mercoledì 18 maggio 2016

Monviso

Il varo della Monviso (g.c. Nedo B. Gonzales su www.naviearmatori.net

Motonave da carico da 5322 tsl e 8600 tpl, lunga 133,60 metri, larga 17,80 e pescante 7,4, con velocità massima di 16,5 nodi. Costruita nel 1941 per la Società Anonima di Navigazione Alta Italia (con sede a Genova), iscritta con matricola 2314 al Compartimento Marittimo di Genova.
Aveva due gemelle, Monginevro e Monreale, e faceva parte del primo gruppo di nuove, moderne, grandi (8000-9000 tpl) e veloci (14-16 nodi a pieno carico) motonavi da carico completate tra agosto e dicembre del 1941, e subito impiegate per la formazione di convogli veloci di navi da carico, impossibili fino al loro arrivo.

L’impiego di Monviso, Monginevro e Monreale sarebbe dovuto essere differente: il 6 settembre 1940, a seguito di studi avviati subito dopo l’entrata in guerra, l’Ufficio Studi dello Stato Maggiore della Regia Marina le aveva selezionate per la conversione in «navi corsare» («navi ausiliarie atte per la guerra di corsa», precisamente), sull’esempio degli analoghi incrociatori ausiliari tedeschi impiegati con un certo successo negli oceani (tali unità, frutto della conversione di navi mercantili di dimensioni medio-grandi, incrociavano in “caccia libera” facendosi passare per navi mercantili Alleate o neutrali – l’armamento era nascosto –, avvicinavano in tal modo mercantili Alleati, e li catturavano). Le tre motonavi furono scelte perché rispondevano alle caratteristiche di medio tonnellaggio ed elevata autonomia (12.000 miglia a 15 nodi con una scorta di 770 tonnellate di nafta, che apposite modifiche – nuovi serbatoi ricavati sui paglioli delle stive e nei gavoni di prua e di poppa, permettendo così di stivarvi ben 1730 tonnellate di nafta – avrebbero potuto portare fino a 40.000 miglia, cioè cinque mesi di navigazione senza rifornimento) richieste, oltre che ai requisiti strutturali necessari per l’installazione di artiglierie (ponte ampio e sgombro, struttura robusta); in quel momento la Monviso si trovava in avanzato stato di costruzione, completa al 96 %. Si avviò uno studio di fattibilità per la trasformazione.
 

La Monviso appena varata (da www3.comune.sestri-levante.ge.it) 
Il progetto prevedeva che le navi fossero armate con 6 cannoni da 152/40 mm con gittata 16.000 metri (uno a prua, uno a poppa e due su ogni lato), due mitragliere binate da 37 mm antiaeree ed antinave (da sistemare sul ponte lance a poppavia del fumaiolo), due mitragliere contraeree da 20 mm (da collocare sul ponte lance o sul cielo del ponte di comando, a fianco della bussola normale) e due tubi lanciasiluri da 450 mm, uno per lato, da installare 5,50 metri sotto la linea di galleggiamento (nella stiva, a pagliolo); sarebbe stato installato anche un impianto nebbiogeno. L’equipaggio “corsaro” sarebbe stato composto da 96 uomini: 12 ufficiali, 10 sottufficiali, 14 tra marinai e meccanici, 42 marinai addetti ai cannoni e 18 tra ufficiali, sottufficiali e marinai che avrebbero formato l’equipaggio di preda da imbarcare sui mercantili catturati.
Le navi avrebbero potuto imbarcare 200 granate da 152 mm, 3000 colpi per ciascuna canna da 37 mm, 6000 colpi per ciascuna canna da 20 mm, ed anche 100-150 mine tipo Elia (queste ultime avrebbero trovato posto nelle stive poppiere, e per la posa sarebbero state prelevate con picchi di carico e poi trasferite in coperta su apposite ferroguide, anch’esse da installare a poppa). In vari punti della nave (carena ed opera viva) sarebbero state predisposte cariche esplosive, in numero di 600, per autoaffondare la nave in caso di grave danneggiamento o rischio di cattura.
Per garantire l’autonomia alimentare dell’equipaggio per navigazioni della durata di diversi mesi, sarebbero stati realizzati capienti depositi di provviste e farina, una cella frigorifera, due forni per il pane e (nella stiva prodiera) una stalla con una mezza dozzina di mucche da latte ed una gabbia con una cinquantina di galline. Erano previste anche un’infermeria, una farmacia, un’officina ed un deposito di pezzi di ricambio.
In un primo momento si era pensato anche di dotare la nave di un idrovolante da ricognizione ad ali ripiegabili, idea poi accantonata perché avrebbe comportato la realizzazione di un deposito di carburante ed altre “infrastrutture” troppo dispendiose ed ingombranti. Infine erano previste radio supplementari, l’installazione di un proiettore per scoperta e di uno per segnali, e quella di un ecometro.

Questo progetto non vide, tuttavia, mai la luce: venne abbandonato per problemi di natura tecnica, finanziaria e politica (ma forse anche per il semplice motivo che “navi corsare” come quelle tedesche potevano avere successo negli oceani, mentre sarebbe stato pressoché impossibile un loro impiego nel Mediterraneo) e le tre motonavi furono semplicemente adibite al trasporto di rifornimenti in Nordafrica, compito per il quale vi era un disperato bisogno di navi moderne come la Monviso.

Breve e parziale cronologia.

1940
Impostata nei Cantieri del Tirreno di Riva Trigoso (numero di cantiere 136).
5 dicembre 1940
Varata nei Cantieri di Riva Trigoso.


