La Fella (g.c. Pietro Berti via www.naviearmatori.net)
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Motonave mista da
6072 tsl, 3748 tsn e 9980 tpl, lunga 136,5 metri, larga 16,9 e pescante 8, con
velocità di 13,5 nodi. Appartenente alla Società Anonima di Navigazione Italia,
con sede a Genova, iscritta con matricola 420 al Compartimento Marittimo di
Trieste. Oltre a 163.777 metri cubi di carico poteva trasportare 43 passeggeri
in prima classe; in tempo di pace prestava servizio di linea tra l’Italia e la
costa occidentale degli Stati Uniti, passando per il canale di Panama, insieme
alle gemelle Feltre, Cellina, Rialto e Leme.
Breve e
parziale cronologia.
23 ottobre 1924
Impostata nel
Cantiere San Rocco di Trieste dello Stabilimento Tecnico Triestino (numero di
cantiere 745).
13 maggio 1925
Varata nel Cantiere
San Rocco di Trieste dello Stabilimento Tecnico Triestino.
11 marzo 1926
Completata per la
Navigazione Libera Triestina.
2 aprile 1936
La Fella, giunta in un porto statunitense,
non può imbarcare causa il rifiuto dei portuali, su ordine del sindacalista
Harry Bridges, 15 tonnellate di rottami ferrosi, che hanno già superato i
controlli doganali, perché Bridges le dichiara “contrabbando di guerra”
(riferendosi alla guerra d’Etiopia, che sta volgendo al termine); la nave è
così costretta a ripartire in serata senza i rottami ferrosi.
1936-1937
Trasferita alla
Italia Flotte Riunite (poi Italia Società Anonima di Navigazione), viene
sottoposta a lavori di revisione nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico di
Monfalcone.
13 settembre 1937
Terminati i lavori,
la nave torna in servizio. La Fella e
le sue quattro gemelle vengono assegnate alla linea Trieste-Vancouver.
2 settembre 1939
A seguito dello
scoppio della seconda guerra mondiale, la Fella,
in arrivo a Los Angeles con merci varie e 26 passeggeri, riceve disposizione
dal viceconsole italiano di restare nel porto (oppure proseguire sino a San
Francisco e fermarsi là) in attesa dell’evolversi degli eventi.
7 settembre 1939
Accertata la
condizione di neutralità – o “non belligeranza” – dell’Italia, la Fella riprende il regolare servizio,
partendo per Vancouver, dove caricherà merci per poi raggiungere Genova.
29 febbraio-11 aprile 1940
Il 29 febbraio la Fella imbarca a San Francisco 35 ex
membri dell’equipaggio del transatlantico tedesco Columbus, autoaffondatosi al largo della Virginia il 19 dicembre
1939 per evitare la cattura da parte del cacciatorpediniere britannico Hyperion, ed il cui equipaggio era stato
soccorso ed internato dalle autorità statunitensi nell’Angel Island nella baia
di San Francisco. Gli uomini saliti sulla Fella,
decisi a tornare a casa a tutti i costi, hanno tutti un’età superiore ai 52
anni, in quanto le navi britanniche intercettano le navi neutrali che
rimpatriano marittimi tedeschi in età da servizio militare, catturandoli. La
motonave segue la rotta che porta a El Salvador, poi attraverso il canale di
Panama, verso Marsiglia ed infine a Genova.
Nonostante le
aspettative basate sulla loro età, durante la sosta a Gibilterra della Fella, all’inizio di aprile, i marittimi
tedeschi verranno tutti sbarcati ed arrestati dalle autorità britanniche.
Le autorità
anglo-francesi sequestrano anche un carico di cappelli di paglia, che vengono
però restituiti. La nave arriverà a Genova l’11 aprile 1940.
La nave nel 1926 (g.c.
