Lo Stampalia (foto tratta da “Storia dei trasporti italiani” di
Francesco Ogliari, via Antonio Benedetti)
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Piroscafo misto da
1228 tsl, 714 tsn e 1460 tpl, lungo 70,22 m e largo 9,9-10,31, pescante 6 m, con
velocità di 10,5 nodi (oppure 9). Appartenente alla società Adriatica, iscritto
con matricola 195 al Compartimento Marittmo di Venezia, nominativo
internazionale ICIG.
Breve e parziale cronologia.
1907
Costruito nei
cantieri danesi Frederikshavns Vaerft & Flydedok A/S di Frederikshavn
(numero di cantiere 111) come Kong Sigurd
per la compagnia norvegese Sondenfjelds Norske Dampskibsselskab Oslo.
1926
Acquistato dalla
Società Anonima di Navigazione Martinolich.
Poco dopo (prima del
1927) passato alla Società Anonima di Navigazione San Marco.
21 settembre 1926
Viene coinvolto in un
incidente nelle acque di Brindisi durante la navigazione da Bari a Brindisi.
Settembre 1927
Nuovo incidente,
sempre presso Brindisi, durante la navigazione dal Pireo a Brindisi.
3 settembre 1931
Nel pomeriggio lo Stampalia molla gli ormeggi, nel porto
di Ancona, per raggiungere Pola. Mentre sta per uscire dal porto viene però
investito da forte vento, che lo spinge verso il Molo Trapezoidale; viene
subito calata un’ancora per fermare la nave, ma l’ancora non fa presa sul
fondale, lo Stampalia non si ferma e
sperona a poppa il piccolo piroscafo Gioconda,
ormeggiato al molo. Mentre lo Stampalia
non subisce danni e può ripartire poco dopo, il Gioconda, cui una pala dell’elica dello Stampalia ha aperto una grossa falla nel fasciame, affonda nelle
acque del porto. Non vi sono feriti.
1932
Trasferito alla
Compagnia Adriatica di Navigazione, nella quale la società San Marco è
confluita.
1937
La Compagnia
Adriatica di Navigazione diviene Società Anonima di Navigazione Adriatica, con
sede a Venezia. Lo Stampalia viene
assegnato alla linea n. 46 da Bari alle Isole Tremiti, via Manfredonia.
10 aprile 1938
Disarmato a Venezia.
11 settembre 1938
Trasferito a
Monfalcone per essere sottoposto a lavori di ristrutturazione che dureranno un
anno.
14 settembre 1939
I lavori di
ristrutturazione vengono completati.
8 ottobre 1939-16 luglio 1940
Compie numerosi
viaggi straordinari tra l’Alto Adriatico e l’Albania. Nel frattempo, il 10
giugno 1940, l’Italia entra nella seconda guerra mondiale.
23 luglio-16 dicembre 1940
Posto in parziale
disarmo per lavori alle macchine e per la realizzazione di postazioni per
cannoni e mitragliere.
17 dicembre 1940
Noleggiato al
Ministero della Guerra (non requisito dalla Regia Marina, né iscritto nel ruolo
del naviglio ausiliario dello Stato).
3 gennaio 1941
Parte da Bari all’una
di notte in convoglio con il piroscafo A.
Contarini, entrambi adibiti a traffico civile e diretti a Durazzo con la
scorta della vecchia torpediniera Generale
Marcello Prestinari. A causa dello stato del mare, tuttavia, il convoglio
deve tornare in porto.
5 gennaio 1941
Riparte da Bari alle
18 insieme al piroscafo Miseno ed
alla piccola nave cisterna Abruzzi
(tutti adibiti a traffico civile), con la scorta della torpediniera Calatafimi.
6 gennaio 1941
Il convoglio arriva a
Durazzo alle 12.45.
20 gennaio 1941
Lascia Durazzo alle
14, scarico, insieme alla motonave Tergestea,
con la scorta dell’incrociatore ausiliario Città
di Genova.
21 gennaio 1941
Le navi arrivano a
Bari alle 3.30.
29 gennaio 1941
Salpa da Brindisi
alle 00.30, carico di benzina e scortato dalla torpediniera Partenope, giungendo a Valona alle 9.
16 febbraio 1941
Lascia Valona
scarico, alle 7.30, in convoglio con i piroscafi Lido e Scarpanto e la
scorta della torpediniera Nicola Fabrizi,
giungendo a Brindisi alle 16.35.
