Il varo della Monviso (g.c. Nedo B. Gonzales su www.naviearmatori.net)
|
Motonave da carico da
5322 tsl e 8600 tpl, lunga 133,60 metri, larga 17,80 e pescante 7,4, con
velocità massima di 16,5 nodi. Costruita nel 1941 per la Società Anonima di
Navigazione Alta Italia (con sede a Genova), iscritta con matricola 2314 al
Compartimento Marittimo di Genova.
Aveva due gemelle, Monginevro e Monreale, e faceva parte del primo gruppo di nuove, moderne, grandi
(8000-9000 tpl) e veloci (14-16 nodi a pieno carico) motonavi da carico
completate tra agosto e dicembre del 1941, e subito impiegate per la formazione
di convogli veloci di navi da carico, impossibili fino al loro arrivo.
L’impiego di Monviso, Monginevro e Monreale sarebbe
dovuto essere differente: il 6 settembre 1940, a seguito di studi avviati
subito dopo l’entrata in guerra, l’Ufficio Studi dello Stato Maggiore della
Regia Marina le aveva selezionate per la conversione in «navi corsare» («navi
ausiliarie atte per la guerra di corsa», precisamente), sull’esempio degli
analoghi incrociatori ausiliari tedeschi impiegati con un certo successo negli
oceani (tali unità, frutto della conversione di navi mercantili di dimensioni
medio-grandi, incrociavano in “caccia libera” facendosi passare per navi
mercantili Alleate o neutrali – l’armamento era nascosto –, avvicinavano in tal
modo mercantili Alleati, e li catturavano). Le tre motonavi furono scelte
perché rispondevano alle caratteristiche di medio tonnellaggio ed elevata
autonomia (12.000 miglia a 15 nodi con una scorta di 770 tonnellate di nafta,
che apposite modifiche – nuovi serbatoi ricavati sui paglioli delle stive e nei
gavoni di prua e di poppa, permettendo così di stivarvi ben 1730 tonnellate di
nafta – avrebbero potuto portare fino a 40.000 miglia, cioè cinque mesi di
navigazione senza rifornimento) richieste, oltre che ai requisiti strutturali
necessari per l’installazione di artiglierie (ponte ampio e sgombro, struttura
robusta); in quel momento la Monviso
si trovava in avanzato stato di costruzione, completa al 96 %. Si avviò uno
studio di fattibilità per la trasformazione.
Il progetto prevedeva
che le navi fossero armate con 6 cannoni da 152/40 mm con gittata 16.000 metri
(uno a prua, uno a poppa e due su ogni lato), due mitragliere binate da 37 mm
antiaeree ed antinave (da sistemare sul ponte lance a poppavia del fumaiolo),
due mitragliere contraeree da 20 mm (da collocare sul ponte lance o sul cielo
del ponte di comando, a fianco della bussola normale) e due tubi lanciasiluri
da 450 mm, uno per lato, da installare 5,50 metri sotto la linea di galleggiamento
(nella stiva, a pagliolo); sarebbe stato installato anche un impianto
nebbiogeno. L’equipaggio “corsaro” sarebbe stato composto da 96 uomini: 12
ufficiali, 10 sottufficiali, 14 tra marinai e meccanici, 42 marinai addetti ai
cannoni e 18 tra ufficiali, sottufficiali e marinai che avrebbero formato l’equipaggio
di preda da imbarcare sui mercantili catturati.
Le navi avrebbero
potuto imbarcare 200 granate da 152 mm, 3000 colpi per ciascuna canna da 37 mm,
6000 colpi per ciascuna canna da 20 mm, ed anche 100-150 mine tipo Elia (queste
ultime avrebbero trovato posto nelle stive poppiere, e per la posa sarebbero
state prelevate con picchi di carico e poi trasferite in coperta su apposite
ferroguide, anch’esse da installare a poppa). In vari punti della nave (carena
ed opera viva) sarebbero state predisposte cariche esplosive, in numero di 600,
per autoaffondare la nave in caso di grave danneggiamento o rischio di cattura.
Per garantire
l’autonomia alimentare dell’equipaggio per navigazioni della durata di diversi
mesi, sarebbero stati realizzati capienti depositi di provviste e farina, una
cella frigorifera, due forni per il pane e (nella stiva prodiera) una stalla
con una mezza dozzina di mucche da latte ed una gabbia con una cinquantina di
galline. Erano previste anche un’infermeria, una farmacia, un’officina ed un
deposito di pezzi di ricambio.
In un primo momento
si era pensato anche di dotare la nave di un idrovolante da ricognizione ad ali
ripiegabili, idea poi accantonata perché avrebbe comportato la realizzazione di
un deposito di carburante ed altre “infrastrutture” troppo dispendiose ed
ingombranti. Infine erano previste radio supplementari, l’installazione di un
proiettore per scoperta e di uno per segnali, e quella di un ecometro.
Questo progetto non
vide, tuttavia, mai la luce: venne abbandonato per problemi di natura tecnica,
finanziaria e politica (ma forse anche per il semplice motivo che “navi corsare”
come quelle tedesche potevano avere successo negli oceani, mentre sarebbe stato
pressoché impossibile un loro impiego nel Mediterraneo) e le tre motonavi
furono semplicemente adibite al trasporto di rifornimenti in Nordafrica,
compito per il quale vi era un disperato bisogno di navi moderne come la Monviso.
Breve e parziale cronologia.
1940
Impostata nei
Cantieri del Tirreno di Riva Trigoso (numero di cantiere 136).
5 dicembre 1940
Varata nei Cantieri
di Riva Trigoso.