Rosario Sessa via www.naviearmatori.net)
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Puntarenas
Come più di 200 altre
navi mercantili italiane, anche la Fella,
al comando del capitano Gabriele Locatelli, venne sorpresa dalla dichiarazione
di guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, ben al di fuori del Mediterraneo: era
a Puntarenas, in Costarica, dove era giunta il 5 giugno proveniente da Cristobal,
Panama (durante la navigazione dall’Italia alla costa occidentale statunitense)
con passeggeri ed un ridotto carico di marmo di Carrara (pochi blocchi),
materiali da costruzione ed altre merci, e dove rimase bloccata, venendo
internata nel Golfo di Nicoya. Nelle stesse acque era già ferma da diversi mesi
un’altra nave, il piroscafo tedesco Eisenach,
internata allo scoppio della guerra. Per entrambe le navi, temendo che
potessero essere usate da reti di spionaggio tedesche, le autorità costaricane
condizionarono la concessione dell’internamento alla rimozione di tutte le
apparecchiature radio (anche se persistettero voci secondo cui i due mercantili
fossero riusciti ugualmente a mettersi in contatto con il mondo esterno, magari
mediante segnali luminosi in codice inviati dalla costa). I mercantili
dovettero inoltre sbarcare a Puntarenas i passeggeri; agli equipaggi fu
permesso di scendere occasionalmente a terra, ma a condizione di tornare a
bordo al tramonto.
La Gran Bretagna
sollecitò il presidente costaricano León Cortés Castro, che aveva autorizzato
l’internamento, a “disarmare” le due navi, che però erano già disarmate, e
successivamente minacciò, se non vi fossero state azioni più decise, di
bloccare il porto di Puntarenas.
Seguirono nove mesi
di inattività non priva di incidenti: nel dicembre 1940 alcuni marinai italiani
cercarono di ammainare una bandiera britannica che sventolava davanti ad un
edificio, tanto che la polizia costaricana dovette intervenire.
Ulteriori problemi
sorsero quando, dopo qualche mese, i marittimi “esiliati” finirono i loro soldi
e si trovarono senza più denaro con cui vivere: dovettero girare vendendo quel
che potevano per ottenere i soldi necessari ad acquistare le provviste.
Nel mentre, le
influenti comunità italiana e tedesca in Costa Rica facevano pressione sul
governo perché gli equipaggi fossero lasciati stare, ed al contempo le autorità
britanniche dissero il nuovo presidente costaricano Rafael Ángel Calderón
Guardia che doveva sequestrare le navi.
Il 12 marzo 1941
alcuni giornali alleati, tra cui l’australiano “Examiner”, affermarono che la Fella stesse preparandosi a lasciare
Puntarenas, verosimilmente per violare il blocco alleato; l’incrociatore
ausiliario canadese Prince Henry
venne inviato a pattugliare le acque del Golfo di Nicoya, ma dopo cinque giorni,
non ritenendo il Comando in Capo della Royal Navy per l’America e le Indie
Occidentali che vi fosse ragione di ritenere che la nave si stesse davvero
preparando ad un tentativo di fuga nell’Oceano Pacifico, il Prince Henry venne fatto tornare a
Callao.
Tutto mutò quando alla
fine del marzo 1941 gli Stati Uniti, a dispetto della loro neutralità,
procedettero al sequestro di tutte le navi mercantili dell’Asse presenti nei
loro porti.
Temendo un’analoga
mossa da parte dei governi delle nazioni dell’America Latina, diverse navi
italiane internate nell’America centrale e meridionale si autoaffondarono per
non essere confiscate intatte. I timori non erano infondati: dopo forti
pressioni da parte del governo britannico, quello della Costa Rica aveva infine
ceduto e deciso di sequestrare le due navi. Prima di assumere la decisione
finale, il governo costaricano, non disponendo di forza militare sufficiente in
caso di resistenza da parte degli equipaggi, chiese aiuto agli Stati Uniti, ma
ottenne unicamente l’invio di una silurante statunitense a Puntarenas per il
giorno programmato per la confisca, e l’impegno ad intervenire solo in caso di
necessità.
All’una di notte del
30 marzo 1941 un treno espresso lasciò San José per Puntarenas con a bordo quaranta
poliziotti armati con mitra Neuhausen e fucili Mauser, al comando del
colonnello Manuel Rodriguez, e funzionari governativi incaricati di eseguire il
sequestro, fra cui Francisco Calderón Guardia, Segretario di Sicurezza Pubblica
e fratello del presidente. Scopo della missione, denominata «Operacion Abordaje»
e concordata con l’Ambasciata britannica e la Legazione statunitense,
sequestrare le navi ed arrestare gli equipaggi.
