lunedì 24 febbraio 2014

MZ 746

La MZ 746 (dall’articolo di Vincenzo Meleca sul Bollettino d’Archivio USMM, che a sua volta ne indica la provenienza da www.anmimonza.it)

La MZ 746 faceva parte della numerosa classe “MZ”, le motozattere che, concepite per uno sbarco a Malta che non avrebbe mai avuto luogo, finirono coll’essere impiegate dapprima nel trasporto di materiali, in Libia ed Egitto, dai porti d’arrivo dei convogli alle retrovie del fronte, poi, con la ritirata in terra africana, nell’evacuazione della Tunisia, ed infine, nel luglio-agosto 1943, nell’evacuazione delle truppe italo-tedesche dalla Sicilia invasa dagli Alleati: un’attività logorante, piena di pericoli e spesso dimenticata, che valse alle “MZ” il meritato soprannome di “muli del mare”.
Il dislocamento era di 175 tonnellate, che saliva a 239 a pieno carico, la lunghezza 47 metri per 6,5 di larghezza, il pescaggio medio un metro (con un massimo di 1,40 ed un minimo di 0,95). La velocità massima era di undici nodi, sebbene la MZ 746, alle prove (con dislocamento di 230 tonnellate), ne raggiunse 11,52.
La MZ 746, un’unità della prima serie, venne impostata nei Cantieri Ansaldo di Genova, con il numero di costruzione 1416, il 12 settembre 1941, venendo varata il 13 giugno 1942. Entrata in servizio il 19 giugno 1942, l’unità venne impiegata in Nordafrica, adibita, tra l’altro, anche a trasporto di bestiame da macello tra Tobruk e Marsa Matruh.
Successivamente, a seguito della caduta dell’Africa, la MZ 746 venne trasferita a Taranto, assegnata al locale Gruppo Motozattere ed impiegata nel trasporto di truppe e rifornimenti in Sicilia.
La guerra era ormai irrimediabilmente persa per l’Italia, e le motozattere, dal trasporto di uomini e materiali in Sicilia, dovettero ben presto passare al trasporto di uomini e materiali dalla Sicilia: occorreva evacuare in Calabria il maggior numero di uomini e mezzi possibile, per sottrarli alla cattura da parte delle forze angloamericane, che nonostante la resistenza italo-tedesca continuavano ad avanzare nell’isola. Le motozattere ebbero un ruolo di primissimo piano in questa imponente operazione: nonostante il dominio alleato dei cieli, che causò la perdita di ben 13 motozattere, fu possibile sottrarre alla cattura alleata 62.000 militari italiani, 40.000 tedeschi, 9800 automezzi, 140 pezzi d’artiglieria, una cinquantina di mezzi corazzati e 18.000 tonnellate di materiali. Le motozattere italiane, su cui ricadde gran parte di questo sforzo, per due settimane fecero la spola dapprima tra Mortella e Bagnara Calabra, poi tra San Francesco e Catona, con più viaggi giornalieri.
Il 13 agosto 1943 la MZ 746 si trovava a Taranto, quando il suo comandante, il secondo nocchiere Mario Nava, ricevette l’ordine di partire per Crotone e da lì raggiungere Messina, insieme alla più grande MZ 774.
Le due motozattere lasciarono così Taranto il 14 agosto, ed alle 16.30 dello stesso giorno arrivarono a Crotone, dove sostarono sino alle 6.30 dell’indomani. Entrambe le unità, poi, ripartirono, navigando insieme in direzione di Messina, ma dopo otto ore di navigazione vennero assalite, al traverso di Siderno Marina, da una ventina di velivoli Alleati (anche se il comandante Nava asserì invece nella sua relazione che gli aerei attaccanti recassero distintivi italiani). La MZ 746 e la MZ 774 aprirono il fuoco con il proprio armamento contraereo, ma, nonostante il loro intenso tiro, vennero ambedue mitragliate e colpite, mentre bombe e spezzoni caduti in mare vicini ai loro scafi (“near misses”) provocavano ulteriori danni. La MZ 746, incendiata e con diversi locali allagati, venne portata dall’equipaggio, che non aveva avuto né vittime né feriti, ad arenarsi di prua sulla spiaggia davanti a Siderno Marina, vicino alla stazione ferroviaria del paese, per evitare che affondasse. Analoga sorte subì la MZ 774.
