Sommergibile oceanico
della classe Calvi (dislocamento di 1550 tonnellate in superficie e 2060 in
immersione). Durante la guerra svolse otto missioni (sette delle quali in
Atlantico) per complessive 46.170 miglia percorse in superficie e 1817 in
immersione, affondando sei navi mercantili per complessive 34.193 tonnellate di
stazza lorda.
Breve e parziale cronologia.
20 luglio 1932
Impostazione nei
cantieri Odero-Terni-Orlando di La Spezia.
31 marzo 1935
Varo nei cantieri
Odero-Terni-Orlando di La Spezia.
16 ottobre 1935
Entrata in servizio.
Viene destinato alla II Squadriglia Sommergibili (facente parte della I
Flottiglia Sommergibili), di base a La Spezia, insieme ai gemelli Giuseppe Finzi ed Enrico Tazzoli ed al più anziano sommergibile Ettore Fieramosca.
Il Calvi (a destra) insieme al Finzi (al centro) ed al Tazzoli (a sinistra) durante l’allestimento nel cantiere del Muggiano (g.c. www.xmasgrupsom.com) |
1936
All’inizio dell’anno
l’organizzazione dei sommergibili viene rivista, con la creazione dei Gruppi, e
Calvi, Finzi e Tazzoli vanno a
formare insieme a Glauco ed Otaria la I Squadriglia del IV Gruppo,
di base a Taranto. Nonostante la dislocazione a Taranto, il Calvi si trova spesso ad avere
effettivamente base altrove. Successivamente il Calvi compie una crociera dall’Italia a Tripoli.
Gennaio 1937
Prende segretamente
parte alla guerra civile spagnola al comando del capitano di corvetta Alberto Beretta.
8 gennaio 1937
Nella notte dell’8
attacca con un siluro il piroscafo repubblicano spagnolo Villa de Madrid, al largo di Culera, e più tardi lancia un altro
siluro contro il piroscafo Ciudad de
Barcelona, anch’esso repubblicano, al largo di Capo San Antonio, ma le armi
non vanno a segno.
12 gennaio 1937
Ricevuto ordine di
bombardare il porto e l’area industriale di Valencia, il Calvi spara 71 proiettili dirompenti, con i sui due cannoni da 120
m, sui cantieri e sui depositi di petrolio, da una distanza di 10.000 metri.
Febbraio 1937
Sempre nell’ambito
della guerra di Spagna, opera nelle acque di Tarragona al comando del capitano di corvetta Primo
Longobardo, che consegue al suo comando una Medaglia d’argento al Valor
Militare.
1938
Assegnato alla XV
Squadriglia Sommergibili (I Gruppo Sommergibili, di base a La Spezia), composta
dai più grandi sommergibili della Regia Marina (il Calvi ed i suoi due gemelli, le quattro unità della classe Balilla
– Balilla, Millelire, Toti e Sciesa – ed il Fieramosca).
Il sommergibile fotografato verosimilmente durante la rivista navale “H” tenutasi nel golfo di Napoli, al cospetto di Adolf Hitler, il 5 maggio 1938 (g.c. www.grupsom.com) |
1939
Assegnato alla XII
Squadriglia Sommergibili (insieme a Finzi,
Tazzoli e Fieramosca), del I Grupsom di La Spezia, a seguito della
riorganizzazione delle squadriglie.
10 giugno 1940
All’ingresso
dell’Italia nel secondo conflitto mondiale il Calvi (capitano di corvetta Giuseppe Caridi, che ne è il comandante dal 1939) fa
parte della XI Squadriglia Sommergibili (con Finzi, Tazzoli e Fieramosca, inquadrata nel I Grupsom),
di base a La Spezia.
3 luglio 1940
Il Calvi (capitano di corvetta Giuseppe Caridi) salpa da La
Spezia diretto in Atlantico. Il Calvi
ed il Veniero, sommergibile che lo ha
preceduto di un giorno, sono i primi battelli cui il comando ordina di
abbandonare le norme del diritto internazionale per condurre guerra ad
oltranza.
Luglio 1940
Attraversa lo stretto
di Gibilterra in superficie nella notte tra l’8 ed il 9, poi costeggia in
superficie il Nordafrica senza incontrare problemi e raggiunge la propria area
d’agguato nelle acque di Madera, dove compie la sua prima missione di guerra.
Entra nella rada di Funchal con scopo ricognitivo, trovandovi però solo 12
mercantili ed un cacciatorpediniere, tutti neutrali. Non incontra navi nemiche
e successivamente inizia la navigazione di ritorno.
1-2 agosto 1940
Attraversa lo stretto
di Gibilterra nella notte tra l’1 ed il 2, di nuovo in superficie, ma,
avvistando una silurante che si ritiene essere nemica, deve immergersi per un
breve tratto nei pressi di Punta Almina.
6 agosto 1940
Arriva a La Spezia,
dove viene messo in bacino per lavori in previsione del suo impiego in
Atlantico alle dipendenze della base di Betasom.
27 settembre 1940
Il Calvi (capitano di corvetta Giuseppe Caridi) parte da La Spezia diretto
in Atlantico, dove sarà assegnato alla neocostituita base di Betasom, a
Bordeaux. (Altra fonte data la partenza alle prime ore del 6 ottobre).
1° ottobre 1940
Attraversa in
immersione lo stretto di Gibilterra (s’immerge poco prima di imboccare lo
stretto, con mare leggero e brezza), rilevando i rumori prodotti dalle unità
sottili nemiche con l’idrofono, ma, a causa delle avverse correnti che
caratterizzano lo stretto (e che hanno già causato guai ad altri battelli) e
che cagionano un improvviso appesantimento, sprofonda sino a 143 metri di
profondità (ben oltre i 100 metri della quota di collaudo), riuscendo tuttavia
ad uscirne senza danni.
Successivamente fa
rotta per la zona d’operazioni prevista, al largo di Capo Finisterre,
raggiungendola ed iniziando a cercarvi navi nemiche, mentre l’8 ottobre viene
inviato a tutta forza alla ricerca di un grosso convoglio che il sommergibile Glauco ha localizzato e segnalato circa
200 miglia a nordovest di Capo Finisterre. Il Calvi pattuglierà zona indicata sino al 10 (per altra versione per
10 giorni), ma non vi troverà nulla, ed infine dirigerà per Bordeaux senza aver
incontrato navi nemiche.
23 ottobre 1940
Arrivo a Betasom,
dove viene sottoposto a lavori di manutenzione.
3 dicembre 1940
Lascia Bordeaux
diretto ad ovest dell’Irlanda, per fare parte di un gruppo di sommergibili che
comprende Veniero, Emo, Bagnolini,
Tazzoli e Nani, nell’ambito di un’operazione organizzata in concerto con il
comando tedesco.
Rimane però a terra, a Bordeaux (forse perché malato, o per altre ragioni), il giovane marinaio Angelo Farina (nato ad Ozieri l'11 ottobre 1919). Nella notte tra l'8 ed il 9 dicembre, Bordeaux viene bombardata da 44 bombardieri della Royal Air Force (29 Wellington degli Squadrons 49, 115 e 149 e 15 Whitley del 4th Group), che hanno come obiettivo proprio la base dei sommergibili italiani. I danni materiali sono modesti, ma vi sono alcune vittime: Angelo Farina del Calvi è tra di loro. Lo sfortunato marinaio verrà sepolto tra nel cimitero tedesco di Talence (Ehrenfriedhof Bordeaux).
La tomba di Angelo Farina nel
cimitero di Talence. Sovente Angelo Farina è elencato, per sbaglio, tra i
caduti nell’affondamento del Calvi.
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11 dicembre 1940
Raggiunge l’area
assegnata per la missione dopo aver superato una burrasca estremamente forte,
tanto da divellere parte dell’intercapedine prodiera, deformare parte della
torretta e fare imbarcare tonnellate d’acqua attraverso il boccaporto della
torretta (che provocano continui guasti agli impianti elettrici), che in alcuni
momenti minaccia la stessa galleggiabilità del sommergibile. (Anche perché,
secondo una fonte, l’assenza di prese d’aria per i motori diesel costringe a
tenere i boccaporti aperti).
12 dicembre 1940
Avvista, per la prima
volta, un piroscafo di nazionalità ignota che procede a zig zag a 7-8 nodi, e
lo segue per gran parte del giorno, ma uno dei due motori diesel smette di
funzionare, e nel pomeriggio il Calvi
deve rinunciare all’inseguimento a seguito della perdita di parecchia nafta da
un doppio fondo.
17 dicembre 1940
Nuovo avvistamento;
di nuovo deve interrompere la caccia per un’avaria ai motori diesel.
18 dicembre 1940
Nella prima mattina
(tra le 6 e le 7), con mare grosso ed in peggioramento e forti acquazzoni, il Calvi avvista un mercantile in
navigazione verso ovest a luci spente (si tratta dell’incrociatore ausiliario
britannico Worcestershire) ed alle
5.35, in posizione 54°14’ N e 19°34’ O, lancia due siluri contro di esso,
mancandolo, e l’inseguimento non ha frutto perché il Worcestershire è più veloce (e per giunta accelera, aumentando le
distanze, dopo il lanci dei siluri). Il Calvi
– che lentamente rimane indietro, anche perché solo uno dei suoi due motori sta
funzionando correttamente – apre il fuoco con il cannone di prua in un momento
in cui il tempo migliora, ma il Worcestershire
risponde al fuoco con proiettili illuminanti, ed il sommergibile, trovandosi
ora in una posizione sfavorevole a causa della scarsa visibilità ed
insufficiente velocità, deve cessare il fuoco e rompere il contatto dopo aver
sparato dieci proiettili da 120 mm, che non vanno a segno.
