Il Francesco Nullo (g.c. Marcello Risolo via www.naviearmatori.net)
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Cacciatorpediniere
della classe Sauro (1130 tonnellate di dislocamento standard e 1650 a pieno
carico). In guerra svolse una decina di missioni d’intercettazione di convogli (o
singole navi) britannici nel Mar Rosso, senza mai riuscire a prendere contatto
con navi nemiche, salvo che nello scontro nel quale andò perduto.
Breve e parziale cronologia.
9 ottobre 1924
Impostazione nei Cantieri
del Quarnaro di Fiume.
14 novembre 1925
Varo nei cantieri Cantieri
del Quarnaro di Fiume.
15 aprile 1927
Entrata in servizio.
Durante le prove in mare il Nullo ha
toccato una velocità di 37,4 nodi, così risultando il più veloce dei
cacciatorpediniere della classe Sauro.
25 maggio-2 giugno 1928
Il Nullo ed il capoclasse Nazario Sauro vengono assegnati a
compiti di assistenza durante la «Crociera aviatoria del Mediterraneo Occidentale»
di Italo Balbo: il volo in formazione di 61 idrovolanti da Orbetello (decollo
il 25 giugno) a Marsiglia (1° giugno) con tappe a Cagliari Elmas, Pollensa, Los
Alcazares e Puerto de los Alfaques (31 maggio) e poi ritorno ad Orbetello (2
giugno), con un volo di oltre 2800 km complessivi. I due cacciatorpediniere
seguono gli aerei lungo tutta la rotta, tenendosi pronti ad assistere eventuali
idrovolanti in difficoltà.
Il Nullo ed i gemelli Nazario Sauro, Cesare Battisti
e Daniele Manin formano la III
Squadriglia Cacciatorpediniere, che, insieme alla IV Squadriglia (Francesco Crispi, Quintino Sella, Giovanni
Nicotera, Bettino Ricasoli) ed
all’esploratore Pantera (conduttore),
compongono la 2a Flottiglia della I Divisione Siluranti, inquadrata
nella 1a Squadra Navale di base a La Spezia.
Gennaio 1933
Il Nullo trasporta il ministro delle
comunicazioni Costanzo Ciano ed il capo di Stato Maggiore della Marina,
ammiraglio Sirianni, in visita ai pozzi petroliferi della regione del Devoli
(Albania).
1933
Modificato, ricevendo
una voluminosa centrale di tiro che viene realizzata sopra la plancia (che però
peggiora le sue già non ottime condizioni di stabilità).
1935
In preparazione alla
sua dislocazione in Mar Rosso, subisce nuovi grandi lavori per dotare i locali
interni di climatizzazione. A causa del conseguente appesantimento, la velocità
massima cala da 35 a 31,7 nodi e l’autonomia da 2600 miglia a 14 nodi a 2000
miglia alla stessa velocità.
Nell’autunno dello
stesso anno il Nullo viene dislocato
in Mar Rosso, entrando a far parte della Divisione Navale in Africa Orientale,
al comando dell’ammiraglio Vannutelli (e composta, oltre che dal Nullo e dal gemello Manin, dagli incrociatori leggeri Bari e Taranto, dagli
esploratori Tigre e Pantera, dalla torpediniera Audace e dai sommergibili Luigi Settembrini e Ruggiero Settimo). Esegue missioni di pattugliamento e contrasto al
contrabbando di armi durante la guerra d’Etiopia.
Comanda il Nullo, in questo periodo, il CC
Guglielmo Bolla.
La nave a Venezia nell’agosto
1936 (foto Baschetti-Venezia, Coll. M. Brescia)
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1936
Il Nullo continua a far parte della
Divisione Navale in Africa Orientale (alla quale si sono aggiunte anche le
torpediniere Giacinto Carini e Generale Antonio Cantore, i sommergibili
Tricheco, Narvalo, Salpa e Serpente, le navi appoggio sommergibili Antonio Pacinotti ed Alessandro Volta, l’incrociatore
ausiliario Arborea e quattro MAS).
Lo comanda in questo periodo il capitano di corvetta Rosario Viola, 40 anni, da Riposto.
Lo comanda in questo periodo il capitano di corvetta Rosario Viola, 40 anni, da Riposto.
1937-1938
Rientra in
Mediterraneo e prende parte alle operazioni connesse alla guerra civile
spagnola.
Il Nullo al tempo della Guerra di Spagna (g.c. Mauro Millefiorini, via
www.naviearmatori.net)
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Inizio 1939
Viene di nuovo
inviato in Mar Rosso (in seno alla III Squadriglia Cacciatorpediniere), da dove
non farà più ritorno.
Maggio 1940
Assume il comando
dell’unità il CC Costantino Borsini.
10 giugno 1940
All’ingresso
dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, il Nullo (CC Costantino Borsini) forma la III Squadriglia
Cacciatorpediniere, di base a Massaua, insieme ai gemelli Nazario Sauro, Cesare Battisti
e Daniele Manin.
26 luglio 1940
Nullo,
Battisti ed il sommergibile Guglielmotti lasciano Massaua per
cercare un mercantile britannico (segnalato come proveniente da Suez ed in
navigazione nel Mar Rosso), che non troveranno.
24-25 agosto 1940
Nella notte, Nullo e Sauro vengono inviati alla ricerca di naviglio nemico, che non
trovano.