25 febbraio 1941
Parte da Brindisi
alle 22.10, in convoglio con il piroscafo Favorita
e la scorta della torpediniera Giuseppe
Cesare Abba.
26 febbraio 1941
Il convoglio, che
trasporta 693 tonnellate di carburante e 3863 tonnellate di provviste, arriva a
Valona alle 9.30.
27 marzo 1941
Parte da Brindisi
insieme al piroscafo Iseo per
aggregarsi, nel punto «Y» al largo di Brindisi, ad un convoglio partito da Bari
per Durazzo alle 16 e composto dal piroscafo Caterina scortato dall’incrociatore ausiliario Brioni. L’Iseo non trova
il convoglio e torna indietro, mentre lo Stampalia
riesce a raggiungerlo.
28 marzo 1941
Il convoglio, il cui
carico assomma a 1664 tonnellate di foraggio e 728 di benzina e vettovaglie,
arriva a Valona alle 9.15.
2 aprile 1941
Riparte da Valona a
mezzogiorno, scarico, in convoglio con i piroscafi Fertilia, Asteria e Silvano, scortati dalla Prestinari.
3 aprile 1941
Le navi giungono a
Brindisi alle 2.30.
Un’altra immagine del piroscafo (foto tratta da “Storia dei trasporti italiani” di Francesco Ogliari, via Antonio Benedetti) |
L’affondamento
Alle 11.30 del 12
aprile 1941 lo Stampalia, al comando
del capitano Paolo Gambinafici, giunse nella rada di Valona carico di fusti di
benzina. La nave, che trasportava 650 tonnellate di benzina (c’erano anche
cinque veicoli ed altri rifornimenti), era partita alle tre di notte da
Brindisi insieme alla motonave Filippo
Grimani, con la scorta dell’anziana torpediniera Solferino.
La sera del 12 il
piroscafo si ancorò vicino al pontile Dukati, quanto più possibile vicino alla
costa, in base alle istruzioni che aveva ricevuto dal Comando Difesa Traffico
di Valona. Qui la nave sarebbe dovuta restare per alcuni giorni: quello sarebbe
invece finito con l’essere il suo ancoraggio per sempre.
Di giorno, con vento
da nordovest, lo Stampalia restava in
acque basse, mentre di notte prendeva a tirare vento da terra e la nave veniva
sospinta verso il largo, presentando il lato di dritta verso l’imbocco della
rada.
Il 14 aprile
l’equipaggio lavorò sino a mezzanotte, trasbordando 500 fusti di benzina, con
il buio, sulla motonave Alessandro.
Vedette ed artiglieri erano ai loro posti, ma, nonostante il comandante
Gambinafici lo avesse già chiesto ripetutamente sia a Venezia che a Brindisi,
il cannone da 76/40 mm di cui il piroscafo era dotato era sprovvisto di granate
antiaeree, rendendolo così inutile nel caso di un attacco aereo (cioè l’unica
possibile offesa che sarebbe potuta essere diretta contro la nave mentre questa
si trovava in porto).
Ipotesi quest’ultima
tutt’altro che improbabile: dal precedente 12 marzo, infatti, gli aerosiluranti
Fairey Swordfish dell’815th Squadron della Fleet Air Arm, imbarcati
sulla portaerei britannica Illustrious,
erano stati trasferiti nell’aeroporto di Paramythia, in Grecia ed in prossimità
del confine con l’Albania, allo specifico scopo di attaccare le basi italiane
in Albania, tra cui i porti di Valona e Durazzo, dove giungevano i convogli
carichi di rifornimenti per le truppe italiane. In marzo gli Swordfish di
Paramythia avevano già colto tre successi, affondando nella rada di Valona la
torpediniera Andromeda, il piroscafo Santa Maria e la nave ospedale Po (lo Stampalia era presente, ormeggiato nella parte meridionale della
rada, nella notte in cui la Po era
stata affondata, il 14 marzo, ed aveva aperto il fuoco con le proprie armi
contraeree durante l’incursione).
E la sera del 14
aprile, alle 23.50, gli Swordfish si levarono di nuovo in volo: sette velivoli,
al comando del tenente di vascello Frederick Michael Alexander Torrens-Spence
(un veterano che aveva già silurato corazzata Littorio nella “notte di Taranto” e l’incrociatore pesante Pola nella battaglia di Capo Matapan),
decollarono da Paramythia diretti a Valona. Ognuno portava un siluro da 730 kg.