20 dicembre 1940
Alle dieci del mattino il Calvi avvista una nave oscurata a duemila metri di distanza: si tratta del piroscafo
britannico Carlton da 5162 tsl (al comando del capitano William Learmount), un
mercantile disperso del convoglio «OB 260d» in navigazione da Liverpool (da dove
il convoglio, di 29 navi, è partito il 16 dicembre, per poi disperdersi il 19)
al Nordamerica; il Carlton, tuttavia,
è in navigazione da Newport a Buenos Aires con un carico di 6545 tonnellate di
carbone. Alle 10.13, ridotta la distanza a seicento metri e rimanendo in superficie, il comandante Caridi ordina di lanciare un siluro dal tubo numero 2, ma per un malfunzionamento nella comunicazione interfonica vengono lanciati entrambi i siluri pronti nei tubi prodieri, uno da 450 mm e l'altro da 533 mm. Entrambi mancano il bersaglio e vengono notati da bordo del Carlton, che apre il fuoco sul Calvi con una mitragliera Hotchkiss, che costituisce il suo unico armamento difensivo (per una versione, probabilmente erronea, il sommergibile avrebbe dapprima attaccato il piroscafo con i propri cannoni), lancia un SOS (nel quale però indica una posizione sbagliata di trenta miglia verso nord, secondo il comandante Caridi che lo ha intercettato) e cerca anche di
speronarlo.
Il Calvi s'immerge (subito o dopo un lungo scontro, a seconda della versione) e manovra per rivolgere la poppa al bersaglio (che intanto procede a zig zag e continua a sparare con la mitragliera contro il periscopio), dopo di che alle 14.38 lancia un siluro da 450 mm dai tubi poppieri, da mille metri di distanza; l'arma manca il piroscafo passandogli a proravia. Miglior fortuna ha il successivo lancio, alle 14.45, sempre dai tubi di poppa ma da una distanza di 1300 metri (siluro da 533 mm): stavolta il Carlton viene colpito a centro nave, 62 secondi dopo il lancio, ed affonda in sei minuti in posizione 54°30' N e
18°30' O (oppure 55°18' N e 18°49' O, o 54°40' N e 18°53' O), circa 550 miglia
ad ovest dell'Irlanda.
L’intero equipaggio di 35 uomini abbandona la nave su
due lance; il Calvi si avvicina per chiedere se necessitino di qualcosa, ed il comandante Learmount chiede delle sigarette. (Secondo il marinaio Amos Pearson del Carlton, invece, il comandante del sommergibile avrebbe chiesto ai naufraghi dove fosse il comandante britannico, e questi avrebbero risposto mandandolo al diavolo e dicendogli che era affondato con la nave). Poi il Calvi s'immerge e lascia la zona.
I naufraghi del Carlton andranno incontro ad un tragico destino: la scialuppa al comando del comandante Learmount, con diciotto uomini a bordo, scomparirà nell'oceano (per una fonte, si sarebbe capovolta provocando la morte di tutti gli occupanti), mentre l'altra, al comando del primo
ufficiale, andrà alla deriva per 18 giorni: solo quattro dei 17 occupanti saranno ancora in vita quando verranno raccolti dal mercantile Antiope il 7 gennaio 1941, gli altri moriranno uno dopo l'altro di fame e di sete, o si getteranno in mare dopo essere impazziti.
26 dicembre 1940
Avvistato (alle
16.45) nel mare molto mosso, in posizione 54°50’ N e 18°57’ O (o 55° N e 19° O),
un mercantile valutato in 10.000 tsl, il Calvi
si avvicina e lo attacca lanciando un siluro ed avvertendo una forte detonazione,
ritenendo di averlo affondato, ma non risulteranno navi affondate o
danneggiate.
Altri avvistamenti
sono infruttuosi.
27 dicembre 1940
Giunto al limite
dell’autonomia, il sommergibile intraprende la navigazione di ritorno.
31 dicembre 1940
Arriva a Bordeaux in
tempo per festeggiare l’ultimo dell’anno.
Seguono tre mesi di
lavori di manutenzione e riparazione. (Secondo una fonte, proprio i danni
subiti dal Calvi durante la missione
a causa del maltempo inducono Betasom a disporre la riduzione delle dimensioni
delle voluminose torrette dei sommergibili italiani, ed a dotarli di prese
d’aria per i motori diesel).
31 marzo 1941
Parte per una nuova
missione nell’Atlantico centrale in gruppo con i sommergibili Marconi, Finzi e Tazzoli; Calvi e Finzi, in particolare, vengono inviati tra le Canarie e le Azzorre.
22 aprile 1941
Lancia infruttuosamente due siluri contro una nave armata al largo di Freetown, poi tenta di inseguire la nave, ma la perde di vista nei forti piovaschi.
Lancia infruttuosamente due siluri contro una nave armata al largo di Freetown, poi tenta di inseguire la nave, ma la perde di vista nei forti piovaschi.
28 aprile 1941
Attacca
infruttuosamente con il siluro, al largo delle isole Bissagos, il piroscafo britannico
Caperby, poi lo perde di vista a
causa della foschia.
5 maggio 1941
Durante la
navigazione di ritorno avvista un grosso piroscafo passeggeri a tre fumaioli
scortato da unità sottili, ma non riesce a raggiungere una posizione idonea a
lanciare i siluri, a causa dell’alta velocità del mercantile.
13 maggio 1941
Torna a Le Verdon (Bordeaux).
1° agosto 1941
Prende il mare per
una nuova missione tra le Canarie e le Azzorre, operando dapprima ad ovest
delle Canarie e, dopo il 21 agosto, al largo di Gibilterra cooperando con altri
sommergibili italiani e tedeschi, ma non ottiene nessun risultato.
10 settembre 1941
Torna a Bordeaux.
In questo periodo il Calvi scampa anche ad un agguato teso
dal Secret Intelligence Service britannico in base ad informazioni passate da
Laura D’Oriano, spia italiana al servizio dei servizi segreti britannici, che
da Bordeaux segnala le partenze dei sommergibili italiani.
7 dicembre 1941
Il Calvi (capitano di corvetta Emilio Olivieri) viene
inviato, insieme ai gemelli Tazzoli e
Finzi ed al sommergibile Luigi Torelli, a soccorrere i naufraghi
della nave corsara tedesca Atlantis (affondata
il 22 novembre dall’incrociatore pesante HMS Devonshire) e della rifornitrice tedesca Python (affondata il 1° dicembre dall’incrociatore pesante HMS Dorsetshire dopo aver recuperato i
superstiti dell’Atlantis). I quattro
grossi sommergibili italiani, richiesti appositamente da Karl Dönitz per
l’operazione di soccorso in virtù della loro capienza, dirigono verso sud alla
massima velocità, raggiungono al largo delle Isole di Capo Verde i sommergibili
tedeschi U-A, U 68, U 124 ed U 129, che hanno recuperato i 414
sopravvissuti, e – tra il 13-14 ed il 17-18 dicembre - trasbordano 254
naufraghi, principalmente dell’Atlantis,
usando per il trasbordo le piccole zattere di gomma degli U-Boote. Il Calvi, sul quale sono stati trasbordati
70 uomini dall’U 124, raggiunge
Saint-Nazaire con i naufraghi il 29 dicembre (insieme all’U 129, il Calvi è
l’ultimo dei sommergibili soccorritori a raggiungere Saint-Nazaire; per altra
fonte, invece, Calvi ed U 129 raggiunsero Saint-Nazaire il 27).
Successivamente il
battello viene sottoposto ad un periodo di lavori in bacino, al termine dei
quali, ad inizio marzo 1942, si trova ad essere l’unico sommergibile in
efficienza a disposizione di Betasom e si decide di inviarlo al largo della
costa settentrionale brasiliana (stati di Cearà e Natal), tra Capo San Rocco (a
nord di tale Capo) e Capo Orange (a nord dell’Equatore): è una zona dove è
stata segnalata la presenza di molte navi, ma dove i battelli dell’Asse non si
sono ancora avventurati, e si vuole sfruttare l’effetto sorpresa. Il comandante
di Betasom, CV Romolo Polacchini, riesce infine a convincere l’ammiraglio
Dönitz (che vorrebbe aspettare di avere più sommergibili da mandare in quelle
acque, per un attacco di massa oltre che a sorpresa) ad acconsentire alla
partenza del Calvi per quella zona,
con l’obbligo di non attaccare navi nelle acque territoriali del neutrale
Brasile, onde evitare ripercussioni sui rapporti politici con quella nazione.
Il Calvi durante la missione di soccorso ai naufraghi dell’Atlantis (g.c. STORIA militare via www.betasom.it) |
7 marzo 1942
Il Calvi (capitano di corvetta Emilio Olivieri) lascia Le
Verdon per una nuova missione al largo di Capo Orange.
Una volta raggiunta
l’area assegnata, il sommergibile fermerà per prima cosa due mercantili con
distintivi che ne indicano l’appartenenza a paesi neutrali, ma il maltempo
impedisce di verificare che non stiano trasportando merci d’interesse bellico.
Successivamente (forse
il 25 marzo) attacca infruttuosamente un piroscafo britannico tipo Huntingdon.
28 marzo 1942
Alle 15.20 il Calvi avvista su rilevamento 270°, in posizione 13°57' N e 44°16' O (a circa 700 miglia
da Capo Orange, a settentrione della foce del Rio delle Amazzoni), alberi, fumaiolo e parte della plancia di un piroscafo, e subito dopo le parti superiori delle sagome di altre tre navi, due delle quali di grandi dimensioni. Il convoglio, distante 12 km, ha rotta stimata 160°. Il Calvi manovra per mostrare la poppa assumendo rotta 85°, ma mentre tale manovra è in corso viene visto alzarsi un aereo sulla quarta unità, che sembra avere lo scafo molto basso ma i cui contorni appaiono molto confusi. Il comandante Olivieri dà ordine d'immersione, e mentre il Calvi s'immerge nota che i mercantili avvistati accostano a un tempo di circa 90°, probabilmente in fuori, il che lo induce a ritenere di essere stato avvistato. Agli idrofoni vengono rilevati rumori di macchine alternative, sempre nella stessa direzione ma con intensità in aumento.