Il Nullo fotografato a fine anni Trenta (Coll. Aldo Fraccaroli, via
Maurizio Brescia e www.associazione-venus.it)
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L’attacco al «BN 7» e l’ultimo duello
Compito principale
dei cacciatorpediniere del Mar Rosso, contrariamente ai loro omologhi operanti
in Mediterraneo, non era la difesa di convogli italiani da attacchi aeronavali
britannici, bensì l’attacco ai convogli britannici che, provenienti dall’Oceano
Indiano, si radunavano ad Aden e risalivano il Mar Rosso diretti a Suez. Il
primo di questi convogli lasciò Aden il 2 luglio 1940; e sin dallo stesso mese
di luglio, i cacciatorpediniere italiani di base a Massaua iniziarono a
prendere il mare per intercettare tali convogli, ma senza successo. Tra luglio
e settembre 1940, a seguito di avvistamenti da parte della ricognizione aerea,
i cacciatorpediniere italiani presero il mare nottetempo per attaccare i
convogli britannici, ma ogni volta non riuscirono a trovarli, dovendo così
rientrare alla base a mani vuote. Entro ottobre, le navi italiane avevano
inutilmente consumato gran parte delle proprie riserve di carburante,
ritrovandosi così alle prese con una carenza di nafta, ed erano afflitte da
ripetute avarie di macchina; anche gli equipaggi erano stanchi e sfiduciati,
per lo sfiancante caldo torrido del Mar Rosso, le malattie del clima tropicale
e la mancanza di risultati.
Al tempo stesso, la squadra
britannica di stanza ad Aden aveva notevolmente incrementato la propria forza,
giungendo a contare quattro incrociatori leggeri, tre cacciatorpediniere ed
otto sloops, una flottiglia ben più moderna e numerosa di quella disponibile a
Massaua per attaccare i convogli. A partire da settembre gli incrociatori
antiaerei Carlisle e Coventry presero ad alternarsi nel
pattugliare la rotta Aden-Suez, fungendo da protezione supplementare contro
attacchi di navi di superficie.
La sera del 20
ottobre 1941 il Nullo (al comando del
capitano di corvetta Costantino Borsini), il Sauro ed i più grandi Leone
e Pantera della V Squadriglia
lasciarono Massaua per intercettare il convoglio britannico «BN 7» (capo
convoglio capitano di vascello H. E. Horan), formato da 32 mercantili (partiti
da Aden il 19 ottobre, provenendo da Bombay, alla volta di Suez) scortati
dall’incrociatore leggero neozelandese Leander
(capitano di vascello James William Rivett-Carnac), dal cacciatorpediniere
britannico Kimberley (capitano di
corvetta John Sherbrook Morris Richardson), dagli sloop Yarra (capitano di corvetta Wilfred Hastings Harrington), Auckland (capitano di fregata John
Graham Hewitt) ed Indus (capitano di
fregata Eric George Guilding Hunt), rispettivamente australiano, britannico ed
indiano, e dai dragamine britannici Huntley
(capitano di corvetta Harold Robert Austin King) e Derby, nonché da una cinquantina di aerei da caccia e bombardieri
di Aden. Il convoglio, diretto verso nord, era stato avvistatoed attaccato il
19 ottobre da un aerosilurante italiano Savoia Marchetti S. 79 “Sparviero”
pilotato dal tenente Alberto Leonardi ed infruttuosamente cercato (il 20) dai
sommergibili Guglielmotti e Ferraris e da un altro “Sparviero”
pilotato dal sottotenente Mario Indri (che a differenza dei sommergibili trovò
il convoglio e lo attaccò, ma senza cogliere risultati), ed il 20 ottobre il
Comando Marina di Massaua aveva ordinato la partenza dei quattro
cacciatorpediniere per intercettarlo. Il piano prevedeva che i più lenti e
meglio armati Leone e Pantera (che avrebbero formato la
seconda sezione, al comando del capitano di fregata Paolo Aloisi) avrebbero
distratto la scorta, consentendo a Sauro
e Nullo (che avrebbero costituito la
seconda sezione, al comando del CC Moretti degli Adimari del Sauro) di superare lo schermo protettivo
e lanciare i loro siluri contro le navi mercantili. Era previsto che il
convoglio sarebbe passato al largo di Massaua intorno a mezzanotte.
Il mare era calmo e
la luna illuminava bene la notte, ma la foschia riduceva la visibilità in
direzione della costa africana.
A bordo del Nullo si trovavano 204 uomini. Non tutti facevano parte del suo equipaggio "titolare": alcuni erano stati colpiti da malattie provocate dal torrido clima eritreo, tra cui una forma di “lichene pustoloso” che colpiva le persone dalla carnagione più delicata, causata dall'eccessiva sudorazione che portava ad una sorta di ostruzione dei pori della pelle, che a sua volta causava un fortissimo prurito. Tale malattia poteva essere curata solo mediante una licenza di due o tre giorni sugli altopiani dell’Etiopia, dal clima più salubre. Per rimpiazzare gli uomini mancanti e mettere la nave in grado di prendere il mare per attaccare il convoglio, si era reso necessario prelevare uomini da altre unità per assegnarli temporaneamente al Nullo: tra questi era il sergente Giovanni Battista Begliatti, del Pantera, che era stato trasferito sul Nullo quale sostituto due giorni prima della missione.
A bordo del Nullo si trovavano 204 uomini. Non tutti facevano parte del suo equipaggio "titolare": alcuni erano stati colpiti da malattie provocate dal torrido clima eritreo, tra cui una forma di “lichene pustoloso” che colpiva le persone dalla carnagione più delicata, causata dall'eccessiva sudorazione che portava ad una sorta di ostruzione dei pori della pelle, che a sua volta causava un fortissimo prurito. Tale malattia poteva essere curata solo mediante una licenza di due o tre giorni sugli altopiani dell’Etiopia, dal clima più salubre. Per rimpiazzare gli uomini mancanti e mettere la nave in grado di prendere il mare per attaccare il convoglio, si era reso necessario prelevare uomini da altre unità per assegnarli temporaneamente al Nullo: tra questi era il sergente Giovanni Battista Begliatti, del Pantera, che era stato trasferito sul Nullo quale sostituto due giorni prima della missione.
