 mm, due mitragliere Colt
da 6,5/52 mm e 32 bombe di profondità e dotata di un apparato per il dragaggio
a sciabica. Compì in guerra 116 missioni, percorrendo 18.000 miglia nautiche.
Breve e parziale cronologia.
Gennaio 1899
Impostata nello
Stabilimento Tecnico Triestino/Cantiere San Marco di Trieste (numero di
costruzione 322).
Maggio 1899
Varata nello
Stabilimento Tecnico Triestino come Zara.
Giugno 1899
Entra in servizio per
la guardia doganale austroungarica (K.u.K. Finanzdienst) come piroscafo
doganale Zara (o Zadar). Dislocamento originario 322 tonnellate, armamento
originario due cannoncini da 47 mm e due mitragliere.
Assegnato al
Finanzbehörde Zara.
1901
Ribattezzata Zara-Zadar.
1914
Ribattezzata Ritter von Bilinsky (per liberare il
nome Zara-Zadar per una nuova nave doganale). Assegnata al Finanzinspektorat
Capodistria.
Agosto 1915
Incorporato dalla
Marina austroungarica come vedetta/cannoniera. Durante la prima guerra mondiale
opererà nelle acque di Trieste, del Friuli e della Venezia Giulia e nelle
lagune di Grado e Marano quale trasporto, unità di vigilanza, dragamine e
cacciasommergibili.
1918
A seguito della
conclusione della prima guerra mondiale e della sconfitta e crollo dell’Impero
Austroungarico, la Ritter von Bilinsky
passa sotto bandiera italiana.
1919
Assegnata alla Regia
Guardia di Finanza, viene ribattezzata Quarnaro
(o Carnaro) ed incorporata nella
Flottiglia Costiera di Trieste.
Successivamente
dislocata in Sardegna.
1933
Ribattezzata Maggiore Giovanni Macchi (o Maggiore Macchi).
19 agosto 1939
Viene “mobilitata” e
dislocata a Trapani. Successivamente riclassificata cacciasommergibili, con
sigla AS 1 (risulterà una delle più
grandi unità del tipo).
16 giugno 1940
Dislocata a Messina,
dove resterà di base sino al 30 gennaio 1941, compiendo vigilanza
antisommergibile e scortando di frequente i traghetti in servizio nello Stretto.
31 gennaio 1941
Lasciata Messina e
fatto scalo a Milazzo, giunge a Palermo, dove viene sottoposta a lavori protrattisi
sino al 28 febbraio.
1° marzo 1941
Lascia Palermo
diretta a Tripoli, sua nuova base d’assegnazione.
3 marzo 1941
Arriva a Tripoli,
dove permarrà fino all’8 giugno.
8 giugno 1941
Lascia Tripoli per
tornare a Palermo con un trasferimento in quattro tappe (Lampedusa, Pantelleria
e Trapani).
9 giugno 1941
La Macchi sta scortando i tre piccoli
trasporti Milano, Tabarca e Nuova Eleonora una ventina di miglia a nordovest di Lampedusa,
quando alle 13.45 il sommergibile britannico Urge (tenente di vascello Edward Philip Tomkinson) avvista le navi
italiane mentre procedono a 11 nodi su rotta 140°, a 6 miglia per 283° dal
sommergibile. Alle 14.33, nel punto 35°39’ N e 12°11’ E, l’Urge lancia da 365 metri un siluro contro la seconda nave della
fila dei mercantili, ma l’arma manca il bersaglio, ed alle 14.35 ne lancia
altri due, da 460 metri, alla terza nave, ma ambedue mancano anch’essi
l’obiettivo.
15 giugno 1941
Giunge a Palermo, dove
subisce un nuovo turno di lavori, che si concluderanno il 9 agosto.
La perdita
Il 10 agosto 1941,
terminati i lavori a Palermo, la Maggiore
Macchi, al comando del brigadiere
della Regia Guardia di Finanza ramo mare Nicolò Rando, lasciò il capoluogo
siciliano per fare ritorno a Tripoli. Dopo aver fatto tappa a Trapani, la
cannoniera giunse a Pantelleria, da dove ripartì il 17 agosto di scorta alla
cisterna militare Velino.
L’indomani, però,
alle 7.30, il minuscolo convoglio composto da Macchi e Velino si trovò
a passare al largo di Punta Galera, sull’isola di Lampedusa. Qui era stato
portato ad incagliare, dopo essere stato colpito da due siluri nel corso di un
attacco aereo, il piroscafo Maddalena
Odero, in viaggi verso la Libia; lo assisteva la torpediniera Pegaso. Il comandante di quest’ultima
ordinò alla Macchi di porsi a sua
disposizione per cooperare nel tentativo di condurre il Maddalena Odero in un luogo più sicuro.
Mentre la Velino entrava da sola nel porticciolo
di Lampedusa, la Macchi, dopo una
serie di manovre, riuscì a disincagliare il mercantile danneggiato, ed intorno
alle undici riuscì a portarlo ad incagliare nuovamente di prua all’imboccatura
dell’insenatura della Cala Croce. La cannoniera si trattenne poi sul posto,
restando a disposizione del comandante della Pegaso.