Altre due immagini del varo (sopra: da “Riva Trigoso, il cantiere e la sua storia”, di E. Bo, via Franco Lena e www.naviearmatori.net; sotto: Nicola Ceragioli, da Flickr)
Luglio 1941
Completata per la
Società Anonima di Navigazione Alta Italia.
30 novembre 1941
Requisita a Genova
dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
3 gennaio 1942
La Monviso (avente a bordo un carico di 193
tonnellate di munizioni per le forze italiane e 43 per quelle tedesche, 2085
tonnellate di materiali vari per le forze italiane e 552 per quelle tedesche –
tra cui dieci cannoni tedeschi del Verladestab 683 –, 16 carri armati italiani
e 12 tedeschi, 38 automezzi italiani e 43 tedeschi, 1000 tonnellate di
carburante – tutto per le forze italiane – e 41 militari di passaggio, tutti
italiani) salpa da Taranto alle 15.06 insieme alla moderna motonave cisterna Giulio Giordani, con la scorta delle
torpediniere Castore, Orsa, Aretusa ed Antares
nell’ambito dell’operazione di rifornimento «M. 43». In tale operazione, Monviso, Giordani, Castore, Orsa, Aretusa ed Antares
compongono il convoglio numero 2; la «M. 43» prevede in tutto l’invio in Libia
di cinque grandi motonavi da carico ed una petroliera, tutte veloci (almeno 14
nodi) e di recente costruzione, con una scorta poderosa: oltre alle siluranti
di scorta di ciascun convoglio, vi sono una forza di “scorta diretta
incorporata nel convoglio” (ammiraglio di squadra Carlo Bergamini, con il
compito di respingere eventuali attacchi di formazioni leggere di superficie
come la Forza K) composta dalla corazzata Duilio
con gli incrociatori leggeri Emanuele
Filiberto Duca d’Aosta, Raimondo Montecuccoli, Muzio Attendolo e Giuseppe Garibaldi ed i cacciatorpediniere MaeStrale, Scirocco, Alfredo Oriani e Vincenzo Gioberti, ed un
gruppo d’appoggio a distanza (ammiraglio di squadra Angelo Iachino, con
l’incarico di proteggere il convoglio da un eventuale attacco in forze della
Mediterranean Fleet) formato dalle corazzate Littorio, Giulio Cesare
ed Andrea Doria, dagli incrociatori
pesanti Trento e Gorizia e dai cacciatorpediniere Aviere, Geniere, Carabiniere, Alpino, Camicia Nera, Ascari, Antonio Pigafetta ed Antonio
Da Noli. Alla scorta aerea concorrono la Regia Aeronautica (Armata Aerea e
Ricognizione Marittima) e la Luftwaffe (II Corpo Aereo Tedesco e X Corpo Aereo
Tedesco, di base l’uno in Sicilia e l’altro in Grecia) per effettuare
ricognizione sul porto della Valletta (Malta) e nelle acque di Alessandria,
bombardamenti preventivi sugli aeroporti maltesi e scorta di caccia,
antiaerosilurante ed antisommergibile sui cieli del convoglio nonché a
protezione delle navi impegnate nello scarico una volta giunte a Tripoli.
Completa il dispositivo di difesa la dislocazione di undici sommergibili sulle
probabili rotte che una ipotetica forza navale nemica dovrebbe percorrere per
attaccare il convoglio.
4 gennaio 1942
Tra le 4 e le 11,
come previsto, il convoglio 2 si unisce ai convogli 1 (motonavi Monginevro, Lerici e Nino Bixio,
cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, Nicoloso Da Recco, Antoniotto Usodimare, Bersagliere
e Fuciliere) e 3 (motonave Gino Allegri, cacciatorpediniere Freccia, torpediniera Procione), partiti rispettivamente da
Messina e Brindisi; si forma così un unico grande convoglio, il cui caposcorta
è il contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone sul Vivaldi. La III Divisione Navale (Trento e Gorizia) del
gruppo d’appoggio viene avvistata da un ricognitore britannico; da Malta
decolla una formazione aerea per attaccare, ma deve rientrare senza essere
riuscita a trovare il convoglio. Al tramonto il gruppo «Duilio» s’incorpora
nella formazione del convoglio, che durante la notte mette la prua su Tripoli.
5 gennaio 1942
Il gruppo «Duilio»
lascia il convoglio, che giunge indenne a Tripoli alle 12.30 senza aver subito
alcun attacco.
13 gennaio 1942
La Monviso e la gemella Monginevro salpano da Tripoli alle 16.30
per tornare vuote in Italia (la Monviso
lascia Tripoli alle 17.30, preceduta di un’ora dalla Monginevro), scortate dalle torpediniere Castore (caposcorta) e Procione
(fino a Marettimo, e poi di nuovo da Trapani). I cacciatorpediniere britannici Lance, Lively, Zulu e Jaguar sono inviati da Malta a cercare
il convoglio, avvistato al largo di Pantelleria, ma non lo trovano; dopo aver
superato senza danni un attacco da parte degli aerosiluranti dell’830th
Squadron della Fleet Air Arm, il convoglio fa scalo a Trapani, dove la Castore viene sostituita dal MaeStrale (che assume anche il ruolo di
caposcorta), e prosegue poi per Napoli.
17 gennaio 1942
Il convoglio giunge a
Napoli; la Monviso vi entra alle otto,
la Monginevro due ore dopo.