Alle 16.11 il Calvi accosta per 220° e si porta a quota periscopica, osservando a 8-9 km di distanza, su alfa 37° con beta 100°, una formazione composta da quattro unità disposte a rombo, composta da un grosso piroscafo in testa, un altro grosso piroscafo con molti picchi di carico ed un piccolo piroscafo al centro in linea di fronte, ed una portaerei in coda. La portaerei sembra simile all'USS Ranger (ha la sovrastruttura centrale molto piccola ed il ponte di volo leggermente più corto dello scafo), ma Olivieri non è certo della sua identificazione; non trovandosi in condizione di poter attaccare in immersione, rileva gli elementi di marcia del convoglio e poi scende a 40 metri. (La portaerei è la portaerei di scorta HMS Archer, ed il convoglio è scortato dall'incrociatore pesante HMS Devonshire e da tre cacciatorpediniere del 1° Gruppo d'appoggio. L'avvistamento da parte di un aereo decollato dall'Archer obbliga il Calvi all'immersione).
Alle 16.45 il Calvi torna a quota periscopica, e trova il convoglio ancora entro l'orizzonte; non potendo emergere troppo vicino al convoglio a causa degli aerei, Olivieri ne rileva nuovamente gli elementi di marcia e poi torna a 40 metri.
Emerso alle 17.25, quando il convoglio si è sufficientemente allontanato e sta per calare la sera, il Calvi si pone al suo inseguimento, basandosi sui fumi ancora visibili all'orizzonte; alle 19.48 avvista su rilevamento 130° un piroscafo che dalle alberature viene riconosciuto come il primo della formazione avvistata in precedenza. Il sommergibile gli si avvicina con l'intenzione di sopravanzarlo sul lato rivolto ad est, in modo da approfittare delle migliori condizioni di luce offerte dal tramonto; il comandante Olivieri regola la manovra e l'andatura in modo da trovarsi di prora al piroscafo alle sette del mattino del 29 marzo, avendo deciso di attaccarlo tra le 8.30 e le 10, nell'intervallo tra il tramonto della luna ed il sorgere del sole.
Olivieri ritiene inizialmente che il piroscafo sia l'ultima unità del convoglio avvistato alle 15, che nella notte avrebbe modificato la formazione passando in linea di fila, con la portaerei in testa.
29 marzo 1942
Il Calvi insegue il piroscafo durante la notte, mantenendosi al limite della visibilità (evitando di avvicinarsi troppo per non essere avvistato da eventuali aerei) e perdendolo di vista di tanto in tanto per poco tempo.
Alle quattro del mattino la distanza tra il Calvi ed il piroscafo è calata a 4-5 km, e nonostante la notte chiarissima consenta una visibilità di 7-8 km, non appaiono visibili altre navi, il che induce il comandante Olivieri a ritenere che dopo il suo avvistamento da parte dei velivoli della scorta aerea la portaerei e gli altri due piroscafi, più veloci, abbiano accelerato a 14-15 nodi, lasciando indietro il terzo piroscafo, capace solo di 11 nodi. Olivieri ritiene che quest'ultimo assomigli al piroscafo britannico Huntingdon, della Federal Steam Navigation Company di Londra.
La nave inseguita dal Calvi è il piroscafo britannico Tredinnick, da 4589 tsl, in navigazione da New York (da dov'è partito il 18 marzo) a Capetown (per altra fonte da New York a Bombay, via Table Bay) con un carico di rifornimenti del governo e merci varie, al comando del capitano Gordon George Barrett.
Alle 7.45 il Calvi è di prora al Tredinnick, che ha intanto accostato per 160°; alle 8.25 la luna tramonta, e tre minuti dopo il sommergibile accosta di 100° a sinistra, per poi mettere la prua sul piroscafo alle 8.31, assumendo rotta 250°. Alle 8.37, serrate le distanze a soli 500 metri, il Calvi lancia due siluri da 533 mm dai tubi di prua, con beta 90°, a cinque secondi d'intervallo l'uno dall'altro.
Entrambi i siluri vanno a segno 25-26 secondi dopo i lanci: il primo colpisce il Tredinnick all'altezza dell'albero di trinchetto, il secondo sotto la plancia. Mentre il Calvi accosta sulla poppa della sua vittima, questa sbanda subito sulla sinistra e poi affonda rapidamente con la poppa in alto in posizione 11°46' N e 43°18' O, circa mille miglia a sudest di Bermuda (capita di trovare la posizione 27°15' N e 49°15' O, ma questa è in realtà l’ultima posizione comunicata dal Tredinnick, prima di scomparire, il 25 marzo, quattro giorni prima dell’affondamento; altra fonte indica l'ora dell'affondamento come le 7.45, ma sembra probabile un errore). Alle 8.41 vengono avvertite distintamente tre forti esplosioni.
Il Tredinnick è affondato troppo rapidamente per poter calare le scialuppe, o lanciare un SOS (il Calvi, in ascolto sulle frequenze commerciali, non ne capta nessuno). In mare gli uomini del Calvi osservano nell'oscurità due luci, che il comandante Olivieri ritiene essere simili a quelle create dall'illuminazione a base chimica in dotazione alle zattere Carley. Non vi saranno superstiti tra i 46 uomini dell'equipaggio, 40 marittimi civili e sei cannonieri addetti all'armamento difensivo.
Dopo l'affondamento, ritenendo che il convoglio abbia velocità non inferiore a 14 nodi e non possedendo alcun dato preciso sulla sua rotta, il che renderebbe un tentativo d'inseguimento uno spreco di tempo e di carburante, Olivieri decide di ridurre la velocità a quella di andatura economica, ricaricando le batterie. Alle 16, non essendoci navi in vista, s'immerge per ricaricare i tubi lanciasiluri, per poi riemergere alle 20.57, procedendo con un motore su rotta 205°.
31 marzo 1942
Alle 15 il Calvi avvista su rilevamento 120°, nel
punto 06°29' N e 44°58' O (a circa 400 miglia da Capo Orange, dove si sta
dirigendo), una petroliera in navigazione su rotta 340°, e si pone al suo inseguimento con l'intenzione di avvicinarsi dopo il tramonto per attaccarla.
La nave è la moderna motonave cisterna statunitense T. C. McCobb, da 7452 tsl; al comando del capitano Robert W. Overbeck, è in navigazione scarica da Buenos Aires a Caripito (o Caracas), da sola e senza armamento.
Alle 15.12 il
sommergibile mette in moto l’altro motore diesel e manovra per avere un più
favorevole angolo di lancio (intanto la nave zigzaga con rotte da 270° a 20°,
con velocità 12 nodi, senza dar segno di aver avvistato l’unità italiana),
aumentando i giri per ridurre le distanze (ma senza poterlo fare troppo, a
causa di un danno ad un cilindro di un motore termico, che causa consistenti
perdite di olio ad elevate velocità), e dopo due minuti s'immerge ed assume
rotta 140°, riscontrando difficoltà a tenere il battello in quota a causa del
mare forza 5. Alle 18.15 la McCobb
viene nuovamente avvistata a 3000 metri, quindi il sommergibile accosta a
sinistra e si porta in affioramento con la torretta e la prua emergenti, poi si
porta a 20 metri con immersione rapida, rinunciando ad attaccare in immersione.
Alle 21.05 il Calvi emerge ed apre il fuoco contro la
petroliera, che assume rotta 290° in un tentativo di fuga a tutta forza; il cannone di poppa del Calvi deve
interrompere il tiro a causa del mare mosso, ed il tiro di quello di prua viene
reso molto impreciso dal rollio. Alle 21.16 il tiro viene cessato del tutto, mentre
i motori vengono portati al massimo, riuscendo però a ridurre le distanze solo
di poco. Alle 22.52, non potendo aspettare ancora (il sole sta tramontando), il
sommergibile apre nuovamente il fuoco, con il cannone di prua, da una distanza
di 6800 metri, e poco dopo intercetta il segnale di soccorso partito dalla McCobb, che gli permette di identificarla; alle 23.15 la cisterna,
colpita da dieci proiettili, ferma le macchine e continua ad avanzare a bassa
velocità con rotta 350°, mettendo a mare quattro lance con pochi uomini a bordo (secondo l'apprezzamento
del Calvi; in realtà sono state calate tre scialuppe, una delle quali, seriamente danneggiata e semiallagata, viene abbandonata alla deriva dopo che le altre due ne hanno preso a bordo gli occupanti), mentre il Calvi
riduce l’intensità del tiro. In tutto il sommergibile spara una sessantina di colpi di cannone.
(Secondo i superstiti della McCobb, invece, il Calvi,
apparso a poppa della nave in posizione 7°10’ N e 45°20’ O, aprì il fuoco già
dalle 16.05 o 16.15 ora americana, inseguendo la McCobb in superficie a tutta forza, e la nave abbandonò la rotta a
zig zag per tirare dritto alla massima velocità – dirigendo verso il sole per
risultare un bersaglio più difficile – nella speranza di mantenere le distanze
fino al calare del buio, ma fu raggiunta a causa della sua bassa velocità
massima, 12,7 nodi contro i quasi 17 del sommergibile italiano. Dopo 18-20
colpi a vuoto il Calvi aveva cessato
il fuoco per dedicarsi all’inseguimento, ma alle 17.40-17.45, avendo ridotto la
distanza a non più di un miglio, ricominciò il tiro, e dopo pochi proiettili a
vuoto iniziò a mettere a segno pressoché tutti i colpi; dopo una ventina di
minuti fu dato l’ordine di issare una bandiera bianca ed abbandonare la nave,
ed i superstiti si allontanarono su tre scialuppe, una delle quali, gravemente
danneggiata, venne presto evacuata ed abbandonata. Il Calvi smise di sparare quando le lance furono messe a mare e si
allontanarono. Subito dopo che il buio fu calato, i naufraghi della McCobb sulle lance n. 2 e n. 3 videro il
sommergibile passare tra le due imbarcazioni e colpire la loro nave con quattro
siluri, il primo dei quali, dopo essere stato lanciato con un angolo troppo
obliquo rispetto al bersaglio, cambiò rotta con un angolo retto rispetto a
quella precedente ed andò a segno a poppa sinistra; infine la petroliera, con
vari piccoli incendi a bordo, impennò la prua, rimase in quella posizione per
mezz’ora e s’inabissò completamente entro le 21.15. L'equipaggio della McCobb stimò che il sommergibile avesse sparato tra i 28 ed i 33 colpi colpi di cannone contro la loro nave).