L’equipaggio della MZ 746, così come gli uomini della MZ 774 che non erano rimasti feriti, andò temporaneamente ad aggregarsi al personale del treno armato T.A. 120/1/S, comandato dal capitano Aldo Meleca, il più altro ufficiale in grado: gli uomini delle due motozattere vennero così momentaneamente alloggiati nella tenuta di Meleca, a Contrada Martà (Siderno). Tutto l’equipaggio della MZ 746 sarebbe poi tornato a Taranto insieme al TV Giorgio Lupo, comandante del Gruppo Motozattere di Taranto, il 3 settembre 1943, appena cinque giorni prima della proclamazione dell’armistizio, e non prima che l’ormai ex direttore di macchina della motozattera, il sergente maggiore Paolo Passarelli, di Priolo, avesse il tempo di innamorarsi di Alessandra Meleca, la sorella del capitano Meleca. I due si sarebbero poi sposati nel 1945, subito dopo la fine delle ostilità.
Nei giorni che seguirono l’attacco aereo e l’incaglio, sia la MZ 746 che la MZ 774, esposte sulla spiaggia, abbandonate e non in grado di muovere, vennero nuovamente attaccate da aerei. Solo dopo tre giorni, nella generale confusione che regnava durante i combattimenti in Sicilia, il Comando Marina di Taranto e quello di Messina ricevettero (dal comando del XXXI Corpo d’Armata) notizia dell’accaduto, senza neanche avere la certezza che fossero la MZ 746 e la MZ 774. Supermarina, il 18 agosto, ordinò che si cercasse di recuperare le due piccole unità, e lo stesso giorno il comando del XXXI Corpo d’Armata iniziò a prendere provvedimenti in tale senso, inviando una squadra di tecnici, che, ispezionate le due motozattere, constatò che i danni erano gravi, ma, se si fossero potuti usare cassoni per il galleggiamento, sarebbe stato possibile recuperarle e ripararle. Il Comando Marina di Crotone, però, non aveva i cassoni, e così il CV Sesto Sestini, capo di Stato Maggiore del Dipartimento Marittimo dello Ionio e del Basso Adriatico, ordinò che le armi e tutto ciò che si poteva riutilizzare venisse asportato, dopo di che si sarebbe proceduto all’autodistruzione, per evitare che, qualora gli Alleati fossero sbarcati in Calabria, le due motozattere venissero catturate e riparate.
Tra il 18 ed il 20 agosto, perciò, dopo aver rimosso la mitragliera da 20/70 mm, le armi portatili, le munizioni, le strumentazioni per la navigazione, le carte nautiche ed i documenti presenti sulla MZ 746 (questo era già stato fatto in precedenza per la MZ 774), materiale che fu poi diviso tra il Comando Marina di Crotone ed il Comando Gruppo MZ di Taranto (il cannone da 76/40 mm, invece, non potendo essere asportato, venne privato dell’otturatore in modo da essere reso inutilizzabile), entrambe le motozattere vennero minate e fatte saltare con tre cariche esplosive da 6 kg ciascuna. L’operazione fu diretta dal comandante del Gruppo Motozattere di Taranto, TV Giorgio Lupo. Gli scoppi delle cariche esplosive aprirono grosse falle negli scafi, senza però distruggere del tutto le due unità.
I relitti delle due motozattere rimasero indisturbati per alcuni mesi, poi, nel 1944, tale Giuseppina Romeo, per conto della Ditta Fratelli Sanci, una concessionaria della FIAT, chiese ed ottenne dalle autorità britanniche – la zona era infatti finita in mano alle truppe alleate – l’autorizzazione per procedere al recupero di materiale riutilizzabile dalle due imbarcazioni. Furono così asportati, tra il 1944 ed il 1946, pezzi di scafo e soprattutto i motori, tre diesel da 150 HP ciascuno prodotti dalle Officine Meccaniche di Varese, che furono acquistati appunto dalla Ditta Fratelli Sanci.
A cancellare definitivamente ogni tangibile traccia dell’esistenza della MZ 746 provvide il Mar Ionio: l’opera iniziata dagli aerei alleati e proseguita da guastatori militari e recuperanti civili venne portata a termine dalle violente mareggiate della costa ionica calabrese, che in breve tempo erosero i resti della MZ 746 sino a non lasciarne niente più che il ricordo.
E l’unione tra due giovani che la guerra aveva fatto incontrare.
 
 

Nessun commento:

Posta un commento