22 gennaio 1942
La Monviso (con un carico di 4377
tonnellate, ossia 16 carri armati italiani – peso complessivo 224 tonnellate –
e 12 tedeschi, 38 automezzi italiani – peso 166 tonnellate – e 57 tedeschi, 2942
tonnellate di carburante e materiali vari per le forze italiane e 1045 per
quelle tedesche, un ufficiale e 39 sottufficiali e soldati del Regio Esercito e
52 militari dell’Afrika Korps) ed un’altra moderna motonave, la Vettor Pisani, salpano da Messina per
Tripoli alle otto insieme al gruppo «Vivaldi» (formato dai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, Antonio Da Noli e Lanzerotto
Malocello della XIV Squadriglia, dai cacciatorpediniere Aviere, Geniere e Camicia Nera
della XIV Squadriglia e dalle torpediniere Castore
ed Orsa) incaricato della loro
scorta, il tutto nell’ambito
dell’operazione di traffico «T. 18», consistente nell’invio in Libia di 15.000
tonnellate di rifornimenti, 97 carri armati, 271 autoveicoli e 1467 uomini (una
intera divisione corazzata tedesca).
Nello stretto di
Messina si uniscono al convoglio (del quale la Monviso è capoconvoglio) altre due moderne motonavi, la Monginevro e la Ravello, provenienti da Napoli; il gruppo «Vivaldi» (al comando del
contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone) assume la scorta diretta delle quattro
navi. Da Taranto escono in mare anche la quinta nave del convoglio, il grande
trasporto truppe Victoria, ed i due
gruppi di scorta indiretta: l’«Aosta» (ammiraglio di divisione Raffaele De
Courten, partito alle 11) con gli incrociatori leggeri della VII Divisione (Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Raimondo
Montecuccoli, Muzio Attendolo)
e la XIII Squadriglia Cacciatorpediniere (Bersagliere,
Carabiniere, Fuciliere, Alpino) ed il
«Duilio» (ammiraglio di squadra Carlo Bergamini, partito alle 17 insieme alla Victoria) con la corazzata Duilio e la
XV Squadriglia Cacciatorpediniere (Antonio
Pigafetta, Alfredo Oriani, Ascari, Scirocco).
A protezione
dell’operazione, nove sommergibili sono dislocati ad est di Malta e tra Creta e
l’Egitto; la Regia Aeronautica e la Luftwaffe danno il loro contributo con
aerei da caccia (sempre presenti, nelle ore diurne, sul cielo del convoglio),
da ricognizione ed antisommergibile.
Poco dopo la partenza
la Ravello, colta da avaria al
timone, è costretta a tornare in porto; il resto del convoglio prosegue e si
unisce al gruppo «Aosta» nel pomeriggio del 22.
23 gennaio 1942
Alle 15, con un certo
ritardo ma approssimativamente nel punto prestabilito, il convoglio si unisce
anche al gruppo «Duilio»; le motonavi si dispongono su due colonne e la Victoria, divenuta nave capo convoglio,
si pone in testa alla colonna sinistra, mentre il gruppo «Vivaldi» si posiziona attorno ai mercantili ed i due gruppi
«Duilio» e «Aosta» si dispongono sui fianchi del convoglio.
Le navi seguono rotte
che passano a 190 miglia
da Malta, distanza che dovrebbe essere maggiore del raggio operativo degli
aerosiluranti di base a Malta ed in Cirenaica, 180 miglia ; la sera del
23 dovranno poi accostare verso Tripoli, mantenendo rotta tangente al cerchio
di 190 miglia
di raggio con centro Malta. In realtà, 190 miglia sono divenute
una distanza insufficiente, perché l’autonomia degli aerosiluranti britannici è
aumentata rispetto al passato e perché ora gli aerei possono decollare da nuove
basi cirenaiche, più avanzate di quanto ritenuto dai comandi italiani,
conquistate dai britannici con l’operazione «Crusader».
Già dal giorno
precedente, però, i comandi britannici sono a conoscenza dei movimenti
italiani: sommergibili in agguato nel golfo di Taranto hanno infatti segnalato
il passaggio del gruppo «Aosta», e nella serata e notte successive ricognitori
hanno individuato e pedinato il gruppo «Duilio».
Dopo la riunione, il
convoglio, che procede a 14 nodi sotto la protezione di nove Junkers Ju 88
della Luftwaffe, continua ad essere tallonato dai ricognitori: alle 15.50 uno
di essi viene avvistato 20.000
metri ad est della formazione. Ai ricognitori seguono
gli attacchi aerei: il primo si verifica alle 16.16, quando la Victoria viene mancata da alcune bombe
di piccolo calibro; poco dopo altre bombe di maggior calibro sono sganciate
contro il gruppo «Aosta» ma ancora senza risultato, grazie anche alla rabbiosa
reazione contraerea delle navi.
Su richiesta
dell’ammiraglio Bergamini, la scorta aerea viene rinforzata con altri tre Ju 88
del II Corpo Aereo Tedesco.
Alle 17.25 il
convoglio viene nuovamente attaccato da tre aerosiluranti, provenienti dalla
direzione del sole: le torpediniere (che si trovano su quel lato) aprono contro
di essi un intenso tiro, così che i velivoli, giunti a circa un chilometro
dalla scorta (e tre dalla Victoria),
scaricano in mare le loro armi, cabrano ed invertono la rotta (uno di essi sarà
poi abbattuto dagli Ju 88 della scorta aerea). Dapprima le navi italiane
pensano che i velivoli fossero bombardieri: solo quando il Vivaldi avvista le scie dei siluri ci si accorge della realtà. Alle
17.31 la Victoria viene colpita a
poppa da un siluro e rimane immobilizzata. Aviere,
Ascari e Camicia Nera si fermano per dare assistenza alla nave danneggiata,
mentre il resto del convoglio prosegue sulla sua rotta. Due nuovi attacchi di
aerosiluranti, alle 18.40 ed alle 18.45, daranno il colpo di grazia alla Victoria, che affonderà alle 19 con la
perdita di 391 dei 1455 uomini a bordo.
