lunedì 24 febbraio 2014

Sistiana

Il Sistiana, con sullo scafo i marchi dell’ormai passata neutralità italiana, all’atto della cattura a Capetown, il 10 giugno 1940 (foto del John H. Marsh Maritime Research Centre di Capetown, via Mauro Millefiorini)

Piroscafo da carico da 5827 (per altra fonte 5915 o 5952) tsl e 3681 tsn, lungo 118 metri, largo 16,5 m, pescaggio 9 m e velocità 10 nodi. Di proprietà della Società Anonima di Navigazione Lloyd Triestino, avente sede a Trieste, ed iscritto con matricola 208 al Compartimento marittimo di Venezia.

Breve e parziale cronologia.

1924
Costruito nello Stabilimento Tecnico Triestino di Trieste per la Navigazione Libera Triestina S. A. (con sede a Trieste) come Salvore, ma subito ribattezzato Sistiana (altra fonte data il cambio di nome al 1937, con il passaggio al Lloyd Triestino, ma è con ogni probabilità un errore).
Insieme ad altri tre piroscafi della NLT (Maiella, Perla e Sabbia), viene impiegato sulla linea che compie il periplo dell’Africa, con partenza dall’Italia, attraversamento del canale di Suez, discesa della costa orientale africana fino al Sudafrica e poi risalita della costa occidentale africana, rientro nel Mediterraneo ed arrivo in Italia. Trascorrerà su queste rotte pressoché tutta la sua vita sotto bandiera italiana.
1927
Compie un viaggio in Sudafrica come fiera itinerante di prodotti italiani, con esposizione di prodotti di circa 200 aziende italiane, tra cui la FIAT, la Cirio, l’Alfa Romeo la Perugina.
1928
Tra i suoi passeggeri vi è il giornalista e funzionario fascista Gigi Maino, intento in un periplo propagandistico dell’Africa che racconterà poi nel libro “L’Africa senza sfingi”.
1937
Con l’assorbimento della Navigazione Libera Triestina nel Lloyd Triestino, il Sistiana viene trasferito a tale compagnia.
Maggio 1940
Il Sistiana viene fermato da navi da guerra britanniche per controlli e costretto a sbarcare 51 sacchi di posta, che vengono sequestrati.

La perdita

Il Sistiana fu una delle numerosissime navi italiane che, il 10 giugno 1940, la dichiarazione di guerra dell’Italia sorprese non solo in un porto al di fuori del Mediterraneo, ma addirittura nemico: il piroscafo si trovava infatti nella Table Bay (Capetown), con a bordo un carico di 600 tonnellate di merci destinate appunto a Capetown.
Prima ancora della dichiarazione di guerra, nell’ormai evidente imminenza di quanto sarebbe accaduto, il comandante del Sistiana avrebbe voluto salpare le ancore e prendere il mare senza scaricare la merce, per evitare la cattura, ma i mercanti destinatari del carico richiesero ed ottennero un’interdizione che obbligava la nave italiana a sbarcare il proprio carico, così che il Sistiana fu portato alle banchine della Table Bay e posto sotto sorveglianza di un guardie armate, alloggiate in un treno che venne parcheggiato sui binari accanto alla nave.
Alle 21.30 (ora locale) del 10 giugno, due ore e mezzo prima dell’inizio delle ostilità tra Italia ed Alleati, le guardie armate ed uomini della Seaward Defence Force (l’embrionale Marina sudafricana) salirono a bordo del Sistiana e lo sequestrarono. Secondo il libro “Forzate il blocco!” di Dobrillo Dupuis, mentre i militari sudafricani salivano a bordo il piroscafo si autoaffondò, rovesciandosi su un fianco ed in tal modo ostruendo le banchine del porto ed intralciando il traffico portuale, ma in realtà l’equipaggio fu sopraffatto prima di poter tentare l’autoaffondamento, e la nave fu catturata intatta.

Equipaggio e passeggeri, circa 200 persone, vennero sbarcati sotto sorveglianza, e l’intera nave fu minuziosamente ispezionata. Non fu opposta nessuna resistenza, né sarebbe stato possibile altrimenti (il diario di guerra del locale comando in capo afferma addirittura che l’equipaggio si sarebbe avviato all’internamento cantando “Rule Britannia”, ma questo appare quanto meno eccessivo).
A bordo del Sistiana, poco dopo la cattura, venne anche girato un filmato propagandistico della Pathé Gazette (dal titolo “Italian Steamer Seized”), che mostrava sentinelle di guardia sulla nave catturata, l’affissione dell’ordinanza che sanciva la formale cattura del piroscafo, la bandiera sudafricana issata sopra quella italiana, e soldati sudafricani che esibivano trofei presi a bordo della nave, come un salvagente del Sistiana ed un ritratto fracassato di Benito Mussolini.
Gli uomini del Sistiana passarono il resto della guerra in campi di internamento. Non tutti fecero ritorno: il marittimo Giuseppe Cavallarin, di Lussinpiccolo, morì il 27 novembre 1943.

