Il Diamante (da www.grupsom.com)
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Sommergibile di
piccola crociera della classe Sirena (680 tonnellate di dislocamento in
superficie, 850 in immersione). Svolse una sola missione di guerra, percorrendo
700 miglia in superficie e 300 in immersione.
Breve e parziale cronologia.
11 maggio 1931
Impostazione nei cantieri Tosi di Taranto.
21 maggio 1933
Varo nei cantieri Tosi di Taranto.
18 novembre 1933
Entrata in servizio. Viene dislocato a Taranto.
1934
Compie una crociera d'addestramento nel Mediterraneo orientale, facendo tappa in Grecia, Dodecaneso, Palestina e Nordafrica. Termina la crociera a Messina, dove entra a far parte della VII Squadriglia Sommergibili. È comandante del battello il capitano di corvetta Costanzo Casana.
1936
Dislocato a Lero. Dopo aver effettuato un'altra crociera, viene trasferito a Taranto.
12 gennaio 1937
Inquadrato nel VI Gruppo Sommergibili di Lero, il Diamante salpa da Napoli al comando del capitano di corvetta Andrea Gasparini per una missione "speciale" nelle acque di Valencia contro il traffico diretto nei porti della Spagna repubblicana nell'ambito della guerra civile spagnola, in appoggio alle forze nazionaliste spagnole. A bordo è imbarcato per l'occasione un ufficiale della Marina nazionalista spagnola, il tenente di vascello Luis Cebreiro Blanco, in qualità di ufficiale di collegamento nonché per assistere nel riconoscimento delle navi spagnole.
Durante la missione inizia otto manovre di attacco, ma le regole d'ingaggio estremamente restrittive - non bisogna attaccare naviglio neutrale a meno che non sia impegnato nel contrabbando a favore dei repubblicani, e non bisogna assolutamente farsi riconoscere poiché il coinvolgimento italiano nel conflitto è segreto e del tutto illegale - fanno sì che solo una di esse venga portata a termine.
16 gennaio 1937
Alle sei del mattino il Diamante, stando in superficie, attacca un piroscafo con il lancio di due siluri (uno da 450 mm ed uno da 533 mm) ed un colpo di cannone, senza riuscire a colpirlo.
28 gennaio 1937
Conclude la missione rientrando a Napoli. Ha incontrato tempo buono ed ha passato 173 ore in superficie e 124 in immersione.
1937
Dislocato a Lero.
21 agosto 1937
Inquadrato nel IV Gruppo Sommergibili di Taranto, il Diamante salpa da Lero al comando del capitano di corvetta Mario Tabucchi per una seconda missione speciale nell'ambito della guerra di Spagna, stavolta in Mar Egeo nel quadro di un capillare blocco organizzato in tutto il Mediterraneo contro il traffico diretto verso i porti della Spagna repubblicana.
Nell'agosto 1937 Mussolini ha deciso di lanciare una seconda campagna subacquea (la prima si è svolta tra l'autunno del 1936 e l’inizio del 1937, quando il Diamante ha svolto la sua prima missione "spagnola") a sostegno delle forze spagnole nazionaliste su richiesta di Francisco Franco, in risposta all’incremento del flusso di rifornimenti dall'Unione Sovietica alla Spagna repubblicana, lungo la rotta Sebastopoli-Cartagena. Il 3 agosto Franco ha chiesto urgentemente a Mussolini di usare la sua flotta per fermare un grosso “convoglio” sovietico appena partito da Odessa e diretto nei porti repubblicani; sulle prime era previsto il solo impiego di sommergibili, ma Franco è riuscito a convincere Mussolini ad impiegare anche le navi di superficie. Nel suo telegramma Franco afferma: «Tutte le informazioni degli ultimi giorni concordano nell’annunciare un aiuto possente della Russia ai rossi, consistente in carri armati, dei quali 10 pesanti, 500 medi e 2 000 leggeri, 3 000 mitragliatrici motorizzate [sic], 300 aerei e alcune decine di mitragliatrici leggere, il tutto accompagnato da personale e organi del comando rosso [si trattava, in realtà, di una grossolana esagerazione]. L'informazione sembra esagerata, poiché le cifre devono superare la possibilità di aiuto di una sola nazione. Ma se l'informazione trovasse conferma, bisognerebbe agire d'urgenza e arrestare i trasporti al loro passaggio nello stretto a sud dell'Italia e sbarrare la rotta verso la Spagna. Per far ciò, bisogna, o che la Spagna sia provvista del numero necessario di navi o che la flotta italiana intervenga ella stessa. Un certo numero di cacciatorpediniere operanti davanti ai porti e alle coste dell'Italia potrebbe sbarrare la rotta del Mediterraneo ai rinforzi rossi: la cattura potrebbe essere effettuata da navi battenti apertamente bandiera italiana, aventi a bordo un ufficiale e qualche soldato spagnolo, che isserebbero la bandiera nazionalista spagnola al momento stesso della cattura. Invierò d'urgenza un rappresentante a Roma per negoziare questo importante affare. Nell'intervallo, e per impedire l'invio delle navi che saranno già in rotta per la Spagna, prego il governo italiano di sorvegliare e segnalare la posizione e la rotta delle navi russe e spagnole che lasciano Odessa. Queste navi devono essere sorvegliate e perquisite da cacciatorpediniere italiani che segnaleranno la loro posizione alla nostra flotta. Vogliate trasmettere in tutta urgenza al Duce e a Ciano l'informazione di cui sopra e la nostra richiesta, unita all'assicurazione dell’indefettibile amicizia e della riconoscenza del generalissimo alla nazione italiana».
Mussolini ha pertanto ordinato alla Marina di bloccare il Canale di Sicilia, per impedire l'invio di rifornimenti dall'Unione Sovietica (Mar Nero) alle forze repubblicane spagnole.