Altre due immagini del varo (sopra: da “Riva Trigoso, il cantiere e la sua storia”, di E. Bo, via Franco Lena e www.naviearmatori.net; sotto: Nicola Ceragioli, da Flickr)


Luglio 1941
Completata per la Società Anonima di Navigazione Alta Italia.
30 novembre 1941
Requisita a Genova dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
3 gennaio 1942
La Monviso (avente a bordo un carico di 193 tonnellate di munizioni per le forze italiane e 43 per quelle tedesche, 2085 tonnellate di materiali vari per le forze italiane e 552 per quelle tedesche – tra cui dieci cannoni tedeschi del Verladestab 683 –, 16 carri armati italiani e 12 tedeschi, 38 automezzi italiani e 43 tedeschi, 1000 tonnellate di carburante – tutto per le forze italiane – e 41 militari di passaggio, tutti italiani) salpa da Taranto alle 15.06 insieme alla moderna motonave cisterna Giulio Giordani, con la scorta delle torpediniere Castore, Orsa, Aretusa ed Antares nell’ambito dell’operazione di rifornimento «M. 43». In tale operazione, Monviso, Giordani, Castore, Orsa, Aretusa ed Antares compongono il convoglio numero 2; la «M. 43» prevede in tutto l’invio in Libia di cinque grandi motonavi da carico ed una petroliera, tutte veloci (almeno 14 nodi) e di recente costruzione, con una scorta poderosa: oltre alle siluranti di scorta di ciascun convoglio, vi sono una forza di “scorta diretta incorporata nel convoglio” (ammiraglio di squadra Carlo Bergamini, con il compito di respingere eventuali attacchi di formazioni leggere di superficie come la Forza K) composta dalla corazzata Duilio con gli incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Raimondo Montecuccoli, Muzio Attendolo e Giuseppe Garibaldi ed i cacciatorpediniere MaeStrale, Scirocco, Alfredo Oriani e Vincenzo Gioberti, ed un gruppo d’appoggio a distanza (ammiraglio di squadra Angelo Iachino, con l’incarico di proteggere il convoglio da un eventuale attacco in forze della Mediterranean Fleet) formato dalle corazzate Littorio, Giulio Cesare ed Andrea Doria, dagli incrociatori pesanti Trento e Gorizia e dai cacciatorpediniere Aviere, Geniere, Carabiniere, Alpino, Camicia Nera, Ascari, Antonio Pigafetta ed Antonio Da Noli. Alla scorta aerea concorrono la Regia Aeronautica (Armata Aerea e Ricognizione Marittima) e la Luftwaffe (II Corpo Aereo Tedesco e X Corpo Aereo Tedesco, di base l’uno in Sicilia e l’altro in Grecia) per effettuare ricognizione sul porto della Valletta (Malta) e nelle acque di Alessandria, bombardamenti preventivi sugli aeroporti maltesi e scorta di caccia, antiaerosilurante ed antisommergibile sui cieli del convoglio nonché a protezione delle navi impegnate nello scarico una volta giunte a Tripoli. Completa il dispositivo di difesa la dislocazione di undici sommergibili sulle probabili rotte che una ipotetica forza navale nemica dovrebbe percorrere per attaccare il convoglio.
4 gennaio 1942
Tra le 4 e le 11, come previsto, il convoglio 2 si unisce ai convogli 1 (motonavi Monginevro, Lerici e Nino Bixio, cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, Nicoloso Da Recco, Antoniotto Usodimare, Bersagliere e Fuciliere) e 3 (motonave Gino Allegri, cacciatorpediniere Freccia, torpediniera Procione), partiti rispettivamente da Messina e Brindisi; si forma così un unico grande convoglio, il cui caposcorta è il contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone sul Vivaldi. La III Divisione Navale (Trento e Gorizia) del gruppo d’appoggio viene avvistata da un ricognitore britannico; da Malta decolla una formazione aerea per attaccare, ma deve rientrare senza essere riuscita a trovare il convoglio. Al tramonto il gruppo «Duilio» s’incorpora nella formazione del convoglio, che durante la notte mette la prua su Tripoli.
5 gennaio 1942
Il gruppo «Duilio» lascia il convoglio, che giunge indenne a Tripoli alle 12.30 senza aver subito alcun attacco.
13 gennaio 1942
La Monviso e la gemella Monginevro salpano da Tripoli alle 16.30 per tornare vuote in Italia (la Monviso lascia Tripoli alle 17.30, preceduta di un’ora dalla Monginevro), scortate dalle torpediniere Castore (caposcorta) e Procione (fino a Marettimo, e poi di nuovo da Trapani). I cacciatorpediniere britannici Lance, Lively, Zulu e Jaguar sono inviati da Malta a cercare il convoglio, avvistato al largo di Pantelleria, ma non lo trovano; dopo aver superato senza danni un attacco da parte degli aerosiluranti dell’830th Squadron della Fleet Air Arm, il convoglio fa scalo a Trapani, dove la Castore viene sostituita dal MaeStrale (che assume anche il ruolo di caposcorta), e prosegue poi per Napoli.
17 gennaio 1942
Il convoglio giunge a Napoli; la Monviso vi entra alle otto, la Monginevro due ore dopo.
