Il sommergibile in navigazione: è ben visibile il suo sgraziato “nasone” prodiero (www.marina.difesa.it, via Marcello Risolo e www.betasom.it) |
Sommergibile
posamine, capoclasse della classe Bragadin (981,36 tonnellate di dislocamento
in superficie e 1167,25 in immersione). Stante la sua obsolescenza e le sue
mediocri qualità come sommergibile posamine, in guerra fu usato quasi
esclusivamente per compiti di trasporto verso il Nordafrica (svolgendo 11
missioni di questo tipo su un totale di 28 missioni svolte dal giugno 1940 al
settembre 1943) ed addestramento. Dal 10 giugno 1940 all’8 settembre 1943
effettuò 28 missioni di vario genere (escludendo dal numero altre 65 uscite
addestrative) e percorse 16.153 miglia in superficie e 1581 in immersione.
Breve e parziale cronologia.
3 febbraio 1927
Impostazione nei
cantieri Tosi di Taranto. Il nome originariamente scelto è Marcantonio Bragadino,
che verrà corretto prima del varo (aprile 1928) con l’eliminazione della “o”
finale, pur continuando ad essere usato a livello informale.
21 luglio 1929
Varo nei cantieri
Tosi di Taranto.
Entrata in servizio.
Dislocato alla Spezia, assegnato alla II Squadriglia Sommergibili.
1934
Trasferito a Taranto.
Assegnato alle Squadriglie VIII, IX e X tra il 1934 ed il 1938.
1935
A causa delle
mediocri qualità marine (poca stabilità e forte beccheggio con mare mosso),
poco dopo il completamento il Bragadin
subisce lavori di modifica che vedono il rialzo dell’estrema prua (dando così
un “nasone”, poi eliminato nel 1943) e l’applicazione di controcarene laterali
(bottazzi); anche l’estrema poppa viene accorciata e modificata, per via della
mediocrità delle attrezzature per la posa di mine, tanto che solo nell’estate
1935, dopo una prova di posa mine seguita alle modifiche, la Marina toglierà la
riserva sull’accettazione del sommergibile.
17 dicembre 1935
Durante il mattino,
nel corso di un’esercitazione nel Golfo di Taranto, viene accidentalmente
speronato dal sommergibile Tito Speri:
il Bragadin sbanda fortemente a
seguito della collisione, fin quasi a capovolgersi, ma non subisce danni gravi.
Lo Speri sprofonda lasciando
affiorare solo la poppa, ma tutto il suo equipaggio potrà essere soccorso, ed
il battello verrà successivamente rimorchiato in porto e riparato.
Due foto della collisione tra
lo Speri, a sinistra, ed il Bragadin, sbandato, a destra (sopra:
g.c. Paolo Carbonaio via www.naviearmatori.net;
sotto: da www.sommergibili.com)
1938
Assegnato alla
neocostituita XLV Squadriglia Sommergibili, formata da tutti i battelli
posamine della Regia Marina (il Bragadin,
il gemello Filippo Corridoni, il grande Pietro Micca, i tre “Foca” Foca, Atropo e Zoea, i vecchi X 2 e X 3).
Giugno 1938
Il Bragadin partecipa, a Venezia, alle
celebrazioni del ventesimo anniversario della battaglia del Piave, insieme ad
altre unità che portano i nomi di eroi veneziani (i sommergibili Enrico Dandolo, Giacomo Nani, Sebastiano Veniero, Lorenzo Marcello) e
veneti (il sommergibile Pietro Calvi e la torpediniera Tolosetto Farinata).
Settembre 1938-gennaio 1939
È in questo periodo comandante
del Bragadin il tenente di vascello
Luigi Longanesi Cattani, già suo comandante in seconda.
1939
Presta
temporaneamente (per qualche mese) servizio per la Flottiglia Scuola Comando.
Durante il suo
servizio in tempo di pace il Bragadin
è sempre rimasto in acque italiane, limitandosi ad uscite addestrative oltre a
qualche breve crociera sempre in acque nazionali.
Il Bragadin a Venezia nel 1939: a sinistra il campanile di San Marco ed
a destra un incrociatore pesante (Coll. Guido Alfano via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net)
|
10 giugno 1940
All’ingresso
dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il Bragadin fa parte della XXXVII Squadriglia Sommergibili, di base ad
Augusta (3° Gruppo Sommergibili di Messina, composto dalle Squadriglie XXXI,
XXXIV, XXXV e XXXVII), che forma insieme ai vetusti X 2 e X 3.