Dopo la partenza da
Massaua, le due sezioni di cacciatorpediniere passarono nel canale di nord est
dell’arcipelago delle Dahlak, per poi separarsi alle 21.15. Fu il Pantera ad avvistare per primo il
convoglio, alle 23.21 (per altra versione alle 2.19 di notte del 21 ottobre: la
differenza è causata verosimilmente dal diverso fuso orario), circa 35 miglia a
nord-nord-ovest dell’isoletta di Jabal al-Tair (situata 110 miglia ad
est/nordest di Massaua): in base agli ordini prestabiliti, il Pantera informò il Sauro di aver avvistato fumo a prora dritta, poi la sezione
costituita da Leone e Pantera attaccò col cannone e col
siluro, ritenendo, a torto, di aver silurato alcune navi, per poi ripiegare
inseguita da parte della scorta (Leander,
Kimberley, Auckland e Yarra).
Nel frattempo, ricevuto
il segnale di scoperta del Pantera, Nullo e Sauro si allontanarono dalla zona mentre la prima sezione attaccava,
poi manovrarono per portarsi in posizione favorevole (rispetto alla luna) per
attaccare, compiendo una prima virata di 90° a sinistra alle 00.16 del 21
ottobre e poi un’altra alle 00.50. Le due unità assunsero poi rotta sudest, ma
procedettero per quasi un’ora senza vedere alcuna nave: poi, all’1.48, apparvero
il Leander ed un’altra nave. Il Sauro attaccò infruttuosamente con due
siluri, poi ripiegò sotto il fuoco del Leander,
per poi tornare all’attacco silurante alle 2.07, stavolta contro il convoglio,
ma di nuovo senza successo.
Al contempo, dal Nullo vennero avvistati dei lampi di
luce che vennero attribuiti al lancio di siluri da parte di navi nemiche, e
poco dopo una vedetta del cacciatorpediniere gridò di vedere scie di siluri che
correvano verso la prua del Nullo.
Mentre, alle 2.12, il Sauro si
disimpegnava verso nord (coprendosi la ritirata con una cortina fumogena,
secondo fonti britanniche), per aggirare il convoglio e tornare a Massaua
attraverso il canale d’accesso meridionale, il Nullo, trovandosi ancora in una posizione favorevole per lanciare i
propri siluri contro il convoglio, compì un’altra virata per attaccare prima di
riprendere il proprio posto nella formazione.
Fu allora che la
sorte tradì il cacciatorpediniere di Borsini: il timone del Nullo s’inceppò e rimase bloccato per
diversi minuti, facendolo girare in tondo (il cacciatorpediniere compì due
interi giri) e facendogli perdere il contatto con il Sauro.
Alle 2.20 i
proiettori del Leander individuarono
una nave dipinta di grigio chiaro, in navigazione verso nord: era il Nullo. L’incrociatore britannico, che si
trovava 4200 metri a proravia dritta del Nullo,
aprì il fuoco contro il cacciatorpediniere, che rispose al fuoco sparando prima
contro una nave avvistata a poppavia ed identificata come un cacciatorpediniere
– in realtà, probabilmente, l’Auckland
– e poi contro il Leander. Lo scambio
di colpi (nel quale il Nullo sarebbe
stato avvantaggiato dall’avere polvere da sparo che non produceva fiammate
visibili di notte – tanto che dal Leander
si videro solo due delle salve tirate da parte italiana –, a differenza
dell’incrociatore nemico, il quale però con i suoi pezzi da 152 poteva arrecare
gravi danni al Nullo, invece
impossibilitato a danneggiare seriamente un incrociatore con i suoi pezzi da
120 mm) proseguì per una decina di minuti, nei quali il Leander tirò otto salve alla cieca, delle quali, tuttavia, diversi
proiettili andarono a segno, danneggiando la girobussola e la centrale di
direzione del tiro del Nullo. Quest’ultimo,
danneggiato, interruppe l’attacco e virò per ovest/nordovest in direzione del
Canale di Harmil, allontanandosi a 30 nodi di velocità, inseguito dal Leander che ne aveva intuito le
intenzioni. Le macchine del cacciatorpediniere, nonostante la loro età,
funzionavano bene, e permettevano di raggiungere quella velocità senza emettere
fumo che ne facilitasse l’individuazione. Il Leander setacciò vagamente l’oscurità con il proiettore e con
cortine luminose, ma non riuscì a rintracciare il Nullo, dovendosi quindi limitare a proseguire nella direzione in
cui era sparito.
Sfortuna volle che
alle 2.40, mentre il capo del complesso prodiero da 120 del Nullo si recava dal direttore del tiro
per informarlo che erano rimasti in canna due proiettili, un incidente
inaspettato – forse l’involontario urto di qualcuno o qualcosa contro il
pulsante di fuoco nella stazione di direzione del tiro – fece partire
proprio quei due colpi, permettendo alle unità nemiche di ritrovare la nave di
Borsini, che tuttavia riuscì a distanziarle.
Alle 3 anche il Kimberley si unì all’inseguimento, ma
cinque minuti dopo il Leander (che
dall’inizio dell’attacco al convoglio aveva sparato in tutto 129 colpi da 152
mm) decise di tornare indietro, ritenendo che il cacciatorpediniere italiano si
stesse allontanando ad un tasso di 7 nodi dall’incrociatore, e che sarebbe
stato imprudente lasciare solo il convoglio, che avrebbe potuto subire altri
attacchi (questa decisione venne poi criticata dal comando britannico di Aden
come “mancanza di aggressività”). Il Kimberley,
invece, decise di proseguire, sperando di poter intercettare il Nullo (per alcune fonti, anche lo Yarra inseguì il Nullo insieme al Kimberley,
ma probabilmente si tratta di un errore), che nel frattempo stava perdendo
tempo, a causa di problemi idrografici, nell’imboccare il canale nordorientale
di accesso a Massaua.