22 gennaio 1942
La Monviso (con un carico di 4377 tonnellate, ossia 16 carri armati italiani – peso complessivo 224 tonnellate – e 12 tedeschi, 38 automezzi italiani – peso 166 tonnellate – e 57 tedeschi, 2942 tonnellate di carburante e materiali vari per le forze italiane e 1045 per quelle tedesche, un ufficiale e 39 sottufficiali e soldati del Regio Esercito e 52 militari dell’Afrika Korps) ed un’altra moderna motonave, la Vettor Pisani, salpano da Messina per Tripoli alle otto insieme al gruppo «Vivaldi» (formato dai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, Antonio Da Noli e Lanzerotto Malocello della XIV Squadriglia, dai cacciatorpediniere Aviere, Geniere e Camicia Nera della XIV Squadriglia e dalle torpediniere Castore ed Orsa) incaricato della loro scorta, il tutto  nell’ambito dell’operazione di traffico «T. 18», consistente nell’invio in Libia di 15.000 tonnellate di rifornimenti, 97 carri armati, 271 autoveicoli e 1467 uomini (una intera divisione corazzata tedesca).
Nello stretto di Messina si uniscono al convoglio (del quale la Monviso è capoconvoglio) altre due moderne motonavi, la Monginevro e la Ravello, provenienti da Napoli; il gruppo «Vivaldi» (al comando del contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone) assume la scorta diretta delle quattro navi. Da Taranto escono in mare anche la quinta nave del convoglio, il grande trasporto truppe Victoria, ed i due gruppi di scorta indiretta: l’«Aosta» (ammiraglio di divisione Raffaele De Courten, partito alle 11) con gli incrociatori leggeri della VII Divisione (Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Raimondo  Montecuccoli, Muzio Attendolo) e la XIII Squadriglia Cacciatorpediniere (Bersagliere, Carabiniere, Fuciliere, Alpino) ed il «Duilio» (ammiraglio di squadra Carlo Bergamini, partito alle 17 insieme alla Victoria) con la corazzata Duilio e la XV Squadriglia Cacciatorpediniere (Antonio Pigafetta, Alfredo Oriani, Ascari, Scirocco).
A protezione dell’operazione, nove sommergibili sono dislocati ad est di Malta e tra Creta e l’Egitto; la Regia Aeronautica e la Luftwaffe danno il loro contributo con aerei da caccia (sempre presenti, nelle ore diurne, sul cielo del convoglio), da ricognizione ed antisommergibile.
Poco dopo la partenza la Ravello, colta da avaria al timone, è costretta a tornare in porto; il resto del convoglio prosegue e si unisce al gruppo «Aosta» nel pomeriggio del 22.
23 gennaio 1942
Alle 15, con un certo ritardo ma approssimativamente nel punto prestabilito, il convoglio si unisce anche al gruppo «Duilio»; le motonavi si dispongono su due colonne e la Victoria, divenuta nave capo convoglio, si pone in testa alla colonna sinistra, mentre il gruppo «Vivaldi» si posiziona attorno ai mercantili ed i due gruppi «Duilio» e «Aosta» si dispongono sui fianchi del convoglio.
Le navi seguono rotte che passano a 190 miglia da Malta, distanza che dovrebbe essere maggiore del raggio operativo degli aerosiluranti di base a Malta ed in Cirenaica, 180 miglia; la sera del 23 dovranno poi accostare verso Tripoli, mantenendo rotta tangente al cerchio di 190 miglia di raggio con centro Malta. In realtà, 190 miglia sono divenute una distanza insufficiente, perché l’autonomia degli aerosiluranti britannici è aumentata rispetto al passato e perché ora gli aerei possono decollare da nuove basi cirenaiche, più avanzate di quanto ritenuto dai comandi italiani, conquistate dai britannici con l’operazione «Crusader».
Già dal giorno precedente, però, i comandi britannici sono a conoscenza dei movimenti italiani: sommergibili in agguato nel golfo di Taranto hanno infatti segnalato il passaggio del gruppo «Aosta», e nella serata e notte successive ricognitori hanno individuato e pedinato il gruppo «Duilio».
Dopo la riunione, il convoglio, che procede a 14 nodi sotto la protezione di nove Junkers Ju 88 della Luftwaffe, continua ad essere tallonato dai ricognitori: alle 15.50 uno di essi viene avvistato 20.000 metri ad est della formazione. Ai ricognitori seguono gli attacchi aerei: il primo si verifica alle 16.16, quando la Victoria viene mancata da alcune bombe di piccolo calibro; poco dopo altre bombe di maggior calibro sono sganciate contro il gruppo «Aosta» ma ancora senza risultato, grazie anche alla rabbiosa reazione contraerea delle navi.
Su richiesta dell’ammiraglio Bergamini, la scorta aerea viene rinforzata con altri tre Ju 88 del II Corpo Aereo Tedesco.
