La MZ 746 (dall’articolo di Vincenzo Meleca sul Bollettino d’Archivio
USMM, che a sua volta ne indica la provenienza da www.anmimonza.it)
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La MZ 746 faceva parte della numerosa
classe “MZ”, le motozattere che, concepite per uno sbarco a Malta che non
avrebbe mai avuto luogo, finirono coll’essere impiegate dapprima nel trasporto
di materiali, in Libia ed Egitto, dai porti d’arrivo dei convogli alle retrovie
del fronte, poi, con la ritirata in terra africana, nell’evacuazione della
Tunisia, ed infine, nel luglio-agosto 1943, nell’evacuazione delle truppe
italo-tedesche dalla Sicilia invasa dagli Alleati: un’attività logorante, piena
di pericoli e spesso dimenticata, che valse alle “MZ” il meritato soprannome di
“muli del mare”.
Il dislocamento era
di 175 tonnellate, che saliva a 239 a pieno carico, la lunghezza 47 metri per
6,5 di larghezza, il pescaggio medio un metro (con un massimo di 1,40 ed un
minimo di 0,95). La velocità massima era di undici nodi, sebbene la MZ 746, alle prove (con dislocamento di
230 tonnellate), ne raggiunse 11,52.
La MZ 746, un’unità della prima serie,
venne impostata nei Cantieri Ansaldo di Genova, con il numero di costruzione
1416, il 12 settembre 1941, venendo varata il 13 giugno 1942. Entrata in
servizio il 19 giugno 1942, l’unità venne impiegata in Nordafrica, adibita, tra
l’altro, anche a trasporto di bestiame da macello tra Tobruk e Marsa Matruh.
Successivamente, a
seguito della caduta dell’Africa, la MZ
746 venne trasferita a Taranto, assegnata al locale Gruppo Motozattere ed
impiegata nel trasporto di truppe e rifornimenti in Sicilia.
La guerra era ormai
irrimediabilmente persa per l’Italia, e le motozattere, dal trasporto di uomini
e materiali in Sicilia, dovettero ben
presto passare al trasporto di uomini e materiali dalla Sicilia: occorreva evacuare in Calabria il maggior numero di
uomini e mezzi possibile, per sottrarli alla cattura da parte delle forze
angloamericane, che nonostante la resistenza italo-tedesca continuavano ad
avanzare nell’isola. Le motozattere ebbero un ruolo di primissimo piano in
questa imponente operazione: nonostante il dominio alleato dei cieli, che causò
la perdita di ben 13 motozattere, fu possibile sottrarre alla cattura alleata
62.000 militari italiani, 40.000 tedeschi, 9800 automezzi, 140 pezzi
d’artiglieria, una cinquantina di mezzi corazzati e 18.000 tonnellate di
materiali. Le motozattere italiane, su cui ricadde gran parte di questo sforzo,
per due settimane fecero la spola dapprima tra Mortella e Bagnara Calabra, poi
tra San Francesco e Catona, con più viaggi giornalieri.
Il 13 agosto 1943 la MZ 746 si trovava a Taranto, quando il
suo comandante, il secondo nocchiere Mario Nava, ricevette l’ordine di partire
per Crotone e da lì raggiungere Messina, insieme alla più grande MZ 774.
Le due motozattere
lasciarono così Taranto il 14 agosto, ed alle 16.30 dello stesso giorno
arrivarono a Crotone, dove sostarono sino alle 6.30 dell’indomani. Entrambe le
unità, poi, ripartirono, navigando insieme in direzione di Messina, ma dopo
otto ore di navigazione vennero assalite, al traverso di Siderno Marina, da una
ventina di velivoli Alleati (anche se il comandante Nava asserì invece nella
sua relazione che gli aerei attaccanti recassero distintivi italiani). La MZ 746 e la MZ 774 aprirono il fuoco con il proprio armamento contraereo, ma,
nonostante il loro intenso tiro, vennero ambedue mitragliate e colpite, mentre
bombe e spezzoni caduti in mare vicini ai loro scafi (“near misses”)
provocavano ulteriori danni. La MZ 746,
incendiata e con diversi locali allagati, venne portata dall’equipaggio, che
non aveva avuto né vittime né feriti, ad arenarsi di prua sulla spiaggia
davanti a Siderno Marina, vicino alla stazione ferroviaria del paese, per
evitare che affondasse. Analoga sorte subì la MZ 774.