Il blocco navale viene ordinato da Marina Roma il 7 agosto ed ha inizio due giorni più tardi; oltre ai sommergibili, inviati sia al largo dei Dardanelli che lungo le coste della Spagna, prendono il mare gli incrociatori Diaz e Cadorna, otto cacciatorpediniere ed altrettante torpediniere che si posizionano nel Canale di Sicilia e lungo le coste del Nordafrica francese. Cacciatorpediniere e torpediniere operano in cooperazione con quattro sommergibili ed un sistema di esplorazione aerea a maglie strette (idrovolanti dell'83° Gruppo Ricognizione Marittima, di base ad Augusta) e sono alle dipendenze dell'ammiraglio di divisione Riccardo Paladini, comandante militare marittimo della Sicilia, cui è affidata la direzione del dispositivo di sbarramento; successivamente verranno avvicendati da altre siluranti e dalla IV Divisione Navale (incrociatori leggeri Armando Diaz, Alberto Di Giussano, Luigi Cadorna, Bartolomeo Colleoni). Sono complessivamente ben 40 le navi mobilitate per il blocco: i quattro incrociatori della IV Divisione, l'esploratore Aquila, dieci cacciatorpediniere (Freccia, Dardo, Saetta, Strale, Fulmine, Lampo, Espero, Borea, Ostro e Zeffiro), 24 torpediniere (Cigno, Canopo, Castore, Climene, Centauro, Cassiopea, Andromeda, Antares, Altair, Aldebaran, Vega, Sagittario, Astore, Sirio, Spica, Perseo, Giuseppe La Masa, Generale Carlo Montanari, Ippolito Nievo, Giuseppe Cesare Abba, Generale Achille Papa, Nicola Fabrizi, Giuseppe Missori e Monfalcone) e la nave coloniale Eritrea. Altre due navi, gli incrociatori ausiliari Adriatico e Barletta, camuffati da spagnoli Lago e Rio, hanno l'incarico di visitare i mercantili sospetti avvistati dalle navi da guerra in crociera.
Il dispositivo di blocco è articolato in più fasi: informatori ad Istanbul segnalano all'Alto Comando Navale le navi sovietiche, o di altre nazionalità ma sospettate di operare al servizio dei repubblicani, che passano per il Bosforo; ad attenderle in agguato per primi vi sono i sommergibili appostati all'uscita dei Dardanelli. Se le navi superano indenni questo primo ostacolo, vengono segnalate alle navi di superficie ed ai sommergibili in crociera nel Canale di Sicilia e nello Stretto di Messina; qualora dovessero riuscire ad evitare anche questo nuovo pericolo (possibile soltanto appoggiandosi a porti neutrali) troverebbero ad aspettarle altre navi da guerra in crociera nelle acque della Tunisia e dell'Algeria. Infine, come ultima barriera per i bastimenti che riuscissero ad eludere anche tale minaccia, altri sommergibili sono in agguato lungo le coste della Spagna.
Il blocco si protrae dal 7 agosto al 12 settembre con intensità variabile; nel periodo di maggiore attività sono contemporaneamente in mare nel Canale di Sicilia 12 navi di superficie, 5 sommergibili e 6 aerei.
Breve e parziale cronologia.
11 maggio 1931
Impostazione nei cantieri Tosi di Taranto.
21 maggio 1933
Varo nei cantieri Tosi di Taranto.
18 novembre 1933
Entrata in servizio. Viene dislocato a Taranto.
1934
Compie una crociera d'addestramento nel Mediterraneo orientale, facendo tappa in Grecia, Dodecaneso, Palestina e Nordafrica. Termina la crociera a Messina, dove entra a far parte della VII Squadriglia Sommergibili. È comandante del battello il capitano di corvetta Costanzo Casana.
1936
Dislocato a Lero. Dopo aver effettuato un'altra crociera, viene trasferito a Taranto.
12 gennaio 1937
Inquadrato nel VI Gruppo Sommergibili di Lero, il Diamante salpa da Napoli al comando del capitano di corvetta Andrea Gasparini per una missione "speciale" nelle acque di Valencia contro il traffico diretto nei porti della Spagna repubblicana nell'ambito della guerra civile spagnola, in appoggio alle forze nazionaliste spagnole. A bordo è imbarcato per l'occasione un ufficiale della Marina nazionalista spagnola, il tenente di vascello Luis Cebreiro Blanco, in qualità di ufficiale di collegamento nonché per assistere nel riconoscimento delle navi spagnole.
Durante la missione inizia otto manovre di attacco, ma le regole d'ingaggio estremamente restrittive - non bisogna attaccare naviglio neutrale a meno che non sia impegnato nel contrabbando a favore dei repubblicani, e non bisogna assolutamente farsi riconoscere poiché il coinvolgimento italiano nel conflitto è segreto e del tutto illegale - fanno sì che solo una di esse venga portata a termine.
16 gennaio 1937
Alle sei del mattino il Diamante, stando in superficie, attacca un piroscafo con il lancio di due siluri (uno da 450 mm ed uno da 533 mm) ed un colpo di cannone, senza riuscire a colpirlo.
28 gennaio 1937
Conclude la missione rientrando a Napoli. Ha incontrato tempo buono ed ha passato 173 ore in superficie e 124 in immersione.
1937
Dislocato a Lero.
21 agosto 1937
Inquadrato nel IV Gruppo Sommergibili di Taranto, il Diamante salpa da Lero al comando del capitano di corvetta Mario Tabucchi per una seconda missione speciale nell'ambito della guerra di Spagna, stavolta in Mar Egeo nel quadro di un capillare blocco organizzato in tutto il Mediterraneo contro il traffico diretto verso i porti della Spagna repubblicana.