Alle 17.25 il convoglio viene nuovamente attaccato da tre aerosiluranti, provenienti dalla direzione del sole: le torpediniere (che si trovano su quel lato) aprono contro di essi un intenso tiro, così che i velivoli, giunti a circa un chilometro dalla scorta (e tre dalla Victoria), scaricano in mare le loro armi, cabrano ed invertono la rotta (uno di essi sarà poi abbattuto dagli Ju 88 della scorta aerea). Dapprima le navi italiane pensano che i velivoli fossero bombardieri: solo quando il Vivaldi avvista le scie dei siluri ci si accorge della realtà. Alle 17.31 la Victoria viene colpita a poppa da un siluro e rimane immobilizzata. Aviere, Ascari e Camicia Nera si fermano per dare assistenza alla nave danneggiata, mentre il resto del convoglio prosegue sulla sua rotta. Due nuovi attacchi di aerosiluranti, alle 18.40 ed alle 18.45, daranno il colpo di grazia alla Victoria, che affonderà alle 19 con la perdita di 391 dei 1455 uomini a bordo.
Il resto del convoglio continua scortato dai gruppi «Vivaldi» ed «Aosta»; a notte fatta il gruppo «Duilio» si sposta invece a nord del 36° parallelo ed ad est del 19° meridiano per proteggere il convoglio da eventuali attacchi di navi di superficie provenienti dal Mediterraneo Orientale. A partire dalle 21.44 si scatena un crescendo di nuovi attacchi aerei sul convoglio: le navi vengono illuminate con bengala e fuochi galleggianti al cloruro di calcio, bombardate, fatte oggetto del lancio di siluri, ma la reazione del fuoco contraereo, le manovre evasive e l’emissione di cortine nebbiogene permettono di evitare tutti i siluri e sventare ogni attacco senza danni.
24 gennaio 1942
Alle 7.30 il convoglio viene raggiunto dalle torpediniere Calliope e Perseo, venute ad esso incontro da Tripoli; cinque minuti dopo il gruppo «Aosta» lascia la scorta come previsto, e dopo altri cinque minuti sopraggiunge la scorta aerea con caccia e ricognitori della Regia Aeronautica.
Alle 9 uno dei caccia di scorta spara delle raffiche di mitragliera contro il mare, segnalando la presenza di un sommergibile 4-5 km a dritta del convoglio: il contrammiraglio Nomis di Pollone ordina un’accostata d’urgenza sulla sinistra, che permette alla Monviso di evitare di pochissimo un siluro, che passa a non più di dieci metri dalla sua poppa. Castore, Geniere e Malocello, unitamente a dei ricognitori, contrattaccano con bombe di profondità; al termine della caccia si vedrà sulla superficie una chiazza di nafta, ma nessun sommergibile è stato affondato.
Alle 14.15 il convoglio entra a Tripoli, dove la Monviso si ormeggia al Molo Cagni ed inizia subito a scaricare il carico; poco dopo il porto libico subisce un violento bombardamento aereo, ma nessuna unità del convoglio viene danneggiata.
5 febbraio 1942
La Monviso lascia Tripoli alle 18 per tornare a Messina, scortata dal cacciatorpediniere Antonio Da Noli (caposcorta) e dalla vecchia torpediniera Generale Antonio Cantore.
Da Malta escono per intercettare la nave i cacciatorpediniere britannici Lively e Zulu; non riescono però a trovarla, ed affondano invece due piccole unità costiere, il Grongo e l’Aosta, incontrate al largo di Pantelleria.
6 febbraio 1942
Il sommergibile britannico Uproar attacca infruttuosamente il convoglio.
7 febbraio 1942
Intorno all’una di notte, il convoglio viene attaccato da numerosi aerei, ma non subisce danni (un Fairey Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air Arm, pilotato dal sottotenente M. Swithinbank, viene anzi abbattuto, 30 miglia a nordest di Capo Turgennes), e – superato indenne anche un attacco da parte del sommergibile Unbeaten – raggiunge Messina alle 14.30.
21 febbraio 1942
Alle 13.30 del 21 febbraio la Monviso parte da Corfù per Tripoli insieme alla motonave Lerici ed alla nave cisterna Giulio Giordani, con la scorta dei cacciatorpediniere MaeStraleScirocco, Antonio Pigafetta (caposcorta, capitano di vascello Mirti della Valle), Emanuele Pessagno ed Antoniotto Usodimare e della torpediniera Circe: si tratta del convoglio n. 2 (trasferitosi da Brindisi a Corfù nelle ore precedenti) nell’ambito dell'operazione «K. 7», consistente nell’invio in Libia di due convogli per totali sei mercantili (carichi complessivamente di 29.517 tonnellate di materiali, 113 carri armati, 575 veicoli e 405 uomini), scortati da dieci cacciatorpediniere e due torpediniere. I convogli fruiscono inoltre della scorta indiretta del gruppo «Gorizia» (ammiraglio di divisione Angelo Parona; incrociatori pesanti Trento e Gorizia, incrociatore leggero Bande Nere, cacciatorpediniere Alpino, Oriani e Da Noli) e del gruppo «Duilio», formato dall’omonima corazzata (ammiraglio di squadra Carlo Bergamini) insieme a quattro cacciatorpediniere (Aviere, Geniere, Ascari e Camicia Nera).
Sulla Monviso sono stati caricati cinque carri armati, 115 automezzi, 3237 tonnellate di carburanti e lubrificanti e 328 tonnellate di materiali.