Secondo una versione,
il mattino del 30 marzo 1941 40 poliziotti costaricani, armi alla mano ed al
comando del colonnello Manuel Rodriguez, capo della polizia, abbordarono la Fella e l’Eisenach, ufficialmente per porre le due navi sotto sorveglianza ed
impedire atti di sabotaggio, ma erano intervenuti troppo tardi: proprio mentre
abbordavano le due navi, su entrambe si verificarono diverse esplosioni, ed in
breve le fiamme avvolsero i due bastimenti. L’equipaggio del Fella (così come quello dell’Eisenach), raggiunto da una fuga di
notizie circa l’imminente sequestro del bastimento (secondo una fonte,
avvertito mediante radio ad onde lunghe dalle legazioni italiana e tedesca in
Costa Rica, che avevano avuto notizia dei piani di cattura nonostante questi
dovessero essere tenuti in segreto; le legazioni ordinarono anche ai comandanti
di procedere all’autoaffondamento), aveva sabotato ed incendiato la propria
nave, facendo brillare delle cariche di dinamite, per impedirne la cattura.
Secondo un’altra
versione, la polizia portuale di Puntarenas abbordò le due navi dopo aver visto
gli incendi scoppiare a bordo, per tentare di domare le fiamme ed arrestare gli
equipaggi. Le navi furono abbandonate dai loro equipaggi che lasciarono le
rispettive bandiere sventolanti in cima agli alberi, in un ultimo gesto di
sfida.
I primi principi
d’incendio sulle due navi furono visti intorno alle 5.30 del mattino. Dopo che
entrambi i bastimenti ebbero iniziato a bruciare, gli equipaggi, a bordo delle
scialuppe, rimasero nei loro pressi, forse in attesa del loro affondamento
(secondo fonti costaricane i marinai del Fella
si misero a cantare “Giovinezza” e “Faccetta Nera”), poi si allontanarono e
raggiunsero la riva.
I poliziotti saliti
sulla Fella tentarono in ogni modo di
arginare l’incendio, ma fu tutto inutile. Entrambe le navi furono completamente
consumate dalle fiamme prima di affondare, complice l’apertura, da parte degli
equipaggi, delle prese a mare; la Fella
si abbatté su un fianco lasciando emergere solo parte della murata di dritta, mentre
l’Eisenach affondò in assetto di navigazione.
L’autoaffondamento
dei due mercantili contribuì ad alimentare i sentimenti contro l’Asse in
Costarica.
Una serie di immagini
ritraenti l’incendio e affondamento della Fella
(e dell’Eisenach):
(Coll. Francesco Palmieri, da
www.trentoincina.it)
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(g.c. Holger Jaschob, via www.shipspotting.com)
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L’equipaggio della Fella venne arrestato dalle autorità
costaricane con l’accusa di incendio doloso ed ostruzione volontaria alla
navigazione, al pari di quello dell’Eisenach:
53 marittimi italiani e 48 tedeschi vennero arrestati e condotti sullo stesso
treno militare che aveva portato a Puntarenas i poliziotti incaricati del
sequestro; poi furono trasportati segretamente (per evitare atti d’intolleranza
da parte della popolazione: in effetti alla stazione di La Sabana si era
radunata una folla per insultare i marinai dell’Asse) nel penitenziario di San
José.
Il 2 aprile Francisco
Calderón Guardia dichiarò alla Seconda Corte Penale che era giunta notizia al
governo che a bordo delle navi si trovavano degli esplosivi ed erano state
reinstallate delle radio, e che alcuni membri degli equipaggi avevano viaggiato
nell’interno del Paese senza autorizzazione; per questo lo stesso Francisco
Calderón Guardia si era recato con 30 uomini a Puntarenas per “effettuare
un’investigazione minuziosa” ispezionando le navi, ma al suo arrivo queste
erano state incendiate dagli equipaggi.
Nei primi giorni
della carcerazione il capitano Locatelli, che all’interrogatorio si era assunto
la piena responsabilità dell’accaduto, spiegando di aver agito su ordine del
proprio governo (giunto mediante la legazione italiana in Costa Rica), ruppe i
propri occhiali e ne inghiottì i frammenti di vetro nel tentativo di
suicidarsi, tanto che venne istituito un servizio di sorveglianza speciale sui
marinai del Fella per prevenire altri
atti simili.