Il resto del convoglio
continua scortato dai gruppi «Vivaldi» ed «Aosta»; a notte fatta il gruppo
«Duilio» si sposta invece a nord del 36° parallelo ed ad est del 19° meridiano
per proteggere il convoglio da eventuali attacchi di navi di superficie
provenienti dal Mediterraneo Orientale. A partire dalle 21.44 si scatena un
crescendo di nuovi attacchi aerei sul convoglio: le navi vengono illuminate con
bengala e fuochi galleggianti al cloruro di calcio, bombardate, fatte oggetto
del lancio di siluri, ma la reazione del fuoco contraereo, le manovre evasive e
l’emissione di cortine nebbiogene permettono di evitare tutti i siluri e
sventare ogni attacco senza danni.
24 gennaio 1942
Alle 7.30 il
convoglio viene raggiunto dalle torpediniere Calliope e Perseo, venute
ad esso incontro da Tripoli; cinque minuti dopo il gruppo «Aosta» lascia la
scorta come previsto, e dopo altri cinque minuti sopraggiunge la scorta aerea
con caccia e ricognitori della Regia Aeronautica.
Alle 9 uno dei caccia
di scorta spara delle raffiche di mitragliera contro il mare, segnalando la
presenza di un sommergibile 4-5
km a dritta del convoglio: il contrammiraglio Nomis di
Pollone ordina un’accostata d’urgenza sulla sinistra, che permette alla Monviso di evitare di pochissimo un
siluro, che passa a non più di dieci metri dalla sua poppa. Castore, Geniere e Malocello,
unitamente a dei ricognitori, contrattaccano con bombe di profondità; al
termine della caccia si vedrà sulla superficie una chiazza di nafta, ma nessun
sommergibile è stato affondato.
Alle 14.15 il
convoglio entra a Tripoli, dove la Monviso
si ormeggia al Molo Cagni ed inizia subito a scaricare il carico; poco dopo il
porto libico subisce un violento bombardamento aereo, ma nessuna unità del
convoglio viene danneggiata.
5 febbraio 1942
La Monviso lascia Tripoli alle 18 per
tornare a Messina, scortata dal cacciatorpediniere Antonio Da Noli (caposcorta) e dalla vecchia torpediniera Generale Antonio Cantore.
Da Malta escono per
intercettare la nave i cacciatorpediniere britannici Lively e Zulu; non riescono
però a trovarla, ed affondano invece due piccole unità costiere, il Grongo e l’Aosta, incontrate al largo di Pantelleria.
6 febbraio 1942
Il sommergibile
britannico Uproar attacca
infruttuosamente il convoglio.
7 febbraio 1942
Intorno all’una di notte,
il convoglio viene attaccato da numerosi aerei, ma non subisce danni (un Fairey
Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air Arm, pilotato dal
sottotenente M. Swithinbank, viene anzi abbattuto, 30 miglia a nordest di Capo
Turgennes), e – superato indenne anche un attacco da parte del sommergibile Unbeaten – raggiunge Messina alle 14.30.
21 febbraio 1942
Alle 13.30 del 21
febbraio la Monviso parte da Corfù
per Tripoli insieme alla motonave Lerici
ed alla nave cisterna Giulio Giordani,
con la scorta dei cacciatorpediniere MaeStrale, Scirocco, Antonio Pigafetta (caposcorta, capitano di vascello Mirti della
Valle), Emanuele Pessagno ed Antoniotto Usodimare e della
torpediniera Circe: si tratta
del convoglio n. 2 (trasferitosi da Brindisi a Corfù nelle ore precedenti)
nell’ambito dell'operazione «K. 7», consistente nell’invio in Libia di due
convogli per totali sei mercantili (carichi complessivamente di 29.517
tonnellate di materiali, 113 carri armati, 575 veicoli e 405 uomini),
scortati da dieci cacciatorpediniere e due torpediniere. I convogli fruiscono
inoltre della scorta indiretta del gruppo «Gorizia» (ammiraglio di divisione
Angelo Parona; incrociatori pesanti Trento
e Gorizia, incrociatore leggero Bande Nere, cacciatorpediniere Alpino, Oriani e Da Noli) e del
gruppo «Duilio», formato dall’omonima corazzata (ammiraglio di squadra Carlo
Bergamini) insieme a quattro cacciatorpediniere (Aviere, Geniere, Ascari e Camicia Nera).
Sulla Monviso sono stati caricati cinque carri
armati, 115 automezzi, 3237 tonnellate di carburanti e lubrificanti e 328
tonnellate di materiali.
La Monviso in navigazione nel Mar Ionio, nel pomeriggio del 21 febbraio
1942 (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net)
|
22 febbraio 1942
Intorno alle 12.45,
180 miglia ad est di Malta, il convoglio n. 2 si accoda – con una manovra
piuttosto lenta – al convoglio n. 1 (motonavi Monginevro, Unione, Ravello, cacciatorpediniere Vivaldi, Zeno, Malocello, Premuda e Strale, torpediniera Pallade),
salpato da Messina e che è già stato raggiunto dai gruppi «Gorizia» e «Duilio»
(quest’ultimo segue il resto delle navi italiane a breve distanza). La
formazione assume rotta 184° e velocità 14 nodi; sin dalla prima mattina (e
fino alle 19.45) volano sul suo cielo aerei tedeschi Junkers Ju 88 e
Messerschmitt Bf 110 decollati dalla Sicilia per la sua scorta.