L’incontro avvenne
alle 5.40 del 21 ottobre, al largo dell’isola di Harmil. Il Kimberley, che vi era giunto poco prima
dell’alba, avvistò una sagoma a sud-sudest, e si avvicinò per vedere di cosa si
trattasse; alle sei del mattino, anche le vedette del Nullo avvistarono un fumo a nordest, poi divenuto una nave che non
riuscirono ad identificare a causa del pronunciato angolo tra le loro due
rotte. Il comandante Borsini, comunque, ritenne che si trattasse del Sauro, impressione rafforzata quando il
nuovo arrivato, apparentemente, si mise a fare segnalazioni per comunicare con
il presidio italiano dell’isola di Harmil. Più che un attacco da parte di navi
nemiche, Borsini era preoccupato dalle secche che circondavano l’imbocco del
canale settentrionale di Massaua, e soprattutto dal banco di sabbia a soli 3,7
metri di profondità che si trovava subito a nord della posizione stimata del Nullo delle ore 5.
L’attenzione del cacciatorpediniere
italiano dovette però bruscamente volgersi all’altra nave quando alle 5.53,
all’improvviso, il Kimberley aprì il
fuoco da 11.300 metri. Colto di sorpresa, il Nullo perse quattro minuti prima di rispondere al fuoco, ed alle
6.05 virò bruscamente passando da una rotta verso nordovest ad una verso
sud/sudovest. Entro le 6.11 la distanza si era ridotta a 9400 metri; a causa
dei danni subiti nel precedente scontro con il Leander, da bordo del Nullo
si dovette tirare a vista, senza potersi avvalere della centrale di tiro, e per
rifornire i cannoni di munizioni fu necessario creare delle catene umane che
portavano i proiettili dai depositi munizioni. Il Nullo evitò nove salve del Kimberley,
poi altre tre salve caddero corte ma servirono alla nave britannica per
allineare meglio le proprie artiglierie meglio il bersaglio, seguite da altre
sei salve che inquadrarono la nave italiana pur senza colpirla. La distanza tra
le due navi andò progressivamente scendendo da 8200 a 3650 metri.
Alle 6.15 anche le batterie
costiere dell’isola di Harmil, ed in particolare la «Giulietti», dotata di
quattro cannoni da 120/45 mm ed al comando del tenente di vascello di
complemento Lorenzo Maggiolo, si unì allo scontro, aprendo il fuoco contro il Kimberley. Nello stesso momento – la
distanza tra le due navi si era ridotta a 7770 metri – il Kimberley virò verso sud emettendo fumo nero dal fumaiolo, il che
diede ai cannonieri del Nullo
l’erronea impressione di aver colpito la nave nemica.
Poco dopo, alle 6.20,
la situazione del Nullo precipitò
quando il cacciatorpediniere italiano strisciò contro un banco di sabbia
corallina, che aprì uno squarcio nel suo scafo e danneggiò un’elica.
Poi, mentre l’unità –
che già stava imbarcando acqua – stava assumendo una rotta adatta ad aggirare
l’isola di Harmil, il Kimberley la
colpì con due proiettili: il primo esplose nella sala macchine prodiera, il
secondo colpì la sala macchine poppiera. Le schegge spazzarono le
sovrastrutture; subito dopo essere stato colpito, il cacciatorpediniere sbandò
bruscamente a sinistra con incendio a bordo, mentre le sue macchine si
fermavano.
Il comandante Borsini
ordinò all’equipaggio di prepararsi ad abbandonare la nave, ma intanto manovrò
in modo da assumere una rotta verso l’isola di Harmil, in un ultimo tentativo
di salvare la nave portandola all’incaglio: le macchine però non funzionavano
più, e la spinta dell’abbrivio si esaurì prima che la nave giungesse in acque
abbastanza basse da potersi incagliare. Avvicinandosi ad Harmil, Borsini
intendeva, se non fosse stato possibile salvare la nave, almeno permettere
all’equipaggio di mettersi in salvo raggiungendo la vicina isola, ed al
contempo attirare il Kimberley entro
il tiro delle sue batterie costiere. Il complesso poppiero da 120 mm del Nullo continuò a sparare finché lo sbandamento
non divenne eccessivo; il secondo capo cannoniere Urbano Pierdiluca, sentito
l’ordine che gli uomini non destinati alle armi abbandonassero la nave,
raggiunse il complesso prodiero da 120 mm per permettere di sparare con maggiore
intensità, finché fu colpito ed ucciso da una scheggia (fu decorato con la
Medaglia di bronzo al Valor Militare alla memoria).
Il Kimberley lanciò un siluro per finire
l’agonizzante Nullo, ma l’arma mancò
il bersaglio.
Sul Nullo il comandante Borsini, mentre gli
ultimi uomini scendevano in mare, prese la sua ultima decisione: sarebbe
rimasto a bordo, per seguire la sorte della sua nave. A bordo, ormai, non c’era
più nessun altro; la nave affondava lentamente. Gli uomini già in mare e sugli
zatterini lo videro e gli gridarono di mettersi in salvo, ma Borsini non si
mosse, limitandosi a salutarli.
Era attendente di
Borsini un ventenne marinaio torrese, Vincenzo Ciaravolo, marinaio (su navi
mercantili, aveva già navigato ai tempi delle guerre di Spagna e d’Etiopia)
anche in tempo di pace: richiamato nel 1939, fino al 21 settembre 1940 (data
del suo trasferimento sul Nullo)
aveva prestato servizio sulla nave coloniale Eritrea, della quale lo stesso Borsini era stato comandante in
seconda fino a pochi mesi prima, quando in maggio aveva assunto il comando del Nullo. Dall’Africa dove combatteva,
Ciaravolo inviava spesso i pochi soldi della paga alla famiglia, che viveva in
condizioni di seria indigenza.