Nell'agosto 1937 Mussolini ha deciso di lanciare una seconda campagna subacquea (la prima si è svolta tra l'autunno del 1936 e l’inizio del 1937, quando il Diamante ha svolto la sua prima missione "spagnola") a sostegno delle forze spagnole nazionaliste su richiesta di Francisco Franco, in risposta all’incremento del flusso di rifornimenti dall'Unione Sovietica alla Spagna repubblicana, lungo la rotta Sebastopoli-Cartagena. Il 3 agosto Franco ha chiesto urgentemente a Mussolini di usare la sua flotta per fermare un grosso “convoglio” sovietico appena partito da Odessa e diretto nei porti repubblicani; sulle prime era previsto il solo impiego di sommergibili, ma Franco è riuscito a convincere Mussolini ad impiegare anche le navi di superficie. Nel suo telegramma Franco afferma: «Tutte le informazioni degli ultimi giorni concordano nell’annunciare un aiuto possente della Russia ai rossi, consistente in carri armati, dei quali 10 pesanti, 500 medi e 2 000 leggeri, 3 000 mitragliatrici motorizzate [sic], 300 aerei e alcune decine di mitragliatrici leggere, il tutto accompagnato da personale e organi del comando rosso [si trattava, in realtà, di una grossolana esagerazione]. L'informazione sembra esagerata, poiché le cifre devono superare la possibilità di aiuto di una sola nazione. Ma se l'informazione trovasse conferma, bisognerebbe agire d'urgenza e arrestare i trasporti al loro passaggio nello stretto a sud dell'Italia e sbarrare la rotta verso la Spagna. Per far ciò, bisogna, o che la Spagna sia provvista del numero necessario di navi o che la flotta italiana intervenga ella stessa. Un certo numero di cacciatorpediniere operanti davanti ai porti e alle coste dell'Italia potrebbe sbarrare la rotta del Mediterraneo ai rinforzi rossi: la cattura potrebbe essere effettuata da navi battenti apertamente bandiera italiana, aventi a bordo un ufficiale e qualche soldato spagnolo, che isserebbero la bandiera nazionalista spagnola al momento stesso della cattura. Invierò d'urgenza un rappresentante a Roma per negoziare questo importante affare. Nell'intervallo, e per impedire l'invio delle navi che saranno già in rotta per la Spagna, prego il governo italiano di sorvegliare e segnalare la posizione e la rotta delle navi russe e spagnole che lasciano Odessa. Queste navi devono essere sorvegliate e perquisite da cacciatorpediniere italiani che segnaleranno la loro posizione alla nostra flotta. Vogliate trasmettere in tutta urgenza al Duce e a Ciano l'informazione di cui sopra e la nostra richiesta, unita all'assicurazione dell’indefettibile amicizia e della riconoscenza del generalissimo alla nazione italiana».
Mussolini ha pertanto ordinato alla Marina di bloccare il Canale di Sicilia, per impedire l'invio di rifornimenti dall'Unione Sovietica (Mar Nero) alle forze repubblicane spagnole.
Il blocco navale viene ordinato da Marina Roma il 7 agosto ed ha inizio due giorni più tardi; oltre ai sommergibili, inviati sia al largo dei Dardanelli che lungo le coste della Spagna, prendono il mare gli incrociatori Diaz e Cadorna, otto cacciatorpediniere ed altrettante torpediniere che si posizionano nel Canale di Sicilia e lungo le coste del Nordafrica francese. Cacciatorpediniere e torpediniere operano in cooperazione con quattro sommergibili ed un sistema di esplorazione aerea a maglie strette (idrovolanti dell'83° Gruppo Ricognizione Marittima, di base ad Augusta) e sono alle dipendenze dell'ammiraglio di divisione Riccardo Paladini, comandante militare marittimo della Sicilia, cui è affidata la direzione del dispositivo di sbarramento; successivamente verranno avvicendati da altre siluranti e dalla IV Divisione Navale (incrociatori leggeri Armando Diaz, Alberto Di Giussano, Luigi Cadorna, Bartolomeo Colleoni). Sono complessivamente ben 40 le navi mobilitate per il blocco: i quattro incrociatori della IV Divisione, l'esploratore Aquila, dieci cacciatorpediniere (Freccia, Dardo, Saetta, Strale, Fulmine, Lampo, Espero, Borea, Ostro e Zeffiro), 24 torpediniere (Cigno, Canopo, Castore, Climene, Centauro, Cassiopea, Andromeda, Antares, Altair, Aldebaran, Vega, Sagittario, Astore, Sirio, Spica, Perseo, Giuseppe La Masa, Generale Carlo Montanari, Ippolito Nievo, Giuseppe Cesare Abba, Generale Achille Papa, Nicola Fabrizi, Giuseppe Missori e Monfalcone) e la nave coloniale Eritrea. Altre due navi, gli incrociatori ausiliari Adriatico e Barletta, camuffati da spagnoli Lago e Rio, hanno l'incarico di visitare i mercantili sospetti avvistati dalle navi da guerra in crociera.
Il dispositivo di blocco è articolato in più fasi: informatori ad Istanbul segnalano all'Alto Comando Navale le navi sovietiche, o di altre nazionalità ma sospettate di operare al servizio dei repubblicani, che passano per il Bosforo; ad attenderle in agguato per primi vi sono i sommergibili appostati all'uscita dei Dardanelli. Se le navi superano indenni questo primo ostacolo, vengono segnalate alle navi di superficie ed ai sommergibili in crociera nel Canale di Sicilia e nello Stretto di Messina; qualora dovessero riuscire ad evitare anche questo nuovo pericolo (possibile soltanto appoggiandosi a porti neutrali) troverebbero ad aspettarle altre navi da guerra in crociera nelle acque della Tunisia e dell'Algeria. Infine, come ultima barriera per i bastimenti che riuscissero ad eludere anche tale minaccia, altri sommergibili sono in agguato lungo le coste della Spagna.
Il blocco si protrae dal 7 agosto al 12 settembre con intensità variabile; nel periodo di maggiore attività sono contemporaneamente in mare nel Canale di Sicilia 12 navi di superficie, 5 sommergibili e 6 aerei.
Gli ordini per le navi di superficie
sono di avvicinare e riconoscere tutti i mercantili avvistati, specialmente
quelli privi di bandiera (e che non la issano subito dopo averne ricevuto
l'intimazione dalle unità italiane), quelli che di notte procedono a luci
spente, quelli con bandiera sovietica o spagnola repubblicana, quelli che hanno
in coperta carichi di natura palesemente militare, e quelli che sono stati
specificamente indicati per nome dal Comando Centrale. Se un mercantile viene
riconosciuto come al servizio della Spagna repubblicana, la nave italiana che
l'ha avvistato deve seguirlo e segnalarlo al sommergibile più vicino, che dovrà
poi procedere ad affondarlo. Se quest'ultimo fosse impossibilitato a farlo,
spetterebbe alla nave di superficie il compito di seguire il mercantile fino a
notte, tenendosi in contatto visivo, per poi silurarlo una volta calata
l'oscurità. I piroscafi identificati come "contrabbandieri" di notte devono
invece essere subito affondati. Se venisse incontrato un mercantile
repubblicano a grande distanza dalle acque territoriali della Tunisia, la nave
che lo avvista deve chiamare sul posto uno tra Rio e Lago oppure
una nave da guerra spagnola nazionalista (parecchie di queste sono
appositamente dislocate nel Mediterraneo centrale) che provvederanno a
catturarlo.
