La
nave quando portava il nome di Stanton
(g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net)
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Piroscafo da carico da 1110 tsl e 642 tsn, lungo 64,6 metri e largo
10,7, pescaggio 4,4 metri. Appartenente all’armatore Leonardo Palomba e soci,
di Torre del Greco; matricola 59 al Compartimento Marittimo di Torre del Greco.
Breve e parziale
cronologia.
8 luglio 1899
Varato nei cantieri Strand Slipway Company Ltd. di Monkwearnouth/Sunderland
(numero di cantiere 99) come Stanton.
Agosto 1899
Completato per la compagnia Fenwick, Stobart & Co (Tyne e Wear
Shipping) di Londra. Stazza originaria 1097 tsl.
1901
Trasferito alla William France, Fenwick & Co. Ltd. di Londra
(compagnia nella quale sono confluite la Fenwick, Stobart & Co. ed altre
due società di navigazione); usato come carboniera.
11 febbraio 1915
Lo Stanton, in navigazione da Goole
a Londra con un carico di carbone, entra in collisione durante la notte,
nell’Humber, a causa della fitta nebbia, con il piroscafo Shad Thames (che invece è in arrivo a Londra scarico), che
dev’essere portato dal rimorchiatore Berty
ad arenarsi presso al largo le Trinity Sands, dove resta semiaffondato. Lo Stanton subisce gravi danni.
1931
Acquistato dall’armatore Leonardo Palomba di Torre del Greco e
ribattezzato Leonardo Palomba.
Novembre 1937
Incidente al largo di Gallipoli, durante la navigazione da Porto
Marghera a Gallipoli.
9 aprile 1941
Salpa scarico da Valona alle 8.15 in convoglio con i piroscafi Pontinia, Tripolino e Dormia, di
ritorno vuoti a Brindisi, dove arrivano alle 19.30 scortati dall’anziana
torpediniera Giacomo Medici.
5 marzo 1942
Compie un viaggio da Corfù a Patrasso insieme al piroscafo Goggiam, scortato dal cacciatorpediniere
Sebenico e dalle vecchie torpediniere
Giuseppe Sirtori e San Martino.
2 settembre 1942
Requisito a Bari dalla Regia Marina.
L’affondamento
Alle 22 del 18 settembre 1942 il Leonardo
Palomba, al comando del capitano di lungo corso Giacomo Cozzolino, lasciò Palermo
con a bordo 648 tonnellate di benzina e 43 di altri rifornimenti, compresi
alcuni complessi di mitragliere contraeree, diretto a Tripoli in navigazione
isolata e privo di scorta. A bordo, oltre ai 24 uomini dell’equipaggio italiano
(15 marittimi civili e 9 militari), c’erano 25 soldati tedeschi. Ricopriva a bordo il ruolo di "regio commissario" il capitano del Genio Navale D.M. Mario Fugalli, di quarantasette anni, da Palermo.
Diceva di questa povera, vecchia, lenta ed usurata nave, scaraventata in
mancanza di meglio sulla rotta più pericolosa del Mediterraneo, il giornalista
Vero Roberti, autore del libro “Con la pelle appesa a un chiodo”: “Avevo
conosciuto la Palomba nel 1930,
quando già malata di asma arrancava (…) a 6 nodi lungo le rotte della Soria
[termine desueto per indicare la Siria], se il vento ce la metteva tutta ad
aiutarci; l’armatore, il Comandante e la sua gente erano già così vecchi che
per loro i mari del Levante erano ancora tutti “soriaci”. Era così malata la Palomba che veniva avviata, da sola,
senza scorta, da Palermo a Tripoli. (…) era così carica di denti di cane ed
aveva una barba di alghe così lunga che, pur pompando a tutta forza, i suoi
nodi si potevano contare sulle dita di una mano sola. Qualcuno aveva pensato di
raschiargli la pancia, ma coi denti di cane si staccavano anche le lamiere a
croste”.
Nonostante tutto ciò, il Palomba
era stato scelto per essere adattato, come altri piroscafi da carico, al
trasporto della massima quantità possibile di carburante, un provvedimento
d’emergenza reso necessario dalle perdite subite tra le navi cisterna. Era
previsto che la nave avrebbe seguito la rotta costiera tunisina, per poi
raggiungere Tripoli con il suo carico.