Dalle prime ore del
mattino compaiono anche ricognitori britannici, che segnalano il convoglio agli
aerei di base a Malta; tra le 14 e le 16 si verifica un attacco aereo, che i
velivoli della Luftwaffe respingono, abbattendo tre degli aerei attaccanti ed
impedendo agli altri di portare a fondo l’attacco (tranne un Boeing B 17 che
lancia delle bombe di piccolo calibro contro la Duilio, senza colpirla). Quando l’ammiraglio Bergamini chiede altri
aerei mediante il collegamento radio diretto, la richiesta viene prontamente
soddisfatta.
La sera del 22, in
base agli ordini ricevuti, il gruppo «Duilio» lascia i convogli, che proseguono
con la scorta diretta ed il gruppo «Gorizia».
Nella notte seguente
il convoglio, che è rimasto diviso in due gruppi (cioè i convogli 1 e 2, che
procedono uno dietro l’altro ma separati), viene più volte sorvolato da dei
bengalieri nemici (tra le 00.30 e le 5.30 del 23 dei bengala si accendono sul
cielo dei convogli), ma non subisce danni, grazie alle manovre ed all’emissione
di cortine fumogene.
23 febbraio 1942
Poco dopo le otto del
mattino sopraggiungono due torpediniere inviate da Marilibia in rinforzo alla
scorta, cui l’ammiraglio Parona ordina di unirsi al gruppo «Vivaldi». La
foschia impedisce ai due convogli, distanti solo 8-9 miglia, di vedersi, ed
alla scorta aerea della Luftwaffe di trovare le navi; le trovano invece, ma
solo quelle del gruppo «Gorizia», i caccia italiani FIAT CR. 42 inviati
anch’essi per la scorta.
Alle 10.14 del
mattino, una novantina di miglia ad est di Tripoli ed al largo di Capo
Misurata, la Circe localizza con
l’ecogoniometro il sommergibile britannico P
38, che sta tentando di attaccare il convoglio (poco dopo ne viene
avvistato anche il periscopio, che però subito scompare poiché il sommergibile,
capendo di essere stato individuato, s’immerge a profondità maggiore), e, dopo
aver ordinato al convoglio di virare a dritta, alle 10.32 lo bombarda con bombe
di profondità, arrecandogli gravi danni. Subito dopo il P 38 affiora in superficie, per poi riaffondare subito: a questo
punto si uniscono alla caccia anche l’Usodimare
ed il Pessagno, che gettano altre
cariche di profondità, e, insieme ad aerei della scorta, mitragliano il
sommergibile. L’attacco è tanto violento e confuso che un marinaio, su una
delle navi italiane, rimane ucciso dal tiro delle mitragliere, e la Circe deve richiamare le altre unità al
loro posto per poter proseguire nella sua azione. Dopo questi ulteriori
attacchi, la Circe effettua un nuovo
attacco con bombe di profondità, ed alle 10.40 il sommergibile affiora di nuovo
con la poppa, fortemente appruato, le eliche che girano all’impazzata ed i
timoni orientati a salire, per poi affondare di prua con l’intero equipaggio in
posizione 32°48’ N e 14°58’ E. Un’ampia chiazza di carburante, rottami e resti
umani marcano la tomba dell’unità britannica.
Nel frattempo, alle
10.30, lo Scirocco (come stabilito in
precedenza) lascia la scorta del convoglio numero 2 e si aggrega al gruppo
«Gorizia», che, essendo ormai il convoglio vicino a Tripoli, e non
presentandosi più rischi di attacchi di navi di superficie, si avvia sulla
rotta di rientro.
I convogli giungono
indenni a Tripoli tra le 16 e le 16.40 del 23.
9 marzo 1942
La Monviso lascia Tripoli alle 19.30,
diretta a Palermo con la scorta della torpediniera Pallade e del cacciatorpediniere Antonio Da Noli (caposcorta). Il convoglio è denominato «IOTA».
Sulla Monviso sono imbarcati anche 44
ebrei anglo-libici, inviati verso campi d’internamento in Italia.
10 marzo 1942
Alle 9.30, al largo
di Lampione, il convoglio viene attaccato da un sommergibile, ma evita i siluri
con la manovra, dopo di che la Pallade
dà la caccia all’attaccante.
A Trapani si unisce
alla scorta la torpediniera Centauro.
11 marzo 1942
Il convoglio giunge a
Palermo alle 2.15.
3 aprile 1942
La Monviso salpa da Messina per Tripoli
alle 00.30 insieme alla motonave Nino
Bixio, scortata dai cacciatorpediniere Emanuele
Pessagno, Folgore e Premuda e dalla torpediniera Centauro, nell’ambito dell’operazione di
traffico «Lupo». Alle cinque del mattino il Premuda
lascia il convoglio.
Tre ore dopo, una
sessantina di miglia ad est di Capo Murro di Porco, il convoglio che comprende
la Monviso si unisce – come
prestabilito – ad un secondo proveniente da Taranto e composto dalle motonavi Lerici ed Unione, scortate dai cacciatorpediniere Antonio Pigafetta (caposcorta), Antonio
Da Noli ed Euro e dalla
torpediniera Pallade. Si forma così
un unico convoglio, che imbocca una rotta che passa a 110 miglia da Malta per
raggiungere Tripoli.
Al tramonto si
aggregano al convoglio anche le motonavi Gino
Allegri e Monreale, provenienti da
Augusta con la scorta dei cacciatorpediniere Freccia e Nicolò Zeno.
4 aprile 1942
Il convoglio viene
avvistato da ricognitori britannici e sottoposto a diversi attacchi aerei, ma
non subisce alcun danno e giunge a Tripoli tra le 9 e le 10.30.
17 aprile 1942
La Monviso e la motonave Lerici lasciano Tripoli alle 15,
scortate dai cacciatorpediniere Freccia
(caposcorta) e Mitragliere e dalla
torpediniera Pegaso.