Vincenzo Ciaravolo,
come il resto dell’equipaggio, si era già tuffato in acqua, ma solo dopo aver
ricevuto l’ordine direttamente dal suo comandante: aveva baciato la sua mano
destra e poi si era gettato in mare. Una volta a bordo di uno zatterino,
Ciaravolo si accorse che il comandante Borsini era rimasto in plancia, deciso
ad affondare con la nave: il giovane marinaio, dopo aver vanamente gridato con
gli altri a Borsini di salvarsi, si ributtò in mare, tornò a nuoto verso il Nullo agonizzante, risalì a bordo con
una scaletta che pendeva lungo la murata e si diresse verso il suo comandante,
forse intenzionato a cercare di convincerlo, o costringerlo, a mettersi in
salvo, forse desiderando morire al suo fianco.
Frattanto il Kimberley si era avvicinato maggiormente
(tanto da poter leggere chiaramente le lettere identificative «NL» dipinte
sullo scafo della nave italiana, riconoscendola così come il Nullo), ed aveva lanciato un secondo
siluro: questa volta l’arma andò a segno, proprio mentre Ciaravolo si accingeva
a raggiungere Borsini. Centrato dal siluro, il Nullo esplose, si spezzò in due ed affondò rapidamente nel punto
16°28’ N e 40°13’ E (nel canale a nordest di Harmil, vicino all’isolotto di
Seil Harmil), portando con sé il comandante Borsini ed il marinaio Ciaravolo,
oltre ai corpi di dodici uomini rimasti uccisi nel combattimento. Erano le 6.35
del 21 ottobre 1940.
Sul mare e sugli
zatterini restavano 190 naufraghi, che nuotavano in direzione della vicina
isola.
Il Kimberley aveva sparato in tutto 115
salve, oltre ad aver lanciato due siluri; non era mai stato colpito dal tiro
del Nullo, ma a breve Borsini sarebbe
stato vendicato.
Il Kimberley (che complessivamente aveva
sparato 596 proiettili perforanti e 97 esplosivi, dei quali un centinaio contro
la batteria «Giulietti» e gli altri contro il Nullo) s’immobilizzò di nuovo una volta giunto fuori tiro, ma venne
infine raggiunto dal Leander e da
questi rimorchiato a Porto Sudan, superando indenne un attacco aereo.
I proiettili sparati dal Kimberley, a decenni di distanza,
giacciono ancora inesplosi sull’isola di Harmil (da “Ulisse con le pinne” di
Lino Pellegrini, Acanthos Editore)
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Il giorno seguente, il 22 ottobre (oppure più tardi lo stesso 21), tre bombardieri britannici Bristol Blenheim del 45th Squadron della Royal Air Force sganciarono le loro bombe sul relitto affiorante del Nullo ad est di Harmil, ritenendo di aver affondato un cacciatorpediniere che ancora galleggiava. Ebbe qui origine l’equivoco per cui varie fonti britanniche riportano il Nullo come solo gravemente danneggiato dal Kimberley, incagliato e poi definitivamente distrutto dai bombardieri Blenheim l’indomani (inizialmente, prima di chiarire che solo il Nullo era stato affondato, da parte britannica si ritenne che un cacciatorpediniere italiano fosse stato affondato dal Kimberley, ed un altro gravemente danneggiato, e forse affondato, dai bombardieri). In realtà, quello che i Blenheim attaccarono era già un relitto, affondato in acque poco profonde.
Le vittime del Nullo (nell’affondamento, o per le ferite
riportate):
Costantino Borsini, capitano di corvetta
(comandante), deceduto
Carlo Brice, capo segnalatore di terza classe,
disperso
Stefano Castriconi, marinaio cannoniere,
disperso
Vincenzo Ciaravolo, marinaio, disperso
Roberto Dardano, sottotenente di vascello,
deceduto in Eritrea il 10.11.1940
Giuseppe Di Paola, capo meccanico di prima
classe, disperso
Francesco Filannino, sottocapo furiere,
disperso
Gaetano Italiano, marinaio fuochista, deceduto
l’8.11.1940
Urbano Pierdiluca, secondo capo cannoniere,
deceduto
Giuseppe Raimondo, marinaio fuochista,
disperso
Marcello Rebissoni, marinaio fuochista,
deceduto in Eritrea il 16.11.1940
Giuseppe Sorgi, sottotenente del Genio Navale,
disperso
Pasquale Taglietta, marinaio elettricista,
deceduto
Giuseppe Vecchioli, sottocapo silurista,
deceduto
I cannoni del Nullo vennero successivamente
recuperati, e due dei suoi pezzi da 120/45 mm andarono a formare, insieme ad un
terzo di altra provenienza, una batteria sull’isolotto Dur Gaam, che prese il
nome di «Borsini» (ad un’altra batteria, realizzata sull’isola di Dohul, l’USMM
propose di dare il nome «Ciaravolo», ma prevalse la proposta del Comando Navale
Africa Orientale di denominarla «Eritrea»). Questa batteria proteggeva da
attacchi navali nemici il canale nordorientale di accesso a Massaua, proprio
quello che il Nullo aveva tentato
invano di raggiungere nel suo combattimento finale.
