Motoscafo Armato Silurante (MAS) della classe omonima (tipo “Baglietto
velocissimo”) di due unità sperimentali (MAS
451 e MAS 452) derivate dalla
seconda serie della classe “500” e costruite nei cantieri Baglietto di Varazze,
lunghe 18 metri, larghe 4,78, pescaggio 1,56, dislocamento 24,5 tonnellate
(dimensioni leggermente superiori a quelle dei MAS contemporanei, per ospitare
un apparato motore più potente), armate con due tubi lanciasiluri da 450 mm ed
una mitragliera da 13,2 mm (nonché uno scaricabombe con sei bombe di
profondità). Velocità 42 nodi, con autonomia di 330 miglia a tale velocità (e
di 836 miglia a 8 nodi).
Nel 1939 la Marina imperiale giapponese ordinò ai cantieri Baglietto un
prototipo (T 1) basato sul progetto del MAS
451, che replicò poi in varie unità.
Di base ad Augusta, il MAS 451
ed il gemello 452 passarono pressoché
tutta la loro breve vita impiegati in operazioni insidiose e “speciali” nelle
acque attorno a Malta, insieme alla X Flottiglia MAS.
Breve e parziale
cronologia
1935
Impostato nei cantieri Baglietto di Varazze.
Gennaio 1936
Completato nei cantieri Baglietto di Varazze.
Novembre-dicembre
1938
Vengono effettuate le prove di collaudo, svolte a quasi tre anni dal
completamento a causa dell’inaffidabilità dell’apparato motore, costituito a
titolo provvisorio e sperimentale da motori diesel FIAT V1 16 da 750 HP.
1940
Dato che, dopo lunghe e numerose prove e modifiche, i motori FIAT V1 16
si rivelano inadeguati a garantire una velocità pari a quella ottenibile con
motori a gasolio, se ne decide la sostituzione con motori a benzina Isotta
Fraschini ASM-183 e motori economici a due tempi Alfa Romeo 6c-2500 a 6
cilindri da 70-78 HP.
Gennaio 1941
Rientro in servizio, seguito da nuove prove in mare, dopo la
sostituzione dei motori. Vengono ora raggiunte velocità soddisfacenti: 42,2
nodi con un dislocamento di 24,6 tonnellate e 44,6 nodi con un dislocamento di
24,3.
18-19 maggio 1942
Nella notte il MAS 451 ed il MAS 452 lasciano Augusta insieme alla
vecchia torpediniera Giuseppe Cesare Abba
per scortare due piccoli motoscafi siluranti della X MAS, il MTSM 214 ed il MTSM 218, incaricati di trasportare a Malta l’irredentista
italo-maltese Carmelo Borg Pisani (l’operazione è denominata «Operazione 111»),
arruolatosi volontario come Sottocapo Manipolo nella Milizia Artiglieria Marittima
ed intenzionato a favorire l’annessione dell’isola all’Italia. Borg Pisani,
esperto conoscitore della costa maltese, ha ricevuto – dopo un corso
d’addestramento sulle tecniche d’infiltrazione e sabotaggio – l’incarico di
sbarcare di nascosto sulla costa di Malta, infiltrarsi tra le linee nemiche ed
agire come sabotatore ed informatore in preparazione del previsto (e poi mai
attuato) sbarco italiano a Malta. I due MAS e l’Abba scortano i due MTSM fino a distanza tale da evitare di essere
individuati dalle difese britanniche di Malta, poi gli MTSM (Borg Pisani è
imbarcato sul 214) proseguono con i
motori al minimo. Per primo l’MTSM 218
invia in ricognizione su un canotto il palombaro Giuseppe Guglielmo, esperto nuotatore,
che però, dopo essere arrivato a terra, rimane bloccato a causa della corrente
e verrà catturato l’indomani, poi, dall’MTSM
214, viene inviato a terra con un battellino lo stesso Borg Pisani: ma
questi, giunto a terra in un approdo roccioso a Ras Id Dawara (costa
sudoccidentale di Malta), non riesce a scalare la scogliera e rimane bloccato a
seguito della perdita del battellino (e relative attrezzature), trascinato via
dalle onde. Dopo due giorni Carmelo Borg Pisani dovrà arrendersi ad una pattuglia
britannica: processato per tradimento (pur avendo già da tempo rinunciato alla
cittadinanza britannica in favore di quella italiana), verrà condannato ed
impiccato, ricevendo postuma la Medaglia d’oro al Valor Militare.