Ordini tassativi sono emanati per evitare interferenze o incidenti
con bastimenti neutrali (il che talvolta obbliga a seguire un mercantile "sospetto" per tutto il giorno al fine di identificarlo, dato che talvolta
quelli diretti nei porti repubblicani usano bandiere false), e questo, insieme
all'intensità del traffico navale nel Canale di Sicilia, rende piuttosto
complessa e delicata la missione delle navi che partecipano al blocco.
Il blocco navale così organizzato (del tutto illegale, dato che l'Italia non è formalmente in guerra con la Repubblica spagnola) si rivela un pieno successo: sebbene le navi effettivamente affondate o catturate siano numericamente poche, l'elevato rischio comportato dalla traversata a causa del blocco italiano porta in breve tempo alla totale interruzione del flusso di rifornimenti dall'Unione Sovietica alla Spagna repubblicana. Soltanto qualche mercantile battente bandiera britannica o francese riesce a raggiungere i porti repubblicani, oltre a poche navi che salpano dalla costa francese del Mediterraneo e raggiungono Barcellona col favore della notte.
Il blocco navale così organizzato (del tutto illegale, dato che l'Italia non è formalmente in guerra con la Repubblica spagnola) si rivela un pieno successo: sebbene le navi effettivamente affondate o catturate siano numericamente poche, l'elevato rischio comportato dalla traversata a causa del blocco italiano porta in breve tempo alla totale interruzione del flusso di rifornimenti dall'Unione Sovietica alla Spagna repubblicana. Soltanto qualche mercantile battente bandiera britannica o francese riesce a raggiungere i porti repubblicani, oltre a poche navi che salpano dalla costa francese del Mediterraneo e raggiungono Barcellona col favore della notte.
Entro settembre, l'invio di mercantili con
rifornimenti per i repubblicani dall’Unione Sovietica attraverso il Bosforo è praticamente
cessato, tanto che i comandi italiani si possono ormai permettere di ridurre di
molto il numero di navi in mare per la vigilanza, essendo quest’ultima sempre
meno necessaria e non volendo provare troppo le navi in una zona dove c'è
spesso maltempo con mare grosso. Ad ogni modo, le navi assegnate al blocco
vengono mantenute nelle basi siciliane, pronte a riprendere il mare qualora
dovesse manifestarsi una ripresa nel traffico verso la Spagna.
Oltre alla grave crisi nei rifornimenti di materiale militare, che si verifica proprio nel momento cruciale della conquista nazionalista dei Paesi Baschi (principale centro di produzione di armi tra le regioni in mano repubblicana), il blocco ha un impatto notevole anche sul morale dei repubblicani, tanto nella popolazione civile (il cui morale va deteriorandosi per la difficoltà di procurarsi beni di prima necessità) quanto nei vertici politico-militari, che si rendono conto di come, mentre i nazionalisti ricevono dall'Italia supporto incondizionato, persino sfacciato, con largo dispiego di mezzi, Francia e Regno Unito nell'aiuto alla causa repubblicana non sembrano andare molto al di là delle parole (in alcuni centri repubblicani si svolgono anche aperte manifestazioni contro queste due nazioni, da cui i repubblicani si sentono abbandonati).
Il blocco italiano impartisce dunque un durissimo colpo ai repubblicani, ma scatena anche gravi tensioni internazionali (specie col Regno Unito) e feroci proteste sulla stampa spagnola repubblicana ed internazionale, con accuse di pirateria – essendo, come detto, un'operazione in totale violazione di ogni legge internazionale – nei confronti della Marina italiana, ripetute anche da Winston Churchill. Il governo britannico, invece, evita di accusare apertamente l'Italia, dato che il primo ministro Neville Chamberlain intende condurre una politica di “riavvicinamento” verso l'Italia per allontanarla dalla Germania; anche questo fa infuriare i repubblicani, che hanno fornito ai britannici prove del coinvolgimento italiano (prove che i britannici peraltro possiedono già, dato che l'Operational Intelligence Center dell’Ammiragliato intercetta e decifra svariate comunicazioni italiane relative alle missioni "spagnole"), solo per vedere questi ultimi fingere di attribuire gli attacchi ai soli nazionalisti spagnoli.
Nel periodo 5 agosto-12 settembre, i sommergibili italiani effettuano complessivamente 59 missioni ed iniziano ben 444 attacchi, portandone però a termine soltanto 24 (a causa delle citate regole restrittive sulla necessità di identificare con assoluta certezza i bersagli prima di lanciare), con il lancio di 43 siluri ed il conseguente affondamento di quattro mercantili e danneggiamento di un cacciatorpediniere.
Durante la missione il Diamante inizia sei manovre d'attacco, ma le interrompe tutte prima di arrivare al lancio.
31 agosto 1937
Conclude la missione rientrando a Lero, dopo aver trascorso 118 ore in superficie e 124,05 in immersione, percorrendo 794 miglia in superficie e 340,5 in immersione.
5 settembre 1937
Sempre al comando del capitano di corvetta Mario Tabucchi ed alle dipendenze del IV Grupsom di Taranto, il Diamante parte da Lero per la sua terza ed ultima missione speciale (di nuovo nell'Egeo) durante la guerra civile spagnola.
Durante la missione incontra mare grosso e tempo pessimo ed inizia ben 16 manovre d'attacco, che vengono però tutte interrotte prima di arrivare al lancio.
13 settembre 1937
Fa ritorno a Lero, concludendo la missione dopo 90 ore trascorse in superficie e 84 in immersione (ha percorso 609,5 miglia nautiche in superficie e 232,5 in immersione).