Quanto al Sistiana, dopo la confisca da parte delle autorità sudafricane, il 30 giugno 1940 venne consegnato all’azienda statale “South African Railways and Harbours” e ribattezzato Myrica dal governo del Sudafrica (nominativo radio MSJP). Nel 1941 (o 1942) il piroscafo venne trasferito al Regno Unito (e registrato a Glasgow od a Londra), ed il Ministry of War Transport lo ribattezzò Empire Union, dandolo in gestione alla Canadian Pacific Steamship Ltd. di Montreal. La nave fu quindi impiegata con equipaggio britannico, sotto il controllo del Commonwealth, facendo parte di numerosi convogli, quali l’OB 300 (Atlantico, marzo 1941), l’OG 57 (Africa occidentale, aprile 1941), il WN 134 (Scozia, maggio 1941), l’FS 506 (Mare del Nord, giugno 1941), l’FN 482 (giugno 1941), l’EC 36 (Inghilterra, giugno 1941), il WN 179 (Scozia, settembre 1941), l’FS 594 (Mare del Nord, settembre 1941), l’EC 79 (Inghilterra, settembre 1941), l’ON 23 (Nordatlantico, ottobre 1941), il WN 211 (Scozia, novembre 1941), l’FS 662 (Mare del Nord, dicembre 1941), l’FS 664 (dicembre 1941), l’FN 595 (gennaio 1942), l’EN 30 (Inghilterra, gennaio 1942),  l’SC 72 (Nordatlantico, febbraio 1942), il BB 150 (Mar d’Irlanda, marzo 1942), il WP 130 (canale della Manica, marzo 1942), il PW 135 (aprile 1942), il BX 18 (Canada, maggio 1942), l’HS 5 (maggio 1942), l’HS 25 (luglio 1942), l’SQ 19 (luglio 1942), il QS 22 (luglio 1942), il WN 325 (Scozia, agosto 1942), l’FS 888 (Mar del Nord, agosto 1942), l’FN 812 (settembre 1942), l’EN 138 (settembre 1942), l’HF 7 (ottobre 1942), l’FH 10 (ottobre 1942), il WN 360 (Scozia, novembre 1942), l’FS 961 (Mare del Nord, novembre 1942), l’FN 884 (dicembre 1942) e l’EN 171 (dicembre 1942).

Il 27 dicembre 1942 l’Empire Union (avente un carico di 934 tonnellate di merci varie, tra cui rifornimenti governativi) si trovava in navigazione da Londra a St. John, New Brunswick, via Loch Ewe (dove aveva fatto scalo il 19 dicembre) con il convoglio ON. 156, quando, verso le 2.40, fu silurato, insieme al piroscafo Melrose Abbey, dal sommergibile tedesco U 356, che mezz’ora dopo silurò anche i trasporti Soekaboemi e King Edward, prima di essere a sua volta affondato con tutto l’equipaggio dalle unità della scorta.
L’Empire Union affondò in posizione 47°30’ N e 24°30’ O, al largo delle Azzorre, portando con sé il suo comandante, Hubert Arthur MacCallum, altri quattro membri dell’equipaggio civile ed un cannoniere della Royal Navy, mentre i rimanenti 59 marittimi e 4 cannonieri che componevano il suo equipaggio furono recuperati dalla nave soccorso Toward, che li sbarcò ad Halifax il 9 gennaio 1943.
Solo il 30 gennaio 1947, dopo sei anni e mezzo di prigionia, l’equipaggio del Sistiana, insieme a quello del piroscafo Timavo (autoaffondatosi presso Durban nel giugno 1940) ed ai fascisti più irriducibili tra i prigionieri italiani in Sudafrica, poté imbarcarsi sul piroscafo Chitral per lasciare quella terra. Il 10 febbraio 1947, finalmente, gli uomini del Sistiana sbarcarono nel porto di Napoli, in una nuova Italia che mai prima avevano visto.


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