Malta
Nell’aprile 1941, a seguito della dislocazione a Malta di alcune unità
leggere britanniche, che subito avevano iniziato a colpire efficacemente il
traffico convogliato italiano con la Libia (distruzione del convoglio “Tarigo”,
16 aprile 1941), nacque nei vertici della Regia Marina l’idea di lanciare
contro il naviglio britannico stanziato alla Valletta un attacco di mezzi
d’assalto della X Flottiglia MAS, come il 26 marzo era stato fatto con successa
a Suda, nell’isola di Creta, quando i “barchini esplosivi” MTM avevano
semiaffondato l’incrociatore pesante York
e la cisterna Pericles. Il comandante
della X MAS, capitano di fregata Vittorio Moccagatta, studiò le varie
possibilità per l’attacco alla Valletta, e concluse infine che sarebbe stato
possibile tentare un attacco con otto MTM, alcuni dei quali da lanciare contro
le ostruzioni portuali per distruggerle ed aprire il varco agli altri, che
avrebbero invece attaccato le navi presenti nel porto.
Il MAS 451, insieme al gemello
MAS 452, venne scelto come unità
appoggio per l’operazione. I due MAS vennero impiegati già nelle operazioni
preliminari: nella notte del 26 maggio eseguirono una ricognizione in
preparazione dell’attacco, previsto per il 28, ma l’incursione fu infine
annullata a causa del maltempo. Un mese dopo, il 26 giugno 1941, i MAS 451 e MAS 452, a bordo dei quali c’era lo stesso comandante Moccagatta,
compirono una nuova ricognizione esplorativa della costa di Malta, spingendosi
fino a quasi un miglio e mezzo da terra, per meglio rendersi conto dei sistemi
di sbarramento e delle difese esistenti alla Valletta, scopo al quale le
ricognizioni aeree non erano più sufficienti. A bordo dei due MAS c’erano anche
i piloti dei barchini esplosivi ed un corrispondente di guerra tedesco;
nonostante diversi allarmi della difesa di Malta, con accensione di proiettori,
scoppi di bombe e fuoco contraereo, che costrinsero a ripetute interruzioni
dell’avvicinamento, MAS 451 e MAS 452 giunsero a meno di 3000 metri
dalla costa di Malta, distinguendo i bastioni delle fortificazioni britanniche,
prima di invertire la rotta per tornare ad Augusta, dove giunsero alle 7.35. Questa
ricognizione permise di dare definitivamente il via all’operazione contro Malta;
Moccagatta ne rilevò tra l’altro l’impressione dell’assenza di una regolare
vigilanza foranea (era la terza ricognizione di fila senza che venisse
avvistata alcuna unità britannica) e che vi fossero oltre 30 proiettori in
catena ininterrotta dalla baia di San Paolo fino a sudest della Valletta, tutti
collegati agli aerofoni.
Al tramonto del 28 giugno il gruppo navale destinato alla missione («Operazione
Malta 1»), costituito dai MAS 451, 452, 509,
556 e 562 che rimorchiavano otto barchini esplosivi MTM ed un motoscafo
silurante MTS, lasciò Augusta diretto a Malta al comando di Moccagatta, ma il
maltempo fece affondare uno dei barchini esplosivi e, dato che gli altri
stavano imbarcando acqua, Moccagatta dovette ordinare di rientrare e
posticipare l’attacco.