La missione più lunga
La missione più dura
per il Bragadin avvenne solo due
settimane dopo l’entrata in guerra: la sua prima missione bellica. Alle 16 del
24 giugno 1940 il vecchio sommergibile, al comando del capitano di corvetta
Bandino Bandini (futuro affondatore, con il Toti,
del sommergibile HMS Triad), salpò da
Napoli per trasportare a Tobruk 27 tonnellate di materiali della Regia
Aeronautica.
Il viaggio di andata
si svolse senza problemi, ma mentre il battello si trovava a Tobruk, il 28
giugno, ebbe luogo il tragico incidente di “fuoco amico” che vide
l’abbattimento del trimotore Savoia Marchetti S. 79 “Sparviero” avente a bordo
il governatore della Libia Italo Balbo, scambiato per nemico mentre tentava di
atterrare a Tobruk (nell’aeroporto T.2) durante un’incursione britannica sullo
stesso porto. Per decenni l’abbattimento dell’aereo di Balbo venne accreditato
all’incrociatore corazzato San Giorgio,
allora stazionario nella rada di Tobruk con funzione di immensa batteria
contraerea galleggiante: ricerche più recenti, però, fanno pensare che potrebbe
essere stato invece proprio il Bragadin
a sparare la raffica fatale, ritenendo di stare tirando contro un aereo
britannico. Il guardiamarina Aldo Massa, di guardia in un bunker che dava sul
porto, vide l’S. 79 di Balbo scendere verso la pista d’atterraggio ancora
intatto e passare sulla verticale di un sommergibile, che lo colpì all’ultimo
momento facendolo precipitare in fiamme: il Bragadin,
arrivato all’alba per poi ripartire già la sera del 28, era l’unico
sommergibile presente a Tobruk.
Il capitano di corvetta Bandino Bandini, comandante del Bragadin nelle sue prime missioni di guerra (g.c. Giovanni Pinna) |
Alle 16.30 del 28 il battello, che si era
inizialmente ormeggiato alla banchina sommergibili, aveva ricevuto l’ordine di
lasciare la banchina e spostarsi ad una boa situata sotto il costone roccioso
antistante l’aeroporto T.2 per porsi al riparo da un attacco aereo britannico,
che sarebbe giunto a breve; il Bragadin
aveva eseguito l’ordine, ormeggiandosi alle 17 alla boa, e quando era stato
dato l’allarme aereo un servente aveva armato la sua mitragliera contraerea,
senza però fare fuoco durante il bombardamento britannico, perché gli aerei
nemici volavano troppo alti, fuori tiro: solo alle 17.30 era stato aperto il
fuoco contro un aereo che era sopraggiunto volando a bassa quota, e che era
stato colpito ed abbattuto. Si trattava dell’aereo di Italo Balbo, che aveva
deciso di atterrare nell’aeroporto T.2 per verificare la situazione dopo il
bombardamento: mentre il velivolo che l’accompagnava, pilotato dal generale
Felice Porro, riuscì a defilarsi, l’aereo di Balbo, già in fase di atterraggio
e con il carrello abbassato, fu centrato e si schiantò in fiamme. Con Balbo
morirono anche gli altri otto uomini a bordo del trimotore (il secondo pilota
maggiore Ottavio Frailich, il capitano motorista Gino Cappannini, il
maresciallo marconista Giuseppe Berti, il maggiore Claudio Brunelli, i tenenti
Cino Florio e Lino Balbo, il console della MVSN Enrico Caretti ed il
giornalista Nello Quilici). Per tragica ironia della sorte, i materiali
trasportati dal Bragadin erano
destinati proprio all’aeroporto di Tobruk.
Il peggio doveva però
ancora venire, perché prima di poter tornare a Taranto, il 4 luglio, il
sommergibile dovette anche subire una violenta e prolungata caccia, con tre
attacchi aerei e due cacce con bombe di profondità da parte di navi. Durante questi
attacchi, persero la vita il capo di terza classe Giovanni Condemi, il secondo
capo Pietro Spada ed i comuni Rosino Barbieri e Francesco Esposito.
Le riparazioni per i
danni subiti, insieme ad altri contestuali lavori, durarono fino ad ottobre e
furono svolte nell’Arsenale di Taranto.