Il bollettino di
guerra del 22 ottobre 1940, dopo aver annunciato l’attacco al convoglio
esagerando le perdite subite dal nemico (in realtà limitate al solo
danneggiamento del Kimberley),
riportò che un cacciatorpediniere – non nominato, ma chiaramente il Nullo – era stato colpito e si era
portato sotto la protezione delle batterie costiere della Regia Marina,
tacendone la perdita (“Nel complesso delle azioni sono stati affondati sei
piroscafi ed altri risultano seriamente danneggiati; a malgrado degli aspri
combattimenti, solo una delle nostre siluranti è stata colpita dal fuoco degli
incrociatori nemici. Essa, nonostante le gravi avarie subite, è riuscita
tuttavia a portarsi sotto la protezione delle batterie costiere della R.
Marina. Le perdite tra l'equipaggio sono lievi”). Che il Nullo, stavolta con il nome, era stato affondato venne annunciato
nel bollettino del 24 ottobre, parlando però di autoaffondamento a seguito dei
danni subiti (“Il cacciatorpediniere Nullo gravemente
danneggiato nello scontro in Mar Rosso si è autoaffondato nei pressi della
costa”); il 26 ottobre, infine, venne annunciato che il comandante Borsini,
posto in salvo l’equipaggio, aveva voluto perire con la sua nave (“Il
comandante del cacciatorpediniere Nullo,
capitano di corvetta Costantino Borsini, dopo aver posto in salvo quasi tutto
l'equipaggio, si è inabissato colla sua nave”).
Il Francesco Nullo fu la prima nave da
guerra di superficie della Regia Marina ad essere affondata in Mar Rosso.
Uno dei cannoni del Nullo recuperati e sistemati a Dur Gaam,
abbandonato sull’isola a decenni di distanza (da “Ulisse con le pinne” di Lino
Pellegrini, Acanthus Editore)
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A Borsini e Ciaravolo ed al Nullo lo scrittore Filippo Tommaso Marinetti, guida del futurismo, dedicò nel 1942 la «Simultaneità di Borsini Ciaravolo cacciatorpediniere ‘Nullo’ gloria della marina italiana» nell’“aeropoema” «Canto uomini e macchine della guerra mussoliniana», e successivamente un brano musicale delle “sintesi musicali futuriste” («Gli eroi Borsini e Ciaravolo affondano col cacciatorpediniere Nullo nel Mar Rosso», cantato da Marinetti stesso e musicato al pianoforte da Aldo Giuntini). Torre del Greco dedicò nel 1941 la propria Villa Comunale a Ciaravolo; in epoca più recente, nel 2001, la Marina Militare ha intitolato a Borsini uno dei nuovi pattugliatori della classe Comandanti. Una delle palazzine della base navale di Taranto è anch’essa dedicata a Ciaravolo; vie intitolate a Borsini esistono a Milano, Malnate (suo paese d’adozione) e Fiumicino, mentre vie intitolate a Ciaravolo sono a Fiumicino e Napoli.
Dato che gesti come
quello di Borsini non erano isolati (avevano già condiviso volontariamente la
sorte delle loro navi, ad esempio, il CV Enrico Baroni del cacciatorpediniere Espero ed il CC Lorenzo Bezzi del
sommergibile Liuzzi) e rischiavano di
privare la Regia Marina di ufficiali esperti e coraggiosi, dopo l’affondamento
del Nullo venne fatta circolare la
disposizione “ufficiosa” che invitava ad evitare altri gesti simili, ma ancora
moltissimi comandanti l’avrebbero “trasgredita” seguendo deliberatamente le
proprie unità in fondo al mare.
Il relitto del Nullo, che giace a 60-80 metri di
profondità e circa cinque miglia a sudest del vecchio faro di Harmil, venne
trovato nel 1956 dal subacqueo, giornalista e fotografo Lino Pellegrini, che vi
s’immerse con la moglie Elena e recuperò alcuni oggetti, oltre ad informare la
vedova del comandante Borsini, Olga (che alla morte del marito aveva un figlio
di tre anni, Ubaldo), del ritrovamento. Pellegrini trovò il relitto in gran
parte distrutto dall’esplosione che ne aveva segnato l’affondamento, tanto da
risultare ben poco riconoscibile; negli anni successivi all’affondamento, i
resti del Nullo erano anche stati
depredati dalla popolazione locale. Non sembra che, dopo il 1956, il relitto
del cacciatorpediniere abbia più ricevuto visite; e probabilmente la nave di
Borsini e Ciaravolo potrà riposare indisturbata ancora a lungo, avendo il
governo eritreo interdetto ogni visita all’isola di Harmil, sede di un presidio
militare eritreo.
Due dei cannoni da
120 mm del Nullo, quelli recuperati
ed assegnati alla batteria «Borsini» di Duur Gam, sono ancor oggi visibili tra
i resti degli apprestamenti militari dell’isola, fatti saltare all’atto della
resa italiana nell’aprile 1941.
La motivazione del conferimento della Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria del capitano di corvetta Costantino Borsini, nato a Milano il 7 aprile 1906:
“Comandante di
cacciatorpediniere, durante l’attacco ad un grosso convoglio giunto a contatto
con siluranti e incrociatori nemici, impegnava audacemente aspro combattimento,
animando i dipendenti con l’esempio del proprio valore. Colpita la sua nave da
numerosi colpi che ne menomavano irreparabilmente l’efficienza, persisteva
nell’impari lotta con efficaci risultati, dando prova di fermezza, di grande
serenità d’animo e di sommo sprezzo del pericolo. Dopo aver provveduto alla
salvezza dell’equipaggio, rifiutava recisamente di abbandonare la sua nave e,
impavido e fiero sul ponte di comando, volto verso il nemico, affondava con
essa, incontrando sublime e gloriosa morte.
Mar Rosso (presso
isola Harmil), 21 ottobre 1940.”
