La nave al varo, con l’originario
nome di Fidente, il 14 giugno 1922
(g.c. Mauro Millefiorini)
|
Motoveliero da carico
(“barcobestia” a tre alberi) da 392,9 tsl e 316 tsn, lungo 39,2 metri, largo
8,8 e pescante 4,3. Appartenente all’armatore zaratino Nicolò Luxardo & C.,
matricola 28 al Compartimento Marittimo di Zara, nominativo di chiamata IKQM.
Breve e parziale cronologia.
14 giugno 1922
Varato nel cantiere
E. Gotuzzo di Chiavari come Fidente.
1922
Completato come
veliero (senza motore) con scafo in legno Fidente.
Successivamente
cambierà nome in Basilio.
Sul finire degli anni
’30 la nave verrà posta in disarmo a Genova, essendo un veliero senza motore
ausiliario ormai antiquato.
Gennaio 1938
Acquistato dagli
armatori associati Fratelli Luxardo (Giorgio e Nicolò), R. Scopini & Matteo
Nesi. È il caratista neresinotto “paron” Rico Nesi, esperto lupo di mare, ad
occuparsi di fatto della nave: ne cambia il nome in Giuseppina (il nome di sua figlia) e la conduce nella sua ultima
navigazione a vela, il periplo della penisola italiana fino ad Ancona, nei cui
cantieri il Giuseppina viene dotato
di un motore a 4 cilindri Deutsche Werke A. G. da 47 HP, divenendo così un
motoveliero.
19 giugno 1940
Requisito dalla Regia
Marina ed iscritto con sigla V 65 nel
ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
24 ottobre 1940
Derequisito dalla
Regia Marina e radiato dal ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
3 agosto 1941
Nuovamente requisito
dalla Regia Marina a Tripoli (dalle ore 12) e reiscritto nel ruolo del naviglio
ausiliario dello Stato, nella categoria delle navi onerarie (oppure di nuovo
come V 65).
L’affondamento
Intorno alle 21 del
12 febbraio 1942 il Giuseppina, in
navigazione da Tripoli a Tunisi con un carico di carbone, venne attaccato con
il cannone dal sommergibile polacco Sokol,
al comando del capitano di corvetta Borys Karnicki, che, avendo notato che il
motoveliero era privo di bandiera, era emerso, si era avvicinato in superficie
ed aveva aperto il fuoco da 300 metri di distanza (alle 21.26, secondo l’orario
del Sokol). Dopo che le prime
cannonate ebbero colpito la murata della nave, l’equipaggio fermò il motore e
la abbandonò precipitosamente su una scialuppa, senza prima provvedere a
distruggere i documenti presenti a bordo.
A questo punto il Sokol abbordò il Giuseppina ed inviò a bordo una squadra d’abbordaggio, guidata dal
sottotenente di vascello Tadeusz Bernas. Questi constatò che il motoveliero
stava trasportando carbone da Tripoli alla Tunisia, ma, soprattutto, rinvenne a
bordo una mappa con le posizioni dei campi minati italiani, che sarebbe tornata
utile ai britannici per individuare rotte sicure in cui far passare le proprie
navi.
Terminata la propria
opera, la squadra d’abbordaggio sistemò delle cariche esplosive nel locale
motori, le innescò e tornò a bordo del sommergibile. Dopo che le cariche furono
detonate, il Sokol finì la nave a
cannonate.
Dopo circa mezz’ora
dall’inizio dell’attacco il Giuseppina,
incendiato, affondò nel punto 34°15’ N e 10°55’ E, 15 miglia a sud della boa
numero 7 delle secche di Kerkennah, trenta miglia a sud di Sfax (Golfo di
Gabes).
Non vi furono
vittime; l’intero equipaggio raggiunse la costa su una scialuppa, venti ore
dopo l’affondamento.
Nessun commento:
Posta un commento