Il convoglio viene
dirottato verso la Grecia a seguito dell’affondamento, sulla stessa rotta, del
piroscafo tedesco Bellona da parte di
un sommergibile britannico (il Torbay);
poi viene diviso in base alla destinazione: Monviso
e Mitragliere verso Brindisi, Lerici e Freccia verso Taranto.
19 aprile 1942
Monviso e Mitragliere arrivano
a Brindisi alle 13.30.
30 aprile 1942
La Monviso e la motonave tedesca Ankara salpano da Brindisi alle 8.30,
dirette a Bengasi con la scorta dei cacciatorpediniere Saetta (caposcorta) e Strale
e della torpediniera Orsa.
2 maggio 1942
Il convoglio arriva a
Bengasi tra le 10 e le 15.15.
8 maggio 1942
La Monviso lascia Bengasi alle 19.45 per
rientrare a Taranto, scortata dal cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta) e dalla torpediniera Pegaso.
9 maggio 1942
Alle 21, al largo
della Cirenaica, il convoglio di cui fa parte la Monviso si unisce ad un altro formato dalla motonave tedesca Ankara e dal cacciatorpediniere Turbine. A mezzanotte, il Vivaldi lascia la scorta diretto a
Messina.
10 maggio 1942
All’alba, Monviso ed Ankara si separano di nuovo, dirette l’una a Taranto e l’altra a
Brindisi. La Monviso, senza più
scorta (Turbine e Pegaso sono rimaste con l’Ankara), arriva a Taranto alle 11.45.
23 maggio 1942
Monviso ed Ankara partono da
Brindisi alle 10.30, dirette a Bengasi. Le scortano i cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta) e Saetta.
24 maggio 1942
Avvistato da
ricognitori, il convoglio subisce pesanti attacchi aerei dalle 00.30 alle due
di notte, ma non subisce danni.
Alle 18 un
sommergibile lancia due siluri, che il convoglio evita con la manovra.
25 maggio 1942
Il convoglio arriva a
Bengasi alle 14.
9 giugno 1942
La Monviso salpa da Bengasi alle 5.30,
diretta a Taranto con circa 200 prigionieri a bordo; la scorta è costituita dai
cacciatorpediniere Freccia
(caposcorta) ed Euro, e dalla
torpediniera Pallade.
10 giugno 1942
A seguito della
segnalazione dell’avvistamento di un sommergibile nemico, il convoglio viene
temporaneamente dirottato a Tripoli, dove giunge alle 20.45 e sosta per alcune
ore.
11 giugno 1942
Il convoglio riparte
da Gallipoli alle due di notte, e giunge a Taranto alle 9.30.
La Monviso nel giugno 1942 (Archivio Centrale dello Stato).
|
2 luglio 1942
Parte da Taranto alle
13 insieme all’Ankara ed alla Nino Bixio, con una nutrita scorta di
ben otto unità: i cacciatorpediniere Giovanni
Da Verrazzano (caposcorta), Euro
e Turbine e le torpediniere Castore, Polluce, Antares, Pegaso e San Martino. Si tratta del primo importante convoglio dopo la
riconquista di Tobruk da parte dell’Asse, con un carico complessivo di 8182
tonnellate di munizioni e materiali, 1247 tonnellate di carburanti e
lubrificanti, sette carri armati e 439 veicoli; la Monviso ha a bordo 128 automezzi, due carri armati, 300 tonnellate
di carburanti e lubrificanti e 3020 tonnellate di altri materiali (tra cui
materiale d’artiglieria e munizioni), oltre a 165 militari.
Già alle 14.18 il
servizio di decrittazione britannico “ULTRA” intercetta e decifra un messaggio
codificato dalla macchina “Enigma”, apprendendo così della partenza del
convoglio; successive decrittazioni precisano la composizione della scorta e la
rotta che il convoglio seguirà (rotte costiere e di sicurezza fino alle 4.30
del 3 luglio, quando Sagittario e San Martino si devono unire alla scorta,
dopo aver completato un rastrello in quelle acque; indi riunione con convoglio
che deve passare probabilmente a sudovest di Capo Gherogambo). Vengono dunque
disposti attacchi aerei contro il convoglio, ed un ricognitore viene inviato a
cercarlo, in base alle informazioni di “ULTRA”, per precisarne meglio la
posizione.
Tuttavia, anche
l’Ufficio Beta del Servizio Informazioni Segrete (il servizio segreto della
Regia Marina) è al lavoro: la sera del 2 luglio gli uomini del SIS intercettano
e decrittano un messaggio radio inviato alle 20.40 da Malta ai ricognitori YU3Y
e 86KK, con l’ordine di cambiare rotta e cercare 30 miglia più ad est delle
posizioni assegnate. Il messaggio è codificato col sistema SYKO, che i
decrittatori del SIS sono riusciti a decifrare; inoltre, rilevazioni
radiogoniometriche permettono di localizzare i ricognitori britannici (a 150
miglia per 350° da Bengasi l’uno, a 90 miglia per 350° da Bengasi l’altro).
Alle 21.40, così, Supermarina invia al convoglio della Monviso un messaggio PAPA (Precedenza Assoluta sulle Precedenze
Assolute) ed informa il capoconvoglio che i britannici conoscono la loro
posizione: in tal modo, il capoconvoglio cambia rotta.
3 luglio 1942
Nonostante il
cambiamento di rotta, alle 3.30 il ricognitore H3TL riesce a trovare il
convoglio, e lo comunica per radio a Malta. Di nuovo, però, il SIS intercetta e
decifra il messaggio, e nel giro di mezz’ora Supermarina invia un nuovo
avvertimento al convoglio, che cambia di nuovo rotta. La mattina ed il
pomeriggio il convoglio procede senza incontrare forze britanniche.