Alle 23.33 il Calvi lancia un siluro da 533 mm con i tubi di
prua, colpendo la nave sotto la plancia; alle 23.47 manovra per rivolgere la poppa al bersaglio e lancia un siluro da 450 mm dai tubi di poppa, colpendo la McCobb in corrispondenza del fumaiolo, per poi lanciarne un terzo da 533 mm alle
23.59, sempre dai tubi di poppa, che va a segno tra plancia e
fumaiolo. Alle 00.07 del 1° aprile ne viene lanciato un quarto dai tubi di
prua, da 450 mm: anch'esso colpisce tra plancia e fumaiolo, ma la McCobb, nonostante un marcato appoppamento (la poppa è quasi al
livello del mare) ed il fianco totalmente squarciato, rimane ostinatamente a galla. Alle
00.16 il Calvi lancia dai tubi
poppieri il quinto siluro, da 533 mm, che colpisce ancora una volta tra la plancia ed il
fumaiolo, ed alle 00.28 lancia l'ultimo (da 450 mm) dai tubi di prua, ma l'arma colpisce
senza esplodere; la cisterna continua però ad appopparsi sempre più. Infine,
all'1.15 del 1° aprile, un quarto d'ora dopo che il sommergile ha assunto rotta
120° per allontanarsi, la McCobb
impenna la prua ed affonda di poppa in posizione 07°19' N e 45°44' O (oppure
07°10' N e 45°20' E, o 06°59' N e 44°38' O; a circa 400 miglia dalla costa settentrionale del Brasile,
a 400 miglia dalla Guyana francese ed a 600 miglia dalla Guyana britannica),
divenendo la prima nave americana ad essere affondata da un'unità italiana.
Dei 39 membri
dell’equipaggio della McCobb, uno è rimasto ucciso dal tiro del Calvi ed uno è annegato durante l'abbandono della nave; i 15 uomini saliti sulla scialuppa n. 3, al comando del secondo ufficiale William Sims, verranno salvati
l'8 aprile dal piroscafo greco Santa
Monica, mentre i 19 della scialuppa n. 2, al comando del capitano Overbeck, dopo aver sostato un giorno ed una notte in un'isoletta al largo della costa brasiliana, verranno recuperati dal piroscafo
norvegese Marpesia e sbarcati il 10 aprile a Paramaribo. I tre restanti uomini
della cisterna andranno invece alla deriva su una zattera per 46 giorni, e solo
uno sopravvivrà sino ad essere tratto in salvo al largo della costa della
Guyana britannica. Alcuni dei superstiti della lancia 2 verranno affondati
altre due volte durante la navigazione di rimpatrio, ma sopravvivranno tutti.
Successivamente il Calvi si porta al largo di Capo San
Rocco, dove s'incrociano le rotte che collegano l'America settentrionale e
meridionale con l'Africa equatoriale e meridionale.
5 aprile 1942
Raggiunge la costa
del Brasile. Nei giorni seguenti avvista due mercantili ma perde il contatto a
causa del tempo avverso.
9-10 aprile 1942
Alle 21.10 del 9 il Calvi avvista del fumo al largo del Golfo di Patos, in posizione 02°35' S e 39°58' O; serrate rapidamente le distanze, l'origine del fumo si rivela essere una nave cisterna in navigazione a 9 nodi su rotta 300°. Si tratta del piroscafo cisterna statunitense Eugene V. R. Thayer da 7138 tsl, in navigazione isolata e scarica da Campana (Argentina) a Caripito (Venezuela) al comando del capitano B. S. Svendson. Inizia un lungo inseguimento.
Alle 23.57 il Calvi lancia due siluri da 533 mm dai tubi prodieri, da ottocento metri di distanza, ma entrambi mancano il bersaglio passandogli alcuni metri a proravia. Il sommergibile manovra allora per sopravanzare la petroliera ed attaccarla con i tubi poppieri, dai quali all'1.20 del 10 lancia due siluri da 450 mm; entrambe le armi, però, passano sotto lo scafo della Thayer senza esplodere. Il comandante Olivieri ordina allora di armare i cannoni, ed alle 2.30 viene aperto il fuoco da tremila metri di distanza. Nei successivi venti minuti, il Calvi spara in tutto 49 colpi di cannone, ritenendo di averne messi a segno dodici e riducendo gradatamente la distanza a duemila metri; a questo punto Olivieri riesce ad identificare la nave leggendone il nome, ed ordina di cessare il fuoco in attesa di capire se l'equipaggio stia abbandonando la nave.
Quando diviene evidente che l'equipaggio non sembra intenzionato ad abbandonare la petroliera, alle 3.10 viene ripreso il tiro con il cannone di prua, sparando altri 44 colpi, 28 dei quali messi a segno. Alle 3.48 il Calvi lancia un siluro da 450 mm da un tubo poppiero, ma manca il bersaglio nonostante la ridotta distanza (600 metri); alle 4.04 manovra allora per rivolgere la prua verso la nave nemica, contro cui lancia un siluro da 533 mm dai tubi prodieri, regolato per due metri di profondità, sempre da seicento metri di distanza. Stavolta il siluro colpisce, ma la Eugene V. R. Thayer non affonda.
Alle 4.10 il Calvi riapre il fuoco con il cannone di poppa, proseguendolo fino alle 5.05; spara altri trenta colpi, la maggior parte dei quali vanno a segno, e la nave cisterna finalmente affonda lentamente verso l'alba, avvolta dalle fiamme, nel punto 02°36' S e 39°43' O (o 02°37' N e 38°43' O, o 02°12' N e 39°55' O, o 02°24' S e 39°27' O). In tutto ci sono voluti sei siluri e più di 120 proiettili da 120 mm per affondarla. (Qualche sito afferma invece che la Thayer avrebbe continuato a bruciare fino al 13 aprile prima di affondare al largo di Parnaiba).
Undici dei 37 membri dell'equipaggio della Eugene V. R. Thayer sono rimasti uccisi nell'attacco; i 26 sopravvissuti hanno abbandonato la nave su due scialuppe. I tredici occupanti della prima verranno recuperati da due idrovolanti PBY Catalina della squadriglia VP-52 della Marina statunitense lo stesso 10 aprile, mentre la seconda, con gli altri tredici, raggiungerà la cosa brasiliana l'11 aprile, a nord di Aracati.
Il Calvi riceve poi ordine di posizionarsi tra capo San Rocco e Ferdinando da Noronha, e
di raggiungere l’area tenendosi vicino alla costa brasiliana, dove risulta
esserci notevole traffico nemico.
10-11 aprile 1942
Alle 22.55 del 10 il Calvi avvista una nave in navigazione a 12 nodi su rotta 130°: si tratta della moderna motonave norvegese Balkis da 2261 tsl, partita il 30 marzo da Halifax e diretta a Buenos Aires con un carico di 2500 tonnellate di carta e pasta cartaria, al comando del capitano Jens Tønder. Il sommergibile manovra per intercettarla, ed alle 00.24 dell'11 (ora di Berlino; le 19.30 per il fuso orario brasiliano) lancia contro di essa due siluri da 533 mm dai tubi prodieri, da una distanza di appena 350 metri: il primo siluro manca il bersaglio, ma il secondo lo colpisce in corrispondenza della stiva n. 2 (nell’estremità poppiera di tale stiva, sul lato sinistro), immobilizzando la nave, sulla quale viene subito a mancare anche la luce. Il Calvi apre poi il fuoco con il cannone, colpendo la plancia, dove rimangono uccisi il comandante Tønder e due ufficiali di guardia (per altra fonte il Calvi avrebbe aperto il fuoco con le mitragliere "per spingere l'equipaggio ad abbandonare più in fretta la nave"); alcuni altri membri dell'equipaggio (tra cui l'unica donna, la cameriera Marget Halten) sono rimasti uccisi dall'esplosione del siluro o finiscono in mare ed annegano durante l'abbandono della nave.
Intorno all'una di notte (altra fonte parla delle otto del mattino) la Balkis affonda in posizione 02°30' S e 38°00' O (o 02°25' S e 38°27' O), circa 60
miglia a nord di Fortaleza. I morti fra l’equipaggio sono sette, mentre i 24
superstiti, su due imbarcazioni, verranno raccolti l’indomani dalla motonave
svedese Scania. L’affondamento della Balkis
(così come altri attacchi da parte di sommergibili dell’Asse), in acque
brasiliane, sarà tra gli episodi che porteranno il Brasile ad entrare in guerra
contro l’Asse.
Il sommergibile non ha ormai che tre siluri, ma riceve ordine di restare nel settore
assegnato sino al loro totale esaurimento.
I successi colti dal Calvi riportati dai giornali “Canberra Times” e “Courier Mail” del 15 aprile 1942 (g.c. National Library of Australia/Trove (http://trove.nla.gov.au/ndp/del/article/2573487 e http://trove.nla.gov.au/ndp/del/article/50137072)
12 aprile 1942
Alle 23.28 il Calvi lancia un siluro da 450 mm dai tubi di prua, da una distanza di ottocento metri, contro la motonave cisterna Ben Brush da 7691 tsl, battente bandiera panamense, in navigazione da Buenos Aires ad Aruba con un carico di greggio. Il siluro va a segno dopo 42 secondi, ma la nave non affonda, pertanto alle 23.37 il Calvi apre il fuoco con il cannone di prua, sempre da 800 metri, mettendo a segno una dozzina di colpi (su un totale di quindici sparati) nei successivi dodici minuti. Il sommergibile manovra poi in modo da rivolgere la poppa al bersaglio, ed a mezzanotte lancia altri due siluri (uno da 450 mm ed uno da 533 mm), gli ultimi rimasti, dai tubi poppieri, da soli seicento metri di distanza. Entrambi i siluri vanno a segno, ma ancora la Ben Brush si rifiuta di affondare. Alle 00.17 viene nuovamente aperto il fuoco con il cannone: vengono sparati altri 25 colpi, mettendone venti a segno, ma ancora la petroliera non accenna ad affondare. All'1.02 viene riaperto il fuoco con il cannone di prua: dopo altri 17 colpi, finalmente, la Ben Brush affonda in posizione 04°21’ N e
35°35’ O (o 04°32’ S e 35°03’ N). (Altra fonte indica l'orario dell'affondamento come le 23.20).
