sabato 15 novembre 2014

V 65 Giuseppina

La nave al varo, con l’originario nome di Fidente, il 14 giugno 1922 (g.c. Mauro Millefiorini)

Motoveliero da carico (“barcobestia” a tre alberi) da 392,9 tsl e 316 tsn, lungo 39,2 metri, largo 8,8 e pescante 4,3. Appartenente all’armatore zaratino Nicolò Luxardo & C., matricola 28 al Compartimento Marittimo di Zara, nominativo di chiamata IKQM.

Breve e parziale cronologia.

14 giugno 1922
Varato nel cantiere E. Gotuzzo di Chiavari come Fidente.
1922
Completato come veliero (senza motore) con scafo in legno Fidente.
Successivamente cambierà nome in Basilio.
Sul finire degli anni ’30 la nave verrà posta in disarmo a Genova, essendo un veliero senza motore ausiliario ormai antiquato.
Gennaio 1938
Acquistato dagli armatori associati Fratelli Luxardo (Giorgio e Nicolò), R. Scopini & Matteo Nesi. È il caratista neresinotto “paron” Rico Nesi, esperto lupo di mare, ad occuparsi di fatto della nave: ne cambia il nome in Giuseppina (il nome di sua figlia) e la conduce nella sua ultima navigazione a vela, il periplo della penisola italiana fino ad Ancona, nei cui cantieri il Giuseppina viene dotato di un motore a 4 cilindri Deutsche Werke A. G. da 47 HP, divenendo così un motoveliero.
19 giugno 1940
Requisito dalla Regia Marina ed iscritto con sigla V 65 nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
24 ottobre 1940
Derequisito dalla Regia Marina e radiato dal ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
3 agosto 1941
Nuovamente requisito dalla Regia Marina a Tripoli (dalle ore 12) e reiscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato, nella categoria delle navi onerarie (oppure di nuovo come V 65).

L’affondamento

Intorno alle 21 del 12 febbraio 1942 il Giuseppina, in navigazione da Tripoli a Tunisi con un carico di carbone, venne attaccato con il cannone dal sommergibile polacco Sokol, al comando del capitano di corvetta Borys Karnicki, che, avendo notato che il motoveliero era privo di bandiera, era emerso, si era avvicinato in superficie ed aveva aperto il fuoco da 300 metri di distanza (alle 21.26, secondo l’orario del Sokol). Dopo che le prime cannonate ebbero colpito la murata della nave, l’equipaggio fermò il motore e la abbandonò precipitosamente su una scialuppa, senza prima provvedere a distruggere i documenti presenti a bordo.
A questo punto il Sokol abbordò il Giuseppina ed inviò a bordo una squadra d’abbordaggio, guidata dal sottotenente di vascello Tadeusz Bernas. Questi constatò che il motoveliero stava trasportando carbone da Tripoli alla Tunisia, ma, soprattutto, rinvenne a bordo una mappa con le posizioni dei campi minati italiani, che sarebbe tornata utile ai britannici per individuare rotte sicure in cui far passare le proprie navi.
Terminata la propria opera, la squadra d’abbordaggio sistemò delle cariche esplosive nel locale motori, le innescò e tornò a bordo del sommergibile. Dopo che le cariche furono detonate, il Sokol finì la nave a cannonate.
Dopo circa mezz’ora dall’inizio dell’attacco il Giuseppina, incendiato, affondò nel punto 34°15’ N e 10°55’ E, 15 miglia a sud della boa numero 7 delle secche di Kerkennah, trenta miglia a sud di Sfax (Golfo di Gabes).
Non vi furono vittime; l’intero equipaggio raggiunse la costa su una scialuppa, venti ore dopo l’affondamento.


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