La Cilicia con i colori del Lloyd Triestino (da “Trasporti marittimi
di linea” Vol. V, di Francesco Ogliari e Lamberto Radogna, via Guglielmo Lepre)
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Motonave da carico da
2747 tsl, 1613 tsn e 3393 tpl, lunga 89 m e larga 12,7, pescante 6,1 m, con velocità
11,5 nodi. Appartenente alla società Adriatica, immatricolata al 2165 del
Compartimento Marittimo di Genova, nominativo internazionale ICAN.
Breve e parziale cronologia.
1928
Costruita nel Cantiere
Navale Scoglio Olivi di Pola come Palestina, per il Lloyd Triestino (in origine
viene registrata al Compartimento Marittimo di Trieste). Ha due gemelle: Assiria e Caldea. Può trasportare undici passeggeri in cabina oltre a 4543
metri cubi di carico.
1935
Ribattezzata Cilicia.
1937
Trasferita alla
Società Anonima di Navigazione Adriatica, con sede a Venezia. Assegnata alla
linea numero 58, dal Tirreno alla Siria.
Marzo 1939
La linea servita
dalla Cilicia inizia ad essere
sottoposta a modifiche, con l’aggiunta, sempre più spesso, di soste in altri
porti.
Giugno 1940
A seguito
dell’entrata in guerra dell’Italia, alcune merci caricate sulla Cilicia a Marsiglia e destinate a Tel
Aviv vengono sequestrate a Napoli come prede di guerra: 13 casse di fili di
rayon (1411 kg in tutto) ordinate dalla Anglo Palestine Bank di Tel Aviv; due
casse di prodotti medici (58 kg in tutto) destinate al dottor Moses Leherer di
Tel Aviv; una cassa di termometri da 60 kg destinata a B. Goldenstein; due
colli di tessuti di cotone di 52.400 kg destinati alla Cultivated Home
Montefiorestreet di Tel Aviv; 20 colli di ovatta grigia di totali 1020 kg
destinati a L. Glickmann di Tel Aviv; 3030 kg di colla della Barclay Bank
D.C.O.; 479 kg di tessuti gommati; 2644 kg di filati di rayon (questi ultimi
tre carichi verranno dichiarati contrabbando di guerra).
Settembre-ottobre 1940
Inizia a compiere
viaggi straordinari verso le isole del Mar Egeo.
30 settembre 1940
Compie un viaggio da
Bari a Durazzo insieme al piroscafo Diana,
con la scorta dell’incrociatore ausiliario RAMB
III, per traffico civile.
1° novembre 1940
Requisita dalla Regia
Marina ed armata con un cannone da 120 mm e due mitragliere. Non iscritta nel
ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
5 dicembre 1940
Parte da Napoli per
Tripoli insieme alle motonavi Maria e
Marco Foscarini.
11 dicembre 1940
Il convoglio, dopo
essere stato inizialmente dirottato in un altro porto, raggiunge Tripoli.
14 dicembre 1940
La Cilicia (al comando del capitano
Pierellini), intenta a sbarcare a Tripoli un carico di tritolo, capsule e
miccia, viene colpita da una bomba dirompente ed incendiaria durante un attacco
aereo. Si sviluppano due violenti incendi, e le macchine vengono messe fuori
uso. Gli sforzi dell’equipaggio, che pompa a mano l’acqua necessaria per
spegnere le fiamme mediante la pompa di coperta e poi la trasporta con i
buglioli sino alle zone incendiate, permettono di salvare la nave.
28 marzo 1941
Giunge in serata a
Trieste proveniente da Tripoli, che ha lasciato dopo dei lavori di riparazione
provvisori dei danni subiti il 14 dicembre. L’equipaggio viene encomiato per la
condotta mantenuta.
L’affondamento
Alle due di notte del
27 agosto 1941 la Cilicia, al comando
del capitano Placido Fumia, salpò da Brindisi in convoglio con il piroscafo Alfredo Oriani e con la scorta della
torpediniera Antares. Sulla Cilicia, che trasportava 270 tonnellate
di munizioni, 500 di benzina in fusti, 1541 di provviste e 35 di autoveicoli,
erano imbarcati 34 civili e 24 militari.
Alle tre di notte del
28 agosto l’Antares, in base ad
ordini del Comando Marina di Brindisi, lasciò il convoglio e si allontanò verso
est.
Alle
13.45 dello stesso giorno quattro bombardieri britannici, sopraggiunti
provenendo da ovest, attaccarono il convoglio, mitragliando la plancia della Cilicia: la motonave rispose al fuoco
con le proprie mitragliere, poi i bombardieri compirono un secondo passaggio e
sganciarono 16 bombe, che caddero tutte in mare senza fare danni. La Cilicia lanciò subito, via radio,
l’allarme previsto per tali circostanze, e sia a Catania che a Bengasi fu
accusata ricevuta. Il comandante Fumia consultò gli altri ufficiali, poi decise
di fare rotta su Calamata per trarre in inganno i comandi britannici, essendo
evidente che il convoglio era stato individuato. Supermarina venne informata
della decisione con un telegramma.