La Monviso in navigazione nel Mar Ionio, nel pomeriggio del 21 febbraio 1942 (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net

22 febbraio 1942
Intorno alle 12.45, 180 miglia ad est di Malta, il convoglio n. 2 si accoda – con una manovra piuttosto lenta – al convoglio n. 1 (motonavi Monginevro, Unione, Ravello, cacciatorpediniere Vivaldi, Zeno, Malocello, Premuda e Strale, torpediniera Pallade), salpato da Messina e che è già stato raggiunto dai gruppi «Gorizia» e «Duilio» (quest’ultimo segue il resto delle navi italiane a breve distanza). La formazione assume rotta 184° e velocità 14 nodi; sin dalla prima mattina (e fino alle 19.45) volano sul suo cielo aerei tedeschi Junkers Ju 88 e Messerschmitt Bf 110 decollati dalla Sicilia per la sua scorta.
Dalle prime ore del mattino compaiono anche ricognitori britannici, che segnalano il convoglio agli aerei di base a Malta; tra le 14 e le 16 si verifica un attacco aereo, che i velivoli della Luftwaffe respingono, abbattendo tre degli aerei attaccanti ed impedendo agli altri di portare a fondo l’attacco (tranne un Boeing B 17 che lancia delle bombe di piccolo calibro contro la Duilio, senza colpirla). Quando l’ammiraglio Bergamini chiede altri aerei mediante il collegamento radio diretto, la richiesta viene prontamente soddisfatta.
La sera del 22, in base agli ordini ricevuti, il gruppo «Duilio» lascia i convogli, che proseguono con la scorta diretta ed il gruppo «Gorizia».
Nella notte seguente il convoglio, che è rimasto diviso in due gruppi (cioè i convogli 1 e 2, che procedono uno dietro l’altro ma separati), viene più volte sorvolato da dei bengalieri nemici (tra le 00.30 e le 5.30 del 23 dei bengala si accendono sul cielo dei convogli), ma non subisce danni, grazie alle manovre ed all’emissione di cortine fumogene.
23 febbraio 1942
Poco dopo le otto del mattino sopraggiungono due torpediniere inviate da Marilibia in rinforzo alla scorta, cui l’ammiraglio Parona ordina di unirsi al gruppo «Vivaldi». La foschia impedisce ai due convogli, distanti solo 8-9 miglia, di vedersi, ed alla scorta aerea della Luftwaffe di trovare le navi; le trovano invece, ma solo quelle del gruppo «Gorizia», i caccia italiani FIAT CR. 42 inviati anch’essi per la scorta.
Alle 10.14 del mattino, una novantina di miglia ad est di Tripoli ed al largo di Capo Misurata, la Circe localizza con l’ecogoniometro il sommergibile britannico P 38, che sta tentando di attaccare il convoglio (poco dopo ne viene avvistato anche il periscopio, che però subito scompare poiché il sommergibile, capendo di essere stato individuato, s’immerge a profondità maggiore), e, dopo aver ordinato al convoglio di virare a dritta, alle 10.32 lo bombarda con bombe di profondità, arrecandogli gravi danni. Subito dopo il P 38 affiora in superficie, per poi riaffondare subito: a questo punto si uniscono alla caccia anche l’Usodimare ed il Pessagno, che gettano altre cariche di profondità, e, insieme ad aerei della scorta, mitragliano il sommergibile. L’attacco è tanto violento e confuso che un marinaio, su una delle navi italiane, rimane ucciso dal tiro delle mitragliere, e la Circe deve richiamare le altre unità al loro posto per poter proseguire nella sua azione. Dopo questi ulteriori attacchi, la Circe effettua un nuovo attacco con bombe di profondità, ed alle 10.40 il sommergibile affiora di nuovo con la poppa, fortemente appruato, le eliche che girano all’impazzata ed i timoni orientati a salire, per poi affondare di prua con l’intero equipaggio in posizione 32°48’ N e 14°58’ E. Un’ampia chiazza di carburante, rottami e resti umani marcano la tomba dell’unità britannica.
Nel frattempo, alle 10.30, lo Scirocco (come stabilito in precedenza) lascia la scorta del convoglio numero 2 e si aggrega al gruppo «Gorizia», che, essendo ormai il convoglio vicino a Tripoli, e non presentandosi più rischi di attacchi di navi di superficie, si avvia sulla rotta di rientro.
I convogli giungono indenni a Tripoli tra le 16 e le 16.40 del 23.
9 marzo 1942