Le autorità italiane,
come quelle tedesche, all’inizio di aprile protestarono per l’arresto dei loro
marinai, asserendo che l’autoaffondamento, di fronte ad un tentativo armato di
cattura, era stato legittimo, e chiesero il rilascio della nave (forse non
erano a conoscenza del fatto che fosse affondata), ma il ministro degli Esteri
costaricano Alberto Echandi oppose ad entrambe le richieste un diniego.
Ad inizio maggio il
presidente della Costa Rica dispose che le due navi venissero recuperate,
riparate e vendute, e che il ricavato della loro vendita venisse utilizzato per
mantenere i marittimi incarcerati; le autorità costaricane non avevano infatti i
mezzi per mantenere tanti uomini, tanto che erano dovute essere le comunità
italiana e tedesca del Paese a fornire materassi, vestiario e provviste per i
loro connazionali incarcerati. Durante il processo, iniziato il 24 maggio dopo
vari problemi (reperimento di interpreti, malattia di alcuni “imputati”) e concluso
in giugno, i comandanti di Fella ed Eisenach si assunsero la piena
responsabilità per quanto accaduto, ma le autorità costaricane proclamarono un’amnistia
per gli equipaggi delle due navi, decidendone però l’espulsione dal territorio
nazionale. Il caso venne archiviato il 30 giugno, ma già il 21 maggio, prima
ancora che il processo avesse inizio, era stata stabilita l’amnistia e
l’espulsione.
A seguito della
decisione del governo, il 22 maggio 1941 i marittimi erano stati fatti salire
su un treno scortato e trasportati a Puerto Limón, da dove poi furono espulsi e
condotti a Cristobal (Panama). L’accordo raggiunto tra Stati Uniti, Costa Rica
ed i marittimi stessi prevedeva che questi ultimi sarebbero stati condotti
nella zona del canale di Panama e che qui sarebbero potuti salire su un
mercantile che li avrebbe portati in Giappone, da dove sarebbero poi potuti
tornare ai rispettivi Paesi. Il governo statunitense, però, violò l’accordo,
decidendo invece di trasferire i marittimi italo-tedeschi a San Francisco per
interrogarli e poi internarli: a Cristobal 102 marittimi tra italiani e
tedeschi vennero imbarcati sul trasporto statunitense Chateau Thierry, che li trasportò a New York, dove giunse il 13 giugno
1941. A nulla valsero le proteste delle legazioni dell’Asse verso il governo
costaricano e di quest’ultimo verso quello statunitense.
Da qui gli uomini
della Fella (classificati come «detained
alien enemies», la denominazione nella quale ricadevano civili di nazioni
nemiche ritenuti responsabili od a rischio di commettere azioni di sabotaggio),
dopo i controlli da parte dei funzionari responsabili del controllo
dell’immigrazione – tenutisi, per avvenire più in fretta, direttamente a bordo
della nave ormeggiata a Brooklyn invece che ad Ellis Island – furono portati
nel campo di prigionia di Fort Missoula, in Montana, dov’era stata internata la
maggior parte degli equipaggi delle navi italiane catturate negli Stati Uniti.
I marittimi già internati vi avevano realizzato una scultura che riproduceva in
scala la Lanterna di Genova, che, come la sua controparte reale accoglieva i
naviganti che giungevano nel porto ligure, “accoglieva” i nuovi marinai
catturati che arrivavano nel campo.
L’incendio del Fella e le vicende successive nelle
pagine dei giornali costaricani (da explorecr.blogspot.it):
All’inizio del giugno
1941 la Costa Rica vendette la Fella
e l’Eisenach alla Olson Shipping
Company di San Francisco, che si occupava anche di recuperi: tale compagnia
intendeva infatti riportare a galla le due navi per rimetterle in servizio. Non
tutto, però, andò come previsto: mentre l’Eisenach
poté essere recuperato e riparato, la Fella,
essendo completamente bruciata e rovesciata su un fianco (e lo scafo, a causa
dell’incendio e delle esplosioni, risultava danneggiato e deformato), non
risultò recuperabile.
Nel 1945 la Costa
Rica sequestrò denaro appartenente a cittadini italiani residenti nel
territorio nazionale per ripagare i danni causati dall’autoaffondamento della Fella quattro anni prima.