Settembre 1937
Scoppia la "crisi dei sommergibili fantasma": si scatenano a livello internazionale – non solo dalla Spagna repubblicana, ma anche dal Comitato di Non Intervento nella guerra civile spagnola e dalla Società delle Nazioni – violente proteste per gli attacchi illegali da parte di sommergibili italiani (ufficialmente "non identificati", perché operano clandestinamente e senza segni di riconoscimento, ma tutti ne intuiscono la vera identità) contro il naviglio spagnolo repubblicano ed anche il naviglio mercantile di altri Paesi (specialmente quello sovietico, che trasporta rifornimenti per i repubblicani).
Oltre alla grave crisi nei rifornimenti di materiale militare, che si verifica proprio nel momento cruciale della conquista nazionalista dei Paesi Baschi (principale centro di produzione di armi tra le regioni in mano repubblicana), il blocco ha un impatto notevole anche sul morale dei repubblicani, tanto nella popolazione civile (il cui morale va deteriorandosi per la difficoltà di procurarsi beni di prima necessità) quanto nei vertici politico-militari, che si rendono conto di come, mentre i nazionalisti ricevono dall'Italia supporto incondizionato, persino sfacciato, con largo dispiego di mezzi, Francia e Regno Unito nell'aiuto alla causa repubblicana non sembrano andare molto al di là delle parole (in alcuni centri repubblicani si svolgono anche aperte manifestazioni contro queste due nazioni, da cui i repubblicani si sentono abbandonati).
Il blocco italiano impartisce dunque un durissimo colpo ai repubblicani, ma scatena anche gravi tensioni internazionali (specie col Regno Unito) e feroci proteste sulla stampa spagnola repubblicana ed internazionale, con accuse di pirateria – essendo, come detto, un'operazione in totale violazione di ogni legge internazionale – nei confronti della Marina italiana, ripetute anche da Winston Churchill. Il governo britannico, invece, evita di accusare apertamente l'Italia, dato che il primo ministro Neville Chamberlain intende condurre una politica di “riavvicinamento” verso l'Italia per allontanarla dalla Germania; anche questo fa infuriare i repubblicani, che hanno fornito ai britannici prove del coinvolgimento italiano (prove che i britannici peraltro possiedono già, dato che l'Operational Intelligence Center dell’Ammiragliato intercetta e decifra svariate comunicazioni italiane relative alle missioni "spagnole"), solo per vedere questi ultimi fingere di attribuire gli attacchi ai soli nazionalisti spagnoli.
Nel periodo 5 agosto-12 settembre, i sommergibili italiani effettuano complessivamente 59 missioni ed iniziano ben 444 attacchi, portandone però a termine soltanto 24 (a causa delle citate regole restrittive sulla necessità di identificare con assoluta certezza i bersagli prima di lanciare), con il lancio di 43 siluri ed il conseguente affondamento di quattro mercantili e danneggiamento di un cacciatorpediniere.
Durante la missione il Diamante inizia sei manovre d'attacco, ma le interrompe tutte prima di arrivare al lancio.
31 agosto 1937
Conclude la missione rientrando a Lero, dopo aver trascorso 118 ore in superficie e 124,05 in immersione, percorrendo 794 miglia in superficie e 340,5 in immersione.
5 settembre 1937
Sempre al comando del capitano di corvetta Mario Tabucchi ed alle dipendenze del IV Grupsom di Taranto, il Diamante parte da Lero per la sua terza ed ultima missione speciale (di nuovo nell'Egeo) durante la guerra civile spagnola.
Durante la missione incontra mare grosso e tempo pessimo ed inizia ben 16 manovre d'attacco, che vengono però tutte interrotte prima di arrivare al lancio.
13 settembre 1937
Fa ritorno a Lero, concludendo la missione dopo 90 ore trascorse in superficie e 84 in immersione (ha percorso 609,5 miglia nautiche in superficie e 232,5 in immersione).
Settembre 1937
Scoppia la "crisi dei sommergibili fantasma": si scatenano a livello internazionale – non solo dalla Spagna repubblicana, ma anche dal Comitato di Non Intervento nella guerra civile spagnola e dalla Società delle Nazioni – violente proteste per gli attacchi illegali da parte di sommergibili italiani (ufficialmente "non identificati", perché operano clandestinamente e senza segni di riconoscimento, ma tutti ne intuiscono la vera identità) contro il naviglio spagnolo repubblicano ed anche il naviglio mercantile di altri Paesi (specialmente quello sovietico, che trasporta rifornimenti per i repubblicani).
Il 10 settembre i rappresentanti di Francia, Gran Bretagna,
URSS, Bulgaria, Jugoslavia, Egitto, Grecia, Turchia e Romania danno il via alla
conferenza di Nyon, tenuta nell'omonima località della Svizzera e durata
quattro giorni: al termine della conferenza, viene stabilito che le Marine
francesi e britannica pattuglieranno le acque internazionali del Mediterraneo
con un totale di 60 cacciatorpediniere nonché forze aeree, e che ogni
sommergibile "pirata" (non si menziona esplicitamente l'Italia) che
attaccherà naviglio neutrale dovrà essere attaccato e distrutto. All'Italia, che
ha rifiutato di partecipare per via di una controversia in corso con l'Unione
Sovietica, viene offerta la possibilità di pattugliare il Mar Tirreno.
I comandi italiani decidono allora di sospendere definitivamente l'offensiva subacquea in corso contro il traffico repubblicano (effettuata clandestinamente, ed illegalmente, dato che l'Italia non è un Paese belligerante), foriera di troppi rischi di incidenti internazionali (e non più necessaria, avendo già sortito l'effetto di ridurre drasticamente il traffico dall'Unione Sovietica verso la Spagna, mentre anche sul fronte terrestre la situazione sta volgendo in favore dei nazionalisti), richiamando tutte le unità in Italia a inizio settembre.
1938
Assegnato alla XII Squadriglia Sommergibili, di base a La Spezia.
Febbraio 1939
Dislocato a Tobruk, che sarà la sua base fino alla perdita.