Vi è una vittima tra l'equipaggio della motocisterna, mentre i superstiti sono 34.
Esauriti i siluri, il
sommergibile lascia l’area di Capo San Rocco per tornare alla base.
28-29 aprile 1942
Il Calvi conclude la fruttuosa missione con
il ritorno a Bordeaux. I notevoli risultati conseguiti (cinque mercantili
affondati per 29.031 tsl durante 55 giorni di missione, durante la quale sono
state percorse 9443 miglia) valgono al comandante Olivieri il conferimento
della Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Il Calvi di ritorno da una missione nel 1942, con alcuni danni allo scafo leggero provocati dal mare (g.c. STORIA militare) |
Il ritorno del Calvi dalla fruttuosa missione al largo dei Caraibi: al periscopio sventolano le cinque bandierine che simboleggiano le altrettante navi affondate. Sulla sinistra il comandante Olivieri (da “Operazione Westindien” di Francesco Mattesini, su www.academia.edu) |
Il comandante Olivieri tra i colleghi Fecia di Cossato (del Tazzoli) e Salvatori (dell’Archimede) al ritorno dalla missione (da “Operazione Westindien” di Francesco Mattesini, su www.academia.edu) |
L'ultima missione
Il 2 luglio 1942,
dopo un altro turno di lavori di manutenzione, il Calvi lasciò Bordeaux al comando del capitano di fregata Primo
Longobardo, diretto per la zona d’operativa nel mare dei Caraibi (Piccole
Antille). Il comandante Longobardo, che aveva già comandato in Atlantico il Luigi Torelli affondando quattro
mercantili (il Nemea, il Brask, l’Urla ed il Nikolaos Filinis)
in una sola missione, era stato richiamato in patria e destinato ad un incarico
a terra alle dirette dipendenze del comando in capo dei sommergibili a causa
della sua età avanzata (41 anni, molti di più di quelli dei giovani ufficiali
assegnati al comando della maggior parte dei sommergibili, anche per via
dell’impegno fisico richiesto dalle missioni atlantiche): già nel 1941 era
stato assegnato alla Scuola Sommergibili di Pola ma aveva chiesto l’imbarco su
sommergibili atlantici, ricevendo il comando del Torelli. Adesso, di nuovo in
Italia, aveva richiesto ancora l’assegnamento su sommergibili in Atlantico; in
un momento di penuria di ufficiali, ed in seguito ad una malattia che aveva
colpito il comandante Olivieri poco prima della partenza per la nuova missione,
la sua richiesta era stata accettata e gli era stato dato il comando del Calvi. Il sommergibile aveva anche
subito un rinnovo dell’equipaggio, con l’arrivo di molte giovani reclute al
primo imbarco, della cui formazione si era occupato lo stesso Longobardo;
quando l’unità era risultata pronta a prendere il mare, il comandante aveva
radunato l’equipaggio ed offerto a chi non se la sentisse di partire di
sbarcare, ma tutti avevano risposto che sarebbero partiti con lui.
Prima della partenza,
mentre il comandante Longobardo parlava brevemente con il comandante di
Betasom, contrammiraglio Romolo Polacchini, prima di salire sul battello (dove
l’equipaggio lo attendeva schierato), si verificò un piccolo episodio cui
l’indole superstiziosa dei marinai attribuì poi un significato di cattivo
auspicio: un giovane guardiamarina mise sulla torretta del Calvi una magnolia bianca, forse per celebrare la nuova missione,
ma venne subito redarguito dal direttore di macchina, che gli gridò “Buttala
via, che porta disgrazia!”, “ordine” subito eseguito dal guardiamarina tra le
risate degli altri ufficiali.
Poi Longobardo salì
sul Calvi, vennero mollati gli
ormeggi ed il battello lasciò Bordeaux. Sulla banchina, a salutarlo, rimase
l’ammiraglio Polacchini.
Il comandante Longobardo, a sinistra, parla con il tenente di vascello Gustav Poel ed il capitano di corvetta Hans-Rudolf Rösing, ufficiali di collegamento tedeschi a Betasom, al ritorno da una missione atlantica (da www.grupsom.com) |
Il 13 luglio il
sommergibile ricevette l’ordine di cercare un piroscafo isolato del tipo
“Andalusia Star”, ma non riuscì a rintracciarlo.
Nella notte tra il 13
ed il 14 luglio il battello ricevette l’ordine di cercare il convoglio «SL.
115», in navigazione dalla Sierra Leone (Freetown) al Regno Unito con la scorta
degli sloops Lulworth, Londonderry, Bideford ed Hastings, la
cui presenza era stata segnalata a sud delle Azzorre dal sommergibile tedesco U 130, e di attaccarlo solo se le
condizioni fossero state favorevoli. Il Calvi,
al pari di un secondo sommergibile tedesco, l’U 507, si mise quindi alla ricerca del convoglio, avvistandolo
verso le 19.30 del 14 luglio, 575 miglia ad ovest di Tenerife, e venendosi a
trovare accanto all’U 130. Già da due
ore, però, il Calvi era stato rilevato
dal radiogoniometro HF/DF (un apparato che intercettava i segnali radio ed
individuava il rilevamento da cui provenivano) dell’HMS Lulworth, e questa unità, al comando del capitano di corvetta Clive
Gwinner (che insieme ad un altro suo ufficiale venne poi insignito del
Distinguished Service Order per l’azione, mentre un marinaio ricevette la
Distinguished Service Cross, due sottufficiali e cinque marinai la
Distinguished Service Medal e dodici uomini – tra cui il tenente di vascello F.
W. North alla memoria – la menzione nei dispacci), era stata inviata a
verificare cosa fossero i forti segnali HF/DF rilevati. Lo sloop britannico
avvistò l’U 130 – che era entrato in
contatto visivo con il Calvi – che
subito effettuò l’immersione rapida, ed immediatamente dopo il Calvi, che dopo un quarto d’ora avvistò
a sua volta il Lulworth. In quel
momento gli uomini del battello italiano stavano osservando l’U 130, che stava passando ad oltre 900
metri da loro, ma non appena videro il Lulworth
che dirigeva con la prua puntata verso il loro sommergibile il comandante
Longobardo ordinò l’immersione rapida a 90 (per altra fonte a 75) metri di
profondità (una fonte indica le 22.30 come orario dell’avvistamento del Lulworth da parte del Calvi, ma non è specificato il fuso
orario). Raggiunta tale quota, il Calvi
accostò ed assunse rotta opposta, navigando a 1-2 nodi. Il Lulworth impiegò un’ora e mezza a localizzare il sommergibile
immerso, ma alle 20.30, in posizione 30°07’ N e 26°07’ O, iniziò il lancio di
bombe di profondità, regolate per profondità di 15 e 42 metri. Il comandante
Longobardo, in seguito al primo attacco (che non aveva causato danni), decise
di scendere ancora più in profondità, ma il secondo attacco, con cariche di
profondità regolate per 45 e 91 metri, colpì il sommergibile causando gravi
danni, mandando in avaria il telemotore Calzoni – il che obbligò ad usare i
comandi manuali di timoni di quota e sfoghi d’aria – ed i manometri.
Ciononostante il comandante Longobardo decise di scendere ancora più in basso,
e portò il Calvi a 115-120 metri di
profondità. Misura inutile: la terza scarica di bombe di profondità del Lulworth fu regolata per quote comprese
tra i 106 ed i 167 metri e scoppiò molto vicina, facendo sbandare fortemente a
sinistra il sommergibile, che sprofondò ancora più in basso fino a circa 200
metri di profondità, appoppato, con allagamenti nei compartimenti di poppa
(altra fonte parla di acqua imbarcata a prua, ma quando il sommergibile emerse
era appoppato), rischiando seriamente la distruzione. (Per altra fonte già la
seconda scarica di bombe di profondità causò infiltrazioni d’acqua, e la terza
colpì il Calvi mentre già era
impegnato nella manovra di emersione). Nonostante metà dell’equipaggio fosse
formata da giovani reclute alla prima missione, imbarcate per fare esperienza,
vi fu non poca confusione ma nessun panico; i veterani dell’equipaggio
mantennero la calma, ed il cinquantenne capitano del Genio Navale Ernesto
Maccotta, ufficiale extra tabella, rimase tranquillamente appoggiato ad una
paratia, annotando sul suo diario il numero di cariche di profondità mentre
queste esplodevano intorno al sommergibile.
Constatato che ormai
non restava aria che a sufficienza per l’emersione, che il doppio fondo numero
3 si era allagato compromettendo la manovrabilità e che restare immersi ancora
avrebbe significato la distruzione certa del sommergibile senza scampo per
l’equipaggio, il comandante Longobardo dovette ordinare aria per tutto, nel
tentativo di rispondere al fuoco con i cannoni ed allontanarsi: il Calvi emerse fortemente appoppato e sbandato
a sinistra, e venne ordinato il posto di combattimento in superficie. Le
mitragliere, lasciate frettolosamente sui supporti al momento dell’immersione, erano
state danneggiate dagli scoppi delle bombe di profondità, ed i cannoni non
erano più brandeggiabili. Uno dei cannoni, a causa dello sbandamento, era
ruotato sino a trovarsi puntato contro la torretta, ed un membro
dell’equipaggio, tentando di brandeggiarlo, si ruppe un braccio. Solo un motore
funzionava ancora; il Calvi,
avanzando a lento moto (tentando di allontanarsi a tutta forza con l’unico
motore ancora funzionante, alla massima velocità che riusciva a raggiungere, ed
aprendo intanto il fuoco con il cannone di poppa), venne illuminato da un
proiettile illuminante sparato dal Lulworth
e quindi avvistato; subito la nave britannica aprì il fuoco, illuminando con i
proiettori il sommergibile.