L’equipaggio della MZ 746, così come gli uomini della MZ 774 che non erano rimasti feriti,
andò temporaneamente ad aggregarsi al personale del treno armato T.A. 120/1/S,
comandato dal capitano Aldo Meleca, il più altro ufficiale in grado: gli uomini
delle due motozattere vennero così momentaneamente alloggiati nella tenuta di
Meleca, a Contrada Martà (Siderno). Tutto l’equipaggio della MZ 746 sarebbe poi tornato a Taranto
insieme al TV Giorgio Lupo, comandante del Gruppo Motozattere di Taranto, il 3
settembre 1943, appena cinque giorni prima della proclamazione dell’armistizio,
e non prima che l’ormai ex direttore di macchina della motozattera, il sergente
maggiore Paolo Passarelli, di Priolo, avesse il tempo di innamorarsi di Alessandra
Meleca, la sorella del capitano Meleca. I due si sarebbero poi sposati nel
1945, subito dopo la fine delle ostilità.
Nei giorni che
seguirono l’attacco aereo e l’incaglio, sia la MZ 746 che la MZ 774,
esposte sulla spiaggia, abbandonate e non in grado di muovere, vennero
nuovamente attaccate da aerei. Solo dopo tre giorni, nella generale confusione
che regnava durante i combattimenti in Sicilia, il Comando Marina di Taranto e
quello di Messina ricevettero (dal comando del XXXI Corpo d’Armata) notizia
dell’accaduto, senza neanche avere la certezza che fossero la MZ 746 e la MZ 774. Supermarina, il 18 agosto, ordinò che si cercasse di
recuperare le due piccole unità, e lo stesso giorno il comando del XXXI Corpo
d’Armata iniziò a prendere provvedimenti in tale senso, inviando una squadra di
tecnici, che, ispezionate le due motozattere, constatò che i danni erano gravi,
ma, se si fossero potuti usare cassoni per il galleggiamento, sarebbe stato
possibile recuperarle e ripararle. Il Comando Marina di Crotone, però, non
aveva i cassoni, e così il CV Sesto Sestini, capo di Stato Maggiore del
Dipartimento Marittimo dello Ionio e del Basso Adriatico, ordinò che le armi e
tutto ciò che si poteva riutilizzare venisse asportato, dopo di che si sarebbe
proceduto all’autodistruzione, per evitare che, qualora gli Alleati fossero
sbarcati in Calabria, le due motozattere venissero catturate e riparate.
Tra il 18 ed il 20
agosto, perciò, dopo aver rimosso la mitragliera da 20/70 mm, le armi
portatili, le munizioni, le strumentazioni per la navigazione, le carte
nautiche ed i documenti presenti sulla MZ
746 (questo era già stato fatto in precedenza per la MZ 774), materiale che fu poi diviso tra il Comando Marina di
Crotone ed il Comando Gruppo MZ di Taranto (il cannone da 76/40 mm, invece, non
potendo essere asportato, venne privato dell’otturatore in modo da essere reso
inutilizzabile), entrambe le motozattere vennero minate e fatte saltare con tre
cariche esplosive da 6 kg ciascuna. L’operazione fu diretta dal comandante del
Gruppo Motozattere di Taranto, TV Giorgio Lupo. Gli scoppi delle cariche
esplosive aprirono grosse falle negli scafi, senza però distruggere del tutto
le due unità.
I relitti delle due
motozattere rimasero indisturbati per alcuni mesi, poi, nel 1944, tale
Giuseppina Romeo, per conto della Ditta Fratelli Sanci, una concessionaria
della FIAT, chiese ed ottenne dalle autorità britanniche – la zona era infatti
finita in mano alle truppe alleate – l’autorizzazione per procedere al recupero
di materiale riutilizzabile dalle due imbarcazioni. Furono così asportati, tra
il 1944 ed il 1946, pezzi di scafo e soprattutto i motori, tre diesel da 150 HP
ciascuno prodotti dalle Officine Meccaniche di Varese, che furono acquistati
appunto dalla Ditta Fratelli Sanci.
A cancellare
definitivamente ogni tangibile traccia dell’esistenza della MZ 746 provvide il Mar Ionio: l’opera
iniziata dagli aerei alleati e proseguita da guastatori militari e recuperanti
civili venne portata a termine dalle violente mareggiate della costa ionica
calabrese, che in breve tempo erosero i resti della MZ 746 sino a non lasciarne niente più che il ricordo.
E l’unione tra due
giovani che la guerra aveva fatto incontrare.
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