Il Bragadin fotografato durante la prima missione di guerra (E. Bagnasco e A. Rastelli via www.regiamarina.net) |
9 ottobre 1940
Imbarca
temporaneamente sul Bragadin, quale corrispondente
di guerra, il giornalista Dino Buzzati.
26 ottobre-5 novembre 1940
Compie una missione
di agguato protettivo nel canale d’Otranto, a difesa del traffico convogliato
tra l’Italia e l’Albania.
30 ottobre 1940
Il Bragadin (CC Mario Vannutelli) posa 24
mine sulle rotte d’accesso a Navarino. Si tratterà, singolarmente, dell’unico
impiego degli apparati per la posa di mine del sommergibile – che pure sarebbe
posamine – di tutta la sua vita operativa.
Il battello fotografato in
Mar Grande a Taranto durante la guerra, con colorazione mimetica (g.c. STORIA
militare)
|
9 dicembre 1940-1° ottobre 1941
Effettua 3 missioni
di vigilanza e 65 missioni addestrative in Alto Adriatico, alle dipendenze
della Scuola Sommergibili di Pola.
Successivamente viene
trasferito a Messina, poi a Taranto. Dalla fine del 1941 viene nuovamente
assegnato a compiti di trasporto, fino all’armistizio.
17 dicembre 1941
Il Bragadin (TV Luigi Andreotti) lascia
Taranto diretto a Bengasi con una cinquantina di tonnellate di rifornimenti,
poi, a seguito di un altro ordine giunto dalla base, modifica la rotte e dirige
su Tripoli, ma va ad arenarsi su un bassofondale al largo di Punta Tagiura.
Dopo aver trasbordato il carico su dei motovelieri, il sommergibile può essere
disincagliato e portato a Tripoli dal rimorchiatore Ciclope.
Gennaio 1942
Torna a Taranto dopo
aver completato le riparazioni dei danni causati dall’incaglio. Riprende poi
l’attività di trasporto.
3 luglio 1942: il Bragadin nella rada di Ras Hilal, dove
ha trasportato 49,2 tonnellate di materiali imbarcati a Taranto (g.c. STORIA
militare)
|
21 maggio 1943
Mentre rientra da
Lampedusa a Taranto dopo la conclusione di una missione di trasporto (rifornire
appunto la guarnigione di Lampedusa), il Bragadin
viene attaccato con quattro siluri da un sommergibile nemico in immersione, ma
riesce ad eludere le armi.
Il sommergibile in Mar
Piccolo a Taranto (da “Navi e bugie” di Nino Bixio Lo Martire, Schena Editore
1983, via www.betasom.it)
|
Armistizio ed epilogo
Nell’ambito del
«Piano Zeta» per l’impiego in massa delle superstiti forze subacquee contro il
previsto sbarco alleato a Salerno (due sommergibili ad ovest della Sardegna,
nove nel Basso Tirreno tra i golfi di Gaeta e Paola e quattro – Bragadin, Fratelli Bandiera, Squalo e Jalea – nello Ionio), il 7 settembre 1943 il Bragadin, al comando del tenente di vascello Alpinolo Cinti, lasciò
Taranto alle 14.04 e venne inviato in Mar Ionio, ponendosi in agguato nel golfo
di Taranto.
Così lo sorprese, il
giorno seguente, la proclamazione dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati. Il
comandante Cinti volle sapere le opinioni anche del tenente di vascello Carlo
Girola e del capitano di corvetta Rofoldo Scarelli, comandanti rispettivamente
dei sommergibili Squalo e Fratelli Bandiera: dopo questa consultazione, il Bragadin e lo Squalo
diressero per Augusta, mentre il Bandiera
fece rotta per Taranto.