Il 30 giugno le stesse unità tentarono di nuovo, ma durante
l’avvicinamento a Malta, da sudest, incontrarono forte vento che alle 15
costrinse a distaccare un MTM, a rischio di affondamento, per tornare ad
Augusta. Moccagatta aspettò fino alle 8, quando il vento cessò finalmente, e
verificò lo stato dei suoi mezzi prima di passare all’attacco, ma a quel punto
un barchino ruppe il cavo di rimorchio ed ebbe un’avaria al motore; dopo più di
un’ora dovette essere abbandonato alla deriva per permettere agli altri di
proseguire, ma poco dopo anche uno dei MAS ebbe un’avaria che non poté in alcun
modo essere riparata. Moccagatta avrebbe voluto attaccare lo stesso, ma il suo
vice, capitano di corvetta Giorgio Giobbe, lo convinse che non fosse più il
caso. L’operazione dovette essere interrotta, e le unità tornarono ad Augusta.
Le settimane successive furono dedicate al perfezionamento del piano
operativo, nel quale fu aggiunto l’attacco, contemporaneamente a quello degli
MTM, anche di due siluri a lenta corsa (il che fu probabilmente un errore,
aggiungendo ulteriori complicazioni ad una situazione già troppo complessa per
un’azione d’assalto). Quando il 23 luglio la ricognizione aerea segnalò un
convoglio britannico diretto a Malta (era in corso l’operazione britannica «Substance»,
l’invio da Gibilterra a Malta di un convoglio di cinque mercantili, scortati
dalla corazzata Nelson, la portaerei Ark Royal, l’incrociatore da battaglia Renown, sei incrociatori e numerosi
cacciatorpediniere, suddivisi in due gruppi), cosa che comportava l’imminente
concentrazione, nel porto della Valletta, di parecchie navi mercantili e
militari, il comando della X MAS decise di dare inizio all’esecuzione della
missione.
All’attacco contro Malta – ora denominato «Operazione Malta 2» – avrebbero
partecipato, complessivamente, l’avviso veloce Diana, i MAS 451 e 452, un Motoscafo Trasporto Lento (MTL),
un Motoscafo da Turismo Silurante Modificato (MTSM), nove barchini esplosivi e
due SLC. I MAS 451 e 452 ed il Diana avrebbero lasciato Augusta alle 18.15 del giorno scelto per
l’operazione, trasportando i barchini esplosivi e l’MTSM (tutti sul Diana, onde evitare i problemi
registrati nei precedenti tentativi) e rimorchiando l’MTL (che aveva a bordo i
due SLC), e per le 18.45 avrebbero raggiunto un punto prestabilito, denominato «C»,
al largo di Augusta, da dove sarebbero proseguiti a 22 nodi seguendo le rotte
costiere verso sud sino al traverso di Pozzallo, da dove si sarebbero poi
diretti verso il punto prestabilito «K». Giunta la formazione nel punto «K», il
Diana avrebbe mollato il rimorchio
dell’MTL, che sarebbe stato a questo punto preso a rimorchio dal MAS 451, e messo a mare rapidamente
tutti i mezzi d’assalto, dopo di che avrebbe invertito la rotta per poi
pendolare per meridiano tra il punto prestabilito «A» e Capo Passero, in modo
da fornire appoggio nautico ai MAS, rientrando alla base solo quando gli fosse
stato ordinato dal MAS 452, sul quale
avrebbe preso imbarco il comandante dell’operazione, nonché della X MAS,
capitano di fregata Vittorio Moccagata. I due MAS ed i vari motoscafi e mezzi
d’assalto, invece, dal punto K sarebbero proseguiti con i propri motori
ausiliari, alla velocità di cinque nodi, sin nel punto «Y», situato a 3,5
miglia per 44° da Punta Sant’Elmo (Malta): il MAS 452 avrebbe guidato la formazione, il MAS 451 avrebbe rimorchiato l’MTL (a rimorchio corto), mentre i
barchini esplosivi e l’MTSM avrebbero seguito i due MAS. Raggiunto il punto Y,
sarebbero stati fermati i motori e, dopo una sosta di cinque minuti per
eseguire le ultime verifiche, il MAS 451
avrebbe mollato il rimorchio dell’MTL, che insieme all’MTSM ed agli MTM si
sarebbe portato 800 metri a nord dal ponte di Sant’Elmo, all’imboccatura del
porto della Valletta; uno degli SLC avrebbe distrutto l’ostruzione situata
presso il ponte (l’altro avrebbe attaccato i sommergibili nella base di Marsa
Muscetto), poi i barchini esplosivi sarebbero irrotti nel porto ed avrebbero
attaccato le navi all’ormeggio.