Da meno di 500 metri di distanza, il Lulworth spazzò la coperta del
sommergibile con il tiro delle mitragliere, uccidendo o ferendo tutti i
serventi del cannone di poppa ed obbligando l’equipaggio a stendersi in
coperta, ma il Calvi, nel tentativo
di disimpegnarsi, lanciò due siluri dai tubi di poppa, costringendo l’unità
britannica a contromanovrare prontamente per evitare le armi, ed ottenendo così
un seppur momentaneo respiro. Per due volte il Lulworth accostò e tentò lo speronamento, ma per due volte il Calvi contromanovrò abilmente impedendo
la collisione, continuando a rispondere al fuoco con cannoni e mitragliere. La
terza volta, però, lo sloop britannico riuscì a speronare il battello italiano
in corrispondenza dell’elica di dritta, distruggendola (per altra versione si
trattava di quella sinistra, mentre per altra lo speronamento avvenne a centro
nave) e causando il repentino arresto del Calvi
(la collisione provocò dei danni anche al Lulworth,
che richiese lavori di riparazione protrattisi per tutto il mese di agosto). Dei
serventi del cannone di prua, solo il sottotenente di vascello Vittorio Villa ed il
secondo capo Marchion erano ancora vivi, e quindi il tiro del pezzo era ormai
estremamente lento; vedendo il suo battello immobilizzato ed in fiamme, con i
cannoni che ormai non funzionavano quasi più, il comandante Longobardo ordinò
di far salire in coperta l’equipaggio, abbandonare la nave ed avviarne l’autoaffondamento,
ma subito dopo la prima salva da 76 mm del Lulworth
colpì la torretta ferendo a morte lui e l’ufficiale di rotta, il sottotenente
di vascello Guido Bozzi (per altra versione i due vennero uccisi da una raffica
di mitragliatrice), e lasciando l’equipaggio, come venne detto nella relazione
britannica pubblicata nell’agosto 1942, “come una famiglia senza il padre”. Il
comandante in seconda, sottotenente di vascello Gennaro Maffettone, che stava incitando
i suoi uomini e dirigendo il tiro del cannone poppiero, fu poco dopo colpito da
una cannonata che gli asportò un braccio ed una spalla e scomparve trascinato
in mare da un’onda. Sottocoperta il direttore di macchina, capitano del Genio
Navale Aristide Russo, assunto il comando, aprì valvole di presa degli sfoghi
d’acqua per autoaffondare il battello. Gli uomini che erano ancora all’interno
corsero quasi tutti in coperta per prepararsi a gettarsi in mare. Il Lulworth comunicò in italiano “Nessuno
si muova, rimanete a galla se volete essere salvati”, poi mise in mare una
lancia ed un picchetto britannico, comandato dal tenente di vascello Frederick
William North, vi salì e fu inviato a bordo del sommergibile: dopo aver
abbordato il Calvi ed essere saliti a
bordo armi alla mano, gli inglesi trovarono la plancia piena di cadaveri e
fuoco in torretta, ed ordinarono all’equipaggio superstite di radunarsi in
coperta a poppa, poi due membri dell’equipaggio del Lulworth, tra cui North, scesero sottocoperta, trovando le luci di
emergenza ancora in funzione. Tutto ciò che riuscirono a trovare furono una
carta nautica ed una sommaria bozza di giornale di bordo. Erano appena entrati
nella cabina del comandante quando fu gridato loro di risalire in coperta: i
compartimenti poppieri, infatti, si stavano allagando rapidamente. Per un’altra
versione, gli uomini di North, nonostante l’uso delle armi, non riuscirono a
scendere all’interno del sommergibile, scontrandosi fisicamente con i
superstiti guidati dal capitano Russo. Il capitano Maccotta fu visto per
l’ultima volta in plancia, mentre si aggiustava gli occhiali per meglio vedere
quanto accadeva; quando aveva visto il picchetto britannico salire a bordo, era
tornato in camera di manovra per autoaffondare il Calvi. North si scontrò con i sopravvissuti guidati dal capitano
Russo, che gli impedì di arrestare le manovre di autoaffondamento già avviate,
ed il secondo capo silurista Pietro Bini, approfittando della confusione, aprì
un tubo lanciasiluri, provocando un nuovo consistente afflusso d’acqua che
segnò rapidamente la fine del sommergibile. Russo, quando North salì a bordo e
chiese la resa, si avventò addosso all’ufficiale britannico e diede inizio ad
una lotta a corpo a corpo, per impedire la cattura del sommergibile.
Intanto la tensione
tra i superstiti saliva; molti di loro erano radunati in coperta a poppa,
tenuti sotto controllo da alcuni uomini del picchetto, mentre altri due erano
ancora all’interno del battello. Venne nuovamente dato l’ordine di abbandonare
il battello, ed i membri dell’equipaggio in coperta si gettarono in acqua o
comunque vi finirono quando il sommergibile affondò sotto i loro piedi; la
motobarca del Lulworth, ormeggiata al
parapetto sul lato sinistro, si disormeggiò appena in tempo. Alle 00.27 del 15
luglio il Calvi, di colpo, si
rovesciò e s’inabissò nel punto 30°35' N e 25°58' O, 480 miglia a sud dell’isola
di São Miguel (Azzorre) insieme a metà del suo equipaggio, tra cui il capitano
Russo ed il suo nemico North, affondati con il battello mentre ancora lottavano.
Poco dopo si verificò
una violenta esplosione subacquea, forse causata da qualche bomba di profondità
rimasta incastrata, inesplosa, nello scafo del sommergibile, o forse dall'esplosione dell'idrogeno rilasciato dalle batterie.
Frattanto il Lulworth (raggiunto nel mentre dal Bideford e dal Londonderry), prima di provvedere al salvataggio dei superstiti, era
stato attaccato con un siluro dall'U 130
(in un vano tentativo di aiutare il sommergibile italiano), aveva evitato
l’arma e preso contatto con l’U-Boot ed aveva iniziato a bombardare anch’esso
con cariche di profondità, facendo crollare le speranze di quanti, tra
l'equipaggio del Calvi ormai in mare,
speravano in un aiuto da parte del battello tedesco (l'U 130 non fu danneggiato ma fu costretto ad allontanarsi), e che
per giunta, vedendo lo sloop allontanarsi per dare la caccia al sommergibile
tedesco, pensarono che sarebbero stati abbandonati in mare. (Una fonte
attribuisce agli scoppi delle bombe di profondità del Lulworth la probabile morte di alcuni degli uomini del Calvi in mare ed anche l’affondamento
stesso del battello italiano, che sarebbe affondato rapidamente poco dopo la
detonazione delle bombe di profondità; in realtà, dal resoconto britannico,
sembrerebbe che il Calvi fosse già
affondato od in affondamento quando l'U
130 attaccò). Solo pochi dei naufraghi indossavano un salvagente; un
marinaio che conosceva l’inglese iniziò a gridare “Help”, ed un giovane
ufficiale, che aveva assistito all’affondamento di un sommergibile britannico,
rammentando che era stato possibile individuare i naufraghi perché avevano
gridato in coro, ordinò ai superstiti di gridare “Help” tutti insieme.
Solo dopo quattro ore
il Bideford ed il Londonderry tornarono sul posto e
recuperarono i 35 sopravvissuti (3 ufficiali e 32 sottufficiali e marinai), la
maggior parte di quanti erano finiti in mare, ma meno di metà dell’equipaggio. Erano
morti 42 uomini del Calvi, ed insieme
a loro anche il tenente di vascello britannico North; il gran numero di vittime
venne attribuito al micidiale fuoco delle mitragliere del Lulworth durante il combattimento. Il Londonderry, unità caposcorta, recuperò due ufficiali. (Secondo
un’altra versione, questi superstiti vennero recuperati dal Lulworth dopo il contrattacco contro l’U 130 – lo sloop britannico sarebbe
tornato sul luogo dell’affondamento del Calvi
per recuperare i naufraghi ed anche la propria lancia, lasciata in acqua al
momento dell’attacco dell’U-Boot –, e successivamente trasferiti sul Londonderry, ma in realtà sembra che il Lulworth non abbia mai raccolto nessun
naufrago). Il suo comandante, capitano di fregata John Stanley Dalison, era
stato amico di Primo Longobardo, quando, tredici anni prima, i due si trovavano
in Cina assegnati a due unità stazionarie, Longobardo sulla cannoniera
Sebastiano Caboto e Dalison sull’incrociatore pesante Berwick. Dalison e
Longobardo si erano scambiati dei regali, e quando Dalison si trovò davanti ai
due ufficiali superstiti del Calvi
estrasse dalla tasca e mostrò loro il portasigarette d’argento regalatogli da
Longobardo, con l’incisione “Con molta amicizia, Shanghai 26.12.1929 – TV Primo
Longobardo”, chiedendo loro se per caso conoscessero quell’ufficiale. I due
italiani, dopo aver guardato il portasigarette e letto quanto vi era inciso,
impallidirono e risposero “Sì, lo conosciamo. Era il nostro comandante”.
Dalison si voltò per non mostrare i suoi occhi lucidi.
Il comandante
Longobardo (che come capitano di fregata risultò essere il sommergibilista
italiano di grado più elevato caduto in guerra, dato che solitamente i
sommergibili erano comandati da più giovani capitani di corvetta e tenenti di
vascello) ed il comandante in seconda Maffettone vennero entrambi decorati con
la Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria. La Medaglia d’argento al
Valor Militare fu conferita alla memoria del capitano Russo, mentre analoga
decorazione, a vivente, ricevette il secondo capo Bini. Nel dopoguerra la
Marina Militare ha intitolato due sommergibili alla memoria del comandante
Longobardo, ed un altro battello ha portato il nome del Pietro Calvi.