Giunto ad Augusta
alle 9.45 dell’11 settembre, il Bragadin
si consegnò agli Alleati, poi, unitamente ai sommergibili Luigi Settembrini, Onice,
Squalo, Vortice e Zoea, lasciò il
porto siciliano per raggiungere Malta, ove era confluita la quasi totalità
della flotta italiana. Partiti da Augusta al tramonto del 16, i sei
sommergibili s’immersero subito dopo essere usciti dal porto per evitare che
unità alleate, avvistandoli, potessero accidentalmente attaccarli ritenendoli
nemici; informati su quali rotte da seguire per evitare i campi minati (anche
se non vi era la certezza assoluta che non ve ne fossero, dato che un campo
minato tedesco era stato scoperto ancora il 6 settembre), compirono tutto il
viaggio in immersione, emergendo a sudest di Malta nel pomeriggio del 17. Qui
il Bragadin giunse il 17 settembre
1943, alle 6.13, andandosi poi ad ormeggiare, insieme a tutti gli altri
sommergibili italiani (sedici in tutto), nella parte più interna
dell’ancoraggio di Lazaretto Creek (Marsa Muscetto). Durante la sua breve
permanenza nell’isola, l’unità effettuò anche due esercitazioni.
Il 13 ottobre, alle
18.38, il battello, con altri 15 sommergibili italiani, poté lasciare Malta. (Per
altra fonte questo non avvenne, ed il 13 stesso il Bragadin partì da Malta direttamente per raggiungere Haifa).
Pochi giorni dopo il Bragadin venne assegnato al Gruppo
Sommergibili Levante (insieme ai sommergibili Ciro Menotti, Zoea, Filippo Corridoni, H 1, H 2 e H 4), ed alle 6.30 (10.40 per altra fonte) del 26 ottobre, dopo uno
scalo a Malta (da dove partì alle 8.25 del 20 al comando del tenente di
vascello Augusto Manarini), arrivò ad Haifa, dove avrebbe dovuto imbarcare dei
rifornimenti da trasportare nell’isola egea di Lero, che, assediata e
bombardata, ancora resisteva agli attacchi tedeschi. Il sommergibile venne
tuttavia valutato inidoneo a questo ruolo, e non raggiunse mai Lero; operò
quale bersaglio per l'addestramento antisommergibile delle navi scorta
britanniche ad Haifa, finché un’avaria, non riparabile ad Haifa, non costrinse
a rimorchiarlo a Taranto: il battello, rimorchiato dall’incrociatore ausiliario
Lazzaro Mocenigo (ora usato come nave
caserma per i sommergibilisti), dovette lasciare la base palestinese alle 15
del 30 novembre 1943, insieme al Corridoni
e con la scorta del cacciatorpediniere Grecale.
Il piccolo convoglio giunse ad Alessandria d’Egitto alle 16.30 del 2 dicembre e
lì si pose alla fonda, finché alle 12.47 del 6 dicembre la Mocenigo ne ripartì rimorchiando il Bragadin (il Corridoni
seguì alle 16.30), ma l’8, al largo di Tobruk, il timone del Bragadin andò in avaria e rimase alla
banda, facendo spezzare la catena di rimorchio. Alle 15.30, in un modo o
nell’altro, Bragadin, Mocenigo e Corridoni poterono entrare in porto, ove Bragadin e Mocenigo si
ormeggiarono in coppia, ed alle 11.02 del 9 dicembre il rimorchio riprese in
direzione di Taranto, dove infine il Bragadin
arrivò tra le 11.40 e le 12.50 del 14 dicembre.
(Secondo un’altra
fonte, il Bragadin ebbe un’avaria di
macchina non appena arrivò ad Haifa, fu questo ad impedirne l’uso nel
rifornimento di Lero ed inoltre ciò costrinse a rimorchiarlo in Italia senza
che avesse potuto eseguire alcuna missione).
Stante la sua
vetustà, probabilmente la sua sorte non sarebbe stata diversa neanche se il
trattato di pace stipulato tra l’Italia e gli Alleati nel 1947 non avesse
obbligato la nazione a demolire tutti i suoi sommergibili. Come tutti gli altri
battelli della Regia Marina, il Bragadin
fu radiato il 1° febbraio 1948 ed avviato alla demolizione.
Il cofano portabandiera
del sommergibile, realizzato in gesso nel 1930-1933, è oggi conservato al museo
F. Corridoni di Corridonia.
Caduti in guerra sul Bragadin:
Giovanni Condemi, capo di terza classe
Pietro Spada, secondo capo
Rosino Barbieri, comune
Francesco Esposito, comune
Un’altra immagine del Bragadin (da “Preparazione e criteri d’impiego
dei sommergibili italiani nella seconda guerra mondiale” di Riccardo Nassigh,
sulla Rivista Italiana di Difesa n. 1 del gennaio 1984, via www.betasom.it)
|
Nessun commento:
Posta un commento