Dopo un’ultima ricognizione dei MAS nella notte del 23 luglio, il giorno
«X» fu fissato come il 26 luglio 1941: l’operazione aveva finalmente inizio.
Alle 18.15 del 25 luglio i due MAS ed il Diana salparono da Augusta alla volta di Malta, procedendo come da
ordini prestabiliti. Il MAS 451 era
al comando del tenente di vascello Giorgio Sciolette. Il mare era calmo, il
cielo sereno, non c’era vento.
Alle 18.45 le unità, come previsto, si riunirono nel punto «C» al di
fuori della rada di Augusta, formarono il “convoglio” ed iniziarono a seguire
le rotte costiere, a 22 nodi, sino al traverso di Pozzallo, poi assunsero rotta
200°5’ e proseguirono a 22 nodi verso il punto «K», distante 33 miglia.
Dopo una navigazione tranquilla, la formazione giunse perfettamente in
anticipo sulle 23 previste, alle 22.43, nel punto «K» (36°09’ N e 14°35’ E), a
20 miglia da Malta, poi, nel giro di un quarto d’ora, i mezzi d’assalto furono
calati in mare, il MAS 451 prese a
rimorchio l’MTL ed insieme al MAS 452
ed ai motoscafi diresse per il punto «Y», a cinque miglia dall’ingresso del
Grand Harbour di Malta, mentre alle 23 il Diana
aveva invertito la rotta per attendere i mezzi di ritorno al largo di Capo
Passero. Le piccole unità procedevano a lento moto in formazione a cuneo: in
testa l’MTSM, dietro di questo i due MAS, seguiti dagli MTM. Uno dei piloti dei
barchini esplosivi, il sottotenente di vascello Carlo Bosio (comandante del
gruppo dei barchini, poi caduto nell’azione), per singolare coincidenza aveva
prestato servizio proprio sul MAS 451,
dal settembre all’ottobre 1940, prima di offrirsi volontario per entrare nella
X MAS.
Dal punto «Y» (distante 11 miglia dal punto «K»), dove giunsero intorno
alle due di notte del 26 luglio (in ritardo rispetto all’ora prevista, l’1.34),
l’MTSM, l’MTL e gli MTM sarebbero dovuti proseguire da soli fino al punto «A»,
ad un chilometro dall’ingresso del porto, da dove poi un SLC si sarebbe portato
all’imboccatura del porto per distruggere la sua ostruzione, l’altro si sarebbe
diretto verso Marsa Muscetto, e gli MTM si sarebbero preparati all’attacco (era
previsto che uno, due se il primo avesse fallito, avrebbe partecipato alla
distruzione delle ostruzioni insieme all’SLC, mentre gli altri avrebbero
attaccato le navi).
Durante la sosta nel punto «K», però (alle 22.59, mentre il Diana metteva in mare l’ultimo MTM), si era
verificato il primo inconveniente, che ebbe per protagonista proprio il MAS 451, durante la manovra per prendere
a rimorchio l’MTL: l’unità del comandante Sciolette, infatti, avendo iniziato
ad andare bruscamente a marcia indietro per evitare due barchini comparsi a
proravia, entrò in collisione con l’MTL, urtandone la prua con la propria poppa
e danneggiandolo. L’urto non fu violento, ma fece perdere tempo ed aprì una
falla di circa 40 cm nella prua dell’MTL, fortunatamente sopra la linea di
galleggiamento, così che il motoscafo rimase in efficienza (ma, sebbene nessuno
se ne fosse accorto sul momento, ad avere la peggio fu l’SLC del tenente di
vascello Francesco Costa, che, danneggiato nell’urto, non funzionò
correttamente dopo essere stato messo in acqua, e non poté portare a termine il
suo incarico); tuttavia, durante la collisione, il cavo di rimorchio tra MAS 451 e MTL s’ingarbugliò in un’elica
del MAS, lasciandolo con un motore inutilizzabile, e quindi solo un altro
funzionante: per questo, il capitano di fregata Moccagatta ordinò che il MAS 451 tornasse ad Augusta a lento moto
con il solo motore funzionante, mentre il MAS
452 prendeva a rimorchio l’MTL al suo posto.