Intorno a mezzogiorno
e un quarto sopraggiunsero i MAS 531
e 544, aventi a bordo l’ammiraglio
Amilcare Cesarano, comandante della Zona Militare Marittima di Pantelleria, che
ordinò alla Macchi di avvicinarsi
alla Pegaso per ricevere ulteriori disposizioni. Alla cannoniera fu ordinato di
entrare nell’insenatura, prendere la cima di prua del Maddalena Odero e rimorchiarlo all’interno della Cala Croce una
volta che la Pegaso fosse riuscita a
disincagliarlo dalla punta di scoglio dove si era incagliato.
Quest’ultimo lavoro
stava appena cominciando, quando – erano le 13.30 – sopraggiunsero cinque
bombardieri britannici Bristol Blenheim del 105th Squadron della
Royal Air Force, uno dei quali colpì il Maddalena
Odero con diverse bombe incendiarie a proravia della plancia. Le fiamme, appiccate
dalle bombe, si diffusero rapidamente, minacciando di raggiungere il carico
che, oltre a veicoli e cannoni, comprendeva anche benzina e munizioni:
l’equipaggio ed il centinaio di militari tedeschi presenti sul piroscafo si
buttarono in acqua ed iniziarono a nuotare verso la Macchi, che, non potendo manovrare per non risucchiare i naufraghi
nelle eliche, non si poté muovere.
Essendo la lancia di
dritta già in mare, con due uomini, per portare il cavo di rimorchio, il
comandante Rando fece calare quella di sinistra per soccorrere i naufraghi, poi
fece mollare il cavo di rimorchio e condusse la sua nave nel punto della Cala
Croce più lontano possibile dal Maddalena
Odero, perché il vento stava spingendo le fiamme verso terra e verso la Macchi. La cannoniera si portò in costa
con la prua che toccava direttamente la riva, il che rese più facile la messa a
terra dei naufraghi, che, ripescati dalle lance, salivano sulla poppa della Macchi, ne percorrevano il ponte e
saltavano a terra dalla prua.
Quando tutti i
naufraghi furono messi in salvo, il comandante Rando dovette constatare che la
sua nave era in trappola, bloccata in una strettoia tra la prua del mercantile
in fiamme e la terra; non c’era più modo di uscire. Rando dovette ordinare di
abbandonare la nave: gli uomini della Macchi
scesero a terra e si portarono al sicuro sulla costa.
Pochi minuti più
tardi, il Maddalena Odero esplose,
proiettando schegge arroventate in tutte le direzioni e riempiendo la Cala
Croce di nafta in fiamme. Il fuoco, che galleggiava sul mare, travolse la Maggiore Macchi e fece esplodere la sua riservetta di munizioni, poi la
cannoniera, avvolta dalle fiamme, si abbatté su un fianco ed affondò
rapidamente. Non vi furono vittime.
Su proposta
dell’ammiraglio Cesarano, il comandante Rando e gli uomini che erano più prodigati
nel salvataggio degli uomini del Maddalena
Odero (il brigadiere della GdF Gino Sacchelli e le Guardie di Finanza Luigi
Commissione, Domenico Lupi e Tommaso Ruso) furono decorati al Valor Militare.
La stessa bandiera della Maggiore Macchi venne decorata con la Medaglia
d’argento al Valor Militare.
La motivazione della
Medaglia di bronzo al Valor Militare conferita al brigadiere della Guardia di
Finanza ramo mare Nicolò Rando, nato a Favignana il 17 gennaio 1902:
«Comandante di una
cannoniera della R. G. di Finanza al servizio della R. Marina in zona avanzata
di operazioni, trovandosi in manovra presso un piroscafo colpito da aereo
nemico e col carico in fiamme, provvedeva al ricupero dei naufraghi, non
desistendo dalla sua opera coraggiosa ed umanitaria neppure quando, per
l’avvenuta esplosione del piroscafo, la cannoniera veniva investita da relitti
incandescenti che ne determinavano l’affondamento».
La motivazione della
Croce di Guerra al Valor Militare conferita al brigadiere della Guardia di Finanza
ramo mare Gino Sacchelli ed alle Guardie di Finanza ramo mare Luigi
Commissione, Domenico Lupi e Tommaso Russo:
«Appartenente
all’equipaggio dì una cannoniera della R. Guardia di Finanza in servizio della
Marina, in zona avanzata di operazioni, si prodigava nell’opera di soccorso dei
naufraghi di un piroscafo colpito da aereo nemico e in preda alle fiamme, non
desistendo neppure quando, per l'avvenuta esplosione del piroscafo, la
cannoniera veniva investita da relitti incandescenti che ne determinavano l’affondamento».
Si ringraziano il Museo Storico
della Guardia di Finanza ed il capitano della GdF Gerardo Severino.
Mio padre,Giuseppe, faceva parte dell'equipaggio della Maggiore Macchi al momento del naufragio
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