Questa
scelta non valse, però, a salvare la nave. Alle 17.43 dello stesso 28 agosto il
sommergibile britannico Rorqual, al
comando del tenente di vascello Lennox William Napier, avvistò fumo su
rilevamento 220° ed accostò per avvicinarsi: ben presto Napier vide che il fumo
proveniva da due navi mercantili che procedevano senza scorta, ed alle 18.53 il
Rorqual iniziò la manovra d’attacco.
Alle 18.38 il sommergibile lanciò tre siluri contro la nave di testa – la Cilicia – da un chilometro di distanza.
Alle
18.42 Cilicia stava procedendo su
rotta 27° una quarantina di miglia a sud-sud-ovest miglia di Capo Galla
(Morea), quando il terzo ufficiale Carmelo Ratto, di guardia sull’aletta
sinistra di plancia, gridò al timoniere di mettere tutta la barra a dritta:
aveva avvistato le scie di siluri che venivano verso la nave, da circa 45° a
poppavia del traverso. Erano passati solo pochi istanti dall’ordine, quando la Cilicia venne colpita da due siluri sul
lato sinistro, in corrispondenza delle stive 2 e 3.
Da
bordo del Rorqual, la motonave sembrò
scomparire in una nube marrone-giallastra.
L’Oriani sparò alcuni colpi di cannone
verso la presunta posizione del sommergibile attaccante, poi proseguì verso
Calamata: entrambi i mercantili avevano ricevuto istruzione, prima della
partenza, di fare così qualora uno dei due fosse stato silurato.
La
manovra del piroscafo era stata molto azzeccata: se si fosse fermato a
soccorrere la Cilicia, infatti, il
mercantile sarebbe stato colpito dai tre siluri che il Rorqual, alle 19.40, gli aveva lanciato contro, essendo ormai molto
vicino.
Alle
19.42 il Rorqual, che dopo aver
lanciato contro l’Oriani era sceso
più in profondità, venne speronato dall’Oriani
stesso, che gli danneggiò entrambi i periscopi, costringendolo ad abbandonare
la missione ed a rientrare alla base.
La
Cilicia affondò in appena 50 secondi nel
punto 36°25’ N e 21°01’ E (o 36°00’ N e 21°30’ E), circa 40 miglia a
sud-sud-ovest dell’isola di Schiza, 130 miglia ad ovest di Creta ed a sudovest
di Navarino.
I
superstiti si arrampicarono su di una lancia e tre zatteroni, venuti a galla
dopo l’affondamento. Un altro, il dispensiere Mario Mazzorana, venne a galla
con un fusto di benzina, ma scomparve quasi subito alla vista degli altri.
Fu
constatato che, oltre a Mazzorana, mancavano all’appello altri quattro uomini:
tra questi anche il terzo ufficiale Ratto, l’autore dell’avvistamento dei
siluri. Tra i sopravvissuti, il comandante Fumia ed il direttore di macchina
Giovanni Rittmeyer erano seriamente ustionati, l’elettricista Amedeo Malle
sembrava aver subito delle lesioni interne, un marinaio della Regia Marina aveva
una gamba spezzata, ed il dispensiere Emilio Stocca presentava una profonda
ferita alla fronte.
Calò
poi il buio.
Per
evitare di perdersi di vista durante la notte, i naufraghi decisero di legare
gli zatteroni alla scialuppa, e poi di aspettare l’arrivo dei soccorsi.
All’alba
del 29, però, non si era ancora vista alcuna nave od aereo soccorritore.
Intorno alle otto del mattino un idrovolante italiano passò da nord verso sud,
ma molto lontano, senza avvistare i naufraghi. Gli uomini della Cilicia iniziarono a sentirsi
abbandonati a sé stessi. La riserva di acqua dolce e gallette era già calata
parecchio, e non sarebbe durata ancora a lungo. Date le sue condizioni, il
comandante Fumia affidò il comando al primo ufficiale Luciano Bertoli.
Non
era possibile usare la vela della scialuppa, perché non c’era vento; quando,
verso sera, venne avvistata terra di prua, i naufraghi si misero a remare
vigorosamente verso terra, ma dopo qualche ora dovettero rendersi conto con
sconcerto che non era stato altro che un miraggio.
Trascorse
un’altra notte, durante la quale i superstiti furono inzuppai da continui
scrosci di pioggia. Il mattino del 30 agosto i viveri erano quasi finiti, e le
condizioni dei feriti erano in continuo peggioramento. Dato che la scialuppa,
gravata dal peso delle zattere che rimorchiava, non poteva fare più di 0,5 nodi
in luogo dei 3 o 4 che avrebbe potuto raggiungere da sola, il primo ufficiale
Bertoli dovette giungere ad una decisione difficile: si consultò con gli altri
naufraghi e propose che la lancia avrebbe dovuto lasciare le zattere per
tentare di raggiungere l’isola di Sapienza, che, in base ai suoi calcoli, non
doveva distare più di venti miglia.