Durante il volo uno
degli aerosiluranti, pilotato dal tenente di vascello C. S. Lea, ebbe un’avaria
ad un motore e dovette rientrare, ma gli altri raggiunsero Valona provenendo
dall’entroterra, superando i monti che ne circondavano la rada a 2440 metri di
quota.
Dopo qualche iniziale
problema nell’individuazione dei bersagli, che li costrinse a compiere un giro
in cerchio, gli Swordfish attaccarono alle 00.40 (l’1.40 ora italiana):
Torrens-Spence lanciò un siluro contro un piroscafo di stazza stimata (e
sopravvalutata) in 7000 tsl, il sottotenente di vascello Swayne lanciò senza
risultato, il sottotenente di vascello Macaulay lanciò la sua arma contro un
mercantile di stazza apparente 6000 tsl, un altro Swordfish lanciò anch’esso a
vuoto ed altri due cercarono infruttuosamente un bersaglio per tre quarti
d’ora, prima di desistere ed andarsene senza aver attaccato. Il prezzo pagato
dagli attaccanti fu la perdita dello Swordfish P4137 dei sottotenenti di
vascello W. C. Sarra e J. Bowker, abbattuto dalla contraerea italiana (Sarra e
Bowker vennero fatti prigionieri, mentre il terzo componente dell’equipaggio
dell’aereo perse la vita).
Sullo Stampalia, le vedette diedero l’allarme
generale all’1.45: avevano visto un aereo volare a bassa quota. Tutti corsero
ai loro posti. Per poter partire subito qualora le circostanze lo avessero
imposto, le caldaie del piroscafo erano state tenute sempre in pressione, ed in
mare erano state calate solo quattro lunghezze di catena; l’ancora poteva
essere celermente smanigliata. Il comandante Gambinafici ordinò «pronti in
macchina» e si accinse ad ordinare di salpare, ma era già troppo tardi.
Un aereo (forse
quello di Swayne) apparve in avvicinamento a proravia dello Stampalia, volando a bassissima quota, e
sganciò il proprio siluro. L’arma passò a raso del dritto di poppa, mancando di
pochissimo il bersaglio, e si arenò sulla vicina spiaggia.
Lo Stampalia aprì subito il fuoco con una
mitragliera, e da bordo si ritenne di aver ripetutamente colpito l’aereo, ma ad
un certo punto l’arma s’inceppò. Anche le difese costiere avevano iniziato un
tiro furioso, sparando da tutte le parti contro gli aerosiluranti nemici. Poco
dopo il piroscafo venne investito da numerose bombe e spezzoni incendiari, a
più ondate.
Essendo la nave
danneggiata ed impossibilitata a difendersi, il comandante Gambinafici ordinò
di calare le scialuppe per mettere al sicuro i suoi uomini. Le imbarcazioni si
erano appena allontanate dallo Stampalia,
quando i naufraghi sentirono una violenta esplosione e videro una colonna di
fumo bianco levarsi dal lato di dritta della loro nave, in corrispondenza delle
caldaie: lo Stampalia era stato
colpito da un siluro.
Temendo che le
caldaie, e magari anche i fusti di benzina, potessero esplodere, le scialuppe
si allontanarono quanto più possibile dal bastimento agonizzante, dirigendosi
verso terra. Gambinafici pensava di tornare a bordo qualora la situazione si
fosse “normalizzata”. Tutti i 34 membri dell’equipaggio dello Stampalia raggiunsero terra sani e
salvi, si registrarono solo pochi feriti lievi.
Il mattino del 15
aprile il comandante Gambinafici, il primo ufficiale, il nostromo ed il
carpentiere tornarono sul luogo del siluramento, per vedere cosa fosse successo
allo Stampalia. Lo trovarono
esattamente dove l’avevano lasciato: il piroscafo era affondato là dov’era
ancorato, sbandando sul lato sinistro, con la prua puntata verso il pontile di
Pasha Liman. Dall’acqua non emergevano che gli alberi. Il relitto giaceva nel
punto 40°20’ N e 19°26’ E.
Nello stesso attacco
aereo venne affondato anche un altro piroscafo, il Luciano, che esplose uccidendo 24 dei 35 membri del suo equipaggio.
Il relitto di un
mercantile semidistrutto (rimane solo parte di chiglia e scafo) e non
identificabile giace oggi in otto-dieci metri d’acqua vicino al punto dove
dovrebbe essere affondato lo Stampalia.
Il relitto dello Stampalia (foto scattata da Venanzo Falessi, per g.c. della nipote Sabrina Papi) |
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