Così fu fatto; e così, apparentemente, sarebbe terminato il
coinvolgimento del MAS 451
nell’operazione contro Malta. Ma la navigazione verso il punto «Y», iniziata
intorno a mezzanotte con un’ora di ritardo sul previsto (proprio a causa degli
incidenti frattanto capitati), fu tanto lenta che un membro dell’equipaggio del
MAS 451 fece in tempo ad immergersi e
liberare l’elica dal cavo, così che dopo una mezz’ora il MAS 451 poté riunirsi al sezionario ed ai mezzi d’assalto, mentre
ancora questi procedevano verso il punto «Y» a 5 nodi, con rotta 180° (il
sottotenente di vascello Roberto Frassetto, pilota di uno degli MTM, ricordò
poi che Moccagatta si fermò, ascoltò seccato come l’elica del MAS 451 era stata liberata e permise a
Sciolette di seguirli). L’attacco, però, avrebbe presto avuto nuovi e funesti
risvolti.
Contrariamente alle aspettative italiane, il convoglio “Substance”, che
sarebbe dovuto essere il principale obiettivo dell’operazione, non era già più
nel porto: arrivate a Malta nel pomeriggio del 24 luglio, le navi del convoglio
avevano messo a terra il carico con la massima celerità ed erano ripartite già
la sera stessa, lasciando nell’isola solo alcuni sommergibili ed unità leggere.
Ma il peggio era ben altro: già dalle 22.30, infatti, i radar di Malta
avevano localizzato la formazione italiana in avvicinamento, a 20 miglia, e da
allora ne avevano tenuto sotto controllo i movimenti, compresa la sosta del Diana per mettere in mare i mezzi
d’assalto ed il suo successivo allontanamento (e successivamente anche le
strumentazioni di rilevamento acustico dell’isola avevano rilevato i rumori dei
motori delle unità italiane in avvicinamento), anche se dopo questo non
riuscirono più a rilevare i MAS e gli ancor più piccoli motoscafi e barchini in
avvicinamento. Tutte le difese dell’isola furono poste in allarme, ma in
particolar modo, a ragione, quelle attorno al Grand Harbour della Valletta:
proiettori, cannoni e mitragliere furono tutti puntati verso l’accesso del
porto; tutti i caccia di base negli aeroporti maltesi ricevettero l’ordine di
tenersi pronti al decollo, ed in ogni caso di levarsi in volo non appena fosse
giunta l’alba. Un debole attacco aereo italiano effettuato alle 4.25, che
avrebbe dovuto creare un diversivo e distrarre i difensori, ebbe invece il solo
effetto di metterli ancor più in allerta.
La sorpresa, elemento fondamentale in operazioni insidiose come quelle
organizzate dalla X MAS, era così completamente sfumata: le difese britanniche
aspettavano gli incursori al varco, pronti a massacrarli non appena avessero
fatto la loro comparsa. E gli uomini della X MAS ne erano completamente
all’oscuro.
Verso le tre di notte l’MTL mise a mare i due SLC, che mossero per
attaccare alle 3.45, poi, alle 4.40, anche i barchini esplosivi passarono
all’attacco. Ma le esplosioni che avrebbero dovuto distruggere le ostruzioni
all’imboccatura del porto ebbero l’effetto di far crollare il ponte di
Sant’Elmo, ostruendo il passaggio agli altri barchini, che si trovarono sotto
tiro incrociato di cannoni e mitragliere, in un ristretto specchio d’acqua
spazzato dai fasci dei proiettori. Fu un disastro; entrambi gli SLC, l’MTL e
tutti i barchini andarono distrutti, autodistrutti o catturati, quattro incursori
rimasero uccisi, gli altri nove, alcuni dei quali feriti, furono fatti
prigionieri.