I sopravvissuti del Calvi vennero portati in un campo di
prigionia negli Stati Uniti, dove si ritrovarono insieme a cittadini italiani
residenti negli USA che erano stati internati per precauzione. Le condizioni di
vita nel campo erano buone, ed i prigionieri ricevevano la visita delle donne
italiane. Successivamente alcuni degli uomini del Calvi, tra cui Domenico Savo (un membro dell’equipaggio del Finzi imbarcato sul Calvi solo per l’ultima missione, mentre il Finzi era ai lavori), vennero trasferiti nel Regno Unito. Savo
ricordò che il treno che lo portava in Scozia subì un bombardamento tedesco,
che causò altre vittime, riducendo il numero dei superstiti.
Il comandante Dalison
continuò a portare con sé, per il resto della sua vita, il portasigarette
regalatogli da Longobardo, cui era molto affezionato. Nell’ottobre 1949,
durante una gara di pesca su un lago vicino a Renfrew, in Canada, Dalison perse
il portasigarette, caduto in acqua per il rollio della barca su cui si trovava
dopo essere stato appoggiato sul bordo della barca per accendersi una sigaretta.
Turbatosi e lasciati i compagni di pesca, Dalison subito tornò a terra e si
allontanò alla guida della sua auto per tornare ad Ottawa, ma dopo pochi minuti
andò a schiantarsi contro un albero morendo sul colpo. L’amico che per ultimo
lo aveva visto vivo, vedendone il volto da morto, disse che sembrava rassegnato
e disteso. "Quasi avesse finalmente ritrovato qualcuno o qualcosa che aveva
cercato per molto tempo."
Periti sul Calvi il 15 luglio 1942:
Andrea Bertoletti, capo nocchiere di seconda classe, da Cremona
Edoardo Boscolo, marinaio, da Chioggia
Guido Bozzi, sottotenente di vascello, da Milano
Gaetano Bruno, marinaio fuochista, da Palermo
Guerrino Cappellazzo, marinaio fuochista, da Treviso
Pasquale Caracciolo, sottocapo elettricista, da Reggio Calabria (MBVM)
Felice Cattaneo, marinaio silurista, da Castellanza
Francesco Cicerone, sottocapo fuochista, da Ronco Scrivia
Giulio Colosio, sottocapo motorista, da Toscolano Maderno
Lorenzo De Feo, sottocapo cannoniere, da Montecorice
Giuseppe Di Carlo, marinaio, da Castiglione di Sicilia
Armando D'Orazio, sottocapo puntatore mitragliere, da Castelli (MBVM)
Angelo Farina, marinaio fuochista, da Novate Milanese
Elio Fioretti, capo elettricista di seconda
classe, da Civitanova Marche (MAVM)
Salvatore Galati, marinaio, da Carini
Alfredo Gandolfo, sottocapo elettricista, da Napoli
Cesare Geminiani, sottocapo silurista, da Milano
Agostino Isola, capo silurista di seconda classe, da Fascia
Primo Longobardo, capitano di fregata, da La Maddalena (comandante, MOVM)
Ernesto Maccotta, capitano del Genio Navale, nato in Tunisia
Gennaro Maffettone, tenente di vascello, da Napoli (comandante in seconda, MOVM)
Mario Mattaini, sergente motorista, da Legnano
Armando Menichelli, sottocapo cannoniere, nato in Francia
Giulio Moraglio, capo motorista di terza classe, da Dogliani
Normanno Mozzarelli, marinaio, da Poggio Rusco
Matteo Natola, sergente infermiere, da Margherita di Savoia
Sergio Novazhi, sottocapo elettricista, da Milano
Pietro Pappalardo, marinaio nocchiere, da Cetara
Francesco Pastore, marinaio nocchiere, da Tocco Caudio
Bruno Poli, sottocapo motorista, da Vicenza
Pietro Robazza, capo elettricista di terza
classe, da Genova (MBVM)
Mario Rosanda, secondo capo radiotelegrafista, da Pola
Edolo Roversi, sergente cannoniere, da Bondeno
Aristide Russo, capitano del Genio Navale, da Napoli (direttore di macchina, MAVM)
Dante Saldicco, sottocapo segnalatore, da Rionero in Vulture
Gastone Seghesio, tenente del Genio Navale, da Taranto
Raimondo Serra, sottocapo elettricista, da Genova (MBVM)
Ciro Spica, sottocapo radiotelegrafista, da Avellino
Mario Tartaglia, sottocapo elettricista, da Vitulano
Giuseppe Tortora, capo meccanico di seconda classe, da Roccapiemonte
Francesco Zampella, sottocapo silurista, da Maddaloni
Giorgio Zanaboni, capo cannoniere di prima classe, da Milano
Armando Zappalà, marinaio motorista, da Siracusa
Condivise la loro sorte anche il tenente di vascello Frederick William North della Royal Navy, scomparso con il sommergibile lottando sino all’ultimo con il capitano G.N. Aristide Russo, deciso ad impedirgli di catturare il battello.
L’affondamento del sommergibile riferito dal “The News and Courier” del 28 settembre 1942 (tratta da http://news.google.com/newspapers?nid=2506&dat=19420928&id=vM9QAAAAIBAJ&sjid=YwsNAAAAIBAJ&pg=6238,4635698)
|
La notizia sul “Reading Eagle” del 28 settembre 1942 (tratta da http://news.google.com/newspapers?nid=ZuSUVyMx-TgC&dat=19420928&printsec=frontpage&hl=it)
|
La sintetica nota sul “The Advertiser” del 28 settembre 1942 (g.c. National Library of Australia/Trove)
|
La notizia sul “Daily Mail”
del 28 settembre 1942 (g.c. Alberto Villa)… |
…sullo “Scottish Daily Express” dello stesso giorno, con la storia del “siluro umano” (g.c. Alberto Villa)… |
…e sul “Times” sempre del 28 settembre 1942 (g.c. Alberto Villa) |
La mappa su cui Vittorio Villa tracciò (a penna) i suoi spostamenti durante la prigionia (g.c. Alberto Villa) |
Un’altra immagine di Vittorio Villa (a destra) durante la prigionia in Kentucky nel 1945 (g.c. Alberto Villa) |
La motivazione della
Medaglia d'Oro al Valor Militare conferita alla memoria del capitano di fregata
Primo Longobardo, nato a La Maddalena il 19 ottobre 1901 (e già decorato con
due MAVM):
"Ufficiale Superiore
animato di purissima fede e ardente passione patriottica, sollecitava più volte
ed otteneva infine di riprendere il comando di sommergibile oceanico che aveva
dovuto lasciare per altro incarico direttivo a terra. Raggiunta la nuova base di guerra, assumeva volontariamente il comando di unità
pronta per importante missione offensiva, nel corso della quale mentre
manovrava per attaccare un convoglio fortemente scortato, scoperto da corvetta,
con somma perizia cercava di sottrarsi alla violentissima caccia. Colpita
l'unità in modo irreparabile, ordinava la emersione ed affrontava con impavida
serenità le unità avversarie accettando l'impari combattimento in superficie.
Lanciava una salva di siluri, reagiva al violento tiro di artiglieria con tutte
le armi di bordo.
Col sommergibile crivellato di colpi e già menomato nella sua efficienza, visti uccisi e feriti i propri dipendenti destinati alle armi, ordinava l'abbandono della nave e ne preparava l'autoaffondamento quando, mortalmente colpito al posto di comando, immolava la propria esistenza alla Patria, dopo aver compiuto il proprio dovere oltre ogni umana possibilità.
Oceano Atlantico, 14 luglio 1942"
Col sommergibile crivellato di colpi e già menomato nella sua efficienza, visti uccisi e feriti i propri dipendenti destinati alle armi, ordinava l'abbandono della nave e ne preparava l'autoaffondamento quando, mortalmente colpito al posto di comando, immolava la propria esistenza alla Patria, dopo aver compiuto il proprio dovere oltre ogni umana possibilità.
Oceano Atlantico, 14 luglio 1942"
"Giovane ufficiale imbarcato a domanda sin dall'inizio delle ostilità su sommergibile oceanico, si distingueva per slancio, capacità e sereno coraggio durante numerose e lunghe missioni di guerra spesso coronate da successo. Compiva sempre a bordo della stessa unità, prima in qualità di Ufficiale di Rotta e quindi come Ufficiale in seconda, circa ottomila ore di moto, con un totale di naviglio avversario affondato di 62.680 tonnellate. Nel corso di attacco a convoglio fortemente scortato, l'unità veniva avvistata e sottoposta a dura caccia da parte di forze preponderanti. Costretta ad emergere per i gravi danni subiti, impegnava impari ed aspro combattimento in superficie contro l'unità attaccante reagendo con il fuoco di tutte le sue armi e con i siluri.
Caduto il Comandante e falcidiata la maggior parte degli uomini in coperta, mentre l'unità più volte colpita era in preda ad incendio, con mirabile spirito aggressivo seguitava a dirigere il tiro del pezzo di poppa incitando l'equipaggio alla resistenza estrema, fino a che mortalmente colpito dal ravvicinato e nutrito fuoco avversario, scompariva in mare dopo aver dato tutto se stesso per la grandezza della Patria.
Oceano Atlantico, 16 giugno 1940 - 14 luglio 1942"
Il tenente di vascello Gennaro Maffettone (da www.movm.it) |
La motivazione della
Medaglia d'Argento al Valor Militare conferita alla memoria del capitano del
Genio Navale Aristide Russo:
"Direttore di macchina su sommergibile oceanico in lunga missione di guerra, fronteggiava con perizia i danni ingenti subiti dal battello in seguito a violentissimo attacco subito da unità avversarie.