La Monviso lascia Tripoli alle 19.30, diretta a Palermo con la scorta della torpediniera Pallade e del cacciatorpediniere Antonio Da Noli (caposcorta). Il convoglio è denominato «IOTA». Sulla Monviso sono imbarcati anche 44 ebrei anglo-libici, inviati verso campi d’internamento in Italia.
10 marzo 1942
Alle 9.30, al largo di Lampione, il convoglio viene attaccato da un sommergibile, ma evita i siluri con la manovra, dopo di che la Pallade dà la caccia all’attaccante.
A Trapani si unisce alla scorta la torpediniera Centauro.
11 marzo 1942
Il convoglio giunge a Palermo alle 2.15.
3 aprile 1942
La Monviso salpa da Messina per Tripoli alle 00.30 insieme alla motonave Nino Bixio, scortata dai cacciatorpediniere Emanuele Pessagno, Folgore e Premuda e dalla torpediniera Centauro, nell’ambito dell’operazione di traffico «Lupo». Alle cinque del mattino il Premuda lascia il convoglio.
Tre ore dopo, una sessantina di miglia ad est di Capo Murro di Porco, il convoglio che comprende la Monviso si unisce – come prestabilito – ad un secondo proveniente da Taranto e composto dalle motonavi Lerici ed Unione, scortate dai cacciatorpediniere Antonio Pigafetta (caposcorta), Antonio Da Noli ed Euro e dalla torpediniera Pallade. Si forma così un unico convoglio, che imbocca una rotta che passa a 110 miglia da Malta per raggiungere Tripoli.
Al tramonto si aggregano al convoglio anche le motonavi Gino Allegri e Monreale, provenienti da Augusta con la scorta dei cacciatorpediniere Freccia e Nicolò Zeno.
4 aprile 1942
Il convoglio viene avvistato da ricognitori britannici e sottoposto a diversi attacchi aerei, ma non subisce alcun danno e giunge a Tripoli tra le 9 e le 10.30.
17 aprile 1942
La Monviso e la motonave Lerici lasciano Tripoli alle 15, scortate dai cacciatorpediniere Freccia (caposcorta) e Mitragliere e dalla torpediniera Pegaso.
Il convoglio viene dirottato verso la Grecia a seguito dell’affondamento, sulla stessa rotta, del piroscafo tedesco Bellona da parte di un sommergibile britannico (il Torbay); poi viene diviso in base alla destinazione: Monviso e Mitragliere verso Brindisi, Lerici e Freccia verso Taranto.
19 aprile 1942
Monviso e Mitragliere arrivano a Brindisi alle 13.30.
30 aprile 1942
La Monviso e la motonave tedesca Ankara salpano da Brindisi alle 8.30, dirette a Bengasi con la scorta dei cacciatorpediniere Saetta (caposcorta) e Strale e della torpediniera Orsa.
2 maggio 1942
Il convoglio arriva a Bengasi tra le 10 e le 15.15.
8 maggio 1942
La Monviso lascia Bengasi alle 19.45 per rientrare a Taranto, scortata dal cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta) e dalla torpediniera Pegaso.
9 maggio 1942
Alle 21, al largo della Cirenaica, il convoglio di cui fa parte la Monviso si unisce ad un altro formato dalla motonave tedesca Ankara e dal cacciatorpediniere Turbine. A mezzanotte, il Vivaldi lascia la scorta diretto a Messina.
10 maggio 1942
All’alba, Monviso ed Ankara si separano di nuovo, dirette l’una a Taranto e l’altra a Brindisi. La Monviso, senza più scorta (Turbine e Pegaso sono rimaste con l’Ankara), arriva a Taranto alle 11.45.
23 maggio 1942
Monviso ed Ankara partono da Brindisi alle 10.30, dirette a Bengasi. Le scortano i cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta) e Saetta.
24 maggio 1942
Avvistato da ricognitori, il convoglio subisce pesanti attacchi aerei dalle 00.30 alle due di notte, ma non subisce danni.
Alle 18 un sommergibile lancia due siluri, che il convoglio evita con la manovra.
25 maggio 1942
Il convoglio arriva a Bengasi alle 14.
9 giugno 1942
La Monviso salpa da Bengasi alle 5.30, diretta a Taranto con circa 200 prigionieri a bordo; la scorta è costituita dai cacciatorpediniere Freccia (caposcorta) ed Euro, e dalla torpediniera Pallade.
10 giugno 1942
A seguito della segnalazione dell’avvistamento di un sommergibile nemico, il convoglio viene temporaneamente dirottato a Tripoli, dove giunge alle 20.45 e sosta per alcune ore.
11 giugno 1942
Il convoglio riparte da Gallipoli alle due di notte, e giunge a Taranto alle 9.30.