Alle 15.13 ed alle
16.13, però, il SIS intercetta nuovi messaggi in codice britannici, e scopre
che da Malta sono decollati otto aerosiluranti Bristol Beaufort.
Infatti il convoglio
è stato avvistato da ricognitori nel pomeriggio, ed alle 18.30 sono decollati
per attaccarlo otto aerosiluranti Bristol Beaufort, scortati da cinque caccia
Bristol Beaufighteer; due degli aerei, però, non sono riusciti a decollare, ed
altri due sono stati costretti a tornare indietro poco dopo il decollo. I
rimanenti attaccano il convoglio alle 20.10, da est, provenendo dalla direzione
opposta del crepuscolo e delle navi della scorta. Due aerei attaccano il
mercantile al centro (la Bixio),
altri due il mercantile di coda; questi ultimi due vengono abbattuti dal tiro
contraereo (per altra fonte i Beaufort attaccanti erano sei, di cui tre
abbattuti). Nonostante la coordinazione con i Beaufighters, che mitragliano le
navi per contrastare il loro tiro contraereo, l’attacco britannico fallisce
completamente: nessuna nave è colpita.
(Secondo una fonte, sempre
in serata il convoglio viene attaccato da tre aerosiluranti Vickers Wellington,
guidati da un Wellington VIII dotato di radar ASV – Air to Surface Vessel, per
l’individuazione delle navi da parte di un aereo –, ma anche in questo caso non
vengono subiti danni. È però probabile una confusione col successivo attacco di
Wellington del 4 luglio).
4 luglio 1942
Alle 00.18 ed alle
00.42 il ricognitore N1KL invia due segnali di scoperta del convoglio, seguiti
all’una di notte da un terzo segnale, lanciato dal ricognitore ZZ7P. Sono
decollati da Malta cinque velivoli Vickers Wellington, due dei quali armati con
siluri e tre con bombe da 227 kg: la scorta del convoglio, però, occulta i
mercantili con cortine fumogene, e gli attaccanti devono sganciare bombe e
siluri pressoché a caso, senza riuscire a vedere i bersagli. Nessuna bomba o
siluro va a segno.
Nella mattinata del 4
luglio, nuovo attacco: stavolta da parte di tre Wellington e tre bombardieri
quadrimotori Consolidated B-24 “Liberator”, tutti della Royal Air Force,
decollati dall’Egitto. I Wellington non riescono a trovare il convoglio; i B-24
invece sì, ma le loro bombe non vanno a segno.
Alle 11.10 il
sommergibile britannico Turbulent
(capitano di fregata John Wallace Linton) avvista alberature verso nord,
trovandosi nel punto 33°30’ N e 20°30’ E (circa 80 miglia a nord di Bengasi);
manovra per avvicinarsi, e alle 11.25 avvista il convoglio, che è scortato
anche da almeno tre aerei. Alle 11.41 la scorta localizza il Turbulent, costringendolo ad abortire
l’attacco, e sette minuti dopo, nel punto 33°28’ N e 20°28’ E, ha inizio il
bombardamento con cariche di profondità: il primo “pacchetto” di sei bombe
esplode molto vicino, ma causa solo danni lievi, poi ne vengono gettate molte
altre, che però scoppiano più distanti. Ma l’attacco è sventato.
Alle 14.15 l’Ankara viene mancata da siluri al largo
di Bengasi.
Le navi arrivano
indenni a Bengasi alle 18.45.
11 luglio 1942
Monviso e Bixio, cariche ciascuna
di 3000 prigionieri nonché di carri armati britannici catturati, lasciano
Bengasi alle 17 per tornare a Brindisi, costituendo il convoglio «Y» scortato
dai cacciatorpediniere Freccia
(caposcorta), Folgore e Lampo e dalle torpediniere Orsa, Pallade e Calliope.
13 luglio 1942
Il convoglio arriva a
Brindisi alle 13.50.
Un’altra foto del giugno 1942: si nota, in particolare, un aerofono sulla prua, accanto alle mitragliere contraeree (Archivio Centrale dello Stato). |
L’affondamento
Il 27 luglio 1942,
alle 15.15, la Monviso lasciò Brindisi
per un altro viaggio alla volta di Bengasi, scortata dal cacciatorpediniere Freccia e dalla torpediniera Calliope. Sulla motonave erano state
caricate 2860 tonnellate di materiali vari, 400 tonnellate di carburante per le
forze italiane, 200 tonnellate di carburante per le forze tedesche, 6
motocarrelli, 120 automezzi, 7 autoblindo tedesche e 11 carri armati italiani.
Alle sette del
mattino del giorno seguente il convoglio fu avvistato da un caccia Supermarine
Spitfire del 69th Squadron AF in ricognizione al largo della Grecia
meridionale, ed alle 12.12, sette miglia a sud dell’isola di Sapienza, venne
attaccato da una formazione di aerei britannici. I velivoli – decollati da
Malta alle 9.10 – erano nove Bristol Beaufort, sei dei quali armati con siluri
e tre con bombe da 113 kg (questi ultimi appartenevano dall’86th
Squadron RAF ed erano guidati capitano Donald Charles Sharman), e sei caccia
Bristol Beaufighter, accompagnati da un ricognitore Martin Baltimore (del 69th
Squadron RAF) per l’osservazione; li guidava il tenente colonnello Reginald
Patrick Mahoney Gibbs.