Non era questa, però, l’impressione che aveva ricavato il capitano di
corvetta Giobbe: dall’MTSM, Giobbe vide le esplosioni distruggere le ostruzioni
ed i barchini partire all’attacco, come da piani, poi, fatto segno del tiro
delle difese ed impossibilitato a vedere altro dalle esplosioni e dalle luci
dei proiettori che lo abbagliavano, si allontanò convinto che l’attacco avrebbe
portato al successo. L’MTSM di Giobbe raggiunse quindi il MAS 452, che si stava allontanando a lento moto – brillavano in
quel momento le prime luci dell’alba – e Giobbe vi trasbordò con il proprio
equipaggio, informando Moccagatta del risultato apparentemente positivo
dell’attacco.
In precedenza, dopo essersi separati dai mezzi d’assalto, i due MAS
avevano lasciato il punto «Y» alle tre di notte, navigando a lento moto con
rotta 288° per un miglio e mezzo, avvicinandosi al punto di rientro situato
sulla congiungente tra Punta Sant’Elmo e Pozzallo. Giunti su questo punto, i
due MAS avevano atteso a motori spenti fino alle 4.35, in vana attesa di vedere
l’MTL che, se fosse riuscito a recuperare gli operatori del primo SLC, avrebbe
dovuto raggiungere i MAS per farsi prendere a rimorchio. Tra le 4.30 e le 5.00,
i due MAS si erano avvicinati a circa 3,5 miglia dalla costa.
Alle 4.50 i MAS, dopo aver visto e sentito in lontananza la sequenza
delle esplosioni, lasciarono il punto sulla congiungente Punta
Sant’Elmo-Pozzallo a lento moto, con i motori ausiliari, per iniziare il
rientro, e dieci minuti più tardi (in ritardo rispetto alle 4.37 previste
dall’ordine d’operazione: Moccagatta aveva voluto attendere più a lungo del
previsto, probabilmente, perché non si era ancora sentito lo scoppio della
carica del primo SLC, che avrebbe dovuto dare il via all’attacco, e voleva
capire cosa stesse accadendo) accostarono da rotta 288° su rotta 018°,
continuando a procedere con i motori ausiliari. Fu poco più tardi, alle 5.30, che
sopraggiunse l’MTSM, e Giobbe trasbordò sul MAS
452 dando a Moccagatta la “buona notizia”. Alle 5.35 i due MAS (il 452 rimorchiava l’MTSM) si allontanarono
su rotta 018° a 15 nodi, usando ora i motori principali.
(Per altra versione probabilmente erronea, il MAS 452, rimorchiando l’MTSM, si ricongiunse al MAS 451, che si stava allontanando verso
Augusta come da precedenti ordini, dopo di che i MAS si allontanarono a 28 nodi
per rientrare alla base.)
(Per altra versione, anche i due MAS furono fatti segno del tiro delle
batterie costiere dalle 4.40).
Ma la reazione britannica all’attacco non era ancora finita: giunta
l’alba, iniziarono a decollare da Malta gli aerei da caccia incaricati di
trovare le navi appoggio dei mezzi d’assalto che avevano eseguito l’attacco (si
trattava trenta Hawker Hurricane degli Squadrons 126, 185 e 251, decollati da
Luqa ed Hal Far alle 5.40). Al contempo, anche la caccia italiana si alzò in
volo, per scortare le unità nella loro navigazione di ritorno.