La Monviso nel giugno 1942 (Archivio Centrale dello Stato). 

2 luglio 1942
Parte da Taranto alle 13 insieme all’Ankara ed alla Nino Bixio, con una nutrita scorta di ben otto unità: i cacciatorpediniere Giovanni Da Verrazzano (caposcorta), Euro e Turbine e le torpediniere Castore, Polluce, Antares, Pegaso e San Martino. Si tratta del primo importante convoglio dopo la riconquista di Tobruk da parte dell’Asse, con un carico complessivo di 8182 tonnellate di munizioni e materiali, 1247 tonnellate di carburanti e lubrificanti, sette carri armati e 439 veicoli; la Monviso ha a bordo 128 automezzi, due carri armati, 300 tonnellate di carburanti e lubrificanti e 3020 tonnellate di altri materiali (tra cui materiale d’artiglieria e munizioni), oltre a 165 militari.
Già alle 14.18 il servizio di decrittazione britannico “ULTRA” intercetta e decifra un messaggio codificato dalla macchina “Enigma”, apprendendo così della partenza del convoglio; successive decrittazioni precisano la composizione della scorta e la rotta che il convoglio seguirà (rotte costiere e di sicurezza fino alle 4.30 del 3 luglio, quando Sagittario e San Martino si devono unire alla scorta, dopo aver completato un rastrello in quelle acque; indi riunione con convoglio che deve passare probabilmente a sudovest di Capo Gherogambo). Vengono dunque disposti attacchi aerei contro il convoglio, ed un ricognitore viene inviato a cercarlo, in base alle informazioni di “ULTRA”, per precisarne meglio la posizione.
Tuttavia, anche l’Ufficio Beta del Servizio Informazioni Segrete (il servizio segreto della Regia Marina) è al lavoro: la sera del 2 luglio gli uomini del SIS intercettano e decrittano un messaggio radio inviato alle 20.40 da Malta ai ricognitori YU3Y e 86KK, con l’ordine di cambiare rotta e cercare 30 miglia più ad est delle posizioni assegnate. Il messaggio è codificato col sistema SYKO, che i decrittatori del SIS sono riusciti a decifrare; inoltre, rilevazioni radiogoniometriche permettono di localizzare i ricognitori britannici (a 150 miglia per 350° da Bengasi l’uno, a 90 miglia per 350° da Bengasi l’altro). Alle 21.40, così, Supermarina invia al convoglio della Monviso un messaggio PAPA (Precedenza Assoluta sulle Precedenze Assolute) ed informa il capoconvoglio che i britannici conoscono la loro posizione: in tal modo, il capoconvoglio cambia rotta.
3 luglio 1942
Nonostante il cambiamento di rotta, alle 3.30 il ricognitore H3TL riesce a trovare il convoglio, e lo comunica per radio a Malta. Di nuovo, però, il SIS intercetta e decifra il messaggio, e nel giro di mezz’ora Supermarina invia un nuovo avvertimento al convoglio, che cambia di nuovo rotta. La mattina ed il pomeriggio il convoglio procede senza incontrare forze britanniche.
Alle 15.13 ed alle 16.13, però, il SIS intercetta nuovi messaggi in codice britannici, e scopre che da Malta sono decollati otto aerosiluranti Bristol Beaufort.
Infatti il convoglio è stato avvistato da ricognitori nel pomeriggio, ed alle 18.30 sono decollati per attaccarlo otto aerosiluranti Bristol Beaufort, scortati da cinque caccia Bristol Beaufighteer; due degli aerei, però, non sono riusciti a decollare, ed altri due sono stati costretti a tornare indietro poco dopo il decollo. I rimanenti attaccano il convoglio alle 20.10, da est, provenendo dalla direzione opposta del crepuscolo e delle navi della scorta. Due aerei attaccano il mercantile al centro (la Bixio), altri due il mercantile di coda; questi ultimi due vengono abbattuti dal tiro contraereo (per altra fonte i Beaufort attaccanti erano sei, di cui tre abbattuti). Nonostante la coordinazione con i Beaufighters, che mitragliano le navi per contrastare il loro tiro contraereo, l’attacco britannico fallisce completamente: nessuna nave è colpita.
(Secondo una fonte, sempre in serata il convoglio viene attaccato da tre aerosiluranti Vickers Wellington, guidati da un Wellington VIII dotato di radar ASV – Air to Surface Vessel, per l’individuazione delle navi da parte di un aereo –, ma anche in questo caso non vengono subiti danni. È però probabile una confusione col successivo attacco di Wellington del 4 luglio).
4 luglio 1942
Alle 00.18 ed alle 00.42 il ricognitore N1KL invia due segnali di scoperta del convoglio, seguiti all’una di notte da un terzo segnale, lanciato dal ricognitore ZZ7P. Sono decollati da Malta cinque velivoli Vickers Wellington, due dei quali armati con siluri e tre con bombe da 227 kg: la scorta del convoglio, però, occulta i mercantili con cortine fumogene, e gli attaccanti devono sganciare bombe e siluri pressoché a caso, senza riuscire a vedere i bersagli. Nessuna bomba o siluro va a segno.
Nella mattinata del 4 luglio, nuovo attacco: stavolta da parte di tre Wellington e tre bombardieri quadrimotori Consolidated B-24 “Liberator”, tutti della Royal Air Force, decollati dall’Egitto. I Wellington non riescono a trovare il convoglio; i B-24 invece sì, ma le loro bombe non vanno a segno.
Alle 11.10 il sommergibile britannico Turbulent (capitano di fregata John Wallace Linton) avvista alberature verso nord, trovandosi nel punto 33°30’ N e 20°30’ E (circa 80 miglia a nord di Bengasi); manovra per avvicinarsi, e alle 11.25 avvista il convoglio, che è scortato anche da almeno tre aerei. Alle 11.41 la scorta localizza il Turbulent, costringendolo ad abortire l’attacco, e sette minuti dopo, nel punto 33°28’ N e 20°28’ E, ha inizio il bombardamento con cariche di profondità: il primo “pacchetto” di sei bombe esplode molto vicino, ma causa solo danni lievi, poi ne vengono gettate molte altre, che però scoppiano più distanti. Ma l’attacco è sventato.
Alle 14.15 l’Ankara viene mancata da siluri al largo di Bengasi.
Le navi arrivano indenni a Bengasi alle 18.45.
11 luglio 1942
Monviso e Bixio, cariche ciascuna di 3000 prigionieri nonché di carri armati britannici catturati, lasciano Bengasi alle 17 per tornare a Brindisi, costituendo il convoglio «Y» scortato dai cacciatorpediniere Freccia (caposcorta), Folgore e Lampo e dalle torpediniere Orsa, Pallade e Calliope.
13 luglio 1942
Il convoglio arriva a Brindisi alle 13.50.
 

Un’altra foto del giugno 1942: si nota, in particolare, un aerofono sulla prua, accanto alle mitragliere contraeree (Archivio Centrale dello Stato).
L’affondamento