La scorta aerea del
convoglio era costituita da un idrovolante CANT Z. 506B della 139a
Squadriglia della Regia Aeronautica (tenente Gaetano Mastrocasa) ed un
bombardiere Junkers Ju 88 della Luftwaffe; nelle vicinanza stava inoltre
volando una pattuglia di tre caccia Macchi Mc 200 del 7° Gruppo della Regia
Aeronautica, pilotati dal capitano Fiacchino, dal sottotenente Maddaloni e dal
sergente Piazza.
Tre dei Beaufighter
si tennero sul cielo del convoglio per copertura ad alta quota, mentre gli
altri tre scesero a bassa quota e mitragliarono le navi, compresa la Monviso, per ostacolare il loro tiro
contraereo (per altra fonte furono due i Beaufighter per la copertura ad alta
quota e quattro quelli assegnati al mitragliamento); subito dopo, i Beaufort
armati con bombe le sganciarono, infruttuosamente, contro il Freccia. Per ultimi attaccarono i
Beaufort dotati di siluri, da entrambi i lati, tre per lato (tre erano guidati
dal capitano A. T. Tony Leaning, gli altri tre da Gibbs in persona).
Freccia e Calliope abbatterono
un Beaufort ciascuno con il loro fuoco (l’AW296 del 217th Squadron
RAF, pilotato dal sergente maggiore J. R. Dawson, venne colpito al motore
sinistro mentre attacca e fu costretto ad ammarare, con la morte di uno dei
quattro membri dell’equipaggio; l’altro aereo abbattuto era l’L9820 del 217th
Squadron, pilotato dal tenente T. Strever, colpito in entrambi i motori e
costretto all’ammaraggio con un ferito, ma il suo abbattimento viene attribuito
al Macchi del sottotenente Maddaloni anziché alla contraerea delle navi), ma la
Monviso, mancata di poco da diverse
bombe, fu colpita da un siluro (a centro nave, sulla dritta), sebbene i danni
non furono gravi (secondo fonti britanniche scoppiò anche un incendio, che
venne però domato). Si rese però necessario il rimorchio a Navarino; vi
provvide il Freccia, mentre la Calliope recuperò i tre uomini che
componevano l’equipaggio di uno degli aerei abbattuti (l’equipaggio dell’altro
venne invece tratto in salvo da un idrovolante CANT Z. 506). Terminato
l’attacco, gli Mc 200 della scorta aerea attaccarono i bombardieri,
danneggiandone uno, ma subendo a loro volta il danneggiamento di un velivolo.
Un ricognitore Caproni Ca 310 sopraggiunse mentre il Baltimore stava per
andarsene e lo attaccò, danneggiandolo, finché tutte le mitragliatrici si
incepparono.
La Monviso giunse a Navarino nel tardo
pomeriggio. Alle 19.27 dello stesso 28 luglio “ULTRA”, che non aveva avuto
ruolo nella preparazione dell’attacco aereo, informò il Cairo che la nave era
stata danneggiata e rimorchiata a Navarino. Un successivo dispaccio “ULTRA”
aggiunse che la nave sarebbe stata riparata e poi sarebbe proseguita nel
viaggio (un’ultima decrittazione di “ULTRA”, delle 12.30 del 3 agosto, avrebbe
poi precisato che l’arrivo della nave era in realtà previsto per il 2).
Il 2 agosto, dopo
aver provveduto a delle sommarie riparazioni, la Monviso ripartì da Navarino alle 17.40, sempre diretta a Bengasi.
La scorta era cambiata: non più Freccia
e Calliope bensì due più moderni
cacciatorpediniere, l’Alpino
(caposcorta) ed il Corazziere. Alle 15.20
(o 15.25) del 3 agosto, però, la Monviso
venne scossa da due esplosioni, si rovesciò sul lato di dritta, ed affondò ad otto
miglia per 333° da (a nordovest di) Sidi Sueicher, 16 miglia a nordovest di
Bengasi.
La torpediniera Pegaso e la motovedetta Cotugno della Guardia di Finanza,
inviate da Bengasi per i soccorsi, recuperarono 241 sopravvissuti su 247 uomini
imbarcati sulla Monviso; le vittime furono
sei.
Le esplosioni furono,
sul momento, attribuite a siluri lanciati da sommergibile, tanto che Alpino e Corazziere, da poco dotati di ecogoniometro (ma quello del Corazziere non funzionava),
contrattaccarono con lanci di bombe di profondità, finché Supermarina non
ordinò loro di rientrare a Navarino ed inviò sul posto la torpediniera Pegaso per proseguire la caccia.
Dal momento che
l’unico sommergibile britannico operante nelle acque della Cirenaica era il Thorn (capitano di corvetta Robert
Galliano Norfolk), che non comunicò più con la base dopo la partenza e non
rientrò mai da quella missione (fu affondato con tutto l’equipaggio tre giorni
più tardi, il 6 agosto, proprio dalla Pegaso,
ma in acque molto lontane: al largo di Gaudo, a sud di Creta), per lungo tempo
l’affondamento della Monviso è stato
attribuito al Thorn. Questi, però,
aveva ordine di restare in agguato al largo di Tobruk – cioè a 200 miglia di
distanza dal luogo in cui fu affondata la Monviso
– fino al 6 agosto, per poi spostarsi al largo di Capo Matapan: è quindi molto
improbabile che il 3 agosto si potesse trovare al largo di Sidi Sueicher. Sembra
oggi probabile che la Monviso affondò
in realtà per urto contro mine, e che la presenza di un sommergibile fosse
semplicemente una impressione errata (caso non infrequente in guerra) della
scorta.
La Monviso in affondamento (da “Navi mercantili perdute” di Rolando Notarangelo e Gian Paolo Pagano, USMM, Roma 1997) |
Nessun commento:
Posta un commento