Alle 6.05 i due MAS videro un aereo britannico che si allontanava, e
dieci minuti dopo furono raggiunti da cinque (per altra fonte dieci, decollati
da Comiso alle 5.12) caccia Macchi C. 200 del 54° Stormo della Regia
Aeronautica, che ne assunsero la scorta. Alle 6.20, però, a 15 miglia da Malta
(secondo il comandante Sciolette; 36 miglia a nordest dell’isola secondo le
fonti britanniche), vennero avvistati a quota elevatissima ben 13 Hurricane
britannici, che si lanciarono all’attacco dei MAS (per altra fonte, lo scontro tra
gli aerei italiani e britannici ebbe inizio già alle 5.55, protraendosi per un
quarto d’ora). Ne scaturì una piccola ma furiosa battaglia aeronavale: i caccia
italiani, pur essendo numericamente inferiori, attaccarono quelli britannici,
intenti ad attaccare i MAS, che nel frattempo si separarono ed aprirono il
fuoco ciascuno con la propria piccola mitragliera contraerea da 13,2 mm, per
difendersi dall’attacco dei velivoli nemici. Il MAS 452 venne immobilizzato dalle raffiche di mitragliatrice, che
falcidiarono lo stato maggiore della X MAS, uccidendo Moccagatta, Giobbe ed
altri uomini; due caccia italiani (quelli dei piloti Gallina e De Mattia) ed
uno britannico furono abbattuti. Da parte italiana si rivendicò l’abbattimento
di quattro Hurricane con la perdita di un C. 200, mentre da parte britannica si
sostenne di aver abbattuto tre C. 200 e perso un Hurricane.
(Per altra fonte, dopo l’inizio della battaglia aerea tra Macchi ed
Hurricane alle 5.55, verso le 6 un gruppo di 10-11 Hurricane si separò dagli
altri ed attaccò per la prima volta i MAS, che li respinsero con le proprie
mitragliere, poi agli Hurricane che li avevano inizialmente assaliti se ne
aggiunsero anche altri inizialmente inviati alla ricerca di eventuali barchini
superstiti, per un totale di trenta aerei, fronteggiati da dieci Macchi C. 200;
gli Hurricane effettuarono un nuovo attacco sui MAS dalle 6.15 alle 6.30,
quello decisivo).
Il MAS 451, che all’inizio
dell’attacco – 6.21 – si era allontanato a tutta forza zigzagando verso nordest
(come previsto), si difese accanitamente con la propria mitragliera: dopo che
il puntatore dell’arma fu rimasto ferito, il sottocapo silurista Guido Vincon
(che aveva preso imbarco sul MAS da poche settimane, nello stesso mese di
luglio), sebbene anch’egli ferito in maniera gravissima – una raffica di
mitragliatrice gli aveva asportato la mascella – chiese ed ottenne dal
comandante Sciolette di rimpiazzarlo. Lo assisteva come servente della
mitragliera il sottocapo cannoniere Raffaele Cimini.
La strenua difesa del MAS 451 non
fu senza risultati: Vincon e Cimini, infatti, con la loro mitragliera, riuscirono
ad abbattere un caccia Hawker Hurricane del 185th Squadron, pilotato
dal sergente (Petty Officer) Denis Winton, che precipitò in mare nelle
vicinanze. Winton, paradossalmente, si salvò raggiungendo il relitto
galleggiante del MAS 452, abbandonato
alla deriva con otto morti a bordo. Altri Hurricane, però, mitragliarono il MAS 451 da bassissima quota, colpendolo,
incendiandolo ed uccidendo quattro uomini: gli stessi sottocapi Vincon (che
continuò a sparare contro gli aerei finché non affondò con il MAS) e Cimini
(che, ferito a morte, raggiunse la bandiera e morì abbracciando il vessillo), il
sottocapo nocchiere Giorgio Maglich ed il marinaio Salvatore Cusimano. Guido
Vincon sarebbe stato decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare – alla
memoria – per il suo eroico gesto, Raffaele Cimini con la Medaglia d’Argento. Colpiti
i serbatoi di carburante dal mitragliamento aereo, il comandante Sciolette,
ferito ad una gamba, dovette ordinare di abbandonare la nave: i nove
sopravvissuti, in parte feriti, ebbero appena il tempo di gettarsi in mare, poi
il MAS 451 esplose ed affondò. Erano
le 6.40 di quel funesto 26 luglio.