I comandi italiani decidono allora di sospendere definitivamente l'offensiva subacquea in corso contro il traffico repubblicano (effettuata clandestinamente, ed illegalmente, dato che l'Italia non è un Paese belligerante), foriera di troppi rischi di incidenti internazionali (e non più necessaria, avendo già sortito l'effetto di ridurre drasticamente il traffico dall'Unione Sovietica verso la Spagna, mentre anche sul fronte terrestre la situazione sta volgendo in favore dei nazionalisti), richiamando tutte le unità in Italia a inizio settembre.
1938
Assegnato alla XII Squadriglia Sommergibili, di base a La Spezia.
Febbraio 1939
Dislocato a Tobruk, che sarà la sua base fino alla perdita.
24 marzo 1940
Assume il comando del Diamante il tenente di vascello Angelo Parla, 32 anni, da Licata. Sarà il suo ultimo comandante.
Giugno 1940
Poco prima dell'entrata in guerra dell'Italia, il Diamante è di base a Tobruk, al comando del tenente di vascello Angelo Parla, in seno alla LXII Squadriglia Sommergibili (che forma insieme a Topazio, Nereide, Galatea e Lafolè), facente parte del VI Gruppo Sommergibili.
Giugno 1940
Poco prima dell'entrata in guerra dell'Italia, il Diamante è di base a Tobruk, al comando del tenente di vascello Angelo Parla, in seno alla LXII Squadriglia Sommergibili (che forma insieme a Topazio, Nereide, Galatea e Lafolè), facente parte del VI Gruppo Sommergibili.
Il sommergibile con l’equipaggio schierato in coperta (da http://www.wrecksite.eu/wreck.aspx?58011) |
La prima, e ultima, missione
Già alle sei di sera del 9 giugno 1940,
il giorno prima che l'Italia entrasse nella seconda guerra mondiale, il Diamante lasciò Tobruk al comando del
tenente di vascello Angelo Parla per effettuare la sua prima missione di guerra,
nelle acque della Libia: il battello, insieme a Lafolè, Topazio e Nereide, doveva formare uno sbarramento
al largo di Sollum. I quattro sommergibili si disposero a venti miglia l'uno
dall'altro, a partire da un punto a 30 miglia per 30° da Ras Azzaz (il Diamante, in particolare, si posizionò a 40-50 miglia per 030° da Ras Azzaz), per
difendere i porti della Cirenaica e, se possibile, attaccare naviglio nemico in
navigazione tra Malta ed Alessandria d'Egitto.
Alle 00.20 del 10 giugno il Lafolè avvistò il Diamante e lo notò rallentare, forse colto da un'avaria. Il suo mancato rientro impedì poi di verificare se ci fosse effettivamente stato un guasto, e lo stesso vale per un altro misterioso episodio avvenuto quel giorno: alle 21.45 del 10 giugno il cacciatorpediniere britannico Decoy avvistò un sommergibile emerso a soli 275 metri di distanza e manovrò per speronarlo, ma la virata risultò troppo ampia e tardiva e la prua del cacciatorpediniere mancò la torretta del sommergibile di una trentina di metri. Il battello subacqueo iniziò allora ad immergersi di poppa, ed il Decoy sparò contro di esso un colpo da 101 mm con il cannone "B"; tuttavia la ridottissima distanza (una novantina di metri) fece sì che il colpo "sorvolasse" innocuo il sommergibile, vanificando l'uso delle artiglierie che non potevano essere abbassate a sufficienza da poterlo colpire. A questo punto il cacciatorpediniere lanciò una bomba di profondità, poi lanciò un razzo per contrassegnare il punto in cui il sommergibile si era immerso, e per finire lanciò un "pacchetto" di quattro bombe di profondità. L'equipaggio del Decoy sentì un forte odore di nafta, ed avvistò una chiazza di carburante della lunghezza di due miglia.
Nessun sommergibile italiano riferì di essere stato attaccato in luogo ed orario compatibili con quelli dell'azione del Decoy, mentre la posizione da questi indicata era molto vicina al settore d'agguato del Diamante: è quindi molto probabile che fosse questi il sommergibile incontrato dalla nave britannica. Se così fu, con ogni probabilità, le bombe di profondità del Decoy non dovettero arrecargli danni di rilievo, dal momento che proseguì regolarmente la missione.
Il 13 giugno il Diamante ricevette da Maricosom l'ordine
di spostarsi in acque più vicine a Tobruk, più precisamente a 35 miglia per 025° (o 030°) da quella città; altri sei giorni trascorsero senza eventi degni di nota, ed alle 19.35 del 19 giugno Maricosom lo informò dell'avvistamento di un sommergibile nemico al largo di Tobruk. Alle 10.25 del 20 giugno, infine, il Diamante ricevette ordine di rientrare subito a Tobruk, navigando in superficie; nella sua ultima comunicazione con la base riferì che avrebbe raggiunto Sidi Abeiba (23°45' E), una quindicina di miglia ad ovest di Tobruk, ed un'unità della I Squadriglia Cacciatorpediniere gli venne inviata incontro. Ma non sarebbe mai giunto all'appuntamento.
Durante la navigazione verso Tobruk il Diamante venne avvistato dalle forze britanniche, ed a
mezzanotte del 19 giugno - poco dopo l'avvistamento - la sua presenza venne
comunicata via radio al sommergibile britannico Parthian, che, al comando del capitano di corvetta Michael Gordon
Rimington, si trovava in pattugliamento al largo della costa della Cirenaica. (Per altra versione, il Parthian fu informato del prossimo arrivo a Tobruk di sommergibili italiani sulla scorta di un'intercettazione della Government Code & Cypher School di Bletchley Park, meglio nota come "Ultra", che aveva decifrato un messaggio italiano in cui si impartivano le istruzioni per il rientro a Tobruk del Lafolè ed un altro sommergibile di cui non si faceva il nome, ossia il Diamante). Subito il Parthian, che stava
spostandosi più ad ovest, invertì la rotta e si portò nel punto 32°35' N e
24°10' E (30 miglia a nord di Tobruk), per poi immergersi prima dell'alba e
restare in attesa per ore, in assetto silenzioso.