Dopo il fallimento di
diversi tentativi di recupero (prima della nave, nel 1952 e nel 1953, e poi
almeno del suo prezioso carico di marmo; l’ultima proposta di recupero del
carico, al prezzo previsto di 500.000 colones, risale al 1957 e non fu mai
attuata), il relitto della motonave fu abbandonato sul posto; la sua massa
rugginosa e ricoperta dalla vegetazione marina, di cui una piccola parte,
progressivamente erosa dal mare, affiorava dalle onde con la bassa marea,
divenne una presenza familiare per gli abitanti di Puntarenas. Un’elica venne
recuperata dalla famiglia di pescatori Carmona.
Ancor oggi una
piccola porzione della chiglia della Fella,
contrassegnata da una boa e ridotta ormai a posatoio per gli uccelli marini,
emerge dal mare ad appena 350 metri dalla spiaggia, davanti al Paseo de los
Turistas. Il relitto, spezzato in tre tronconi (quello centrale è il più
grande, quello prodiero il più piccolo), è oggi ridotto in cattive condizioni a
causa dell’erosione.
Quando nel maggio
2012 ebbero inizio lavori di recupero – di parti come motori, argani, ancore e
catene – sul relitto da parte della società Rescates del Pacífico Sociedad
Anónima di Alessandro Pittana (mediante la chiatta con gru Four Winds e con regolare autorizzazione della Divisione Marittima
Portuale del Ministero dei Lavori Pubblici e dei Trasporti), il Tribunale Amministrativo
Ambientale, sollecitato da alcuni abitanti di Puntarenas, intervenne ordinando
la sospensione di ogni lavoro di recupero in corso sul relitto, richiedendo
inoltre alla Guardia Costiera della Costa Rica ed al Sistema Nazionale delle
Aree Protette costaricano di mantenere il sito sotto controllo. La Segreteria
Tecnica Ambientale Nazionale costaricana venne incaricata di effettuare una
valutazione sul valore storico ed ambientale (il relitto, infatti, con il tempo
era divenuto una sorta di scogliera artificiale ricca di vita marina, sede di
un piccolo ecosistema – con un gruppo di gasteropodi, undici gruppi di pesci,
un gruppo di bivalvi, due gruppi di crostacei, un gruppo di echinodermi nonché
alghe ed altri organismi – che sarebbe stato distrutto in caso di
smantellamento). Nel luglio 2012 la Corte Suprema di Giustizia, a seguito di un
ricorso per incostituzionalità per fermare i lavori, condannò la municipalità
di Puntarenas a pagare i danni causati dai lavori di demolizione, mentre la
Rescates del Pacífico venne assolta, avendo operato pienamente in regola – la
colpa era delle autorità municipali che non avrebbero dovuto concedere il
permesso – ed avendo prontamente interrotto i lavori non appena erano sorti
problemi.
Nell’ottobre 2012 il
relitto della Fella, con il
procedimento 18460 (su proposta di Rodolfo Sotomayor e dei cinque deputati di
Puntarenas, capeggiati da Agnes Gómez Franceschi, e dopo il parere positivo
della Commissione Permanente Speciale di Scienza e Tecnologia), è stato
dichiarato patrimonio storico della Costa Rica dal parlamento del Paese, dopo
aver superato le difficoltà causate dal fatto che la legge costaricana in
merito non tutelava “mezzi di trasporto” (come una nave) che non si trovavano
per giunta sulla terraferma.
Una delle ancore
della nave, recuperata nel 2012 dalla Rescates del Pacífico e donata alla città
di Puntarenas, è stata monumentalizzata in una piazza della città.
Ciò che resta oggi della Fella (da explorecr.blogspot.it)
Buongiorno Lorenzo, vorrei conoscere la fonte bibliografica in cui ha trovato il numero di costruzione del FELLA ai cantieri SAN ROCCO. Ho il libro di Gellner e Valenti sul San Rocco,ma proprio ai numeri di costruzione 745 e altri, hanno un vuoto, e non riesco a trovare conferme per i presunti gemelli CELLINA e LEME, mentre FELTRE e RIALTO li ho trovati nel cantiere San Marco di Trieste. Grazie
RispondiEliminaDante FLORE
Buongiorno Dante,
Eliminaa memoria credo di averlo trovato su Naviearmatori.
Lorenzo