Molto più tardi sopraggiunsero mezzi britannici salpati dalla Valletta:
i nove naufraghi del MAS 451 – il
comandante Sciolette, il secondo capo meccanico Francesco Coassin, il sergente
motorista navale Mario Montinario, il sottocapo silurista Giuseppe Jannoli, il
sottocapo radiotelegrafista Ezio Zannelli, il silurista Otello Battini, il
motorista navale Edoardo Stangl, il cannoniere puntatore mitragliere Carinello
Catania ed il marinaio Renato Chiodo –, dopo otto ore passate in acqua,
andarono a raddoppiare il numero dei prigionieri catturati dai britannici nel
fallito attacco contro Malta. Mentre venivano portati prigionieri a Malta
(Sciolette, ferito ad una coscia, finì nell’ospedale militare di Imtarfa
insieme a Frassetto, catturato con gli altri piloti superstiti dei barchini,
cui raccontò cos’era successo), i superstiti del MAS 451 videro il relitto del gemello MAS 452, frattanto catturato.
Al comandante Sciolette, al secondo capo Coassin, ai sottocapi Jannoli e
Cimini ed al marinaio Cusimano fu conferita la Medaglia d’Argento al Valor
Militare (alla memoria per Cimini e Cusimano), al cannoniere Catania ed alla
memoria del sottocapo Maglich fu conferita la Medaglia di Bronzo al Valor
Militare, mentre gli altri cinque sopravvissuti ricevettero la Croce di Guerra
al Valor Militare.
Caduti
sul MAS 451:
Raffaele Cimini,
sottocapo cannoniere armaiolo, 24 anni, da Cava de’ Tirreni
Salvatore Cusimano,
marinaio, 20 anni, da Palermo
Giorgio Maglich,
sottocapo nocchiere, 24 anni, da Cherso
Guido Vincon,
sottocapo silurista, 27 anni, da San Germano Chisone
La motivazione della Medaglia d’oro al Valor Militare conferita alla
memoria del sottocapo silurista richiamato Guido Vincon, nato a San Germano
Chisone (TO) il 22 maggio 1914:
“Marinaio dall'animo forte e generoso prendeva parte a bordo del M.A.S. 451 destinato in appoggio a mezzi
d'assalto ad ardita operazione di forzamento di munitissima base avversaria.
Attaccata l'unità che a missione ultimata dirigeva per il rientro alla
base, da numerosi aerei, restava impassibile al suo posto preoccupandosi solo
di dare tutto il suo contributo all'impari lotta che il M.A.S. affrontava
riuscendo con l'unica mitragliera di bordo ad abbattere un aereo. Benché
gravemente colpito da raffica che gli asportava la mascella, chiedeva al
Comandante ed otteneva di sostituire il puntatore della mitragliera ferito.
Continuava il combattimento con forza sovrumana e indomito valore, scomparendo
poi in mare insieme all'unità che strenuamente aveva difeso.
Esempio di elette virtù militari e dedizione alla Patria oltre il
dovere.
Acque di Malta, alba del 26 luglio 1941”
La motivazione della Medaglia d’argento al Valor Militare conferita alla
memoria del sottocapo cannoniere armaiolo Raffaele Cimini, nato a Montecorvino
Rovella il 3 giugno 1916:
“Imbarcato su MAS impiegato per l’avvicinamento di mezzi d’assalto
lanciati in operazione di forzamento di una delle più munite basi navali avversarie,
restava a lungo a breve distanza dal porto attaccato. Colpito a morte mentre
espletava la funzione di servente alla mitragliera, avendo efficacemente contribuito
all'abbattimento di uno degli aerei attaccanti, si portava verso la Bandiera e
moriva abbracciando l'emblema della Patria per la quale aveva combattuto fino
all’estremo sacrificio.
(Acque di Malta, notte sul 27 luglio 1941)”
Il MAS 451 con colorazione mimetica (da www.historiquiz-contemporain.com)
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