Il 27 luglio 1942, alle 15.15, la Monviso lasciò Brindisi per un altro viaggio alla volta di Bengasi, scortata dal cacciatorpediniere Freccia e dalla torpediniera Calliope. Sulla motonave erano state caricate 2860 tonnellate di materiali vari, 400 tonnellate di carburante per le forze italiane, 200 tonnellate di carburante per le forze tedesche, 6 motocarrelli, 120 automezzi, 7 autoblindo tedesche e 11 carri armati italiani.
Alle sette del mattino del giorno seguente il convoglio fu avvistato da un caccia Supermarine Spitfire del 69th Squadron AF in ricognizione al largo della Grecia meridionale, ed alle 12.12, sette miglia a sud dell’isola di Sapienza, venne attaccato da una formazione di aerei britannici. I velivoli – decollati da Malta alle 9.10 – erano nove Bristol Beaufort, sei dei quali armati con siluri e tre con bombe da 113 kg (questi ultimi appartenevano dall’86th Squadron RAF ed erano guidati capitano Donald Charles Sharman), e sei caccia Bristol Beaufighter, accompagnati da un ricognitore Martin Baltimore (del 69th Squadron RAF) per l’osservazione; li guidava il tenente colonnello Reginald Patrick Mahoney Gibbs.
La scorta aerea del convoglio era costituita da un idrovolante CANT Z. 506B della 139a Squadriglia della Regia Aeronautica (tenente Gaetano Mastrocasa) ed un bombardiere Junkers Ju 88 della Luftwaffe; nelle vicinanza stava inoltre volando una pattuglia di tre caccia Macchi Mc 200 del 7° Gruppo della Regia Aeronautica, pilotati dal capitano Fiacchino, dal sottotenente Maddaloni e dal sergente Piazza.
Tre dei Beaufighter si tennero sul cielo del convoglio per copertura ad alta quota, mentre gli altri tre scesero a bassa quota e mitragliarono le navi, compresa la Monviso, per ostacolare il loro tiro contraereo (per altra fonte furono due i Beaufighter per la copertura ad alta quota e quattro quelli assegnati al mitragliamento); subito dopo, i Beaufort armati con bombe le sganciarono, infruttuosamente, contro il Freccia. Per ultimi attaccarono i Beaufort dotati di siluri, da entrambi i lati, tre per lato (tre erano guidati dal capitano A. T. Tony Leaning, gli altri tre da Gibbs in persona).
Freccia e Calliope abbatterono un Beaufort ciascuno con il loro fuoco (l’AW296 del 217th Squadron RAF, pilotato dal sergente maggiore J. R. Dawson, venne colpito al motore sinistro mentre attacca e fu costretto ad ammarare, con la morte di uno dei quattro membri dell’equipaggio; l’altro aereo abbattuto era l’L9820 del 217th Squadron, pilotato dal tenente T. Strever, colpito in entrambi i motori e costretto all’ammaraggio con un ferito, ma il suo abbattimento viene attribuito al Macchi del sottotenente Maddaloni anziché alla contraerea delle navi), ma la Monviso, mancata di poco da diverse bombe, fu colpita da un siluro (a centro nave, sulla dritta), sebbene i danni non furono gravi (secondo fonti britanniche scoppiò anche un incendio, che venne però domato). Si rese però necessario il rimorchio a Navarino; vi provvide il Freccia, mentre la Calliope recuperò i tre uomini che componevano l’equipaggio di uno degli aerei abbattuti (l’equipaggio dell’altro venne invece tratto in salvo da un idrovolante CANT Z. 506). Terminato l’attacco, gli Mc 200 della scorta aerea attaccarono i bombardieri, danneggiandone uno, ma subendo a loro volta il danneggiamento di un velivolo. Un ricognitore Caproni Ca 310 sopraggiunse mentre il Baltimore stava per andarsene e lo attaccò, danneggiandolo, finché tutte le mitragliatrici si incepparono.
La Monviso giunse a Navarino nel tardo pomeriggio. Alle 19.27 dello stesso 28 luglio “ULTRA”, che non aveva avuto ruolo nella preparazione dell’attacco aereo, informò il Cairo che la nave era stata danneggiata e rimorchiata a Navarino. Un successivo dispaccio “ULTRA” aggiunse che la nave sarebbe stata riparata e poi sarebbe proseguita nel viaggio (un’ultima decrittazione di “ULTRA”, delle 12.30 del 3 agosto, avrebbe poi precisato che l’arrivo della nave era in realtà previsto per il 2).

Il 2 agosto, dopo aver provveduto a delle sommarie riparazioni, la Monviso ripartì da Navarino alle 17.40, sempre diretta a Bengasi. La scorta era cambiata: non più Freccia e Calliope bensì due più moderni cacciatorpediniere, l’Alpino (caposcorta) ed il Corazziere. Alle 15.20 (o 15.25) del 3 agosto, però, la Monviso venne scossa da due esplosioni, si rovesciò sul lato di dritta, ed affondò ad otto miglia per 333° da (a nordovest di) Sidi Sueicher, 16 miglia a nordovest di Bengasi.
La torpediniera Pegaso e la motovedetta Cotugno della Guardia di Finanza, inviate da Bengasi per i soccorsi, recuperarono 241 sopravvissuti su 247 uomini imbarcati sulla Monviso; le vittime furono sei.
Le esplosioni furono, sul momento, attribuite a siluri lanciati da sommergibile, tanto che Alpino e Corazziere, da poco dotati di ecogoniometro (ma quello del Corazziere non funzionava), contrattaccarono con lanci di bombe di profondità, finché Supermarina non ordinò loro di rientrare a Navarino ed inviò sul posto la torpediniera Pegaso per proseguire la caccia.
Dal momento che l’unico sommergibile britannico operante nelle acque della Cirenaica era il Thorn (capitano di corvetta Robert Galliano Norfolk), che non comunicò più con la base dopo la partenza e non rientrò mai da quella missione (fu affondato con tutto l’equipaggio tre giorni più tardi, il 6 agosto, proprio dalla Pegaso, ma in acque molto lontane: al largo di Gaudo, a sud di Creta), per lungo tempo l’affondamento della Monviso è stato attribuito al Thorn. Questi, però, aveva ordine di restare in agguato al largo di Tobruk – cioè a 200 miglia di distanza dal luogo in cui fu affondata la Monviso – fino al 6 agosto, per poi spostarsi al largo di Capo Matapan: è quindi molto improbabile che il 3 agosto si potesse trovare al largo di Sidi Sueicher. Sembra oggi probabile che la Monviso affondò in realtà per urto contro mine, e che la presenza di un sommergibile fosse semplicemente una impressione errata (caso non infrequente in guerra) della scorta.
 

La Monviso in affondamento (da “Navi mercantili perdute” di Rolando Notarangelo e Gian Paolo Pagano, USMM, Roma 1997)


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