Il capitano di corvetta Costantino Borsini (g.c. Giovanni Pinna) |
La motivazione del
conferimento della Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria del marinaio
Vincenzo Ciaravolo, nato a Torre del Greco il 21 novembre 1919:
“Imbarcato su
silurante impegnata in aspro combattimento contro incrociatori e
cacciatorpediniere nemici, con calma serena rimaneva durante tutta l’azione al
fianco del suo comandante di cui era attendente. Ricevuto l’ordine di
abbandonare la nave che affondava per i gravi danni riportati durante il
combattimento, si gettava in mare: ma accortosi che il comandante rimaneva al suo
posto, spontaneamente risaliva a bordo in un generoso slancio di fedeltà e di
altruismo, ben conscio del mortale pericolo al quale si esponeva. Nella sublime
decisione di seguire la sorte del suo comandante affrontava con lui la morte
gloriosa degli eroi. Mar Rosso (presso l’isola di Harmil), 21 ottobre 1940.”
Ricordi del sergente
Giovanni Battista Begliatti, superstite del Nullo,
addetto al complesso poppiero da 120 mm (si ringrazia il nipote Fabio Begliatti
II, autore dell’intervista):
“Domanda: Trasferimento
in Eritrea. Perché?
Risposta: Ero stufo
di stare a Lero che non c’era niente, e ho chiesto di essere trasferito in
Africa, ma alla fine c’era ancor meno che in Grecia, ed in più faceva un caldo
insopportabile. Siamo arrivati il 10/12 maggio (del 1940, ndr), ed il 15 giugno
ci hanno già bombardati, a Massawa.
[Parte omessa,
relativa al periodo trascorso sul Leone
e poi sul Pantera. Viene descritta la
situazione generalmente precaria delle navi dislocate in Eritrea, ormai vetuste
e risistemate alla meglio per il clima africano, infestate dai topi e con vitto
pessimo.]
D: e dal Pantera come sei finito sul Nullo
R: come rimpiazzo,
perché mancava un uomo che era all’ospedale, non era disponibile.
D: comunque voi della
missione non sapevate niente
R: eh, cosa sapevamo?
L’equipaggio non sa mai niente, sapevamo che dovevamo uscire, ma per il resto i
dettagli li sapevano gli ufficiali e loro manovravano l’operazione
D: quindi si
preparava una missione…
R: si ma vedi, dopo
aver vissuto tutto quello che avevamo vissuto, dopo essere pronti a una
missione senza contare su navi esploratori, senza segnalazione aerea, eravamo
sicuri di andare incontro a… alla fine. Siamo partiti, di notte, non di giorno
e siamo stati fuori un bel po’.
D: e poi il Nullo ha avuto una avaria al timone
R: è stato colpito
D: ah si? Ma su
internet c’è scritto che ha avuto una avaria
R: si, una avaria.
Perché è stato colpito, per quello che mi ricordo. Forse non era neanche fuoco
nemico, ma di questo non son sicuro.
D: colpito da cosa
esattamente?
R: da una bomba che
non è caduta proprio sulla nave ma è caduta nell’acqua vicino alla poppa ed
esplodendo ha mandato il timone in avaria. Perché la bomba, quando tocca
l’acqua esplode. [Probabile confusione con un altro episodio, non risultando alcun
intervento di aerei nello scontro.]
D: e poi nella tarda
nottata avete avuto il Kimberley alle
calcagna
R: si, era già quasi
l’alba.
D: ma voi sapevate
che era il Kimberley?
R: no, non ci eravamo
presentati. Non lo sapevamo con certezza anche perché i cacciatorpediniere
inglesi erano simili tra loro.
D: comunque eravate
vicini ad Harmil
R: l’isola! E li ci
hanno presi a calci nel culo.
D: comunque al primo
colpo tu ti sei buttato a mare
R: eh, ci siamo
buttati tutti… ci han detto: “Tutti a mare”!
D: e tu sei saltato
subito in acqua
R: subito, non ho
aspettato di guadagnare la medaglia alla memoria
D: dove ti trovavi
quando il Nullo è stato colpito?
R: ero nella
casamatta del cannone a poppa. Non potevo lasciare il posto di combattimento
fino a nuovo ordine, ma era chiaro che non c’era più niente da fare.
D: ed è affondato
R: eh, in quattro e
quattr’otto, si è messo a girare in tondo!
D: in tondo?
R: eh si, oramai era
ingovernabile… si, correggeva con i motori di destra e di sinistra per la
direzione, ma girava di qua e di là
D: quindi si è
incagliato e tu ti sei buttato. Com’era l’acqua?
R: in Mar Rosso non è
mai fredda
D: e quanto c’era da
lì all’isola?
R: eh, vai a
ricordare, mi sembra qualche chilometro…
D: quindi avete
dovuto nuotare?
R: si ma avevamo il
salvagente. Perché nelle postazioni di combattimento indossavamo sempre il
salvagente.
D: e dall’isola?
R: eh, da lì poi ci
hanno portati a Massawa, ma dopo qualche ora.
D: ma li sull’isola
c’era una batteria costiera?
R: si, avevo fatto
domanda di esser mandato lì ma non me l’avevano accettata.
D: comunque sei stato
abbastanza fortunato
R: destino! Non era
la mia ora.
D: ma tu hai
incrociato il comandante del Nullo in
qualche occasione?
R: guarda, il
comandante era in plancia, ed io ero a poppa
D: perché poi lui è
rimasto a bordo
[Breve scambio sulla
morte di Borsini e Ciaravolo, scelta che Giovanni Battista Begliatti disapprova
ritenendola un sacrificio inutile. Gli viene poi mostrata una cartolina
commemorativa dell’affondamento (visibile anche in questa pagina). Riferendosi ad una scialuppa che, nel disegno,
si allontana a remi dalla nave che affonda con Borsini e Ciaravolo a bordo:]
R: Ah ah ah!
Ridicola! Dove avevamo le scialuppe, su una nave da guerra? È già tanto che
avessimo i salvagente, su quelle carrette!”