Quasi
tutti accettarono, più con rassegnazione che con speranza. Le zattere ed i 20 naufraghi
radunati su di esse, dopo essere state rifornite di acqua e gallette, furono
affidate al nostromo Adone Iacopini, cui fu raccomandato di tenerle in infilamento
con la terra, poi gli occupanti della lancia (33, tra cui i feriti) iniziarono
a remare vigorosamente.
Alle
13 del 30 agosto la scialuppa raggiunse l’isola greca di Schizza. Questa era
però deserta, quindi l’imbarcazione dovette ripartire alla volta dell’isola di
Metoni, dove approdarono sulla spiaggia intorno alle 17. Bertoli andò subito
nella locale stazione di vedetta, il cui comandante informò subito la
Capitaneria di Calamata. La risposta inviata da quella capitaneria fu, per
Bertoli e gli altri, un sollievo: nel pomeriggio la torpediniera Giacomo Medici (che era uscita in mare
non appena si era saputo del siluramento della Cilicia) aveva già recuperato tutti i 20 uomini rimasti sulle
zattere, portandoli poi in porto. In quel momento gli altri naufraghi della Cilicia erano già a bordo dell’Oriani, in navigazione da Calamata a
Patrasso.
Del
gruppo giunto a Metoni, i feriti vennero subito ricoverati nell’ospedale di
Pilos, da dove alle 8.30 del 31 agosto ripartirono insieme ai naufraghi illesi
alla volta di Calamata, dove vennero nuovamente ricoverati. A Calamata i
naufraghi della Cilicia vennero alloggiati
nei due alberghi della città e comprarono presso ditte locali indumenti per un
totale di 26.915 dracme, oltre a prelevare altre 15.000 dracme dall’agenzia
Eustation & Zervaki per i generi di prima necessità.
Il
1° settembre 1941 il primo ufficiale Bertoli, il secondo ufficiale ed il
radiotelegrafista vennero interrogati sull’accaduto, e l’indomani i naufraghi,
forniti di una scorta di due scatolette di carne e quattro gallette,
raggiunsero Patrasso con un vagone riservato. A Patrasso furono ospitati
sull’incrociatore ausiliario Città di
Genova fino al 4 settembre, quando, alle 13, furono trasferiti sul
piroscafo Argentina. Qui trovarono
gli altri superstiti, tra cui il nostromo Iacopini ed il direttore di macchina
Vittorio Loi. La sistemazione sull’Argentina
ebbe carattere d’emergenza, ed i naufraghi ricevettero così poco cibo che il
primo ufficiale Bertoli dovette prelevare delle razioni aggiuntive.
Il
5 settembre, alle 13, gli uomini della Cilicia
giunsero a Brindisi, dove vennero disinfestati nel locale Lazzaretto, per poi
essere alloggiati sulla motonave Calino,
anch’essa dell’Adriatica, dove poterono infine riposarsi. Il giorno seguente
Bertoli distribuì ai superstiti 1900 lire, come acconto sulle competenze.
Il
direttore di macchina Rittmeyer, guarito dalle ustioni, sarebbe stato assegnato
proprio alla Calino; ma non sarebbe
scampato anche a questo affondamento. Rittmeyer avrebbe trovato la morte sulla Calino nel gennaio 1943.
Dispersi
con la Cilicia
Mario Mazzorana, dispensiere, da Trieste
Dionisio Persano, cameriere, da Pozzolo Formigaro
Carmelo Ratto, terzo ufficiale di coperta, da Catania
Angelo Signorini, secondo capo cannoniere, 31
anni, da Gambellara
Giuseppe Testa, capitano d’artiglieria, 39
anni, da Canicattì
Il
siluramento del Cilicia nel giornale
di bordo del Rorqual (da Uboat.net):
"1843
hours - Sighted smoke bearing 220°. Altered course to close. The smoke was soon
afterwards seen to come from one large merchant vessel and one moderate large
merchant vessel. No escort was seen.
1853
hours - Started attack on the largest vessel.
1938
hours - Fired three torpedoes at the leading ship from 1100 yards. It is
thought that three hits were obtained.
1940
hours - The leading ship was seen to be hidden by yellowish-brown smoke.
Fired three torpedoes at the second ship. She was now very close.
Fired three torpedoes at the second ship. She was now very close.
1941
hours - Went deep.
1942
hours - Rorqual was rammed. The enemy
struck the periscope standards. Both periscopes were damaged. Rorqual remained deep until 2145 hours.
With all periscope now damaged and all torpedoes expended course was now set of
Alexandria."
Conosceva la moglie e il figlio che con me venne allIstituto Scilla di Venezia nel 1954 Anch'io sono un Orfano di Guerra e sono stato allo Scilla di Venezia dal 1954 al 1960.
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