Alle 13 (per altra fonte alle
14.45) del 20 giugno l'ufficiale di guardia del Parthian, in agguato al largo di Tobruk, avvistò da 5940 metri di distanza il Diamante
("un oggetto lungo e basso", poco dopo identificato come un sommergibile della classe Perla) che veniva inconsapevolmente incontro al suo sommergibile. Precipitatosi in
camera di lancio, Rimington fece confermare la presenza del battello con l'uso del sonar,
poi, dopo essersi accertato che non vi fossero altri sommergibili nei paraggi,
ordinò il posto di combattimento. Il Parthian
aprì i tubi di lancio 1, 2, 3 e 4, distanza e rilevamento furono comunicati
all'addetto alla centralina di lancio, il periscopio fu ammainato e il
sommergibile scese a venti metri di profondità, avvicinandosi a tutta forza all'ignaro Diamante. Poi il Parthian
rallentò e si riportò a quota periscopica, mentre il sommergibile italiano gli
passava a proravia rivolgendogli il lato di dritta, a soli 400 metri di
distanza, come Rimington aveva calcolato. I tubi furono preparati, i nuovi dati
confermati dalla centralina di lancio, ed il Parthian lanciò quattro siluri intervallati di tre secondi l'uno
dall'altro, da una distanza appena superiore ai 350 metri. Erano le 15.02.
Dopo il tempo
previsto, l'equipaggio del Parthian,
che dopo il lancio era sceso a maggiore profondità, sentì quattro esplosioni,
anch'esse ad intervalli di tre secondi: tutti e quattro i siluri centrarono il Diamante, che affondò immediatamente con
l'intero equipaggio nel punto 32°35' N e 24°10' E (per altra fonte 34°42' N e 23°49' E o 32°41'30" N e 23°49' E), una trentina di miglia a nord di Tobruk (per altra fonte, circa 35
miglia a nord-nord-ovest di quella città). Da bordo del Parthian, dopo gli scoppi dei siluri, fu avvertita anche una
quinta, assordante esplosione finale, più violenta delle altre: l'epitaffio del
sommergibile e del suo equipaggio. Fonti britanniche affermano che il Diamante si "disintegrò".
Il battello
britannico, dopo aver controllato col periscopio che l'orizzonte fosse sgombro,
riemerse, e due uomini, il capo di prima classe Charles Graham Ascomb ed il
segnalatore Bush, salirono in torretta e setacciarono con lo sguardo le acque
circostanti, nel tentativo di individuare eventuali sopravvissuti: ma invano.
Furono preparate delle sagole da lanciare ai naufraghi, ma non servirono.
Nessuno si era salvato. Con il Diamante erano periti il comandante Parla, altri quattro ufficiali e 38 tra sottufficiali e marinai.
Il Parthian, immersosi di nuovo ed
allontanatosi, riemerse a notte fonda e comunicò via radio il successo alla
base, ad Alessandria d'Egitto. Quando poi il battello fece ritorno alla base,
fu l'ammiraglio Andrew Browne Cunningham in persona, il comandante della Mediterranean
Fleet, a recarsi a congratularsi con l'equipaggio del Parthian per il primo successo dell'arma subacquea britannica nel
Mediterraneo. Il comandante Rimington sarebbe stato decorato con il
Distinguished Service Order per l'affondamento del Diamante, mentre un altro membro dell’equipaggio del Parthian, il secondo capo scelto (chief
petty officer) Robert John Backhouse, ricevette la Distinguished Service Medal
a Buckingham Palace il 24 febbraio 1942. Anche altri uomini del Parthian furono decorati per l’azione;
tutto l'equipaggio fu insignito del "Gallantry Award", come fu riportato dalla
"London Gazette" dell'11 settembre 1940.
Il Diamante fu la prima delle centinaia di
vittime mietute dai sommergibili britannici nel Mediterraneo. Era il terzo
della lunghissima serie di sommergibili italiani che sarebbero affondati
durante la guerra: il secondo in Mediterraneo.
Lo sfortunato
comandante Parla ebbe una Medaglia di Bronzo al Valor Militare conferita alla
sua memoria. Lasciò la madre a Licata ed una fidanzata in Toscana.
A Licata, nella
chiesa di Sant'Angelo, una lapide con un busto commemora il sacrificio del comandante
Parla; anche una scuola elementare del paese è stata intitolata alla sua
memoria. A distanza di tanti anni, un'anziana donna di Licata getta ancora
fiori in mare ogni mattino del 20 giugno, dal braccio della statua del Cuore di
Gesù, sul molo orientale del porto, in ricordo di Angelo Parla e dei suoi
uomini.