La morte di Ciaravolo
e Borsini nel ricordo del Marinaio Cannoniere Bruno Andorlini:
“Quando ci avvedemmo che il comandante restava a bordo tutti, dai nostri zatterini, lo implorammo di sbarcare, che, tanto, sul Nullo non c’era più nessuno. Ma il comandante non si muoveva dalla plancia. Intanto, pian piano, la nave affondava”.
“E Ciaravolo?” “Era sugli zatterini, con noi. Ma s’era gettato in mare soltanto dopo averne ricevuto l’ordine dal comandante, un ordine perentorio. Ciaravolo ne sembrò umiliato, tuttavia prese la mano destra del suo comandante e la baciò, e si tuffò. Poi, come tutti noi, incitò il suo comandante a salvarsi. Quando, infine, comprese che il Borsini voleva morire con il Nullo, lasciò lo zatterino, raggiunse a nuoto il caccia e, trovata una scaletta che ancora pendeva da una fiancate, ci si arrampicò. Si diresse subito verso la plancia. Il resto lo ricordo confusamente perché il gesto di Ciaravolo ci aveva sbalordito, in mare tra vivi e morti galleggiavano quasi duecento persone, e il Kimberley, benché avesse invertito la rotta continuava a sparare. D’improvviso un boato tremendo, l’esplosione come di un vulcano, forse una serie concentrata di esplosioni. Istintivamente ci rannicchiammo, ci portammo le mani alla testa per ripararci. Il Nullo? svanito.”
Ed in quello del marinaio fuochista Giovanni De Martis, che poi visse in Eritrea fino alla fine degli anni ’80:
“Quando ci avvedemmo
che il comandante restava a bordo, tutti, dai zatterini – eravamo oltre duecento –, lo implorammo di
scendere, perché, tanto, sul Nullo
non c’era più nessuno, non c’era niente da salvare che valesse il sacrificio di
una vita. Ma il comandante non si muoveva, era come assorto nel
drammatico gesto che aveva a lungo meditato, una statua di marmo, fermo
incrollabile. Da quel momento non lo vidi più. Il suo attendente, un marinaio
napoletano, vent’anni appena compiuti, capelli biondosporco, era con noi. Ma a
differenza di noi, s’era gettato in mare soltanto dopo aver ricevuto l’ordine
perentorio del comandante. E sembrava come se fosse umiliato per quell’ordine.
Ma poi, insieme a noi tutti, incitò il comandante a salvarsi. Quando infine
comprese che Borsini voleva morire colla sua Nave, con un gesto fulmineo che
lasciò tutti noi sbalorditi, si gettò dallo zatterino e con poche bracciate
raggiunse il caccia, che ancora pendeva da una fiancata, e ci si arrampicò. Si
diresse subito verso la plancia, ma poi non vidi più nulla perché intanto
l’incrociatore inglese Kimberley
continuava a sparare come un ossesso. Poi, d’improvviso, l’esplosione, come di
un vulcano, forse una serie rapidissima e concentrata di esplosioni.
Istintivamente ci rannicchiammo”
Una serie di foto scattate da
Lino ed Elena Pellegrini nel 1956 sul relitto del Nullo (da “Ulisse con le pinne” di Lino Pellegrini, Ancanthus
Editore):
Una mitragliera contraerea
ancora puntata verso il “cielo”…
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…una cernia attraversa un
oblò…
|
…mentre altri pesci girano
tra i resti della nave.
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Elena Pellegrini sopra una
scaletta…
|
…sull’ancora di dritta… |
…e sull’estrema prua.
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Bruno Andorlini, superstite
del Nullo, stabilitosi all’Asmara
dopo la guerra, posa insieme ai suoi dipendenti con l’ancora di dritta del Nullo.
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ottimo articolo. onore al comandante borsini
RispondiEliminaBsera Lorenzo. Nel1936 assunse il comando del Ct Nullo il CC Rosario Viola, nato a Riposto il 13 marzo 1896, futuro comandante degli incrociatori San Giorgio nel 1940 e Trieste nel 1943.
RispondiEliminaGrazie, aggiungo.
EliminaBsera Lorenzo. Il comte in 2^ del Nullo il 21 ottobre 1940 era il TV Giovanni Gianformaggio (nato il 3 gennaio 1914) che si salvò e ricevette la MBVM. GP
RispondiEliminaAnche mio padre Pelidi Bruno era nel cacciatorpediniere Francesco Nullo con il grado di Maresciallo Capo Silurista 3^ Classe.Ha ricevuto la croce di guerra al Valor Militare con la motivazione " Capo impianto di lanciasiluri di C.T. in procinto di affondare per gravi danni riportati in combattimento, all'ordine per il personale non destinato ai cannoni di abbandonare l'unità,si portava presso un complesso ancora in azione per coadiuvare gli addetti, contribuendo al mantenimento del fuoco fino agli ultimi istanti" A me e alle mie sorelle ci raccontava che aveva donato il salvagente ed era stato risucchiato a causa di un forte esplosione del C.T. Nullo, nuotando circa otto ore prima di salvarsi. Il 18/02/1981 è deceduto.
RispondiEliminaLa famiglia Pelidi ringrazia molto toccante e commovente la storia dello affondamento del C.T. Francesco Nullo.
RispondiEliminaOnori al Comandante Borsini e a tutte le vittime coinvolte nella tragedia.
Mio zio paterno, GM di complemento Giuseppe Pini, Pinin, classe 1918, faceva parte dell'equipaggio naufragato.
RispondiEliminaCatturato successivamente in combattimento dagli inglesi e deportato in India, a Yol ai piedi dell'Himalaya, fu rimpatriato nell'Agosto 1946.
"Nei mari di tutto il mondo la loro tomba è un'Ara"