La navigazione della “carretta” fu intralciata, prima ancora che dal
nemico, dagli inconvenienti: nel pomeriggio del 20 settembre il Palomba andò infatti ad incagliarsi
presso Ras Mahamur. Da Pantelleria venne inviato ad assisterlo un
rimorchiatore, e dopo non poca fatica la nave riuscì a disincagliarsi a
mezzogiorno del 21 settembre. Nel frattempo, da Tripoli prese il mare il dragamine
ausiliario Aquila, un grosso
motoveliero requisito, che sarebbe dovuto andare incontro al Palomba per scortarlo fino a Tripoli. Ma
l’Aquila non giunse mai nel punto
dell’incontro: all’1.05 del 21 settembre il motoveliero venne attaccato dal
sommergibile britannico Unruffled ed
affondato a cannonate ad otto miglia da Mehedia.
Per ironia della sorte, fu lo stesso sommergibile, nella notte tra il 21
ed il 22, ad attaccare anche il Palomba
stesso. Il comandante dell’Unruffled,
tenente di vascello John Samuel Stevens, dapprima lanciò in immersione due
siluri, che mancarono il bersaglio, poi, non volendone sprecarne un altro per un
piroscafo tanto modesto e lento, emerse ed attaccò con il cannone la nave
italiana, ma ebbe una brutta sorpresa quando, dopo sole quattro salve del
cannone dell’Unruffled, il vecchio
piroscafo reagì aprendo il fuoco a sua volta: i soldati tedeschi presenti a
bordo erano corsi ad armare uno dei complessi di mitragliere contraeree facenti
parti del carico, che erano stati sistemati in coperta, ed avevano iniziato un
tiro con proiettili traccianti tanto violento da costringere il sommergibile ad
allontanarsi ed immergersi di nuovo per non essere colpito. Ma Stevens non
aveva intenzione di abbandonare la sua preda.
Una nave più moderna e veloce avrebbe potuto approfittarne per sfruttare
la propria maggiore velocità, rispetto a quella del sommergibile immerso, per
far perdere le proprie tracce nell’oscurità, ma per il Leonardo Palomba, che non poteva sviluppare più di sei nodi, questo
non era purtroppo possibile. Un’ora dopo primo attacco, quando la luna fu
tramontata, l’Unruffled tornò ad
attaccare, alle 4.30, e questa volta andò sul sicuro: rimase immerso e lanciò tre
siluri contro l’anziano piroscafo italiano. Una delle armi colpì a centro nave,
ed in meno di due minuti il Leonardo Palomba
fu avvolto dalle fiamme ed affondò nel punto 35°45’ N e 11°11’ E, 8-9 miglia ad
est di Kuriat e 25 miglia ad est di Susa, in Tunisia.
Il 23 settembre il dragamine francese Ravignan soccorse 14 soldati tedeschi alla deriva su una zattera,
al largo di Kuriat.
Dell’equipaggio italiano non si salvò che un fuochista, gravemente
ustionato.
Morirono 23 dei 24 marinai italiani, compresi il comandante Cozzolino ed il regio commissario Fugalli, e 11 dei 25 militari tedeschi.
Le vittime tra
l’equipaggio civile:
(nomi
tratti dall’Albo d’Oro della Marina Mercantile, si ringrazia Carlo Di Nitto)
Giacomo Alocci,
marittimo
Giovanbattista
Barone, marinaio
Vincenzo Califano,
marinaio
Giuseppe Carollo,
marinaio
Giacomo Cozzolino,
comandante
Antonio Di Donna,
pennese
Francesco Di
Tullio, cameriere
Giovanni Donadona,
fuochista
Giuseppe Fiannacca,
nostromo
Catullo Gagliardi,
fuochista
Giovanni Garofalo,
fuochista
Annunziato Iovine,
marinaio
Raffaele Palomba, primo ufficiale
Modesto Pontrelli,
fuochista
Vito Rizzo,
ingrassatore
Pantaleo Tota,
marinaio
Salve, su questo piroscafo era imbarcato anche il marinaio Vincenzo Scarpa di Torre Annunziata.
RispondiEliminaBuonasera, fu anch'egli fra le vittime?
EliminaBuongiorno Lorenzo, su quella nave era imbarcato anche il marinaio Raffaele Palomba, tra le vittime del naufragio.
RispondiEliminaA rettifica del commento precedente, Raffaele Palomba era il primo ufficiale.
RispondiEliminaMio padre Giuliano Luigi classe 1922 sbarcò a Palermo prima dell'affondamento e si salvò il caso volle così onore ai caduti
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