Caduti sul Diamante:
Lorenzo Accattino, marinaio, da Sestri Levante
Francesco Barelli, marinaio silurista, da Concordia sulla Secchia
Giuseppe Basiliotti, sottotenente di vascello, da Castiglione del Lago
Francesco Briganti, marinaio motorista, da Messina
Guerrino Cabianca, marinaio elettricista, da Venezia
Antonio Cacace, capo meccanico di seconda classe, da Napoli
Paolo Carena, marinaio fuochista, da Genova
Francesco Coppola, marinaio cannoniere, da Sant'Agnello
Giuseppe D'Antonio, marinaio silurista, da Napoli
Nicola Angelo De Robertis, marinaio nocchiere, da Molfetta
Amerigo Di Francesco, secondo capo elettricista, da Caltanissetta
Eugenio Ercoles, marinaio, da Cattolica
Paride Fabbro, marinaio radiotelegrafista, da Udine
Nedo Fagioli, marinaio elettricista, da Genova
Romolo Ferrari, secondo capo meccanico, da Fiume Veneto
Gaetano Ferraro, marinaio, da Formia
Giovanni Battista Ingargiola, marinaio fuochista, da Mazara del Vallo
Elvezio Lironi, sottocapo radiotelegrafista, nato in Svizzera
Edilio Manitto, guardiamarina, da Savona
Ugo Marino, marinaio cannoniere, da Taranto
Antonino Modica, capo silurista di terza classe, da Sant'Agata di Militello
Antonio Montanaro, secondo capo radiotelegrafista, da Martina Franca
Dante Nicolai, marinaio radiotelegrafista, da Pescaro
Biagio Pacitto, sottocapo elettricista, da Cassino
Angelo Parla, tenente di vascello (comandante), da Licata
Cosimo Petrillo, sottocapo segnalatore, da Prata di Principato Ultra
Azelio (o Azeglio) Pingue, tenente del Genio
Navale (direttore di macchina), da Livorno
Romolo Rastrelli, marinaio radiotelegrafista, da Campi Bisenzio
Enrico Rivelli, capo elettricista di terza classe, da Ercolano
Claudio Ronchi, sottocapo silurista, da Vallada
Olindo Scarpa, marinaio, da Venezia
Policarpo Schedan, marinaio elettricista, nato in Turchia
Giuseppe Sergola, sergente meccanico, da Montopoli di Sabina
Giuseppe Sicari, sottocapo cannoniere, da Palermo
Luigi Simonelli, marinaio motorista, da Lerici
Francesco Siracusa, sottocapo furiere, da Siculiana
Silvano Spaziani, marinaio motorista, da Frosinone
Ezio Toni, secondo capo silurista, da Bolano
Salvatore Trovato, marinaio fuochista, da Catania
Carlo Uccelli, sottotenente di vascello, da Roma
Giuseppe Valerio, sottocapo furiere, da Napoli
Carlo Verri, sergente nocchiere, da San Cipriano Po
Pompilio Vigo, sottocapo elettricista, da Tezze sul Brenta
Sopra, il
marinaio elettricista Guerrino Cabianca, morto sul Diamante, e sotto, il suo cenotafio (per g.c. del parente Maurizio
Moro)
La motivazione della
Medaglia di Bronzo al Valor Militare conferita alla memoria del tenente di
vascello Angelo Parla, nato a Licata il 18 ottobre 1907:
"Comandante di sommergibile, in aspre missioni di guerra dava prova di fermezza e coraggio. Nell'adempimento del proprio dovere, scompariva combattendo per la Patria sul mare.
(Mediterraneo Centrale, 10-20 giugno 1940)"
"Comandante di sommergibile, in aspre missioni di guerra dava prova di fermezza e coraggio. Nell'adempimento del proprio dovere, scompariva combattendo per la Patria sul mare.
(Mediterraneo Centrale, 10-20 giugno 1940)"
Un’altra immagine del Diamante (da “U-Boote im Duell” di
Harald Bendert, E. S. Mittler & Sohn, Amburgo, via www.ww2-weapons.com)
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grazie, adesso conosco la fine che fece Salvatore Trovato con il sommergibile Diamante.
RispondiEliminaNel cimitero dei Lupi di Livorno c'è questa lapide. LA VITA CHE MI DESTI ECCO CHE TI RENDO - DIRETTORE DI MACCHINA DEL R.SOMMERGIBILE DIAMANTE - IL TENENTE AZEGLIO PINGUE GIÀ INSIGNITO CON ONORIFICENZA DI SPAGNA IN UNA RICOGNIZIONE AVVENUTA PRESSO LE COSTE AFRICANE NEL ADEMPIMENTO DEL PROPRIO DOVERE IMMOLAVA LA SUA GIOVINE E FIORENTE ESISTENZA PER LA GLORIA E LA GRANDEZZA DELLA PATRIA DI DOTI IMPAREGGIABILI DI MENTE E DI CUORE SARÀ IMPERITURO RICORDO A QUANTI LO CONOBBERO - I GENITORI AL LORO UNICO FIGLIO CHE IMMENSAMENTE AMAVANO COL PENSIERO COSTANTE Q.R.P. - 19 MARZO 1911 / 20 GIUGNO 1940 MARE MEDITERRANEO
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaCome posso fare x contattare qualche parente dei cari defunti per uno scambio di saluti? Mio zio allora diciannovenne era sul sommergibile Diamante . Grazie Giuseppe Guida
RispondiEliminaPurtroppo non sono personalmente in contatto con parenti di caduti del Diamante, mi dispiace...
EliminaBuon giorno, leggo solo ora... sono il nipote di Claudio Ronchi sottocapo swl Diamante
EliminaLeggo solo adesso. Sono una parente del sottotenente Giuseppe Basiliotti. Ho appena trovato foto e documenti di lui in una scatola di ricordi di mio nonno
EliminaSalve, nel 1969 mi trovavo a Stelmilt a Chiavari per il corso da RT. Nostro istruttore di ricezione era Capo Crisafulli che all'epoca faceva parte dell'equipaggio del Diamante. Lui sopravvisse all'affondamento in quanto si trovava a casa in licenza. Ricordo che, quando ci raccontava del Diamante, anche dopo quasi trenta anni, gli occhi gli si inumidivano e quasi piangeva ricordando i suoi commilitoni morti che erano, come diceva lui " in fondo al mare". R.I.P.
RispondiElimina20 июня 1940
RispondiEliminaТраектории движенья
четырёх торпед не кривы .
Устремились все к мишени,
и раскатистые взрывы
гулко в море прозвучали
с трёхсекундным интервалом.
После пятый англичане
услыхали с небывалым
мощным грохотом и этот
жуткий взрыв боезапаса
подтвердил: атаки метод
верен, как и выбор часа
для неё вблизи Тобрука…
…Голубые воды тенью
покрывает синей рубка,
из которой шанса зренью
стать спасителем кого-то
в Средиземном море нету.
Лишь у вражеского флота
есть надежда на вендетту...
20 июня 1940
RispondiEliminaТраектории движенья
четырёх торпед не кривы .
Устремились все к мишени,
и раскатистые взрывы
гулко в море прозвучали
с трёхсекундным интервалом.
После пятый англичане
услыхали с небывалым
мощным грохотом и этот
жуткий взрыв боезапаса
подтвердил: атаки метод
верен, как и выбор часа
для неё вблизи Тобрука…
…Голубые воды тенью
покрывает синей рубка,
из которой шанса зренью
стать спасителем кого-то
в Средиземном море нету.
Лишь у вражеского флота
есть надежда на вендетту...