Costretto, infine, il
sommergibile ad emergere per le notevoli avarie ed impegnato in impari ed aspro
combattimento in superficie, apportava concorso essenziale a superare la
difficoltà per le avarie subite.
Scompariva in mare
offrendo la propria vita alla Patria trascinando con sé un ufficiale
avversario, impedendogli così di salire a bordo dell’unità che poco dopo
affondava.
Atlantico, 14 luglio 1942"
La motivazione della
Medaglia d'Argento al Valor Militare conferita alla memoria del capo
elettricista di seconda classe Elio Fioretti (già decorato con una prima MAVM
durante la missione del marzo-aprile 1942):
"Imbarcato su sommergibile oceanico, assolveva i propri incarichi con sereno coraggio ed alto senso del dovere, durante violentissimo attacco subito dal battello, nel corso di lunga missione di guerra, da parte di unità avversarie e nel successivo impari combattimento in superficie.
Rimaneva al proprio impianto sotto nutrito e ravvicinato fuoco avversario; mortalmente colpito sacrificava la propria vita nell'adempimento della consegna ricevuta e del proprio dovere.
Oceano Atlantico 14 luglio 1942"
La motivazione della Medaglia di Bronzo al Valore Militare conferita alla memoria del capo elettricista di terza classe Pietro Robazza, nato a Rivarolo Ligure (Genova) il 6 maggio 1913:
"Imbarcato su sommergibile oceanico, assolveva i propri incarichi con sereno coraggio ed alto senso del dovere, durante violentissimo attacco subito dal battello, nel corso di lunga missione di guerra, da parte di unità avversarie e nel successivo impari combattimento in superficie.
Rimaneva al proprio impianto sotto nutrito e ravvicinato fuoco avversario, mortalmente colpito sacrificava la propria vita nell'adempimento della consegna ricevuta e del proprio dovere.
Oceano Atlantico, 14 luglio 1942"
La motivazione delle
Medaglie di Bronzo al Valore Militare conferite alla memoria del sottocapo
elettricista Raimondo Serra, ligure, del sottocapo cannoniere P. M. Armando
D’Orazio e del sottocapo elettricista Pasquale Caracciolo, nato a Reggio
Calabria il 9 aprile 1919:
"Imbarcato su
sommergibile oceanico, assolveva i propri incarichi con sereno coraggio ed alto
senso del dovere, durante violentissimo attacco subito dal battello, nel corso
di lunga missione di guerra, da parte di unità avversarie e nel successivo
impari combattimento in superficie.
Scompariva in mare con l'unità nell'adempimento del proprio dovere."
Oceano Atlantico, 14 luglio 1942
Scompariva in mare con l'unità nell'adempimento del proprio dovere."
Oceano Atlantico, 14 luglio 1942
Sopra, il Calvi passa sotto il ponte girevole di
Taranto; sotto, il distintivo del sommergibile. Entrambe le foto sono per g.c.
di Giorgio Micoli.
L’affondamento del Calvi nel ricordo di Philip E. Marshall, giovane membro dell’equipaggio del Londonderry (estratto da ‘WW2 People's War’, archivio online di memorie di guerra raccolto dalla BBC, all’indirizzo bbc.co.uk/ww2peopleswar'):
"We found the convoy,
and settled into escort positions, bound for West Africa. (…) When, on one
trip, we were attacked, south of the Azores, it was by two Italian submarines;
no doubt they were manned by gallant seamen, but they lacked the training,
experience, and ruthlessness of the U-boat crews.
I have here to supplement my memories with facts gleaned from reference books, because junior ratings often knew surprisingly little of what was happening. "Theirs not to reason why," as the poet said. Occasionally the Captain would broadcast an official announcement. The rest of the news came in snippets from signalmen, or those on duty near the bridge. I remember that we were summoned to Action Stations on a pitch-black night. The books tell me, that our group leader, H.M.S. Lulworth [in realtà il caposcorta era il Londonderry stesso, mentre è vero che fu il Lulworth ad individuare ed affondare il Calvi], located and sank the Pietro Calvi. This was July 14th, 1942. My station was now with the depth charges on the quarter-deck. We were proceeding very slowly, and I believe we were looking for survivors, when there was sudden acceleration, and a sharp turn to starboard. A surge of water swept the low lying quarter-deck , causing two of us in its path to cling to the depth-charge rails to avoid being swept overboard to join the enemy. On the mess-deck there were two stories; one said the Lulworth, using a searchlight to illuminate survivors, had shone its light further and spotted a second submarine; the other, less credible, claimed that one of the survivors had been in the Italian Olympic swimming team, and when he set off towards Lulworth, at a fast crawl, he was mistaken for an approaching torpedo. Whichever story is true, or neither, the ships abandoned men in the water, and prepared to fend off another attacker. We picked up no-one at the time, but some had been rescued, and next day they were transferred to the Londonderry to ease the pressure elsewhere.
I have here to supplement my memories with facts gleaned from reference books, because junior ratings often knew surprisingly little of what was happening. "Theirs not to reason why," as the poet said. Occasionally the Captain would broadcast an official announcement. The rest of the news came in snippets from signalmen, or those on duty near the bridge. I remember that we were summoned to Action Stations on a pitch-black night. The books tell me, that our group leader, H.M.S. Lulworth [in realtà il caposcorta era il Londonderry stesso, mentre è vero che fu il Lulworth ad individuare ed affondare il Calvi], located and sank the Pietro Calvi. This was July 14th, 1942. My station was now with the depth charges on the quarter-deck. We were proceeding very slowly, and I believe we were looking for survivors, when there was sudden acceleration, and a sharp turn to starboard. A surge of water swept the low lying quarter-deck , causing two of us in its path to cling to the depth-charge rails to avoid being swept overboard to join the enemy. On the mess-deck there were two stories; one said the Lulworth, using a searchlight to illuminate survivors, had shone its light further and spotted a second submarine; the other, less credible, claimed that one of the survivors had been in the Italian Olympic swimming team, and when he set off towards Lulworth, at a fast crawl, he was mistaken for an approaching torpedo. Whichever story is true, or neither, the ships abandoned men in the water, and prepared to fend off another attacker. We picked up no-one at the time, but some had been rescued, and next day they were transferred to the Londonderry to ease the pressure elsewhere.
Presumably because I
was of "higher" education, though certainly not Italian-speaking, I
was posted as armed guard at the open cabin door, dressed up in great-coat and
gaiters, with a belt and revolver strapped to my waist. No one told me how to
use the weapon, and I feel sure it was not loaded. In any case the precaution
was unnecessary. The prisoners were very subdued and quiet, until one asked me
politely, in perfect English, if they could have something to read. The only
tense moment came when our ship started dropping depth charges; I was unhappy
myself at the sound of great hammer blows on our hull, and the Italians, who
had recently been blown out of the water, looked ready to bolt up on deck. I
managed to appear nonchalant and smile reassuringly, not betraying my own
desire to escape from the steel trap. The next day the guard was withdrawn; no
doubt our Captain accepted their word that, as Officers and Gentlemen, they
would cause no trouble. I must say here that, just as I saw no sectarian
"spite" on board Londonderry,
I saw no hatred of submarine crews. It was generally considered that we would
not care to change places with the "poor devils" suffering our
depth-charges. You stalk us, we stalk you."
Complimenti,non conoscevo la storia del Pietro Calvi,mio padre (William Pratesi)era imbarcato ed era un sopravvissuto, mi sono commosso,grazie!
RispondiEliminaSono il nipote dell'ammiraglio Romolo Polacchini.
RispondiEliminaComplimenti per questa bellissima ricostruzione!
La ringrazio.
EliminaComplimenti per la storia del Calvi. Mio padre Domenico Di Fazio era sopravissuto all'ultima battaglia del Calvi e tante volte raccontava della guerra.
RispondiEliminaStoria .. storia che conosco piuttosto bene, purtroppo. Sono il pronipote di Pittei Renzo, imbarcato sul Pietro Calvi e uno dei sopravvissuti al mitragliamento in mare mentre il Calvi stava affondando. Storia raccontata più volte da mia prozia, sorella di Pittei, la quale mi ha consegnato l’attestato e la Croce di Guerra rilasciati dal Ministero della Difesa ... in ricordo di un uomo dedito alla sua Patria.
RispondiEliminaBuona giornata!
RispondiEliminaTutti i membri dell'equipaggio morti che non erano stati ancora premiati ricevettero una medaglia di bronzo nel 1948. Tutti tranne Mario Rossanda. La motivazione non è stata trovata. Hai qualche informazione su questo marinaio?
Grazie
Purtroppo no... è piuttosto strano.
EliminaHo controllato tutti i nomi dalla lista su Nastro Azzurro. Con alcune differenze nei nomi, c'è di tutto e manca il capo di secondo capo ... Molto probabilmente un errore. Dal momento che tutti sono stati premiati, anche a lui dovrebbe essere assegnata una motivazione simile.
EliminaQualche settimana fa ho letto il racconto di un sommergibilista salvato dall'intervento di San Giuseppe. Lì per lì la questione non non mi era interessata più di tanto. Ieri ne ho parlato ad un amico seminarista che sarebbe interessato ad approfondire la storia, a memoria mi pareva si trattasse di un sopravvissuto del Calvi, ma non riesco a ritrovare il pezzo. Sapete aiutarmi?
RispondiEliminaMi è capitato di incontrare qualche racconto del genere, però questo specifico episodio non lo conosco..
EliminaSono la nipote del Sergente Edolo Roversi. Fu dato per disperso, non arrivò mai la comunicazione del decesso, ringraziandola per l'articolo che mi ha commosso, le chiedo se per caso ha qualche informazione in più su mio zio.
RispondiEliminaBuonasera,
Eliminapurtroppo non ho informazioni specifiche su di lui...
E' possibile conoscere il nome dei membri dell'equipaggio selezionati per la missione di soccorso dei naufraghi dell'Atlantis?
RispondiEliminaBuongiorno, purtroppo non li conosco...
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